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A proposito di Godas, re di Sardegna


antvwaIa

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L'amico Maurizio mi invió un curioso libricino (neanche tanto "-ino" poiché ha quasi 400 pagine) dicendomi che a pagina 36 e seguenti avrei trovato qualche notizia di mio interesse.

Il libro in questione è di Onofrio Zarrabbini, barone di Cotignola, e reca per titolo "Della Nobiltà Civile Et Christiana Libri quattro. Et De Gli Stati Verginale, Maritale, Et Vedovile". Non è recentissimo, in quanto pubblicato a Venezia nel 1586, tuttavia alla contropagina 36 (usa ancora il sistema tipicamente cinquecentesco delle pagine e contropagine) ci trovai una nota interessante.

Mi sono più volte domandato perché Gelamir, che cretino non era, sguarnì il Regno vandalo per porre fine alla ribellione di Godas e riportare la Sardegna sotto il dominio di Cartagine, inviando un esercito importante al comando di suo fratello Zanone, forse il suo miglior generale, proprio quando Belisario e l'esercito bizantino marciavano verso la Tripolitania, ormai in possesso dei berberi.

Zarrabbini dà una risposta che, una volta letta, pare addirittura banale per la sua ovvietà, ma che prima non mi era venuta in mente. Lo storico cotignolese pensa che Gelamir fosse stato vittima di disinformazione proprio da parte bizantina e che gli fosse stato fatto credere che l'esercito al comando di Belisario movesse verso la Tripolitania, per poi imbarcarsi e fare vela verso l'Italia e strapparla al dominio ostrogoto. Dunque, tranquillizzato sulle intenzioni di Belisario, inviò in Sardegna la miglior parte del suo esercito e, quando Belisario mosse verso Cartagine, al generale bizantino fu facile sconfiggerlo.

2nlvgud.jpg

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Anche se il testo fa riferimento alla "situazione verginale", purtroppo non è arricchito da immagini esplicative. Forse l'amico Chievolan vorrà provvedere a rimediare a quasta mancanza storica....

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  • 2 settimane dopo...
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Per inquadrare meglio le scarse nitizie che abbiamo sull'effimera del regno di Godas, ma non banale né priva di significato. bisognerebbe prima di tutto inquadrare il modo in cui la Sardegna venne conquistata e poi trasformata in una Provincia vandala.

Nella progressiva incorporazione della Sardegna (e così pure della Corsica e delle Baleari) nell’ambito del Regno vandalo, è necessario distinguere due fasi molto diverse che corrispondono almeno in parte alle tre fasi che caratterizzano la storia vandala successiva alla conquista di Cartagine:

1) La fase delle incursioni piratesche (ca 438-455) finalizzate alla razzia e limitate ai centri costieri più ricchi, spesso realizzate da piccoli gruppi di vandali e mauri ma a volte anche dal grosso dell’armata vandala, senza che ad essa facesse seguito alcuna occupazione permanente territoriale.

2) La fase della creazione delle “teste di ponte” (ca. 455-474) nella quale l’occupazione di alcuni punti costieri rispondeva a ragioni strategiche e non alla volontà d’incorporare la relativa area geografica nella Nazione vandala.

3) La fase dell’incorporazione nel Regno vandalo (474-533) realizzata con un criterio coloniale, senza volontà di “vandalizzare” le popolazioni locali sotto il profilo culturale e religioso bensí semplicemente sfruttare quanto meglio possibile le risorse dell’isola e usarla come “terra di confino” per i vescovi cattolici o per gruppi riottosi (per esempio, tribù maure).

Il riconoscimento de jure del possesso delle isole impose al Regno vandalo di estendere alle stesse la struttura amministrativa che negli ultimi 15-20 anni si era andata delineando nei domini nordafricani. Così avvenne, con ogni probabilità, anche per la Sardegna.

Al momento della conquista, la Sardegna era governata da un praeses, che rappresentava il potere di Roma; la sua residenza [...] era stabilita a Carales, e da esso dipendevano l’amministrazione civile e militare, nonché quella della giustizia" (Pier Giorgio Spanu, La Sardegna vandalica e bizantina, in Storia della Sardegna, a cura di M. Brigaglia, A. Mastino e G. Ortu, Ed. Laterza, Bari 2006). Le importanti miniere di piombo argentifero dei bacini minerari dell’Iglesiente e del Sarrabus, dalle quali in età romana furono estratti circa seicentomila tonnellate di piombo e mille tonnellate d’argento, erano proprietà personale dell’imperatore e la loro amministrazione affidata a un procurator metallorum che rispondeva del suo operato direttamente all’imperatore.

Probabilmente nella decade del 470 venne riorganizzata l’amministrazione civile della Sardegna. Per quanto concerne l’esazione fiscale, l’amministrazione della giustizia e delle infrastrutture pubbliche, è probabile che si siano ripristinate le vecchie strutture romane, affidandole a notabili locali che diedero prova di collaborare con gli occupanti vandali. A capo del piccolo contingente militare a difesa dell’isola costituito da soldati-coloni fu certamente messo un comandante appartenente alla nobiltà vandala. Mentre per quanto concerne lo sfruttamento delle miniere di piombo e argento, esso fu presumibilmente affidato a un procurator domini ( o anche procurator domus) proveniente dalla Corte cartaginese e quindi di stretta fiducia del monarca, ma che non necessariamente doveva essere un vandalo in quanto gli si chiedeva fedeltà al monarca e competenza specifica nella gestione dei beni reali.

E’ importante tenere in conto il fatto che all’accordo di pace del 474 fece seguito una reale situazione di pace di tutta l’area che gravitava intorno al Regno vandalo che perdurò per oltre mezzo secolo: ciò si convertì in una ripresa del benessere generale, in un incremento delle attività produttive e del commercio, ciò che favoriva un generico consenso nei confronti dei dominatori vandali.

A questo punto entra in gioco il racconto di Procopio di Cesarea.

Con riferimento a Godas, non vi sono ragioni affinché Procopio non dica il vero e si debba dubitare delle sue parole: in qualità di segretario personale di Belisario, fu testimone diretto di molti eventi inerenti la guerra vandalica. Tuttavia nello svolgimento delle vicende, così come viene narrato dalla storico palestinese, sorgono alcuni dubbi: marginali nell’aspetto globale dei fatti, ma rilevanti nello specifico della storia della Sardegna.

Mentre il testo latino usa il verbo “mittit”, e quindi presuppone che Godas si trovasse a Cartagine, quello originale greco parla di “affidamento dell’incarico”, ciò che prescindeva da dove si trovasse Godas, il quale dunque poteva anche già essere in Sardegna.

Una ribellione di tale dimensione, che poté contare sull'appoggio dei notabili locali, ma anche della guarnizione mauro-vandala, non s'improvvisa in pochi mesi, e neppure in un anno. E' da questo punto di vista che il racconto di Procopio, nella versione latina, mostra dei punti deboli.

Il racconto diventa pienamente credibile, invece, se Godas al momento di ricevere l’incarico da Gelamir avesse già intrecciato solidi rapporti con il patriziato sardo, essendo credibile ai suoi occhi, e godesse anche della simpatia dell’elemento mauro locale, quello che avrebbe dovuto essere il più fedele a Cartagine e che presidiava militarmente la Provincia. Provincia importante per l’economia vandala, in quanto da lì giungeva l’argento (il sistema monetario vandalo era basato sull’argento più ancora che sul bronzo) ma anche una rilevante produzione di cereali.

Lo sforzo notevole dei vandali per recuperarla dopo la ribellione di Godas, a costo di sguarnire Cartagine nel momento in cui si avvicinava Belisario, dimostra quanto fosse strategicamente importante la Sardegna. Dunque la sua economia non era marginale, né lo era il suo sistema monetario: ciò spiega perché Godas adottasse un numerario adatto a circolare in tutto il Mediterraneo.

Godas, dal canto suo, aveva dato prova di possedere “un’innata predisposizione al potere” e, soprattutto di “prendersi a cuore gli affari del suo signore”, come racconta lo stesso Procopio che su tutta la vicenda non ha motivi per non essere sincero. Dunque era un uomo che aveva dato prova della sua capacità di gestire il potere e, allo stesso tempo, aveva già solidi legami con gli attori fondamentali della società sarda. Questo può trovare un’unica spiegazione: quando Gelamir detronizzò Ilderico e assunse la corona vandala, Godas si trovava già da tempo in Sardegna con l’incarico di procurator domus, dunque gestendo in modo del tutto soddisfacente le proprietà della corona, costituite soprattutto dalle miniere d’argento. Forse Gelamir rimosse dal comando militare dell’isola colui che era stato a suo tempo nominato da Ilderico e aggiunse al ruolo di Godas anche quello di conte del presidio, ma qualunqnue sia stato il ruolo specifico di Godas, egli fu riconfermato, non nominato.

Anche Antonio Ibba, tra i più importanti storici della Sardegna, avanza qualche perplessità sul fatto che Gelamir avesse nominato Godas quale governatore (praeses) della Sardegna nel 530. Ritiene possibile che Godas fosse già da prima procurator domus, incarico che potrebbe aver svolto in luoghi anche diversi dalla Sardegna. Quindi, ipotizza Ibba, Gelamir non volendo allontanare dall’Africa le persone a lui più fedeli, diede a Godas anche l’incarico di praeses, e di fatto concentrò in lui ogni potere nell’isola.

Tuttavia non escluderei che sia avvenuto anche qualcosa di più: l'accorpamento in Godas, per decisione di Gelamir, del doppio ruolo di procurator domini e di conte della guarnizione militare.

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Procopio di Cesarea è uno storico piacevole a leggersi ma che spesso è molto fantasioso. Sono numerosi gli episodi che racconta con abbondanza di particolari ma che poi sono risultati privi di fondamento.

Di Godas e del suo effimero regno, durato forse un paio d'anni, non ne parla nessun altro Autore. Questo monarca non appare in nessun chronicon, né di lui ci resta alcun monumemto a mostraci le sue sembianze, ammesso che sia mai stato scolpito. Tuttavia esiste un documento storico inconfutabile che dimostra la veridicità del racconto di Procopio: la monetazione in suo nome.

La pima moneta che si conobbe di Godas è un nummo che presentò Clorinda Amante Simoni nel convegno che si tenne nel 1984 a Cuglieri, il cui tema era la necropoli di Cormus. Ne parlo in altra discussione e quindi non mi dilungherò oltre. L'immagine di questo nummo fu pubblicata nel 1986 negli atti del Convegno.

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Il nummo studiato da Amante Simoni era decentrato al dritto, sicché della legenda era visibile solamente la parte sinistra, che l'archeologa interpretò come PER: e quindi, sia pure dubitativamente, lo attribuì a Pertarito.

La sua intepretazione fu errata. Solo dieci anni dopo la pubblicazione degli atti del Convegno, un'archeologa medievalista sarda, Maria Bonaria Urban, avendo avuto conoscenza o visione di altri nummi simili nei quali era visibile anche la restante parte della legenda, diede la corretta attribuzione dello stesso a Godas: alcune monete che presentano nella legenda la formula VBER CVDA, in cui può riconoscersi il nome di Goda col titolo di gubernator; questi eccezionali pezzi monetali, riferentesi chiaramente al generale goto prima citato, ci offrono una testimonianza precisa della situazione politica dell’isola (Maria Bonaria Urban, LA STORIA, in Lulliri-Urban 1996, pag. 24).

Questa moneta fu poi ben catalogata e illustrata dal collezionista Giuseppe Lulliri, nella cui collezione ne erano presenti un certo numero, il quale scrisse che l'attribuzione di Clorinda Amante Simoni “seppur in forma dubitativa, al re longobardo Pertarito [è] un’ipotesi affascinante, ma [... che] non puo più essere sostenuta dopo la catalogazione di altri 16 esemplari di questo tipo che presentano una legenda visibile e completa” (Giuseppe Lulliri, LA MONETAZIONE, in Lulliri-Urban 1996, pag. 79).

Lulliri-Urban, LE MONETE DELLA SARDEGNA VANDALICA, Carlo Delfino Editore,1996, è un testo fondamentale per lo studio della monetazione vandala di zecca sarda, così come per quella in nome di Godas.

Non solo in questo libro per la prima volta si attribuisce correttamente questa monetazione a Godas, sia pure fraintendendone la lettura, ma in esso per la prima volta si identificano diverse tipologie di nummi vandali quali frutto di una zecca sarda della quale, prima di allora, nessuno mai ne postulò neppure l'esistenza. A questi due pregi fondamentali di qusto libro, si aggiunge il fatto che con esso la monetazione sarda del V-VI secolo trova finalmente la valorizzazione che merita. Il volumetto, infine, è corredato da 399 monete ottimamente fotografate.

Il libro porta in copertina i nomi di Giuseppe Lulliri e di Maria Bonaria Urban: tuttavia non è un'opera scritta a quattro mani.

Essa, infatti, riunisce in un unico testo un lavoro di Maria Bonaria Urban, il cui titolo è La Storia, e uno di Giuseppe Lulliri, il cui titolo è La monetazione. Ciascheduno dei due firma in modo unico la propria parte, presentandosi pertanto come autore unico della stessa. Da qui che è corretto riferirsi, a seconda di quale parte viene citata, con il nome dell'una oppure dell'altro, e relativo titolo, seguito dall'indicazione generica "in Lulliri-Urban 1996".

E' qualcosa di ovvio, ma lo preciso a scanso di equivoci.

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Che tanto Maria Bonaria Urban quanto Giuseppe Lulliri abbiano come punto di partenza il lavoro di Clorinda Amante Simoni, è reso evidente dalla citazione bibliografica riportata da Urban, e dal fatto che Lulliri, opportunamente, ricorre a una citazione estratta dal lavoro di Amante Simoni quale l'incipit per avviare la trattazione delle montete battute in nome di Godas.

I nummi di Godas sono di almeno tre tipologie, come dimostrerà molti anni più tardi lo stesso Lulliri, e tute con il medesimo rovescio: una croce potenziata in ghirlanda. Delle tre tipologie, una è anepigrafe (a), una ha per legenda CVDA REX (b) e una, infine, ha per legenda CVD AREX ©. Fu impiegata sempre la lettera A tracciata al modo bizantino anziché al modo vandalo, particolare molto importante e che si presta ad alcune ipotesi. Non è improbabile che in un prossimo futuro possano apparire anche altre tipologie.

Nel disegno che segue, ricavato da fotografie, si illustrano le tre tipologie.

2rx9z5h.jpg

Ma nel 1996 ne era stata identificata solamente una: la tipologia c.

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Tanto Maria Bonaria Urban quanto Giuseppe Lulliri, pur attribuendo questo nummo (il tipo c) a Godas, diedero una lettura errata della legenda: Infatti ci videro UBER CVDA che interpretarono come "governatore Godas".

Se si osserva il nummo c, la lettura che diedero appare più o meno quella che davvero si legge. In effetti, era molto difficile leggere nel modo corretto la legenda, in quanto è incisa in una forma molto strana. Intanto la lettura inizia alle ore 12, anziché alle ore 7 come avveniva normalmente nella moentazione sino ad allora. Ma soprattutto a rendere difficile la lettura è il fatto che la legenda dal lato destro è orientata avendo la parte bassa verso il centro della momneta, mentre che dal latosinistro è invertita e la base della legenda è orientata verso il bordo.

La legenda, dunque, è scritta

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Rimproverare ai due Autori l'errata lettura della legenda sarebbe davvero assai ingiusto!

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La conquista della conoscenza numismatica può essere paragonata a quella di una vetta himalayana. Oppure andina (40 anni fa e 40 kg fa ero un discreto alpinista).

C'è il campo base sul ghiacciaio del Baltoro: non è solo un punto di partenza, ma è una base logistica che sarà un riferimento sicura per l'intera ascensione. Ci sono poi i campi avanzati, via via più prossimi alla vetta: drammatico quello subito prima dell'attacco finale, quando per assicurare l'ossigeno alla cordata di vetta, Walter Bonatti e il pakistan Mahdi bivaccarono senza tenda, facendo un buco nella neve, ben oltre gli ottomila metri! E infine ci fu la cordata finale, quella che raggiunse la vetta, costituita da Compagnoni e Lacedelli, nella cui sommità piantò la bandiera.

Nella conquista della conoscenza della monetazione di Godas, ci fu un campo base: il lavoro propedeutico del 1984 di Clorinda Amante Simoni. Poi vi fu un campo avanzato, già prossimo alla vetta: gli scritti del 1996 di Maria Bonarda Urban e Giuseppe Lulliri. Ma l'attacco finale, quello che davvero permise di conquistare la cima, lo sferrò Giuseppe Lulliri nel 2008: questa volta tutto da solo.

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Cappero Ant che ricostruzione e che parallelo con la storia di Bonatti che hai tirato fuori

Ho seguito molto attentamente le vicende di Bonatti e il suo silenzio durato 40 anni fu impressionante. Andai anche diverse volte a sentire sue conferenze dove raccontava cone erano andate le cose

Fa impressione usare qui lo stesso paragone. Sarebbe interessante anche sapere cosa ne pensano le due protagoniste citate..

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Walter non fu solamente uno dei più grandi alpinisti della storia: fu un gran signore e un vero poeta della montagna. Sono orgoglioso di averlo conosciuto. Ardito Desio era un farabutto. In quanto a Lacedelli e Compagnoni, udirono le grida di Walter nella notte che chiamava, ma se ne stettero in silenzio, perché non volevano condividere con lui l'attacco finale alla vetta. Bonatti e Mahdi passarono una notte all'adiaccio ad oltre 8000 metri, ma sopravvissero, anche se Mahdi ci rimise i piedi con dovettero poi amputargli. Era stato Desio a voler escludere Walter dalla cordata finale, per ragioni politiche: Desio era un ex repubblichino e voleva che in vetta ci arrivassero du esponenti della neonata destra italiana. Compagnoni e Lacedelli pensavano che Walter sarebbe morto quella notte, ma così non fu: ciò non toglie ch il loro fu un deliberato tentativo di omicidio.

Cosa c'entra la politica con l'alpinismo? Nulla! O meglio, non dovrebbe entrarci per niente. Ma l'arroganza politica s'infila ovunque. Ricordo anni fa le critiche feroci che dai rispettivi schieramenti ci furono verso Veltroni e Albertini per il fatto che i due sindaci si sentissero molto spesso prima di prendere delle decisioni e collaborassero l'un l'altro. Un giorno Veltroni disse stizzito a quelli del suo partito: ma secondo voi definire se è meglio fare un senso unico oppure se dà più sicurezza un semaforo piuttosto che una rotonda, centra qualcosa l'essere di destra o di sinistra?

Non c'entra nulla, naturalmente, come non doveva entrarci nella vicenda del K2. E invece l'arroganza politica svilì un'impresa che avrebbe dovuto essere solo nobile.

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Beh. Sono contento che a differenza di un tentativo precedente, questa volta si parla di Godas senza che sorgano attriti. Mi spiace, tuttavia, e molto che in questa discussione non intervenga Giuseppe Lulliri che avrebbe moltissimo da dirci.

In fin dei conti, abbiamo divergenze su due punti che mi sembrano non centrali:

1) Il modo che io ho di citare il suo libro, ma se scrivo un post (o un articolo) di carattere marcatamente storico, è logico che io citi Maria Bonarda Urban piuttosto che lui, ma ciò non vuol dire che io neghi i meriti che lui ha; quando scriverò cose più attinenti alla monetazione, citerò lui e non Urban. Poi discutere chi dei due fosse il "primo" ad affermare che "quel" nummo descritto da Clorinda Amante Simoni, è come discutere se venne prima l'uovo o la gallina, visto che entrambi gli Autori ne parlano ed entrambi pubblicano nello stesso libro i loro lavori.

2) Poi divergiamo nell'interpretazione di un nummo di Godas con dei segni strani nel campo, e tra un po' ne parlerò presentando la sua e la mia interpretazione ma mi piacerebbe che fosse lui a discutere della sua interpretazione.

Mi semrano divergenze piuttosto marginali visto che, invece, in tutto il resto concidiamo in modo totale!

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Facendo un paragone alpinistico, dicevo che l'assalto finale alla vetta lo diede Giuseppe Lulliri, questa volta da solo, nel 2008, quindi 12 anni dopo il riconoscimento dell'esistenza delle monete di Godas. Si tratta dell'articolo "Il Regno e le monete di Goda", pubblicato su Cronaca Numismatica (gennaio 2008). Sono solo 3 pagine, ma che valgono davvero!

Nel suo articolo, Lulliri identifica le tre diverse tipologie di nummi sopra indicata, e traccia una prima ipotesi di una loro successione temporale:

a) nummi anepigrafi

b) nummi con legenda CVD AREX oppure CVDA REX (non vi sono ragioni per non ritenerli contemporanei).

In effetti si potrebbe accennare, e anche Lulliri lo fa, a un'ulteriore tipologia: i nummi con una pseudo-legenda. Tuttavia è discutibile se veramente si tratti di una pseudo-legenda, oppure di nummi anepigrafi con una corona costituita da crocette piuttosto vistose, ovvero tratti |-|-|- in sequenza.

Un caso a se stante è costituito da un nummo anepigrafe con dei segni nel campo la cui lettura è controversa.

Ecco i nummi di Godas pubblicati da Lulliri in momenti diversi (1996, 2008 e 2013), così come li ho riclassificati io in base alla loro legenda. Se ve ne sono alcuni la cui classificazione non trova Lulliri d'accordo, è invitato a correggerla :) .

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Poiché sto postando, per così dire, una rassegna storica di come si è arrivati prima al riconoscimento dell'esistenza dei nummi di Godas e quindi alla loro classificazione, ho usato solamente le fotografie dei testi originali pubblicati da Amante Simoni e Lulliri e non ho inserito nei quadri di sintesi le immagini dei nummi di altre provenienze, ma non escludo di farlo nel proseguo della discussione.... se vi sarà una qualche discussione.

Infatti, più che la qualità modesta delle immagini, quello che mi spiace è l'assenza di un contraddittorio, anche se comprendo che si tratta di un tema molto specialistico e di nicchia.

Comunque porterò a termine la discussione, se non altro per non lasciarla incompleta.

Modificato da antvwaIa
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Il nummo di Godas mediamente pesa 0,75 g (ricavato da 35 esemplari).

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E' un peso un po' strano: non è assolutamente in linea con quello delle vittorie sarde del periodo di Trasamundo-Ilderico (0,33 g ricavato da 107 esemplari) rispetto alle quali pesano un po' più del doppio. Rispetto a quello dei nummi coevi di Gelamir (0,70 g ricavato da 80 esemplari) appare leggermente superiore, ma 35 esemplari è una campionatura insufficiente per dare per assodato il peso medio del nummo di Godas. E' comunque evidente che esso tende ad allinearsi con lo standard del nummo vandalo, che a sua volta sembrerebbe coincidere con quello bizantino: il nummo di Anastasio con il monogramma mediamente pesa 0,71 g, ricavato da 86 esemplari) e quello con la A in ghirlanda 0,68 g (ricavato da 116 esemplari).

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Il ritratto di Godas apposto sulle monete ha relazione con il reale aspetto del monarca?

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Prevale nettamente un ritratto dal viso molto allungato (ricorda quello delle monete di Onorio), con il naso molto preminente e dall'aspetto giovanile. A volte, ma più di rado, il volto è tondeggiante.

Non sappiamo nulla dell'aspetto di Godas: possiamo ragionevolmente pensare che si trattasse di una persona che aveva già una notevole esperienza probabilmente ricoprendo il ruolo di procurator domini e comunque come amministratore capace ce lo descrive anche Procopio. E' molto probabile che i ritratti delle monete enee del tardo V secolo e della prima metà del VI non avessero nessuna verosimiglianza con il personaggio riprodotto, ma fossero semplicemente prova di quale fosse la capacità incisoria dell'addetto. Non dimentichiamo che si tratta di conii dal diametro di appena 10 mm!

Concluderei, dunque, per una ritrattistica manierista.

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Mentre nell'alpinismo quando si raggiunge la vetta, più in su non si può salire, si potranno fare altre vie, ma la vetta resta quella, nella numismatica, invece, la vetta è sempre un po' una chimera: ci si arriva, certamente, ma poi si scorge che resta ancora del cammino da fare, c'è ancora da salire.

E' così anche per i nummi di Godas.

Sono ben definite le tre tipologie, ma resta ancora da capire se una tipologia corrisponda al nummo con pseudo-legenda, oppure si tratti del nummo già rilevato, anepigrafe, ma con la ghirlanda eseguita in modo piuttosto grossolano e diverso dal solito. Nel primo caso, si pone un problema di dove inserirlo nella successione cronologica delle emisisoni: tra gli anepigrafi e quelli con legenda Cuda Rex? pare la risposta più ovvia: ma va comunque provata. Nel secondo caso viene da chiedersi perché due stili di ghirlanda così diversi.

Ma il nummo che suscita maggiori domande, è quello anepigrafe ma con simboli (?) nel campo:

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Cosa rappresentano quei segni? Sono dei simboli? Perché ci sono?

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Che si tratti di simboli, mi pare che non possa essere messo in dubbio. Non sono difetti o fratture del conio, ma sono simboli apposti di proposito sullo stesso, successivamente alla realizzazione dell'impronta del busto e della perlinatura circolare, ai quali fu data molta importanza collocandoli nel campo libero, per quanto possibile, e ove non possibile,m nella parte del disegno dove potessero essere più visibili.

Giuseppe Lulliri, possessore della moneta e che quindi l'ha nelle sue mani e che la ritiene anteriore alla proclamazione reale di Godas, interpreta i due a sinistra rispettivamente quale "scettro e spiga di grano". Sul terso simbolo, quello più complesso, non si pronuncia. Osserva, invece, forse a ragione, che la testa sembra coronata, a differenza degli altri nummi nei quali è nuda.

Il forse va inserito, in quanto non è chiaro se quei trattini corti che dànno l'idea di una corona, siano davvero parte del disegno o, piuttosto, rigature su un conio piuttosto consumato. Infatti i tre simboli non paiono essere stati realizzati contemporaneamente alla restante parte del disegno, bensì aggiunti ad un conio già piuttosto frusto: lo dimostra l'essere assai meno usurati del busto della moneta.

L'interpretazione di Lulliri, certamente legittima, a mio vedere è tuttavia debole. Essa, infatti, non interpreta il più importante del tre simboli, quello che pare un tridente. Soprattutto contrasta con l'idea di una modifica al conio per esprimere regalità il fatto che uno dei simboli deturpi grossolanamente il volto di Godas, gesto inacettabile in quanto costituirebbe una lesa maestà.

Un'interpretazione che ho avanzato è quella che tali simboli siano stati aggiunti proprio per deturpare il volto raffigurato nella moneta e, pertanto, che essi siano stati aggiunti al conio proprio successivamente alla detronizzazione e uccisione di Godas.

Tuttavia anche la mia interpretazione è debole, soprattutto per due ragioni:

1) se la volontà era quella di cancellare e denigrare Godas, sarebbe stato molto più semplice ed efficace tracciarte una grossa croce su tutto il busto;

2) perché recuperare un conio vecchio anepigrafe e già fuori uso, anziché fare tale operazione su un conio con legenda e in uso?

Tanto l'interpretazione di Lulliri come la mia sono entrambe poco sostenibili e certamente la corretta lettura di questo nummo così misterioso va cercata in altre direzioni.

Dunque l'argomento affascinante della monetazione di Godas - per la prima volta una moneta è coniata in nome del Regno sardo! - è ancora insoluto e, dunque, quella che pareva la vetta si è invece dimostrata un'altura che anticipa la vetta, che resta ancora da raggiungere.

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Con questo dò per chiusa la discussione, a meno che ci siano interventi che la riaprano.

15 post (non conto l'esternazione alpinistica), 150 visualizzazioni (escludendo le mie), nessun intervento (tranne Numa Numa, pero che riguardava l'esternalizzazione). Questo mi fa concludere che 7-8 persone lo hanno seguito, e quindi hanno mostrato interesse al tema, mentre altrettante ci sono entrate occasionalmente, per mera curiosità, senza più ritornarci in quanto il tema non era di loro interesse.

Comprendo che si tratta di un argomento molto di nicchia: comunque il bilancio dal mio punto di vista è molto deludente.

Tra una settimana riproporrò questo tema, sempre in 15 post (di fatto una fedele traduzione di quelli postati qui), sul forum spagnolo "imperio numismatico" ( http://www.imperio-numismatico.com/ ). Sono curioso di vedere se ci sarà maggiore interesse, anche se teoricamente non dovrebbe essercene visto che la Sardegna è un'isola italiana e non spagnola (non so se i sardi siano molto entusiasti di essere italiani).

Imperio numismatico ha solo un terzo dei soci di lamoneta (11.000 soci anziché 33.000, 75.000 post anziché 140.000). Teoricamente dovrei aspettarmi ben meno di 75 visualizzazioni (escluse le mie) e zero interventi. Vedrò se davvero è così.

Antvwala

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Ant

la discussione è estremamente interessante perché discute su una tipologia "nuova", registrata da pochissimo in letteratura e apre su ipotesi assolutamente affascinanti

Grazie per la carrellata autilissima di immagini, dati, notizie e storia su questa particolare monetazione. L'unico motivo per il quale ritengo che sia stata poco seguita è semplicemente che trattando di una monetazione cosi particolare e oltretutto difficile da rappresentare e per lo piu' assente anche dai musei - per la quale peraltro la letteratura esistente non è quella classica ma i pochi libri e interventi da te citati che sono tutti molto recenti, è comprensibile che costituisca un tema elitario se non addirittura ostico anche per specialisti di questo periodo.

In ogni caso queste pagine sono molto interessanti e i contributi di Lulliri, MR Urban e della Amante Simoni restano tutti molto interessanti per avvicinarsi a questa monetazione

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Grazie. Mi spiace che Lulliri non sia intervenuto, poiché si parlava molto pacatamente e senza alcuna polémica e lui, più di qualunque altra persona, avrebbe avuto molto da dire visto che tutte le monete postate sono da lui pubblicate.

Ovviamente il tema è molto nuovo e questo ostacola la partecipazione. Ma proprio in quanto nuovo mi sarei aspettato qualche osservazione e, soprattutto, domanda... Per esempio, sul perché proprio quel rovescio e non un altro.

C'è comunque una ragione molto precisa per cui voglio postare questa discussione, e una ben più ampia sulle vittorie vandale di zecca sarda, in un fórum spagnolo. Ho alcuni motivi per pensare che anche nelle Baleari esistesse una zecca vándala che come quella sarda sembrerebbe avere caratteristiche di ufficialità.

Penso che più ancora che il tema Godas, nel fórum spagnolo potrà interessare quello più generale delle vittorie sarde, studio che nel lavoro di Clorinda Amante Simoni ha il suo punto di partenza.

Vedremo se è davvero così....

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Innanzi tutto ringrazio Antwala per la lucida e gradevole esposizione di un tema sì di nicchia, ma molto importante per la storia numismatica della Sardegna.

Purtroppo non ho nulla da aggiungere, non essendo esperto di questo settore, e posso solo augurare che intervenga altri soggetti, in primis Lulliri, al quale nessuno nega la competenza e il riconoscimento dell'identificazione di Godas.

Ci sono tutte le premesse per una discussione molto scientifica.

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Gentile Antwala,

come già in altre occasioni la ringrazio per la splendida discussione. Non sono intervenuto in quanto non esperto della materia ma, le assicuro che leggendola, riesce sempre a trascinarmi "dentro" la storia!

Ci tenga aggiornato sul discorso di una eventuale zecca vandala alle Baleari. Penso sia molto interessante. Come certamente saprà le monete di Ebusus sono state imitate in epoca successiva. Ne sono state ritrovate anche a Pompei e, credo, anche in ritrovamenti alto medievali, cosa che confermerebbe la sua tesi.

Saluti,

Sforza

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Grazie a tutti voi.... ma mi sono arreso. I monologhi sono davvero troppo soporiferi. Talmente tanto che in realtà ho rinunciato a concludere l'argomento con la discussione sul senso politico dell'iconografia del rovescio.

Modificato da antvwaIa
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  • 2 mesi dopo...

Noto con un certo ramarico che il mio post in risposta alle provocazioni di “Antwala” è stato rimosso, pertanto, adesso lo ricarico, chiedendo al responsabile del forum e a chi segue il settore della monetazione barbarica di non bannarlo, come, seppur diffamatorio, non ha bannato il post del sopra citato, altrimenti, mio malgrado sarò costretto ad agire per vie legali.

Replicare alle provocazioni di chi in completa malafede cerca in tutti i modi di screditare il mio lavoro significa in qualche modo stare al suo gioco, non dovrei intervenire, ma, così facendo, non potrei difendere la mia reputazione, per cui, mi trovo costretto a farlo, spero per l’ultima volta.

a) nella seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso la studiosa Clorinda Amante Simoni ha pubblicato, tra le altre barbariche, una piccola monetina di rame, attribuendone la paternità di emissione al re longobardo Pertarito; che c’azzecca Pertarito con Godas e la monetazione della Sardegna vandalica…? Assolutamente nulla! La moneta pubblicata da Amante Simoni è si di Godas, ma la lettura fattane a suo tempo dalla studiosa non ha proprio nulla da spartire con Godas, il suo governatorato, il suo regno e la possibilità che nell’Isola vi fosse stata una zecca attiva nell’età vandala. Alla Amante Simoni, come pure a M. Bonaria Urban, della monetazione di Godas delle emissioni monetali sarde in epoca vandala non gliene passava neppure minimamente per la testa. PER CUI, ANTWALA “CARISSIMO”, E QUESTA VOLTA METTITELO BENE IN TESTA, LE MONETE DI GODAS E TUTTE QUELLE PUBBLICATE, SIA NEL PRIMO CHE NEL SECONDO VOLUME, DA ME ATTRIBUITE A CONIAZIONI SARDO VANDALE, LE HA SCOPERTE E CLASSIFICATE GIUSEPPE LULLIRI!!!SFIDO TE E CHIUNQUE ALTRO A DIMOSTRARE IL CONTRARIO, URBAN E AMANTE SIMONI COMPRESE.

b) la Urban, poiché non avanzò alcuna richiesta in tal senso, non aveva mai visto e ancora meno analizzato alcuna moneta della mia collezione, ne di Godas (allora erroneamente catalogate col titolo di Governatore nella legenda), di cui, ovviamente gliene avevo parlato, o quant'altro. Da queste mie informazioni quindi la citazione dei nummi di Godas – e non solo – nella introduzione storica della I parte del libro. La numismatica non è il suo campo, pertanto, fidandosi, ha sostenuto quanto al riguardo le avevo segnalato.

Nel 1995, la Urban si era appena laureata, per acquisire titoli accademici post lauream aveva quindi necessità di qualche pubblicazione, per cui, il suo prof l'illustre medievalista sardo Francesco Cesare Casula, a cui avevo precedentemente riferito delle mie scoperte concernenti Godas e le sue monete, mi chiese di darle una mano, e, pur di vedermi pubblicato quel mio primo libro, accettai, decisi quindi di assegnarle una parte, ossia, l'introduzione storica, tra l'altro, anche quella redatta insieme. I miei studi le mie scoperte sono stati solamente la prima e probabilmente unica ghiotta occasione per la Urban in campo numismatico.

c) dalle affermazioni del Trivero si direbbe che attribuendo la paternità delle scoperte alle studiose sopra citate lui non conosca minimamente il loro modesto contributo, ma, così non è, poiché lui ha piena conoscenza della debolezza del loro operato, pertanto, pare evidente che lui agisca in completa malafede al solo scopo di screditare il mio lavoro, perché lo ha fatto....e perchè continua testardamente a farlo anche nel suo articolo su monete Antiche...? (articolo che ho integralmente in pdf). Ma…veramente non sono ancora riuscito a capirlo, più volte me lo sono chiesto senza però potermi dare una risposta convincente.

mariesu

Modificato da mariesu
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