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Denario di bronzo.


gpittini

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DE GREGE EPICURI

Riprendo il discorso aperto in "Bronzi fusi antichi-Falsi del Limes" e vi mostro stavolta un c.d. "denario di bronzo"; questa volta si tratta di monete coniate, sempre prodotte nei dintorni del Limes e probabilmente sempre per le truppe. Anche queste, verosimilmente, non venivano accettate fuori dagli accampamenti e dagli spacci militari. Ora stanno comparendo in diverse aste tedesche, e si possono trovare in Coinarchives; provengono di solito dall'Austria, Ungheria, Romania, Bulgaria. Io ne ho rastrellate quasi una ventina; alcune hanno esattamente le dimensioni dei denari, altre sono più piccole. Questa è di dimensioni quasi normali: pesa 2,7 g. e misura 18 mm. Al D: SEVERUS- PIUS AUG.

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E' uscito su questi "pseudo-denari" un articolo sul numero di giugno di Ticinum, la rivista del Circolo di PV; vengono riportate alcune foto e le descrizioni, ma la bibliografia è in pratica assente. Ed ecco un altro esemplare sempre di Settimio Severo, con scritta più lunga: SEPT SEV AUG IMP-XI PART MAX.

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DE GREGE EPICURI

Di bibliografia ne ho trovata poca, e vedo che nessuno fa commenti...l'argomento è così insignificante? Mai visto monete del genere? Oppure, pensate che si tratti di imitazioni moderne? Beh, questa che posto oggi potrebbe far nascere questo sospetto, tanto è bella e "nuova". E' un'altra FUNDATOR PACIS, ma pesa solo 1,9 g. e misura 18 mm. Mi sembra palesemente coniata e non fusa. Ma che vantaggio avrebbe un falsario contemporaneo, a farla di bronzo? Ecco il D.

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L'argomento è estremamente interessante e ritengo che sarebbe bello poterlo approfondire. Io sto cercando del materiale bibliografico e finora ho trovato davvero poco, ma potremo portare avanti la discussione progressivamente, aggiungendo nel tempo le varie notizie che si reperiranno e le immagini di monete congrue alla discussione. Enrico

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Per ora,dato che colleziono falsi,sono riuscito a vedere, a parte qualche Settimio Severo,un'Alessandro severo,due Vittoriati repubblicani,un denario della Q Anto Baebia e una didracma romano campana con Giano e quadriga. A questo punto,però,considerato che i pesi degli esemplari che ho visto e misurato non si discostavano dai pesi corretti più del 10/15% secondo me,più che denari di limes,parlerei di nuclei di denari suberati sfuggiti al completamento della lavorazione.

Ho avuto anche qualche sesterzio di limes,ma solo di Traiano e Claudio e,a parte le impronte meno curate,il peso era circa il 50/60% del peso medio degli esemplari circolanti. Per Traiano i soli tipi che ho visto di limes,sono il Rex Parthis Datvs e il Mesopotamia et Armenis.

DI claudio ho visto solo il tipo con la Spes andante al rovescio.

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DE GREGE EPICURI

I miei denari coniati in bronzo (19 in tutto) spaziano da Adriano ad Alessandro Severo; su quest'ultimo ho dei dubbi, perchè potrebbe essere semplicemente di mistura. Sicuramente il "picco" è con Settimio Severo e Julia Domna, gli altri sono meno frequenti. Mi sembra difficile pensare che siano suberati sfuggiti all'ultima fase di lavorazione (anche se in teoria è possibile): sono un po' troppi, e inoltre credo che la preparazione dei suberati fosse un lavoro accurato, altrimenti era in pura perdita...

I sesterzi di cui parlate sono coniati o fusi? Quelli "del Limes" di cui parlo in altra discussione sono sicuramente, e per definizione, tutti fusi, e in effetti hanno un peso molto inferiore agli originali (circa del 50%). Vi posto per oggi un altro pseudo-denario di S.Severo; pesa 2,9 g., misura 17-19 mm e corrisponde al denario VOTIS DECENNALIBUS, C797-798 e RIC 520 a.

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Per ora,dato che colleziono falsi,sono riuscito a vedere, a parte qualche Settimio Severo,un'Alessandro severo,due Vittoriati repubblicani,un denario della Q Anto Baebia e una didracma romano campana con Giano e quadriga. A questo punto,però,considerato che i pesi degli esemplari che ho visto e misurato non si discostavano dai pesi corretti più del 10/15% secondo me,più che denari di limes,parlerei di nuclei di denari suberati sfuggiti al completamento della lavorazione.

Ho avuto anche qualche sesterzio di limes,ma solo di Traiano e Claudio e,a parte le impronte meno curate,il peso era circa il 50/60% del peso medio degli esemplari circolanti. Per Traiano i soli tipi che ho visto di limes,sono il Rex Parthis Datvs e il Mesopotamia et Armenis.

DI claudio ho visto solo il tipo con la Spes andante al rovescio.

Se avesse qualche immagine d'archivio e la potesse postare, ritengo che potrebbe essere davvero utile e gentile; potremmo fare una raccolta di immagini da studiare e corredare con materiale bibliografico. Ringrazio GPittini per l'ultima ed assai interessante moneta postata, Enrico :)

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DE GREGE EPICURI

Oggi ho tempo e vi mostro altri due pseudo-denari. Il 1° è di Julia Domna, pesa g.2,4 e misura 17 mm.

Al D: JULIA - AUGUSTA. Al R.: PIETAS PUBLICA.

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Modificato da gpittini
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Ciao a tutti.

Mi inserisco in questa conversazione proponendovi un "denario in bronzo” di Julia Mamea (peso 2,9 gr), con il suo equivalente in argento. Personalmente, quello in bronzo mi pare decisamente coniato, non fuso, e le similarietà di stile con quello d'argento sono evidenti. La cosa più interessante, credo, è il fatto che quello bronzeo è stato rinvenuto - per certo - sul suolo italiano, quindi lontano dal limes dell'impero.

In generale, non penso si tratti di contraffazioni moderne, ma di suberati che hanno perso del tutto la patina argentea. Tra l'altro lessi anni addietro sulla rivista inglese Minerva che una ventina d'anni fa in centro Italia fu rinvenuto un abbondante numero di monete del tutto analoghe alla mia, in una sorta di tesoretto. Se qualcuno fosse incuriosito, potrei cercare di scoprire se possiedo ancora quell'articolo.

Spero le immagini siano per voi di un qualche interesse.

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...Se qualcuno fosse incuriosito, potrei cercare di scoprire se possiedo ancora quell'articolo.

Spero le immagini siano per voi di un qualche interesse.

Ciao Fabius :)

sarebbe davvero interessante poter consultare l'articolo a cui hai fatto riferimento qualora riuscissi a trovarlo. Si potrebbe citare qualche passo di esso nella presente discussione. Anch'io sto cercando della bibliografia per arricchire la trattazione di questo argomento che è davvero molto interessante e privo di letteratura di facile reperibilità; se riuscissimo a trattare in maniera estesa l'argomento sono certo che faremmo un lavoro utile che potrebbe andare ad arricchire l'Antologia del Forum B)

Grazie per le belle foto e l'ottimo contributo, Enrico :)

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Ciao,

in effetti ringrazio la mia mania di conservare documenti per anni e, soprattutto, di catalogarli. L'articolo in questione è apparso sul numero di novembre/dicembre 2000 di Minerva (Volume 11, number 6), a pagina 55. L'autore, Italo Vecchi, riferisce di 55 denari falsi, antichi, tutti di Severo Alessandro (11 esemplari) e Julia Mamea (47 esemplari). Il tesoretto, rinvenuto in "Italia centrale" e appartenente a un privato, fu esposto durante una mostra al British Museum di Londra(Illegal tender: counterfeit money through the ages), nel settembre 2000. I tipi monetali sono solo due, ottenuti dai medesimi coni: quello di Giulia Mamea è identico al mio esemplare (con Vesta sul retro), quello di Sev. Alessandro al retro recita: P M TR P VI COS II P P, attorno all'Equità in piedi, capo volto a sinistra, con bilancia nella sinistra e cornucopia nella destra (BMC398). L'autore riporta che tutti i denari sono in una lega di argento poverissima, ma molto ben incisi e quindi rivestiti da un sottile strato di argento puro. Interessante il fatto che tutte i 55 esemplari pesano "poco meno di 3 grammi”, mentre quelli ufficiali pesavano un po' più dei fatidici tre grammi.

Assieme all'articolo ho rinvenuto un mio appunto, riferentesi a un numero di Archeologia Viva più o meno coevo (non in mio possesso, purtroppo), dove in un breve articolo si faceva riferimento proprio a questi denari e si menzionava il fatto che ne sarebbero noti molti più esemplari, tutti identici nel conio, ma diversi nel materiale: alcuni prodotti in una lega di argento poverissimo, altri, come il mio esemplare, sarebbero stati ottenuti da tondelli di una mistura di rame, bronzo e qualche traccia di argento.

Ovviamente, tali esemplari, se non conservatisi in condizioni ottimali, oggi reputo si presentino come il mio, ossia uno strano denario di rame (o bronzo???), con vaghe tracce di argentatura. Ciò nonostante, di pregevole fattura.

Spero di esserti stato utile. Nel caso interessi l'articolo, ne ho pronta una scansione, ma purtroppo non riesco in alcun modo a farla pesare abbastanza poco da poterla accludere in questo contesto.

Accludo i pochi dati in mio possesso per chi voglia tentare di ottenere copia della rivista:

MINERVA (Bimestrale stampato in Inghilterra) 14 Old Bond Street London, W1X 3DB Tel 020 74952590 Fax 020 7491 1595 e-mail [email protected]

oppure (tramite Diamond Magazine Distribution) tel 01797 225229

ATTENZIONE! Questi dati potrebbero essere ormai del tutto inaccurati

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Dimenticavo... Il fatto più curioso, riguardo l'esemplare in mio possesso di “denario di rame”, è che sebbene nello stile e nell'esecuzione sia di ottima qualità, praticamente indistinguibile da un esemplare autentico, presenta un'anomalia. Mentre tutti i denari di Giulia Mamea analoghi, ossia con Vesta sul verso (compreso l'esemplare che ho riprodotto per comparazione) che ho potuto maneggiare presentano l'orientamento classico del rovescio, (di modo che, per intenderci, se guardo l'effigie di Julia e ribalto la moneta da ore 6 a ore 12, Vesta sta in piedi), quello di rame è perfettamente invertito e... la povera Vesta fa un capitombolo a testa in giù. Purtroppo non so se tale peculiarità si riscontra anche negli esemplari descritti su Minerva, o se si tratta di un puro caso.

Salve atque vale.

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Grazie a te Minerva.

Oggi ho un po' di tempo libero, quindi posso approfondire l'argomento. Rileggendo tutti gli interventi postati, mi rendo conto che molti di noi sono perplessi in merito ai denari suberati, o non li conoscono a fondo. Nel corso di una ventina d'anni di collezionismo attivo, mi sono capitati tra le mani diversi esemplari di falsi d'epoca e ho potuto constatare una sostanziale differenza tra essi, legata fuor di dubbio alle tecnologie d'epoca e alle relative tecniche d'argentatura.

Dunque, le monete repubblicane e imperiali fino alla fine del II secolo presentano un nucleo in metallo vile, generalmente rame, rivestito da una sottile lamina d'argento “puro”. Queste monete, se mal conservate, presentano sempre aree erose, piccoli crateri e screpolature che mostrano la parte interna, di solido in fase d'ossidazione e quindi tendente a “fuoriuscire” dal rivestimento argenteo. Cio' è dovuto, tra l'altro, al semplice fatto che argento e rame, messi a stretto contatto, generano una reazione chimica ineluttabile, con forte ossidazione degli ioni argento (Ar) a contatto con gli ioni rame (Cu). In ambiente umido (e di solito le monete vengono rinvenute nella terra, o comunque in ambienti ipogei), tale reazione viene esaltata, con l'instaurarsi di un lieve processo elettrolitico tra gli ioni Cu e quelli Ar. La moneta, dunque, tende a"esplodere” dal nucleo verso l'esterno. In ogni caso, a un'attenta osservazione, appare evidente che lo strato argenteo ha uno spessore apprezzabile, nell'ordine di alcuni micron (per intenderci, lo spessore di due fogli di alluminio da casa sovrapposti).

Da anni cerco di capire, studio e mi sforzo di riprodurre artigianalmente gli antichi processi di argentatura, ma l'aspetto delle monete suberate repubblicane e primo-imperiali mi elude da sempre. In parole povere, ancora non so come venisse applicato lo strato di argento, né ho mai letto testi esaurienti e credibili in materia. I quesiti sono vari: l'argentatura veniva effettuata per “bagno” in metallo fuso? Lla moneta veniva coniata (o fusa) in rame e poi rivestita d'argento, oppure si procedeva argentando tondelli di rame, per poi coniarli? La questione, se ci pensate, non è peregrina.

Col tempo ho però messo a punto un procedimento efficace che simula pressoché perfettamente l'argentatura degli antoniniani tardi (quelli in rame argentato). Per la precisione, proprio osservando tali antoniniani in vari gradi di conservazione e studiando antichi testi, sono giunto alla conclusione che a un certo punto gli artefici romani iniziarono ad argentare rame e altri metalli vili utilizzando bagni di mercurio (metallo che si ottiene dal cinabro, minerale di cui Italia e Hispania erano già allora i massimi produttori al mondo). In definitiva, si procedeva così: la moneta veniva coniata secondo i metodi consueti, partendo da un tondello (in questo caso di rame), che veniva poi immerso in una soluzione di mercurio in cui fosse stata disciolta una congrua quantità di polvere di argento puro (cui si può aggiungere stagno o zinco), fino a saturazione. Per amor di precisione, il dischetto di rame, privato di tracce di grasso o ossidazione tramite lavaggio e lieve acidatura, veniva immerso nel mercurio, che immediatamente tende a legarsi al rame, soprattutto a caldo. A questo punto, una volte estratte dal bagno di mercurio, occorre letteralmente cuocere le monete: durante tale procedimento il mercurio evapora e lascia sul rame uno strato sottilissimo di ioni argento. Il risultato è pregevole, ma chiunque abbia in collezione un follis di Diocleziano (o un antoniniano di Probo, ecc) in condizioni perfette, sa qual è l'aspetto finale della moneta: per quanto argentata, non avrà mai la “consistenza” e la lucentezza di un denario

Peraltro, l'accidentale rinvenimento di un antoniniano di Numeriano totalmente fuori asse (un pezzo molto mal riuscito, ma straordinario nel suo genere) fu illuminante per capire che dapprima si otteneva il tondello, quindi lo si argentava e poi lo si coniava: d'altra parte lo strato argenteo, sottilissimo, era assai elastico e inoltre la coniatura su metallo già argentato permetteva di ottenere dettagli più fini (che sarebbero andati persi in seguito all'argentatura fatta a posteriori).

Chiaramente, il processo qui illustrato non è completo nei suoi particolari (non mi piace l'idea di istigare alcuno all'arte della falsificazione), molto dispendioso (provate a procurarvi del mercurio in quantità...) e pericoloso per la salute (i vapori di mercurio sono velenosissimi). Inoltre, le due o tre monete che ho argentato in tal modo hanno perso leggermente nei dettagli, avendo io invertito per forza di cose il procedimento (non avrei mai saputo come coniare dei tondelli vergini...).

Torniamo ora ai nostri suberati, categoria nella quale faccio ricadere il mio denario di Julia Mamea e gli altri postati qui (come il “denario di bronzo” di Septimio, ecc.). A mio parere, ben prima della comparsa dei primi antoniniani in rame e argentati (da Valeriano I in poi, insomma), nell'impero si era già diffusa la pratica dell'argentatura così come l'ho descritta. In quei tempi, prima cioè che si arrivasse alla tragica svalutazione responsabile dello svilimento dell'antoniniano, era ovviamente conveniente per un falsario coniare denari (e fors'anche antoniniani - ne ho visto uno suberato di Gordiano III Pio) in rame e poi argentarli tramite bagno di mercurio. Rimane il fatto che tali pezzi erano “delicati”: sensibili ai graffi, alla consunzione e... al passare del tempo. Se immaginiamo dunque che di pezzi come quelli qui postati ne circolassero diversi, ma non a milioni, è logico supporre che quelli a noi pervenuti (salvo casi eccezionali, come il rinvenimento di un tesoretto) siano stati sensibili alle offese del tempo e si siano comportati come la maggioranza degli antoniniani di Probo, Aureliano, ecc. Pezzi pervenuti a noi ricchi di dettagli, a volte splendidi, ma aihmé privi del tutto della loro argentatura.

Per concludere, sono convinto che tutti i pezzi di cui discutiamo siano in realtà falsi d'epoca, coniati in rame e poi argentati tramite bagno di mercurio. Pochissimi ci sono pervenuti (come quelli menzionati nel bimestrale inglese Minerva) nel loro pieno splendore e, a causa della loro estrema rarità, sono poco noti e ancor meno divulgati. Questo spiegherebbe perché ci dibattiamo in questo dubbio, che tuttavia penso sia risolvibile facilmente in base a quanto ho riportato.

Nell'immagine che accludo, si nota chiaramente che la coniatura di questo antoniniano di Numeriano è avvenuta malamente, del tutto fuori centro: il pezzo è però essenziale per capire che il tondello, perfettamente circolare, veniva argentato prima della coniatura (se fosse stato l'inverso, questo pezzo sarebbe stato individuato prima dell'argentatura e subito scartato). Da notare che anche il bordo della moneta è argentato... risultato dell'argentatura per immersione in bagno di mercurio.

Scusatemi, so di essere prolisso, ma l'entusiasmo tende a prendermi la mano con facilità: Appena arrivato e già fi faccio una testa così...

Salve atque vale

PS Astenersi prego dal chiedermi le fasi e le modalità esatte del procedimento di argentatura: basti sapere che funziona. Sono uno studioso, non un falsario.

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