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PIACENTINO ANTICO


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Supporter

Buongiorno, chiedo lumi agli esperti di questa monetazione in merito ad un Piacentino Antico visto recentemente in asta di grammi 0,68.

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Per paragone vi posto il mio che mi sembra identico, addirittura ci vedo gli stessi cunei, sembra quasi lo stesso conio, voi che ne dite?  grazie.

 

P.S. il mio pesa circa 1 grammo.

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Supporter

Stesso conio no di sicuro.

 

Arka

Buona giornata

 

Sono d'accordo, differenze ci sono ... la prima che balza all'occhio è nel rovescio; nella tua la A è più spostata verso sinistra, rispetto a quella messa in asta.

 

Curiosa la grammatura: gr. 0,68 rispetto a 1,00. Vero è che la prima ha un bordo un po' sbocconcellato, però ha ben poca consunzione; la tua è più "rotonda", ma più consumata ... è comunque una differenza notevole.

 

saluti

luciano

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Buongiorno a voi,

no @@palpi62, riguardo alla sua moneta non si tratta affatto di un piacentino antico. Dalle caratteristiche formali e dal peso direi che si tratta piuttosto di una emissione della seconda metà del XII secolo, forse della fine se non addirittura dell’inizio di quello successivo.

La cosa più eclatante è la bassa mistura di cui sembra essere costituito il tondello del suo pezzo, molto più alta nei piacentini antichi. Inoltre, una delle caratteristiche più evidenti tra le prime emissioni di piacentini pre 1162 e  quelle post 1167 è la lettera “G”, molto caratteristica. La vede bene nell’esemplare dell’asta Varesi che ha postato.

A proposito di quest’ultima moneta, tuttavia, ci sono alcune considerazioni da fare: se alcune caratteristiche come la forma della “G”, della “L” e della “V” di secundi sono effettivamente “arcaiche” ( e giustamente il riferimento bibliografico dato nel catalogo è Crocicchio, Fusconi 10 - ma sarebbe stato meglio indicare 10/D -)  altre non sembrano esserlo.   Gli apici delle lettere non sono così pronunciati come invece lo sono nei piacentini più antichi e nel complesso scorgo una certa “pulizia formale” anch’essa mancante nelle emissioni più antiche. Dal colore, poi, sembra una moneta in mistura che ha subito un’imbianchitura. In questo caso, però, bisognerebbe veder la moneta dal vivo perché i colori e la brillantezza in foto potrebbero essere falsati.

In buona sostanza, benché  la moneta dell’asta sembri essere effettivamente un piacentino antico, probabilmente non fa parte delle emissioni più vecchie. Si tenga infatti presente che Piacenza cominciò ad emettere la sua moneta tra il 1140 ed il 1141 continuando fino al tardo 1162. Le ultime emissioni prima della brusca interruzione voluta dal Barbarossa potrebbero quindi essere state di intrinseco leggermente più basso rispetto alle prime.

 

Buona giornata, Teo

 

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Supporter

@@teofrasto grazie per le sue delucidazioni, mi sembra di capire che riguardo al peso ci sia ancora dello studio da fare, intanto posto questo che dovrebbe essere uno dei pochi Piacentini antichi conosciuti.

 

 

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Buongiorno a voi,

quello postato sopra in realtà è l'unico esemplare noto della medaglia "antica". NON è un piacentino e rispetto a quest'ultimo il primo valeva la metà.

Nella foto a colori si vedono bene le peculiarità delle prime monete di Piacenza, sia per quanto riguarda le lettere sia per l'argento. Avendolo potuto vedere dal vivo, posso confermare che, almeno in apparenza, il titolo doveva essere molto alto.

Gli altri dati dell'esemplare postato da @@palpi62 sono i seguenti: diametro ca. mm 13/14, peso g 0,38.

http://www.academia.edu/543096/Ritrovamenti_monetali_medievali_X-XII_sec._negli_scavi_archeologici_sul_Monte_Castellaro_di_Groppallo_Comune_di_Farini_Val_Nure_Piacenza_

 

Qui il link per avere altre notizie in proposito.

 

Buona giornata, Teo

Modificato da teofrasto
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Evidentemente sui piacentini antichi non c’è molta chiarezza. Prova ne sia l’esemplare posto in asta e spacciato per tale. Al momento, con l’amico Giuseppe Crocicchio (e questa è stata la gradita occasione per rivederci dopo diversi anni) stiamo cercando di fare un po’ il punto della situazione e quindi mi limito, anche a suo nome, a postare alcune immagini che dovrebbero aiutare a capire come è fatto un piacentino antico.

 

Il primo piacentino emesso (nel 1140) dovrebbe essere quello di cui posto le immagini, conosciuto in 4 esemplari (uno al British Museum e tre in due collezioni private). I loro pesi sono di grammi 1,13 – 1,08 e gli altri due di poco inferiori al grammo ma con mancanze di metallo, apparente “tosatura” e stato di conservazione non ottimale. Il che farebbe pensare ad un peso “legale” di circa 1,1 g. Purtroppo non sono disponibili dati composizionali ma l’esame delle monete sembrerebbe far pensare ad un tenore in argento piuttosto elevato.

 

post-7879-0-37579800-1431894650.jpgpost-7879-0-86194700-1431894659.jpg

 

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Alcuni particolari distintivi:

 

post-7879-0-99438100-1431894714.jpg

lettera G della legenda del diritto

 

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Lettera A del campo del rovescio

 

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Lettera A della legenda del rovescio

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Un secondo tipo di piacentino, sempre di peso molto elevato (1,14 - 1,11 – 1,05 – 1,04 e altri 8 pesi variabili da 0,99 a 0,76 g ma con alcuni esemplari in pessimo stato di conservazione) è il seguente:

 

post-7879-0-07467200-1431896472.jpgpost-7879-0-26790600-1431896478.jpg

 

 

Di questo sono noti  i dati di due analisi distruttive per via umida (592 e 587 millesimi di argento) effettuate sui seguenti frammenti:

 

post-7879-0-84177900-1431896505.jpgpost-7879-0-19097400-1431896510.jpg

 

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E’ interessante notare che a questo secondo tipo appartiene la medaglia descritta da Teofrasto, che di fatto rappresenta l’unico esemplare conosciuto dello spezzato del piacentino.

 

I particolari significativi:

 

post-7879-0-40558700-1431896628.jpg

 

 

post-7879-0-70291200-1431896636.jpg

 

 

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Per la loro cronologia e per i tipi “intermedi”:  WORK IN PROGRESS

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Riepilogo: confronto fra Piacentino e Mezzano

(sempre della serie con globetto a sinistra della crocetta di inizio legenda al rovescio)

 

G di regis

 

Piacentino (primo tipo)post-7879-0-25830800-1431896966.jpg

Piacentino (secondo tipo)post-7879-0-74747000-1431896972.jpg

Mezzanopost-7879-0-69623200-1431896982.jpg

 

A nella legenda del rovescio

 

Piacentino (primo tipo)post-7879-0-46367300-1431896995_thumb.jp

Piacentino (secondo tipo)post-7879-0-14835900-1431897001.jpg

Mezzano post-7879-0-25843100-1431897007.jpg

 

 

A nel campo del rovescio

Piacentino (primo tipo) post-7879-0-76401600-1431897015.jpg

Piacentino (secondo tipo) post-7879-0-81770700-1431897025.jpg

Mezzano post-7879-0-03985800-1431897035.jpg

 

Scusate la non uniformità della dimensione delle immagini: sono proprio una frana!

Modificato da giollo2
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Direi che più di così....  :D

Tuttavia chiederei a Giollo di specificare ulteriormente le caratteristiche delle monete di Piacenza perché mi resta un dubbio che credo sia anche di altri:  se le emissioni post 1267 (che personalmente non chiamerei "mezzani") sono individuabili così chiaramente, la moneta illustrata nel volume Crocicchio, Fusconi 2007, p. 37, n. 10/D a quale tipologia appartiene? E soprattutto, fatte salve le precisazione del post #4, a quale emissione appartiene la moneta venduta da Varesi?

Credo infatti che peso e titolo giochino un parte fondamentale nella corretta identificazione di queste monete ed è quello che speravo fosse chiaro nel mio precedente post. 

 

Cordialmente, Teo

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Chiaramente volevi dire post 1167 e non post 1267, vero?

 

Ti chiederei di pazientare un pò: è proprio questo il tema che Crocicchio ed io vorremmo definire un pò meglio. Nel nostro testo avevamo raggruppato nel periodo 1140 - 1162 tutte le tipologie, certe e probabili, di piacentino (10/A, 10/B, 10/C e 10/D, se non ricordo male) con titolo in argento superiore a 500 millesimi e dal 1167 in poi i mezzani.

L'ipotesi che stiamo verificando è quella che i piacentini siano stati emessi anche dopo la riapertura della zecca nel 1167 e fino agli ultimi decenni del XII secolo e solo con la sua fine e/o l'inizio del XIII si sia iniziata la coniazione dei mezzani a titolo 300-350 millesimi e peso di 0,7-0,9 grammi.


Del resto la riapertura della zecca nel 1167 viene così riportata: MCLXVII, In quadragesima vero proxima (praeterita) Placentini secundi facti fuerunt.

 

Purtroppo la tipologia è rimasta la stessa (cunei e globetto a sinistra della crocetta di inizio legenda al rovescio) creando alcune difficoltà interpretative.

 

 

La mia personale opinione sulla moneta venduta da Varesi è che si tratti di una forma di transizione o, più probabilmente, una della prime emissioni di mezzani (giudico non attendibile il dato analitico ottenuto in quanto probabilmente valido solamente per lo strato superficiale della moneta). Il peso della moneta taglia la testa al toro.

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Buongiorno @@giollo2,

sì, certo, “1267" si tratta di un refuso per 1167.

Riguardo alla moneta venduta da Varesi, credo anch’io che non si tratti di un esemplare dei più antichi, sebbene abbia molte analogia con la moneta 10/D. Quello che mi stupisce di più, come già qualche tempo fa ti avevo scritto, sono appunto peso e mistura.

Non volgio assolutamente fare l’avvocato del diavolo né tantomeno parlare per conto terzi, ma credo che se Varesi ha classificato la sua moneta coma piacentino antico sia stato proprio per le forti analogie formali con il pezzo che tu e Crocicchio avete identificato come una variante (10/D, appunto) del piacentino più antico. Immagino comunque che dall’uscita del vostro testo gli studi siano proseguiti e che oggi siate in grado di approfondire ulteriormente la questione aggiungendo nuovi dati e non vedo l’ora di leggervi. 

A meno che non travisi il tuo pensiero, leggo nell’ultimo post che non siete più tanto convinti che alla ripresa delle emissioni nel 1167 il denaro di Piacenza fosse equiparato al mezzano/terzolo. O sbaglio? 

Non so se la conosci di già, ma nel BdN on-line, materiali 16, p. 26, alla nota 71, c’è un accenno alla moneta piacentina, che forse può interessarti. Mi piacerebbe molto conoscere il tuo parere in proposito.

 

http://www.academia.edu/9437755/BOLLETTINO_DI_NUMISMATICA_on-line_Materiali_La_collezione_di_Vittorio_Emanuele_III_Numero_16_-_2014_La_zecca_di_Milano._Età_comunale_e_signorile._Dalla_metà_del_XIII_secolo_al_1330_ca

 

Un caro saluto sperando di rivederti presto, Teo

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Di certo, e non lo dico io ma il Concorato monetario del 1254, i rari denari scodellati di Piacenza erano mezzani. Quindi lo scodellato con doppia stella (1254), con l'O crociato (1251-1253) e quello con la solita crocetta (1248-1250?).

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Buonasera Giollo,

certamente i denari scodellati di Piacenza avevano il valore del terzolo/mezzano. Credo che nessuno metta questo dato in discussione.

Il problema a cui facevo cenno io era quello di capire se anche le monete piane prodotte dalla zecca di Piacenza  tra il 1167 ed il 1238 avessero lo stesso valore delle scodellate oppure no. Io penso di no per tutta una serie di motivi che ho già posto in evidenza. Ma è ovvio che sono disposto a cambiare idea se mi si prova il contrario.

 

A risentiti presto. Un caro saluto, Teofrasto

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Il problema a cui facevo cenno io era quello di capire se anche le monete piane prodotte dalla zecca di Piacenza tra il 1167 ed il 1238 avessero lo stesso valore delle scodellate oppure no.

 

 

Ma senz’altro no! A prescindere dalla terminologia usata per definire una moneta, ogni tiratura, ogni emissione, era diversa dalla precedente ed a titolo progressivamente calante per effetto della svalutazione e dell’apprezzamento dell’argento. Nel mercato interno e nei contratti erano sempre definiti piacentini, a volte novi, a volte veteri, ma sempre diversi e sempre peggiori, nello scorrere degli anni!

 

E questi sono solo i riflessi nel mercato interno.

 

Veniamo ai pagamenti internazionali.

Bazzini cita un documento, del maggio 1234 nel quale si dichiara che "500 libris denariorum placentinorum” dovute dal Comune di Cremona al monastero di san Sisto di Piacenza furono pagati con il versamento di “432 libras et 10 soldos et 4 denarios denariorum bonorum imperialium” (Astegiano 1898, p. 103, doc. 124). Il rapporto tra denari piacentini ed imperiali nel 1234 sarebbe dunque stato di 1 denaro imperiale contro 1,156 denari piacentini.”

 

Questo documento mi stupisce perché secondo quanto affermato da Crocicchio-Fusconi sarebbero bastate appena 250 lire imperiali per estinguere il debito se è vero che il denaro piacentino, equiparato al denaro imperiale, valeva appena la metà.

 

D’altro canto questo documento non mi stupisce più se lo collochiamo nella realtà economica di quel periodo. Nel 1234 si era in una vera e propria anarchia monetaria. I pagamenti tra le varie piazze dovevano essere diventati un enorme problema. Si stavano creando i presupposti per la maturazione dell’esigenza di parificare la circolazione tra le varie piazze e quindi l’adesione ad un concordato monetario che venne realizzato pochi anni dopo. Prima con l’adozione della forma scodellata, poi col simbolo della O crociata, infine nel 1254 con la doppia stella.

(segue…)

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Ma quanto valeva questo benedetto Piacentino?

Le poche notizie che possiedo derivano dallo spulcio dei documenti trascritti nel Registrum Magnum del Comune di Piacenza (Il Registrum Magnum del Comune di Piacenza, Milano, Giuffrè, 1984-1988, voll. 4), riguardanti il pagamento al Monastero di Santa Giulia di Brescia dei diritti sul ponte sul Po. In totale i documenti sono 36, ma alcuni sono riferiti ad arbitrati e cause varie.

Il 22 agosto 1180 a Brescia, Vol I p 196, Investitura del traghetto, del ponte e del porto al Comune di Piacenza.

 

Il 7 marzo 1186 a Brescia, Vol I, p 461, nomina procuratori per il ritiro del fitto dell'anno precedente e dell’anno in corso (1185 e 1186)

Il 21 settembre 1186 a Piacenza, Vol I p 419, pagamento di 40 lire di mezzani vecchi per 2 anni (quadraginta librarum medianorum veterum; in unoquoque anno viginti libras).

 

Mi sembra di ricordare che l’amico Bazzini, che stimo sinceramente e di cui apprezzo moltissimo i lavori, abbia sostenuto in un suo articolo, che in questo momento non ho sottomano, che i mezzani citati nei documenti in questione dovevano essere mezzani bresciani e che solo questi erano valutabili mezzo imperiale. Mi è d’obbligo far notare che il Comune di Brescia ottenne il diritto di zecca nel 1186 e che nel settembre dello stesso anno non poteva aver già coniato dei mezzani che potessero essere qualificati come “veterum” (cioè di altri tempi, ergo, in Piacenza, luogo dove si effettuavano di fatto i pagamenti, nel 1186 erano già in uso dei mezzani definibili “vecchi”).

 

Scusate, ma sono veterum e malandato anch’io e mi stanco prestissimo. Segue…

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Il 28 settembre 1186 a Brescia, Vol I p 417, la badessa di Santa Giulia dichiara di aver ricevuto 40 lire di denari vecchi per 2 anni (quadraginta libras denariorum veterum pro solutione ficti duorum annorum).

 

E qui faccio notare che nel viaggio di ritorno i mezzani vecchi si sono trasformati in denari vecchi non meglio qualificati.

 

Il 6 marzo 1187 in Brescia, Vol I p 451, solita nomina dei procuratori per il ritiro del fitto dell'anno in corso (1187) (et accipia viginti libras a Placentinis).

 

Il 10 marzo successivo, a Piacenza, Vol I p 416, ai nuovi procuratori vengono versate venti lire in denari milanesi (viginti libras Mediolanensium).

 

Il 5 marzo 1188 in Brescia, Vol I p 454, solita nomina dei procuratori per ritirare “viginti libras imperialium”.

Il 12 marzo successivo, a Piacenza, Vol I p 278, ai procuratori vengono versate venti lire in imperiali (viginti libras imperialium).

 

Il 9 marzo 1189, a Piacenza, Vol I p 437, ai procuratori vengono date venti lire in imperiali a fronte delle venti lire di denari milanesi vecchi che dovevano versare (viginti libras imperialium … viginti libras Mediolanensium veterunt).

 Nota: nel 1189 i denari imperiali hanno lo stesso valore dei denari milanesi vecchi.

 

Il 4 marzo 1192, a Brescia, Vol I p 457, nomina dei procuratori “ut irent Placentiam ad accepiendas viginti libras imperialium (vel quadraginta libras de mezanis)”.

Nota: nel 1192 i denari imperiali valgono il doppio dei Mezzani.

 

Il 4 marzo 1195, a Brescia, Vol I p 43, nomina dei procuratori per incassare “quadraginta libras de mezanis vel viginti libras imperialium”.

Nota: anche nel 1195 i denari imperiali valgono il doppio dei Mezzani.

 

Il 3 marzo 1198, a Brescia, Vol I p 201, nomina dei procuratori per incassare “xx librarum imperialium, vel xl librarum mezanorum” più “xxx solidos imperialium” per il rinnovo del contratto.

Il 9 marzo 1198, a Piacenza, Vol I p 418, ai procuratori vengono date venti lire in imperiali che sono pari a 40 lire di Mezzani “viginta libras imperialium (vel quadraginta libras mezanorum)”

L’11 marzo 1198, a Piacenza, Vol I p 202, Rinnovazione dell’investitura del traghetto, del ponte e del porto al Comune di Piacenza dietro versamento di “xxx solidos imperialium” per il rinnovo del contratto.

Nota: anche nel 1198 i denari imperiali valgono sempre il doppio dei Mezzani.

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Buonasera @@Nakona,

mi fa molto piacere conoscerla, anche se, per ora, solo “virtualmente”. Le posso assicurare che la stima è reciproca e mi piacerebbe molto conoscerla di persona e parlare con lei.

So che la storia e la ricerca sulla monetazione di Piacenza le sta molto a cuore; gli scritti che ha pubblicato lo documentano e il volume del 2007 è fondamentale per chiunque voglia avvicinasi ad essa.

Credo però che alcuni aspetti vadano approfonditi perché, a mio parere, poco convincenti.

Tra questi, appunto, il valore del denaro alla ripresa delle coniazione, nel 1167. 

Ho espresso le mie opinioni in questo breve scritto del 2008, http://www.academia.edu/543096/Ritrovamenti_monetali_medievali_X-XII_sec._negli_scavi_archeologici_sul_Monte_Castellaro_di_Groppallo_Comune_di_Farini_Val_Nure_Piacenza_, soprattutto alle pp. 76 e ss. e resto ancora dell’idea che i documenti relativi ai pagamenti effettuati dal Comune di Piacenza al monastero di Santa Giulia di Brescia si riferiscano alla moneta bresciana e NON a quella piacentina. A tale proposito, se già non lo conoscesse, mi permetto di indicarle il seguente testo:  R. Zilioli Faden, Le pergamene del monastero di Santa Giulia di Brescia ora di proprietà Bettoni-Lechi, 1043 - 1590. Regesti, Collana “Monumenta Brixiae historica Fontes” VII, Brescia 1984.

Inoltre, come ho avuto modo di far notare in un’altro piccolo testo ( https://www.academia.edu/543100/Il_vittorino_di_Parma_quale_moneta), p. 150, nota n. 73, secondo me la data di apertura della zecca di Brescia deve essere retrodatata di circa una decina d’anni rispetto a quella “canonica” (1184/1186) dal momento che alcuni documenti della seconda metà degli anni ’70 del XII secolo citano espressamente e chiaramente la moneta bresciana (opinione che ho ribadito anche nella Guida delle zecche, voce Brescia).

Addirittura, l’Odorici (Storie bresciane, VII, p. 12, doc. ccxxiii) riporta il breve regesto di un documento del 2 aprile 1157 nel quale è citata, tra altre valute, quella di Brescia. Ma mentre quest’ultima citazione può essere dubbia dal momento che il documento originale è andato perduto, quelle altre, del 1176, 1178 e 1182, sono conosciute in originale... Se così fosse, nel 1186 i mezzani di dieci anni prima potevano effettivamente essere già indicati come veteres. A maggior ragione, poi, se nel frattempo - nel 1184? - la moneta aveva subito una svalutazione.

Non sono poi d’accordo con lei quando scrive che "A prescindere dalla terminologia usata per definire una moneta, ogni tiratura, ogni emissione, era diversa dalla precedente ed a titolo progressivamente calante per effetto della svalutazione e dell’apprezzamento dell’argento.” Credo che la terminologia debba essere usata con estrema cautela e nel modo più corretto possibile, per non ingenerare confusione e fraintendimento. Quando leggo che una certa moneta è un denaro imperiale mezzano piccolo, rabbrividisco perché questo è esattamente il modo per dire tutto e il contrario di tutto... Di che cosa si tratta, dunque? Di un imperiale? Di un mezzano? di un denaro piccolo? Boh!!!???

Se mi definisce una moneta con il nome di mezzano, devo credere che lei intenda dire che il suo valore era la metà di quello di un denaro imperiale. E se non è così, allora prima di tutto dobbiamo metterci d’accordo sull’uso dei termini, altrimenti non ci intenderemo mai.

Riguardo infine al documento del maggio 1234 da me riportato, non vedo perché l’anarchia monetaria della quale lei parla (ma su cui ho forti perplessità, almeno per quello specifico e determinato periodo storico) dovesse influire sul rapporto di cambio tra denari imperiali e denari piacentini (tra l’altro indicati proprio in questi termini e non come denari mezzani!). 

Avrei anche altri dubbi, come per esempio sui grossi “da 3 imperiali”, ma di questo, se vuole, ne parleremo un’altra volta o magari, meglio, de visu

Nel frattempo la ringrazio sinceramente per essere intervenuto e averci fornito questa ricca messe di dati. A risentirla presto.

 

Cordialmente, Teo

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Vorrei tentare un approccio diverso evitando inizialmente di citare i rapporti con la moneta imperiale per cercare di raggiungere, se possibile, posizioni condivise.

 

Lo schema delle coniazioni e delle citazione dei documenti e sul quale credo siamo tutti d’accordo è il seguente:

  • 1140:  apertura della zecca e coniazione del primo piacentino e del suo frazionale denominato medaglia;
  • 1162: chiusura della zecca;
  • 1167: riapertura della zecca e coniazione del piacentino “nuovo” (e del suo frazionale);
  • (1167 – 1219: coniazione di denari e medaglie; non si conoscono però documenti relativi alle singole coniazioni)
  • 1219: coniazione del grosso da 6 denari e della medaglia (e verosimilmente anche del denaro);
  • 1238: coniazione del grosso da 6 denari e del denaro (e verosimilmente anche della medaglia);
  • 1248-1250 (anno più, anno meno): coniazione del grosso “leggero” (1,2-1,3 grammi) e del denaro scodellato;
  • 1251-1253 (anno più, anno meno): serie O crociato - grosso “leggero” (1,2-1,3 grammi) e denaro scodellato;
  • 1254: testo del concordato che prevedeva la coniazione di: grosso “leggero” (1,268 grammi – 828‰), denaro scodellato (0,576 grammi – 208‰) e medaglia (0.398 grammi – 125‰).

 

A mio avviso ci sono due aspetti in cui le opinioni divergono:

1. Valore della medaglia rispetto al “denaro”  

2. Rapporti con la moneta imperiale.

 

 

  1. Valore della medaglia

Nel 1254 il testo del concordato indica chiaramente che la medaglia è la metà del denaro.

 

Nel 1219 il grosso da sei denari (peso 1.85g - titolo 950‰, dati riportati nei documenti) contiene 1,76 g di fino; sei denari (peso denaro 0,85g con titolo 330‰) contengono 1,68 g di fino mentre per la medaglia (peso 0.42g e titolo 166‰, dati riportati nei documenti) se ne consideriamo 12 (1 denaro = 2 medaglie) abbiamo 0.84 g di fino mentre se ne consideriamo 24 (1 denaro = 4 medaglie) abbiamo 1.68 g di fino. A mio avviso questa seconda ipotesi (1 denaro = 4 medaglie) non è assolutamente plausibile in quanto il contenuto in fino del grosso calcolato in 24 medaglie sarebbe pari (1,68 g) a quello del grosso calcolato in 6 denari (1,68g) e questo non è possibile in quanto il contenuto in fino degli spezzati è sempre proporzionalmente inferiore a quello dei nominali più elevati per coprire i maggiori costi di coniazione. Ad esempio utilizzando i dati riportati nel testo del concordato del 1254 un grosso espresso in medaglie contiene il 25% di fino in meno rispetto al fino contenuto in una moneta da un grosso.

 

Nel 1140 e nel 1167 non abbiamo molti elementi (è conosciuto un solo esemplare di medaglia) ma è plausibile che la medaglia fosse la metà del piacentino.

 

In conclusione la medaglia dovrebbe essere sempre stata la metà del contemporaneo denaro.

 

Che ne dite?

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Buongiorno a voi,

vi prego si scusarmi ma per un po’ non potrò intervenire a questa interessantissima discussione. Mi spiace molto, ma ho almeno un paio di impegni - numismatici - urgenti da portare a termine. Giollo e Nakona hanno lanciato degli input molto interessanti che vanno senza dubbio approfonditi. Avrei diverse cosa da dire in proposito ma per ora proprio non riesco.

Mi piacerebbe comunque che anche altri utenti del forum intervenissero per dire la loro opinione, se possibile suffragata da documentazione.

Appena mi sarà possibile comunque riprenderò la questione. Ora vado “in missione”...  ^_^

A risentirci presto.

 

Buon proseguimento, Teofrasto

 

PS per Giollo:

- "Il concordato del 1254 indica chiaramente che la medaglia era la metà del denaro"...sì, ma del denaro mezzano dal momento che, almeno apparentemente, il testo sembra non prendere in considerazione il denaro imperiale (per non ingenerare confusione in chi ci legge bisogna specificare bene quello che dice chiaramente il concordato).

 

- Se il piacentino del 1220-1240 aveva un peso di circa 0,8/0,85 g  e un titolo di circa 330/340 millesimi (traggo i dati da Crocicchio, Fusconi 2007, p. 41 e p. 45), allora, mediamente doveva contenere c. 0,27/0,3 g d’argento.

Inoltre, secondo un documento del 1220 (ivi p. 39, nota 94), la medaglia coniata l’anno precedente (1219) aveva un peso di c. 0,43 g e un titolo di c. 167 millesimi; il suo contenuto d’argento era quindi di c. 0,07 g.

Ora, se questi dati sono corretti, e se veramente a Piacenza la medaglia prodotta dalla sua zecca avesse avuto il valore di mezzo denaro piacentino coevo, allora chi avesse scambiato quest’ultimo per due delle prime avrebbe ricevuto una perdita secca di oltre 50 %. Sinceramente, a me pare un po’ eccessivo... Meglio pensare che la medaglia valesse 1/4 del denaro piacentino (a prescindere dal suo rapporto con il denaro imperiale di Milano, che comunque il documento del 1234 mi pare espliciti chiaramente).

 

- A proposito, che fine ha fatto il "Grosso da 3 imperiali" del 1219, quello dal peso di c. 1,8 g e dal titolo di c. 950 millesimi (fino di c. 1,7 g)?

 

- Credo che si debba distinguere tra i primi due/tre decenni del Duecento e quelli successivi. Nei primi non credo che ci fosse in atto quell’anarchia monetaria che a partire dagli anni Quaranta del secolo sarebbe stata causata, tra l’altro, dalle guerre tra Federico II e i Comuni e che alla fine troverà molti di questi, compresa Milano, esangui e con le risorse finanziarie azzerate.

 

Ma ne riparleremo senz'altro...  ;)  :)

Modificato da teofrasto
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Evidentemente mi sono spiegato molto male e in modo contorto.

Nel mio precedente intervento ho voluto per prima cosa elencare le coniazioni citate nei documenti per poter puntualizzare alcuni punti fermi sui quali forse siamo tutti d'accordo (è vero o no?) al fine di avere una base condivisa per portare avanti la discussione. Per questo motivo ho eliminato ogni riferimento alla moneta imperiale (sui quali abbiamo opinioni diverse) e quindi, ad esempio, invece di parlare del Grosso da 3 imperiali del 1219 ho usato la terminologia riportata nei documenti " Nel 1219 il grosso da sei denari (peso 1.85g - titolo 950‰, dati riportati nei documenti) contiene 1,76 g di fino; ... ".

 

 

 

Dici: "- Credo che si debba distinguere tra i primi due/tre decenni del Duecento e quelli successivi. Nei primi non credo che ci fosse in atto quell’anarchia monetaria che a partire dagli anni Quaranta del secolo sarebbe stata causata, tra l’altro, dalle guerre tra Federico II e i Comuni e che alla fine troverà molti di questi, compresa Milano, esangui e con le risorse finanziarie azzerate."

 

Sono perfettamente d'accordo, infatti le caratteristiche dei tre nominali (grosso, "denaro" e medaglia) coniati nel 1219 (serie con al rovescio il globetto a sinistra della crocetta di inizio legenda) non sono molto divere da quelle degli stessi nominali coniati nel 1238 (serie con al rovescio il globetto a destra della crocetta di inizio legenda).

 

Sono anche d'accordo della necessità di altre opinioni o commenti, altrimenti uno si chiede se le nostre non siano solo vuote elucubrazioni.

 

P.S.

Esponendo il mio punto di vista sul valore della medaglia volevo fissare tre punti cronologici: 1254, 1219 e 1140/1167, per questo ho iniziato i paragrafi con "Nel 1254 il testo del concordato ...." "Nel 1219 ..." "Nel 1140 ...".

Modificato da giollo2
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  • 4 mesi dopo...

- Se il piacentino del 1220-1240 aveva un peso di circa 0,8/0,85 g e un titolo di circa 330/340 millesimi (traggo i dati da Crocicchio, Fusconi 2007, p. 41 e p. 45), allora, mediamente doveva contenere c. 0,27/0,3 g d’argento.

Inoltre, secondo un documento del 1220 (ivi p. 39, nota 94), la medaglia coniata l’anno precedente (1219) aveva un peso di c. 0,43 g e un titolo di c. 167 millesimi; il suo contenuto d’argento era quindi di c. 0,07 g.

Ora, se questi dati sono corretti, e se veramente a Piacenza la medaglia prodotta dalla sua zecca avesse avuto il valore di mezzo denaro piacentino coevo, allora chi avesse scambiato quest’ultimo per due delle prime avrebbe ricevuto una perdita secca di oltre 50 %. Sinceramente, a me pare un po’ eccessivo... Meglio pensare che la medaglia valesse 1/4 del denaro piacentino

Caro Teofrasto,

non so hai visto sull'ultimo listino della Numismatica Picena questo splendido quartarolo (medaglia) dal peso di 0,54g:

post-7879-0-67598900-1443522646.jpg

Il noto documento del 1219 riguardante il saggio effettuato in zecca riporta un peso di 0,43 g e un titolo di 0,167 millesimi. Ipotizzando che tale peso sia da intendersi come quello dell'esemplare saggiato e non quello "ufficiale" e utilizzando nei calcoli il peso dell'esemplare del listino, il contenuto in fino della medaglia risulterebbe 0.54 x 0.167 = 0,09 grammi. Se una medaglia fosse stata 1/4 di denaro piacentino allora 24 medaglie (equivalenti ad un grosso da 6 denari piacentini) avrebbero contenuto ben 2,16 grammi di argento! Non credo che ciò sia ammissibile.

Modificato da giollo2
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Buongiorno @@giollo2,

effettivamente se il peso “ufficiale” del quartarolo (medaglia) di Piacenza fosse stato di gr. 0,54 non c’è dubbio che avresti ragione tu.

Tuttavia, permettimi di dubitare che quello possa essere il suo peso standard. Premesso che visto il limitato numero di pezzi conosciuti ogni statistica va presa senz’altro “con le molle”, mi sembra che media ponderale e moda degli esemplari censiti sul tuo libro, ci dicano qualcosa d’altro.

Riporto qui di seguito i dati tratti dal volume del 2007, relativi ai pesi delle medaglie:

- p. 42: 0,48, 0,42, 0,35, 0,37, 0,41, 0,41, 0,39, 0,38, 0,36, 0,33, 0,31, 0,35 + 0,41 (coll. GF)

- p. 46: 0,23 (esemplare consunto) + 0,39 (coll. MM)

- p. 58, con stella: 0,29, 0,36, 0,32 (coll. GF)

Ripeto, con tutte le cautele del caso e non prendendo in considerazione il peso dell’esemplare consunto (0,23) la media di questi pesi risulta di gr. 0,375, mentre il valore modale è di gr. 0,41.

A me il peso di gr. 0,54 per il momento pare più essere un’anomalia che il probabile peso medio. Poi sappiamo entrambi che la numismatica è  - fortunatamente - una scienza in fieri dove a volte anche l’impossibile diviene possibile...

 

Un caro saluto, Teo

 

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Va tenuto conto però, a mio avviso, che lo stato di conservazione medio di tutti gli esemplari (ad eccezione del Picena che è in assoluto il miglior esemplare che abbia mai visto) è piuttosto scarso: si tratta di monetine molto soggette alla corrosione e che spesso presentano un tondello incompleto. Io credo che l'ipotetico peso "ufficiale" sia più vicino ai 0,5 grammi che ai 0,4. Ma siamo sempre nell'ambito delle opinioni personali.

 

L'unico dato "ufficiale" è quello del concordato del 1254: 0,398 grammi. Gli unici  3 esemplari conosciuti di questo tipo pesano invece 0,29 - 0,36 e 0,32 grammi.

Modificato da giollo2
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