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  1. Archeologi riportano alla luce metà mancante della statua di Ramses II Quasi un secolo fa è stata rinvenuta la parte complementare della scultura con le sembianze di uno dei sovrani più importanti dell'antico Egitto La sezione superiore di una statua raffigurante il faraone egiziano Ramses II è stata portata alla luce dagli archeologi nel Sud dell'Egitto. Lo ha annunciato il ministero delle Antichità egiziano. Scoperto nel sito di El Ashmunein, il frammento di pietra calcarea alto 12,5 piedi è stato rinvenuto grazie alla collaborazione tra il Consiglio supremo delle antichità egiziano e l'Università del Colorado, sotto la guida di Bassem Gehad e Ivonna Trnka. La statua raffigura la testa, le spalle e la parte superiore del busto del re Ramses II, noto anche come Ramses il Grande, ornato da una doppia corona e da un copricapo regale a forma di cobra (urèo). Ulteriori indagini hanno rivelato che la porzione di calcare è complementare a una sezione inferiore scoperta dall'archeologo tedesco Gunther Roeder, quasi un secolo fa, nel 1930. Sono in corso i lavori di ripulitura della statua. Scoperta di recente la sezione superiore di una statua raffigurante il faraone Ramses IICredit: Egypt's Ministry of Tourism and Antiquities Chi era Ramses II? Ramses II, noto come uno dei più importanti sovrani dell'antico Egitto, salì al trono intorno al 1279 a.C. e mantenne il potere fino al 1213 a.C.. I suoi 66 anni di regno sono considerati l'apice della potenza e della gloria dell'Egitto. Rinomato per la sua abilità militare, orchestrò oltre 15 campagne militari vittoriose, assicurando il dominio dell'Egitto nel Levante e in Nubia. Ma Ramses II non fu solo un guerriero: lasciò anche un'enorme impronta attraverso costruzioni monumentali. La sua visione si estendeva in lungo e in largo, commissionando la creazione di città, templi e monumenti impressionanti in tutto l'Egitto, tra cui le meraviglie di Karnak e Abu Simbel. I visitatori affollano il Grande tempio di Rams II ad Abu Simbel, in Egitto, a 870 chilometri (540 miglia) a sud del CairoCredit: Ibrahim Zayed/AP Centinaia di statue colossali a lui dedicate si trovano in diversi siti egiziani. Il grande sovrano morì all'età di 90 o 91 anni e fu sepolto nella Valle dei Re. La sua mummia fu poi scoperta dagli archeologi nella Cache Reale ed è ora esposta al Museo nazionale della civiltà egizia, al Cairo. https://it.euronews.com/cultura/2024/03/13/archeologi-riportano-alla-luce-meta-mancante-della-statua-di-ramses-ii
  2. ARES III

    Studio sui Babbuini nell'antico Egitto

    Gli studiosi scoprono la vita misera degli Dei babbuini nell’antico Egitto. Esaminate le mummie degli animali. Babi e l’Aldilà Uno studio pubblicato nelle scorse ore sulla rivista scientifica Plos one ha gettato nuova luce sulla vita dei babbuini nell’antico Egitto, svelando dettagli intriganti sull’allevamento e la mummificazione di questi animali sacri. Condotto da Wim Van Neer del Royal Belgian Institute of Natural Sciences, Belgio, e il suo team di ricercatori, lo studio ha esaminato le mummie di babbuini provenienti dalla Valle delle Scimmie, un sito egiziano noto come Gabbanat el-Qurud, risalente al periodo compreso tra l’IX secolo a.C. e il IV secolo d.C. Il Wadi Gabbanat el-Qurud è una valle – tale è il significato del sostantivo wadi – situato a sud-ovest della Valle dei Re. Servì come necropoli durante il Nuovo Regno e il Secondo Periodo Intermedio . Nella valle sono state rinvenute tombe scavate nella roccia realizzate per i membri della famiglia reale della XVIII dinastia . Gli antichi egizi hanno venerato e mummificato diverse specie animali per scopi religiosi per oltre un millennio, e tra questi, i babbuini non originari dell’Egitto sono stati particolarmente significativi. Tuttavia, poco si sapeva su come questi animali fossero acquisiti e mantenuti. Lo studio ha analizzato i resti scheletrici di almeno 36 babbuini di varie età, risalenti a un periodo compreso tra l’800 e il 500 a.C. Le indagini hanno rivelato lesioni, deformazioni e anomalie ossee, indicando che la maggior parte dei babbuini soffriva di cattiva alimentazione e mancanza di luce solare. L’analisi dei resti provenienti da altri due siti simili, Saqqara e Tuna el-Gebel, ha evidenziato condizioni simili, suggerendo un modello coerente di detenzione in cattività. Gli studiosi ipotizzano che i babbuini potrebbero essere stati allevati in cattività prima della loro mummificazione. Tuttavia, rimangono ancora dettagli da esplorare, e gli autori suggeriscono ulteriori analisi, come l’esame dei denti per comprendere la dieta degli animali e l’estrazione del DNA per ottenere informazioni sulla loro origine e sulle pratiche di allevamento impiegate. In conclusione, lo studio rivela che la vita per i sacri babbuini egiziani non era facile, evidenziando le sfide legate alla malnutrizione e alla mancanza di esposizione solare. Questa ricerca fornisce una finestra preziosa sulle pratiche di gestione degli animali nell’antico Egitto, sottolineando l’importanza di approfondire ulteriormente la conoscenza di queste antiche pratiche culturali e spirituali. Babi, noto anche come Baba in alcune fonti e identificato come Bapho nella tradizione greca, è una divinità egizia venerata nell’antico Egitto. Questa figura divina è associata al babbuino, un animale diffuso nella valle del Nilo. Caratterizzata da attributi feroci, virili e sanguinari, Babi occupa un ruolo significativo nella mitologia egizia, particolarmente legato all’oltretomba e al giudizio delle anime. Il nome Babi è tradotto comunemente come “Toro dei babbuini,” sottolineando il suo ruolo come maschio dominante e capo di questa specie di primati. Si ritiene che già nel Periodo Predinastico, i babbuini fossero considerati le anime degli antenati, con i maschi-alfa identificati come “Grande Bianco,” termine associato al folto mantello bianco-grigiastro del Papio hamadryas, la specie di babbuino più comune in Egitto. Nell’iconografia, Babi è raffigurato come un babbuino, e in alcune rappresentazioni, persino faraoni come Narmer sono trasformati in questa figura simbolica. La connessione tra i babbuini e il regno dell’oltretomba è evidente, poiché Babi è venerato come una divinità associata al mondo dei morti. Ruolo funerario e aggressività Babi è considerato una divinità dell’oltretomba, dotata di caratteristiche estremamente feroci e sanguinarie, riflesso della natura aggressiva dei babbuini. Si credeva che Babi si nutrisse delle viscere dei defunti e attaccasse chiunque si trovasse sulla sua strada. Secondo le credenze egizie, Babi consumava le anime dei malvagi dopo che queste venivano riconosciute colpevoli mediante la “pesatura del cuore” durante il giudizio dell’aldilà. Iconografia sessuale e virilità Un aspetto distintivo di Babi è la sua considerevole libido e la notevole caratterizzazione genitale, associata alla sua rappresentazione come dio della virilità dei defunti. Spesso raffigurato con un’evidente erezione, Babi svolge un ruolo cruciale nel giudizio delle anime. Si dice che usasse il proprio pene come un albero del traghetto, trasportando le anime dei morti nei paradisiaci campi Aaru, indicando così la sua funzione di protettore contro l’impotenza nelle vite ultraterrene. Primogenito di Osiride Babi è indicato come il primogenito di Osiride, il dio egizio dei morti. Questa connessione sottolinea l’importanza della figura di Babi nel contesto delle regioni in cui il culto di questa divinità era diffuso, evidenziando il suo ruolo nella vita ultraterrena e nel giudizio delle anime. In conclusione, Babi emerge come una divinità ricca di simbolismo e significato nella mitologia egizia, rappresentando la ferocia, la virilità e la protezione delle anime dei defunti nel regno dell’oltretomba. La sua presenza nell’iconografia e nei miti evidenzia l’importanza di questa figura nella comprensione delle credenze e delle pratiche spirituali dell’antico Egitto. https://stilearte.it/gli-studiosi-scoprono-la-vita-misera-degli-dei-babbuini-nellantico-egitto-esaminate-le-mummie-degli-animali-il-ruolo-di-babi-nellaldila/ Palaeopathological and demographic data reveal conditions of keeping of the ancient baboons at Gabbanat el-Qurud (Thebes, Egypt) Wim Van Neer, Mircea Udrescu, Joris Peters, Bea De Cupere, Stéphane Pasquali, Stéphanie Porcier Abstract Since predynastic times, baboons (Papio hamadryas and Papio anubis) were important in ancient Egypt for ritual and religious purposes. These species did not occur naturally in Egypt and therefore had to be imported, but little is known about their exact provenance and the conditions in which they were kept through time. Here, we analyse the skeletal remains of a collection of baboon mummies coming from Thebes (Egypt), representing a minimum of 36 individuals, from a palaeopathological and demographic point of view. The pathological cases are described, figured where relevant, and the discussion attempts to understand their aetiology. The prevalence of the different types of deformations and pathologies is compared with that of other captive baboon populations from more or less contemporary (Tuna el-Gebel and Saqqara) or older (predynastic Hierakonpolis) sites. This is combined with observations on the age and sex distribution and the proportion of hamadryas and anubis baboons to draw conclusions about the conditions of keeping, possible breeding on-site, provenance of the animals and the trade routes used for import. As in Tuna el-Gebel and Saqqara, the baboons from Gabbanat el-Qurud suffered from numerous metabolic diseases due to chronic lack of sunlight and an unbalanced diet. This and the demographic data suggest that there was a local breeding population derived from animals captured downstream from the Sudanese Nile Valley (for anubis) and from the Horn of Africa or the southern part of the Arabian Peninsula (for hamadryas). A new series of radiocarbon dates is provided, placing the baboons from Gabbanat el-Qurud between the end of the Third Intermediate Period and the beginning of the Late Period. Citation: Van Neer W, Udrescu M, Peters J, De Cupere B, Pasquali S, Porcier S (2023) Palaeopathological and demographic data reveal conditions of keeping of the ancient baboons at Gabbanat el-Qurud (Thebes, Egypt). PLoS ONE 18(12): e0294934. doi:10.1371/journal.pone.0294934 Editor: Olga Spekker, University of Szeged Institute of Biology: Szegedi Tudomanyegyetem Biologia Intezet, HUNGARY Received: August 28, 2023; Accepted: November 10, 2023; Published: December 6, 2023 Copyright: © 2023 Van Neer et al. This is an open access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License, which permits unrestricted use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original author and source are credited. Data Availability: All relevant data are within the paper and its Supporting information files. Funding: This research was carried out within the framework of the SIMoS Project supported by the Agence Nationale de la Recherche from the « Investissement d’Avenir » program ANR-11-LABX-0032-01 LabEx ARCHIMEDE and the Baboons Project supported by the Ministère de la Culture et de la Communication. The funders had no role in study design, data collection and analysis, decision to publish, or preparation of the manuscript. Competing interests: The authors have declared that no competing interests exist. Introduction Archaeological setting and history of discovery Materials Methods Results Discussion Summary and conclusions Supporting information Acknowledgments References
  3. ARES III

    Saqqara: riaperto l’Imhotep Museum

    Saqqara: finalmente riaperto l’Imhotep Museum È staro riaperto ieri, domenica 3 dicembre, l’Imhotep Museum di Saqqara, chiuso per alcuni anni a causa del rinnovo che ha interessato i pavimenti, le strutture murarie, i bagni, un bookshop ed una caffetteria. Il museo venne inaugurato nell’aprile del 2006. Imhotep Museum, ingresso Dedicato a Imhotep, architetto del re Djoser (2667-2648 a.C. ca.) e artefice della sua piramide a gradoni a Saqqara, il museo ha sei sale espositive, di cui una dedicata a Jean-Philippe Lauer (1902-2001), egittologo francese che ha dedicato la sua vita allo studio del sito di Saqqara. L’Imhotep Museum custodisce oltre 500 reperti tra statue in pietra, statuine in legno, stele, vasellame, utensili, elementi architettonici e piastrelle in faïence provenienti dalla piramide di Djoser. Crediti: ahramonline Ad accogliere il pubblico nella sala d’ingresso del museo è una statua del sovrano Djoser seduto: su di essa sono incisi il nome e i titoli di Imhotep. È la prima e unica volta nella storia dell’Egitto che ciò avviene. Imhotep resta nell’Egitto faraonico figura di spicco tanto da essere divinizzato e venerato come dio della saggezza, della scrittura e della medicina, legando il suo culto a quello di Ptah e Thot. Iconograficamente è rappresentato seduto con un rotolo di papiro aperto tra le mani. Statuetta in bronzo di Imhotep, Epoca Tarda. L’iscrizione recita “Il Grande, Figlio del dio Ptah”. © The Trustees of the British Museum, inv. EA 63800 https://mediterraneoantico.it/articoli/news/saqqara-finalmente-riaperto-limhotep-museum/
  4. ARES III

    Trovata ancora una statua di Ramses II

    Scoperta incredibile in Egitto: trovata la statua di Ramses II risalente a 3.000 anni fa Una delle scoperte più importanti fino ad oggi è avvenuta pochi mesi fa in uno slum del Cairo. Si tratta forse della statua di Ramses II, alta 8 metri circa, immersa in acque sotterranee. Gli archeologi pensano appunto si tratti di Ramses II, il quale governò l’Egitto più di 3.000 anni fa. Fu il sovrano più potente e più celebrato fra tutti, il terzo della XIX dinastia egizia. Estese il regno dalla Siria ad est e alla Nubia a sud. I suoi successori lo soprannominarono ”Grande Antenato”. A rafforzare l’ipotesi che si tratti proprio della statua di Ramses II detto anche “il Grande“, è la vicinanza della statua al tempio che il faraone fece costruire nell’antica città di Heliopolis, nella parte orientale dell’attuale Cairo. Era uno dei templi più grandi dell’Egitto – quasi il doppio di Karnak – distrutto successivamente in epoca greco-romana. Pochi giorni dopo la scoperta, tramite un carrello elevatore, la statua è stata estratta dall’acqua. Il gruppo di ricercatori, composto da membri egiziani e tedeschi, ha trovato anche la parte superiore di una statua in pietra calcarea a grandezza naturale del faraone Seti II, nipote di Ramses II. Questa è anche più grande della precedente, lunga 31 pollici. “È uno degli scavi più importanti in Egitto”, dichiara a NBC News la dottoressa Salima Ikram, archeologa e professoressa di egittologia presso l’Università americana del Cairo. Continua poi affermando che ‘‘il lavoro in corso sul sito è di fondamentale importanza perché si tratta fondamentalmente di un’archeologia di salvataggio di uno dei luoghi religiosi più importanti della storia dell’antico Egitto. È il luogo di nascita del Dio Sole e in effetti dell’Egitto e della sua civiltà in termini di mitologia egiziana”. Il team di esperti ora cercherà i pezzi rimanenti di entrambe le statue prima di restaurale. Successivamente, una volta completato lo studio le statue saranno esposte al Grande Museo Egizio. https://www.storiachepassione.it/scoperta-incredibile-in-egitto-trovata-statua-di-3000-anni-fa-al-cairo/
  5. Il "giallo" del busto di Nefertiti, star del neues museum di Berlino. Reperto archeologico originale sottratto all'Egitto con un trucco? Mistificazione? In questo documentario si portano alla luce le problematiche legate a questo oggetto. Ma forse è solo complottismo. O no? Contenuti: L'autenticità controversa e il viaggio illecito dell'iconica scultura della regina egiziana. 0:00 🔍 L'autenticità del famoso busto di Nefertiti è messa in dubbio da alcuni esperti. 5:46 👑 La regina d'Egitto, Nefertiti, è nota per la sua bellezza e la sua relazione con suo marito, Akhenaton. Governarono durante la XVIII dinastia e stabilirono una nuova religione incentrata sull'adorazione del dio del sole, Aton. Il loro regno fu di breve durata e la loro città, Akhetaton, fu infine abbandonata. 11:51 🔎 All'inizio del XX secolo, l'archeologo prussiano Borschacht scoprì il busto di Nefertiti nella città di Akhenaton, in Egitto, dopo aver condotto estesi scavi nella zona. 17:42 🔍 Un'indagine solleva dubbi sull'autenticità del busto di Nefertiti. 23:32 🔍 L'autenticità del busto di Nefertiti è messa in dubbio a causa del suo utilizzo come modello e della sua assenza dall'esposizione pubblica per molti anni. 35:54 🔍 L'analisi dei pigmenti trovati sul busto di Nefertiti conferma l'uso di materiali autentici, ma non fornisce un'età per la scultura. 42:26 🔍 L'indagine rivela la rimozione illegale del busto di Nefertiti dall'Egitto a Berlino nel 1913. 48:29 🔍 Viene portata alla luce la controversia che circonda la condivisione di reperti provenienti da uno scavo archeologico in Egitto.
  6. Si infilano in uno stretto cunicolo. Lo percorrono per tre metri. Sboccano in una sala. Scoprono la sensazionale tomba del cancelliere del faraone Hanno percorso carponi uno stretto cunicolo, in fondo a un pozzo. Tre metri di angustie ed ecco la straordinaria scoperta.La missione archeologica ceca della Facoltà di Letteratura, Università Carlo di Praga, durante il suo lavoro nel sito archeologico di Abusir, ha scoperto la tomba del cancelliere reale “Jhoti Em Hat”, che risale alla metà del primo millennio a.C. Lo ha annunciato nelle ore scorse il Ministry of Tourism and Antiquities dell’Egitto. Questa sezione della necropoli di Abusir include tombe di alti funzionari e capi militari della XXVI e della XXVII dinastia, ed è di grande importanza per gli studiosi dell’antica società egiziana. Lo ha affermato il dottor Mustafa Waziri, il Segretario Generale del Consiglio Supremo di Archeologia, sottolineando che l’importanza di questo cimitero è sottolineata dalla figura di questo scriba-cancelliere reale, “Johouti Em Hat”, vissuto durante la 27esima dinastia dell’antico Egizio. Gli scavi svolti recentemente portano alla luce personaggi e storie prima a noi sconosciuti, compresi quelli delle tombe del comandante militare “Wah Ib Ra” e del suo entourage, svelati un anno fa dalla delegazione ceca, scoperte che permetteranno di far luce sui cambiamenti storici avvenuti in L’Egitto nei turbolenti secoli VI e V a.C. Il Dr. Marslav Barta, direttore della delegazione ceca, ha spiegato che il complesso tombale del cancelliere reale fu costruito a forma di pozzo con camera sepolcrale finale, e che, sebbene la parte superiore del sepolcreto non sia stata trovata intatta, la camera sepolcrale contiene molti reperti e ricchi geroglifici. Sorprendentemente, il pozzo che conduce al cimitero ha trovato molti resti dello scenario che facevano parte del vicino cimitero costruito per un comandante militare durante il periodo ed era chiamato “Mankh Ib Nikaw”. Dopo aver aperto il sarcofago del cancelliere reale, archeologi e antropologi si sono trovati al cospetto dei resti di un uomo di circa 25 anni.”Johoti Em Hat” è morto in età relativamente giovane. Soffriva di alcune malattie ossee, forse anche acuite dalla postura assunta – probabilmente sin da bambino – al tavolo da lavoro, ma in buona parte la sua fragilità ossea doveva essere causata da una situazione o condizione ereditaria, amplificata dall’ambiente – la sottrazione alla luce solare e, pertanto, un basso livello di vitamina D? -. La stessa fragilità ossea sarebbe stata riscontrata sugli occupanti di tombe vicine, molto probabilmente familiari del cancelliere stesso. https://stilearte.it/si-infilano-in-uno-stretto-cunicolo-lo-percorrono-per-tre-metri-sboccano-in-una-sala-scoprono-la-sensazionale-tomba-del-cancelliere-del-faraone/
  7. ARES III

    Templi e tesori sommersi in Egitto

    Scoperti ora nel Mediterraneo due templi sommersi e i tesori che erano offerti alle divinità dai fedeli. Le foto @ Ministry of Tourism and Antiquities وزارة السياحة والآثار Una missione congiunta di archeologi francesi ed egiziani – nella convergenza tra il Consiglio Supremo di Archeologia del Cairo e l’Istituto Marittimo Europeo – ha scoperto un tempio del V secolo a.C. dedicato alla dea Afrodite e una serie di reperti archeologici appartenenti al tempio di Ammone. La straordinaria scoperta è avvenuta durante lavori di scavo subacqueo nella città sommersa di Heraklion, in Tunisia, nel golfo di Abi Quir. Amon (letteralmente il Misterioso o il Nascosto) è una divinità appartenente alla religione dell’antico Egitto. Fu un dio di massima importanza per quasi tutta la storia egizia. @ Ministry of Tourism and Antiquities وزارة السياحة والآثار @ Ministry of Tourism and Antiquities وزارة السياحة والآثار @ Ministry of Tourism and Antiquities وزارة السياحة والآثار Il Dr. Mustafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo dei Beni culturali e archeologici, ha dichiarato – in una conferenza stampa che si è tenuta oggi – che la missione ha trovato manufatti in bronzo e porcellane importati dalla Grecia, oltre a resti di costruzione supportati da monumenti in legno risalenti al V secolo a.C. Frank Giudeau, capo dell’Istituto marittimo europeo, ha affermato che la missione ha trovato anche l’area del tempio di Amon in cui erano conservati offerte, ex voto e oggetti preziosi. Gli archeologi hanno trovato un set di ornamenti d’oro con orecchini a testa di leone, un occhio sacro realizzato in materiale prezioso, un ciondolo e vasi di marmo utilizzati per conservare profumi e cosmetici, oltre ad una selezione di piatti d’argento usati in riti religiosi e funerali e una brocca a forma di anatra, in bronzo. @ Ministry of Tourism and Antiquities وزارة السياحة والآثار La città sommersa della Tunisia, Heraklion, si trova a 7 km dalla costa di Abu Qair ed era il più grande porto d’Egitto sul litorale mediterraneo prima che Alessandro Magno fondasse la città di Alessandria nel 331 a.C. Heraklion fu sommersa a causa dei terremoti che colpirono la zona. Venne riscoperta una ventina d’anni fa.
  8. Un frammento di papiro trovato in Egitto potrebbe appartenere al “libro” più antico mai scoperto Parte di un taccuino rilegato in Egitto quasi 2.300 anni fa potrebbe essere il frammento del “libro” più antico mai scoperto, hanno dichiarato gli esperti della Biblioteca Universitaria di Graz, in Austria. Il ritrovamento è avvenuto durante il lavoro di routine che gli studiosi e i conservatori dell’università austriaca compiono quotidianamente sui frammenti di papiro delle Collezioni Speciali della Biblioteca Universitaria. E’ stato l’occhio attento della conservatrice specializzata in materiali scritti antichi Theresa Zammit Lupi (maltese) che ha riconosciuto in un frammento di papiro una forma di codex (un libro manoscritto formato da più fogli sovrapposti, in opposizione al rotolo). La presentazione del frammento di papiro durante la conferenza stampa. Da sinistra: Il rettore Peter Riedler, la direttrice dell’UB Pamela Stückler, la restauratrice Theresa Zammit Lupi e il ricercatore Erich Renhart. Foto: Università di Graz/Kernasenko Il frammento di papiro (Graz, UBG Ms 1946) risalente al III secolo a.C. venne ritrovato nel 1902 nel cartonnage di una mummia scoperta durante uno scavo nella necropoli egizia di El-Hiba, a sud del Fayum. La necropoli fu scavata dagli egittologi britannici Grenfell e Hunt. Il loro scavo fu parzialmente finanziato dalla città di Graz, così nel 1904 l’Università ricevette i frammenti come riconoscimento del contributo finanziario. Il reperto fa parte di una collezione di 52 documenti papiracei, alcuni dei quali riutilizzati nell’antichità per la produzione di cartonnage (l’involucro con cui venivano abitualmente coperte le mummie durante il Periodo Tolemaico, anche se la pratica era già in vigore dal Primo Periodo Intermedio). Il cartonnage è un materiale simile alla cartapesta, formato da strisce di lino o di papiro incollate con intonaco o resina, modellate e, una volta asciutte, dipinte per realizzare maschere funerarie o sarcofagi. Il papiro El-Hiba, il più antico frammento di “libro” conosciuto al mondo fino ad oggi. Foto: Università di Graz/Kernasenko Il papiro El-Hiba misura 15 x 25 cm ca. ed è un bifolio (o bifoglio: due fogli piegati) di un taccuino utilizzato per registrazioni fiscali: il papiro presenta appunti scritti in greco antico vergati intorno al 260 a.C. Trattasi di calcoli per pagare le tasse su birra e olio. “Questa scoperta è stata totalmente fortuita. Prima ho visto un pezzo di filo che spuntava dal papiro, solo dopo ho capito che questo aveva il formato di un libro. Ho visto una piega centrale, i fori per la rilegatura a filo e il testo scritto in colonne entro margini ben definiti. Come conservatore, è grandioso contribuire alla storia del libro. Allo stesso tempo, pensi che sia surreale. È come guardare un film!”, commenta entusiasta la dott.ssa Theresa Zammit Lupi, responsabile della conservazione delle Collezioni Speciali della Biblioteca Universitaria di Graz e autrice della scoperta. Gli esperti ritengono che i codici siano apparsi per la prima volta all’alba dell’Impero Romano, nel I secolo a.C., e che i più antichi esemplari che presentano evidenze di cuciture per la rilegatura a noi conosciuti risalgono al 150-250 d.C. Due di questi si trovano nella British Library (Add MS 34473) e nella Chester Beatty Library di Dublino (CBL BP II). Considerando ciò, la nuova scoperta sfida la cronologia attualmente accettata della storia del libro e al tempo stesso le offre un contributo molto speciale. Dettaglio sul filo che ha fornito alla restauratrice Theresa Zammit Lupi l’indizio che il papiro potrebbe essere un frammento di libro. Foto: Università di Graz/Kernasenko Erich Renhart e Thomas Csanády, co-direttori delle Collezioni Speciali della biblioteca universitaria austriaca, non escludono che in altre collezioni possano esistere altri frammenti di codici simili a questo, finora non c’è stata alcuna ricerca sistematica in questo senso. Dopotutto, il papiro era un materiale di scrittura abbastanza economico e si è conservato in grandi quantità. Anche se siamo in un’epoca di continua digitalizzazione, le biblioteche sono luoghi in cui si lavora costantemente per la conservazione dei beni culturali storici e dove si svolge ricerca. “È proprio l’osservazione con un nuovo sguardo dei documenti già noti, e già digitalizzati, che ha portato a nuove intuizioni. Siamo ansiosi di discutere la scoperta e le sue conseguenze con la più ampia comunità di specialisti”, afferma Pamela Stückler, direttrice della Biblioteca Universitaria di Graz. “In autunno, entro la fine dell’anno, inviteremo specialisti internazionali a Graz per discutere del frammento del libro e delle nuove intuizioni che ne sono derivate”, conclude la conferenza stampa dell’Università il rettore Peter Riedler. https://mediterraneoantico.it/articoli/news/un-frammento-di-papiro-trovato-in-egitto-potrebbe-appartenere-al-libro-piu-antico-mai-scoperto/
  9. ARES III

    Restaurata la piramide di Tetisheri

    Restaurata la piramide di Tetisheri. Riflessioni sul suo complesso funerario ad Abydos È stata recentemente annunciata la fine dei lavori di restauro della cosiddetta piramide della regina Tetisheri ad Abydos da parte della missione egiziano-americana Abydos Archaeology, attualmente diretta da Matthew D. Adams (Institute of Fine Arts, New York University) e Deborah Vischak (Princeton University). Il restauro del complesso funebre rientra nel progetto di manutenzione e conservazione dell’area meridionale del sito, come sottolinea il Segretario Generale del Concilio Supremo delle Antichità Egiziane, Mostafa Waziry. La cosiddetta piramide di Tetisheri. Crediti: Ministry of Tourism and Antiquities Oltre a questo intervento, le ricerche archeologiche hanno portato alla luce altre strutture funebri e abitative, cronologicamente pertinenti al regno di Ahmose I, nipote di Tetisheri, a testimonianza, probabilmente, degli operai che lavorarono al complesso piramidale del sovrano. Necropoli dei primi sovrani egiziani, Abydos è stata oggetto, nel corso dei secoli, di molti interventi di architettura cultuale da parte dei re egiziani, come contributo a quello che era considerato uno dei luoghi di culto più sacri nelle Due Terre, essendo patria del dio oltremondano Osiride. Si devono a David O’Connor, scomparso ad ottobre scorso (qui il nostro articolo), e a William Kelly Simpson (1928-2017) le prime sistematiche indagini su questo sito archeologico. L’area meridionale del sito di Abydos con la piramide di Ahmose I. Si notino, a sinistra, le strutture satelliti del complesso (più in basso la pianta schematizzata). Da Google Maps L’area pertinente il complesso monumentale collegato a Tetisheri (1590-1540 a.C. ca.) e al nipote, il sovrano Ahmose I (1550-1525 a.C. ca.), furono indagati, tra il decennio degli anni ’90 e i primi anni 2000, nell’ambito dell’Oriental Institute Ahmose and Tetisheri Project, guidato da Stephen P. Harvey. Pianta schematizzata del complesso piramidale di Ahmose I. Crediti: TourEgypt Il primo ad aver individuato la piramide e il complesso piramidale di Ahmose I fu il britannico Arthur C. Mace (si, uno dei membri dell’équipe di Carter a lavoro nella tomba di Tutankhamon) nel 1899, insieme ad una serie di manufatti, tra cui una stele di epoca amarniana, in cui il sovrano è rappresentato con il re Ahmose I e la consorte, la Grande Sposa Reale Ahmose-Nefertari, divinizzati. Successivamente, tra il 1902 e il 1903, Charles T. Currelly dell’Egypt Exploration Fund portò alla luce una serie di monumenti sui cui mattoni di fango era impresso il nome di Ahmose I. Un importante ritrovamento effettuato da Currelly riguardava una stele dedicataria (CG 34002) di ca. 2m, in cui Ahmose I e Ahmose-Nefertari stabilivano un complesso piramidale con fondazione economica per la nonna, la regina Tetisheri. Quest’ultima, sovrana della fine della XVII dinastia di sangue non reale, ebbe un ruolo politicamente rilevante, come le regine Ahhotep I e Ahmose-Nefertari, e le venne tributato un culto, in quanto antenata femminile della XVIII dinastia, da Ahmose I. Stele di Ahmose I che onora la nonna, la regina Tetisheri (CG 34002). Crediti: Paul James Cowie (Pjamescowie)/Wikicommon-derivative work Ahmose I, fondatore e primo sovrano della XVIII dinastia, fece realizzare ad Abydos una serie di complessi monumentali ed edifici dedicati ai membri della sua famiglia e ai guerrieri che avevano combattuto al suo fianco durante la “rivalsa tebana”, che portò alla riconquista dei territori a nord in mano agli Hyksos, e a sud sotto il dominio dei Nubiani, con conseguente riunificazione del Paese sotto un unico potere centrale con sede a Tebe (moderna Luxor). Le ricerche condotte da Harvey, anche con l’uso delle indagini magnometriche, evidenziarono un recinto in mattoni di 90x70m e al suo interno, in tre angoli, altre strutture più piccole (ca. 5x8m). Interessante notare che la stele dedicata alla regina Tetisheri da Ahmose I e Ahmose-Nefertari menziona la presenza di una piramide (mr, [mer]) e di un recinto (ḥwt, [hut]). Secondo i dati dell’Ahmose and Tetisheri Project, i resti rinvenuti sarebbero il basamento di una piramide alta 28m e con un’inclinazione di 63°. Tuttavia, quella di Tetisheri non si tratterebbe di una piramide ma di un cenotafio. La regina sarebbe stata sepolta a Tebe, e la sua mummia andrebbe forse identificata con la “sconosciuta donna B”, rinvenuta nella cachette reale DB 320 (chiamata anche TT 320), sulle cui bende è riportato il nome Tetisheri. https://mediterraneoantico.it/articoli/news/restaurata-la-piramide-di-tetisheri-riflessioni-sul-suo-complesso-funerario-ad-abydos/
  10. Egitto, scoperto più antico birrificio del mondo: ha oltre 5mila anni Un team di archeologi statunitensi ed egiziani ha scoperto il più antico birrificio del mondo, risalente a oltre 5mila anni fa, in una necropoli nel sud dell'Egitto. L'antichissima fabbrica di birra è stata scoperta ad Abydos, dove si trova un vasto sito funerario nel deserto a ovest del Nilo, a oltre 450km a sud del Cairo. Gli scavi hanno permesso di identificare finora una fabbrica della birra di vaste proporzioni, suddivisa in otto aree, ciascuna delle quali comprendeva circa 40 vasi di ceramica dove veniva contenuta la bevanda, utilizzata anche per riti funebri e sacrificali. L'annuncio dell'eccezionale scoperta è stato dato con un comunicato dal segretario generale del Consiglio supremo delle antichità dell'Egitto, Mostafa Waziri, precisando che gli archeologi hanno dichiarato che si tratta della "più antica birreria del mondo finora conosciuta". Il birrificio risale ai tempi del re Narmer, vissuto intorno al 3.125 a.C., noto anche come il faraone Menes, semi-leggendario primo unificatore dell'Alto e del Basso Egitto. La missione archeologica è diretta da Matthew Adams, egittologo della New York University, e da Deborah Vischak, docente di storia dell'arte antica egiziana alla Princeton University. L'archeologo Adams ha spiegato che le ricerche hanno dimostrato che la birra veniva prodotta su larga scala, con circa 22.400 litri prodotti alla volta. Con tutta probabilità, ha aggiunto, il birrificio venne costruito nella zona di Abydos per fornire la birra utilizzata nei riti sacrificali dell'epoca del faraone della prima dinastia. "Le prove dell'uso della birra nei rituali sacrificali sono state trovate durante gli scavi nelle sepolture di Abydos", afferma il comunicato del Consiglio supremo delle antichità dell'Egitto. https://www.adnkronos.com/egitto-scoperto-piu-antico-birrificio-del-mondo-ha-oltre-5mila-anni_6fVb5TvG15ziiAULSLylz4/amp.html
  11. ARES III

    Gli Egizi marchiavano gli schiavi ?

    Gli antichi egizi marchiavano a fuoco i loro schiavi Un nuovo studio suggerisce che piccoli ferri da marchio dell’antico Egitto venivano usati per contrassegnare la pelle degli schiavi. È noto da tempo da incisioni e pitture tombali che gli antichi egizi usavano ferri da marchio per marcare il loro bestiame. Ora un nuovo studio presenta la prova che usavano anche marchi di fabbrica sugli schiavi umani , rivelando che il loro status era alla pari con altre proprietà come il bestiame. La nuova ricerca pubblicata su The Journal of Egyptian Archaeology rivela che i testi dell’antico Egitto si riferiscono alla vendita e al trasferimento di bovini e individuano quelli che hanno un marchio o un timbro e quelli che non lo hanno. Ci sono anche dipinti che raffigurano buoi trattenuti, un braciere per riscaldare un ferro da stiro e un lavoratore che usa un marchio a manico lungo per contrassegnare gli animali. Sono stati scoperti anche alcuni di questi ferri da stiro, che in realtà erano fatti di bronzo. Tuttavia, una collezione di 10 ferri da marchio risalenti alla 19a dinastia egizia (inizio 1292 a.C. circa), fino alla 25a dinastia (fine 656 a.C.), furono molto probabilmente usati per contrassegnare la pelle degli schiavi umani poiché erano troppo piccoli per uso sui bovini. I ferri per il marchio per il bestiame sono in genere larghi quattro pollici o più grandi. Più piccolo di questo e il segno diventa illeggibile man mano che un vitello cresce. Ma una collezione di piccoli ferri per il marchio dell’antico Egitto sono solo un terzo di quella dimensione, la stessa dimensione dei ferri per il marchio usati dagli europei sugli schiavi umani nel 19 ° secolo . L’autrice dello studio, la signora Karev, che è una borsista post-dottorato in discipline umanistiche presso l’Università di Chicago, fa riferimento anche a prove testuali sotto forma di antichi scritti egizi che parlano di “marcare” gli schiavi. Si è spesso ritenuto che gli schiavi fossero contrassegnati con tatuaggi, tuttavia, la signora Karev presenta prove sostanziali che i tatuaggi nell’antico Egitto erano usati esclusivamente per scopi religiosi e decorativi, mentre il marchio era usato per contrassegnare la proprietà. C’erano tre tipi di schiavi nell’antico Egitto: schiavi mobili, che erano per lo più prigionieri di guerra; i lavoratori vincolati, che erano individui che vendevano se stessi oi propri figli come schiavi per ripagare i debiti; e i lavoratori forzati, che erano lavoratori assunti dall’antico governo egiziano. Erano tenuti a svolgere il lavoro come un dovere verso lo Stato, ma venivano pagati per il loro lavoro. Il nuovo studio suggerisce che, se davvero gli esseri umani fossero marchiati, questi schiavi stranieri non sarebbero stati visti come nient’altro che una proprietà o una merce da acquistare e vendere. https://www.scienzenotizie.it/2022/11/13/gli-antichi-egizi-marchiavano-a-fuoco-i-loro-schiavi-1162818
  12. Braccialetto della regina egiziana Hetepheres svela importanti segreti Lo studio pubblicato sul famoso Journal of Archaeological Science , ha analizzato i manufatti in argento dell’antico Egitto , svelando una rete commerciale con gli antichi greci che non solo era più estesa, ma anche significativamente più antica di quanto si credesse in precedenza. Sembra che gli antichi egizi fossero attivamente impegnati in una fiorente rete commerciale che si estendeva ben oltre i loro confini. Le rotte commerciali attraversavano le isole Cicladi dell’età del bronzo , le città elleniche annidate in Anatolia (l’odierna Turchia), l’incantevole isola di Creta e la vivace Lavrion sulla Grecia continentale. “L’Egitto non ha fonti interne di minerale d’argento e l’argento si trova raramente nella documentazione archeologica egiziana fino all’età del bronzo medio”, scrivono gli autori, un team di archeologi provenienti da Australia, Francia e Stati Uniti. “Sorprendentemente, i rapporti isotopici del piombo sono coerenti con i minerali delle Cicladi (isole dell’Egeo, Grecia) e, in misura minore, di Lavrion (Attica, Grecia), e non divisi dall’oro o dall’elettro come precedentemente ipotizzato. Le fonti in Anatolia (Asia occidentale) possono essere escluse con un alto grado di fiducia”, scrivono gli autori del rapporto. Questi straordinari manufatti d’argento non erano stati analizzati approfonditamente fino ad ora. L’autrice principale del rapporto, Karin Sowada dello stimato Dipartimento di storia e archeologia della Macquarie University di Sydney, ha guidato questa ricerca e rapporto innovativi. La regina Hetepheres, conosciuta come la “Figlia di Dio”, ricoprì una posizione significativa come linea di sangue reale diretta della IV dinastia in Egitto, durante lo stimato periodo dell’Antico Regno che va dal 2700 a.C. al 2200 a.C. Era sposata con il re Sneferu e diede alla luce un figlio e successore, Khufu , che commissionò una grande tomba e piramide per il suo luogo di riposo eterno. Per secoli, l’ubicazione del luogo di sepoltura della regina Hetepheres è rimasta avvolta nel mistero fino a una scoperta fortuita nel 1925. Gli esploratori si sono imbattuti in un pozzo precedentemente nascosto a Giza, dove hanno scoperto il suo sarcofago vuoto. Mentre inizialmente si presumeva che Hetepheres fosse stata sepolta vicino alla piramide di suo marito a Dahshur , suo figlio, Khufu, ordinò che la sua tomba fosse trasferita a Giza dopo che era stata presa di mira dai ladri di tombe. Per approfondire i segreti custoditi da questi antichi manufatti , gli autori del rapporto hanno esaminato meticolosamente campioni della collezione ospitata nel rinomato Museum of Fine Arts di Boston. Impiegando tecniche all’avanguardia come XRF di massa, micro-XRF, SEM-EDS, diffrattometria a raggi X e MC-ICP-MS, hanno scoperto con successo composizioni elementali e mineralogiche essenziali. Inoltre, il team ha utilizzato i rapporti isotopici del piombo per ottenere preziose informazioni sulla natura, sul trattamento metallurgico e sulla possibile fonte di minerale dell’argento. Con loro grande stupore, le analisi hanno svelato la presenza di argento, cloruro d’argento e persino una possibile traccia di cloruro di rame all’interno dei minerali. Tuttavia, sono stati i rapporti isotopici del piombo a sorprendere. I rapporti corrispondevano esclusivamente a quelli trovati nell’argento proveniente dall’Egeo, dall’Attica e dall’Anatolia, regioni che fiorirono durante l’età del bronzo, prima del periodo ellenistico. Un ulteriore esame di una sezione trasversale di un frammento di braccialetto di proprietà della regina Hetepheres ha fornito dettagli accattivanti sull’artigianato coinvolto nella creazione di questi antichi tesori. È diventato evidente che il metallo era stato sottoposto a ripetute ricottura e martellatura a freddo durante l’intricato processo di lavorazione. Forse la scoperta più significativa che emerge da questo studio è la prova conclusiva che l’Egitto e la Grecia erano coinvolti nel commercio a lunga distanza molto prima di quanto precedentemente noto. In effetti, questa ricerca fornisce la prima prova scientifica che l’argento provenisse dalle isole dell’Egeo in Grecia, svelando un aspetto precedentemente sconosciuto delle loro antiche reti commerciali. Mentre le informazioni sulle reti commerciali dell’Egitto divennero più documentate durante il Medio Regno (2040 a.C. – 1782 a.C.) e il Nuovo Regno (1550 a.C. – 1069 a.C.), l’applicazione dell’analisi degli isotopi di piombo agli oggetti d’argento del Medio Regno è il più grande risultato da questo studio. “Nel Medio Regno e nel Nuovo Regno molto, molto più tardi, abbiamo molti papiri che contengono documenti amministrativi, documenti commerciali e così via”, ha detto il dottor Gillan Davis dell’Australian Catholic University, uno degli autori . “Ma per l’Antico Regno, è passato troppo tempo, quei documenti per la maggior parte non sono sopravvissuti”, ha concluso. https://www.scienzenotizie.it/2023/05/31/braccialetto-della-regina-egiziana-hetepheres-svela-importanti-segreti-3369845 RE Silver in ancient Egyptian bracelets provides earliest evidence for long-distance trade between Egypt and Greece Queen Hetepheres owned a number of items of jewellery, which help offer an insight into her life.(Supplied: Macquarie University via Museum of Fine Arts, Boston) Surviving tomb robbers and time, jewellery owned by ancient Egyptian royalty in around 2600 BC is helping shed new light on the beginnings of the globalised world. Key points: Queen Hetepheres' tomb represents the largest and most famous collection of silver artefacts from early Egypt. The study provides the first scientific evidence that silver used in her jewellery was sourced from the Aegean Islands in Greece. The findings offer an insight into the trade networks that existed and the emergence of Egyptian state. An analysis of bracelets owned by Queen Hetepheres — the mother of King Khufu, who would go on to build the Great Pyramid — has found that Egypt and Greece were involved in long-distance trade earlier than previously known. Queen Hetepheres' tomb represents the largest and most famous collection of silver artefacts from early Egypt. While researchers have long-known that the ancient Egyptians traded with other civilisations, the new study provides the first scientific evidence that silver was sourced from the Aegean Islands in Greece, researchers reported on Tuesday in the Journal of Archaeological Science. The bracelets were among some of the items recovered from Queen Hetepheres's tomb.(Supplied: Macquarie University (Photographer: Mustapha Abu el-Hamd, August 25, 1926) ) "This kind of ancient trading network helps us to understand the beginnings of the globalised world," said the study's lead author Karin Sowada, director of the Australian Centre for Egyptology at Macquarie University. "For me that's a very unexpected finding in this particular discovery." Bracelets offer an insight into Hetepheres's life Born into royalty, Queen Hetepheres was somewhat of an enigma. Bearing the title 'Daughter of God', she represented the direct royal blood line of the Fourth Dynasty in Egypt, in a period of time known as the Old Kingdom (2700 BC – 2200 BC) Queen Hetepheres was married to King Sneferu. Together, they had a son and successor, Khufu, who is believed to have commissioned a tomb and pyramid for his mother's body to rest in. For thousands of years, her place of burial remained a mystery, until expeditioners came across a shaft in Giza in 1925 — where they found her empty sarcophagus. The expeditioners conjectured that Hetepheres had originally been buried near her husband's pyramid in Dahshur, but her son ordered her tomb be moved to Giza after robbers broke in. The Tomb of Queen Hetepheres in the Giza pyramid complex adjacent to the Pyramid of Khufu.(Getty Images) While the whereabouts of her body and gold trappings remain unknown, a number of items were recovered from the tomb, including the bracelets. "I like to say that the size of the pyramids are almost inversely proportional to the history of what's recorded about these people," Dr Sowada said. "These objects themselves give us a window into her life and how she lived." Origins of silver have always been a mystery The team, which included researchers from France and the Museum of Fine Arts in Boston, where the bracelets are stored, scanned fragments to work out what they were made of. While the bracelets were last examined decades ago, Dr Sowada said they had never been analysed "scientifically to a high degree." The bracelets represent the largest and most famous collection of silver artefacts from early Egypt.(Supplied: Macquarie University (Photographer: Mohammedani Ibrahim, August 11, 1929)) The new analysis revealed the bracelets consist of silver with traces of copper, gold, lead and other elements. They were made by hammering cold-worked metal with frequent annealing — which involves heating it to a certain temperature to prevent breakage. The addition of gold would have helped improve the silver bracelets' appearance and ability to be shaped. While ancient Egypt was known to be rich in gold, it had no local sources of silver, Dr Sowada said. "So this period of early Egypt is a little bit terra incognita from the perspective of silver," Dr Sowarda said, noting that the bracelets represented "essentially the only large scale silver that exists for this period of the third millennium BC". Samples of the bracelets were analysed by researchers.(Supplied: Macquarie University via Museum of Fine Arts, Boston) "Silver also has the added disadvantage of corroding more easily." And it wasn't until the early second millennium BC that "large quantities of silver" were preserved, she said. While ancient Egyptian literature makes mention of materials like silver and lapis lazuli "in the context of imported commodities", their origins were never preserved, Dr Sowada explained. For a "very long time" researchers assumed the silver was extracted from local gold with a high silver content. But the new analysis of these bracelets has cast doubt on that theory, with lead isotope ratios in the silver from this time period found to be consistent with ores from the Cyclade Islands in the Aegean, and to a lesser extent, Lavrion (Attica in Greece). "So these bracelets represent a very, very unique opportunity to understand not just the metalworking techniques at this time, but also the trade networks that were existing, which are very important to understanding the emergence of Egyptian state," Dr Sowada said. A map of the north-east Mediterranean and western Asia shows potential sources of the silver.(Supplied: Macquarie University via F. Albarède) 'We haven't had that scientific evidence before' Egypt's historical trade networks have been well noted in scientific literature, with the ancient city of Byblos in Lebanon seen as a "key centre" for materials like wood, particularly Lebanese cedar. The Egyptians had "active ports all along the Delta region" that were transporting goods to and from Egypt, alongside overland desert routes between the Nile Valley and Red Sea, said Melanie Pitkin, senior curator of the Nicholson collection of antiquities at the University of Sydney's Chau Chak Wing Museum. The first settlement in Byblos dates back to the 9th century BC, and the city is considered one of the oldest continuously inhabited cities in the world.(Getty Images) "The whole east desert was a place for precious metals, so they were using donkeys to do this, and also by foot," she said. Lebanese cedar can be found in some Old Kingdom structures, and Egyptian artefacts have been excavated from areas known to have been used as trading emporiums, like Ugarit, in modern day Syria, added Brent Davis, a senior lecturer in archaeology at the University if Melbourne. But much more information about Egypt's trade networks was documented as time progressed into the Middle Kingdom (2040 BC –1782 BC) and then New Kingdom (1550 BC –1069 BC). Sites like Ugarit in Syria were used as trading emporiums.(Getty Images) "In the Middle Kingdom and the New Kingdom much, much later, we have lots of papyrus that contain administrative records, trade records and so forth," Dr Davis said. "But for the Old Kingdom, it's just too long ago, those documents for the most part haven't survived." While lead isotope analysis has been done on other silver objects from the Middle Kingdom — with artefacts stored in the Metropolitan Museum of Art in New York also believed to have come from mainland Greece — we "just haven't had that scientific evidence before" to show that Egypt was active in the Mediterranean region prior to that, Dr Pitkin, said. "Egypt having international relations at this time is not surprising, but to be able to use robust scientific evidence to show it with the Aegean or mainland Greece, that is interesting," she said. So how did Egypt acquire this silver? Rather than source the silver directly from the Cyclades, Dr Sowada believes the ancient Egyptians leveraged their relationship with Byblos's elite to acquire it. She says the Egyptians were probably aware the source of the silver was beyond their reach, but that they could use their networks to their advantage. "[Byblos] mediated the the acquisition of this silver from the Aegean, which was then acquired by the Egyptian state at Byblos," Dr Sowada said. "I think at this early stage, that's really as much as we can say." The Tomb of Queen Hetepheres in front of the Pyramid of Khufu in the Giza pyramid complex.(Getty Images) The ancient Egyptians were known to procure things like lapis lazuli and other goods that were not available locally, but that "doesn't mean the Egyptians travelled to those faraway places," Dr Davis added. "They went to these emporium cities, I believe, and procured those materials there." Bracelets a 'window' into emergence of Egyptian state While the findings help shed light on the beginnings of the globalised world, Dr Sowada says they also underscore how much there is to learn about ancient Egypt and the trade networks that existed. Khufu, the son of Sneferu and Queen Hetepheres, is famous for building the Great Pyramid at Giza, one of the seven wonders of the world.(Getty Images) "This is the start of a line of research that has got a long way to go." But, she added, the analysis of the bracelets "offered a window" into the emergence of the Egyptian state. "These networks wouldn't have happened overnight. "They would have been built over a long period of time and these bracelets are a window into that wider network."
  13. ARES III

    Nuove da Saqqara

    CqwdhmlNTAT Saqqara: scoperti i più grandi e completi laboratori di imbalsamazione per mummie umane e animali La missione archeologica egiziana guidata dal Dott. Mustafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha portato alla luce nei pressi del Bubasteion due laboratori di imbalsamazione per mummie umane e animali – considerati i più grandi e completi fino ad ora scoperti – e risalenti alla XXX Dinastia (380-342 a.C.) e all’inizio dell’Epoca Tolemaica (350-250 a.C. ca). A dare l’annuncio è proprio il Dott. Waziri, accompagnato dal Ministro del Turismo e delle Antichità Ahmed Issa, durante l’attesissima conferenza stampa con giornalisti e autorità egiziane e internazionali tenutasi ieri pomeriggio ai piedi della Piramide a gradoni di Djoser, a Saqqara. Il laboratorio di imbalsamazione umana è una struttura rettangolare costruita in mattoni crudi, suddivisa al suo interno in una serie di stanze con letti in pietra – lunghi 2 m, larghi 1 m e alti 50 cm – su cui venivano adagiati i corpi per la mummificazione. I letti erano rivestiti da malta impermeabile e inclinati in modo da far percolare il sangue e gli altri liquidi organici trattati durante l’operazione di imbalsamazione. Inoltre, nelle stanze sono stati rinvenuti numerosissimi vasi in terracotta contenenti gli unguenti utilizzati durante il procedimento, oltre ad una serie di strumenti medici e di vasi rituali. Il laboratorio di imbalsamazione per gli animali si presenta come una struttura rettangolare in mattoni crudi e pavimenti in pietra, è suddiviso in stanze più piccole con all’interno 5 letti in pietra, di dimensioni minori rispetto a quelli umani, dove sono stati rinvenuti una serie di vasi fittili e di strumenti per l’imbalsamazione. Probabilmente era destinato alla mummificazione di gatti, gli animali sacri alla dea Bastet, come suggerisce la vicinanza al Bubasteion, ovvero il luogo in cui la dea era venerata. I due laboratori per l’imbalsamazione e la tensostruttura montata per la conferenza stampa, ph. Luxor Times Il Dott. Sabri Farag, Direttore generale del sito archeologico di Saqqara, ha poi annunciato la scoperta di due tombe: la prima appartenente ad un funzionario della V dinastia (2400 a.C. ca), ovvero un certo Ni-hesut-ba, “Sovrintendente degli scribi”, “Responsabile dello scavo dei canali” e sacerdote di Horus e Maat, la seconda invece di un certo Menkheper, sacerdote della dea cananea Kadesh durante la XVIII dinastia (1400 a.C. ca). (Si ringrazia il Dott. Mattia Mancini di Djed Medu per la traduzione dei nomi e dei titoli dei due funzionari) La prima si caratterizza come una mastaba con la facciata in pietra su cui compaiono i nomi e i titoli del defunto e della moglie, all’interno vi sono stanze decorate con le classiche scene di vita quotidiana – come le rappresentazioni di scene di caccia e di pesca. La tomba del Nuovo Regno, invece, è scavata nella roccia, con porta d’ingresso e architrave che presentano i nomi e i titoli del defunto e della moglie. All’interno si trova una stanza in cui compaiono il defunto e la moglie di fronte ad un tavolo di offerte, ma soprattutto si trova una nicchia contenente una statua in alabastro alta 1 m e raffigurante Menkheper seduto in trono con un fiore di loto al petto. Sulla lunga veste bianca compaiono in geroglifici blu i cartigli dei sovrani Thutmosi III e Thutmosi IV. Come affermato dal Ministro del Turismo e delle Antichità “Saqqara è la terra dei segreti e delle grandi scoperte che da sempre affascinano il mondo. Molti di questi devono ancora essere rivelati”. Di seguito una galleria fotografica dei ritrovamenti presentanti durante la conferenza stampa (ph. Luxor Times, Ministry of Tourism and Antiquities, Khaled Desouki/AFP).
  14. DA 'PARENTI IMBALSAMATI' A 'MORSI AVVELENATI', ECCO COME GLI EGIZIANI SALTAVANO IL LAVORO Gli imprevisti capitano da sempre e le motivazioni per saltare il lavoro non sono una "invenzione" recente. All'interno del British Museum è possibile trovare un manufatto noto come "Asset 514988001" che contiene una lista di tutte le assenze da parte dei lavoratori dell'antico Egitto. "Un elenco di quaranta nomi è disposto in colonne sul bordo destro di ciascun lato, seguito a sinistra da date scritte in nero su una linea orizzontale. Sopra la maggior parte delle date c'è una parola o una frase in rosso, che indica il motivo per cui questa persona era assente dal lavoro in quella data", afferma la descrizione della tavola. Tra le motivazioni di assenza, troviamo: gente come Seba che si è ammalata dopo essere stata colpita da uno scorpione. Altri giustificavano la loro assenza a causa della "moglie o figlia sanguinante" in riferimento a parenti mestruati. Molto spesso, invece, gli antichi egizi si sono presi giorni liberi per imbalsamare e dire addio ai loro parenti defunti. Si tratta di un'affascinante istantanea della vita egiziana che rivela il loro sistema lavorativo, che includeva anche dei permessi, ben flessibili, che dimostra che non si tratta di un'invenzione moderna (e forse, per certi versi, i loro permessi erano anche più lungimiranti rispetto a quelli di oggi, come ad esempio quello pseudo "congedo mestruale"). Anche dopo più di 2.000 anni, forse possiamo prendere esempio dagli antichi egizi. https://tech.everyeye.it/notizie/parenti-imbalsamati-morsi-avvelenati-come-egiziani-saltavano-lavoro-649548.html Asset number 514988001 Description Full: Front Ostracon with attendance register: limestone ostracon labelled 'Year 40' of Ramses II on the top of the front side and providing a workmen's register for 280 days of the year. There are twenty-four lines of New Egyptian hieratic on the front and twenty-one lines on the back. A list of forty names is arranged in columns on the right edge of each side, followed to the left by dates written in black in a horizontal line. Above most dates is a word or phrase in red, indicating the reason why this individual was absent from work on that date. https://www.britishmuseum.org/collection/image/514988001
  15. Egitto: emerge una statua di Buddha dal Mar Rosso Certamente una scoperta inattesa e incredibile quella annunciata dalla missione archeologica congiunta polacco-americana: durante gli scavi nella città di Berenice, sul Mar Rosso, è stata rinvenuta una statua di Buddha risalente al II secolo a.C. Gli scavi nella città – fondata nel 275 a.C. da Tolomeo II Filadelfo in memoria della madre Berenice I – proseguono dal 1994, sotto la supervisione del Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane che, attraverso le parole del Dott. Mustafa Waiziri, Segretario Generale, riferisce l’emozionante scoperta. La statua di Buddha permette di far luce sui rapporti tra Egitto e India, dovuti alla posizione privilegiata che l’Egitto ha mantenuto in età romana: si trovava, infatti, al centro delle rotte commerciali che collegavano Roma alle diverse parti del mondo antico, tra cui, appunto, l’India. La vocazione commerciale dell’Egitto romano è testimoniata anche dalla presenza di innumerevoli porti lungo il Mar Rosso, oltre a Berenice. Nella città, in particolare, arrivavano navi cariche di prodotti quali pepe, tessuti, avorio e spezie, che poi venivano distribuiti in tutto l’Egitto o via terra, oppure via mare fino ad Alessandria e da lì nel resto dell’Impero Romano. Secondo i primi studi effettuati sulla statua, si pensa che potrebbe provenire da Istanbul oppure essere stata scolpita direttamente a Berenice e dedicata al più importante mercante indiano del tempo. E’ alta 71 cm e raffigura Buddha in piedi mentre tiene parte della sua veste nella mano sinistra, porta un’aureola con raggi di sole e vicino un fiore di loto. Inoltre, è stata rinvenuta anche un’iscrizione in lingua hindi, ovvero in sanscrito, risalente all’imperatore Filippo l’Arabo (244-249 d.C.), oltre a due monete di II secolo d.C. provenienti dal regno indiano di Satavahana. https://mediterraneoantico.it/articoli/news/egitto-emerge-una-statua-di-buddha-dal-mar-rosso/
  16. Egitto: i restauratori scoprono lo Zodiaco di Esna Un team di restauratori del Consiglio Supremo delle Antichità è riuscito per la prima volta a indagare e rendere nota una porzione dello Zodiaco presente sul soffitto della Sala Ipostila del Tempio di Khnum a Esna (60km a sud di Luxor). L’obiettivo è quello di censire, studiare e documentare tutti i rilievi raffiguranti divinità ed animali ed è parte di un progetto congiunto dell’Università di Tubinga e del Ministero delle Antichità egiziano. Le costellazioni dello Zodiaco di Esna, ph. Ministry of Tourism and Antiquities Si tratta di una scoperta certamente molto importante, infatti questa porzione del soffitto non compariva nella celeberrima pubblicazione di Serge Sauneron, l’egittologo francese che ha dedicato la sua vita allo studio non solo del tempio, ma anche delle sue iscrizioni e raffigurazioni, molte delle quali a metà del ‘900 era ancora totalmente ricoperte dalla fuliggine e quindi invisibili. Come afferma il Dott. Hisham Al-Laithi, capo della missione egiziana e dell’amministrazione centrale dell’Egyptian Antiquities Recording Center, sono raffigurate le dodici costellazioni, dall’Ariete ai Pesci, oltre ai pianeti di Giove, Saturno e Marte e ad una serie di costellazioni che gli antichi Egizi utilizzavano per misurare il tempo. Un simile esempio si trova solo presso il Tempio di Hathor a Dendera, che fino a questo momento era un unicum nel suo genere. Oltre alle già note raffigurazioni di animali come coccodrilli e serpenti, compaiono anche figure molto particolari: un serpente con testa di ariete e un uccello con testa di coccodrillo, coda di serpente e quattro ali, accompagnato da iscrizioni con nomi divini. L’uccello con testa di coccodrillo, coda di serpente e quattro ali, ph. Ministry of Tourism and Antiquities. Divinità dallo Zodiaco di Esna, ph. Ministry of Tourism and Antiquities Il team di ricercatori e restauratori si occuperà anche del restauro dei rilievi, in un più ampio progetto iniziato nel 2009, che vedrà impegnati l’Università di Tubinga e il Ministero delle Antichità nel tentativo di riportare alla luce gli splendidi colori del tempio di Khnum. https://mediterraneoantico.it/articoli/egitto-vicino-oriente/egitto-i-restauratori-scoprono-lo-zodiaco-di-esna/
  17. Scoperta in Egitto la statua del faraone più potente: Ramses II "parla" dopo 3000 anni Gli archeologi hanno scavato in un tempio nel sito di Heliopolis, la "città del sole" vicino al Cairo: trovati frammenti di ritratti di reali fino a 4000 anni fa Ramses II, il sovrano più potente dell’antico Egitto, vissuto più di tremila anni fa, torna a “parlare”. Lo fa attraverso una statua riportata alla luce dagli interri di un tempio presso la città di Heliopolis, famoso sito archeologico incastonato nella porzione nord-orientale dell’odierna Cairo. E Ramses non è da solo. L’aspetto sorprendente della notizia è che gli archeologi hanno scoperto nel tempio una serie di statue di antichi reali egizi. Come una sorta di consesso degli dei. Una corte reale a presiedere il tempio. Un edificio sacro fondato dallo stesso Ramses II. Ramses II torna a parlare, la scoperta La notizia, annunciata dalle autorità del Ministero del turismo e delle antichità d’Egitto, ha catalizzato l’attenzione mediatica internazionale. Come riporta il DailyMail, le statue scoperte «raffigurano anche Ramses IX, Horemheb e Psamtik II, che regnò rispettivamente dal 1126 a.C. al 1108 a.C., dal 1323 a.C. al 1295 a.C. e dal 595 e 589 a.C. Le opere sono state trovate durante gli scavi del Tempio del Sole di Matariya a Heliopolis». Il faraone Ramses II è un personaggio carico di suggestione. Noto anche come Ramses il Grande o Ozymandias, fu il terzo della XIX dinastia egizia e regnò per 66 anni, dal 1279 a.C. al 1213 a.C. Come riporta il Guardian, ha guidato diverse spedizioni militari e ha ampliato l’impero egiziano per estendersi dalla Siria a est fino alla Nubia (Sudan settentrionale) a sud. I suoi successori lo chiamarono il Grande Antenato. Persino la poesia moderna romantica lo celebra. Il sonetto “Ozymandias” di Percy Bysshe Shelley del 1818, che conteneva la frase “Guarda le mie opere, o potente, e disperati!», è stato scritto subito dopo che il British Museum ha acquisito un grande frammento di una statua di Ramses II del XIII secolo a.C. I riflettori degli archeologi ora sono puntati su Heliopolis, considerato dagli antichi egizi il luogo in cui viveva il dio del Sole. Non a caso il suo nome significa “città del sole” in greco antico: ospitava uno dei più grandi templi in Egitto, quasi il doppio del tempio di Karnak a Luxor. Come spiega il DailyMail, «i templi del sole furono costruiti tra il 1550 e il 1070 a.C. e furono dedicati al culto del dio del sole, Ra. I faraoni erano visti come la rappresentazione terrena di Ra, quindi erano responsabili del mantenimento di questi templi». Solitamente, i templi erano costruiti come un ampio cortile aperto circondato da stanze. Qui un obelisco di pietra ne diventava simbolo, evocando i raggi del sole. Avevano inoltre la caratteristica di ospitare un corteo di statue ad evocare le divinità adorate. Tutti giganti scolpiti in pietra o metallo, adornate spesso con pietre preziose e decorazioni. Lo scopo era quello di accrescerne l’effetto visivo al cospetto dei seguaci. Il potere divino sulla terra. https://www.ilmessaggero.it/mondo/egitto_scoperta_statua_faraone_piu_potente_ramses-7309870.html
  18. ARES III

    Scoperta forse la tomba di Cleopatra

    Archeologia, scoperta in Egitto la tomba di Cleopatra: un tunnel segreto sotto il tempio di Taposiris Magna A scoprirlo l'archeologa Kathleen Martinez dell'Università di Santo Domingo, da tempo è impegnata nelle ricerche su Cleopatra La tomba di Cleopatra, ultima regina d'Egitto, potrebbe essere stata trovata. Una missione archeologica internazionale ha infatti scoperto un tunnel scavato nella roccia sotto l'antico tempio egiziano di Taposiris Magna, che potrebbe condurre alla tomba perduta di Cleopatra, ultima sovrana dell'Egitto tolemaico dal 51 al 30 a.C. La galleria segreta A scoprire il tunnel segreto sotto il tempio di Taposiris Magna è stata l'archeologa Kathleen Martinez dell'Università di Santo Domingo, da tempo è impegnata nelle ricerche su Cleopatra. Il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano ha poi annunciato il ritrovamento, descrivendo il tunnel come «un prodigio della tecnica ingegneristica antica», simile al tunnel di Eupalinos sull'isola greca di Samos. Nel dettaglio, la galleria è lunga 1.300 metri ed è situata a 13 metri di profondità. Al suo interno finora sono state trovate mummie con lingue d'oro in stile greco-romano sepolte di fronte al tempio, due statue di alabastro di epoca tolemaica (una sembra essere una sfinge) e vasi e recipienti in ceramica. Parte del tunnel è sott'acqua, forse a causa di antichi terremoti che colpirono la regione tra il 320 e il 1303 d.C. Questi disastri naturali potrebbero aver portato al declino di Taposiris Magna. I ritrovamenti comunque sembrano confermare la tesi dell'archeologa Martinez, secondo cui l'area era una tomba reale. «Se la troviamo è la scoperta più importante del XXI secolo» Il tempio di Taposiris Magna, dedicato a Osiride, il dio dei morti, si trova alla perfieria di Alessandria. Secondo l'archeologa Martinez (che da 20 anni fa ricerche su Cleopatra) qui potrebbe essere sepolta l'ultima regina d'Egitto. Ottenere il permesso per fare delle indagini però non è stato facile: dopo centinaia di e-mail ignorate, Martinez riuscì a ottenere un incontro al Cairo con il celebre archeologo Zahi Hawass, allora ministro delle Antichità egiziano, soprannominato «l'Indiana Jones dei faraoni». E ottenne due mesi di tempo per condurre gli scavi nel sito. Ora i lavori sono in corso dal 2004, ma il nuovo ritrovamento è la prova più convincente che Martinez è sulla strada giusta. «Questo è il luogo perfetto per la tomba di Cleopatra», ha dichiarato Martinez al blog Heritage Key. «Se c'è l'1% di possibilità che l'ultima regina d'Egitto sia sepolta lì, è mio dovere cercarla. Se scopriamo la tomba sarà la scoperta più importante del XXI secolo. Se non scopriamo la tomba, avremo comunque fatto grandi scoperte qui, all'interno del tempio e fuori dal tempio». https://www.ilmessaggero.it/mondo/tomba_cleopatra_scoperta_egitto_tunnel-7039580.html
  19. ARES III

    Egitto: scrittura e quotidianità

    Migliaia di frammenti scritti raccontano la quotidianità dell'antico Egitto Commerci, materiale didattico, punizioni scolastiche: dai reperti di Athribis il racconto della vita nell’antico Egitto. Nella zona archeologica, che si estende su più di 30 ettari a 200 chilometri da Luxor, sono stati trovati circa 18.000 ostraka, frammenti di ceramica con parole scritte sopra, che offrono indizi preziosi sulle usanze del tempo. Il termine ostrakon viene dal greco e significa "conchiglia", ma era usato per indicare anche pezzi di vasi o oggetti rotti su cui si appuntavano notizie o si votava in caso di procedura di ostracismo, il bando che colpiva il cittadino ritenuto pericoloso per la sicurezza dello Stato e che prende il nome proprio da questo frammento di terracotta. Quelli scoperti grazie agli scavi condotti da Christian Leitz dell'Istituto per gli studi del Vicino Oriente Antico (IANES) dell'Università di Tubinga, in Germania, in collaborazione con il Ministero egiziano del turismo e delle antichità, risalgono a circa 2000 anni fa: documentano liste di nomi, acquisti di cibo e oggetti di uso quotidiano, esercizi di scrittura di una scuola, comprese le righe scritte dagli alunni per punizione, problemi aritmetici, esercizi di grammatica. L’80 per cento sono in demotico, scrittura amministrativa comune nei periodi tolemaico (305 a.C.- 30 a.C.) e romano (30 a.C.- VII secolo), con inchiostro e calamo, ma ci sono anche ostraca in ieratico, geroglifico, copto e arabo. Infine, quelli "pittorici" con rappresentazioni di umani, divinità e animali. https://www.lescienze.it/news/2022/03/17/foto/ostraka_atribi_scrittura_antico_egitto-8957079/1/
  20. ARES III

    Scatola magica

    Se gli oggetti contenuti negli archivi e nei magazzini fossero studiati e classificati meglio non avremmo questo genere di notizie, ma soprattutto avremmo più informazioni: Scoperta reliquia dell’Antico Egitto in una scatola di sigari in Scozia: ha 5000 anni Un manufatto egiziano di 5000 anni è stato scoperto in una scatola di sigari in Scozia. Scoperta a dir poco particolare quella avvenuta ad Aberdeen, dove è venuta alla luce una reliquia databile tra il 3341 e il 3094 a.C. ovvero molto prima della costruzione della Grande Piramide di Giza. L’autore della scoperta è un dipendente di un’università scozzese il quale ha notato la particolare reliquia nascosta tra gli archivi dell’istituto. Abeer Eladany, assistente curatoriale, ha trovato il frammento di legno all’interno di una scatola di sigari decorata con una bandiera egiziana mentre esaminava la sezione asiatica degli archivi dell’università di Aberdeen. “Dopo aver esaminato i numeri dei nostri registri dell’Egitto ho subito capito di cosa si trattava e che era stato effettivamente inserito nella raccolta sbagliata” ha spiegato l’esperto che arriva dall’Egitto dove come archeologo ha lavorato ad alcuni scavi. “Mai avrei immaginato di poter trovare un reperto così importante per il patrimonio del mio Paese qui nel nord est della Scozia”. Il pezzo di cedro da 12,7 centimetri è uno dei tre oggetti scoperti in passato all’interno della Camera della Regina della Grande Piramide di Giza nel 1872 insieme ad una palla e ad un gancio di bronzo (noti come reliquie di Dixon) e perduto da tempo. Gli altri due oggetti invece sono conservati al British Museum di Londra. Il frammento venne trovato dall’ingegnere Waynman Dixon che lo cedette al dottor James Grant, il quale si recò in Egitto per curare il colera a metà degli anni ’60. L’oggetto potrebbe essere stato utilizzato nella costruzione della piramide ed è stato donato all’università come risulta dai documenti. Tuttavia non era mai stato classificato e per oltre 70 anni nessuno ne ha più saputo niente. Oggi spezzato in più parti il frammento risalirebbe ad almeno mezzo secolo prima della data del presunto completamento della Grande Piramide. “Questa scoperta – ha affermato Neil Curtis, capo dei musei e delle collezioni speciali dell’Università di Aberdeen – riaccenderà sicuramente l’interesse per le reliquie di Dixon e sul loro legame con la Grande Piramide”. (foto università di Aberdeen). https://www.scienzenotizie.it/2020/12/18/scoperta-scozia-reliquia-antico-egitto-scatola-sigari-5000-anni-4542440/amp
  21. Medaglia del viaggio papale ufficiale del Vaticano. Viaggio in: Egitto Pontificato: papa Francesco Anno: anno V - 2017 (28-29 aprile) Dritto: Stemma di papa Francesco Rovescio: Sacra Famiglia in Egitto (si nota a destra il fiume Nilo) Diametro della medaglia: 50 mm Metallo: Bronzo dorato Artista: D.Longo Note: la medaglia in questione è stata commissionata dalla Santa Sede allo stabilimento Johnson, per il viaggio ufficiale del papa in Egitto. Astuccio rosso con stemma di papa Francesco. PS spero le foto siano venute bene
  22. Maxd117

    Monete Egiziane

    Buonasera a tutti, sapete dirmi dove visionare cataloghi on line per monete, oltre ovviamente a questo sito...... Tipo per la filatelia esiste StampWorld oppure ibolli.it....ma per le monete? Inoltre vi allego due monete egiziane sapreste darmi una valutazione economica. Grazie in anticipo.
  23. Buonasera dove e come poter identificare monete Egiziane, le due completamente lisce credo siano penny corretto? Sono in sequenza front e retro. Alcune che ho sono completamente in arabo... Grazie
  24. dux-sab

    Luxor scoperte 1000 statue

    ANSA. 10 sarcofagi e 1000 statue scoperte in una tomba sulla riva occidentale del Nilo datata 1500-1000 A. C. (1000 mi sembrano troppe a meno che si tratti statuine).
  25. Matteo91

    Civetta egiziana

    Nella discussione dedicata alla prossima asta CNG, è emersa questa particolare attribuzione a una civetta del tipo ateniese. http://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=334145: CNG 105, Lot: 448 EGYPT, Pharaonic Kingdom. Uncertain pharaoh(s). Mid 5th–mid 4th centuries BC. AR Tetradrachm (22.5mm, 17.01 g, 9h). Imitating Athens. Helmeted head of Athena right, with frontal eye / Owl standing right, head facing; olive sprig and crescent to left; all within incuse square. Van Alfen, Mechanisms, Group III.A.1 = Buttrey Type X. VF, lightly toned, minor die wear, mark on obverse. Imitazioni egiziane di civette ateniesi sono effettivamente note, in particolare nel periodo di dominazione achemenide della regione, ma presenterebbero tratti distintivi ben più evidenti rispetto alla moneta oggetto della discussione (non sono molto informato sull'argomento, pertanto non escludo anche altre attribuzioni basate esclusivamente sullo stile). Per esempio, questa moneta ex The New York Sale, Auction XL, Lotto 1145, oltre allo stile "particolare", presenta la legenda "Artaserse Faraone", scritta in demotico (lingua e scrittura egizia prevalentemente destinata al popolo), che ne permette un'agevole attribuzione all'area egiziana. https://www.acsearch.info/search.html?id=3595920 continua...
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