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The value of Electron in Greece and Asia”, by John R. Melville Jones - sintesi e riflessioni


Emilio Siculo

Risposte migliori

Ciao a tutti,

come condiviso con @Matteo91, propongo in questa discussione una mia sintesi dei contenuti dell’articolo “The value of Electron in Greece and Asia”, John R. Melville Jones, contenuto nell’antologia “Studies in Greek Numismatics in Memory of Martin J Price” edited by R. Ashton and S. Hunter, Spink 1998.

Spero che queste righe che seguono siano da spunto per una discussione interessante. Il tema è complesso e affascinante, in quanto non solo numismatico in senso stretto, ma anche aperto ad aspetti di storia economica.

Il tema del rapporto di valore tra i tre metalli monetati, oro (AU) - elettro (EL) - argento (AR), è discusso nell’articolo sulla base delle ipotesi prevalentemente accettate dagli studiosi, e sembra che non vi siano ancora dei punti fermi assoluti. Aggiungo che, a mio modo di vedere, non è neppure detto che delle certezze assolute possano mai esserci, per tanti motivi accennati nell’articolo:

  • l’EL utilizzato per le monete conteneva % variabili di AU (si stima fino al 50% max) e AR, e spesso anche rame (CU). Va da se’ che ragionare su una lega ternaria pone delle difficoltà per esercizi di gravità specifica che cercano di determinare le composizioni %
  • l’AU e l’EL si trovavano in natura, mentre l’AR andava “estratto” tramite tecnologie che si sono perfezionate nel tempo, con l’effetto che l’AR aveva probabilmente un valore intrinseco maggiore in epoca arcaica, e decrescente nel tempo (oltre che per la tecnologia estrattiva, anche per le importanti miniere del Laurion e di Siphnos sfruttate da un certo punto in avanti)
  • le tecniche di stima della composizione dell’EL degli stateri arcaici di Ionia / Lidia attraverso analisi non distruttive incontrano il limite del c.d. “surface enrichment”, che se ricordo bene riguarda un po’ tutte le leghe di metalli più e meno nobili, e che conosciamo ad esempio nelle monete di AR (e CU in % minore) più volgarmente come cristallizzazione. La superficie della moneta quindi non è rappresentativa per analisi della % composizione 
  • sembrerebbe che le città che coniavano moneta in EL tendessero a sopravvalutare, per gli scambi interni, il contenuto di AU delle proprie monete (le autorità monetarie lucravano sulla opacità intrisceca del EL, e in qualche misura, aggiungo io, introducevano una piccola dose di moneta fiduciaria), mentre l’EL di una città era spesso scambiato a sconto rispetto al suo contenuto di fino con AU di altre città. Questo poteva essere permesso dai rischi del trasporto dei metalli in antichità, oltre che dai costi di separazione di AR ed AU dall’EL monetato
  • un ulteriore fattore di complessità è immaginare un rapporto di cambio che possa facilitare le conversioni dei numerosi nominali in EL, basati su sistema duodecimale, dallo statere a 1/96...

Insomma, la questione appare complessa, variabile nel tempo e nelle geografie di Asia Minore e Grecia...

Ma veniamo ora alle ipotesi sui valori relativi attribuiti ai 3 metalli monetati.

Ricordiamo che le prime monete coniate sono plausibilmente gli stateri di elettro attribuiti a Lidia / Ionia nella seconda metà del VII sec a.C., pesanti 14.1 g (il tipo “di Phanes” è famoso).

Si suole attribuire a Creso, intorno al 550 a.C., l’introduzione di stateri (con toro Leone di fronte) di AR e AU del peso di 10.9 g.

Perché 10.9 g?

Tradizionalmente si attribuisce questa scelta ad un rapporto di conversione AU : EL = 4 : 3.

Per cui uno statere d’oro da 10.9 g era equivalente ad uno statere arcaico il EL da 14.1 g.

Da ciò deriva, come accennato sopra, che con un contenuto di AU nelle monete di EL inferiore al 50% e con un contenuto di CU superiore a quanto normalmente presente nell’EL in natura (sic!), le monete in EL fossero in qualche modo sopravvalutate per gli scambi nella propria area di emissione.

Per quanto riguarda la conversione dell’AR, c’è l’ipotesi di un rapporto fisso con gli altri due metalli monetati, ma anche la possibilità che le monete in AR non fossero direttamente convertibili (ipotesi che a me personalmente non convince).

Nella prima ipotesi, l’autore presenta due rapporti di conversione successivi cronologicamente:

  • inizialmente AU : AR = 13 : 1 in modo da rendere equivalenti 20 AR siglos da 5,35 g ad 1 AU statere leggero da 8,17 g
  • in una seconda fase, AU : AR = 13 e 1/3 : 1 in modo da rendere equivalenti 20 AR siglos da 5,55 g ad 1 AU statere leggero da 8,40, e che comporta che EL : AR = 10 : 1

In ogni caso, la conversione AU : AR appare non agevole.

Un’ulteriore ipotesi discussa è quella presentata da M J Price, che sosteneva come plausibile un rapporto EL : AR = 7 : 1, in ragione dell’elevato valore dell’AR in periodo arcaico, per i costi di estrazione, e che riteneva la riduzione del peso dello statere creseide in AU da 10.9 g a 8.17 g dovuto proprio al decrescente valore del AR.

Si giunge pertanto ad una ulteriore proposta ipotetica di rapporti di conversione fra metalli che renderebbe un po’ più facile la conversione dell’AR:

  • inizialmente, fermo restando un rapporto AU : EL = 12 : 9 (ovvero 4 : 3) si ipotizza che AR sia sopravvalutato a EL : AR = 9 : 1
  • in una seconda fase, sempre fermo il rapporto AU : EL = 4 : 3 si ipotizza che AR si sia assestato a EL : AR = 10 : 1 e che quindi si giunga al rapporto classico AU : AR = 13 e 1/3 : 1

Il rapporto AU : AR = 13 : 1 è peraltro citato da Erodoto, per conversioni all’interno del sistema tributario persiano. In Sicilia, a Siracusa, vigeva indicativamente il AU : AR = 15 : 1, e ad Atene AU : AR = 14 : 1 (poi scende a 13).

Un ultimo spunto porta alla considerazione esposta sopra, ovvero che le monete in EL fossero sopravvalutate nella propria area di circolazione rispetto a quanto fossero scambiate al di fuori della stessa. Le monete in EL di Lampsaco e Cizico sembra che fossero scambiate con Atene ad un rapporto AU : EL = 2 : 1, anziché con il rapporto convenzionale creseide AU : EL = 4 : 3

In conclusione, sembra realistico affermare che EL monetato fosse sopravvalutato rispetto al contenuto di fino nelle aree in cui era coniato (Asia Minore e colonie greche del Mar Nero), mentre era valutato meno negli scambi con la Grecia.

Un’ulteriore (mia personale, e spero ragionevole) osservazione è relativa al fatto che la nascita della moneta sia stata probabilmente stimolata, fra gli altri fattori, anche dall’opacità del contenuto di AU e AR dell’elettro. Ciò permetteva alle autorità monetarie di lucrare sull’emissione, introducendo nella lega utilizzata, a quanto pare, anche del CU in % superiore a quanto presente nell’EL in natura. Il tasso di conversione AU : EL = 4 : 3, che tendeva a sopravvalutare l’EL, infatti era oggetto di enforcement nell’area sotto il controllo dell'autorità emittente, ma subiva sconto negli scambi con altre aree.

ES

Modificato da Emilio Siculo
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Ciao @Emilio Siculo, discussione molto interessante, nella mia ignoranza avevo sempre pensato che l'elettro fosse una lega tra oro e argento creata dall'uomo, mi sembra di capire invece (correggimi per favore se ho capito male) che si trovava già creata dalla natura con oro, argento e rame in differenti percentuali.  Poi l'uomo andava ad addizionare ancora con oro, o argento oppure rame in base alla convenienza o al valore che si voleva dare.

Scusa se ho capito male e correggimi pure che è molto interessante il discorso che hai fatto

Michele

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4 minuti fa, Zenzero dice:

Ciao @Emilio Siculo, discussione molto interessante, nella mia ignoranza avevo sempre pensato che l'elettro fosse una lega tra oro e argento creata dall'uomo, mi sembra di capire invece (correggimi per favore se ho capito male) che si trovava già creata dalla natura con oro, argento e rame in differenti percentuali.  Poi l'uomo andava ad addizionare ancora con oro, o argento oppure rame in base alla convenienza o al valore che si voleva dare.

Scusa se ho capito male e correggimi pure che è molto interessante il discorso che hai fatto

Michele

Ciao @Zenzero,

sì, l'elettro si trovava in natura, soprattutto in Asia Minore.

Quello che l'articolo aggiunge, e che non sapevo, è che la lega usata per le monete era probabilmente ritoccata, ad esempio aggiungendo rame.

ES

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18 minuti fa, Matteo91 dice:

Grazie @Emilio Siculo. Lo leggerò con calma domani e proverò ad alimentare l’interessante Discussione.

Bene, nell’articolo vi sono numerosi spunti di approfondimento, che ho cercato di riassumere. Grazie a te per lo spunto.

Ad esempio, un aspetto di tecnologia estrattiva da approfondire è quello del raffinamento dell’AR tramite coppellazione e successiva cementazione. Se qualcuno si vuole cementare/cimentare ? a illustrare i passaggi e i risultati di queste tecniche...

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Riporto qualche informazione tratta da "A. Ramage e P. Craddock, King Croesus Gold Excavations at Sardis and the History of Gold Refining", indicativamente alle pagine 17-18:

  • l'oro alluvionale si trova solitamente legato all'argento e, in minima parte, anche al rame;
  • larga parte di questa lega (l'elettro) era rinvenuta presso il fiume Pactolo. L'elettro rinvenuto in natura poteva presentare percentuali anche molto variabili nella propria composizione: la percentuale di argento poteva raggiungere anche il 40%, ma la percentuale d'oro poteva essere talvolta anche superiore al 60%;
  • la composizione delle prime monete, invece, è piuttosto stabile e approssimativamente era così suddivisa: oro 55%, argento 45% e rame 1 o 2%. Questo dimostrerebbe che alla lega naturale era aggiunta una percentuale di argento per creare una nuova lega artificiale;
  • Queste considerazioni sono condivise anche da De Catally in "White Gold An Enigmatic Start to Greek Coinage": la percentuale d'oro nelle monete si attesta ben al di sotto del 65%, percentuale che mediamente caratterizza la lega naturale. Anche le percentuali di rame sono superiori a quanto rinvenuto in natura;
  • assodato che la lega delle monete fosse artificiale, resta da capire se l'argento fosse aggiunto all'elettro rinvenuto in natura o all'oro. Catallay riporta che Craddock, da un lato, e Maryse Blet-Lemarquand e Frederique Duyrat, dall'altro, sostengano che l'argento fosse aggiunto all'oro;
  • questo implicherebbe che tutte le monete in elettro fossero ottenute da una lega artificiale.

Detto questo, ritengo anche io che l'autorità emittente ottenesse notevoli profitti "giocando" sulle quantità di oro e argento della lega. 

E' interessante notare, inoltre, come l'ambito di circolazione di queste monete fosse estremamente limitato. 

continua...

 

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