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  1. Crash72

    Scambio Puglia Salento

    Salve a tutti, a breve finalmente in vacanza, passerò qualche giorno in puglia, in salento, se qualcuno è in zona ed è interessato ad uno scambio mi può contattare
  2. Salve, segnalo : http://www.ilgiornaledellanumismatica.it/?p=13979
  3. Salve, segnalo : https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-PGL/1
  4. In questa discussione volevo parlarvi del denaro da poco esitato all’asta 12 di ArtCoinRoma. Non so se su questa moneta è stato già dibattuto in passato (quanto meno io non ho trovato nulla). La moneta è classificata al 233 nel D’andrea, in via dubitativa, come un doppio denaro ed è assegnato sempre dubitativamente alla zecca di Manfredonia. Al dritto è presente la scritta: MAYNFRIDUS ·R·SICILIE· al centro aquila coronata Al rovescio: ·ET·DOMINUS ROMANIE· al centro croce patente, alla fine di ogni braccio un pallino, in ogni quadrante una stella a sei raggi. Il D’Andrea le attribuisce un peso di 1.13 g, mentre il peso dell’esemplare di ACR è di 1,96 grammi. Chiaramente il peso è notevolmente superiore a quello del denaro (0,76 g) e per questo è stato ipotizzato essere un doppio denaro. La moneta è in se e per se molto interessante, l’aquila ricorda quella del denaro D’andrea n. 238, Spahr 196 attribuita a Brindisi o Manfredonia.
  5. Chiedevo una conferma o smentita a chi se ne intende. A detta di un tipo di Manfredonia (di cui sono originari la mia famiglia paterna, lui compreso) la zecca di Manfredonia avrebbe battuto moneta tra il 1263 - 1266, anni in cui Manfredi era nel pieno del suo regno. In particolare mi dicono che il simbolo della zecca di Manfredonia dovrebbe essere una M gotica o normale e che non c'entra nulla con la zecca di Messina che invece aveva come simbolo una S crociata, un'aquila (quella sveva) o una T. Anche la zecca di Brindisi era attiva nello stesso periodo (anzì lo era già prima) però questa aveva come sibolo una AP. Mi sapete dare informazioni in più, ci sono documenti da consultare? Grazie a tutti.
  6. Non essendo una monetazione di mia conoscenza, chiedo aiuto. Mi sembrerebbe un denaro di Manfredonia (1258-1266) , sembrerebbe CNI 22 . Ho verificato anche sul Catalogo, http://numismatica-i...moneta/W-MNF/15 ma c'è qualcosa che non mi quadra tra CNI e scheda. Sbaglio? Grazie in anticipo. PS: gr. 0,65 - mm. 15,14
  7. Fra le monete della mia collezione ho questa classificata sotto la zecca di Manfredonia, dovrebbe corrispondere a un grado di rarità di R2, ne volevo conferma diametro= circa 12-13 gr.= 0,4
  8. Buona giornata La moneta che descrivo è ascritta alla zecca di Manfredonia ed è stata battuta tra il 1263 e il 1266 Al diritto sul bordo presenta la legenda + MAYN- FRID’; al centro, inscritta in un circolo perlinato, la lettera M sormontata dal simbolo Ω con il cerchio più allargato e schiacciato. Il tutto è racchiuso da un bordo pedinato. Al rovescio sul bordo presenta la legenda + REX SICILIE; al centro, racchiuse in un circolo pedinato, due croci patenti sovrapposte. Il bordo è pedinato. Essa è di mistura. I riferimenti cono il Corpus Nummorum Italicorum pag. 282 n. 11 (CNI n° 11), lo Sphar n° 215, “Le monete medievali della Puglia” di Alberto d’Andrea e Christian Andreani – Media Edizioni, marzo 2008, pag, 230 n. 8. Il peso dell’esemplare in mio possesso è di 1,18 gr per un diametro di 16 mm circa, contro quello medio di circa 0,75 gr per un diametro di 15 mm circa riportato in “Le monete medievali della Puglia” di Alberto d’Andrea e Christian Andreani – Media Edizioni, marzo 2008; nel volume XVIII del Corpus Nummorum Italicorum a pag. 282 n 11 (moneta in esame) si legge che i pesi sono gr 0,75 – 0,61 – 0,56 per un diametro di 15 mm circa. Ne posseggo anche un altro esemplare dal diametro di 16 mm e dal peso di 0,70 gr. La scritta sia al diritto che al rovescio è leggibile con difficoltà. Allego le immagini della moneta in pdf Qualcuno sa se il peso è semplicemente eccedente per tondelli di pesi maggiori? O. se essendo il peso quasi il doppio, la moneta all’epoca aveva un valore doppio? Grazie per la disponibilità e buon prosieguo Denaro di Manfredonia di peso maggiore.pdf
  9. Buona Giornata La tipologia di monete di Manfredonia riportata nel libro "Monete e Zecche Medievali Italiane" di Elio Biaggi è questa in allegato, Io ho trovato solo le n. 1110 e 1112 (catalogate Spahr 215 dal peso di 0,70 grammi e 1,18 grammi - Spahr 213 dal peso di 0,55 grammi) e altre 2 catalogate Spahr 217 dal peso di 0,70 e 0,60 grammi (forse non riportate nel libro sopra citato), perchè il denaro 1111 ha una descrizione diversa, moneta che io non ho mai incontrato, e poi vi è il multiplo di tarì, moneta rarissima e che ugualmente non ho mai visto. La presente per chiedere delucidazioni in merito e se è possibile avere una stima di mercato aggiornata e qualche riferimento di apparizioni in asta o collezioni. Grazie
  10. Salve a tutti, Avrei una 30 di banconote di tutto il mondo e vorrei catalogarle per avere un' idea più precisa di ciò che ho tra le mani. Grazie
  11. Buonasera a tutti, ho reperito questo doppio denaro di Manfredi del peso di 2,20 grammi e ho deciso di condividerlo con voi, purtroppo le foto sono quelle che sono ma dal vivo la monetina è più gradevole, spero di aver accontentati gli amanti delle medievali del sud Italia...
  12. Cenni storici Prima di parlare della zecca di Lecce si rendono indispensabili alcuni cenni storici sulla figura del principe cui per primo va ricondotta la paternità della zecca cittadina : Giovanni Antonio Del Balzo Orsini conosciuto anche come Giannantonio, figlio di Raimondo Del Balzo Orsini e di Maria d’Enghien (che alla morte del marito divenne regina di Napoli sposando re Ladislao). Fu Principe di Taranto, Duca di Bari, Conte di Lecce, Acerra, Soleto e Conversano dal 1406, Signore di Altamura, nonché Conte di Matera dal 1433 e di Ugento dal 1453. Non a caso in una relazione inviata da Napoli, regnando Alfonso I il Magnanimo, si indicava Giovanni Antonio al primo posto tra i signori feudali del regno. Padrone di 400 castelli, 70 città vescovili e 30 città arcivescovili egli poteva viaggiare da Taranto a Salerno senza uscire dai propri domini :” Lo principo da Taranto è signore da per sé in lo Reame de più de quatrocento castelle. E comenzia il suo dominio da la porta del merchà de Napoli lunzi oto milya a uno locho se chiama la terra de Marignano e dura per XV zornade per fina in capo de Leucha; e chi lo chiama lo Sacho de terra de Otranto e dura per melya quattrocento e più. E li ve sono quante terre principale e grande oltra le castelle preditte et primo Tarrantina, dove è lo archiopisco, Vrindige, Lezza, Convertino, Otranto, Nardò, Mathera, Gallipoli, Insula de mare, Oyra, Miragna, Astone, Altamura, Minervino, Santo Pietro in Gallatina, Massafra, La terza, Castelanetha, Le gratalye, Ociento, Cassalnovo, Pallignano, Ascoli de Capitaniato, Rutilyano, Conversano, Gravina, La Cerra, Marignano, Chaliffri. Item lo principo anteditto de Taranto ha sotto di sé pillyato tutto lo ducato de Barri, da poi la morte de messer Jacopuzzo Caldora”. Pertanto con una tale consistenza patrimoniale, paragonabile a quella della stessa corona, il Principe poteva condizionare non solo la politica del regno ma, come vedremo, anche la successione al trono. Già precocemente egli venne coinvolto nelle lotte dinastiche per la successione al trono di Napoli. Nel 1421, la regina Giovanna II (sorella del precedente re Ladislao) aveva adottato come figlio ed erede Alfonso V re d’Aragona, quale REGINE DEFENSOR. Appena 2 anni dopo, scontenta dell’atteggiamento di Alfonso che intendeva esercitare anzitempo il potere regale, revocava l’adozione e disponeva nel proprio testamento che alla sua morte la corona passasse a Renato d’Angiò Valois Provenza (II casa d’Angiò) Denaro di Giovanna II d’Angiò ed Alfonso I d’Aragona (REGINE DEFENSOR) . Alla morte della regina (2 febbraio 1435) Alfonso, partendo dal suo regno di Sicilia, cercò di riprendersi con le armi il regno di Napoli. anche in considerazione del fatto che il pretendente angioino era prigioniero del duca di Borgogna che gli rivendicava il ducato di Lorena. Inizialmente Alfonso andò incontro alla sconfitta navale di Ponza da parte di una flotta genovese inviata dal duca di Milano Filippo Maria Visconti e fu fatto prigioniero insieme a Giovanni Antonio. Conseguentemente Isabella di Lorena, moglie di Renato, poteva raggiungere Napoli dove, ricevuta con tutti gli onori, governò come reggente per quasi 3 anni. Renato, riuscito a riscattarsi dal Borgogna, giunse a Napoli solo nel maggio 1438. Ma già 3 anni dopo Alfonso assediava la città partenopea, conquistandola il 2 giugno 1442. Renato si trovò così costretto a ritornare in Provenza quello stesso anno e , sebbene conservasse il titolo di re di Napoli, non ne recuperò mai il potere effettivo e restò pretendente fino alla sua morte (1480). Il 26 febbraio 1443 Alfonso fece il suo ingresso trionfale a Napoli, e risuscitando, da buon umanista, il corteo dei trionfatori antichi vi entrò su un carro dorato. Giovanni Antonio, Gran Connestabile del regno, che aveva contribuito in maniera determinante al successo dell’aragonese e alla sua ascesa al trono, desiderava condividere gli onori del vincitore e pretendeva pertanto di sfilare dietro al carro trionfale accanto al re e non avanti al carro, fra i baroni sottomessi con la forza dal sovrano. Tale arroganza indispettì il sovrano che diede ordine al maestro di cerimonia di far sfilare tutti i baroni dietro al carro trionfale, esattamente come si trova rappresentato nei marmi del monumentale ingresso di Castelnuovo Ingresso trionfale di Alfonso il magnanimo a Napoli: arco inferiore del portale di ingresso a Castelnuovo Fu allora che si incrinò la solidità della coesione tra gli interessi del barone più potente del regno e quelli della corona. Fu allora, dopo la vittoria, che “il re cominciò a conoscere che il principe era un altro re “, ponendo i presupposti della reciproca diffidenza che da quel momento avrebbe caratterizzato i rapporti tra feudatario e sovrano. Tuttavia per la stabilità politica del regno s’imponeva, con urgenza, la necessità di assicurare a Ferrante, figlio bastardo ed erede designato di Alfonso a Napoli, il consenso della feudalità regnicola. Tale obiettivo poteva essere raggiunto solo attraverso un alleanza matrimoniale con il suo più influente esponente, il principe di Taranto che, in assenza di figli legittimi dal suo matrimonio con Anna Colonna ( nipote di papa Martino V), aveva nominato erede del principato la nipote Isabella Chiaromonte, figlia di sua sorella Caterina. Dopo le nozze tra Isabella e Ferrante (1445) sia il papa che i baroni riuniti nel Parlamento del regno accettano di riconoscere la successione del figlio naturale. Dopo la morte di re Alfonso ( 28 giugno 1458) Ferrante (Ferdinando I), successore designato Coronato di Ferrante I d’Aragona (rovescio) con scena dell’incoronazione di Barletta Sebbene invii prontamente segnali di pace ai pur sempre riottosi baroni, assicurandoli di voler governare “ con l’amore di lor signori “, i nemici di sempre si rifanno vivi ed in particolare i cugini aragonesi di Spagna ( con pretese di successione in luogo di “el bastardo”), i pretendenti angioini e molti baroni filoangioini del regno. Nuova molla alla sollevazione dei baroni (I congiura : 1459-1463) è la discesa in Italia (ottobre 1459) di Giovanni d’Angiò, figlio di re Renato e sedicente duca di Calabria. Giovanni d’Angiò Il principe di Taranto, grande assente alla cerimonia di Barletta, inizialmente assume posizioni ambigue e contraddittorie, ponendosi ora come interlocutore privilegiato del re, ai cui ambasciatori si dichiara suddito fedele, ora come sostenitore del pretendente angioino (Angiò-Valois-Provenza), non dimentico che i Del Balzo (De Baux) sono pur essi di origine provenzale. In pratica egli confina nell’ambito delle ipotesi non remote la possibilità di una propria aspirazione al trono di Napoli o almeno ad una iniziale reggenza come riporta il Nunziante (“lo Reame vivente esso principe lui lo habia ad regere et governare pro suo arbitrio voluntatis, cum protestate de togliere et de donare a chi meglio glie parerà “). Ma ben presto Giovanni Antonio appare evidentemente l’unico alleato su cui il pretendente angioino possa contare concretamente e diventa l’anima della rivolta, traendo dalla sua parte i potentissimi baroni filoangioini tra cui Marino Marzano, duca di Sessa e principe di Rossano, il secondo barone più potente del regno e cognato del re. Il 7 luglio 1460 le forze riunite del principe di Taranto e del pretendente angioino sconfiggono le truppe di Ferrante alla foce del Sarno, ma il 18 agosto 1463 con la battaglia di Troia i legittimisti aragonesi, con l’aiuto determinante dell’eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg, mettono definitivamente in rotta le forze confederate ribelli. Il 21 settembre 1463 Giovanni Antonio, con il preciso obiettivo di conservare cariche, privilegi e domini, chiede ed ottiene di riconciliarsi con il re a patto di privare del suo sostegno il pretendente Giovanni, tornato in Provenza. A tal proposito va notato che questa tendenza a giocare la partita su più di un tavolo coinvolgeva un po’ tutti i personaggi interessati, re compreso, all’epoca della I congiura dei baroni ed avrebbe raggiunto l’acme all’epoca della II congiura dei baroni. Morte di Giovanni Antonio de Balzo Orsini: Così scrive il De Simone: “Dopo il ritorno di re Giovanni in Francia, Giovanni Antonio chiese la pace e mentre si trovava in Altamura gli furono inviati Antonello Petrucci ed il cardinale Rovarella per comporla nel mentre, si disse, nel campo del re si tramava la morte del potente feudatario. Della congiura facevano parte: Paolo Tricarico, Antonio D’Ayello, Antonio Guidano da Galatina, Giacomo Protonobilissimo, Gaspare Petrarolo (il cui congiunto Gabriele era rinchiuso nella Torre del Parco). Giunti in Altamura trovarono il Principe con febbri malariche e così diffidente da minacciarli di morte. Allora il Guidano e l’Ayello, sicuri della ricompensa reale, entrarono di notte nella stanza da letto e lo strangolarono (15 novembre 1463 ). Il partito aragonese sostenne che fosse morto per cause naturali, ma i premi e gli onori che toccarono ai congiurati rivelarono chiaramente le intenzioni del re. Il suo corpo, secondo le disposizioni testamentarie, fu trasportato in Galatina, accompagnato dai vescovi di Otranto, Gallipoli, Castro ed Ugento e tumulato in abito da frate nella chiesa di S. Caterina, sacrario della famiglia”. Dopo la morte provvidenziale di Giovanni Antonio il re, guardandosi bene dal rispettare le volontà testamentarie del defunto e della vedova Anna Colonna, si precipitò a Lecce nel dicembre 1463 ed incamerò nel demanio regio il principato di Taranto, la contea di Lecce e le ricchezze della famiglia (ammontanti ad oltre un milione di ducati) nella qualità di marito di Isabella Chiaromonte e deliberatamente ignorando i diritti di successione spettanti ad Anghilberto del Balzo, marito di Maria Conquesta, figlia illegittima di Giovanni Antonio. E per porre la parola fine a quello che aveva rappresentato “ uno stato dentro lo stato “ re Ferrante disintegrò il sistema di alleanze e parentele del principe. ....................... continua. ......................
  13. Anche questa bella medaglietta devozionale, viene dal convegno di Riccione. In origine scurissima e sporca, una volta pulita si è rivelata in ottimo argento. Pesa grammi 3.95 per un diametro di 17 per 22 mm escluso l'appiccagnolo. L'immagine come si può leggere sulla stessa medaglia, è della Vergine SS della Libera che si venera nel Santuario di Rodi Garganico in Puglia. Anche di questa per una corretta catalogazione, avrei bisogno di sapere zona e tempo di produzione. Mi rivolgo a tutti gli amici esperti, in particolare a @@borghobaffo @@francesco77 @@fabio22 Grazie.
  14. Salve a tutti, qualcuno ha sentito parlare del Follaro di Ruggero II, il classico "San Nicola" con retro incuso? Grazie
  15. vi chiedo cortesemente un parere,una valutazione su questo Follaro della zecca di Bari
  16. Gentili colleghi del forum, avrei un consiglio da chiedervi. mi scuso già da subito se ho sbagliato la sezione in cui aprire questo post, ma non sapevo dove postarlo. nella volontà di avviare una forma di "didattica" sulle monete, sono alla ricerca di monete rappresentative della città di Bari. chiarisco il concetto. sono alla ricerca di monete del XVI-XVII d.C. che in qualche modo facciano riferimento al capoluogo pugliese. un esempio è la frazione di follaro rappresentante il busto di San Nicola, patrono della città. quindi una moneta di quel periodo storico che rimandi, seppur con un elemento, alla città. Avreste consigli da darmi? nelle mie ricerche o trovato solo monete napoletane ma che mai sfiorano, per contenuti e temi, la puglia centrale. (sono ben accetti anche consigli su medaglie o monete con datazione di uno-due secoli inferiori) Grazie mille a tutti
  17. Vi chiedo qualche aiuto su questa moneta che mi sembra sia di Corrado II regno di Sicilia. Non ne sono così convinto. Il catalogo spahr la riporta al numero 175. A voi cosa sembra? Grazie
  18. Secondo voi esiste davvero questo coronato riportato nel testo di D'Andrea - Andreani? Un mio caro amico conosce il collezionista proprietario del coronato in questione ma ad oggi non gliel'ha mai mostrato, uhhmmmmm, forse per gelosia? Che mi sapete dire a tal proposito? Grazie
  19. Salve a tutti, non avendo preso niente ad Avellino ma che, in ogni caso , si è rivelata una passeggiata molto positiva dove ho conosciuto il simpaticissimo, ma soprattutto preparatissimo Lorenzo @@dareios it che mi ha dato un bel pò di dritte. Vi posto il mio ultimo acquisto: Denaro Carlo I° D'Angiò, zecca di Brindisi, MIR 343, con KAR e croce con due giglietti Concordate che è Raro? Saluti Eliodoro
  20. Aggiudicato alla base una moneta da Inasta 54 (lotto 750) che a parer mio ne vale almeno il doppio (forse anche di più), una grande fortuna per colui che dalla bella Puglia è stato in grado di riportare in patria una delle monete aragonesi più rare in assoluto. Il mezzo carlino di Ferdinando I d'Aragona è noto anche come "ermellino" per via dell'iconografia al rovescio legata all'animale simbolo dell'ordine cavalleresco istituito il 29 settembre 1465 da re Ferdinando I, l'esemplare in questione venne battuto a Lecce e riporta al rovescio la scritta LICI al posto delle pressochè onnipresenti sigle del maestro di zecca (rammento a tutti che il dritto è il lato con lo stemma). I miei complimenti al nuovo proprietario che ha saputo acquistare un pezzo da 90 di epoca rinascimentale ad un decimo delle cifre solitamente pagate per una moneta decimale in FDC. :good: :hi: :hi:
  21. Sono da sempre stato affascinato dall'Augustale di Federico II° di Svevia, moneta del resto considerata unanimemente uno dei "simboli" fra le emissioni del nostro medioevo. Riporto qui una nota estrapolata dal catalogo Hess Divo n. 313: "L'augustale è nominato per la prima volta nel 1231 nelle Costituzioni di Melfi. Nello stesso anno il notaio imperiale Riccardo di San Germano annota: "Nummi aurei qui augustales vocantur, Brundusii et Messina cuduntur" (monete nominate augustales furono coniate nelle zecche di Brindisi e Messina). La rappresentazione della moneta s'ispira a modelli antichi, senza che sia stato possibile fin'ora di ritrovare il modello preciso antico. Sembra piuttosto che l'artista che produsse i coni si fece ispirare da diverse fonti. A parte di rap­presentazioni su monete antiche il prototipo per il diritto col busto del imperatore possibilmente è anche da ricercare in un cameo d'epoca augustea che si trovava all'epoca ad Aquisgrana. Con gli augustali inizia una nuova epoca nella monetazione occidentale medioe­vale, dopo la lunga assenza di monete d'oro al di fuori delle aree dominate per le culture arabe e bizantine. Qualche decennio più tardi le monete d'oro di Firenze, Genova e Venezia reimposero la circolazione di monete d'oro in tutto l'occidente. Col loro stile antichegiante queste bellissime monete possono essere definite senza dubbio dei gioielli d'arte protorinascimentali". Il dritto presenta il busto dell'imperatore con una corona d'alloro e la scritta CAESAR AVG. IMP. ROM.. Il rovescio presenta un'aquila romana ad ali spiegate e la scritta FRIDERICVS. L'incisore fu forse Balduino Pagano di Messina, anche se è assai probabile, vista la diversità di stili, che altri artisti abbiano operato insieme a lui alla produzione dei coni. La moneta pesava circa 5,25 grammi a 20.5 K, cioè 1/4 di un'oncia d'oro siciliana. II diametro era di circa 20 mm. Insieme con l'Augustale fu prodotto anche il mezzo, che presentava le stesse raffigurazioni e leggende e pesava la metà. Quest'ultima moneta, dovette esser prodotta in numero decisamente inferiore, stante l'estrema rarità attuale e il basso numero di coni attualmente conosciuti. Allego ora qualche immagine, estrapolata da cataloghi d'asta: Augustale, zecca di Messina, ex Asta Hess Divo n. 313
  22. Salve a tutti, dopo un periodo di attività ridotta per cause di forza maggiore torno a postarvi due mie monetine appena arrivate...Sono piccole, brutte, sporche e comuni ma a me piacciono, che ci posso fa e poi non le ho pagate neanche tanto :D La prima è un Denaro di Carlo I d'Angiò della zecca di Brindisi mentre la seconda è un Gherardino di Carlo II...divertitevi :P Gaetano
  23. Ancora io, scusate. Piccola monetina in pessimo stato di conservazione dal peso irrisorio e piattissima. Una domanda: perché sono così piatte? diametro: 14 circa
  24. Non essendo la mia monetazione, chiedo conferma, anche perché se la mia ipotesi è corretta, sarebbe moneta rarissima. Brindisi - Corrado I (1250-1254) Mezzo denaro - peso gr. 0,42 diam. mm. 13,09 CNI 31 - Spahr 159 - D'Andrea Andreani 53 Se così fosse, inserirò le foto nel Catalogo, in quanto mancante. Grazie anticipatamente a quanti interverranno.
  25. Illyricum65

    Dinosauri... pugliesi

    Ciao, volevo segnarvi una recente scoperta effettuata in una cava nei pressi di Bari presso il Parco di Lama Balice: un tratto di paleosuperficie presentante impronte di sauropodi. Non si tratta comunque di una novità assoluta: in Puglia sono stati identificati 14 siti analoghi! Il link del video comparso su Repubblica.it: http://video.repubblica.it/edizione/bari/esclusivo-la-scoperta-quando-a-bari-passeggiavano-i-dinosauri/141971/140507 Ciao Illyricum :)
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