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Auguri a tutti gli Innamorati, ma ricordiamo anche


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Risposte migliori

San Modestino, San Fiorentino e San Flaviano

 

Auguri a Tutti gli Innamorati con la I maiuscola, perché si è Innamorati della propria Moglie o del proprio Marito, dei Figli, della Famiglia, della Vita:

Chi ama è sempre innamorato.

 

Ma ricordiamo anche i Santi del giorno 

 

San Modestino, San Fiorentino e San Flaviano

 

San Modestino, San Fiorentino e San Flaviano sono santi dalla Chiesa cattolica venerati insieme, per aver subito insieme il martirio e sono i patroni della città e della Diocesi di Avellino e della città di Mercogliano in provincia di Avellino e compatroni della città di Locri e della Diocesi di Locri-Gerace (in Calabria).

 

San Modestino nacque ad Antiochia nel 245 da una nobile famiglia e sul finire dell’anno 302 venne scelto dal clero e dal popolo, che potevano testimoniare i suoi meriti quale vescovo della città e patriarca della regione di Antiochia, succedendo al vescovo di Doroteo. Dato l’editto di persecuzione di Diocleziano, emanato nel 303, fu costretto a ritirarsi in un eremo sul monte Silpio, dove rimase sette anni. Nel 310 ritornò alla sua sede patriarcale per predicare il Vangelo di Cristo e perciò fu arrestato, sottoposto a varie torture. Liberato dalla prigione dai fedeli della sua diocesi, partì con due compagni, il sacerdote Fiorentino e il diacono Flaviano per giungere in Italia. Approdati in Calabria, a Locri, ove predicarono il Vangelo, furono di nuovo arrestati come cristiani e tradotti a Sibari, dove vennero, per la seconda volta liberati – secondo la tradizione – miracolosamente dall'Arcangelo Michele.

Per via mare raggiunsero Pozzuoli o Cuma e da qui giunsero in Irpinia, nei pressi di "Abellinum" ove predicarono gli insegnamenti di Cristo. Modestino compì anche dei miracoli e delle guarigioni.

I Tre furono nuovamente arrestati e, processati da un inviato dell'imperatore Massenzio, furono portati nel luogo detto "Pretorio" di Mercogliano, dove subirono il martirio con vesti arroventate: morirono nella notte fra il 14 e il 15 febbraio del 311.

I loro corpi furono raccolti dai cristiani abellinati e sepolti, sui corpi furono poggiate un’insegna con i nomi e le dignità, inoltre a San Modestino fu poggiata, sul corpo, una scultura argentea raffigurante una colomba.

 

Purtroppo questi Atti, redatti come legenda per l’Ufficio divino, non meritano alcuna fede, essendo ricalcati, a volte pedissequamente, su quelli di Sant’Erasmo di Capua.

 

La scarsità e la mancanza di autorevoli fonti documentarie sulla vita di San Modestino, San Fiorentino e San Flaviano sono state colmate dalla fede dei credenti che sin dai secoli passati si sono rivolti al Santo Patrono con certezza e profonda sincerità.

 

Nel 1220 San Modestino fu nominato patrono della città e della diocesi di Avellino dal vescovo Ruggiero, ma si ricorda sempre insieme ai suoi compagni: San Fiorentino e San Flaviano.

 

A questo punto è opportuno ricordare che la storia della “Santa Chiesa Avellinese” ebbe inizio da un gruppo di credenti sparsi nel municipium o colonia di Abellinum frutto della predicazione apostolica sull’asse delle strade consolari, ma la vitalità e la tenacia di questi cristiani è testimoniata dai fedeli martirizzati durante la persecuzione di Diocleziano.

Questi personaggi e luoghi della vita e della fede emergono nel consultare una pergamena del 1308, conservata nelle carte dell’archivio della Cattedrale di Avellino. Risulta da questo documento che il vescovo Francesco, in quell’anno inviava ad Avignone una delegazione guidata dal cerusico Giovanni Cantalupo, ottenendo il riconoscimento pontificio per il culto di San Modestino con un “breve” del Papa Clemente V che concedeva cento giorni d’indulgenza a quanti: “in nativitatis et cenae ressurrectionis D.N.J.C. ac singulis beatae M.V. matris eius nec non apostolorum et martiris praedictorum festivitatibus ecclesiam devote visitaverint annuatim”.

 

È il vescovo di Avellino, Ruggiero (circa 1215 – 1240) che ci ha tramandato la narrazione del rinvenimento e della traslazione delle reliquie di San Modestino, San Fiorentino e San Flaviano, eseguita dal suo predecessore, il vescovo Guglielmo (circa 1166 – 1206).

Il vescovo Guglielmo, sempre intento nell’instancabile ricerca di materiale da riutilizzare per la costruzione della Cattedrale, il 10 giugno 1167, accompagnato dall’arcidiacono Bernardo, dall’arciprete Guglielmo, dal primicerio Alferio, maggiori dignità del Capitolo dei canonici e da alcuni “boni homines”, “rinveniva” nel “loco Urbinianum”, nei pressi del pretorio di Mercogliano, distante da Avellino circa tre miglia, nello scavo di una antica colonna rinvenne, “per celeste ispirazione”, le spoglie di San Modestino e dei compagni martiri. La cronaca riporta che Il vescovo Guglielmo, ispirato da Dio, volle procedere alla loro traslazione nella cattedrale di Avellino, non rifuggendo da alcuni ingenui stratagemmi per eludere la prevedibile opposizione da parte degli abitanti del castello di Mercogliano e del casale di Urbiniano. Narra frà Scipione Bellabbona che, “a schiere vedevansi le persone uscite incontro alli corpi de’ Santi Martiri. Li fanciulli svellendo li rami dall’alberi adornavano le strade, et ogni canto era ripieno di soavissimi odori… a gara sforzavasi ciascuno di dar lode a Dio e a fare onore ai santi martiri”.

In ricordo di tale evento, nel passato in Duomo ogni anno, il 10 giugno, veniva celebrato il sinodo diocesano e in città si svolgeva una grande fiera. Alla vigilia della festa si rievocava la traslazione delle reliquie del Patrono con una solenne processione con i busti dei Santi Modestino, Fiorentino, Flaviano, Gennaro, Lorenzo, Anna, Biagio, Carlo Borromeo, Filippo Neri, Gaetano da Thiene, Andrea Avellino e Apollonia, fino alla chiesa di San Carlo al Largo, edificio oggi non più in essere, in quanto ove si innalzava tale chiesa, l’attuale Piazza Libertà, verso la fine del XIX secolo subì devi stravolgimenti urbanistici, per un migliore adeguamento alla nuova società. Conclusa la veglia notturna, il busto argenteo di San Modestino sorretto dalle prime quattro dignità capitolari arcidiacono, arciprete, primicerio maggiore e minore, insieme agli altri busti reliquiari venivano riportati in Cattedrale. Accompagnavano il corteo del vescovo, scortato dai suoi cursori, il governatore, il sindaco e gli eletti fiancheggiati dai mazzieri, gli archibugieri, le dodici confraternite religiose e le sette comunità monastiche: Conventuali, Cappuccini, Domenicani, Camaldolesi, Fatebenefratelli, Verginiani ed Agostiniani.

 

Quanto al termine della traslazione vi è una doppia versione: quella avellinese, che vuole che il vescovo Guglielmo abbia effettivamente trasportato nella cattedrale di Avellino le sante spoglie (e in questo coincide con la relazione del vescovo Ruggiero) e quella mercoglianese, che sostiene che i corpi trovati, rimasero in paese.

Ambedue i comuni hanno come patrono San Modestino.

 

A Mercogliano, comune a circa 6 Km da Avellino, nella chiesa dedicata a San Modestino, vi è, entrando, nella seconda cappella a sinistra un piccolo pozzo indicato come il luogo preciso in cui giacquero per tanti secoli e furono poi ritrovate le sacre ossa dei martiri. Le prime notizie relative alla struttura risalgono al 1052. Essa è ubicata al di fuori del perimetro segnato un tempo dalle mura. All'interno della chiesa l'altare maggiore è dedicato a San Modestino e ai suoi compagni martiri, anche la pala dell'altare rappresenta i Santi martiri mentre l'iscrizione apposta, esprime la glorificazione come frutto del martirio e corona della vita illibata e apostolica dei tre Santi, ivi rappresentati insieme con la Madonna del Carmine.

 

I resti ossei dei tre martiri ritrovati nell'estate del 1166, che secondo la tradizione avellinese, furono portati nella cattedrale di Avellino, sono oggi conservati nella "Cappella del Tesoro di San Modestino" del Duomo di Avellino, dedicato a “Santa Maria Assunta”. 

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