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IGNORED

DOPO NAPOLEONE IMPERATORE E RE D'ITALIA


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Ciao a tutti,sara' lecito dirmi vai a leggere,ma vi chiedevo cosa circolava in emilia come monete?

Dopo la caduta di napoleone del 1814, in emilia precisamente nelle province di Modena eReggio.

Grazie a tutti.

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Magari avere una risposta precisa: da anni cerco documenti in materia, ma non si trova niente. Occorrerebbe una «distinta di cassa» di un bottegaio, per esempio! Si va per approssimazioni, anzitutto guardando le tariffe, poiché si tariffavano le monete circolanti, ma poiché tariffavano anche monete presenti sporadicamente, la cosa è di poco aiuto. Allora serve quel po' di «letteratura» del periodo (soprattutto cronachistica) che menziona qualche pezzo a preferenza di altri. Posso dirti che in una prima fase post Congresso di Vienna circolavano ancora vecchi pezzi di Francesco III ed Ercole III (quarantane, lire, muraiole) insieme a pezzi di Parma, soprattutto buttalà (10 soldi coniati a Piacenza) e a Mute e Mezze Mute di Savoia. Si ha notizia di piccoli quantitativi di argento derivante dalla fusione di Scudi estensi logori inviati da Francesco IV a Milano in cambio di Svanziche. Dopo il 1848 si ebbe un'invasione di monete della Repubblica Romana fuori corso, ed aumentò il quantitativo di monete milanesi (Svanziche, lire e mezze lire) causa le truppe austriache che si stanziarono nel Ducato, ed erano pagate con queste. Per quanto riguarda i pezzi più pregiati, si trovano nominati i marenghi e le sovrane milanesi in oro, e le «bavare» in argento, che credo fossero gli Scudi da 6 lire milanesi, oltre a più sporadici Scudi papali e papette (doppio giulio di Gregorio XVI e Pio IX).

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Ringrazio@@Viribus Unitis,per l'articolata risposta,butto un ipotesi letta da qualche parte :

Continuarono anche le napoleoniche,visto l'usura di certi esemplari che si trovano in giro...

Comuque capisco che era un gran misto,,,

Paolo

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Si applico' nel Ducato una curiosa variante della legge di Gresham: in linea di massima la moneta cattiva scacciò la buona, quindi scomparirono in breve le monete d'argento di Napoleone dalle 2 lire in giu' (rimasero scudi e marenghi, ma che non erano utilizzati per pagamenti minuti), ma nemmeno ebbero successo le monete di puro rame, coniate da Stati limitrofi (Milano e Bologna/Roma): ci fu un'indigestione delle monete di biglione, delle quali era assai difficile dare una valutazione precisa, specie da logore, e che si prestavano quindi ad "invasioni" ad opera di speculatori che le incettavano negli Stati di origine, dove erano ormai neglette, e le portavano nella piazza di Modena e Reggio dove c'era "fame" di circolante in quanto la zecca era ferma dai tempi di Ercole III.

Non si poteva invece speculare sul rame, in quanto la circolazione era fiduciaria, e nessuno - per tali monete - avrebbe pagato più del nominale.

Circolavano anche monete d'argento, ma non piu' spendibili negli Stati di origine perche' consunte oltre la tolleranza, forate o tosate, anche qua tendendo ad avvicinarsi ad una valore nominale che non possedevano più. Gia' a partire dal 1840 si cominciò a parlare di "lira abusiva", che valeva il 12% in meno della "Lira italiana", detta "tariffale", ed era in sostanza il disaggio di cambio per il fatto che le monete in cui si esprimeva erano monete "sottopeso". Si innescarono contenziosi a non finire perché chi si era indebitato in tariffale voleva pagare in abusivo, e questa confusione nocque soprattutto ai commercianti che ricevevano pagamenti in abusivo (con monete logore e dal titolo basso) e dovevano invece pagare i grossisti in tariffale e con monete buone. La cosa si trascino' anche dopo l'Unita' d'Italia, fino al 1862.

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Facciamo l'esempio delle Mute, monete da nominali 20 soldi (= 1 lira) emesse dal Regno di Sardegna alla fine del '700. Dopo il 1815 in Piemonte erano tariffate a 8 soldi (=40 cent.), che corrispondeva al valore di fino contenuto, ma intorno al 1840 i pezzi che circolavano (dopo 45 anni) erano talmente consunti che vennero quasi per intero ritirati, anche perché ormai la gente li rifiutava. Ci furono quindi incettatori che li pagavano, a peso, sui 35-36 cent.: portarono le Mute a Reggio e Modena e furono tariffate agli originari 40 centesimi, con guadagni milionari. E qua circolarono ancora una ventina d'anni, in che condizioni è facile immaginare. Altra «invasione» nel 1858: lo Stato Pontificio ridusse il titolo dei 5-10-20 baiocchi da 900 a 800, aumentandone però il peso, ma non in misura proporzionale, bensì riducendo il fino di circa il 7%. Per alcuni mesi venne invece fatto credere (al popolo minuto) che i nuovi baiocchi valevano come i vecchi, e la tariffa ufficiale si adeguò dopo un certo lasso di tempo. Anche in questo periodo alcuni speculatori guadagnarono milioni.

Inspiegabilmente Francesco IV (†1846) non ebbe nemmeno in progetto di coniare moneta. Suo figlio Francesco V invece si rese conto di questa necessità sempre più impellente di coniare moneta buona che, come scopa salutare, spazzasse via la pietosa circolazione monetaria del periodo. Un primo progetto risale al 1848, ma i noti avvenimenti lo fecero scendere dalla scala delle priorità. Verso il 1855 si decise di fare seriamente, ma ci si rese conto che i macchinari della zecca di Modena avevano - i più recenti - oltre 70 anni e andavano interamente sostituiti con spesa non indifferente, oltre all'assunzione del personale di Zecca. Si prese contatto allora con la zecca di Milano, ma questa era impegnata a preparare coni e macchinari per la nuova riforma monetaria decisa dall'Austria; ci si rivolse allora a Bologna, allo Stato Pontificio, e il Voigt (incisore per Pio IX) preparò i coni. Si scelse un sistema analogo all'austriaco, sia per affinità politica che per motivi economici, essendo il Lombardo-Veneto la piazza con la quale gli scambi erano maggiori. Quindi monometallismo argenteo, monete da 5, 2, 1 lira da 25, 10 e 5 grammi di argento 900, monete da 50, 20, 10 cent. in mistura e monete da 5, 2, 1 cent. in rame. Era prevista la coniazione di due monete d'oro da 8 e 4 grammi (Ducato e Doppio Ducato), ma senza indicazione di valore e che avrebbero corso al prezzo corrente dell'oro. Finalmente tutto era pronto e il 19 febbraio 1859 il Duca firmò il decreto che autorizzava la coniazione e stabiliva le caratteristiche. Un mese dopo cominciavano però i preparativi per quella che sarebbe stata la II Guerra d'Indipendenza, e ancora una volta le priorità furono altre. L'11 giugno il Duca abbandonava il Ducato.

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Facciamo l'esempio delle Mute, monete da nominali 20 soldi (= 1 lira) emesse dal Regno di Sardegna alla fine del '700. Dopo il 1815 in Piemonte erano tariffate a 8 soldi (=40 cent.), che corrispondeva al valore di fino contenuto, ma intorno al 1840 i pezzi che circolavano (dopo 45 anni) erano talmente consunti che vennero quasi per intero ritirati, anche perché ormai la gente li rifiutava. Ci furono quindi incettatori che li pagavano, a peso, sui 35-36 cent.: portarono le Mute a Reggio e Modena e furono tariffate agli originari 40 centesimi, con guadagni milionari. E qua circolarono ancora una ventina d'anni, in che condizioni è facile immaginare. Altra «invasione» nel 1858: lo Stato Pontificio ridusse il titolo dei 5-10-20 baiocchi da 900 a 800, aumentandone però il peso, ma non in misura proporzionale, bensì riducendo il fino di circa il 7%. Per alcuni mesi venne invece fatto credere (al popolo minuto) che i nuovi baiocchi valevano come i vecchi, e la tariffa ufficiale si adeguò dopo un certo lasso di tempo. Anche in questo periodo alcuni speculatori guadagnarono milioni.

Inspiegabilmente Francesco IV (†1846) non ebbe nemmeno in progetto di coniare moneta. Suo figlio Francesco V invece si rese conto di questa necessità sempre più impellente di coniare moneta buona che, come scopa salutare, spazzasse via la pietosa circolazione monetaria del periodo. Un primo progetto risale al 1848, ma i noti avvenimenti lo fecero scendere dalla scala delle priorità. Verso il 1855 si decise di fare seriamente, ma ci si rese conto che i macchinari della zecca di Modena avevano - i più recenti - oltre 70 anni e andavano interamente sostituiti con spesa non indifferente, oltre all'assunzione del personale di Zecca. Si prese contatto allora con la zecca di Milano, ma questa era impegnata a preparare coni e macchinari per la nuova riforma monetaria decisa dall'Austria; ci si rivolse allora a Bologna, allo Stato Pontificio, e il Voigt (incisore per Pio IX) preparò i coni. Si scelse un sistema analogo all'austriaco, sia per affinità politica che per motivi economici, essendo il Lombardo-Veneto la piazza con la quale gli scambi erano maggiori. Quindi monometallismo argenteo, monete da 5, 2, 1 lira da 25, 10 e 5 grammi di argento 900, monete da 50, 20, 10 cent. in mistura e monete da 5, 2, 1 cent. in rame. Era prevista la coniazione di due monete d'oro da 8 e 4 grammi (Ducato e Doppio Ducato), ma senza indicazione di valore e che avrebbero corso al prezzo corrente dell'oro. Finalmente tutto era pronto e il 19 febbraio 1859 il Duca firmò il decreto che autorizzava la coniazione e stabiliva le caratteristiche. Un mese dopo cominciavano però i preparativi per quella che sarebbe stata la II Guerra d'Indipendenza, e ancora una volta le priorità furono altre. L'11 giugno il Duca abbandonava il Ducato.

Considerazioni interessantissime e lucidissime.

Da collezionista e studioso di Modena, ti chiederei quali sono le fonti delle tue informazioni (oltre ai soliti Crespellani, Bollettino numismatico IPZS n. 30-31, Catalogo Nobilitas Estensis), in particolare se ti risultano opere con trattazioni organiche o piuttosto la tua è una sintesi di fonti sparse da articoli di rivista e simili.

Ciao

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Considerazioni interessantissime e lucidissime.

Da collezionista e studioso di Modena, ti chiederei quali sono le fonti delle tue informazioni (oltre ai soliti Crespellani, Bollettino numismatico IPZS n. 30-31, Catalogo Nobilitas Estensis), in particolare se ti risultano opere con trattazioni organiche o piuttosto la tua è una sintesi di fonti sparse da articoli di rivista e simili.

Ciao

Ti ringrazio anzitutto per gli apprezzamenti. Purtroppo opere organiche non ne esistono, ed io da anni raccolgo materiale per tentare un approccio su questa anomalia del Ducato di Modena (mi riferisco alla mancata coniazione post Congresso di Vienna) e sull'insorgere della Lira abusiva. Mi sono principalmente concentrato su Reggio dove sicuramente il circolante «parmense» era maggiore di quello pontificio rispetto a Modena. Oltre alle fonti da te citate, il Boccolari ha scritto qualcosa, e specialmente «La circolazione monetaria nel Ducato di Modena durante la prima metà dell'Ottocento», articolo comparso nel n. 8 del 1958 del Bollettino della CCIAA di Modena, poi con certosina pazienza nella biblioteca della mia città ho trovato «Comizio Agrario di Reggio Emilia: Brevi cenni sul corso abusivo delle monete e della necessità di sopprimerlo nelle Provincie dell'Emilia in cui è tuttora vigente - Tip. Calderini, Reggio Emilia 1862»; G. Passerini, Sul corso abusivo delle monete nella provincia reggiana, su «La Gazzetta di Reggio nell'Emilia» 17 aprile 1863; Aronne Rabbeno, Questioni sulla cessazione del corso abusivo delle monete, Tip. Calderini, Reggio Emilia, 1864; Gerolamo Boccardo, Memoria sul corso abusivo delle monete, Tip. Calderini, Reggio Emilia, 1864; Camera di Commercio ed Arti di Reggio nell'Emilia, Raccolta degli atti relativi alla riduzione del corso abusivo delle monete al tariffale, Tip. Calderini, Reggio Emilia 1864.

Ho contattato Unicredit a Reggio, che ha ereditato gli archivi della Cassa di Risparmio, unica banca esistente a Reggio in epoca ducale, ma mi hanno detto di non possedere distinte di versamenti di allora.

Siccome poi avrei voluto anche cercare materiale sul passaggio tra le unità di misura antiche ed il sistema metrico decimale ho cercato - senza successo - eventuali cronache sulle difficoltà o meno del passaggio, ma su questo argomento il buio è ancora più pesto che sulla circolazione monetaria; vaghissimi accenni sul Balletti (Storia della città di Reggio Emilia) e sul Camurani (Cronichetta giornaliera 1859-1870). Aspetto la pensione (grazie alla Fornero allontanata di altri tre anni) per ricerche all'Archivio di Stato.

Modificato da Viribus Unitis
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Manca da tempo un'opera aggiornata sull'intrigante Mutina, "qualcuno" pare sia impegnato già da parecchio, ma purtroppo sono solo voci per il momento, e i di tondelli che attendono nuove e credibili classificazioni sono oramai impazienti, costringendoci a leggere e rileggere le solite e vetuste fonti...

Eros

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Ti ringrazio anzitutto per gli apprezzamenti. Purtroppo opere organiche non ne esistono, ed io da anni raccolgo materiale per tentare un approccio su questa anomalia del Ducato di Modena (mi riferisco alla mancata coniazione post Congresso di Vienna) e sull'insorgere della Lira abusiva. Mi sono principalmente concentrato su Reggio dove sicuramente il circolante «parmense» era maggiore di quello pontificio rispetto a Modena. Oltre alle fonti da te citate, il Boccolari ha scritto qualcosa, e specialmente «La circolazione monetaria nel Ducato di Modena durante la prima metà dell'Ottocento», articolo comparso nel n. 8 del 1958 del Bollettino della CCIAA di Modena, poi con certosina pazienza nella biblioteca della mia città ho trovato «Comizio Agrario di Reggio Emilia: Brevi cenni sul corso abusivo delle monete e della necessità di sopprimerlo nelle Provincie dell'Emilia in cui è tuttora vigente - Tip. Calderini, Reggio Emilia 1862»; G. Passerini, Sul corso abusivo delle monete nella provincia reggiana, su «La Gazzetta di Reggio nell'Emilia» 17 aprile 1863; Aronne Rabbeno, Questioni sulla cessazione del corso abusivo delle monete, Tip. Calderini, Reggio Emilia, 1864; Gerolamo Boccardo, Memoria sul corso abusivo delle monete, Tip. Calderini, Reggio Emilia, 1864; Camera di Commercio ed Arti di Reggio nell'Emilia, Raccolta degli atti relativi alla riduzione del corso abusivo delle monete al tariffale, Tip. Calderini, Reggio Emilia 1864.

Ho contattato Unicredit a Reggio, che ha ereditato gli archivi della Cassa di Risparmio, unica banca esistente a Reggio in epoca ducale, ma mi hanno detto di non possedere distinte di versamenti di allora.

Siccome poi avrei voluto anche cercare materiale sul passaggio tra le unità di misura antiche ed il sistema metrico decimale ho cercato - senza successo - eventuali cronache sulle difficoltà o meno del passaggio, ma su questo argomento il buio è ancora più pesto che sulla circolazione monetaria; vaghissimi accenni sul Balletti (Storia della città di Reggio Emilia) e sul Camurani (Cronichetta giornaliera 1859-1870). Aspetto la pensione (grazie alla Fornero allontanata di altri tre anni) per ricerche all'Archivio di Stato.

Informazioni preziosissime. Perché non ne fai una sintesi e non la proponi per un articolo su qualche rivista, ad es. Panorama Numismatico? Lorenzo Bellesia, nativo di quel degli Este, potrebbe accoglierlo a braccia aperte.

Per i tondelli modenesi, vi segnalo che sto cercando di mettere qualcosa insieme io, ambiziosamente una sorta di riedizione aggiornata delle pagine del CNI con fotografie di tutte le varianti censite e non censite (non poche). Purtroppo lavoro e famiglia mi lasciano veramente minuzzoli di tempo, ma negli anni ho pressoché completato Ercole III (mi rimangono solo pochi buchi, ed è sorprendente quante siano le varianti e sottovarianti non censite in cui mi sono imbattuto) e sono a buon punto anche su altri sovrani. Sto anche cercando di preparare un estratto (più agile) per Numismatica Italiana su questo sito, ma non mi azzardo a fare promesse perché di fatto non controllo il mio tempo.

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Lorenzo Bellesia ha da tempo l'operetta che ho scritto, ma ha un taglio più «economico» che numismatico, poi ha una parte sulle antiche unità di misura che poco ha a che fare con la numismatica, quindi bisognerebbe risistemarla per pubblicarla su una rivista di numismatica, dove i lettori, della misurazione a raso o a colmo delle mine penso non siano molto interessati. Sulla Lira abusiva poi ho trovato solo argomenti dei detrattori, ma pare che al popolo minuto (e al governo ducale) non sembrasse un fenomeno così negativo, ma non sono riuscito a reperire documenti che facciano sentire anche questa campana. Si deve poi sempre tenere presente l'arretratezza economica del Ducato a metà dell'Ottocento: i salariati in agricoltura erano la stragrande maggioranza della (povera) popolazione, ed i contratti di allora prevedevano pagamenti in natura che rendevano marginale l'utilizzo del denaro sonante.

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Quindi per fare una collezione ponte tra napoleone a vittorio emanuele secondo re d'italia

Dovrei fare stato pontificio,maria luigia,regno lomdardo veneto...

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Quindi per fare una collezione ponte tra napoleone a vittorio emanuele secondo re d'italia Dovrei fare stato pontificio,maria luigia,regno lomdardo veneto...

Ci sono delle belle medaglie con i ritratti di Francesco IV e Francesco V. Fai i conti che siano monete commemorative. Non sono regalate, ma tranne pezzi particolarissimi, nemmeno inavvicinabili.

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