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IGNORED

Galli e Volpini


g.aulisio

Risposte migliori

In una discussione in piazzetta, chiacchierando di stipi, favisse e depositi votivi di fondazione, é uscito il tema del deposito rinvenuto nelle fondazioni delle mura repubblicane di Rimini nel corso degli scavi del 1987.


Tale deposito, traccia giunta fino a noi di un rito sacrificale propiziatorio offerto agli dei all'atto della costruzione delle mura, era costituito da tre monete (due bronzetti coniati della serie Ariminum ed una semuncia della serie di aes grave con la testa di gallo) e lo scheletro di un piccolo cane, probabilmente un volpino.

Le monete:

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..ed il volpino... :(

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Per quanto riguarda la giacitura, riporto degli stralci dell'articolo di J. Ortalli apparso sul n. XXVII di Etudes Celtiques (1990):

"Nonostante la profonda spoliazione subita dalle strutture antiche, l'esplorazione stratigrafica
dei depositi situati all'esterno di tale nuovo rinvenimento ha apportato significative conferme sulla conformazione e la cronologia ad età coloniale delle mura, evidenziando, dal basso: lo strato precedente all'edificazione, tagliato dalla fossa di fondazione, che conteneva materiali frequentemente riscontrati anche in altri contesti di fine IV-inizi III secolo; il riempimento della fossa di fondazione sovrastato da un cumulo alto fino a 70 cm formato da strati semisterili di argilla di riporto e di scarti di lavorazione di arenaria, evidentemente interpretabile come rincalzo della parte bassa delle fondazioni costituito al momento stesso della costruzione utilizzando anche residui di cantiere; svariati depositi corrispondenti alle prime fasi d'uso delle mura, contenenti ceramiche a vernice nera ed altri materiali, con una precisa e consequenziale progressione cronologica dal III al I secolo avanti Cristo."


Il deposito si trovava

"all'interno del già ricordato rincalzo di fondazione, sigillato tra gli strati argilloso-arenacei di cantiere, esattamente all'angolo tra la linea esterna delle mura e la torre".

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Le caratteristiche del deposito, legato ad un evento ben preciso, la costruzione delle mura della colonia romana, tenderebbe a testimoniare una circolazione contemporanea dei bronzi coniati Ariminum e dell'aes grave con la testa di gallo al dritto (quanto meno dei nominali più piccoli, come la semuncia).

Il fatto che una moneta fusa della serie col gallo sia stata utilizzata in tale occasione tenderebbe inoltre a confermare le ipotesi che la vedono attribuita alla colonia romana di Rimini piuttosto che a genti celtiche quali i Senoni.

Di seguito in sintesi alcune delle differenti posizioni interpretative, in termini di datazione ed attribuzione:

Cesano, Panvini Rosati: Emissione precoloniale ad opera dei Galli Senoni dopo la battaglia del Sentino (295) e prima della disfatta del 283.

Zuffa, Parise, Mansuelli, Hackens: Emissione romana in seguito alla deduzione della colonia (268).

Balbi de Caro: Emissioni di popolazioni indigene di stirpe italica (umbri) dopo la battaglia di Sentino (295) e prima della deduzione della colonia (268).

Cocchi Ercolani: Emissione romana locale prima della deduzione della colonia (295-268).

Quanto all'Ortalli giudica che il ritrovamento di Rimini tenda a confermare l'ipotesi della Cocchi Ercolani.

Dichiaro aperta la bagarre.. :D

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Molto interessante e inappuntabile l’introduzione di Aulisio sul ritrovamento di Ariminum, che rischia di “scoperchiare” un altro tema assai caldo della nota questione cronologica.

Ariminum fu fondata dai Romani come colonia latina nel 268 a.C. (Livio, Epitome XV; Eutropio II, 6; Velleio Patercolo I, 14) presso la foce dell’omonimo fiume (attuale Marecchia), in un sito che risulta essere già abitato in precedenza, fin dal V secolo a.C. da genti di origine e cultura umbra (come già riconosceva Strabone V, 11, 217).

Innanzi tutto non deve sorprendere l’inumazione di animali in occasione della fondazione di mura, come si può evincere nei seguenti riferimenti:

http://solima.media.unisi.it/documenti/1_Ritrovamenti_archeologici.pdf

https://www.unisalento.it/c/document_library/get_file?folderId=958293&name=DLFE-15208.pdf

Nel 1992 pubblicai una mia monografia sulla monetazione di Ariminum:

http://numis.me/archivio/Ariminum.pdf

nella quale mi discostai dalla vecchia ipotesi della datazione dell’emissione coniata a una data ante-268 a.C., anche se ancora non conoscevo il lavoro di Jacopo Ortalli, pubblicato nel 1990 (in realtà la redazione della mia monografia era stata iniziata proprio in quell’anno e ancora non mi era giunta la notizia).

Più esattamente avevo ipotizzato che la serie fusa del Gallo fosse anteriore al 268 a.C. e quella coniata subito dopo la fondazione della colonia e avevo pure ipotizzato che il bronzo coniato fosse allineato all’obolo di piede campano che proprio allora si stava diffondendo nell’Italia centrale.

Allora il rinvenimento di due esemplari coniati assieme a un esemplare fuso in un contesto datato da Ortalli al 268 a.C. manda tutto all’aria la mia ipotesi?

In realtà la situazione appare (al solito) più complessa e non esiste in realtà certezza che quello strato possa coincidere proprio con la fondazione della colonia.

Molto recentemente, nel 2010, il prof. Gorini ha pubblicato su Revue Numismatique un fondamentale articolo, per fortuna scaricabile in rete:

http://www.academia.edu/406912/La_monetazione_di_Ariminum

Egli molto gentilmente ha citato il mio lavoro, ma conosceva molto bene anche il contributo di Ortalli, del quale fa una accurata disamina critica, evidenziando i forti dubbi sulla corretta datazione della fondazione di mura al 268 a.C.

Consiglio vivamente la lettura dello studio del Gorini, secondo il quale la serie fusa dovrebbe risalire agli anni della prima guerra punica (264-241 a.C.) e la serie coniata inizialmente al 241-235 a.C.

Molto rilevante è la seguente sua considerazione:

Altro punto fermo nella cronologia delle emissioni di Ariminum è stata considerata la scoperta di un deposito votivo accanto alle mura della città per il quale si è proposta una cronologia insostenibile allo stato attuale delle nostre conoscenze e cioè una proposta delle emissioni fuse anteriormente alla deduzione della colonia latina ed il passaggio a quelle coniate al 268 a.C. con la fondazione della città, per cui le mura sarebbero databili a questi anni. Purtroppo l’analisi archeologica corretta ed accurata di cui va atto all’autore, poggia su alcuni presupposti non dimostrati, come ha già acutamente osservato il Vitali. Infatti “la solida datazione stratigrafica […] a conferma del fatto che la cinta difensiva di Rimini è stata eretta in un momento assai precoce, contestualmente o immediatamente dopo la fondazione della colonia” non trova alcun fondamento obiettivo in dati di scavo o tecnico costruttivi o archeologici, se non sulla presenza di materiale numismatico, la cui cronologia però è stata accettata acriticamente. Infatti le monete coniate riminesi non possono risalire, a mio avviso, ad oltre il 241 a.C. in quanto non esiste alcuna moneta coniata del medesimo peso, né a Roma, né nelle altre zecche etrusche e italiche dell’ Italia Centro-meridionale precedente questa data. Invece secondo una congettura, molto plausibile, la data di costruzione delle mura andrebbe ricondotta agli anni 240-220 a.C. ed in questo caso si renderebbe giustizia della cronologia corretta per le due serie monetali riminesi, potendosi datare il donario con la consacrazione delle mura, verosimilmente al termine dell’operazione, negli anni intorno al 236 a.C. Infatti bisogna ricordare che nella storia di Ariminum, come già avvertiva il Mansuelli, “la prima dura prova fu sostenuta nel 236 a.C. quando i Boi e Galli Gesati mossero su Ariminum, per cui, è da supporre che, dopo aver superato questa prova certamente drammatica, i coloni molto probabilmente decisero di consacrare le mura della città negli anni 236/235 a.C. circa. Una occasione per una rapida conclusione dei lavori può essere stata anche lo scontro con i Galli: Telamone 225 a.C. e conquista di Mediolanum nel 222 a.C. La consacrazione delle mura precederebbe di qualche anno la conclusione della Via Flaminia (220 a.C. circa), per cui è molto probabile che il rito “di fondazione” si sia svolto proprio in questi anni. Infatti data la contiguità di numerario fuso e di quello coniato, l’avvenimento va posto alla fine del 237 a.C. o all’inizio del 236 a.C. Infatti al 241 a.C. abbiamo datata la riforma monetale quadrunciale che introduce la moneta coniata anche ad Ariminum sul modello di quello che era accaduto a Roma.

E propone la seguente griglia cronologica delle emissioni con Roma (e già immagino violente critiche…., specie per l’esistenza di una serie “ridotta” dei bronzi coniati con Vulcano/guerriero):

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Inoltre Gorini, nella sua nota n. 50, propone un generale abbassamento cronologico di varie emissioni anche rispetto all’Historia Numorum di Rutter:

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Secondo me bisogna partire dalle argomentazioni del Gorini per impiantare una seria discussione (che inevitabilmente va ad allargarsi verso altre zecche, come Ancona, che ha coniato una emissione di bronzo coniato, di peso simile però alla serie coniata “pesante” di Ariminum)....

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Questa volta sono d'accordo con acraf...in parte :D

Esatto il suo ragionamento sulla non ovvia contemporaneità fondazione colonia/mura.

Esatto che il dato archeologico, al contrario di altre questioni, questa volta non è dirimente.

Infatti da esso, l'unico elemento scientifico numismatico desumibile e non verificabile, in base alle attuali conoscenze è: sia la serie fusa, sia quella coniata, quando furono realizzate le mura, esistevano già. STOP! Nient'altro è dicibile.

Ma passiamo agli argomenti ex silenzio e come tali congetturabili.

1)Entrambe le monete sono state emesse ad Ariminum?

La serie coniata, ovviamente, si, avendone esplicita epigrafe.

Quella fusa probabile, essendone stati ritrovati, la maggior parte degli esemplari proprio a Rimini.

2)Hanno circolato e/o sono state emesse insieme?

Sulla prima domanda ho i miei dubbi, sulla seconda ne ho, ma minori, propendendo per il negativo.

3)Quando sono state emesse allora?

L'emissione coniata è sicuramente post-coloniale e in linea con le coeve emissioni di tipo greco, come sottolinea acraf.

E quella fusa? Qui adotterò il criterio che ho sintetizzato nel mio volume per Lucera e Venosa.

Ariminum diventa colonia, cioè i cives ariminenses hanno pari diritti e doveri degli abitatori dell'Urbe.

Vi pare possibile che questa colonia utilizzi un sistema ponderale completamente differente rispetto alla madre patria, che li costringa a cambiar la loro moneta per commerciare con l'Urbe stessa?

Essendo colonia, avrebbe adottato del tutto il sistema romano.

Da ciò se ne deduce che questa emissione sia avvenuta prima della fondazione della colonia.

A nome di chi? Le immagini parlano chiare. Sul nominale maggiore vi è la testa di un guerriero celtico. Ne consegue che nulla spinge in altra direzione.

Emissione da parte dei Senoni, in linea pondometricamente con altre realtà di zona preromane e per commerciare con esse.

Vincenzo.

P.S. Ne approfitto per salutarvi, dato che da lunedì, sarò molto oberato da impegni e quindi le mie frequentazioni del forum saranno sensibilimente ridotte.

Modificato da Vincenzo
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In linea di massima concordo che forse Gorini è stato un pò troppo "ribassista", specie per quanto riguarda la serie fusa, che potrebbe essere più appropriatamente essere anteriore alla deduzione coloniale del 268 a.C., quando ancora Roma non aveva fatto attecchire più generalmente il proprio sistema monetario e ancora rispettava l'autonomia dei Galli che bene si riflette nella stessa tipologia.

In ogni caso Ariminum rappresenta un'ottima zecca per studiare l'impostazione di una monografia, estendibile a tutte le zecche antiche dell'Italia e Sicilia, considerando la lista degli esemplari già censiti nei lavori Campana e Gorini, con eventuali integrazioni (ho notato che il Gorini ha già ricordato la bella serie di fusi riminesi apparsi su Artemide nel 2005).

Cosa si potrebbe fare?

Penso che si potrebbe ricalcare l'impostazione del vecchio CNAI con maggiori dettagli dedicati all'archeologia e all'analisi numismatica (intesa come analisi iconica e di confronto con altre emissioni più o meno coeve, come la stessa Roma).

Appare evidente la difficoltà di un lavoro simile, specialmente se esistono discordanze sulla stessa datazione.

In linea di massima proporrei i seguenti capitoli che dovrebbero riguardare una monografia.

1) Ubicazione e cenni storici (con adeguate cartine e immagini)

2) Situazione archeologica (che riassumi le attuali conoscenze sui contesti archeologici)

3) Rinvenimenti monetari (una lista e relativa distribuzione)

4) Emissioni monetarie (sotto forma di schede con immagini, riferimenti e pezzi noti, con intervalli di diametro e peso)

5) Analisi numismatica

6) Bibliografia

Per Ariminum abbiamo già quasi tutto, grazie specialmente al Gorini e servirebbe aggiungere soprattutto le immagini (ovviamente quelle che possono essere riportate senza problemi).

Resta però da definire non pochi dettagli e gradirei conoscere meglio la possibile denominazione della moneta coniata (semuncia ?, che potrebbe spiegare la presenza del sigma sul simile bronzo coniato di Ancona), con individuazione di due distinti piedi ponderali, la prima di livello "quadrunciale" (241-235 a.C.) e la seconda di livello "terunciale" (in piena epoca annibalica).

Personalmente ho alcuni dubbi a individuare distinti livelli ponderali, considerando che la moneta di bronzo ha comunque già un elevato valore fiduciario, con ampie oscillazioni ponderali.

Sarebbe utile individuare i singoli conii, per vedere se magari è stato impiegato un conio per un peso pesante e per uno leggero. Poi mi sembra strana una certa uniformità stilistica da un piede all'altro e nell'arco di almeno un ventennio....

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DE GREGE EPICURI

Scusate la digressione, ma...e il volpino? Voglio dire: una sepoltura casuale, o si può pensare che fosse stato sacrificato per propiziare la fondazione della città? Confesso la mia ignoranza, ma so pochissimo dei sacrifici delle epoche repubblicana ed arcaica; certo erano più cruenti di quelli di età tarda. Che animali venivano utilizzati a Roma? E qui, del resto, non siamo a Roma.

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Avevo già accennato nel mio post #3 all'uso degli animali sacrificati in occasione della fondazione (o rifondazione) delle antiche città.


Innanzi tutto non deve sorprendere l’inumazione di animali in occasione della fondazione di mura, come si può evincere nei seguenti riferimenti:

http://solima.media....rcheologici.pdf

https://www.unisalen...=DLFE-15208.pdf

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Alcune considerazioni sparse a seguito degli interessanti interventi di @@acraf e @@Vincenzo.

- Deduzione delle colonia, costruzione delle mura ed emissione delle due serie monetali attribuite a Ariminum.

Il termine ante quem costituito dalla costruzione delle mura di Ariminium é evidentemente interessante nella misura in cui si sia in grado di collocarlo nel tempo. Cio' purtroppo al momento non é dato. Ortalli colloca la costruzione delle mura al 268 a.C. o negli anni immediatamente successivi "per motivi storici e, ora, anche stratigrafici". Essenzialmente, ritengo, sulla base delle caratteristiche dello strato tagliato dalla fossa di fondazione (contenete materiali di fine IV-inizi III secolo), e di quelle dell'opera muraria che si colloca "in una posizione intermedia fra la cosiddetta opera quadrata di II periodo [...] e l'opera poligonale di III maniera, ampiamente documentate in Italia centrale fra il IV ed il III sec. a.C.". Interessante, e dirimente, sarebbe una datazione piu' puntuale degli strati immediatamente superiori al rincalzo, datati dall'Ortalli genericamente al III sec. a.C.

Se le evidenze materiali fornite nel citato lavoro di sintesi non sono esaustive per poter collocare temporalmente in maniera "definitiva" l'edificazione delle mura di Ariminum, d'altro canto a queste il Gorini, nel proporre la datazione bassa, contrappone delle congetture che, per quanto estremamente interessanti, si basano esclusivamente su elementi storici.

Una cosa é certa (si fa per dire :) ...): se la serie coniata é attribuibile alla colonia, tra la deduzione della stessa e la costruzione delle mura deve essere intercorso quanto meno il tempo necessario per permettere l'emissione e la circolazione di tale serie. Di conseguenza cio' tenderebbe ad escludere una contemporaneità tra la fondazione della colonia e l'edificazione della cinta muraria.

- Presenza delle due serie nel "donarium".

Credo che questo sia un dato abbastanza importante, per un verso o per l'altro.

La valenza di un atto di consacrazione, nel contesto storico di cui stiamo parlando, non era certo qualcosa che venisse preso alla leggera, basti leggere le pagine di Tacito a proposito della cerimonia legata alla ricostruzione del tempio di Giove Capitolino (citata nel post in Piazzetta che ha dato spunto a questa discussione). Certamente non siamo a Roma, né tantomeno al Campidoglio, ma sono pur sempre le mura cittadine che si stanno consacrando, con tutte le implicazioni anche ideologiche, oltre a quelle ovvie, "pratiche", legate alla difesa della comunità, che ne conseguono. Siamo di fronte ad un atto importante, in cui l'offerta assume un alto valore simbolico, come anche, in qualche modo, il sacrificio del cane tende a confermare, se mai ve ne fosse bisogno.

Possiamo pensare che in tale occasione ci si sbarazzi delle monete "fuori corso" rimaste nel cassetto? Io credo di no.

Difficile ipotizzare che le monete non avessero un "valore" per la comunità che le offri', nel momento in cui lo fece.

Al di là della collocazione cronologica dell'emissione fusa, penso si possa trarre qualche cauta conclusione:

  • che le semuncie (almeno) della serie fusa abbiano continuato a circolare assieme alla serie coniata, quanto meno per un certo intervallo di tempo
  • che le due serie siano state prodotte dalla stessa comunità (al di là del fatto che per la serie fusa questo sia avvenuto prima o dopo la deduzione della colonia)

I dati di rinvenimento tenderebbero confermare quanto meno la seconda delle due ipotesi.

- Attribuzione e datazione della serie fusa.

L'attribuzione della serie a genti celtiche, su base esclusivamente iconografica, mi sembra oggettivamente che non tenga la strada. Tra l'altro anche la figura al rovescio della serie coniata viene comunemente identificato con un guerriero celta: non ci fosse stato l'etnico, sarebbe bastata tale raffigurazione per attribuirla ai Senoni?

Ma torniamo alle serie fusa. E' innegabile che la figura maschile rappresentata al dritto di tutti e 6 i nominali (e che per questo motivo assume una rilevanza particolare) abbia delle caratteristiche (capigliatura, baffi, torques) che tendono a caratterizzarla come "celtica", ma nel contempo la modalità di rappresentazione di celtico non ha proprio nulla. Al contrario. Il ritratto sembra quasi lo stereotipo del celta corrente in ambito ellenistico, quale lo ritroveremo più tardi nell'altare di Attalo nella lontana Pergamo, cosi' come nella decorazione del fregio fittile della vicinissima Civitalba.

Le rappresentazioni sul rovescio (scudo, spada e fodero, tridente, delfino, rostro a forma di tridente, conchiglia) trovano molte corrispondenze nell'aes grave italico e romano, cosi' come nei quadrilateri, mentre sono assenti in ambito lateniano.

I due nominali maggiori sembrano quasi ricalcare lo schema dei quadrilateri romani con lo scudo e con spada/fodero: in questo caso viene rappresentata una versione "celtica" degli oggetti, ma in uno stile decisamente "italico".

Ipotizzare un'assimilazione dei Senoni ai canoni iconografici e artistici italici? Appare piuttosto difficile da azzardare, considerando che l'ambito Senone appare come uno dei centri di rielaborazione della cultura artistica lateniana, che nei suoi esiti più astratti (e sublimi, ma ammetto che sia questione di gusti ;) ) viene riesportata in ambito transalpino (materiale prodotto probabilmente in ambito cispadano é stato ritrovato in Champagne, terra di origine dei Senoni, per quanto possa sembrare strano...).

Quanto a Ariminum, il sito risulta abitato dal V secolo. Il sostrato etnico era con ogni probabilità umbro. Il materiale lateniano ritrovato é piuttosto scarso, per quanto sia accertata una presenza celtica, probabilmente mescolata con la popolazione preesistente, cosi' come avvenuto in altri centri dell'Emilia Romagna. L'attività portuale puo' aver contribuito ad altri apporti (Spina non é lontana) e possiamo immaginare che dopo Sentino possa essere cominciata una penetrazione romana.

Perché un Gallo sull'aes grave? Domanda a cui non é certo facile rispondere. Ma domanda che si ripropone anche per la serie coniata.

Quanto alla datazione, guarderei decisamente dalle parti di Hatria.

Infine sulla rappresentazione celtica della figura umana consiglio la lettura di questo magistrale articolo del Kruta, presente in rete:

Brennos et l'image des dieux : la représentation de la figure humaine chez les Celtes

Per uno stato dell'arte sugli studi sui Senoni segnalo l'articolo, sempre del Kruta, "Les Sénones des Marches aux IV et III siècles avant J.-C. Etat de la question" nel numero 36 di Etudes Celtiques, 2008. Questo non credo purtroppo che sia disponibile in rete, ma, se qualcuno é mooolto interessato, volendo...

Dimenticavo di commentare la proposta di Acraf: estremamente interessante.

Gli ingredianti ci sono tutti, da un lato per rappresentare una sorta di caso di scuola, stante lo stato delle ricerche, e l'articolo di G. Gorini, si sia d'accordo o meno con la totalità delle ipotesi che porta, rappresenta da questo punto di vista un'eccellente base di partenza; dall'altro per le possibili articolazioni con le altre monetazioni italiche, articolazioni che vanno tendenzialmente a toccare elementi "sensibili" del quadro generale.

Modificato da g.aulisio
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Concordo pienamente con Aulisio per le particolari modalità di rappresentazione del ritratto di Gallo (forse più propriamente di una divinità locale di origine celtica), che risente di influssi ellenistici (avevo pure io pensato all'altare di Pergamo).

Naturalmente una corretta valutazione della monetazione di Ariminum non può essere disgiunta da quella di altre zecche che possono essere definite dell'adriatico centrale (che comprende anche Hatria). Spero che venga pubblicato presto il Corpus dei fusi di Hatria a cura di Chiara Marveggio (forse presso la Società Numismatica Italiana e comunque esiste una anticipazione della stessa studiosa in un recente numero del RIN).

Su Ancona dovrebbe essere pubblicato un recente studio del prof. Roberto Rossi (lo debbo ritrovare).

In ogni caso la serie fusa, almeno quella più pesante, appare essere su un piede ponderale di circa 380 grammi (credo come quella di Hatria). Non posso fare a meno di rilevare che questo piede corrisponde alla libbra citata allo Standard VIII riportata nella mia discussione sulla libbra etrusca e confermata dall'esistenza di pesi in pietra di quel peso.

Quindi sembra confermata una certa influenza locale, soprattutto umbra, più che celtica (e i Celti erano forse solo una componente della popolazione locale, già mischiata con Umbri, affini agli Etruschi).

Resta da valutare bene la circolazione dell'aes grave locale (di diverso standard da quello romano). Non mi sembra comune l'associazione in un medesimo ripostiglio di fusi di standard diverso. Solo con la progressiva romanizzazione si nota una maggiore sovrapposizione. Così nel ripostiglio di Pari (RRCH 551) abbiamo fusi di Volaterrae (un poco sotto il piede semilibrale) trovati insieme a monete Romane di piede post-semilibrale.

Concordo che il "donarium" non poteva essere formato da monete fuori circolazione, altrimenti si perdeva il valore anche simbolico.

Non posso fare a meno di notare il perenne contrasto fra archeologi e numismatici-storici. Anche qui servirebbe capire meglio i contesti archeologici. Non ho capito bene se le tre monete di Ariminum sono state trovate in uno strato già superiore al rincalzo (quindi genericamente al III secolo a.C. e allora andrebbe bene pure l'interpretazione storicistica di Gorini).......

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Non posso fare a meno di notare il perenne contrasto fra archeologi e numismatici-storici. Anche qui servirebbe capire meglio i contesti archeologici. Non ho capito bene se le tre monete di Ariminum sono state trovate in uno strato già superiore al rincalzo (quindi genericamente al III secolo a.C. e allora andrebbe bene pure l'interpretazione storicistica di Gorini).......

Beh, no, su questo punto l'Ortalli é piuttosto esplicito: il deposito si trovava "sigillato" all'interno del rincalzo costituito dai materiali di cantiere. Rincalzo a sua volta coperto da una successione di strati di cui il più antico datato al III secolo (prima metà? seconda metà?)...

Modificato da g.aulisio
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Grazie per la precisazione. Quindi l'unico vero dubbio sarebbe la datazione degli strati immediatamente superiori, che non si capisce se della prima metà o della seconda metà del III secolo a.C.

Non mi sembra un dettaglio di poco conto e critico per una più corretta datazione dello stesso strato interno di rincalzo, dove è stato rinvenuto il donarium. A me personalmente riesce piuttosto difficile immaginare che non si ergano anche le mura subito dopo la deduzione della colonia latina (nel 268 a.C.), anche se eventi più drammatici che possano giustificare maggiori difese sono di alcuni anni posteriori.

Penso che quando si fonda una città (e a maggiore ragione una colonia) si traccia il pomerium (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Pomerium), con tutti i relativi riti augurali, che potevano durare anche più giorni e con il deposito di oggetti augurali e con il sacrificio di animali (in genere cani, che sono considerati "guida" verso l'altro mondo e in grado di "vedere gli spiriti" e quindi di salvaguardare dai pericoli invisibili. Lo stesso guardiano dell'al di là, Cerbero, era un cane, anche se con tre teste).

Mi sembra pacifico che la deduzione della colonia di Ariminum e quindi la tracciatura del pomerium sia avvenuto nel 268 a.C., grazie a fonti storiche sufficientemente concordi. La datazione appare anche storicamente logica, in un periodo di relativa tranquillità, dopo le guerre pirriche e, prima ancora, negli anni '90-80 le guerre contro i Galli, Umbri, Etruschi e Sanniti, sconfitti a Sentinum nel 295 a.C.

Fu a seguito di quella grave sconfitta che i Galli Senoni e gli Umbri iniziarono a cedere le loro terre a coloni latini e romani e infatti nel 289 a.C vi furono dedotte le prime colonie latine, che furono Sena Gallica (Senigallia), Sentinum (presso l'attuale Sassoferrato), Hatria (Atri).

Nel 284 a.C. ci fu una nuova rivolta dei Galli Senoni, tentando di estenderla anche verso l'Etruria, che fu definitivamente debellata poco dopo. Da allora i celti scomparvero come vera entità statale, rimanendo solo cone entità etnica, sempre più mescolata con altre genti locali, specialmente Umbri, e ulteriori territori che erano a loro appartenuti passarono alla diretta influenza romana. Quindi appare logico che intorno al 268 a.C. sia stata fondata la colonia di diritto latino di Ariminum, con importante posizione geografica, all'incrocio delle strade tra il Nord e il Piceno e lungo il Marecchia che con la sua valle metteva in collegamento con Arezzo e l'alta valle del Tevere. e quindi utile all'ulteriore penetrazione romana verso la Padania a ovest.

Il vero nocciolo della questione è se l'erezione delle mura sia stata fatta subito dopo la deduzione della colonia, magari con calma all'inizio e con più fretta durante il nuovo periodo di crisi militare coincidente con la prima guerra punica (264-241 a.C).

Però la congettura di Gorini che data in pratica l'erezione della cinta muraria a dopo il 241 (a guerra finita?) mi sembra appunto solo una mera congettura, che lui ha giustamente cercato di rinforzare nel suo studio con ulteriori elementi di contorno, che però formano una interessante ipotesi e non una sicura prova. E' vero che nell'investigativa si dice che un solo indizio non è una prova, ma quando ci sono cento indizi (ed è per questo che ha avuto fortuna la teoria "middleniana", anche se manca ancora la cosiddetta prova regina).

Bisognerebbe quindi compulsare tutti gli studi fatti dall'Ortalli, non tutti facilmente reperibili (li cercherò alla biblioteca tedesca, a meno che tu non abbia una copia in pdf da mandarmi via MP) come anche le obiezioni del Vitali e del Bonetto circa l'inquadramento cronologico delle cinte murarie nella zona cispadana (dando quindi lo spunto critico al Gorini).

In ogni caso colpisce la frase di Gorini nella sua nota 48: ".... "le notizie dei rinvenimenti non sono corredate da precisazioni stratigrafiche e una percentuale significativa dei circuiti è quindi forzatamente datata sulla sola base di considerazioni storiche generali di non assoluta affidabilità, e questo sembra valere anche nel caso di Rimini, in cui si è preso il dato numismaticoi acriticamente, trasponendolo in ambito storico con conclusioni non condivisibili".

Quindi noto che c'è sempre l'oggettiva difficoltà di stabilire una corretta datazione di strati anche sigillati e bene definiti e come anche per il denario sorge un conflitto tra antiche fonti letterarie e i supposti contesti archeologici.

Comunque il caso Ariminum merita un approfondimento.

Colgo l'occasione per chiedere se qualcuno ha disponibili le foto digitali originali dei fusi venduti in asta Artemide del 2005 (una importante serie e sarebbe meglio evitare la semplice scansione dal catalogo cartaceo).

Poi c'è il solito problema della disponibilità di buone foto degli esemplari (specialmente coniati) che stanno nel medagliere di Rimini (ed eventialmente anche di Pesaro e di Teramo, dove dovrebbe essere depositato il famoso tesoretto di Tortoreto 1896, di fine III sec.a.C., (IGCH 2048) che comprendeva ben 7 esemplari coniati di Ariminum, oltre a molte altre zecche e monete romane), ma questo è al solito un altro discorso..... E' interessante visionare il maggior numero dei pezzi coniati di Ariminum anche per capire meglio l'asserita doppia serie prospettata da Gorini (di due distinti piedi ponderali) e verificare le eventuali ribattiture su altre monete (ad esempio cita i pezzi di Rimini, inv. n. D142 e D148, che sembrano essere riconiati sopra un triente romano....).

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Raccogliendo l'invito di Acraf ma, soprattutto con le immagini di questi primi due pezzi, con lo scopo anche di rendere le monete di cui si parla in questa discussione un po' piu' "concrete" per i lettori del forum che non sono avvezzi a queste serie (le foto tratte dall'articolo dell'Ortalli non sono molto "parlanti"...), comincio ad inserire alcuni immagini. Sugli interessanti spunti contenuti nel post di Acraf tornero' in seguito.

Serie fusa, pezzo da 5 once. Rimini, Museo Civico inv. D/123; g. 140,94 mm 62,5

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Serie coniata. Rimini, Museo Civico inv. D/146; g. 4,63 mm 18,5

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Inutile dire che le immagini non sono in scala.

Altri esemplari della serie coniata, sempre dal Museo Civico di Rimini. Purtroppo non ci sono i ribattuti.

Rimini, Museo Civico inv. D/139; g. 5,84 mm 19,6

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Rimini, Museo Civico inv. D/145; g. 7,76 mm 21,0

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I pezzi che seguono non sembrano essere inclusi nel corpus di Gorini

Forli, Musei Comunali, Collezione "Antonio Santarelli" inv. 14195; g. 6,08 mm 19

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Forli, Musei Comunali, Collezione "Antonio Santarelli" inv. 14196; g. 6,22 mm 17

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Forli, Musei Comunali, Collezione "Antonio Santarelli" inv. 14197; g. 5,12 mm 18

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Forli, Musei Comunali, Collezione "Antonio Santarelli" inv. 14198; g. 5,73 mm 18

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Per ora mi fermo qua, dato che é tardi e che domani bisogna andare a lavorare.

Modificato da g.aulisio
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Il Gorini nel suo articolo del 2010 (di cui il link al post #3 di questa conversazione) proponendo complessivamente per la monetazione di Ariminum una datazione bassa ed un aggancio molto forte alle emissioni romane, nega un'"autonomia" della serie coniata formulando l'ipotesi che tali nominali siano in realtà delle semuncie (coniate) da riferire comunque alla serie fusa, in particolari ad alcune emissioni di standard ponderale ridotto.

Collocando l'emissione a peso pieno (asse teorico di 379 gr.) durante la prima guerra punica (264-241 a.C.), ipotizza un processo di riduzione ponderale parallelo a quello della monetazione romana con una prima riduzione "quadrunciale" (asse teorico di 280 gr.) nel 241 a.C. a cui corrisponderebbe la prima emissione delle semuncie coniate, e quindi una seconda riduzione ("terunciale") da collocare nel 217-210 a.C, durante la seconda guerra punica, con un conseguente alleggerimento della ipotizzata semuncia coniata.

I caposaldi cronologici di tali riduzioni si basano sulla teoria "middle" della monetazione romana repubblicana.

I nominali coniati di Ariminum sarebbero quindi, sulla base di tale ipotesi, da ripartirsi in due serie:

- una prima serie, con un peso teorico attorno ai 15 gr., da datarsi tra il 241 e il 217 a.C.

- una seconda, con peso teorico attorno ai 6 gr., da datarsi tra il 217 e il 210 a.C.

Nel catalogo in cui vengono recensiti i pezzi conosciuti annesso all'articolo, il Gorini suddivide le 81 monete coniate nelle due serie, sulla base, sembrerebbe, esclusivamente del peso dei singoli esemplari, dato che alcun elemento -iconografico, stilistico, dimensionale- tale da poter distinguere le due serie viene fornito: gli esemplari della prima serie hanno pesi cha vanno dai 10 ai 5,72 gr., quelli della seconda dai 5,71 ai 3,5 gr.

Non vi sarebbe pertanto alcun "incrocio" a livello ponderale tra gli esemplari delle due serie, il che francamente mi sembra abbastanta curioso, soprattutto alla luce del fatto che tra l'esemplare piu leggero della prima serie e quello più pesante della seconda c'é un intervallo di un solo centigrammo.

Ben conscio dei limiti dell'esercizio, stante l'esiguità del campione e l'elevato tasso di variabilità ponderale di queste monetazioni bronzee, ho riportato in un istogramma le frequenze dei pesi delle monete recensite nell'articolo, adottando successivamente degli intervalli di un quarto di grammo, di mezzo grammo e di un grammo:

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Se il primo, con un intervallo di 0,25 gr., appare un po' "frastagliato" (con un intervallo cosi' ridotto l'esiguità del campione gioca in maniera determinante), il secondo e soprattutto il terzo tendono ad assumere un aspetto abbastanza "tipico" picco centrale in un intorno di 1 gr. verso i 6 gr. (che tra l'altro corrisponde esattamente alla media del campione), curva "ripida" per gli esemplari sovrappeso, dolce per gli esemplari sottopeso (più numerosi).

Con tutte le cautele possibili (pesate non uniformi, diversi gradi di conversazione dei pezzi, esiguità del campione) non mi sentirei di affermare che siamo di fronte a standard ponderali diversi (trattandosi di bronzo, fosse argento il discorso potrebbe essere diverso).

A controprova ho fatto lo stesso esercizio adottando la ripartizione degli esemplari nelle due serie cosi' come proposta nell'articolo:

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Il risultato mi sembra molto meno rappresentativo.

Modificato da g.aulisio
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Ringrazio Giorgio per l'ottimo lavoro, che a rigore andava fatto nel lavoro di Gorini (e sempre quando si ha a disposizione un rappresentativo campione di una emissione di bronzo).

Intanto una prima considerazione: la distribuzione complessiva degli esemplari segue un andamento tipicamente "gaussiano", con un picco che si attesta intorno a 6,5 grammi.

E' al momento difficile stabilire che nominale si tratti. Se si vuole mantenere l'ipotesi di un semunciale, il picco sembra avvicinarsi molto ai teorici 6,82 grammi della semuncia di piede semilibrale romano di 144 scrupoli (asse di teorici 163,73 grammi), che sembra essere in vigore proprio negli anni della prima guerra punica e quindi relativamente pochi anni dopo la deduzione della colonia latina. A sinistra e a destra della curva gaussiana si disperdono alcuni esemplari, ed è normale che la maggiore dispersione si registri a sinistra (con pesi più bassi) in quanto è più comune il discostamento verso il basso nella scala ponderale dovuto alla cattiva conservazione, mancanze di metallo, ecc.

Poi cè da fare una seconda considerazione: per esperienza annetto poca importanza al peso in sè dei bronzi (se non appunto con grandi numeri in grado di creare una curva gaussiana, se presente), in quanto avevano già una forte componente fiduciaria. Ho visto anni fa da Russo, nella sua grandiosa collezione di bronzi repubblicani, degli assi sestantali romani (con Giano) fatti con medesimi conii che però differivano fra loro anche di 10 grammi....., senza mancanze di metallo.

Quello che era importante era il modulo, ossia il diametro che definisco "standard", offerto dal bordo (perlinato o lineare che sia), che aveva anche appunto la funzione di definire il diametro da dare alla moneta. Bronzi di una stessa emissione, anche con pesi variabili, hanno generalmente un diametro standard molto costante, con minimi scostamenti. Se poi, per varie ragioni, hanno utilizzato tondelli non molto regolari, con bordo spesso fuori campo o scivolato, era affare loro e legate a varie condizioni di lavoro, spesso non molto accurate.

In fondo anche il buon Haeberlin, per poter calcolare correttamente il piede ponderale di riferimento dei fusi, ha calcolato la media per ogni nominale, rapportandolo all'asse e poi estrapolando tutti i calcoli per arrivare al peso medio presunto. Questo a maggior ragione considerando che i fusi invece valevano più per il contenuto di metallo e quindi in questo caso il peso era importante.

Poi non riesco a concepire come un nominale con definita tipologia, come il Vulcano/Guerriero di Ariminum, possa cambiare nettamente e a distanza di tempo il proprio standard ponderale senza una reale variazione tipologica. Al limite dovevano essere differenti come stile e soprattutto con diametro standard diverso, più ridotto nei pezzi più di epoca posteriorei.

Come faceva un riminese a capire se la sua monetina era di vecchio o nuovo piede e non sempre doveva girare col bilancino? Anche e soprattutto l'occhio voleva la sua parte!

La stessa curva di distribuzione dimostra, con pochi dubbi, che esisteva un solo picco e i rimanenti esemplari si distribuiscono con la tipica variabilità ponderale registrabile per qiell'epoca.

Se esistono due reali piedi ponderali, bisognava registrare almeno due picchi, cosa che non viene invece osservata in questo caso.

Quindi a mio modesto giudizio l'emissione coniata con Vulcano/Guerriero deve essere stata unica, magari della durata di qualche anno, più verosimilmente concentrata alcuni anni dopo la deduzione della colonia latina e quindi nel corso della prima guerra punica.

Se è così, la serie fusa dovrebbe appartenere a una fase anteriore alla deduzione della colonia, di 10-20 anni prima, quando l'abitato aveva ancora una propria autonomia, tanto da adottare appunto un piede ponderale che NON è quello in vigore a Roma!

Se la città era già diventata colonia latina e assoggettata a Roma, che bisogno aveva di emettere fusi con una diversa scala ponderale? Non necessariamente era una città nemica di Roma, ma ancora con propria autonomia e mancava ancora il nome dell'etnico, che evidentemente è stato definito solo dopo la deduzione della colonia.

Una volta diventata colonia, si è avvertita la necessità di emettere nuova moneta, questa volta coniata, e per di più già allineata al sistema romano (semuncia dell'asse romano di piede semilibrale).

Ovviamente tra la serie fuse e quella coniata non doveva essere trascorso un lungo arco di tempo (max. circa 30 anni), per cui al momento di erigere la cinta muraria, alcuni anni dopo la formale deduzione coloniale, hanno fatto il donarium utilizzando monete sia fuse che coniate.

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Non ho molto tempo per scrivere, però leggo con molta attenzione.

Sulla collocazione cronologica della serie fusa, appoggio l'opinione di Acraf, che è la medesima, per questioni ponderali, che io ho espresso nel mio volume su Luceria e Venosa.

La domanda che io vi rivolgo è questa. Al momento della deduzione della colonia di Ariminum, che piede ponderale era in vigore a Roma?
Mi sembra di aver capito che Acraf propenda per il semilibrale, io su questo punto ho dei dubbi...ma lascio a voi le deduzioni opportune.

Vincenzo.

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Come era da aspettarsi, lo studio del Gorini ha suscitato molto interesse e anche alcune polemiche, per il suo approccio molto "ribassista".

Nell'ultimo volume del RIN (del 2012), alle pagine 357-378, Cocchi Ercolani e Ortalli hanno pubblicato un fondamentale articolo, che fa il punto della situazione e che mi era sfuggito prima.

Data la sua importanza per la problematica sollevata nella presente discussione e per l'assenza di un file disponibile in rete, ho preferito riprodurre tutte le pagine e chiedo venia alla SNI se mi sono permesso di riprodurle.

Sono diverse pagine e bisogna leggerle con una certa attenzione prima di dare stura a ulteriore discussione.

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