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La zecca di Messina


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Posto con piacere questo articolo trovato sul web, spero sia spunto di interesse e di discussione.

 

La monetazione di Messina: brevi cenni

 

Dai Greci ai Romani, dai Normanni agli Spagnoli Messina vanta una ricca e duratura esperienza di zecca monetale.
Le prime monete (525 a.C.), dracme e frazioni in argento con un delfino che nuota all’interno del porto, furono battute da Zancle, antico nome della città derivante da zanclon/‘falce’, con riferimento al porto falcato. Da sempre la città dello Stretto era stata in contatto col Mediterraneo orientale e l’importante funzione portuale si rifletté sulle sue monete.
Più tardi, in un’ottica orientata all’espansionismo e all’affermazione locale, Anassila di Reggio, impadronitosi di Zancle con l’aiuto di Messeni, ne mutò il nome in Messana e coniò a nome delle due città dello Stretto monete con i medesimi tipi: dapprima con testa di leone e sul rovescio testa di vitello, poi i tetradrammi con biga di mule e lepre. Si trattava della prima esperienza di moneta unica che, come l’euro attuale, rinsaldava - mediante vantaggi economici - i legami politici all’interno del regno di Anassila. La biga celebrava la vittoria del tiranno ad Olimpia, ma il mulo – nato dall’unione di cavalla e asino – simboleggiava l’unione tra due popoli diversi, i vecchi Zanclei e i colonizzatori Messeni.

Nel corso del V sec. a.C., l’importanza dell’area dello Stretto è documentata, a Messana, dalla coniazione della prima moneta in oro della Sicilia (450 a.C. ca), come pure dall’abbondante afflusso di valuta straniera, soprattutto ateniese, indizio della vitalità dei traffici commerciali e del pagamento di dazi e pedaggi portuali. Coinvolta negli avvenimenti militari della guerra del Peloponneso, fra 420 e 405 a.C. Messina sperimenta una grande stagione di fioritura artistica e orgoglio civico. Sui tetradrammi compare Messana, personificazione della città, alla guida della biga di mule; al rovescio un giovane Pan seduto su roccia trattiene una lepre. La caccia alla lepre era una pratica riservata ai più giovani, il cui successo dipendeva dalla velocità delle gambe. Il dio, che aveva catturato una lepre viva, era un modello di abilità e coraggio che la città proponeva alla sua gioventù. Ai medesimi anni si data la ricca serie con testa di Peloriás, la “Gigantessa”, personificazione di Capo Peloro, cui si accompagna Pheraimon, il mitico “condottiero” figlio di Eolo e signore della costa settentrionale della Sicilia. Nelle due figure è possibile riconoscere i modelli ancestrali dei popolari Giganti Mata e Grifone, cui ancora oggi i Messinesi attribuiscono il ruolo di fondatori e protettori della loro città.

 

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ZANKLE: Dracma d’argento, 525-494 a.C.: D/ Delfino entro la falce del porto.
R/ Pianta di edificio, all’interno conchiglia.

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MESSANA: Tetradrammo d’argento, 410 a.C. ca: D/ Biga di mule (apene) al passo guidata dalla dea Messana; in alto, Nike che la incorona; in esergo, due delfini affrontati;
R/ Lepre in corsa, in basso spiga in alto colomba. MESSANION sotto la linea di esergo.

 

Ambita e sfruttata da molti per la posizione strategica che consentiva il controllo di due mari, nei secoli successivi Messana non godrà più del ruolo economico sperimentato nel V sec. a.C., in cui per volume di emissioni era stata seconda soltanto a Siracusa. Occupata nel 285 a.C. da mercenari Mamertini, la città diviene ben presto la porta di accesso di Roma alla conquista della Sicilia. Le monete mamertine, coniate in bronzo e dotate nel tempo di segni di valore e pesi analoghi a quelli romani, appartengono agli anni delle guerre puniche e servono a pagare le spese quotidiane delle guarnigioni presenti nell’isola. Su di esse ricompare il guerriero Pheraimon, ma si adottano anche tipi derivati dai maggiori regni ellenistici. La zecca batte moneta anche a nome di Roma: studi recenti localizzano a Messana gli aurei con Marte/aquila ritenuti battuti nella zecca dell’Urbe.
Con Roma signora della Sicilia, Messana non batte più moneta a nome proprio; negli anni 45-40 a.C. sembra funzionare come zecca di Sesto PompeoPrefetto della flotta romana e dei litorali”. Per tutta l’età imperiale a Messana circolerà solo la moneta proveniente dalle zecche imperiali o dalle province romane. All’arrivo dei Bizantini in Sicilia (535 d.C.) il ruolo di Messina, ridotta ad avamposto militare senza particolare importanza, appare piuttosto secondario.

 

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MESSANA MAMERTINA: Bronzo, 215 a.C. ca. D/ Testa di Zeus;
R/ Pheraimon all’attacco, a destra lettera P(entonchion)

 

La città entra nella fase medievale solo al tempo della conquista normanna (1060): la felice posizione geografica e il porto naturale ne favoriscono lo sviluppo. Anche se forse la zecca era già stata attiva sotto gli Arabi, è con Ruggero d’Altavilla (1130-1154) che iniziano le emissioni della città in oro e rame con il nome MASÎNI e l’indicazione degli anni 1145 e 1151, affiancandosi a quelle di Palermo in oro e argento anch’esse con doppia iscrizione in arabo e greco. La conquista dell’isola - ad opera di Enrico VI (1194) - segnò l’avvio della dominazione sveva. La zecca peloritana, unica tra quelle siciliane, continuò a battere tarì d’oro e, forse, a coniare anche i denari di mistura, con i quali la Sicilia s’inserì in un trend monetario europeo che coinvolgeva anche l’Italia meridionale. Durante il regno di Federico II (1197-1250) viene introdotta una nuova moneta d’oro, l’augustale, multiplo del tarì e ispirato nell’iconografia alle monete dell’antico Impero romano. Il sovrano vi compariva coronato d’alloro insieme all’aquila imperiale: l’emissione della nuova moneta fu affidata soltanto a Messina e a Brindisi.

 

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Ruggero II (1102-1154), follaro di rame: D/ busto frontale della Vergine con Bambino; R/ REX/.W.
In caratteri cufici: duriba bi-madinat Masina sanata 550 (Coniato a Messina l’anno 550)

 

La lunga fase delle crociate e l’apertura dei mercati mediterranei assicurarono lo sviluppo economico e un vistoso incremento demografico; l’attività della zecca messinese divenne di conseguenza imponente. Nella città peloritana l’ordine dei Templari aprì la banca che rilasciava lettere di credito, precorritrici delle nostre “carte”, che consentivano di viaggiare con poco denaro e di riscuotere all’arrivo il denaro versato in precedenza. Durante la lunga fase della dominazione aragonese (1282-1412) la graduale formazione di un patriziato messinese e l’intensa vita commerciale contribuirono a rafforzare la ricchezza e il prestigio economico e politico della città, codificandone il ruolo di zecca regia. Sebbene nel 1357 Ludovico e Giovanna avessero promulgato la nuova carta dei diritti di Messina, rilanciando l’attività della zecca e del locale arsenale, il privilegio di coniazione dovette essere riconfermato più volte dietro l’esborso di pesanti somme.

 

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Carlo I d’Angiò (1266-1285), ‘saluto’ d’oro (zecca di Napoli): D/ Stemma della casa d’Angiò;
R/ L’Annunciazione.

 

Nel corso del ‘400 e agli inizi del ‘500, a fronte della perdita della libertà politica sotto la monarchia spagnola, Messina viene comunque proiettata in una dimensione mediterranea, divenendo luogo di incontro di mercanti e di intellettuali. La coltura e il commercio della seta e dello zucchero contribuiscono a favorire la mobilità sociale consentendo ai populares di divenire parte integrante del ceto dirigente. La zecca di Messina opera adesso come un moderno stabilimento, bene organizzato e con una crescente attività. Se negli anni 1414-1415 lo zecchiere Francesco Campulo aveva coniato 3.900.000 denari, venti anni più tardi la produzione era arrivata a 23.500.000 pezzi. Una produzione così intensa non dipendeva dalle esigenze economiche dell’isola quanto dai numerosi donativi che bisognava pagare agli Spagnoli. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo il lento declino di quella monarchia influenza anche la Sicilia. A Messina, per far fronte al fabbisogno monetale, si battono piccole monete in argento da tre cinquine e mezzo carlino, ma ben presto non si coniano più monete d’oro né scudi d’argento.

 

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Dal 1621 con Filippo IV, il declino della Spagna diviene inarrestabile. La fortissima pressione fiscale porta allo scoppio di varie rivolte nel Meridione, tra le quali quella di Messina del 1674, la cui repressione comporta la perdita del privilegio di zecca regia. Si chiudeva così il periodo aureo dell’economia messinese, anche a seguito della contrazione del commercio della seta, asse portante dell’economia peloritana, per quanto il porto rimanesse nevralgico per i traffici mediterranei.

 

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Filippo IV (1621-1665) Quattro tarì d’argento: D/ Ritratto del sovrano;
R/ Aquila araldica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Modificato da ozacido
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Per approfondire, pubblico un estratto dal volume "Messina città nobilissima" di Giuseppe Buonfiglio, datato 1606, in cui si descrive la collocazione della zecca di Messina e il suo aspetto.

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  • 2 settimane dopo...

Salve,

complimenti per lo splendido post che hai deciso di scrivere.

Da messinese la lettura è stata ancora più avvincente e piacevole.

Un ottimo spunto per un filone collezionistico.

Grazie mille

A.

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Buongiorno, sto preparando degli altri approfondimenti sulla zecca di Messina, nel frattempo vi regalo questa immagine riassuntiva del periodo di Carlo V.

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2 ore fa, ozacido dice:

Buongiorno, sto preparando degli altri approfondimenti sulla zecca di Messina, nel frattempo vi regalo questa immagine riassuntiva del periodo di Carlo V.

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Ciao @ozacido, nell'attesa....ammiriamo le tue splendide monete.

Saluti,

Rocco.

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