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MONETE SUBERATE O DI BUON ARGENTO?


King John

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Nella discussione  “Le monete del Regno di Macedonia”, presente in questa sezione, ci si interrogava sui metodi scientifici per accertare se una moneta sia suberata o di buon argento. Per puro caso mi sono imbattuto nell’analisi di alcune dracme beote effettuata presso il Centre Babelon di Parigi. Posto qui la relazione dei tecnici del Centre Babelon, tesa ad accertare se quelle analizzate siano “des monnaies fourrées ou des monnaies de bon argent”, perché credo che si tratti di un documento di grande interesse.

La relazione è allegata al seguente articolo:

Grandjean Catherine. Les comptes de Pompidas (IG VII 2426). Drachmes d'argent symmachique et drachmes de bronze. In: Bulletin de correspondance hellénique. Volume 119, livraison 1, 1995. pp. 1-26.

doi : 10.3406/bch.1995.1639

http://www.persee.fr/doc/bch_0007-4217_1995_num_119_1_1639

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Modificato da King John
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Nella discussione  “Le monete del Regno di Macedonia”, presente in questa sezione, ci si interrogava sui metodi scientifici per accertare se una moneta sia suberata o di buon argento. Per puro caso mi sono imbattuto nell’analisi di alcune dracme beote effettuata presso il Centre Babelon di Parigi. Posto qui la relazione dei tecnici del Centre Babelon, tesa ad accertare se quelle analizzate siano “des monnaies fourrées ou des monnaies de bon argent”, perché credo che si tratti di un documento di grande interesse.

La relazione è allegata al seguente articolo:

Grandjean Catherine. Les comptes de Pompidas (IG VII 2426). Drachmes d'argent symmachique et drachmes de bronze. In: Bulletin de correspondance hellénique. Volume 119, livraison 1, 1995. pp. 1-26.

doi : 10.3406/bch.1995.1639

http://www.persee.fr/doc/bch_0007-4217_1995_num_119_1_1639

Molto interessante. Articolo legato alla questione della produzione ufficiale di suberati... mi pare di capire che l'ipotesi dell'Head che la confederazione Beotica coniasse monete suberate ufficiali sia in questo caso smentita dalle analisi di laboratorio condotte sui sei esemplari della BNF.

Consideriamo una cosa: a differenza del caso di Aminta III (393-370 ca) e di quello dei tetradrammi ateniesi del 406-405, qui siamo nel III-II secolo a.C. quando la moneta in bronzo era ormai diffusa e accettata nel mondo greco. Pertanto tale espediente avrebbe avuto molto meno senso che nei due casi precedenti... l'idea di moneta fiduciaria non era vista più con orrore a quell'epoca.

La cosa particolarmente interessante di questo articolo è la metodologia utilizzata per ottenere i risultati. Combinazione di due differenti metodi di indagine non distruttivi dei quali, mi pare di capire, uno analizzi la composizione superficiale, l'altro vada leggermente più in profondità e quindi potrebbe individuare la presenza di un eventuale core di composizione differente rispetto alla superficie. Peccato che probabilmente si debba disporre di macchinari molto costosi...

L'applicazione combinata di calcolo della densità, ping test e scivolo magnetico, metodi che mi sono stati saggiamente suggeriti da qualcuno, darebbe quasi certamente gli stessi risultati, ma con una spesa decisamente più contenuta...

Ben fatto King! :good:

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Lavoro interessante per lo studio dei suberati, perchè accanto alla fluorescenza a raggi X (XRF), è stata applicata l’analisi per attivazione rapida del ciclotrone (FNAA). Mentre la prima tecnica permette un’analisi della superficie della moneta (nella matrice d’argento, dei primi decimi di millimetro per il rame e dei primi centesimi di millimetro per l’argento), la tecnica FNAA permette un’analisi globale. Nel caso di un suberato costituito da un’anima di rame sulla quale è stata applicata una sottile foglia d’argento, il metodo XRF dà la composizione del primo strato superficiale mentre il metodo FNAA analizza la foglia d’argento e il tondello di rame, trovando una composizione media. Se la moneta è suberata, i risultati dei due metodi devono essere discordanti, con il metodo XRF che darà una concentrazione d’argento molto alta e il metodo FNAA una composizione alta di rame e bassa di argento. In genere, in un suberato, l’XRF troverà dal 90 al 100% di argento e l’FNAA circa l’80% di rame e il 20% di argento.

 

 

apollonia

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Nella serie di dieci dramme beotiane esaminate nel lavoro citato, l’XRF ha rivelato che la composizione percentuale del rame in superficie non supera il 2,5%. I risultati dell’analisi FNAA sono riportati in tabella che mostra anche le percentuali degli elementi in tracce, dalle quali si può dedurre che è stato utilizzato lo stesso tipo di argento per coniare queste dramme.

 

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Dal confronto dei risultati si vede che i titoli delle monete ottenuti con i due metodi sono gli stessi, nei limiti dell’errore sperimentale (c. 5% relativo per l’FNAA e c. 10% relativo per l’XRF). Il calcolo della media del titolo in argento delle monete dà 93,2 ± 0,6% per l’XRF e 96,0 ± 1,3% per l’FNAA. Quindi si può concludere che le monete non sono suberati ma a base di buon argento e di composizione molto simile.

 

 

apollonia

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DAL SITO DELLA MORUZZI NUMISMATICA SEMPRE SUL TEMA DELLE MONETE SUBERATE:

 

Alla nascita della moneta si accompagna quasi subito l'apparire della contraffazione monetaria; al Cabinet des Médailles di Parigi è conservato un hekte di elettro arcaico di Mileto suberato e chi scrive ha avuto modo di studiare e pubblicare uno statere d'argento coniato a Thera nel 525 a.C. suberato con l'identica tecnica dei denari suberati romani (pellicola d'argento su anima di rame).
Una suberatura analoga è stata riscontrata da chi scrive su stateri incusi arcaici del VI sec. a.C. di Metaponto, di Crotone e di Caulonia, monete queste che per la forma larga e sottile del tondello e per la doppia impronta rilievo/incavo devono aver richiesto una destrezza incredibile al falsari, privato o statale che fosse. 
Erodoto, del resto, ci racconta, sia pure avanzando dubbi sulla veridicità della storia, che Policrate, tiranno di Samo, assediato nella sua isola nel 525/524 a.C. dagli Spartani, si sarebbe liberato dalla stretta mortale pagando i Lacedemoni con stateri di piombo dorato (Erodoto. Storie, III,56, 2.) 
La cosa lascerebbe increduli, sembrerebbe quasi un aneddoto sull'astuzia sottile dei Greci d'Asia contrapposta alla militaresca semplicità (per non dir altro) degli Spartani; senonché alcuni dei famosi stateri di piombo dorato (ormai privi di doratura, ma di incontestabile autenticità) sono giunti fino a noi (Colin M. Kraay, Archaich and Classical Greek Coins, pag. 30, tav. 3, nn. 68 e 69)
Anche in periodo classico ed ellenistico non mancano certo monete suberate emesse da diverse zecche e molte volte di evidente produzione statale; due esempi per tutti: le molte tetradramme suberate emesse dalla zecca di Atene nell'ultima drammatica fase della guerra del Peloponneso o le monete d'argento del re macedone Pausania, tutte suberate, tranne pochissime eccezioni.
Noi qui ci soffermeremo tuttavia sul periodo romano repubblicano e del primo impero, periodo in cui il fenomeno suberatura nei denari d'argento assunse dimensioni rilevanti e su cui si è più concentrata l'attenzione degli studiosi, anche per le implicazioni storico-economiche che il fenomeno comporta.
Il fatto che i denari suberati siano stati in buona parte prodotti dallo stato e non da falsari privati è ormai appurato senza ombra di dubbio. Lo attesta Plinio il Vecchio in due noti passi riferentesi al tardo periodo repubblicano, passi che non sembrano lasciar adito a dubbi interpretativi (Plinio, Storia naturale, XXXIII, 13 e Plinio op. Cit. XXXIII, 46.). Ma sopratutto lo attestano la qualità accurata del lavoro e la relativa complessità tecnica del processo di suberatura stessa, nonché l'utilizzazione, a volte, degli stessi conii usati anche per produrre monete "buone". Non è pensabile che dei falsari, costretti ad operare in officine clandestine, con il continuo timore di essere scoperti, si impegnassero in una produzione tecnicamente raffinata quale quella riscontrabile in gran parte dei suberati; certo esistono anche falsi di fattura dozzinale, che associano a volte un diritto e un rovescio di epoca diversa o che presentano grossolani errori nelle leggende e questi denari sono certo frutto dell'opera di falsari privati, ma l'aspetto generale e la scadente qualità li distinguono da quelli di emissione per così dire "ufficiale". Del resto il falso di stato è anche in seguito sempre esistito, vuoi mescolato ad arte alla moneta buona dello stesso stato che emette i falsi, vuoi falsificando o contraffacendo la moneta altrui.
Il fine può essere il puro e semplice lucro truffaldino o l'intento di destabilizzare la moneta altrui per fini politici o bellici. Si pensi alle contraffazioni genovesi in oro basso emesse per intaccare il prestigio internazionale dei ducati d'oro puro veneziani o alla miriade di contraffazioni emesse per puro lucro dai numerosi signorotti feudali dell'Italia del Seicento o ai 20 franchi di Napoleone III in platino dorato, platino che all'epoca valeva assai meno dell'oro o, infine, alle perfette sterline false, banconote stampate a milioni dai tedeschi nella Seconda Guerra mondiale per destabilizzare la valuta del nemico.
Ma quale era la tecnica usata per suberare i denari romani, quanto meno quelli di sicura emissione statale ? Il Bernareggi, nel 1965, con un'indagine metallografica approfondita applicata su 16 denari romani repubblicani di sicuro conio ufficiale e di emissione statale, distribuiti con un certo equilibrio per tutto il corso degli ultimi due secoli della monetazione romana repubblicana, ha potuto stabilire in modo incontrovertibile il processo di suberatura di una moneta (E. Bernareggi, Nummi pelliculati in Rivista Italiana di Numismatica, vol. XIII, Serie quinta, LXVII 1965, pagg. 5-31. Per l'ulteriore bibliografia sul tema v. questo stesso articolo. Vedi anche Angelo Finetti, Numismatica e tecnologia, 1987, pagg. 42-45.). Senza stare qui a ripetere analisi e complessi dettagli tecnico scientifici che chiunque desiderasse approfondire l'argomento può trovare nell'articolo del Bernareggi, si può concludere che il procedimento era il seguente: un tondello di rame puro, ricavato da fusione, cui erano stati dati forma e peso voluto, veniva lucidato a specchio, al fine di ottenere una superficie lucida, priva di ossidi. A questo dischetto veniva applicata manualmente con un mezzo di compressione a freddo una sottile lamina d'argento puro preparata in precedenza, curandone la perfetta aderenza al tondello di rame per impedire che tra la lamina d'argento e il tondello penetrasse aria e quindi ossigeno con conseguente formazione di ossidi di rame. Il dischetto così rivestito veniva posto con gli altri analogamente preparati in un contenitore e portato alla temperatura di fusione dell'argento che liquefacendosi avvolgeva uniformemente come una glassa senza crepe né sbavature il tondello di rame sottostante. L'argento fonde a 960,5 gradi mentre il rame fonde a 1083 gradi. Alla temperatura in cui l'argento era fuso il rame sottostante cominciava quindi anch'esso ad ammorbidirsi in superficie per cui si determinava la formazione di una zona intermedia subcorticale di cristalli commisti di argento e di rame. L'argento fuso tendeva lentamente a colare addensandosi in basso per cui lo spessore della rivestitura era un poco maggiore nella parte in basso della moneta. Solidificandosi nel raffreddamento l'argento restava comunque perfettamente e uniformemente aderente e quasi saldato al dischetto di rame grazie alla compenetrazione dei due metalli nella zona di contatto fra loro. Nel corso del raffreddamento, a una temperatura relativamente bassa, si procedeva alla coniazione la cui forte percussione compattava ulteriormente le due componenti della moneta. Grazie a questa tecnica sofisticata si ottenevano monete contraffatte dalla copertura argentea robustissima. Chi scrive ha potuto vedere più di una volta suberati giunti fino a noi dopo duemila anni con la loro copertura ancora pressoché integra e la cui vera natura può essere rilevata soltanto dal peso (il rame ha un peso specifico minore dell'argento).
Ci si può chiedere a questo punto che convenienza economica potesse avere lo stato a realizzare falsi di così complessa fabbricazione per risparmiare alla fin fine circa 3 grammi di argento sostituendoli con un peso appena inferiore di rame. Oggi il costo elevato della manodopera, il costo relativamente alto del rame e quello relativamente basso dell'argento renderebbero del tutto antieconomica una simile operazione.  Così non era nel mondo antico dove la manodopera servile era abbondante e non costava praticamente nulla e dove l'argento valeva rispetto al rame assai più di oggi. L'unica spesa era quella molto modesta del riscaldamento del metallo fino al punto di fusione dell'argento. Quindi la produzione dei suberati nel mondo romano era operazione assai redditizia.
La produzione di monete d'argento suberate, proseguita con maggiore o minore intensità in epoca imperiale, diventa sporadica all'epoca di Comodo per cessare definitivamente con Caracalla quando la progressiva alterazione della lega d'argento toglie ogni convenienza economica alla suberatura.
Nel campo delle monete d'oro la presenza di esemplari suberati (evidentemente realizzati con una tecnica diversa) è molto più sporadica e si concentra soprattutto nell'ultimo periodo dell'impero. Nel marasma politico, militare e monetario dell'epoca è probabile che trovassero più agevole campo di azione i falsari privati anche se i pezzi giunti fino a noi dovrebbero essere più a fondo e più sistematicamente studiati per cercare di stabilire la loro probabile origine statale o privata.

Giorgio Giacosa 

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