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Navalia imperiali e bizantine


Lepanto2007

Risposte migliori

Buonasera a tutti. Per chi già mi conosce nell'ambito del periodo repubblicano, le mie quasi quotidiane annotazioni sulla ricerca storica delle raffigurazioni di navi ed imbarcazioni romane non sono una novità. Con estremo coraggio, ma essendo presente alla mostra di Vinovo era un passaggio inevitabile, vi butto questa "provocazione". Io non sono un numismatico, ma ho rilevato dalle molte immagini, che mi sono state inviate, una notevole produzione di imbarcazioni nelle monete romane.

Come ben sapete il "limes" tra romano e bizantino non è poi così delineato, forse più chiaro nel vostro specifico settore che non nel mio. Come dire, c'è voluto un bel po' per stabilire che dal III secolo ben avanzato in avanti un mercantile bizantino si distingue in genere per l'apluste (decorazione sulla prua) a forma di testa d'uccello rispetto all'usuale ricciolo ricurvo o innalzamento rettilineo della chiglia e delle convergenze anteriori del parapetto. Quasi sempre di conseguenza sparisce l'artimone (quella vela quadra molta angolata aggettante sulla prua) e le immagini sembrano riferirsi a scafi di misura inferiore alle grandi frumentarie di Alessandria, che toccavano i 50 metri fuori tutto.

Di un fatto sono certo: le monete sono più facilmente classificabili di una carena in fondo al mare . . . per questo la conoscenza è, a mio parere, senza limiti.

Grazie a quanti mi aiuteranno

Lepanto2007

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scusa ma non ho ben capito. Ti interessano raffigurazioni di navi del tardo impero romano o su monete bizantine??

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Ciao a tutti e grazie per le risposte, che delineano la differenza tra il vostro metodo di classificazione e quello usato in campo navale: in effetti per me la marineria bizantina è già caratterizzata a partire dalla metà del III secolo. Vorrei incanalare la ricerca di materiale numismatico del tardo Impero individuando la presenza o meno di immagini in cui compaiano le distinzioni tra le due cantieristiche. Non si tratta quindi solo delle prue, anche se ho visto che in genere compare quel particolare.

Se fosse possibile, allegatemi poche immagini alla volta, così la mia analisi può essere più rapida. Al momento vorrei fermarmi a non oltre la fine dell'Impero d'Occidente . . . perchè Bisanzio è un mondo piuttosto astruso!

Grazie ancora e a presto

Lepanto2007

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io comincerei da questo spettacolare medaglione di Costantino. Purtroppo devo dire che dal IV secolo in poi ho scarsamente presente dei rovesci con prue o navi. Tra l'altro la svalutazione di quei periodi bui fece si che la maggior parte delle monete fossero piccoli nummi con poco spazio per sofisticati disegni.

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...cID=157&Lot=357

notevole anche questo Postumo:

http://www.coinarchhttp://www.coinarchives...cID=157&Lot=357[/url]

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Ciao a tutti, in particolare a Commodo73, a cui rispondo in velocità data l'ora (ma poi ci risentiremo in modo più specifico).

In ambito guerre puniche, riprodotto però in periodo imperiale, la galea da battaglia "classica" era una nave a remi e velatura ausiliaria composta da due vele quadre, una a prua, l'artimone, e l'altra a centro nave, la maestra, quest'ultima spesso sormontata da due "gabbie" triangolari montate sui sostegni del pennone. Il motore, o corpo di voga, variava in funzione della disponibilità di rematori (quasi tutti schiavi o prigionieri di guerra) ed ovviamente delle dimensioni dello scafo. Potremmo definire quale nave base la quinquireme, che i Romani copiarono da nrelitti cartaginesi: il termine significa "nave a 5 ordini di remi", che però non vanno mai intesi nel senso di piani soprapposti o ponti, in quanto sarebbe stato del tutto inutile innalzare ed appensantire la costruzione senza alcun risultato pratico. Quindi secondo gli studiosi moderni queste navi avevano 2 o 3 file di remi vogate in un interscalmo (distanza tra un remo e quello immediatamente vicino sulla stessa fila) da un complesso di 5 uomini (3 sopra e 2 sotto) per una "cilindrata" unitaria di 1,25 cavalli ad interscalmo e totale di neppure 65 cavalli vapore. Di norma ce n'erano 25 per fiancata, quindi una sifatta galea aveva ben 250 vogatori compressi in uno spazio di circa 30 metri di lunghezza (lunghezza delo scafo completo sui 42-45 m.),per 6 di larghezza inclusa la corsia di passaggio centrale. I marinai erano circa una decina, poi vanno calcolati i soldati (a seconda della battaglia, vedi Azio) che potevano superare il centinaio di unità, timonieri, contabili, battitore del tempo di voga e aguzzini, altro personale. In totale quindi una galea in esercizio aveva a bordo circa 300 persone, le più grandi con macchine da guerra potevano toccare i 400 in ordine di battaglia, anche se la loro mobilità diveniva del tutto aleatoria: in epoca bizantina, nuove teorie indicano che questo metodo fosse sfruttato per portare intere task forces ad esempio fino a Ravenna. Con 10 navi vogate dagli stessi soldati si facevano 4000 guerrieri, in pratica un esercito altomedioevale di medie dimensioni.

I disegni li vedrete a Vinovo, per intanto buonanotte e, mi raccomando, segnalatemi se le spiegazioni sono troppo tecniche o poco chiare.

Lepanto2007

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Potremmo definire quale nave base la quinquireme, che i Romani copiarono da nrelitti cartaginesi: il termine significa "nave a 5 ordini di remi", che però non vanno mai intesi nel senso di piani soprapposti o ponti, in quanto sarebbe stato del tutto inutile innalzare ed appensantire la costruzione senza alcun risultato pratico. Quindi secondo gli studiosi moderni queste navi avevano 2 o 3 file di remi vogate in un interscalmo (distanza tra un remo e quello immediatamente vicino sulla stessa fila) da un complesso di 5 uomini (3 sopra e 2 sotto) per una "cilindrata" unitaria di 1,25 cavalli ad interscalmo e totale di neppure 65 cavalli vapore. Di norma ce n'erano 25 per fiancata, quindi una sifatta galea aveva ben 250 vogatori compressi in uno spazio di circa 30 metri di lunghezza (lunghezza delo scafo completo sui 42-45 m.),per 6 di larghezza  inclusa la corsia di passaggio centrale.

180276[/snapback]

Vorrei fare una segnalazione.

Ho letto in Tartessos di Juan Maluquier De Motes edizione speciale ( e credo molto rara) edita per la Cassa di Risparmio (Caja de Ahorros) San Fernando 1984, che erano già in pieno uso nella seconda metà del VI sec. a.C. imbarcazioni quinquiremi presso i Focensi, differentemente da tutti gli altri popoli Greci che usavano navi di dimensioni più grandi per una maggiore capienza e quindi meno rapide. Questa fu la ragione per cui la polis Samos perse la sua "battaglia" per il controllo dei mari "Occidentali" ( dal "largo" della costa Campana fino alle Colonne d'Ercole) contro la rivale Focea. Focea quindi si impose come potenza commerciale a vasto raggio e ciò provocò una forte reazione dei Punici, che si sentirono minacciati nella propria sfera d'azione (soprattutto altissimo era il terrore di perdere il controllo della ricchissima regione mineraria e metallurgica andalusa, sede dell' "impero" tartessico). La guerra fu su vasta scala e si svolse in più punti del Mediterraneo occidentale fino all'epilogo: la battaglia di Alalia nel 535 a.C., in cui i Cartaginesi e i loro alleati Etruschi distrussero il meglio della flotta focense annullando il loro sogno di dominio.

A questo punto è necessario fare una serie di considerazioni più attinenti alla mia sollecitazione.

Le rotte per giungere alle Colonne d'Ercole nell'epoca di cui scrivo, prevedevano due possibili percorsi (la navigazione era di cabotaggio, cioè si seguiva la costa; raramente la navigazione d'altura e SOLO per rotte "conosciutissime"). Il primo, cioè quello di più antico uso, prevedeva la serie seguente di scali successivi: isola di Ischia, Sardegna, Minorca, Maiorca, Ibiza (Ebusus), per poi passare alla costa iberica continentale, nei pressi di Alicante, e proseguire lungo di essa fino allo Stretto di Gibilterra. Chiaramente questa rotta era in " condominio", dall'isola sarda alle coste spagnole, tra le navi focense e le imbarcazioni puniche (soprattutto). Nel momento in cui la pressione cartaginese diviene più forte sui commerci dei marinai focensi, questi ultimi sono costretti a cambiare percorso seguendone uno che fino ad allora restò solo secondario per la rotta dei metalli, cioè la direttiva che partiva dalla costa gallica di Massalia (ecco come storicamente sarebbe nata effettivamente la colonia focense Massalia, altra storia e la sua leggenda :) ) e che attraverso il Golfo di Rosas (indi la colonia iberico-focense di Emporion) giungeva alla terra dei Tartessi. Nella realtà dei fatti furono fondati da Focea altri emporii lungo la costa mediterranea spagnola i cui siti si stenta ancora ad individuare con certezza: Hemeroskopio, Alonai, Molybdon, Mainake etc.

Lo spostamento dei Focensi alla nuova rotta è da motivarsi con la conquista punica della Sardegna, che ora rappresentava un muro quasi invalicabile per le imbarcazioni greche.

Lo status quo che esisteva dal 648, data di fondazione di Hymera da parte di coloni calcidesi (provenienti da Zancle, Messina) in Sicilia, inquadrava i Greci protesi all'espansione verso Occidente in ogni dove del Mediterraneo e contrati dai Punici (che nel frattempo si erano impadroniti della parte occidentale della Sicilia). Tale equilibrio fu rotto dai Focensi che si attirarono i risentimenti e le antipatie, oltre che dei Cartaginesi, dei Greci stessi di poleis rivali. Il destino del dominio di Focea era quindi segnato dall'inizio.

Dopo questa digressione storica, che spero non abbia annoiato, passo alla parte tecnica.

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Siamo sicuri che le quinqueremi furono un' invenzione del mondo della navigazione fenicio-punica e non focense?

Rivolgo questa domanda non essendo colto nella tecnica e nella struttura delle imbarcazioni ma semplicemente come un libero pensatore che associa dei concetti storici che ha appreso.

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Congratulazioni a tutti per la qualità che state dando a questa "discussione". Rispondo a Gionata, ma sono certo di coinvolgere un po' tutti. Per Internet non è facile trasmettere conoscenze ancora appannaggio di carpentieri, architetti navali o falegnami, che spesso e volentieri cerco di imitare "dal vivo" cercando di calarmi nel loro tempo e nelle loro professionalità. A Vinovo spero di far capire cosa intendo con questo. Entriamo ora nel vivo: è verissimo, come segnala Gionata, che alcune traduzioni riportano l'invenzione della quinquireme a epoche molto antiche: di fatto, quando a Salamina nel 480 a.C. gli Ateniesi portarono in battaglia il loro modello superaggiornato di trireme, questa fu una sgraditissima sorpresa per i ben navigati Fenicie le loro triremi, che in prima linea sostennero per un'ora o poco più l'urto degli scatenati ellenici. Di questa nave, a cura della Marina Militare Greca e di musei ed associazioni internazionali, è stata realizzata una replica al vero, su cui ci stiamo ancora dibattendo perchè molte soluzioni soprattutto relative al corpo di voga appaiono arbitrarie e, quel che è peggio non del tutto funzionali.

Gardiner in testa su "The age of the galley", al pari di Casson, Landstroem e Giacomazzo (così mi fate sentire tra i grandi), sostiene che le documentazioni raffigurate, a cui in fin dei conti dobbiamo rendere giustizia perchè vuol dire che erano manufatti visibili, di poliremi oltre la trireme attica si svilupparono in epoca postalessandrina, trovando in Grecia ed Egitto (dinastia dei Tolomei) risorse tali che svilupparono questi mastodonti. In precedenza le stesse potenzialità costruttive sembra non potessero spingersi a tanto. A Vinovo porterò l'elaborazione della sistemazione dei 5 vogatori all'interno di una quinqui con 3 remi per interscalmo, variabile ma unica unità di misura per valutare il meccanismo di queste navi. Di certo si trattò di uno stupefacente successo ingegneristico, se pensate che Ulisse andrebbe storicamente collocato al 900 a.C. e che quindi in circa 600 anni la galea mediterranea subì cosi vaste migliorie (in confronto, credetemi, il passaggio dalle prime navi in ferro e a vapore alla portaerei nucleare è stato ben meno complesso).

A prestissimo

Lepanto2007

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Caro Gionata, sicuramente si per una massa di motivi tecnici e non solo. Ovvio che il mio "sicuramente" si basa sull'assenza di fonti al di la di quella che hai citato tu, ma soprattutto sulla documentazione iconografica, che non ci permette un passaggio così ardito. Se a questo aggiungi la consistenza numerica degli uomini utilizzabili per la guerra in mare da un territorio a limitate risorse di sostentamento (e quindi popolazione) come i nostri amici Focesi o Focensi - ho trovato entrambe le diciture - puoi renderti conto che anche ammessa la potenzialità tecnica, quando su una galea di 'ste misure mettevi alla voga 250 uomini + equipaggio + soldati imbarcati, con una flotta di 10 navi avevi completato un esercito mica male, il che lascia gli studiosi assai in dubbio.

Quello che stride soprattutto nell'ipotesi è che in quel modo la quinqui sarebbe addirittura più antica della trireme: come avrebbero saputo disporre i vogatori, se non arrivando per tappe successive con l'incremento di un nuovo vogatore e un nuovo remo per interscalmo? Se poi consideriamo che le triremi erano unità quasi innovative a Salamina (480 a.C.) vedo la storia alquanto sconcertante.

A mio avviso va però considerato un elemento ancora più importante: la quinqui, perla delle flotte cartaginesi, era una nave da battaglia poco propensa alla tattica dello speronamento (quello per intendersi del film "Ben Hur"), ma un possente scafo che faceva dell'esperienza di provati equipaggi l'arma per manovrare, attaccare sui fianchi o alle spalle le navi nemiche, disarticolarne la formazione e alla fine gettare all'abbordaggio i propri soldati. Prosopea a parte, sappiamo benissimo che i "corvi", cioè le passerelle abbattibili delle galee romane di Caio Duilio, avevano proprio lo scopo di limitare la manovra avversaria, lanciando i propri manipoli all'assalto del ponte nemico, dove il più pesante armamento dei Romani non lasciò scampo. Da ciò la costruzione di una quinqui era molto complessa e pretendeva legname ben lavorato e montato, che non risulta all'altezza professionale della cantieristica nel VI sec. a.C. Un po' tutti, allora come oggi, usavano la propaganda per intimorire potenziali nemici o vantarsi presso i vicini: non credo che l'esempio differisca da altri. Se non sbaglio, comunque, la fonte a cui ti riferisci non risulterebbe con certezza composta nella stessa epoca delle presunte quinqui focesi ma, come spesso accade, riferimenti più tardi su cui penso che i cronachisti abbiano giocato . . . a dimostrare che i vascelli più potenti li costruirono comunque loro.

A presto

Lepanto2007

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Se non sbaglio, comunque, la fonte a cui ti riferisci non risulterebbe con certezza composta nella stessa epoca delle presunte quinqui focesi ma, come spesso accade, riferimenti più tardi su cui penso che i cronachisti abbiano giocato . . . a dimostrare che i vascelli più potenti li costruirono comunque loro.

181022[/snapback]

Lepanto2007 non saprei se le informazioni che fornivo rpovengano da fonti antiche o meno.

Nella bibliografia non si accenna a nessun testo specifico sulla navigazione, quindi suppongo sia tratto da testi di più ampia e vasta argomentazione.

Comunque cercherò di ottenere ulteriori informazioni, se dovessi averne ti aggiornerò.

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Cari amici,

con piacere penso di avere la risposta corretta sulla storia dei Focensi: per mia fortuna sia H.T. Wallinga, che scrive su "The age of the galley" per la Conway's history of the ship, che Lionel Casson in "Navi e marinai dell'antichità" confermano quanto vi avevo indicato sul tema delle quinquiremi.

La storia di Tartesso e l'importanza dei Focesi è assolutamente vera, l'equivoco in cui è caduto l'autore del testo riportato da Caius si può spiegare col fatto che le navi che resero celebri i Focensi erano una vera innovazione nell'architettura navale, ossia la prima nave militare a tutti gli effetti, che si poteva usare anche per commercio veloce di merci pregiate: si chiamava pentecontoro e su di essa fu installato il primo rostro pensato come arma risolutiva nelle battaglie navali. Il pentecontoro era molto basso di bordo, scafo estremante affusolato con 50 remi, 25 per fiancata disposti uno dietro l'altro. Il fulcro era probabilmente portato in fuori da una scalmiera volante (in inglese outrigger) e quindi la resa sotto voga era notevole, data anche la leggerezza dello scafo, quasi una piroga. Proprio quel "pente" può aver tratto in inganno l'autore che lo ha trasformato in "quinqui".

Seguirà durante le feste qualche disegno esplicativo. Vi lascio con un quesito: nelle mie discussioni sul forum sono arrivato fino alle deceres di Antonio ad Azio . . . ma secondo voi qual'è il limite massimo a cui si sia arrivati nella storia antica in quanto a ordini di remi, e visto che c'è qualcosa legato alla prima guerra punica, esiste qualche moneta sull'argomento?

Auguri di Buon Natale con grande simpatia

Lepanto2007

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Del periodo della I guerra punica ho cercato per te le seguenti immagini di monete, però non romane ma del versante cartaginese.

Sono coniate a Gades o Gadir (cioè Cadiz, Cadice in Spagna) e si tratta di uno Shekel. Al dritto dovrebbe essere Amilcare Barca, al rovescio una imbarcazione.

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...AucID=99&Lot=13

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...ID=101&Lot=1613

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...AucID=61&Lot=13

Ne posto una direttamente come foto, le altre sono alcune varianti.

Le immagini sono tratte da coinarchives.com

post-259-1166710828_thumb.jpg

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Scusate se ogni tanto mi confondo, ma il materiale che mi trasmettete è talmente particolare che con l'afflusso di continue novità (mai avrei sperato tanto) vado un po' in tilt.

Grazie Gionata delle bellissime "cartaginesi": per adesso mi limito a farvi notare che l'aplustre, che nelle monete romane si chiude a ricciolo, qui ha una ben definita tendenza a sporgere in avanti, quasi un becco in grado di sbrindellare le vele, qualora aperte, delle navi nemiche. Considerando che i Cartaginesi avevano, prima delle guerre puniche, l'usanza ad andare in battaglia sfruttando sia il vento che la forza muscolare dei vogatori, questo particolare mi sembra abbastanza rilevante. Diversamente l'aplustre così conformato si può intendere come un distintivo di nazionalità, un po' come il rosso ed oro degli scafi distingueva le galee veneziane nel Medioevo e Rinascimento e così via. Un ultimo quesito: nella terza immagine sono presenti 2 navi. Si tratta di un errore di conio oppure di uno stampo diverso? E in quest'ultima ipotesi a quale scopo?

Vi lascio alla grande: devo controllare con attenzione, ma mentre la prima moneta sembra raffigurare una trireme e la seconda è ininfluente, nella terza si vedono in modo inequivocabile 4 remi scalati sul primo interscalmo e ad occhio non sembrerebbe dipendere da errore di matrice. Saremmo quindi di fronte ad un vero "unicum" in quanto non esiste alcuna raffigurazione di nessun tipo della quadrireme così concepita. Se considerate che le poche interpretazioni di fonti scritte, sono tuttora oggetto di ampia discussione . . . beh, ci saremmo fatti tutti davvero un bel regalo di Natale.

Attendo conferme e scusate se vi ho trovato dello straordinario da fare durante le festività.

Lepanto2007

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Si, sono due navi nella terza immagine.

Che io sappia l'iconografia navale è precisa nelle raffigurazioni monetali puniche, fortemente legati alla tematica nautica per origini ma soprattutto per esigenze costitutive dell'impero (trritorio costituito di molte isole e di due tronconi di terra "continentale" spaccati dal Mar Mediterraneo).

Giusto un appunto, la terza immagine è un doppio shekel o dishekel, prima avevo scritto fossero tutti semplici shekel.

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Mi scappava un particolare: la seconda moneta sarà anche ininfluente per la parte relativa alla voga, ma a vostro parere non è che sia una bellissima immagine prospettica della nave. Se possibile, resistete alla curiosità di aprire l'immagine rielaborata prima di esprimere la vostra opinione, grazie

Lepanto2007

post-4203-1166796262_thumb.jpg

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Sempre per restare fuori tematica, voglio ricordare Eudosio di Cizico, avventuriero greco che raccontò di aver avvistato una nave da pesca tartessa in Eritrea. Si convinse che era possibile circumnavigare l'Africa, spingendosi molto oltre il Periplo di Ammone (presunto limite raggiunto dai Fenici) fino a giungere in India.

http://www.travelgeo.it/news32037.htm

http://www.elmundo.es/ladh/numero80/miheroe.html

http://members.tripod.com/~ruipmartins/navefeni.html

Gli ultimi due links sono in Spagnolo e in Portoghese.

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