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IGNORED

La serie "Aratrice" e la sua circolazione


Mr. Coin

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Salve a tutti. Vorrei avere delle informazioni sulla serie in oggetto, straordinariamente composta da ben 4 tagli in oro, sebbene il più piccolo, la 10 lire, sembra essere stata coniata davvero in una tiratura esigua. Ho sentito da più parti che gli altri tagli abbiano circolato regolarmente, ed io stesso ne ho vista esposta una serie completa presentante segni di circolazione. Mi chiedo perciò quali sono stati i motivi della coniazione (se per collezionisti, o su richiesta delle banche o altri privati, come avveniva con i sovrani precedenti, ovvero per la circolazione. Ho sentito che delle giacenze vennero cedute a banche francesi, e che è tuttora giacente in una sede di un istituto pubblico il quantitativo all'epoca rimasto alla zecca. Grazie mille.

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Dal Bollettino di Numismatica n. 54 del 2010 è opportuno trascrivere la famosa "Nota 56" che tratta anche della "Serie Aratrice" e, in particolare, dei conii datati 1912.

Nel 1992, con decreto del Ministro del Tesoro del 25 maggio, ad un’apposita Commissione di esperti, appartenenti alle Amministrazioni del Tesoro, dei Beni Culturali e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, venne assegnato il compito di procedere alla ricognizione, catalogazione
e valutazione delle monete e dei valori esistenti presso la Tesoreria Centrale dello Stato o presso la Zecca. I lavori di verifica sono terminati nel 2009. Oltre a una grandissima quantità di monete in oro di circolazione, specialmente sterline, marchi, franchi e dollari, il fondo esaminato dalla Commissione interministeriale ha rivelato l’esistenza, per la parte italiana (oltre 10 mila pezzi), di un significativo numero di monete per collezionisti, emesse dallo Stato ed evidentemente rimaste invendute. Tra le monete in oro emesse a nome di Vittorio Emanuele III sono da segnalare le 100 lire del tipo Aquila sabauda del 1903 (alcune decine di esemplari) e del 1905 (pochissimi esemplari); quelle del 1923 con il tipo del fascio littorio, emesse per il primo anniversario della marcia su Roma (oltre 5 mila pezzi); quelle del 1925 emesse per celebrare i primi 25 anni di regno di Vittorio Emanuele III con il tipo Vetta d’Italia (parecchie centinaia di esemplari); alcune prove in oro delle 100 lire del 1931 del tipo Italia su prora modellate dal Romagnoli (anni ’31/IX, ‘31/ X e ‘32/X ); le 100 lire del 1936 con il littore di primo tipo e del 1940 con il littore di secondo tipo (alcuni esemplari, tra cui alcuni pezzi di prova del 1940/XVIII proof). Consistente anche il lotto dei pezzi da L. 50 del 1936 anno XIV della serie dell’Impero (tra cui alcune prove) e la serie completa del Boninsegna del 1912 con il tipo dell’Aratrice (nel complesso parecchie centinaia di pezzi), oltre ad un consistente numero di esemplari diversi tra loro per taglio, anno di emissione e metallo.

Un saluto e a presto.

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9 ore fa, viganò dice:

Dal Bollettino di Numismatica n. 54 del 2010 è opportuno trascrivere la famosa "Nota 56" che tratta anche della "Serie Aratrice" e, in particolare, dei conii datati 1912.

Nel 1992, con decreto del Ministro del Tesoro del 25 maggio, ad un’apposita Commissione di esperti, appartenenti alle Amministrazioni del Tesoro, dei Beni Culturali e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, venne assegnato il compito di procedere alla ricognizione, catalogazione
e valutazione delle monete e dei valori esistenti presso la Tesoreria Centrale dello Stato o presso la Zecca. I lavori di verifica sono terminati nel 2009. Oltre a una grandissima quantità di monete in oro di circolazione, specialmente sterline, marchi, franchi e dollari, il fondo esaminato dalla Commissione interministeriale ha rivelato l’esistenza, per la parte italiana (oltre 10 mila pezzi), di un significativo numero di monete per collezionisti, emesse dallo Stato ed evidentemente rimaste invendute. Tra le monete in oro emesse a nome di Vittorio Emanuele III sono da segnalare le 100 lire del tipo Aquila sabauda del 1903 (alcune decine di esemplari) e del 1905 (pochissimi esemplari); quelle del 1923 con il tipo del fascio littorio, emesse per il primo anniversario della marcia su Roma (oltre 5 mila pezzi); quelle del 1925 emesse per celebrare i primi 25 anni di regno di Vittorio Emanuele III con il tipo Vetta d’Italia (parecchie centinaia di esemplari); alcune prove in oro delle 100 lire del 1931 del tipo Italia su prora modellate dal Romagnoli (anni ’31/IX, ‘31/ X e ‘32/X ); le 100 lire del 1936 con il littore di primo tipo e del 1940 con il littore di secondo tipo (alcuni esemplari, tra cui alcuni pezzi di prova del 1940/XVIII proof). Consistente anche il lotto dei pezzi da L. 50 del 1936 anno XIV della serie dell’Impero (tra cui alcune prove) e la serie completa del Boninsegna del 1912 con il tipo dell’Aratrice (nel complesso parecchie centinaia di pezzi), oltre ad un consistente numero di esemplari diversi tra loro per taglio, anno di emissione e metallo.

Un saluto e a presto.

La famosa nota nr.56...nessun dorma.....

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19 ore fa, elledi dice:

Ci dice però quante serie sono ancora custodite al Ministero,,,e non mi sembrano poche

Certo, e se è per questo spero vivamente che vengano immesse nel mercato, in modo da abbassare le quotazioni. Ma non c'entra nulla con la mia domanda: quello che mi piacerebbe sapere è, appunto, qualcosa in più sulla loro coniazione e la loro circolazione. 

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  • 2 settimane dopo...
Staff

Che circolazione vuoi possano aver avuto? Basta aprire il gigante e consultare le tirature di emissione, limitatissime (a parte il Marengo, ma con neppure 60 mila pezzi, comunque sempre un contingente risibile ai fini della circolazione) per tutti i pezzi della serie, come per altre tipologie di cui abbiamo già parlato diverse volte (vedi la serie cinquantenario, aquila è così via).

il concetto di “denaro” era più collegato principalmente alla cartamoneta, dove i contingenti emessi sono nell’ordine dei centinaia di milioni di pezzi. Quelli erano i “soldi” che viaggiavano abitualmente di mano in mano quotidianamente. 

Concetto poco “romantico” per un collezionista di monete per VEIII, ma all’atto pratico, così è stato.

per ampliare il concetto: ad esempio, il 5 lire “fecondità”. Stessa cosa: la moneta è stata emessa in un quantitativo davvero risibile se rapportata alla relativa moneta stampata.

Avranno circolato? Ma sicuramente (specie nei tristi periodi della guerra, ma più per il metallo prezioso contenuto che per il valore nominale riportato sopra), ma comunque in una maniera molto meno intensiva della controparte cartacea, limitato, basti pensare semplicemente al fatto che è più difficile trovare pezzi in conservazione MB che in alta conservazione.

Parlando con persone che quei tempi li avevano vissuti (lavoratori delle fabbriche e contadini) nessuno ricordava monete auree nell’uso quotidiano, anche se erano comunque avvezzi al termine “Marengo”, forse ancora usato per una particolare categoria di acquisti, e comunque, si sarebbe trattato delle tipologie precedentemente emesse, visto appunto la limitata quantità emessa per VEIII.

Mio papà (classe 1926) ricordava benissimo le banconote della serie Barbetti, qualcosa della 500 lire Capranesi, e vagamente le monete da 10 e 5 lire della serie impero.

Ricordava molto bene l’aquilotto, sempre vagamente la biga. 

Rimango dell’idea che affiancare una collezione tipologica (con relativo studio) della cartamoneta serva al collezionista non solo per completare il quadro numismatico, ma anche per avere un concetto più chiaro del circolante in quei periodi. 

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Il 20/7/2019 alle 15:16, ilnumismatico dice:

Che circolazione vuoi possano aver avuto? Basta aprire il gigante e consultare le tirature di emissione, limitatissime (a parte il Marengo, ma con neppure 60 mila pezzi, comunque sempre un contingente risibile ai fini della circolazione) per tutti i pezzi della serie, come per altre tipologie di cui abbiamo già parlato diverse volte (vedi la serie cinquantenario, aquila è così via).

il concetto di “denaro” era più collegato principalmente alla cartamoneta, dove i contingenti emessi sono nell’ordine dei centinaia di milioni di pezzi. Quelli erano i “soldi” che viaggiavano abitualmente di mano in mano quotidianamente. 

Concetto poco “romantico” per un collezionista di monete per VEIII, ma all’atto pratico, così è stato.

per ampliare il concetto: ad esempio, il 5 lire “fecondità”. Stessa cosa: la moneta è stata emessa in un quantitativo davvero risibile se rapportata alla relativa moneta stampata.

Avranno circolato? Ma sicuramente (specie nei tristi periodi della guerra, ma più per il metallo prezioso contenuto che per il valore nominale riportato sopra), ma comunque in una maniera molto meno intensiva della controparte cartacea, limitato, basti pensare semplicemente al fatto che è più difficile trovare pezzi in conservazione MB che in alta conservazione.

Parlando con persone che quei tempi li avevano vissuti (lavoratori delle fabbriche e contadini) nessuno ricordava monete auree nell’uso quotidiano, anche se erano comunque avvezzi al termine “Marengo”, forse ancora usato per una particolare categoria di acquisti, e comunque, si sarebbe trattato delle tipologie precedentemente emesse, visto appunto la limitata quantità emessa per VEIII.

Mio papà (classe 1926) ricordava benissimo le banconote della serie Barbetti, qualcosa della 500 lire Capranesi, e vagamente le monete da 10 e 5 lire della serie impero.

Ricordava molto bene l’aquilotto, sempre vagamente la biga. 

Rimango dell’idea che affiancare una collezione tipologica (con relativo studio) della cartamoneta serva al collezionista non solo per completare il quadro numismatico, ma anche per avere un concetto più chiaro del circolante in quei periodi. 

Grazie mille. Non mi è estraneo il fatto come fin dagli inizi del '900 la cartamoneta fosse ampiamente più utilizzata e diffusa delle corrispondenti monete metalliche, ma sappiamo che, comunque, le monete da 1 e 2 lire d'argento circolavano ed è proprio la circolazione l'aspetto che mi interessa, per quanto piccola sia stata. Forse 60000 esemplari non sono poi così pochi per un'emissione di monete d'oro, così come per lo scudo d'argento del Cinquantenario (c'erano 60000 collezionisti che lo ordinarono all'epoca? Mi sembra ben difficile, ma gari non ce ne sono così tanti nemmeno oggi). Quindi il dubbio sull'effettiva circolazione o meno di alcune tipologie (e sullo scopo della loro coniazione) c'è. Ad esempio nessuno è ancora riuscito a chiarire con certezza se questa serie dell'Aratrice abbia circolato o meno, e con quali modalità sia stata distribuita. Lo stesso vale per la 5 lire 1914, per lo scudo e la 50 lire Cinquantenario (di cui si conoscono le modalità ufficiali di distribuzione e null'altro). Per alcune tipologie (1 e 2 lire aquila sabauda, quadriga lenta e briosa) la tiratura e la diffusione nel mercato di esemplari anche molto usurati chiarisce che furono coniate per circolare ed assolsero a questa funzione, ma per molte altre tipologie ci si allontana dalla certezza per avvicinarsi al mistero. Per dire, non sembrano affatto chiarite le modalità di distribuzione e la funzione pensata per le 20 lire 1936 (10000 esemplari), né se abbia circolato o meno, e lo stesso dicasi per i marenghi Aquila sabauda (vennero "richieste dai privati" come avveniva per i sovrani precedenti oppure no?). Analogamente, si arriva alla questione delle 50 lire 1864 di cui non è chiaro come si possa spiegare la tiratura di soli 103 esemplari e quale ne fosse lo scopo. Se per le monete d'oro a partire dal 1923 è evidente la coniazione per collezionisti (evidente sulla base del prezzo di vendita maggiorato rispetto al facciale) quantomeno per la fascia 1902-1914 esiste, a mio avviso, una sorta di vuoto culturale e le sarei davvero grato nel caso possa e voglia riempirlo, almeno in parte. 

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8 ore fa, Mr. Coin dice:

c’erano 60000 collezionisti che lo ordinarono all'epoca? Mi sembra ben difficile, ma gari non ce ne sono così tanti nemmeno oggi)

No, non c’erano, come non credo ce ne siano anche oggi, visto quante ne girano ;)  (ed il cospicuo quantitativo citato nella nota 56 dovrebbe dirci qualcosa anche riguardo ai tempi passati, relativamente alla specifica “monete per collezionisti”)

Mi scuso ma sommessamente ribadisco un dettaglio che credo dirimente a questo riguardo, relativo alla conservazione. È difficile trovare un pezzo del Marengo aratrice in bassa conservazione. Secondo me è un dettaglio da non sottovalutare.

I marenghi del Regno di Sardegna a trovarli belli non è per niente facile (a parte il ‘49 di Carlo Alberto e qualche annata comune di Vittorio Emanuele). Stessa cosa per quelli di Napoleone (altri che me ne vengono in mente, difficilissimi da trovare oltre lo SPL)

L’aratrice di per se trovarla in buona conservazione non è per niente difficile... magari è tutt’altro discorso a trovarla di buona qualità (ben coniata e senza segni). 

Di contro, le lire aquila e quadriga, specie la “veloce” dei primi anni, evidenziano indubbiamente un’avvenuta circolazione per quanto comunque circoscritta al limitato contingente emesso in rapporto con la cartamoneta. 

Se questi marenghi aratrice avessero CIRCOLATO come queste lire, ALMENO gli “splendidini” credo avrebbero dovuto essere una conservazione più che diffusa su questa tipologia... 

In merito all’altro aspetto relativo alle proporzioni “argenteo vs. cartamoneta” completa il resto del quadro, secondo me. Da un rapido calcolo mi risulta un rapporto totale tra il coniato / stampato di 2,5:1. 

Mettendo insieme i due dettagli, e tenendo in mente la legge di Gresham “la moneta cattiva scaccia la buona”, è chiaro che l’argento piano piano sia stato “spazzato via” dalla carta, ed infatti, trovare le quadrighe “briose” in stato “unc” è già quasi la regola. I conti direi che tornano... :) 

Modificato da ilnumismatico
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Il 21/7/2019 alle 21:38, ilnumismatico dice:

No, non c’erano, come non credo ce ne siano anche oggi, visto quante ne girano ;)  (ed il cospicuo quantitativo citato nella nota 56 dovrebbe dirci qualcosa anche riguardo ai tempi passati, relativamente alla specifica “monete per collezionisti”)

Mi scuso ma sommessamente ribadisco un dettaglio che credo dirimente a questo riguardo, relativo alla conservazione. È difficile trovare un pezzo del Marengo aratrice in bassa conservazione. Secondo me è un dettaglio da non sottovalutare.

I marenghi del Regno di Sardegna a trovarli belli non è per niente facile (a parte il ‘49 di Carlo Alberto e qualche annata comune di Vittorio Emanuele). Stessa cosa per quelli di Napoleone (altri che me ne vengono in mente, difficilissimi da trovare oltre lo SPL)

L’aratrice di per se trovarla in buona conservazione non è per niente difficile... magari è tutt’altro discorso a trovarla di buona qualità (ben coniata e senza segni). 

Di contro, le lire aquila e quadriga, specie la “veloce” dei primi anni, evidenziano indubbiamente un’avvenuta circolazione per quanto comunque circoscritta al limitato contingente emesso in rapporto con la cartamoneta. 

Se questi marenghi aratrice avessero CIRCOLATO come queste lire, ALMENO gli “splendidini” credo avrebbero dovuto essere una conservazione più che diffusa su questa tipologia... 

In merito all’altro aspetto relativo alle proporzioni “argenteo vs. cartamoneta” completa il resto del quadro, secondo me. Da un rapido calcolo mi risulta un rapporto totale tra il coniato / stampato di 2,5:1. 

Mettendo insieme i due dettagli, e tenendo in mente la legge di Gresham “la moneta cattiva scaccia la buona”, è chiaro che l’argento piano piano sia stato “spazzato via” dalla carta, ed infatti, trovare le quadrighe “briose” in stato “unc” è già quasi la regola. I conti direi che tornano... :) 

Grazie per le considerazioni, cerco però di chiarire meglio la mia domanda iniziale. Nessun dubbio sulla legge di Gresham, per la quale la versione in metallo prezioso di un determinato taglio monetario tende a scomparire dalla circolazione, se esiste anche la versione in cartamoneta. È quanto avvenuto agli inizi del '900, con le banconote che hanno "scacciato" i vecchi scudi e marenghi. Però gli scudi e i marenghi - sta proprio qui il succo della mia domanda - erano monete concepite per essere utilizzate, e di fatto utilizzate per decenni. Nessun dubbio sul fatto che la serie Aratrice, se ha circolato, lo ha fatto in maniera minima a causa della presenza dell'alternativa cartacea, come comprovato anche dalla conservazione generalmente alta defli esemplari oggi sul mercato. Ma la questione è proprio questa: tale serie di monete è stata concepita, come le monete d'oro ottocentesche, per essere utilizzata oppure no? Le 20 lire d'oro Aquila Sabauda sono state concepite e distribuite per un normale utilizzo, e lo hanno, seppure minimamente, avuto? La stessa domanda vale per la 5 lire 1911, che non è chiaro se sia stata immessa nella circolazione per smaltire le scorte, e così pure per la 5 lire 1914, che ha avuto una tiratura non certo minima, nonché per le 20 lire 1936: non è chiaro come vennero distribuite. La distinzione tra monete per la circolazione e monete per collezionisti è di non poca importanza sia per la componente storico-quotidiana sia per l'impostazione delle collezioni, nelle quali si può decidere di raccogliere solo le monete emesse per la circolazione (e che appunto hanno assolto a questa funzione, seppure in modo minimo a causa della tiratura ed alla legge di Gresham). Ma, appunto, non sembra affatto così semplice fare questa distinzione. 

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Mi pare chiaro che la risposta sia No. Gli scudi per VEIII (di fatto, solo il cinquantenario) non sono state concepite per la circolazione, anche se, di fatto, una minima circolazione l’ha avuta. Idem per gli tutti gli ori (dall’aquila alla serie impero). L’emissione monetale della serie impero, aveva più una funzione celebrativa che monetaria. 

Come già ampiamente scritto, il concetto di “denaro” era più legato alla carta che alla moneta. Se all’inizio del regno di VEIII, l’argento ancora circolava insieme alla carta, seppur in maniera inferiore, via via la circolazione argentea ha lasciato il posto alla cartamoneta 

Modificato da ilnumismatico
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Il 20/7/2019 alle 15:16, ilnumismatico dice:

il concetto di “denaro” era più collegato principalmente alla cartamoneta, dove i contingenti emessi sono nell’ordine dei centinaia di milioni di pezzi. Quelli erano i “soldi” che viaggiavano abitualmente di mano in mano quotidianamente. 

Concetto poco “romantico” per un collezionista di monete per VEIII, ma all’atto pratico, così è stato.

per ampliare il concetto: ad esempio, il 5 lire “fecondità”. Stessa cosa: la moneta è stata emessa in un quantitativo davvero risibile se rapportata alla relativa moneta stampata.

Avranno circolato? Ma sicuramente (specie nei tristi periodi della guerra, ma più per il metallo prezioso contenuto che per il valore nominale riportato sopra), ma comunque in una maniera molto meno intensiva della controparte cartacea, limitato, basti pensare semplicemente al fatto che è più difficile trovare pezzi in conservazione MB che in alta conservazione.

Parlando con persone che quei tempi li avevano vissuti (lavoratori delle fabbriche e contadini) nessuno ricordava monete auree nell’uso quotidiano, anche se erano comunque avvezzi al termine “Marengo”, forse ancora usato per una particolare categoria di acquisti, e comunque, si sarebbe trattato delle tipologie precedentemente emesse, visto appunto la limitata quantità emessa per VEIII.

Mio papà (classe 1926) ricordava benissimo le banconote della serie Barbetti, qualcosa della 500 lire Capranesi, e vagamente le monete da 10 e 5 lire della serie impero.

Ricordava molto bene l’aquilotto, sempre vagamente la biga. 

Rimango dell’idea che affiancare una collezione tipologica (con relativo studio) della cartamoneta serva al collezionista non solo per completare il quadro numismatico, ma anche per avere un concetto più chiaro del circolante in quei periodi. 

Discorso che non fa una grinza.

Un altro modo per rispondere alla domanda su quali monete circolavano veramente e quali no è affidarsi alle monete false (d'epoca ovviamente).

Potrebbe apparire strano ma per guadagnarci bisogna falsificare roba spendibile e non roba "di nicchia".

Ed ecco venire fuori che i falsi di aquilotti e bighe sono comunissimi. (Come confermato dai ricordi di cui sopra)

Meno comuni ma frequenti quelli dei 20 lire littore ed elmetto. 

5 lire e 10 lire impero sono rarissimi. 20 lire impero falsi d'epoca mai visti. Ori di Vittorio Emanuele III mai visti...

E se giravano i falsi bisognava pure salvaguardarsene in qualche modo, giusto? E come?

Oggi ci sono le apposite macchinette per controllare le banconote ma all'epoca cosa si utilizzava?

Semplice: bilancino e pesi monetali.

Ed ecco che studiare i pesi monetali può eserre un ulteriore modo per capire cosa circolava e cosa no in un determinato periodo. Essi infatti dovevano essere sottoposti a controllo e punzonatura (con la data di controllo) quindi incrociando le date di più pesi per la stessa tipologia o addirittura esaminando interi "kit" di pesi si può provare a capire su quali monete erano indirizzati i controlli (e quindi erano utilizzate nelle transazioni commerciali) e quali no.

Saluti

Simone

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5 ore fa, uzifox dice:

Discorso che non fa una grinza.

Un altro modo per rispondere alla domanda su quali monete circolavano veramente e quali no è affidarsi alle monete false (d'epoca ovviamente).

Potrebbe apparire strano ma per guadagnarci bisogna falsificare roba spendibile e non roba "di nicchia".

Ed ecco venire fuori che i falsi di aquilotti e bighe sono comunissimi. (Come confermato dai ricordi di cui sopra)

Meno comuni ma frequenti quelli dei 20 lire littore ed elmetto. 

5 lire e 10 lire impero sono rarissimi. 20 lire impero falsi d'epoca mai visti. Ori di Vittorio Emanuele III mai visti...

E se giravano i falsi bisognava pure salvaguardarsene in qualche modo, giusto? E come?

Oggi ci sono le apposite macchinette per controllare le banconote ma all'epoca cosa si utilizzava?

Semplice: bilancino e pesi monetali.

Ed ecco che studiare i pesi monetali può eserre un ulteriore modo per capire cosa circolava e cosa no in un determinato periodo. Essi infatti dovevano essere sottoposti a controllo e punzonatura (con la data di controllo) quindi incrociando le date di più pesi per la stessa tipologia o addirittura esaminando interi "kit" di pesi si può provare a capire su quali monete erano indirizzati i controlli (e quindi erano utilizzate nelle transazioni commerciali) e quali no.

Saluti

Simone

In realtà non è così. Se l'esistenza di falsi d'epoca comprova una circolazione significativa, la loro inesistenza non esclude una circolazione limitata (ed appunto, a me nella domanda iniziale interessava la circolazione in assoluto, per limitata che fosse). Un esempio? La 1000 lire Concordia, che circolò, ovvero venne data come pagamento negli uffici postali e qualcuna venne anche spesa, ma la circolazione fu così breve e limitata che non fu opportuno falsificarla. Perciò,  tutti gli effetti, va considerata una moneta per la circolazione, a differenza di quelle vendute confezionate a prezzo maggiorato o, comunque, ottenibili solo dietro specifica richiesta. Sarebbe bello poter appurare con certezza che avvenne lo stesso per alcune famose monete di V.E.III, oppure no. Delle 500 lire Caravelle, invece, i falsi d'epoca sono ben noti. 

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No? Ok ci abbiamo provato in tanti e con diverse argomentazioni diverse e alcune anche molto autorevoli...

Ma se nessuna ti aggrada che ti dobbiamo dire, buona fortuna con la tua ricerca... :D 

Saluti

Simone

 

Modificato da uzifox
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1 ora fa, uzifox dice:

No? Ok ci abbiamo provato in tanti e con diverse argomentazioni diverse e alcune anche molto autorevoli...

Ma se nessuna ti aggrada che ti dobbiamo dire, buona fortuna con la tua ricerca... :D 

Saluti

Simone

 

Caro uzifox non è questione di piacere ma di concetto, hai esposto un ragionamento e ho dovuto farti notare che purtroppo nemmeno quella da te esposta è una prova relativa a quanto mi interessava. Ho avuto anche altre argomentazioni ragionevoli, è vero, ma in mancanza di prove documentate e certe il dubbio resta. Basta pensare ad esempio alla misteriosa tiratura di oltre 272000 esemplari del 5 lire 1914, come pure ai 60000 del 1911. Qualcosa purtroppo continua a non tornare. 

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