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Denari "postumi" della zecca di Trieste, 1330


Risposte migliori

Cari amici medievalisti,

 

Consultando una raccolta di documenti relativi ai "Diarii dei Camerari di Trieste", edita nel 2000 ("I quaderni dei Camerari di Trieste", a cura di F. Arcon, Fonti e studi per la storia della Venezia Giulia, vol. IV), ho trovato delle notizie intriganti e forse sconosciute ai più, che anni fa avevo sottoposto ad @@Andreas.

 

Tra i documenti archivistici che il redattore aveva trascritto e catalogato, ve ne erano alcuni che mi avevano molto incuriosito, in quanto redatti almeno dieci anni dopo l'ultima emissione riconosciuta della zecca tergestina (chiusasi, come è noto, con il vescovo Rodolfo de' Pedrazzani ben prima del 1320 anno della sua morte. Oltretutto le monete di questo ultimo vescovo sono estremamente rare e quindi verosimilmente attribuibili ai primissimi anni del '300).

 

In queste carte si parla esplicitamente di conii prodotti (o progettati) diversi decenni dopo, di cui non esistono prove numismatiche (forse quindi mai realizzati), ma che essendo citati nei documenti ufficiali dei camerarii probabilmente sarebbero potuti essere concretizzati in "denari" verosimilmente simili a quelli dei vescovi triestini precedenti.

 

Per vostra curiosità, vi copio i passaggi secondo me più interessanti.

 

Anno domini 1330 Exitus secundi mensis octubris (...)

 

c. 19 r.

 

218. Item, vigintinovem soldos parvorum pro ferro causa aptandi septem conia communis.

219. Item, vigintiunum soldos parvorum Tomasino fabro pro factura dictorum coniorum.

 

c. 19 v.

 

(si indica Fosculo fabro oppure magistro Petro fabro):

 

259. Item, duodecim soldos parvorum pro ferro causa faciendi duos conios novos de ferro.

260. Item, quatuor denarios a viginti pro factura dictorum coniorum.

 

 

Avete qualche idea a riguardo?

Io propenderei per delle monete progettate ma mai emesse. Purtroppo non sono esperto della zecca della mia città, ma mi piace immaginare che, anche dopo la morte del Pedrazzani, ci fossero seri progetti per mantenere la zecca attiva. O meglio, per riaprirla?

Modificato da gigetto13
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Non penserei a monete.

I coni citati potrebbero riferirsi a sigilli.

Già nel 1316, quando si parla dei denari "de Tergesto", si definiscono "veteri", e così negli anni seguenti fino alla loro ultima citazione nel 1334.

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ah non avevo pensato ai sigilli in effetti... ma perché mai i camerari si dovevano preoccupare dei sigilli? e con questa insistenza. certo, però può essere. UFFA!

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Però, che senso avrebbe avuto fare più conii per un sigillo vescovile? c'e qualcosa che non mi torna. Si parla poi di conii communis, al plurale. perché dovevano farne più di uno?

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Appunto,.... veterum.

 

Quello che volevo capire era se dopo il Pedrazzani ci fosse stata qualche volontà di riaprire la zecca, come sembrerebbe dalle carte dei camerari, che ricordo sono del 1330, e dove si parla esplicitamente di conii nuovi.

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SIGILLUM CAPITULI ECCLESIAE TERGESTINE

SIGILLUM EPISCOPALIS CURRIE TERGESTINE

SIGILLUM WOLRICI DEI GRATIA EPISCOPI TERGESTINI (quindi ad uso personale del vescovo)

SIGILLUM ANGELI DEI GRATIA EPISCOPI ET COMITIS TERGESTINI

 

solo per fare qualche esempio, quindi propendo anche io per quanto già affermato da  chievolan

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Modificato da ak72
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Awards

OK, lo so, esistono decine di sigilli triestini di ogni genere. Lo so. ma vogliamo considerare banalmente gli scritti originali del trecento? in base a quali fatti dovrebbero essere dei sigilli anziché "prove" di monete?

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... ma perché mai i camerari si dovevano preoccupare dei sigilli?

 Beh, ... i camerari si occupavano delle spese. Direi che avevano semplicemente annotato le spese sostenute per la costruzione di coni, senza specificare purtroppo a cosa questi servissero.

Questa mancanza oltretutto fa pensare ad coni "conosciuti" al momento; se essi fossero serviti per ricavare monete probabilmente ciò sarebbe stato indicato.

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Per esempio, banalmente, perché vengono indicati come "conii" anziché come "sigilli"?

 

Perché se fosse stato necessario ottenere più di un sigillo uguale (non pensiamo soltanto all'unicum vescovile) sarebbe stato logico realizzare uno/due coni dai quali ricavarli. 

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mi arrendo allora. credevo di aver trovato una specie di pseudo conio postumo per i vescovi triestini da certi testi autorevoli coevi del '300.

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mi arrendo allora. credevo di aver trovato una specie di pseudo conio postumo per i vescovi triestini da certi testi autorevoli coevi del '300.

No no non arrenderti ...... parliamo di cose di 700 anni fa. Mica detto che io abbia ragione. Fai bene a porti interrogativi. 

Ti dico ancora che come hai evidenziato il pagamento da parte dei camerari "pro factura coniorum" era stato fatto nei confronti di "Tomasino fabro".

Nel 1330 Pagano patriarca è proprio a un tal Thomasio che da incarico di far le sue monete. Che sia lo stesso? Facile. Sicuramente i denari di Aquileia e di Trieste uscivano dalla stessa zecca o comunque venivano fatti dalle stesse maestranze.

 

Quindi .... non si può mai dire. Io ti ho dato una risposta che ritengo la più logica, ma mica detto che sia per forza vera. :)

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Rileggendo il frammento che Andrea ci ha postato del libro di G. Bernardi (è la pag. 56), vedo che viene evidenziata come interessante la notazione "veterum", cosa che farebbe supporre l'esistenza di "soldi novi".

Io avevo pensato che il termine si riferisse al fatto che i denari triestini ormai non venissero più coniati, e resto di questa idea.

Che mi risulti ne G.B. ne altri pensano a "ultimi denari triestini" coniati ma che non ci sono giunti.

 

 

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Però è interessante la "coincidenza" sul periodo storico e sul nome! Resta il fatto che il nostro Tommaso avrebbe potuto benissimo lavorare ad Aquileia per la creazione di monete mentre a Trieste occuparsi della creazione di sigilli.

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Awards

Caro @@gigetto13,

mi sai dire cosa ti ho riposto l'altra volta. Perché così su due piedi non riesco a ricordarmi nulla, né la richiesta né la risposta.

Quello che ti rispondo ora è che mi sembra assai improbabile che si tratti di coni da monete, ma piuttosto di 'cunei' anche molto pesanti, probabilmente da utilizzare in edilizia (cardini, supporti per legare o sostenere murature etc.). Infatti il prezzo del ferro è superiore a quello della fattura del conio, cosa impensabile per un conio da moneta. Senza tener conto che sarebbe forse il primo caso nella storia in cui un fabbro viene chiamato non solo a fondere e forgiare i coni (cosa ben documentata), ma anche ad inciderli. La professionalità non è esattamente la stessa (.... e neppure i calli nelle mani, temo). 

Notte,

Andrea

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Ahimè... mi sa che (triestinamente parlando) ho cagado fora dal bucal !

 

Ricordo che avevi mostrato cauto interesse a riguardo, ma parliamo di quasi dieci anni fa... @@Andreas non ti eri giustamente sbilanciato, infatti mi rendo conto solo ora grazie a te che allora era abbastanza inverosimile la situazione storica. Leggendo "conios" io avevo pensato subito a conii monetari, quando invece il termine si può intendere in altri modi ben più verosimili.

Peraltro, hai ragione, perché pagare un umile fabro per produrre dei punzoni?

 

Per i non triestini, infine, ricordo che il termine dialettale "cugno", ancora usato, traduce l'italiano "cuneo" anche nel senso di cosa indigesta, che si incunea (nello stomaco).

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