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  1. Un’eccezionale armatura di ottone che avrebbe protetto il braccio della spada di un soldato romano di alto rango circa 1800 anni fa è stata ricostruita da oltre 100 frammenti trovati a Trimontium, il complesso di fortificazioni romane in Scozia. Il difficile puzzle è stato risolto dal National Museums Scotland (NMS) di Edimburgo, e l’armatura sarà ora prestata alla British Museum per la sua prossima mostra sulla vita nell’esercito romano. Realizzata nel secondo secolo - con strisce di ottone sovrapposte come le scaglie di un armadillo - è una delle sole tre conosciute in tutto l’impero romano, e la più integra. https://www.theguardian.com/uk-news/2024/jan/21/absolutely-amazing-1800-year-old-shattered-roman-arm-guard-is-reconstructed-from-100-pieces “Assolutamente sorprendente”: la protezione del braccio romano in frantumi di 1.800 anni fa è ricostruita da 100 pezzi. Il National Museums Scotland restaura la guardia di ottone del soldato, solo la terza del suo genere di cui si conosce l’esistenza Una spettacolare guardia di ottone che avrebbe protetto il braccio con la spada di un soldato romano di alto rango circa 1.800 anni fa è stata ricostruita da oltre 100 frammenti rinvenuti a Trimontium, il complesso del forte romano in Scozia. Lo straordinario puzzle è stato messo insieme dal National Museums Scotland (NMS) di Edimburgo, e la guardia del braccio sarà ora prestata alla prossima mostra del British Museum sulla vita nell’esercito romano. Realizzato nel II secolo – con strisce di ottone sovrapposte come le scaglie di un armadillo – è uno dei soli tre conosciuti di tutto l’Impero Romano, e il più intatto. Mentre la maggior parte delle protezioni per le braccia erano fatte di ferro, che era più funzionale, l'ottone avrebbe avuto un aspetto dorato sul braccio di chi lo indossava, segnando il grado di un soldato sul campo di battaglia. Il dottor Fraser Hunter, il principale curatore della preistoria e dell’archeologia romana dell’NMS, ha dichiarato all’Observer: “È assolutamente sorprendente. Hai la sensazione della protezione che questa persona aveva - e anche del prestigio. Avrebbe brillato d'oro e sarebbe stato assolutamente spettacolare quando lo avesse indossato. Fu scoperto nel 1906 da James Curle, avvocato e antiquario, nel sito del forte Trimontium a Newstead, vicino a Melrose negli Scottish Borders. Pensò che fosse una guardia per il petto e le spalle, ma non riuscì a trovare alcun parallelo. È stato identificato come parabraccio negli anni '90, ma solo ora è stato rimontato. Hunter ha detto che, quando hanno iniziato a lavorare su alcuni frammenti, si è reso conto di avere “il tutto”: “La mostra del British Museum è stata davvero lo stimolo a darci il tempo e le risorse per mettere insieme tutti i pezzi”. .” Questo è molto probabilmente un pezzo fondamentale dell’equipaggiamento di un legionario, secondo lui: “Sappiamo che a quel tempo [c’erano] legionari nella guarnigione. A causa del suo fascino – e allora l’ottone era un metallo costoso – probabilmente è un centurione di alto rango.” Ha aggiunto che il design ridimensionato avrebbe deviato qualsiasi colpo, mentre l’imbottitura sottostante avrebbe assorbito gran parte della potenza: “Il tuo braccio destro era completamente protetto”. Ha aggiunto che, intorno al 180 d.C., i romani dovettero affrontare sconvolgimenti e disordini in Scozia: “C’è un riferimento letterario ai barbari che abbattevano un generale e le sue truppe”. Sebbene tutti i frammenti siano nella collezione dell’NMS da più di un secolo, una parte è stata esposta per 25 anni e un’altra sezione è stata prestata al Museo Trimontium. I suoi frammenti erano rimasti in deposito. Bethan Bryan, conservatrice dei manufatti dell’NMS, ha affermato che il puzzle è stato “una sfida estrema e un lavoro d’amore”. Ci sono volute circa tre settimane per completarlo e talvolta sembrava impossibile perché alcuni frammenti sono minuscoli. "Fissare le stesse cose per tre settimane mette a dura prova i tuoi occhi e il tuo cervello", ha detto Bryan. Eppure ogni ultimo pezzo ha trovato il suo posto. Il metallo è in buono stato di conservazione, ma i segni della corrosione offrono indizi su dove erano attaccate la pelle e l'imbottitura. Sopravvivono ancora frammenti della pelle originale. Sembra che la guardia del braccio sia stata lasciata indietro quando i romani abbandonarono Trimontium. Prima di allora, lì e nell’insediamento circostante avrebbero vissuto circa 2.000 persone. La guardia del braccio era stata mantenuta nel quartier generale dell'ultimo forte del sito. Hunter ha spiegato: “È dove l’ufficiale in comando informava i suoi stessi ufficiali. Ma a quanto pare è anche il luogo in cui venivano effettuate le riparazioni: un’officina per attrezzature militari. Quando l’edificio fu abbandonato, tutte le attrezzature ritenute in eccedenza rispetto al fabbisogno, furono semplicemente gettate via”.
  2. Ospite

    Centurioni super uomini

    Il Centurione , figura mitica dell' esercito romano , puo' essere equiparato oggi al grado di Capitano , il grado piu' alto degli Ufficiali inferiori del nostro Esercito , e' colui che comanda una Compagnia di fanteria o di altra specializzazione , composta da 100/200 soldati . Nella letteratura antica sono citati diversi nomi di Centurioni romani che vennero espressamente ricordati per aver compiuto fatti memorabili ad esempio da Cesare nel De Bello Gallico o nella Guerra Civile ; Cesare era particolarmente legato ai suoi Centurioni ben sapendo che da essi si aspettava il massimo impegno degli uomini a loro sottomessi , spesso nello schieramento prima di una battaglia , era uso chiamarli per sapere come si sentissero , classico l' esempio nella guerra civile del Centurione Crastino della Legio X prima della battaglia di Farsalo , al quale Cesare chiese come oggi stesse a coraggio al che Crastino rispose che avrebbero vinto superbamente e che vivo o morto , Cesare lo avrebbe lodato , mori sul campo di Farsalo ; sempre nella guerra civile e' nota la vicenda di Cassio Sceva , che ferito aveva resistito a Durazzo ad oltre 100 frecce . Dal De Bello Gallico altri due eccezionali Centurioni : "«Cesare, riunite le insegne della XII legione, i soldati accalcati erano d’impaccio a se stessi nel combattere, tutti i centurioni della quarta coorte erano stati uccisi ed il signifer era morto anch’egli, dopo aver perduto l’insegna, quasi tutti gli altri centurioni delle altre coorti erano o feriti o morti […] mentre i nemici, pur risalendo da posizione da una posizione inferiore, non si fermavano e da entrambi i lati incalzavano i Romani […] Cesare vide che la situazione era critica […] tolto lo scudo ad un soldato delle ultime file […] avanzò in prima fila e chiamati per nome i centurioni, esortati gli altri soldati, ordinò di avanzare con le insegne allargando i manipoli, affinché potessero usare le spade. Con l’arrivo di Cesare ritornata la speranza nei soldati e ripresi d’animo […] desiderarono, davanti al proprio generale, di fare il proprio dovere con professionalità, e l’attacco nemico fu in parte respinto. Cesare avendo poi visto che anche la legione VII era incalzata dal nemico, suggerì ai tribuni militari che a poco a poco le legioni si unissero e marciassero contro il nemico voltate le insegne. Fatto questo, dopo che i soldati si soccorrevano vicendevolmente senza più aver paura di essere presi alle spalle dal nemico, cominciarono a resistere con maggior coraggio e a combattere più valorosamente. Frattanto le due legioni che erano state nelle retroguardie e di scorta alle salmerie [le legioni XIII e XIV] giunta notizia della battaglia, presero a correre a gran velocità […] Tito Labieno dopo aver occupato il campo nemico, e visto quanto accadeva nel nostro campo da un’altura, mandò in soccorso ai nostri la legione X.» Dalla stessa opera : «In seguito a questa resistenza i duci e i capi dei Nervi che avevano qualche dimestichezza e rapporto di amicizia con Cicerone, gli fanno sapere che volevano un abboccamento con lui. L’ottengono e ripetono ciò che Ambiorige aveva detto a Titurio: tutta la Gallia era in armi; i Germani avevano passato il Reno; gli accampamenti di Cesare e degli altri luogotenenti erano assediati. Aggiungono ancora che Sabino era morto; per dimostrare la verità di questo fanno venire innanzi Ambiorige. Afferma che erano in errore coloro che speravano di avere qualche aiuto dagli altri Romani che erano già a mal partito; tuttavia la loro disposizione d’animo verso Cicerone e il popolo romano era questa: ch’essi si rifiutavano solo di lasciarli svernare e non volevano che questa abitudine mettesse radici; essi potevano andarsene dagli accampamenti invernali senza molestia e partirsene senza timore per dove volevano. Cicerone rispose con queste sole parole: il popolo romano non era solito farsi dettare condizioni dai nemici in armi; se volevano cessare le ostilità, contassero pure sul suo aiuto e mandassero ambasciatori a Cesare; potevano sperare, dato il suo sentimento di giustizia, che avrebbero ottenuto ciò che chiedevano. Perduta questa speranza, i Nervi circondarono l’accampamento romano con uno steccato alto dieci piedi e con una fossa larga quindici piedi. Avevano imparato questo modo di fortificazioni campali da noi per la consuetudine degli anni precedenti e per il suggerimento dei prigionieri che avevano presso di loro; ma non avendo ferri che fossero idonei a queiruso, erano costretti a tagliare i cespi con le spade, a scavar la terra con le mani e a portarla nei mantelli. Da queste operazioni si poté avere un’idea della moltitudine degli avversari, perché compirono in meno di tre ore una fortificazione d’assedio [di quindici piedi] per una circonferenza di «tre» miglia e negli altri giorni cominciarono ad allestire e a costruire delle torri alte quanto il nostro steccato e prepararono le falci e le testuggini come avevano loro insegnato i nostri prigionieri. Nel settimo giorno d’assedio, essendosi levato un fortissimo vento, cominciarono a scagliare con fionde proiettili d’argilla incandescenti e dardi arroventati contro le capanne che erano coperte, secondo l’uso dei Galli, di paglia; queste presero fuoco e le fiamme, per la violenza del vento, si propagarono per ogni parte dell’accampamento. Come se la vittoria fosse già nelle loro mani, i nemici, levando un grande clamore, cominciarono a portare avanti le torri e le testuggini e a montare con scale sul vallo. Ma fu così grande il valore e la presenza di spirito dei soldati che pur essendo avvolti dalle fiamme e fatti segno ad immensa pioggia di dardi, pur vedendo che tutti i loro carriaggi e le loro fortune erano in preda al fuoco, non solo nessuno abbandonò il suo posto sullo steccato, ma quasi neppure volse indietro lo sguardo; anzi allora tutti combatterono con grande tenacia e accanimento. Questa giornata fu per i nostri molto grave; tuttavia ebbe questo risultato che moltissimi nemici furono feriti ed uccisi, poiché si accalcavano sotto lo steccato e quelli che erano alle spalle non davano modo a quelli che erano dinanzi di ritirarsi. Quietatosi un poco l’incendio, quando già in un punto una torre era appoggiata ed aderente al vallo, i centurioni della terza coorte si ritirarono dalla posizione in cui si trovavano, facendo retrocedere i loro uomini e con cenni e con grida invitarono i nemici ad entrare. Ma nessuno osò avanzare. Allora i Romani scagliarono pietre da tutte le parti e li sbaragliarono e in più appiccarono fuoco alla torre.» Ancora : “C’erano in quella legione due centurioni, due uomini coraggiosissimi, che già si avviavano a raggiungere i gradi più alti, Tito Pullone e Lucio Voreno. Erano in continua competizione tra di loro, per chi dei due sarebbe stato anteposto all’altro, e ogni anno lottavano con accesa rivalità per far carriera. Mentre si combatteva con grande accanimento sulle fortificazioni, Pullone disse: «Che aspetti Voreno? Che promozione vuoi avere come premio per il tuo coraggio? Questa è la giornata che deciderà delle nostre controversie». Detto questo, esce allo scoperto e irrompe dove più fitto è lo schieramento nemico. Neppure Voreno, allora, resta al coperto ma, temendo il giudizio degli altri, lo segue. Quasi addosso al nemico, Pullone lancia il giavellotto e trapassa uno dei loro che, staccatosi dal gruppo, correva ad affrontarlo. I nemici lo soccorrono esanime, proteggendolo con gli scudi, mentre tutti lanciano frecce contro di lui, bloccandolo. Un’asta trapassa lo scudo di Pullone e si conficca nel balteo, spostando il fodero della spada e, mentre egli si trova impacciato e perde tempo nel tentativo di estrarre l’arma, viene circondato dai nemici. Il suo avversario, Voreno, si precipita a soccorrerlo nella difficile situazione. Tutta la massa dei nemici si volge allora contro Voreno, ritenendo l’altro trafitto dall’asta. Voreno si batte corpo a corpo con la spada e, ucciso un nemico, respinge gli altri di poco, ma mentre incalza con foga, cade scivolando in una buca. Circondato a sua volta, viene aiutato da Pullone e ambedue, dopo aver ucciso molti nemici e acquistato grande onore, riparano incolumi all’interno delle fortificazioni. Così la fortuna volle, nella contesa e nel combattimento, che, sebbene avversari, si recassero reciproco aiuto e si salvassero l’un l’altro la vita, e non si potesse stabilire quale dei due fosse il più coraggioso.” Uomini eccezionali , spesso oscuri , che furono uno dei punti di forza , nei vari campi di battaglia , dell' esercito romano .
  3. Ospite

    Un milite di Roma

    “I Romani sottomisero il mondo intero esclusivamente per l’ abilita’ nell’ uso delle armi , per l’ organizzazione disciplinare negli accampamenti , per l’ impiego dell’ esercito . Infatti quale successo avrebbe mai potuto conseguire il limitato numero dei soldati romani contro la moltitudine dei Galli ? Come avrebbero potuto i Romani , di modesta statura , sovrastare i gagliardi Germani ? E’ altresi inconfutabile che gli Iberici erano piu’ numerosi di essi e piu’ vigorosi nel corpo . La scaltrezza e la ricchezza degli Africani furono sempre superiori a quelle dei nostri soldati ; nessuno pote’ mai dubitare che i Greci soverchiassero la nostra stirpe nel sapere e nell’ arte” Cosi scriveva Publio Flavio Vegezio Renato nella sua opera : Epitomia institutorum rei militaris , libro I ,1 . Vegezio Renato visse nella seconda metà del IV secolo , a cavallo del V , fu un funzionario e scrittore romano , appartenente al ceto più alto dell' aristocrazia tardoantica romana , fu un "vir illustris" , quindi Senatore di alto rango superiore al "vir clarissimus" , fu ricco possidente , ma pur avendo scritto l’ opera sopra citata “Epitoma rei militaris” , non fu un soldato di professione , anzi probabilmente fu anche estraneo alla vita militare perché nel suo trattato militare non parla mai dei riferimenti pratici alla vita che si svolgeva in un campo militare . In omaggio ai semplici soldati di Roma , che insieme ai Centurioni furono gli artefici materiali della potenza militare di Roma , riporto una semplice edicola funebre di un semplice ed ora noto Legionario della Legione II Augusta , personaggio preso ad esempio generale di tutti i soldati che fecero parte delle Legioni nel corso dei dodici secoli della storia di Roma . La semplice edicola con l’ immagine del milite cosi’ recita : C • LARGENNIVS C • FAB ■ LVC • MIL LEG ■ II • >S CAEVAE AN ■ XXXVII • STIP XVIII • H ■ S – E Caio Largennio , figlio di Caio , della Tribu’ Fabia , nativo di Lucca , soldato della Legione II Augusta , (della centuria Sceva) (?) , di anni 37 , soldato da 18 , qui e’ sepolto . Dalla epigrafia risulta che Caio Largennio e’ stato un Legionario romano di probabile origine etrusca sia perché nato nella citta’ natale di Lucca , sia per l’ iniziale LAR (casa , focolare) del suo nome gentilizio , milite addetto (secondo una riportata traduzione) alla trasmissione dei messaggi segreti , non capisco da cosa derivi questa supposizione in quanto la radice SCAEVA significa mancino . Una copia della stele funebre fu inviata nel 2017 a Lucca , Citta’ natale di Caio Largennio , da parte del Museo di Strasburgo dietro richiesta del Comune toscano . La lapide ad edicola originale e’ oggi conservata presso il Museo Archeologico di Strasburgo .
  4. Ospite

    Essere un Primipilo

    Ma cosa significava essere stato un PP , come spesso compare in sigla nelle epigrafi dedicate a militari o ex militari ? Si ritiene che PP corrisponda letteralmente a Primus Pilus o forse Pilum , Risulta chiaro che Primus corrisponda inequivocabilmente a : il Primo , il Migliore , il Superiore , mentre qualche dubbio , almeno per me , sussiste per il secondo nome Pilus o Pilum , la differenza e’ sostanziale , Tacito nelle Storie , libro I , Tomo 31 , chiama due Primipili citati nel testo : “Primipilaribus” , quindi al singolare sarebbe : “Primipilaris” , ma in questo caso Pilaris significa : “gioco o lancio della palla” , mentre Pilus starebbe per ”pelo” , “vello” , pero’ in ambito militare romano Primus Pilus indicava , a detta di Cesare , il primo Centurione che guidava la prima Centuria , la piu’ importante , senza pero’ spiegare il significato della seconda parola Pilus ; Pilum invece sembrerebbe in teoria essere il termine piu’ adatto , infatti alcuni ritengono Pilum il nome piu' consono , in quanto Pilum significa “giavellotto” il che suonerebbe come Primo Giavellotto , ma il Centurione aveva come arma offensiva anche un giavellotto ? Pilum pero' puo’ anche significare “colonna” , “pilastro” , in questo caso Primipilo indicherebbe la “prima colonna” o il “primo pilastro” , termine che dichiara il primo Centurione , PP , come il Legionario piu’ importante della I Coorte . Insomma per me ancora non e’ completamente chiaro il significato di Pilus o Pilum , anche perche’ , nel caso di Pilum , non mi risulta che un Centurione avesse tra le armi proprie in dotazione anche un giavellotto . Comunque sia il titolo di Primipilo era detenuto nell' esercito romano dal primo Centurione della della I Coorte della Legione , ovvero era di grado superiore su tutti i Centurioni di Legione . L' origine del nome Primipilus è antichissima , risale ai primi eserciti romani repubblicani e designava il comandante del primo manipolo della terza linea dello schieramento , quella piu’ importante , cioe’ i Triarii . Nella tarda repubblica romana , le Coorti variavano tra otto e dieci per Legione ed erano composte da 600 Legionari , divennero le unità tattica di base delle Legioni . Ogni Coorte era guidata da sei Centurioni , quindi in totale i Centurioni erano da 48 a 60 per Legione , il Centurione con piu’ esperienza o il piu’ valoroso in battaglia comandava la prima Coorte , la migliore , ed era chiamato appunto Primus Pilus , normalmente era un soldato di carriera che iniziava la vita militare da semplice soldato e una volta raggiunto il grado di PP diventava consigliere militare del Legato di Legione e partecipava alle riunioni del comando militare . Solo otto ufficiali di una intera Legione superavano in grado il primus pilus : Il Legātus Legiōnis , il Tribunus Laticlavius , il Praefectus Castrorum e i cinque tribuni minori Tribuni Angusticlavii . Diventare Primipilo , oltre ad essere un grande onore militare per un semplice soldato , immetteva automaticamente nello stato maggiore della Legione e si poteva aspirare al grado di Tribuno , al termine della carriera militare si spalancavano le opportunita’ di una importante carriera nella vita civile , inoltre chi era stato primipilo nella vita militare veniva iscritto dopo il congedo all' ordine equestre e poteva aspirare alla Pretura . In foto : Altare dedicato alla Fortuna Conservatrix di Marco Aurelio Cocceius Floriano , che era stato Primus Pilus della Legio X Gemina ai tempi di Severo Alessandro , a Vindobona . Una immagine realistica di un Centurione con l' elmo ornato in orizontale , falere e vitis simbolo del suo grado , segue un pannello dal Trofeo di Adamklissi in Mesia costruito al tempo di Traiano , con Legionari armati di Pilum .
  5. Illyricum65

    Marcia, marcia ... ma quando arriviamo?!

    Ciao, quest’anno niente ferie estive che implicavano l’utilizzo dell’aereo. Mezzo che ha “ristretto” il mondo e che permette di spostarci in breve tempo (tralasciando attese e check in/check out) su lunghe distante. E’ così che in un paio d’ore possiamo trasferirci ad esempio dall’Italia alla Britannia. Adesso sembra una passeggiata. Ma una volta arrivare a Londinium implicava giorni e giorni di viaggio terrestre e quindi marino. Tornando alle ferie di quest’anno per tenere fede al mio nickname ho deciso di trascorrerle con la famiglia in Illyricum e in Noricum. Spostandomi con la mia veloce quadriga moderna su strade moderne ad alta velocità (le autostrade) che consentono anche di “attenuare” gli ostacoli orografici (catene montuose, fiumi, passi, etc..) sono partito da Trieste(Tergeste), ho oltrepassato il Passo dell’Ocra (Monte Nanos), sono passato per Lubiana (Emona) poi verso Graz, su, fino a Vienna (Vindibona). Totali 4 ore e mezza. E se fossi vissuto 2000 anni fa quanto ci avrei messo?! A ben guardare ho percorso a ritroso la parte terminale dell’antica Via dell’Ambra che partiva dal Baltico per raggiungere la penisola italiana. Ci sono poche differenze: il tragitto non passava per Graz (comunque sito militare romano) ma per Szombately (Colonia Claudia Savariensum) e Sopron (Scarbantia) ma in sostanza il quadro non conta. Questo era il primo percorso che compiva l’ambra baltica, in seguito modificato con una via più diretta verso Aquileia attraverso Ad Pirum e Castra ad Fluvium Frigidum. Ma le attestazioni monetali indicano che i Romani costruirono Aquileia per avere il controllo delle vie commerciali dirette verso e dal Noricum (del pregiato “ferro norico” ad alto contenuto di carbonio e quindi simile all’acciaio) e nel tempo cercarono il controllo e del territorio friulano e carnico e di quello giuliano. Il penetrare a ritroso lungo la Via dell’Ambra voleva dire da una parte controllare il commercio di questa materia prima e comunque (o soprattutto) controllare i passi attraverso i quali le varie tribù locali (nella maggior parte del gruppo dei Taurisci cui confluivano gli stessi Norici) potevano passare e minacciare l’area di Aquileia e quindi penetrare nell’Italia. Area aquileiese che in una prima fase si identificava con il Friuli e quindi la Carnia ma che in seguito si estendeva oltre le Alpi Giulie: il territorio aquileiese si estendeva fino a Vhrnika (Nauportus), una sorta di emporio commerciale aquileiese sorto a pochi chilometri da Lubiana con quest’ultima che rientrava nei territori illirici. Da qui, l’esercito romano si dirigeva verso i forti del limes sia a presidio dello stesso sia per incursioni nei territori limitrofi esterni all’Impero. In pratica qualcosa come circa 500 chilometri dall’Impero fino ai suoi confini. Ma le ore alla guida mi hanno fatto riflettere su un dato noto ma sul quale forse non si riflette a fondo: su che enormi distanze si muoveva l’esercito romano? E come riusciva a svolgere efficacemente il lavoro di spostamento di enormi masse di uomini e di materiali utili a compiere un’impresa bellica?
  6. Salve, vorrei sapere se qualcuno è a conoscenza di bibliografia (vecchia e nuova) sul tema della tipologia di monete impiegate come paga dei legionari romani. Grazie a chiunque vorrà dare dei suggerimenti!
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