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La circolazione degli ori durante il regno di Vittorio Emanuele III


Mr. Coin

Risposte migliori

Salve a tutti. Vorrei chiedere ai più esperti la risoluzione di un mio dubbio riguardante, come da titolo, la circolazione delle monete in oro durante il regno di Vittorio Emanuele III. Se uno lo chiedesse a me, sarei portato a dire che fino alla Prima Guerra Mondiale, le monete in oro (i vecchi marenghi di Umberto) erano ancora in uso, seppure ormai praticamente soppiantati dalla cartamoneta, e il loro utilizzo era giustificabile con un valore dell'oro contenuto non costante, ma difficilmente superiore al facciale. Per questo motivo mi viene da pensare che le tipologie da 20 lire e 100 lire Aquila sabauda non fossero state considerate, come le successive emissioni in oro a partire dal 50 lire Cinquantenario, delle monete pensate appositamente per i collezionisti, ma semplicemente la nuova tipologia delle monete in oro richiedibili dai privati e dalle banche, esattamente come durante il regno dei due sovrani precedenti, le cui emissioni da 50 e 100 lire in oro (correggetemi se sbaglio) nonostante le esigue tirature vanno considerate a tutti gli effetti come monete per la circolazione. Ovviamente le richieste sono state poche. Dopo la Prima Guerra Mondiale, sempre se non sbaglio, le emissioni in oro sono state pensate esclusivamente per i collezionisti e realizzate con intrinseco superiore al facciale, con conseguente prezzo maggiorato rispetto al facciale stesso. Addirittura, però, mi è capitato di sentire asserire da altri collezionisti che il "fascione" (100 lire 1923) ha circolato, cosa comprovata anche da alcuni "esperti" (!?) considerando anche i segni di circolazione sugli esemplari presenti nel mercato. Ciò mi sembra stranissimo e poco credibile, considerata la vendita a 4 volte il facciale, ed il maggior valore dell'oro contenuto. 

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31 minuti fa, Mr. Coin dice:

Addirittura, però, mi è capitato di sentire asserire da altri collezionisti che il "fascione" (100 lire 1923) ha circolato, cosa comprovata anche da alcuni "esperti" (!?) considerando anche i segni di circolazione sugli esemplari presenti nel mercato. Ciò mi sembra stranissimo e poco credibile, considerata la vendita a 4 volte il facciale, ed il maggior valore dell'oro contenuto. 

Ciao.

Bisognerebbe chiedere a quelli "esperti (!?)" come spiegano che una moneta possa circolare al suo valore facciale quando, per ottenerla, occorreva sborsare un importo quattro volte maggiore del facciale.

Quelli che si definiscono "segni di circolazione" altro non è che usura dovuta ad una conservazione e maneggio non accurati.

Saluti.

M.

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Supporter

Penso anch'io che in qualche caso anche la moneta non emessa per la circolazione possa avere circolato, ma non al valore nominale, quanto al valore intrinseco. 

Immagino che durante la seconda guerra mondiale, in piena iperinflazione, e con eserciti nemici in casa, chi aveva in casa questi 100 lire li abbia potuti scambiare per beni di prima necessità, o addirittura per aver salva la vita in certi casi.

A rigore, le uniche monete, dopo la prima guerra mondiale, che hanno avuto un seppur minima chance di aver circolato al nominale sono le 50 e 100 lire del 31-33.

Per le altre si può ipotizzare l'utilizzo al valore intrinseco in casi di drammatica emergenza. Ma allo stesso modo può circolare qualsiasi moneta per collezionisti con un valore intrinseco consistente.

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Beh, se per "circolazione" vogliamo intendere che possano essere stati utilizzati come "oro", al pari di qualunque altro lingotto od oggetto in oro, potrebbe anche essere.

Ma questa non sarebbe "circolazione" monetaria, ma una forma di baratto tra un oggetto in oro e qualcos'altro.

M.  

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37 minuti fa, Mr. Coin dice:

Grazie. Delle 20 e 100 lire Aquila Sabauda invece cosa mi dite? Non sono analoghe alle 50 e 100 lire oro di Umberto e V.E.II?

Direi proprio di si.

Tirature estremamente esigue...in qualche caso di poche centinai di esemplari.

Pensare che possano essere state immesse nell'ordinaria circolazione monetaria mi sembra abbastanza assurdo.

Che poi, durante le guerre, possano essere state utilizzate per acquistare beni di prima necessità o per ....salvarsi la vita..ci sta.

Ma non parliamo però di "circolazione monetaria".

M. 

 

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2 minuti fa, bizerba62 dice:

Ma non parliamo però di "circolazione monetaria"

Perche' no ? Alla fine, cercando di essere pragmatici, la moneta circolava eccome. L'oro durante la guerra (e non solo) puo' fornire garanzie che gli stati non possono offrire. La moneta d'oro poi offre addizionali garanzie di sicurezza e di contenuto di metallo prezioso per scelta di chi la emette. Che poi abbia circolato al facciale, alla meta' o al doppio che importa ?

Non sara' una "circolazione fiduciaria" ma circolazione monetaria lo e', a tutti gli effetti. La moneta svolge al pieno il suo compito di tramite finanziario per facilitare i commerci.

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20 minuti fa, giulira dice:

Perche' no ? Alla fine, cercando di essere pragmatici, la moneta circolava eccome. L'oro durante la guerra (e non solo) puo' fornire garanzie che gli stati non possono offrire. La moneta d'oro poi offre addizionali garanzie di sicurezza e di contenuto di metallo prezioso per scelta di chi la emette. Che poi abbia circolato al facciale, alla meta' o al doppio che importa ?

Non sara' una "circolazione fiduciaria" ma circolazione monetaria lo e', a tutti gli effetti. La moneta svolge al pieno il suo compito di tramite finanziario per facilitare i commerci.

Perché in questo caso la moneta perde il suo connotato proprio di mezzo di pagamento a corso legale per un dato importo predeterminato (il facciale), per assumere quello di "merce" (oro, argento ecc.).

L'eventuale uso di un "fascione" per acquistare beni di prima necessità non sarebbe avvenuto al facciale ma in base al valore del momento attribuito al suo intrinseco.

E se non ci fosse stato un "fascione", sarebbe stata la stessa cosa una catenina o un bracciale in oro dello stesso peso e con lo stesso intrinseco.

In un sistema monetario strutturato, le monete hanno corso legale in relazione al loro valore facciale.

Se poi, per l'incremento del valore dell'intrinseco, quest'ultimo valore supera il facciale e la moneta viene scambiata per l'intrinseco e non al facciale, siamo fuori dal normale circuito della circolazione monetaria (tant'è che in questi casi, le monete con un valore intrinseco maggiore rispetto al valore facciale, spariscono dalla circolazione!)

La moneta, in questo caso, diviene una "merce", con una sua quotazione dovuta al tipo di intrinseco. 

Altrimenti, dovremmo concludere che quando negli anni'70 del secolo scorso, a causa della penuria di spiccioli, i pubblici esercizi restituivano come resto caramelle e cioccolati, allora anche le caramelle ed i cioccolati erano monete...perché "circolavano"? 

Anche in quel caso, si trattava di "merce" rappresentativa di monete a corso legale che momentaneamente non erano disponibili e che il pubblico era disposto (ob torto collo..) ad accettare.

Ma non erano mica monete.

M.

 

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Capisco il tuo punto di vista, ma come scrivevo prima,  pragmaticamente e praticamente non sono d'accordo. Il fascione veniva accettato  anche perche' garantito dallo stato e da apposito decreto e protetto da svariate carratteristeche tecniche, oltre che dalla legge. Per le caramelle non si puo' dire la stessa cosa, come per i lingotti o i pezzi d'oro non marcati. E comunque circolava (non lo so in realta', lo suppongo solo), non al facciale ovviamente, il corso legale veniva semplicemente ignorato.

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1 ora fa, giulira dice:

Capisco il tuo punto di vista, ma come scrivevo prima,  pragmaticamente e praticamente non sono d'accordo. Il fascione veniva accettato  anche perche' garantito dallo stato e da apposito decreto e protetto da svariate carratteristeche tecniche, oltre che dalla legge. 

Il "fascione" e le altre monete d'oro - ove accettate per il loro intrinseco - sarebbero state saggiate come qualunque altra merce aurea, non rilevando - evidentemente - il fatto che fossero garantite dallo Stato (sono garantite dallo Stato quelle autentiche....ma sappiamo che erano e sono monete che potevano essere largamente falsificate nel titolo e nel peso).

Ne più e né meno di quanto farebbe oggi un "compro-oro digiuno di numismatica, a cui viene presentato un fascione per l'acquisto.

1 ora fa, giulira dice:

E comunque circolava (non lo so in realta', lo suppongo solo), non al facciale ovviamente, il corso legale veniva semplicemente ignorato.

Tutto sta ad intendersi sul termine "circolazione".

Dal titolo di questa discussione mi sembra si volesse fare riferimento alla "circolazione monetaria" dei nominali aurei di V.E. III; se poi, per "circolazione", intendiamo il fatto che potessero essere ceduti per il loro intrinseco aureo allo scopo di recuperare danaro o barattare beni o servizi, allora potremmo pure sostenere che anche le monete in oro delle Repubblica italiana denominate in lire o in euro, "circolano".

Se infatti qualcuno le porta ad un compro-oro che poi le vende ad un cliente, che poi le regala ad un nipote che poi le riporta ad un compro-oro, potremmo - secondo questa Tua impostazione - sostenere che anche queste monete in oro "circolano".

Saluti. 

M.

  

Modificato da bizerba62
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Supporter

Concordo con @bizerba62, si può ipotizzare in certe circostanze una circolazione straordinaria della moneta in quanto merce, indipendentemente dal valore nominale dato dallo stato. 

Si tenga conto che questa è una circolazione straordinaria (forse il termine tecnico è moneta di necessità), dovuta a situazione di emergenza e non può essere definita circolazione monetaria a tutti gli effetti, in cui la circolazione dipende dal valore nominale imposto dallo stato emittente, e può essere avvenuta per alcune delle monete/lingotti, al pari delle caramelle o dei gettoni telefonici  da 200 lire negli anni 90.

tornando alla domanda iniziale, in principio l'oro monetato fino a poco prima della grande guerra (credo che il buon Bizerba abbia già scritto maggiori dettagli a riguardo) poteva circolare al nominale, al pari delle monete di Umberto

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Comunque la domanda ancor prima di "Circolavano?" è "Perché furono coniate?".

La risposta va cercata nelle riserve auree (e d'argento, per il periodo di rapporto fisso di cambio oro:argento riferibile agli scudi e non agli spezzati minori) delle Banche che dovevano garantire una "teorica" convertibilità in oro della cartamoneta. Gli Istituti di Credito dell'Ottocento potevano emettere cartamoneta che, salvo brevi periodi di corso forzoso, poteva essere convertita in oro ed argento su richiesta del privato. Da ciò la necessità di coniare moneta aurea, quasi tutta tesaurizzata dagli Istituti Bancari. La prima metà del Novecento fu un'epoca confusa in cui la coniazione in oro argento fu sempre "a garanzia" fino alla 1^ guerra mondiale, per poi sparire sostanzialmente e riapparire nel 1926 con la ripristinata convertibilità in oro della cartamoneta (ma con rapporto di cambio alterato con la lira cartacea) e scomparire nuovamente per il riflesso della crisi di Wall Street nel 1929. Probabilmente il mistero di dove siano finite le 5 Lire del 1914 va iscritto in quest'ambito con il loro stoccaggio preferenziale in qualche caveaux.

Dunque a partire dal 1861, "Unità d'Italia", la moneta d'oro la videro quasi solo le Banche ed i pochi privati che chiedevano la conversione in oro della cartamoneta (non sempre ottenibile e solo per quota parte della richiesta). Gli spezzati d'argento (fonte di speculazione)  e le monete di bronzo circolavano a valore fiduciario; l'argento poi scomparve per l'impennata del suo costo dopo il 1915. A questo punto, salvo qualche operazione di regime nel periodo di ripristinata convertibilità (la coniazione delle 20 Lire 1927 e 1928), il metallo prezioso scomparve e venne monetato solo come "oggetto" per i collezionisti, come oggi. Anche le 100 Lire 1903, 1905, 1912, 1923 e 1925, 1936, 1937, 1940 furono "monete per collezionisti", ma altrettanto si può dire per questi stessi nominali di V.E. II e Umberto I, mentre i "marenghi solamente mantennero la funzione di convertibilità affidata all'oro monetato.

In tutto questo si iscrive teoricamente un ulteriore aspetto: la monetazione dell'oro/argento presentato dai privati. Particolarmente vivace nel Settecento ed Ottocento, si mantenne attiva anche nel Novecento fino alla fine del Regno di V.E. III, pur se con una regolamentazione che imponeva di rispettare il quantitativo indicato per decreto (dunque molto limitato da cui la discrezionalità con cui vennero con ogni evidenza considerate le richieste, che nel periodo fascista furono quasi certamente rapportabili alla fedeltà al regime). Anche le 100 lire prora e 50 littore del 1931 furono in gran parte coniate su commissione della Banca Commerciale Italiana per il Sud America che pagò anche un diritto fisso per chilo di oro lavorato.

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Perdonate, ma sottintendevo una circolazione al facciale. Il buon Bizerba mi scuserà, ma vorrei chiedergli se allora le 50 e 100 lire in oro di V.E.II e Umberto non sono da considerare per la circolazione, in quanto non distribuite come pagamenti o resti ma solo tramite richiesta dei privati. È lecito, inoltre, considerare le monete da 20 e 100 lire "Aquila Sabauda" come coniate per l'uso, e non a scopo collezionistico come lo scudo e la 50 lire Cinquantenario, nonché gli ori successivi?

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Caro @Mr. Coin, ma cosa vuol dire circolazione? Intendimi bene: se oggi fosse coniata una moneta d’oro reale, con intrinseco pari a 190 € e valore 200 (teniamo conto anche delle spese di produzione): potrebbe “circolare”? O sarebbe tesaurizzata immediatamente? E se l’intrinseco fosse solo di 100 € per un valore fiduciario di 200, circolerebbe? Direi di no, e così per 50 e 20 e 10 ... perché comunque girerebbe cartamoneta (legge di Grisham). Dunque l’oro e l’argento non circolano nonostante il valore fiduciario ( vedi la vita brevissima delle 500 lire Ag che pure avevano valore fiduciario...)! In passato (remoto) sì, ma solo prima della moneta cartacea!

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Inviato (modificato)
2 ore fa, Giov60 dice:

Caro @Mr. Coin, ma cosa vuol dire circolazione? Intendimi bene: se oggi fosse coniata una moneta d’oro reale, con intrinseco pari a 190 € e valore 200 (teniamo conto anche delle spese di produzione): potrebbe “circolare”? O sarebbe tesaurizzata immediatamente? E se l’intrinseco fosse solo di 100 € per un valore fiduciario di 200, circolerebbe? Direi di no, e così per 50 e 20 e 10 ... perché comunque girerebbe cartamoneta (legge di Grisham). Dunque l’oro e l’argento non circolano nonostante il valore fiduciario ( vedi la vita brevissima delle 500 lire Ag che pure avevano valore fiduciario...)! In passato (remoto) sì, ma solo prima della moneta cartacea!

Non vedo perché monete in oro ed argento con intrinseco ragionevolmente inferiore al facciale non debbano circolare, se in ampia tiratura ed anche in presenza di banconote dello stesso taglio. Le 500 lire d'argento che citi hanno circolato in modo normalissimo per almeno 5-6 anni, salvo poi essere tesaurizzate a causa di un aumento notevole del prezzo dell'argento, probabilmente lo stesso che ha portato gli USA nello stesso periodo ad abbandonare la coniazione delle moete in argento in favore di quelle in cupronickel ed in modo analogo a quanto avvenne durante la Prima Guerra Mondiale, quando il prezzo dell'argento salì notevolmente ma pure, sembra, senza superare mai il facciale. Beninteso, per circolazione in numismatica si intende l'utilizzo delle monete per il loro valore facciale. Chiaramente in tempi moderni la circolazione di monete in metallo prezioso stimola curiosità e porta all'accantonamento, ma se la tiratura è molto ampia tale effetto non è rilevante. Sappiamo tutti, comunque, che le monete in metallo prezioso per la circolazione sono state abolite praticamente in tutto il mondo per ragioni di costi elevati e di fluttuazione del valore intrinseco. Resta il dubbio su cosa effettivamente succedesse in Italia nei primi 15 anni del '900 in fatto di circolazione: le banconote erano ormai abbondanti e di uso comune, ma siamo portati a pensare che fosse comune anche l'uso delle monete da 1 e 2 lire d'argento ed eventualmente ancora quello dei vecchi marenghi, sebbene non più coniati dal 1891: il fatto che non venissero più coniati da almeno 10 anni, di per sé non dovrebbe provare un disuso. 

 

Modificato da Mr. Coin
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2 ore fa, Mr. Coin dice:

Non vedo perché monete in oro ed argento con intrinseco ragionevolmente inferiore al facciale non debbano circolare, se in ampia tiratura ed anche in presenza di banconote dello stesso taglio. Le 500 lire d'argento che citi hanno circolato in modo normalissimo per almeno 5-6 anni, salvo poi essere tesaurizzate a causa di un aumento notevole del prezzo dell'argento, probabilmente lo stesso che ha portato gli USA nello stesso periodo ad abbandonare la coniazione delle moete in argento in favore di quelle in cupronickel ed in modo analogo a quanto avvenne durante la Prima Guerra Mondiale, quando il prezzo dell'argento salì notevolmente ma pure, sembra, senza superare mai il facciale. Beninteso, per circolazione in numismatica si intende l'utilizzo delle monete per il loro valore facciale. Chiaramente in tempi moderni la circolazione di monete in metallo prezioso stimola curiosità e porta all'accantonamento, ma se la tiratura è molto ampia tale effetto non è rilevante. Sappiamo tutti, comunque, che le monete in metallo prezioso per la circolazione sono state abolite praticamente in tutto il mondo per ragioni di costi elevati e di fluttuazione del valore intrinseco. Resta il dubbio su cosa effettivamente succedesse in Italia nei primi 15 anni del '900 in fatto di circolazione: le banconote erano ormai abbondanti e di uso comune, ma siamo portati a pensare che fosse comune anche l'uso delle monete da 1 e 2 lire d'argento ed eventualmente ancora quello dei vecchi marenghi, sebbene non più coniati dal 1891: il fatto che non venissero più coniati da almeno 10 anni, di per sé non dovrebbe provare un disuso. 

Ciao.

Le considerazioni svolte sopra da Giovanni (Giov60) sono pienamente condivisibili.

Le monete d'oro e gli scudi d'argento di V.E.II e Umberto I non erano normalmente utilizzate per l'ordinaria circolazione ma venivano detenute dalle Banche quale riserva o utilizzate nelle importanti transazioni internazionali.

I nominali aurei maggiori (100 e 50 lire) erano sostanzialmente monete destinate al collezionismo e ciò è attestato dall'esiguo numero di esemplari coniati - come si sa, per questi e per tutte le monete in oro - solo a richiesta.

La stessa moneta divisionaria d'argento (2 e 1 lira e 50 cent.) non si pensi che fosse diffusissima fra la popolazione.

In un lettera della Camera di Commercio di Torino del gennaio 1896, inviata al Ministro dell'Agricoltura, industria e commercio, con la quale si esprimeva la preoccupazione che le monete divisionarie in argento potessero essere poste fuori corso, è riportato il seguente passaggio, alquanto eloquente sull'argomento che ci interessa:

"Nel frattempo si è divulgata la voce che col 30 corrente cesseranno di avere corso legale gli spezzati d'argento da lire 2, da lire 1 e da centesimi 50.

Ancorchè la moneta divisionale d'argento sia ridotta fra noi allo stato dell'araba fenice, la diceria che essa stesse per perdere il suo corso legale ha inquietato non poco gli scarsi detentori che ancora ne serbano."

Il fatto che la constatazione sulla scarsa presenza in circolazione di moneta divisionaria d'argento provenga da un Ente quale la Camera di Commercio di Torino, ovvero da una Piazza che all'epoca doveva ritenersi fra le più ricche e attive d'Italia, la dice lunga su quale dovesse essere la presenza di moneta argentea sul restante territorio nazionale.

Figuriamoci poi quale poteva essere la presenza concreta in circolazione di moneta aurea.

Come scriveva Giovanni, la cartamoneta aveva di fatto "espulso" dalla circolazione la "moneta buona", cioè quella d'oro e, pur in minor misura, anche quella d'argento.

Rimaneva comunque sia l'una che l'altra nella monetazione del Regno, dal momento che sia la Legge Fondamentale Monetaria del Regno (risalente all'agosto del 1862), che gli accordi della U.M.L., continuavano a prevedere come nominali aventi corso legale sia quelli in argento che quelli in oro.   

Saluti.

M.

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:D .

Mi é piaciuto molto il discorso di @giulira, ovvero che in tempi di necessità vera, rimane moneta ciò che lo é davvero: l'oro. Il quale smette di essere nello status forzato di "merce" e torna a svolgere la funzione a cui forse meglio si presta.
Anche se in questo caso, concordando con Michele, rispetto alla domanda, probabilmente é un discorso un po' OT.

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Molto interessante questa fonte dell'epoca, caro bizerba62! Viene da opporre solo una piccola ipotesi, e cioè che nella Torino di allora, una delle maggiori città del Regno, la cartamoneta sia stata adottata con più facilità rispetto ai paesi dell'entroterra di tutta la penisola, dove probabilmente le persone erano più restie ad abbandonare le tradizionali monete in metallo prezioso (mi viene in mente una novella di Verga di quel periodo, "La roba", in cui se non ricordo male Mazzarò, un ricco e anziano "self-made-man" campagnolo di allora, diffidava della cartamoneta, esigendo in pagamento le monete sonanti in argento od oro). Comunque, certamente la diffusione della cartamoneta andò via via sostituendo la circolazione degli scudi, dei marenghi e degli spezzati d'argento; mi si lasci dire, però, che fino ad un certo punto gli argenti circolarono ed anche parecchio: non si spiegherebbe altrimenti la difficoltà di oggi di trovare delle lire o degli scudi di V.E.II (ma anche di Umberto) in alta conservazione, che hanno alte quotazioni. Lo scudo doveva essere un po' come una banconota di medio taglio, circa 25 euro di oggi o poco più, il cui uso non sarebbe certo limitato solo alle fasce più alte della popolazione (ed anche l'oro valeva meno di oggi, per cui 20 lire allora non era poi una cifra così esorbitante e proibitiva: credo corrispondesse grossomodo a 100-150 euro di oggi. Lo stesso dicasi anche per le monete da 1 e 2 lire Aquila Sabauda, che pure si trovano normalmente in bassa conservazione. Le cose evidentemente sono poi cambiate molto, se si considera che le 1 e 2 lire "briosa" le troviamo oggi normalmente in alta conservazione. 

Modificato da Mr. Coin
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2 ore fa, Mr. Coin dice:

Molto interessante questa fonte dell'epoca, caro bizerba62! Viene da opporre solo una piccola ipotesi, e cioè che nella Torino di allora, una delle maggiori città del Regno, la cartamoneta sia stata adottata con più facilità rispetto ai paesi dell'entroterra di tutta la penisola, dove probabilmente le persone erano più restie ad abbandonare le tradizionali monete in metallo prezioso (mi viene in mente una novella di Verga di quel periodo, "La roba", in cui se non ricordo male Mazzarò, un ricco e anziano "self-made-man" campagnolo di allora, diffidava della cartamoneta, esigendo in pagamento le monete sonanti in argento od oro). Comunque, certamente la diffusione della cartamoneta andò via via sostituendo la circolazione degli scudi, dei marenghi e degli spezzati d'argento; mi si lasci dire, però, che fino ad un certo punto gli argenti circolarono ed anche parecchio: non si spiegherebbe altrimenti la difficoltà di oggi di trovare delle lire o degli scudi di V.E.II (ma anche di Umberto) in alta conservazione, che hanno alte quotazioni. Lo scudo doveva essere un po' come una banconota di medio taglio, circa 25 euro di oggi o poco più, il cui uso non sarebbe certo limitato solo alle fasce più alte della popolazione (ed anche l'oro valeva meno di oggi, per cui 20 lire allora non era poi una cifra così esorbitante e proibitiva: credo corrispondesse grossomodo a 100-150 euro di oggi. Lo stesso dicasi anche per le monete da 1 e 2 lire Aquila Sabauda, che pure si trovano normalmente in bassa conservazione. Le cose evidentemente sono poi cambiate molto, se si considera che le 1 e 2 lire "briosa" le troviamo oggi normalmente in alta conservazione. 

Sull'ipotesi formulata circa una maggior presenza di moneta metallica in luogo della cartamoneta al sud, "Malavoglia" a parte, non ho al momento elementi oggettivi a sostegno o contro.

Mi limito però a ricordare che con la riforma bancaria del 1893, che riordinò l'emissione di cartamoneta nel Regno, gli unici tre istituiti bancari autorizzati da quel momento ad emetterla furono: il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia e la Banca d'Italia.

Non so quanto ciò possa aver influenzato le Regioni del sud Italia nell'uso della cartamoneta a discapito della moneta metallica; constato però che ben due delle tre Banche autorizzate all'emissione di cartamoneta erano........ meridionali.

Saluti.

M.

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Grazie. Mi risulta però difficile pensare che le fasce più basse della popolazione non avessero familiarità con gli spezzati d'argento e con gli scudi: dopotutto, tali tagli non avevano poi un valore così ingente, e ad oggi queste monete le troviamo in più del 95% dei casi in condizioni di MB o BB. Peraltro, anche la grande massa analfabeta e contadina doveva pur fare delle transazioni, ad esempio vendere parte del raccolto, acquistare e vendere animali, beni di varia utilità...senz'altro non tutte cose dal valore inferiore a 1 o a 5 lire. Mi viene difficile pensare che utilizzassero esclusivamente monete da uno e due soldi in rame, e mai gli scudi.

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20 ore fa, Mr. Coin dice:

Grazie. Mi risulta però difficile pensare che le fasce più basse della popolazione non avessero familiarità con gli spezzati d'argento e con gli scudi: dopotutto, tali tagli non avevano poi un valore così ingente, e ad oggi queste monete le troviamo in più del 95% dei casi in condizioni di MB o BB. Peraltro, anche la grande massa analfabeta e contadina doveva pur fare delle transazioni, ad esempio vendere parte del raccolto, acquistare e vendere animali, beni di varia utilità...senz'altro non tutte cose dal valore inferiore a 1 o a 5 lire. Mi viene difficile pensare che utilizzassero esclusivamente monete da uno e due soldi in rame, e mai gli scudi.

Ciao.

Ho scovato una tabella interesante:

http://www.storiatifernate.it/allegati_prod/01-f-paghe.pdf

Anche se riporta le retribuzioni dal 1915, penso che possiamo considerarle abbastanza attendibili anche per fine '800 (tutt'alpiù andrebbero corrette per difetto).

Allora: la paga oraria di un operaio non qualificato o di un manovale era intorno ai 20 centesimi. Un bracciante agricolo poteva essere retribuito anche con solo 15 o 16 centesimi all'ora.

Se ipotizziamo una giornata lavorativa di 8 ore, la retribuzione giornaliera dei primi avrebbe raggiunto l'importo di lire 1 Lira e 60 centesimi, mentre per un bracciante, la paga giornaliera sarebbe stata di 1 Lira e 20 oppure 1 Lira e 28.

Per guadagnare 1 scudo (pari a 5 lire) un operaio non qualificato o un manovale avrebbero dovuto lavorare 3,125 giorni mentre un bracciante addirittura 4 giorni.

Quindi uno scudo, per costoro, rappresentava il salario relativo a più di 3 o addirittura a 4 giornate di lavoro.

Mutatis mutandis, se l'attuale retribuzione giornaliera netta di un operaio non specializzato è di € 40 (più o meno, sto arrotondando per comodità...), dovremmo immaginarci l'esistenza di una moneta metallica avente un valore compreso fra i 120  e i 150 € , tale da eguagliare il potere di acquisto di uno scudo di fine '800/primi del '900.

Grosso modo, una moneta siffatta rappresenterebbe il 10% dell'intero salario mensile dei suddetti lavoratori.

Se una tale monete esistesse davvero, secondo Te la ritroveremmo nelle loro tasche?

Ne dubito fortemente.

Saluti.

M.

Modificato da bizerba62
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Inviato (modificato)
3 ore fa, bizerba62 dice:

Ciao.

Ho scovato una tabella interesante:

http://www.storiatifernate.it/allegati_prod/01-f-paghe.pdf

Anche se riporta le retribuzioni dal 1915, penso che possiamo considerarle abbastanza attendibili anche per fine '800 (tutt'alpiù andrebbero corrette per difetto).

Allora: la paga oraria di un operaio non qualificato o di un manovale era intorno ai 20 centesimi. Un bracciante agricolo poteva essere retribuito anche con solo 15 o 16 centesimi all'ora.

Se ipotizziamo una giornata lavorativa di 8 ore, la retribuzione giornaliera dei primi avrebbe raggiunto l'importo di lire 1 Lira e 60 centesimi, mentre per un bracciante, la paga giornaliera sarebbe stata di 1 Lira e 20 oppure 1 Lira e 28.

Per guadagnare 1 scudo (pari a 5 lire) un operaio non qualificato o un manovale avrebbero dovuto lavorare 3,125 giorni mentre un bracciante addirittura 4 giorni.

Quindi uno scudo, per costoro, rappresentava il salario relativo a più di 3 o addirittura a 4 giornate di lavoro.

Mutatis mutandis, se l'attuale retribuzione giornaliera netta di un operaio non specializzato è di € 40 (più o meno, sto arrotondando per comodità...), dovremmo immaginarci l'esistenza di una moneta metallica avente un valore compreso fra i 120  e i 150 € , tale da eguagliare il potere di acquisto di uno scudo di fine '800/primi del '900.

Grosso modo, una moneta siffatta rappresenterebbe il 10% dell'intero salario mensile dei suddetti lavoratori.

Se una tale monete esistesse davvero, secondo Te la ritroveremmo nelle loro tasche?

Ne dubito fortemente.

Saluti.

M.

Grazie mille, ma credo ci sia un errore in questo confronto, ovvero quello di considerare la paga giornaliera di oggi. È cosa abbastanza nota, infatti, che gli operai di fine '800 lavoravano più ore e guadagnavano meno rispetto ad oggi: si mangiava, si provvedeva alle spese più necessarie (auspicabilmente) e nulla più. Considerando un operaio minimamente specializzato, da 0,25 L. l'ora, e moltiplicando per 10 ore, si ottiene una paga giornaliera di 2,50 L.

Nella stessa fonte è indicato il prezzo del pane: 0,30 L. al kg, dell'olio 1,20, di un paio di scarpe 15,00. È facile notare che la stima del valore "aggiornato" di una lira di allora tra 24 e 30 euro di oggi è decisamente esagerata (prova ne sia anche il fatto che un marengo non poteva valere dai 480 ai 600 euro di oggi, con l'oro che era molto meno costoso, ed il valore commerciale attuale, intrinseco + numismatico, che non supera i 260/270). Credo che il valore realistico di una lira di allora non fosse superiore a 10 euro di oggi, il che porterebbe uno scudo a  superare difficilmente i 50 euro odierni, pari a due giorni di lavoro. E tale doveva essere allora, approssimativamente, la paga di un operaio. 50 euro sono un taglio monetario con cui, fortunatamente, anche oggi gli operai hanno familiarità, seppure ovviamente non lo usino tutti i giorni (altrimenti non arriverebbero alla fine del mese). Una discreta somma quindi, allora come oggi, non bassa ma nemmeno altissima. Certamente invece il marengo (200 euro?) doveva essere un taglio fuori dal quotidiano, ricconi a parte. 

Modificato da Mr. Coin
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  • 5 settimane dopo...
1 ora fa, Mr. Coin dice:

Mi appello al buon bizerba, ma anche a chiunque altro volesse: concludiamo questa interessante discussione? Mi riferisco al mio ultimo commento, sul quale gradirei una conferma. Grazie

Ciao.

Mi dispiace ma non saprei che altro aggiungere alla discussione.

Saluti.

Michele

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Il 28/4/2019 alle 19:17, bizerba62 dice:

Ciao.

Mi dispiace ma non saprei che altro aggiungere alla discussione.

Saluti.

Michele

Salve, pensavo ad una eventuale conferma della mia ultima riflessione su una possibile stima del valore di una lira e, di conseguenza, degli scudi negli ultimi decenni dell'800, ed in generale sul fatto che, appunto, questi oggi si trovano molto raramente in condizioni superiori al BB, così come le 1 e 2 lire in argento. La discussione riguardante le scorte di monete in oro del Regno tuttora presenti nella Tesoreria di Stato mi fanno pensare che queste furono coniate in quantità superiori alle richieste, evidentemente minori del previsto. Il che farebbe immaginare che, se fino alla Prima Guerra Mondiale il valore dell'oro contenuto nelle monete non superava il facciale (e così pure l'argento) era possibile anche smaltirle cedendole come resti o pagamenti a dei..fortunati. D'altra parte mi sembra difficile pensare che tutti gli scudi e le 50 lire "Cinquantenario" e le monete della serie "Aratrice" vennero richieste. Così pure una piccola quantità degli scudi del '14 potrebbe essere stata ceduta al pubblico, che non li ha conservati con cura, e ciò spiegherebbe anche gli esemplari ad oggi pervenuti in condizioni inferiori allo spl. D'altra parte, se qualcuno richiedeva lo scudo del cinquantenario o una delle altre monete da collezione, era appunto un collezionista, e non toccava poi quelle monete in modo da consumarne facilmente i rilievi, né lo avrebbe lasciato fare ad altri. Ciò potrebbe spostare l'inizio delle coniazioni per collezionisti (peraltro, a prezzo maggiorato rispetto al facciale) direttamente al 1923, laddove le coniazioni delle 20 e 100 lire Aquila Sabauda, dell'Aratrice e dello scudo del 1914 erano di fatto per collezionisti ma in realtà formalmente le tipologie in corso richiedibili alla zecca, come fu per i sovrani precedenti.

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