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IGNORED

Un minuscolo e trascurabile manufatto..


Illyricum65

Risposte migliori

Buongiorno,

come già in altre due occasioni posto una discussione OFF TOPIC rispetto alla Sezione Monete Imperiali. Mi permetto di proporla qui per qualche giorno per darle un po’ di visibilità agli amici della Sezione, con la promessa di spostarla in quella a lei più consona ovvero “Storia ed Archeologia” dell’amico @Legio II Italica .

Come noto a molti amici di lunga militanza nella presente Sezione, da anni sono coinvolto in un progetto di ricerca archeologica i cui risultati interessano principalmente (ma non esclusivamente) l’area dell’entroterra triestino. I risultati sono di primaria importanza per ampliare la conoscenza del fenomeno della romanizzazione dell’area giuliana e quindi di tutto l’entroterra, ovvero di quel territorio che durante l’Impero fu noto come Illirico e Pannonia e tanto contò per Roma (basta pensare all’influenza degli “Imperatori-soldato” nel III secolo d.C.).

Come in precedenza, per le ricerche è stata utilizzata una tecnologia moderna, il LiDAR

(vedi

http://www.lamoneta.it/topic/101003-siti-archeologici-e-nuove-tecnologie-in-fvg/?hl=%2Bgrociana#entry1133408

e varie altre metodiche di indagine ma fondamentale è  stato il cosiddetto “boots on the ground” ovvero ore ed ore di camminate e di ricerche di superficie utili a validare quanto supposto sulla base di dati strumentali. Il punto di partenza è stato  un piccolo, all’apparenza insignificante, ritrovamento di superficie durante una ricognizione di superficie. Un manufatto di circa 2000 anni che ci ha aspettato e che un paio d’anni fa, anche per inesperienza specifica, probabilmente non avremmo nemmeno identificato.

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Riprendendo quindi da dove eravamo rimasti nell’articolo

https://www.lamoneta.it/topic/136278-la-vera-nascita-di-tergeste/?tab=comments#comment-1553784

sull’altura denominata Grociana Piccola, sul Carso Triestino, è stato identificato un doppio forte romano che presenta due probabili episodi di frequentazione. Nel sito sono stati raccolti frammenti ceramici e “... un chiodino di caligae nel terriccio smosso da animali fossatori  del tutto sovrapponibile per forma, dimensioni e decorazione a quelli presenti nei siti delle guerre cesariane in Gallia.”

Perché fu scelto questo sito? Probabilmente per due motivi fondamentali: per il principio di intervisibilità con quello di San Rocco (ovvero i due sito potevano controllarsi e vigilare l’uno sull’altro) e probabilmente perché nei pressi doveva esserci una via di transito di origine pre-romana (nell’area sono presenti anche abitati pre-romani dell’età del ferro di grosse dimensioni). In effetti l’area è stata identificata di vari studiosi come punto di arrivo della mitica “via dell’ambra”, il percorso protostorico che veicolava la resina fossile dall’area baltica al bacino mediterraneo. Ambra che ricordiamo veniva lavorata dapprima anche dagli etruschi e successivamente fece la fortuna di Aquileia e dei sui laboratori. Percorso che a differenza di quello più tardo del periodo imperiale (che valicava le Alpi Giulie e si dirigeva verso Aquileia stessa) dalla zona di Lubiana/Emona allungava il tragitto in termini di tempo ma evitava grossi dislivelli dipanandosi a fondo valle e passando ai piedi del Monte Nanos. Un tracciato viario protostorico, quel che conta, che permetteva di addentrarsi nell’entroterra.

Detto ciò, attirò la curiosità la presenza di ciò che attualmente è un semplice sentiero a est dell’insediamento, ad andamento leggermente curvo della lunghezza di circa 450 metri già proposto qualche anno da un non-addetto ai lavori come “possibile strada romana”.

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Il suo decorso è pressochè parallelo all’attuale strada moderna per Fiume/Rieka (Tarsatica) e al fine di individuare una eventuale rete viaria collegata al forte romano si iniziarono delle prospezioni di superficie, atte ad identificare la presenza di “solchi carrai” di epoca romana. Questa risultò negativa in tal senso ma portò al rinvenimento, tra il ghiaino del fondo, di un minuscolo, misconosciuto e spesso trascurato manufatto: un chiodino di caliga. 

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La caliga era la tipica calzatura del soldato: assomigliava ad un sandalo ed in realtà era una sorta di stivale da marcia con suola rinforzata che si indossava di solito senza calze (salvo il periodo invernale). Tratte da un unico pezzo di cuoio, la suola presentava dei veri e propri chiodi con lo stelo piegato che la rafforzavano, miglioravano la trazione sulle superfici, ne consentivano anche l’uso quasi come arma offensiva e durante la marcia producevano un rumore che poteva intimorire l’avversario, conferendo marzialità nell’avanzamento. In casi eccezionali le caligae si sono conservate (es. terreni umidi britannici o viceversa terreni asciutti egiziani); la disposizione dei chiodi (hobnails) variava nella disposizione. Li usavano tutta la truppa fino al grado di centurione; Gaio, il figlio di Germanico, acquisì il soprannome di Caligola proprio perché da bambino nei campi militari al seguito del padre indossava delle piccole caligae.

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http://objects.prm.ox.ac.uk/pages/PRMUID130480.html

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Hobnail decoration on Roman Shoe

 

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Inoltre i soldati spesso hanno lasciato le loro impronte su superfici malleabili che si sono mantenute fino ai giorni odierni.

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(da Britannia e Israele)

O ancora, dopo la consunzione della parte organica, sono rimasti solo i chiodini nella disposizione originale .

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(Germania)

Camminando lungo i le strade ed i sentieri gli antichi romani perdevano questi manufatti ferrosi fabbricati a mano che nel corso del tempo quindi si accumulavano. Pressochè sconosciuti ai più, sono uno dei manufatti romani più diffusi.

Quello che è curioso è che a seconda di alcune decorazioni vicine al punto di attacco dello stelo, gli hobnails possono esser collocati cronologicamente. Nel nostro caso coprono il periodo tardo repubblicano e quello imperiale. “Coprono”… perché i soldati camminando per le varie strade perdevano chiodini di caliga e quindi, trovandoli in superficie, possiamo delineare i percorsi stradali che utilizzavano. Certo, bisogna avere anche la fortuna di avere un fondo ghiaioso, non troppo umido, morbido e transitato (i chiodini verrebbero schiacciati nel fango e quindi celati alla vista), non troppo esposto a fenomeni di accumulo di terriccio o humus. Dalle tracce LiDAR si evidenzia che quello attualmente in uso è solo l’ultimo in senso cronologico dei vari percorsi; spesso nel tempo qualche tracciato si spostò, probabilmente per deterioramento del fondo (con buche e solchi) e determinando la formazione di vari solchi paralleli (impercepibili ad occhio nudo).

 

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Ci trovammo però davanti ad un’enigma. I chiodi portavano ad una vasta dolina (avvallamento tipico del terreno carsico) e qui sembravano terminare, sparendo nel nulla. Fatto in un primo momento inspiegabile.  In realtà (ma questo fu verificato solo in un secondo momento) dopo una lacuna causata da più fattori (presenza di un tratto boscoso, di humus superficiale e attuale assenza di sentieri) la strada riprende il suo decorso in direzione Tergeste. La risposta venne dai geologi: la strada era incisa nel terreno e terminava nel declivio della dolina (dolina 1) in quanto questa si era originata successivamente alla creazione del percorso viario. Verosimilmente una cavità ipogea preesistente aveva risucchiato i sedimenti superficiali creando l’ampia depressione che si nota attualmente. Analoga situazione si nota nel caso della dolina 2, ben più piccola.

 In conclusione sono stati identificati circa 4 chilometri di strada romana del tratto Tergeste-Tarsatica, alcuni resti della centuriazione romana, strutture non ancora indagate e circa 200 chiodi di caliga romana.

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27 minuti fa, Illyricum65 dice:

Inoltre va considerato che sui sentieri si trova di tutto. Ecco un piccolo campionario:

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A sinistra, un utensile di utilizzo ignoto (probabilmente agricolo moderno), a destra in alto un chiodo da ferratura di animale e in basso parte di bossolo (moschetto?). Gli altri sono tutti chiodi da scarpone militare degli eserciti che si sono succeduti nel tempo dalla I Guerra mondiale ad oggi. Come si riconoscono? Dalla forma, dalla presenza di bava di fusione, dalla lega componente.

Vi invito a leggere l’articolo (in lingua inglese, essendo stato edito su una rivista internazionale) all’indirizzo

http://journals.plos.org/plosone/article/comments?id=10.1371/journal.pone.0194939

Troverete l’abstract, l’articolo completo e le “supporting information” dove troverete varie immagini. Chiaramente, si tratta di un free-text per cui la visione è assolutamente libera e non implica alcuna iscrizione o pagamento.

Spero di avervi interessato anche se il tema non ha trattato il tema numismatico… fate conto che sia un’estensione delle discussioni “l’importanza dei dettagli…”. :D

Ciao

Illyricum

;)

PS: ringrazio anche l'aiuto prestato nelle fasi iniziali della ricerca dall'amico Exergus .

Tutto estremamente interessante, il mio massimo rispetto per il maestro illyricum:clapping:

Sono tra l altro stupito dal fatto che si possono trovare impronte dei legionari romani..

Immagino sia una cosa molto rara, il terreno non deve più essere stato sfiorato da allora..

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9 minuti fa, O'trebla dice:

Tutto estremamente interessante, il mio massimo rispetto per il maestro illyricum:clapping:

Sono tra l altro stupito dal fatto che si possono trovare impronte dei legionari romani..

Immagino sia una cosa molto rara, il terreno non deve più essere stato sfiorato da allora..

Le impronte sono su superfici che si sono indurite (una è una specie di tegolone dalla Britannia, l'altra un suolo da Israele). Si tratta di testimonianze non frequenti ma non eccezionali, se pensi che in condizioni eccezionali si sono conservati anche resti ben più antichi ( https://it.wikipedia.org/wiki/Laetoli ).

A me aveva fatto un non so che l'idea di trovare in superficie un chiodo di caliga romana dopo circa 2000 anni, come se fosse stato perso pochi giorni prima. In 2000 anni saranno chissà quanti carri, uomini, animali, veicoli (e attualmente mountain-bikes) saranno passati di là! Eppure... aspettava me! ;)

Ciao

Illyricum

 

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Una cosa curiosa è che alcuni chiodini antichi, seppure di 2000 anni fa ed esposti all'azione più o meno diretta degli agenti atmosferici, si sono conservati in proporzione meglio di quelli moderni che hanno circa 100 anni.

D'altra parte una volta si creava perchè il manufatto durasse a lungo, vedi la differenza tra certe costruzioni antiche e quelle moderne (es. i ponti romani rispetto ai cavalcavia che crollano?)... ;)

Illyricum

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14 minuti fa, Illyricum65 dice:

Le impronte sono su superfici che si sono indurite (una è una specie di tegolone dalla Britannia, l'altra un suolo da Israele). Si tratta di testimonianze non frequenti ma non eccezionali, se pensi che in condizioni eccezionali si sono conservati anche resti ben più antichi ( https://it.wikipedia.org/wiki/Laetoli ).

A me aveva fatto un non so che l'idea di trovare in superficie un chiodo di caliga romana dopo circa 2000 anni, come se fosse stato perso pochi giorni prima. In 2000 anni saranno chissà quanti carri, uomini, animali, veicoli (e attualmente mountain-bikes) saranno passati di là! Eppure... aspettava me! ;)

Ciao

Illyricum

 

Si decisamente emozionante..tracce del passato che hai seguito.

Per quanto riguarda il fatto che si siano conservati meglio che manufatti più recenti secondo me bisognerebbe approfondire il discorso delle leghe metalliche e dei metalli in generale..come erano fatti rispetto ad oggi.

Anni fa ebbi modo di tenere in mano un ascia longobarda in ferro e ricordo che rimasi stupito dal peso esagerato dell oggetto...eppure era di ferro e basta, e di oggetti di quelle dimensioni in ferro ne ho tenuti in mano...quella pesava il triplo...

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8 minuti fa, O'trebla dice:

Si decisamente emozionante..tracce del passato che hai seguito.

Per quanto riguarda il fatto che si siano conservati meglio che manufatti più recenti secondo me bisognerebbe approfondire il discorso delle leghe metalliche e dei metalli in generale..come erano fatti rispetto ad oggi.

Anni fa ebbi modo di tenere in mano un ascia longobarda in ferro e ricordo che rimasi stupito dal peso esagerato dell oggetto...eppure era di ferro e basta, e di oggetti di quelle dimensioni in ferro ne ho tenuti in mano...quella pesava il triplo...

Qualche analisi è stata già compiuta sulle leghe anche per identificare "elementi-guida" nel caso di manufatti di incerta attribuzione.

In futuro dovrebbero esser svolte analisi più approfondite anche per studiare i manufatti dal punto di vista tecnologico e produttivo.

Ciao

Illyricum

;)

 

  • Grazie 1
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Ottimo @Illyricum65,

anche io collaboro e sono coinvolto in un gruppo di ricerca del mio territorio che include un grande parco archeologico, la ricerca a vista a volte regala sorprese. Avrei un paio di domande: 

È stata fatta una visione d’insieme più ampia per cercare di inquadrare meglio la rete stradale? Ora io non conosco il territorio e come può essere inquadrato, ma essendo un sentiero probabilmente era utilizzato localmente? Una legione o una cohorte in marcia avrebbero utilizzato una strada diversa e con una differente manutenzione per rendere gli spostamenti più veloci. a tal proposito mi viene proprio in mente il presunto campo di Cêntur e il rispettivo ripostiglio.

Ovviamente anche scarpe utilizzate comunemente dalla popolazione avevano anche una derivazione dalle calighe, ai militari veniva dato un extra per le bullette che venivano chiamate clavi caligares, questo proprio per la facilità di perderle.

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59 minuti fa, Massenzio dice:

È stata fatta una visione d’insieme più ampia per cercare di inquadrare meglio la rete stradale? Ora io non conosco il territorio e come può essere inquadrato, ma essendo un sentiero probabilmente era utilizzato localmente? Una legione o una cohorte in marcia avrebbero utilizzato una strada diversa e con una differente manutenzione per rendere gli spostamenti più veloci. a tal proposito mi viene proprio in mente il presunto campo di Cêntur e il rispettivo ripostiglio.

Ovviamente anche scarpe utilizzate comunemente dalla popolazione avevano anche una derivazione dalle calighe, ai militari veniva dato un extra per le bullette che venivano chiamate clavi caligares, questo proprio per la facilità di perderle.

E' stata scelto strategicamente di limitarsi ad un settore di studio. Considera che dal punto di partenza del forte romano di Grociana Piccola siamo passati al ritrovamento del chiodo di caliga quindi ai primi 400 metri e infine ai 4000 totali. Abbiamo poi evidenze di altri chiodi dispersi in altre aree che verosimilmente indicano delle vie secondarie. Il  tratto principale è quello della Tergeste-Tarsatica interrotto dalle due doline. Come spesso nelle provincie, vuoi anche per la natura del terreno (calcareo con pochi centimentri di substrato) la strada non era a basoli come quelle consolari ma semplicemente in ghiaino. 

Da quel punto si poteva, come detto, entrare nell'entroterra nella zona di Materja (Matteria)/Rodig (Roditti) verso il passo in pianura sotto il Monte Nanos (e da qui verso l'attuale Lubiana, territorio dei Taurisci) oppure proseguire appunto verso Rieka (Fiume/Tarsatica). Quei punti di dispersione a nord sembrano identificare un tarcciato viario verso l'area di Corgnale/Sezana dove si sono riscontrate presenze di epoca romana. 

La situazione viaria romana della provincia è molto sommaria. Dall'area di Monfalcone una via (Gemina) portava verso Tergeste  (https://it.wikipedia.org/wiki/Via_Gemina)

e quindi verso Emona (Lubiana). Da Tergeste partiva poi la Via Flavia, verso l'Istria Costiera e che portava fino a Pola; il tratto strada sotto Centur è proprio questa o un suo diverticolo. Comunque questo è un quadro molto generale, sicuramente esistevano vari rami secondari che portavano verso l'altipiano. La strada che abbiamo identificato probabilmente partiva da Tergeste, seguiva un percorso che coincideva con quello opposto dell'acquedotto, proseguiva (per chi ha conoscenza della città attuale) lungo Strada dell'Istria, Via di Fiume/Campanelle, Cattinara e di qua si portava sull'altipiano. Se osservi la cartina vi è poi un "passo san Lorenzo" dove un secondo itinerario che collegava il forte di San Rocco con quello di Grociana (il resto del versante si presenta molto erto ed accidentato).

I chiodi di caliga non erano esclusivi dell'esercito, hai ragione.  

Ciao

Illyricum

;)

 

 

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Ciao @Illyricum65, bellissima , inusuale e professionale discussione nata da un oggetto antico apparentemente insignificante e comunissimo : un chiodo . Quando desideri potrai spostare la discussione nella Sezione piu' di competenza , in seguito aggiunegero' una risposta su questi chiodi .

Un saluto

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Mi accodo agli altri per lodare @Illyricum65 per questa sua breve ma esauriente esposizione dell'esperienza che da tempo sta portando avanti con il gruppo di volontari id cui fa parte... ho avuto la fortuna di avere alcune anteprime in tempo quasi reale!  :)

Resta sempre forte la mia genuina e sana "invidia" per la cosa visto che da me non esistono realtà analoghe... e aspetto sempre che mi giri un whatsapp con la notizia della scoperta di un hoard!!!

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Awards

25 minuti fa, grigioviola dice:

Mi accodo agli altri per lodare @Illyricum65 per questa sua breve ma esauriente esposizione dell'esperienza che da tempo sta portando avanti con il gruppo di volontari id cui fa parte... ho avuto la fortuna di avere alcune anteprime in tempo quasi reale!  :)

Resta sempre forte la mia genuina e sana "invidia" per la cosa visto che da me non esistono realtà analoghe... e aspetto sempre che mi giri un whatsapp con la notizia della scoperta di un hoard!!!

Sarebbe davvero un colpaccio:D

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Ciao,

come da accordi sposto la presente discussione nella Sezione "Storia ed archeologia".

Alcune precisazioni...

1) l' "intruso" nel gruppo ovverol'entusiastico profano sono proprio io, per il resto si tratta di un pool di studiosi (archeologi, geologici, etc...). Senza questa equipe di lavoro il mio lavoro sarebbe ben difficile! Nel mio piccolo mi occupo principalmente di collaborare nella ricerca sul campo e del disegno dei manufatti (il catalogo è attualmente attorno ai 300 chiodi/manufatti metallici

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e vari frammenti ceramici).

2) Le ricerche sono condotte in coordinamento con la locale Sovrintendenza MiBACT che segue il loro sviluppo ed è messa al corrente di ogni uscita e rinvenimento. L'intestatario del Progetto ha una autorizzazione ufficiale alla ricerca. I manufatti rinvenuti vengo catalogati, tomografati (per eventuale ricostruzione 3D con stampante idonea) e analizzati in modo non invasivo.

Attendo con interesse il contributo di Legio II Italica. Curiosamente questi chiodi così diffusi e misconosciuti sono rimasti ai margini degli studi. Sono state tentate alcune seriazioni cronologiche basate sulle misure e sulle decorazioni della parte del chiodo a contatto con la suola. Ad esempio la decorazione a croce e pallino (nei quarti), di buone dimensioni e peso sembra esser tardorepubblicana e si rinvengono ad esempio ad Alesia (ma non esclusivamente).

Vi saluto cordialmente

Illyricum

;)

 

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A seguito del bellissimo post iniziato da @Illyricum65 , aggiungo una personale esperienza acquisita sui chiodi di caliga . Come gia’ e’ stato accennato sembra che le calighe non fossero scarpe ad uso esclusivo dei militari , queste infatti essendo parte di un normalissimo abbigliamento , venivano usate anche dagli uomini e donne comuni anche se di forma diversa e conosciute con altri nomi , ma comunque l’ uso era identico , proteggere i piedi nelle varie stagioni ; l’ unico dubbio riguarda se queste scarpe fossero chiodate con ferro solo per i militari oppure anche per i civili , sappiamo che le calighe militari avevano queste chiodature di ferro sotto la suola sia per incutere timore al nemico durante le marce di spostamento a causa del gran rumore che le calighe producevano tramite i chiodi in ferro , sia per aderire meglio al terreno nel corso di una battaglia campale che a volte si svolgeva anche sotto la pioggia , sia come ultima difesa personale del legionario tramite calci tirati con la pianta del piede ; il dubbio se le calighe fossero tutte chiodate con ferro per militari e non , nasce dal fatto che i chiodi non erano tutti in ferro ma ne esistevano anche in rame come la figura sotto dimostra , quindi sorge spontanea la domanda : perche’ i chiodi erano sia in ferro che in rame ? la risposta piu’ logica potrebbe essere quella dell’ uso personale della scarpa , diverso tra un soggetto militare ed uno civile , il ferro infatti ha una durezza ed una resistenza all’ usura ben superiore a quella del rame inoltre e’ meno costoso quindi e’ un metallo piu’ adatto all’ uso di una scarpa militare ; da cio’ si potrebbe dedurre l’ uso civile di una caliga chiodata con rame anche se questa ipotesi non sembra adattarsi bene perche’ una scarpa civile pare non avesse chiodatura , quindi la chiodatura dovrebbe essere stata una caratteristica della scarpa militare , questo pero’ non spiega il motivo del diverso utilizzo del metallo impiegato nei chiodi , molto diverso come caratteristica fisica ed economica tra ferro e rame .

Un altro dubbio riguarda il chiodo stesso come reperto , ferro o rame che sia utilizzato nella chiodatura della caliga , un esemplare quasi integro presenta la parte finale del chiodo , quella che si doveva infilare nella suola , lunga oltre 2,5 centimetri perche’  arcuato , come si spiega questa lunghezza eccessiva della parte finale del chiodo che presupporrebbe una suola spessa non meno di 3 centimetri ? forse il soldato romano medio essendo meno alto ad esempio di un corrispondente barbaro germano , con una suola alta voleva rimediare alla statura inferiore ? inoltre a cosa servivano quei globuli rotondi che si notano intorno alla borchia dalla parte interna ? forse servivano ad ancorare meglio il chiodo alla suola ? insomma gli interrogativi non mancano .

In foto due esemplari di chiodi , uno con chiodo integro ma curvo della lunghezza di oltre 2,5 centimetri , l’ altro in parte spezzato , in entrambi gli esemplari sono presenti dalla parte interna un circolo di piccoli globuli forse per meglio ancorare il chiodo alla suola a contatto con il terreno . imageproxy.php?img=&key=5e0bb1c4d3ea1258imageproxy.php?img=&key=5e0bb1c4d3ea1258Il metallo dei due chiodi e’ in rame come si capisce dalla patina verdastra e dal fatto che non vengono attratti da 4 potenti calamite al neodimio .

 

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Modificato da Legio II Italica
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1 ora fa, Legio II Italica dice:

A seguito del bellissimo post iniziato da @Illyricum65 , aggiungo una personale esperienza acquisita sui chiodi di caliga . Come gia’ e’ stato accennato sembra che le calighe non fossero scarpe ad uso esclusivo dei militari , queste infatti essendo parte di un normalissimo abbigliamento , venivano usate anche dagli uomini e donne comuni anche se di forma e conosciute con altri nomi , ma comunque l’ uso era identico , proteggere i piedi nelle varie stagioni ; l’ unico dubbio riguarda se queste scarpe fossero chiodate con ferro solo per i militari oppure anche per i civili , sappiamo che le calighe militari avevano queste chiodature di ferro sotto la suola sia per incutere timore al nemico durante le marce di spostamento a causa del gran rumore che le calighe producevano tramite i chiodi in ferro , sia per aderire meglio al terreno nel corso di una battaglia campale che a volte si svolgeva anche sotto la pioggia , sia come ultima difesa personale del legionario tramite calci tirati con la pianta del piede ; il dubbio se le calighe fossero tutte chiodate con ferro per militari e non , nasce dal fatto che i chiodi non erano tutti in ferro ma ne esistevano anche in rame come la figura sotto dimostra , quindi sorge spontanea la domanda : perche’ i chiodi erano sia in ferro che in rame ? la risposta piu’ logica potrebbe essere quella dell’ uso personale della scarpa , diverso tra un soggetto militare ed uno civile , il ferro infatti ha una durezza ed una resistenza all’ usura ben superiore a quella del rame inoltre e’ meno costoso quindi e’ un metallo piu’ adatto all’ uso di una scarpa militare ; da cio’ si potrebbe dedurre l’ uso civile di una caliga chiodata con rame anche se questa ipotesi non sembra adattarsi bene perche’ una scarpa civile pare non avesse chiodatura , quindi la chiodatura dovrebbe essere stata una caratteristica della scarpa militare , questo pero’ non spiega il motivo del diverso utilizzo del metallo impiegato nei chiodi , molto diverso come caratteristica fisica ed economica tra ferro e rame .

Un altro dubbio riguarda il chiodo stesso come reperto , ferro o rame che sia utilizzato nella chiodatura della caliga , un esemplare quasi integro presenta la parte finale del chiodo , quella che si doveva infilare nella suola , lunga oltre 2,5 centimetri perche’  arcuato , come si spiega questa lunghezza eccessiva della parte finale del chiodo che presupporrebbe una suola spessa non meno di 3 centimetri ? forse il sodato romano medio essendo meno alto ad esempio di un corrispondente barbaro germano , con una suola alta voleva rimediare alla statura inferiore ? inoltre a cosa servivano quei globuli rotondi che si notano intorno alla borchia dalla parte interna ? forse servivano ad ancorare meglio il chiodo alla suola ? insomma gli interrogativi non mancano .

In foto due esemplari di chiodi , uno con chiodo integro ma curvo della lunghezza di oltre 2,5 centimetri , l’ altro in parte spezzato , in entrambi gli esemplari sono presenti dalla parte interna un circolo di piccoli globuli forse per meglio ancorare il chiodo alla suola a contatto con il terreno . imageproxy.php?img=&key=5e0bb1c4d3ea1258imageproxy.php?img=&key=5e0bb1c4d3ea1258Il metallo dei due chiodi e’ in rame come si capisce dalla patina verdastra e dal fatto che non vengono attratti da 4 potenti calamite al neodimio .

 

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Ciao,

mi segnali una cosa che non conoscevo: su circa 400 chiodi raccolti ad oggi non ci risulta un solo esemplare confezionato in rame. Sono tutti in ferro, probabilmente trattato in qualche maniera (verosimilmente per tempratura, è una cosa che abbiamo intenzione di appurare da un punto di vista tecnologico. Il ferro dolce sarebbe stato troppo tenero per questo utilizzo.)

Dove sono stati rinvenuti i due esemplari? Possono essere dei chiodi (abbastanza simili) che venivano utilizzati in carpenteria? Il gambo è molto lungo, solo alcuni esemplari tra quelli da noi raccolti hanno caratteristiche simili, d'altra parte tanti possono esser stati soggetti a ossidazione o schiacciamento e limitata la lunghezza. Mi pare assurdo che la lunghezza fosse collegata al metodo di produzione: se il gambo era troppo lungo sarebbe bastato reciderlo. O il fatto di averne uno più lungo poteva significare maggior aggancio alla suola? Ma allora perchè non produrli tutti con gambo lungo?

Il disegno del primo a 8 (?) punti trova confronti con alcuni nostri reperti, il secondo "croce e 2 pallini nei quarti" invece mi pare un tipo inedito se confrontato con il nostro catalogo.

Qual è l'utilità dei globuli in rilievo? E' un dato dibattuto, personalmente attribuirei la loro funzione in ottica di prevenirne la rotazione che avrebbe anticipato l'allargamento del foro nel cuoio della suola e quindi il suo precoce distacco dalla caliga.

Ciao

Illyricum

;)

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Interessantissimo. Ne avevo sentito parlare pochi giorni fa su Il Piccolo, il quotidiano triestino.

Che dire, anche qua "al confine" (e non solo oggi!) saltano sempre fuori testimonianze entusiasmanti. La zona, peraltro, non è a digiuno di testimonianze romane, vedi ad esempio anche solo l'acquedotto di cui rimangono diversi tratti in Val Rosandra.

Grazie @Illyricum65 per le tue notevoli scritture, spero di conoscerti prima o poi,

Luigi

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9 ore fa, Illyricum65 dice:

Ciao,

mi segnali una cosa che non conoscevo: su circa 400 chiodi raccolti ad oggi non ci risulta un solo esemplare confezionato in rame. Sono tutti in ferro, probabilmente trattato in qualche maniera (verosimilmente per tempratura, è una cosa che abbiamo intenzione di appurare da un punto di vista tecnologico. Il ferro dolce sarebbe stato troppo tenero per questo utilizzo.)

Dove sono stati rinvenuti i due esemplari? Possono essere dei chiodi (abbastanza simili) che venivano utilizzati in carpenteria? Il gambo è molto lungo, solo alcuni esemplari tra quelli da noi raccolti hanno caratteristiche simili, d'altra parte tanti possono esser stati soggetti a ossidazione o schiacciamento e limitata la lunghezza. Mi pare assurdo che la lunghezza fosse collegata al metodo di produzione: se il gambo era troppo lungo sarebbe bastato reciderlo. O il fatto di averne uno più lungo poteva significare maggior aggancio alla suola? Ma allora perchè non produrli tutti con gambo lungo?

Il disegno del primo a 8 (?) punti trova confronti con alcuni nostri reperti, il secondo "croce e 2 pallini nei quarti" invece mi pare un tipo inedito se confrontato con il nostro catalogo.

Qual è l'utilità dei globuli in rilievo? E' un dato dibattuto, personalmente attribuirei la loro funzione in ottica di prevenirne la rotazione che avrebbe anticipato l'allargamento del foro nel cuoio della suola e quindi il suo precoce distacco dalla caliga.

Ciao

Illyricum

;)

Ciao , rispondo con piacere alla tua domanda , i due chiodi sono stati rinvenuti a vista in superfice e casualmente , distanti uno dall' altro , in un "tratturo" , cioe' una strada di campagna di libero accesso formata da terra e sassi che si pensa ricalchi una diramazione secondaria dell' antica via severiana che da Porto (Fiumicino) arrivava a Terracina , oppure una diramazione secondaria della via ostiense che univa questa via con l' altra citata o viceversa . Che siano chiodi da carpenteria e' possibile ma poco probabile data la somiglianza strutturale con quelli da te trovati anche se di gambo apparentemente piu' corto . Sono d' accordo con te circa l' uso di quei pallini , impedire il piu' a lungo possibile la rotazione del chiodo con il conseguente distacco della stesso dalla suola .  

Un saluto

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