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certificato lecita provenienza


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1 minuto fa, Bassi22 dice:

Non è proprio così, o perlomeno non lo è direttamente. 

La questione è molto complessa e più volte dibattuta, e attiene contemporaneamente a "proprietà", "possesso" e "provenienza"; le diverse fattispecie sono molto articolate e ogni caso è un po a sé. 

Nella nostra legislazione, visto che parliamo di beni mobili non registrati, proprietà e possesso generalmente coincidono e questo, in linea di principio, dovrebbe essere sufficiente nei confronti di qualunque "terzo" (e quindi anche verso lo Stato) a dimostrare la legittima proprietà di un bene (comprese le monete). 

Peccato che la nota legge imponga di dimostrare che quelle monete hanno una lecita provenienza, che ne legittima la proprietà, almeno dal 1909 o (questo lo aggiungo io, ma ne sono tranquillo) da quando sono entrate nel territorio Italiano (es. acquisto da asta straniera). 

In mancanza di tale documentazione (che non necessariamente deve rilasciare solo un venditore professionale) lo Stato attua la presunzione che proprietà e possesso non siano coincidenti e che il soggetto possegga illegittimamente la moneta che, di fatto, sarebbe di proprietà dello Stato sull'ulteriore presupposto di un suo illegittimo ritrovamento. Il tutto trova a corollario l'inversione dell'onere della prova a carico del possessore della moneta. Ragion per cui disporre di una dichiarazione anche da un privato non è solo buon senso, bensì oculata e completa raccolta della documentazione a sostegno del legittimo acquisto della moneta. 

Poi ciascuno di noi può sentisi libero di fare come meglio crede. 

Paolo 

 

Conosco perfettamente la disciplina sulla circolazione dei beni mobili e fondamentalmente continuiamo a dire la stessa cosa.

Buon senso è una cosa; obbligo prescritto dalla legge è un’altra.

In questo caso siamo tutti d’accordo nel sostenere che questa regola di buon senso sia la via migliore per sopperire a una lacuna normativa.

Potremmo scrivere un trattato ma purtroppo non può essere questa la sede.

Scusate ma io mi fermo qui perché altrimenti non ne usciamo più (anche perché per me le posizioni sono chiare).

Grazie.

Saluti

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1 ora fa, allek dice:

Che dirle, lei lo chiama così... ma giuridicamente non è così.

Saluti

.... ma giuridicamente se la cessione non ce l’ha , tocca a lei dimostrare che non ha fatto ciò di cui l’accusa la imputa . Poi lei lo chiami come vuole, per me è un obbligo giuridico di fatto ....non sarà codificato all’origine  , ma nei fatti lo diventa 

Modificato da Tinia Numismatica
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4 ore fa, allek dice:

Che dirle, lei lo chiama così... ma giuridicamente non è così.

Saluti

Mi sembra che lei abbia le idee un po’ confuse...

Come le hanno spiegato molto bene, il privato che vende una moneta antica, è tenuto a fornire all’acquirente tutta la documentazione necessaria che comprovi una lecita provenienza, altroché non è un obbligo giuridico.

 

Modificato da Sirlad
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1 ora fa, Sirlad dice:

Mi sembra che lei abbia le idee un po’ confuse...

Come le hanno spiegato molto bene il privato che vende una moneta antica, è tenuto a fornire all’acquirente tutta la documentazione necessaria che comprovi una lecita provenienza, altroché non è un obbligo 

Perché invece di tacciare le mie idee come confuse non mi illumina sulla fonte dell’obbligo che lei richiama?

Avevo deciso di non intervenire più ma se devo essere smentito (e mi creda, non mi dispiace esserlo) vorrei che lo si facesse argomentando e non attraverso frasi che suonano come petizioni di principio, come a me suona la sua.

Saluti

 

 

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8 minuti fa, allek dice:

Perché invece di tacciare le mie idee come confuse non mi illumina sulla fonte dell’obbligo che lei richiama?

Avevo deciso di non intervenire più ma se devo essere smentito (e mi creda, non mi dispiace esserlo) vorrei che lo si facesse argomentando e non attraverso frasi che suonano come petizioni di principio, come a me suona la sua.

Saluti

 

 

La mia non è affatto come la chiama lei "petizione di principio", è semplice buonsenso, se va a rileggere attentamente il post 23 di Tinia Numismatica capirà meglio a cosa mi riferisco e perché sostengo che lei abbia, ancora, le idee confuse.

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La discussione l’ho letta bene @allek e ho anche capito molto bene le sue argomentazioni, che però non condivido, trovandole confuse.

La legge impone al possessore di monete antiche di interesse culturale ed artistico un certificato di lecita provenienza, cioè chi possiede queste monete deve dimostrare come le ha avute.

Conseguentemente, mi scusi, ma chi sarebbe quel fesso di acquirente, che in una compravendita fra privati non si farebbe rilasciare questo certificato dal venditore..., credo nessuno.

Ecco perché il suo focalizzare l’attenzione sul mero dato letterale dell’art.64 del Codice dei Beni Culturali che parla solo di esercenti il commercio non ha alcun senso, la legge impone di avere OBBLIGATORIAMENTE un certificato di lecita provenienza, quindi chiunque acquisti tali beni lo deve richiedere al venditore, anche se questo è un privato.

Spero di essermi spiegato.

Saluti

 

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Trovo le argomentazioni di Allek pertinenti e ben argomentate. Purtroppo  la legislazione italiana ha molte lacune in questo campo. L’ideale sarebbe poter avere delle norme comunitarie - semplici dirette e chiare - valide per tutti i paesi europei. Si faciliterebbe cosi molto il commercio e si stabilirebbero chiaramente i confini del lecito senza tema di ritrovarsi nell’illecito senza saperlo perche le norme sono confuse, lacunose e moltissimo arbitrio viene poi lasciato al giudice di turno. Ma ovviamente questo e’ pura utopia...?

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15 ore fa, Sirlad dice:

Ecco perché il suo focalizzare l’attenzione sul mero dato letterale dell’art.64 del Codice dei Beni Culturali che parla solo di esercenti il commercio non ha alcun senso, la legge impone di avere OBBLIGATORIAMENTE un certificato di lecita provenienza, quindi chiunque acquisti tali beni lo deve richiedere al venditore, anche se questo è un privato.

Condivido pienamente l'assunto di @Sirlad

In merito alla mancata chiara previsione civilistica lamentata da @allek rappresento, a semplice titolo di esempio anche se apparentemente inappropriato, che nell'ambito del diritto societario sono assai poche le disposizioni normative rivolte ai soggetti mentre è assai ampia la giurisprudenza di merito che, molto spesso, ha argomentato le proprie sentenze di condanna nell'ovvieta' dei comportamenti che i soggetti avrebbero dovuto tenere.

Cordialmente 

Modificato da Bassi22
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2 ore fa, Bassi22 dice:

Condivido pienamente l'assunto di @Sirlad

In merito alla mancata chiara previsione civilistica lamentata da @allek rappresento, a semplice titolo di esempio anche se apparentemente inappropriato, che nell'ambito del diritto societario sono assai poche le disposizioni normative rivolte ai soggetti mentre è assai ampia la giurisprudenza di merito che, molto spesso, ha argomentato le proprie sentenze di condanna nell'ovvieta' dei comportamenti che i soggetti avrebbero dovuto tenere.

Cordialmente 

Mia moglie me lo dice sempre che non sono bravo a mantenere le promesse... ma tant’è.

Sig. Bassi22, quanto lei scrive (in ogni caso fuori tema), come operatore del diritto mi impone di ricordarle che il nostro sistema giuridico non si basa sulle consuetudini, sulla prassi o sul capriccio. Il suo è un concetto pericoloso da far passare.

In diversi anni di professione le poche sentenze che ho avuto il dispiacere di leggere fondate sull ‘“ovvietà” hanno fatto la fine che meritavano già in appello (senza scomodare la Cassazione). La disciplina del diritto societario (che per me è pane quotidiano) è tutt’altro che lacunosa (anche con riferimento alla posizione delle persone fisiche, o ai soggetti, come li chiama lei), glielo assicuro. Ma non voglio andare ulteriormente fuori tema quindi le dico che, se vuole, avrei tutto il piacere di continuare con lei questa conversazione in privato, nel rispetto reciproco.

Ció posto, tornando al tema, cercherò di spiegare a @Sirlad con una storia di fantasia perché ho inteso focalizzare l’attenzione sul tenore letterale dell’art. 64. Non dobbiamo mai dimenticare che lo scopo di questo forum è anche divulgativo e non tutti coloro che leggono dispongono degli strumenti di avvedutezza tali da rendere ovvio che in un acquisto di moneta antica da privato si dovrebbe sempre richiedere la documentazione a corredo. Questo era lo scopo del mio intervento.

“C’era una volta un signore ricco e facoltoso di nome Pollo Pavone il quale, dopo aver collezionato per anni monete contemporanee come passatempo, un giorno si appassionò alle romane antiche.

Il sig. Pollo, che aveva tanti soldini da spendere, decise che la sua nuova collezione sarebbe iniziata col botto: la sua n. 1 sarebbe stata una moneta davvero speciale.

Così il sig. Pollo conobbe il sig. Lupo, il quale gli propose di acquistare da lui un pezzo davvero ricercato a un prezzo a tre zeri. 
Il sig. Pollo, che nulla sapeva sulle modalità di circolazione dei beni ai quali si approcciava, concluse l’acquisto, con una stretta di mano, e pagando rigorosamente in contanti il sig. Lupo.

A distanza di poco tempo, il sig. Pollo, che, ricordiamo, di cognome faceva Pavone, mostró la moneta a un suo conoscente, pure appassionato di monete, il sig. Iena.

Il sig. Iena, invidioso dello splendido pezzo, decise di denunciare al Fattore il sig. Pollo che, quindi, un bel giorno si ritrovò i improvvisamente nei guai. Allora il sig. Pollo inizió a studiare la legge e capì (in parte) che aveva commesso una grave fesseria. Studiando studiando il sig. Pollo lesse l’art. 64 e si disse: “sono a cavallo!”.

Contattó allora il sig. Lupo e pretese che questi gli fornisse il certificato di lecita provenienza. Ma il sig. Lupo gli rispose: “Di che parli? Io mica vendo monete di professione! E poi chi ti conosce?”

Fu allora che il sig. Pollo decise che era ora di rivolgersi all’avvocato Benedetto (inventato anche lui ovviamente) che gli spiegó come era regolamento il terreno in cui aveva deciso di muoversi e che l’art. 64 non era lui d’aiuto: Pollo, infatti, non avrebbe potuto PRETENDERE alcun certificato da Lupo, nè prima nè dopo l’acquisto incauto.

Così, Pollo tentò di spiegare la vicenda al Fattore, tirando in ballo il sig. Lupo, il quale a sua volta negó tutto.
Dopo numerose tribolazioni e tante sculacciate dal Fattore, il sig. Pollo ricordó che lui e il sig. Lupo si erano scambiati alcuni messaggi in merito a quella compravendita.

Fu così che il sig. Lupo non poté più negare e, quindi, fu punito dal Fattore.

Il sig. Pollo se la cavó ma smise per sempre di collezionare.

Il sig. Lupo non fu chiuso in una gabbia dello zoo ma fu obbligato a stare per un po’ in una riserva naturale, con l’obbligo di farsi trovare sempre presente ai guardiacaccia.

Oggi si narra che il sig. Lupo abbia avuto la possibilità di tornare libero nel bosco e, da quello che si dice, non gradisce più il pollo.

L’avvocato Benedetto fu benedetto anche dal sig. Pollo e tutti vissero felici e contenti (o quasi)”.

Saluti

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E' uscito un libro dedicato alla normativa riguardante le monete.

LA TUTELA DEI BENI DI INTERESSE NUMISMATICO, Atti del Convegno di Studi 18 maggio 2018 - Università di Roma ''Tor Vergata'' a cura di Arnaldo Morace Pinelli, G. Giappichelli Editore, Torino 2020.

Ne consiglio la lettura a tutti.

Arka

Diligite iustitiam

Modificato da Arka
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1 ora fa, allek dice:
1 ora fa, allek dice:

 

“C’era una volta un signore ricco e facoltoso di nome Pollo Pavone il quale, dopo aver collezionato per anni monete contemporanee come passatempo, un giorno si appassionò alle romane antiche.

Il sig. Pollo, che aveva tanti soldini da spendere, decise che la sua nuova collezione sarebbe iniziata col botto: la sua n. 1 sarebbe stata una moneta davvero speciale.

Così il sig. Pollo conobbe il sig. Lupo, il quale gli propose di acquistare da lui un pezzo davvero ricercato a un prezzo a tre zeri. 
Il sig. Pollo, che nulla sapeva sulle modalità di circolazione dei beni ai quali si approcciava, concluse l’acquisto, con una stretta di mano, e pagando rigorosamente in contanti il sig. Lupo.

A distanza di poco tempo, il sig. Pollo, che, ricordiamo, di cognome faceva Pavone, mostró la moneta a un suo conoscente, pure appassionato di monete, il sig. Iena.

Il sig. Iena, invidioso dello splendido pezzo, decise di denunciare al Fattore il sig. Pollo che, quindi, un bel giorno si ritrovò i improvvisamente nei guai. Allora il sig. Pollo inizió a studiare la legge e capì (in parte) che aveva commesso una grave fesseria. Studiando studiando il sig. Pollo lesse l’art. 64 e si disse: “sono a cavallo!”.

Contattó allora il sig. Lupo e pretese che questi gli fornisse il certificato di lecita provenienza. Ma il sig. Lupo gli rispose: “Di che parli? Io mica vendo monete di professione! E poi chi ti conosce?”

Fu allora che il sig. Pollo decise che era ora di rivolgersi all’avvocato Benedetto (inventato anche lui ovviamente) che gli spiegó come era regolamento il terreno in cui aveva deciso di muoversi e che l’art. 64 non era lui d’aiuto: Pollo, infatti, non avrebbe potuto PRETENDERE alcun certificato da Lupo, nè prima nè dopo l’acquisto incauto.

Così, Pollo tentò di spiegare la vicenda al Fattore, tirando in ballo il sig. Lupo, il quale a sua volta negó tutto.
Dopo numerose tribolazioni e tante sculacciate dal Fattore, il sig. Pollo ricordó che lui e il sig. Lupo si erano scambiati alcuni messaggi in merito a quella compravendita.

Fu così che il sig. Lupo non poté più negare e, quindi, fu punito dal Fattore.

Il sig. Pollo se la cavó ma smise per sempre di collezionare.

Il sig. Lupo non fu chiuso in una gabbia dello zoo ma fu obbligato a stare per un po’ in una riserva naturale, con l’obbligo di farsi trovare sempre presente ai guardiacaccia.

Oggi si narra che il sig. Lupo abbia avuto la possibilità di tornare libero nel bosco e, da quello che si dice, non gradisce più il pollo.

L’avvocato Benedetto fu benedetto anche dal sig. Pollo e tutti vissero felici e contenti (o quasi)”.

Saluti

Domanda: e se il signor Pavone non avesse avuto alcun report riguardante la trattativa, magari perché effettuata in tempi non afflitti  da telefonini e internet, come sarebbe andata a finire?

Modificato da Tinia Numismatica
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Altra domanda: ma il prezzo pagato dal signor Pavone ,come risultante dalle conversazioni conservate, era congruo con la valutazione corrente della moneta comprata ? 
Perché fa una gran bella differenza....

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Supporter

 

3 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Domanda: e se il signor Pavone non avesse avuto alcun report riguardante la trattativa, magari perché effettuata in tempi non afflitti  da telefonini e internet, come sarebbe andata a finire?

Che il sig. Pavone non avrebbe potuto vincere la presunzione di appartenenza della moneta al patrimonio dello Stato

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Supporter
29 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Altra domanda: ma il prezzo pagato dal signor Pavone ,come risultante dalle conversazioni conservate, era congruo con la valutazione corrente della moneta comprata ? 
Perché fa una gran bella differenza....

Se la transazione è avvenuta a un prezzo troppo basso ció costituisce indizio di conoscenza dell’eventuale provenienza illecita; qui peró è lo Stato che deve dimostrare che la transazione è avvenuta su basi anomale,

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Carissimi,

la questione dei “ certificati (?) di lecita (?) provenienza è stata discussa nel corso degli anni numerose volte, anche grazie al prezioso contributo di @Bizerba62.

 

In primis, non sono certificati ma ATTESTATI, termini che spesso vengono confusi tra loro ma non esattamente equivalenti, perchè, volendo dare non solo un particolare accento all'etimo ma anche a quanto prescritto nel Testo unico della documentazione amministrativa (d.p.r. 28 dic. 2000 nr. 445), il certificato è un documento "rilasciato da un'amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche": ha valore di qualcosa di certo (e come origine è la parte pubblica che ne fa ricognizione) mentre assegnerei all'attestato un valore di testimonianza e di rimando a uno stato, a un fatto o una qualità, ma non necessariamente determinato da parte pubblica e neanche tanto certa.

 

Sembra una quisquilia, perchè ben si potrebbe obiettare che lo stesso legislatore (e di conseguenza la pubblica amministrazione) non sempre ha chiaro il leggero distinguo ma, forse mai come in questo caso tale distinzione aiuta a capire la portata della previsione di legge dell'articolo 64, che riporto qui per comodità :

ART: 64 Attestati di autenticità e di provenienza

Chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi.

Quindi il commerciante Attesta ( testimonia ) sulla Autenticità e  sulla Provenienza, anche in forma probabilistica.... e in mancanza di dati completi una dichiarazione con tutte le informazioni disponibili... anche incomplete...... insomma niente di simile a una certificazione.

 

Balza all'occhio che si parla di provenienza , ma NON di “LECITA provenienza”, quella semmai verrà verificata e accertata eventualmente e posteriormente nelle sedi opportune.

Per capirci bene : potete avere tutti gli attestati che volete ma se a qualcuno gira storto quel giorno, un sequestro, una verifica e quant'altro non ve lo leva nessuno, e la pratica giuridica lo dice chiaramente quanto frequentemente sia accaduto e accada. Tutt'ora.

Ho presente ben due casi fotocopia di cui uno è in cassazione : documentazione di acquisto completissima e minuziosa con fatture e cataloghi, molte di provenienza estera..... beh.... assoluzione,  ma al momento “confisca/ restituzione allo stato”.... vedremo come andrà….

 

Peraltro è chiaro che più documentazione si può apportare ( ivi inclusi i famigerati attestati e anche dichiarazioni di cessione tra privati) più agevole sarà un esito positivo completo, cosa che succede nella stragrande maggioranza dei casi, a volte anche senza troppa documentazione (dipende da vari fattori... in primis chi ti trovi di fronte e chi hai mobilitato per la difesa... anche se ... non basta sempre).

Quindi niente è scontato, tutto può servire, ma..... siamo in Italia!

Un cordiale saluto,

Enrico

 

P.S.In grandissima sintesi è un Attestato, che riporta dati, anche parziali, inerenti all'oggetto in relazione alla sua autenticità e alla provenienza, ma non ne certifica la lecita provenienza.... però aiuta….

 

P.P.S. Faccio notare che la mancanza della consegna (e a maggior ragione l'inesistenza presso il cliente finale) del famigerato attestato non comporta ai sensi del codice Urbani niente dal punto di vista penale... al massimo una sanzione amministrativa... e l'articolo di riferimento era nato ben prima del Codice Urbani a protezione dell'acquirente per preservarlo da acquisti fraudolenti (falsi) e posto su un piano civilistico, non penale.... ben altro quindi e la mancanza non dovrebbe avere rilevanza in senso penale contro il malcapitato ( ci hanno provato, ma è andata buca a quanto mi risulta! Italia....)


 

Modificato da vitellio
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11 minuti fa, vitellio dice:

Carissimi,

la questione dei “ certificati (?) di lecita (?) provenienza è stata discussa nel corso degli anni numerose volte, anche grazie al prezioso contributo di @Bizerba62.

 

In primis, non sono certificati ma ATTESTATI, termini che spesso vengono confusi tra loro ma non esattamente equivalenti, perchè, volendo dare non solo un particolare accento all'etimo ma anche a quanto prescritto nel Testo unico della documentazione amministrativa (d.p.r. 28 dic. 2000 nr. 445), il certificato è un documento "rilasciato da un'amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche": ha valore di qualcosa di certo (e come origine è la parte pubblica che ne fa ricognizione) mentre assegnerei all'attestato un valore di testimonianza e di rimando a uno stato, a un fatto o una qualità, ma non necessariamente determinato da parte pubblica e neanche tanto certa.

 

Sembra una quisquilia, perchè ben si potrebbe obiettare che lo stesso legislatore (e di conseguenza la pubblica amministrazione) non sempre ha chiaro il leggero distinguo ma, forse mai come in questo caso tale distinzione aiuta a capire la portata della previsione di legge dell'articolo 64, che riporto qui per comodità :

ART: 64 Attestati di autenticità e di provenienza

Chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi.

Quindi il commerciante Attesta ( testimonia ) sulla Autenticità e  sulla Provenienza, anche in forma probabilistica.... e in mancanza di dati completi una dichiarazione con tutte le informazioni disponibili... anche incomplete...... insomma niente di simile a una certificazione.

 

Balza all'occhio che si parla di provenienza , ma NON di “LECITA provenienza”, quella semmai verrà verificata e accertata eventualmente e posteriormente nelle sedi opportune.

Per capirci bene : potete avere tutti gli attestati che volete ma se a qualcuno gira storto quel giorno, un sequestro, una verifica e quant'altro non ve lo leva nessuno, e la pratica giuridica lo dice chiaramente quanto frequentemente sia accaduto e accada. Tutt'ora.

Ho presente ben due casi fotocopia di cui uno è in cassazione : documentazione di acquisto completissima e minuziosa con fatture e cataloghi, molte di provenienza estera..... beh.... assoluzione,  ma al momento “confisca/ restituzione allo stato”.... vedremo come andrà….

 

Peraltro è chiaro che più documentazione si può apportare ( ivi inclusi i famigerati attestati e anche dichiarazioni di cessione tra privati) più agevole sarà un esito positivo completo, cosa che succede nella stragrande maggioranza dei casi, a volte anche senza troppa documentazione (dipende da vari fattori... in primis chi ti trovi di fronte e chi hai mobilitato per la difesa... anche se ... non basta sempre).

Quindi niente è scontato, tutto può servire, ma..... siamo in Italia!

Un cordiale saluto,

Enrico

 

P.S.In grandissima sintesi è un Attestato, che riporta dati, anche parziali, inerenti all'oggetto in relazione alla sua autenticità e alla provenienza, ma non ne certifica la lecita provenienza.... però aiuta….

 

P.P.S. Faccio notare che la mancanza della consegna (e a maggior ragione l'inesistenza presso il cliente finale) del famigerato attestato non comporta ai sensi del codice Urbani niente dal punto di vista penale... al massimo una sanzione amministrativa... e l'articolo di riferimento era nato ben prima del Codice Urbani a protezione dell'acquirente per preservarlo da acquisti fraudolenti (falsi) e posto su un piano civilistico, non penale.... ben altro quindi e la mancanza non dovrebbe avere rilevanza in senso penale contro il malcapitato ( ci hanno provato, ma è andata buca a quanto mi risulta! Italia....)


 

Grazie per il puntuale, pertinente e completo intervento che, tra l’altro, mi fornisce l’occasione per fare mea culpa per essere caduto, nella fretta dell’esposizione, nell’errore di utilizzare impropriamente il termine “certificazione”.

Tornando alla storia e rispondendo a @Tinia: 1. se non ci fosse stato lo scambio di messaggi probabilmente il sig. Pollo non se la sarebbe cavata... ma non può dirsi neanche il contrario essendo stati più d’uno gli elementi considerati; 2. il prezzo di acquisto era stato di poco inferiore al valore “effettivo” della moneta (e questo ha aiutato).

Da ultimo, una precisazione sul finale della storia: il sig. Pollo se l’è cavata dal punto di vista penale ma ha perso la moneta e i soldi spesi (eh già... chissà come mai il sig. Lupo risultò essere nullatenente).

Il sig. Lupo, infatti, non riuscì a sua volta a provare come ne fosse venuto in possesso (di qui i suoi guai).

Saluti.

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7 minuti fa, allek dice:

Grazie per il puntuale, pertinente e completo intervento che, tra l’altro, mi fornisce l’occasione per fare mea culpa per essere caduto, nella fretta dell’esposizione, nell’errore di utilizzare impropriamente il termine “certificazione”.

Tornando alla storia e rispondendo a @Tinia: 1. se non ci fosse stato lo scambio di messaggi probabilmente il sig. Pollo non se la sarebbe cavata... ma non può dirsi neanche il contrario essendo stati più d’uno gli elementi considerati; 2. il prezzo di acquisto era stato di poco inferiore al valore “effettivo” della moneta (e questo ha aiutato).

Da ultimo, una precisazione sul finale della storia: il sig. Pollo se l’è cavata dal punto di vista penale ma ha perso la moneta e i soldi spesi (eh già... chissà come mai il sig. Lupo risultò essere nullatenente).

Il sig. Lupo, infatti, non riuscì a sua volta a provare come ne fosse venuto in possesso (di qui i suoi guai).

Saluti.

Le due domande fatte servivano proprio a evidenziare questi due aspetti , il fatto che se non ci fossero state le conversazioni registrate, che hanno funzionato da “attestato di provenienza” ( come giustamente ha corretto Enrico) indiretto , il signor pavone avrebbe avuto ben altri problemi , e la questione del prezzo concordato , la cui proporzionalità o mancanza di proporzionalità rispetto al valore effettivo dell’oggetto, fa da spartiacque tra l’accusa di incauto acquisto e quella, ben più grave, di ricettazione. ( non mi ricordo in modo sicuro, ma siccome non mi pare che ci sia una percentuale definita di proporzionalità tra prezzo e reale valore per definire la ricettazione, considererei questo come una delle citate regole non codificate  formalmente ma ugualmente fondanti ).

ovbiamente, viste le premesse, il signor pavone, stante la mancanza di titolo di possesso del signor Lupo, si sarà visto confiscare l’oggetto e il signor Lupo, sarà stato a sua volta chiamato a giustificare i modi e i termini in cui disponeva dell’oggetto stesso. 
 

comunque, nella  citazione di Enrico è riportata  la necessità e l’obbligo di provvedere, secondo me intendendo anche il caso di transazioni tra soggetti non professionali, privati e occasionali, alla compilazione della dichiarazione contenente i dati di provenienza .....
del resto la mancanza dell'attestato, come scrive Enrico, è , civilisticamente, soggetta solo ad una sanzione, dal punto del codice Urbani, ma trasferisce , nei fatti, sull’acquirente l’onere dell’inversione della prova di un illecito penale....

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1 ora fa, Tinia Numismatica dice:

comunque, nella  citazione di Enrico è riportata  la necessità e l’obbligo di provvedere, secondo me intendendo anche il caso di transazioni tra soggetti non professionali, privati e occasionali, alla compilazione della dichiarazione contenente i dati di provenienza .....
del resto la mancanza dell'attestato, come scrive Enrico, è , civilisticamente, soggetta solo ad una sanzione, dal punto del codice Urbani, ma trasferisce , nei fatti, sull’acquirente l’onere dell’inversione della prova di un illecito penale....

Caro Alessandro,

privati occasionali direi proprio di no….. nell'art 64 si parla espressamente di " comunque abitualmente vende " e l'abitualità esclude la occasionalità, essendone l'opposto…  …… ...… quanto a non professionali che abitualmente vendono…. beh, non mi viene in mente niente di chi possano essere, perché se uno vende abitualmente sta esercitando quella professione e mi puzza a Guardia di Finanza in arrivo per il malcapitato…con un bel po' di contestazioni.

 

La sanzione più che civilistica è amministrativa e riguarda lo Stato... invece tra Venditore e Acquirente siamo sul piano civile, nel senso che l'Acquirente che non abbia ricevuto l'attestazione o dichiarazione ben potrebbe chiedere la risoluzione dell'acquisto, non essendogli stato dichiarato a norma di legge se l'oggetto è autentico e quanto autentico ed eventualmente da dove provenga.... la norma non è specialistica per le monete ma per tutte le antichità, anche quelle che tradizionalmente hanno problemi persino più gravi di autenticità e di integrazione  del pezzo delle monete ( mobili, quadri, gioielleria etc. )

 

Quanto al discorso dell'onere della prova nel caso penale.... è relativo... Pensa, ad esempio, a un Commerciante che acquista in asta una determinata moneta che poi cede al Malcapitato il quale, una volta inquisito, può comunque fare riferimento a quell'asta e a quel pezzo, anche senza attestato.... Alla fine l'attestato può agevolare la ricostruzione dei passaggi eventuali qualora richiesti, ma comunque fa riferimento a dati che di per sé non certifica... nella pratica l'attestato potrebbe anche indicare una provenienza minima, e ben difficilmente con una catena tale da riportare la moneta antica a una provenienza certa ante 1909, come vorrebbe certa giurisprudenza ( peraltro più sul versante archeologico che numismatico ).

Invece trovo che l'attestato dia una notevole sicurezza all'acquirente di alcune qualità che la moneta dovrebbe avere e che il commerciante garantisce, oltre a definire che c'è stato un chiaro passaggio di proprietà anche a monte ( così come concepito l'articolo di legge  prevede che il commerciante sia  tenuto a consegnare all'acquirente anche la propria documentazione del suo acquisto, quale fattura di acquisto o altra documentazione equipollente).

 

Un caro saluto,

Enrico

Modificato da vitellio
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Molto interessanti queste precisazioni che aiutano a dipanare - fin dove si puo’ ( chiaramente le disposizioni volutamente impediscono un inequivocabile quadro Di riferimento per l’ostica materia).

ringrazio Allek e Vitellio, le cui competenze leniscono , almeno in parte, la piu’ volte lamentata assenza di Bizerba, esperto e cultore della giurisprudenza in materia.

consiglio a Bassi e Sirlad di continuare ad approfondire l’ostica normativa, purtroppo in mutevole, imprevedibile e continua evoluzione, caratteristiche nefaste molto simile a  quelle di un altro malanno  che ci affligge con altrettanta persistenza ed effetti perniciosi: il coronavirus ☠️?

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1 ora fa, vitellio dice:

Caro Alessandro,

privati occasionali direi proprio di no….. nell'art 64 si parla espressamente di " comunque abitualmente vende " e l'abitualità esclude la occasionalità, essendone l'opposto…  …… ...… quanto a non professionali che abitualmente vendono…. beh, non mi viene in mente niente di chi possano essere, perché se uno vende abitualmente sta esercitando quella professione e mi puzza a Guardia di Finanza in arrivo per il malcapitato…con un bel po' di contestazioni.

 

La sanzione più che civilistica è amministrativa e riguarda lo Stato... invece tra Venditore e Acquirente siamo sul piano civile, nel senso che l'Acquirente che non abbia ricevuto l'attestazione o dichiarazione ben potrebbe chiedere la risoluzione dell'acquisto, non essendogli stato dichiarato a norma di legge se l'oggetto è autentico e quanto autentico ed eventualmente da dove provenga.... la norma non è specialistica per le monete ma per tutte le antichità, anche quelle che tradizionalmente hanno problemi persino più gravi di autenticità e di integrazione  del pezzo delle monete ( mobili, quadri, gioielleria etc. )

 

Quanto al discorso dell'onere della prova nel caso penale.... è relativo... Pensa, ad esempio, a un Commerciante che acquista in asta una determinata moneta che poi cede al Malcapitato il quale, una volta inquisito, può comunque fare riferimento a quell'asta e a quel pezzo, anche senza attestato.... Alla fine l'attestato può agevolare la ricostruzione dei passaggi eventuali qualora richiesti, ma comunque fa riferimento a dati che di per sé non certifica... nella pratica l'attestato potrebbe anche indicare una provenienza minima, e ben difficilmente con una catena tale da riportare la moneta antica a una provenienza certa ante 1909, come vorrebbe certa giurisprudenza ( peraltro più sul versante archeologico che numismatico ).

Invece trovo che l'attestato dia una notevole sicurezza all'acquirente di alcune qualità che la moneta dovrebbe avere e che il commerciante garantisce, oltre a definire che c'è stato un chiaro passaggio di proprietà anche a monte ( così come concepito l'articolo di legge  prevede che il commerciante sia  tenuto a consegnare all'acquirente anche la propria documentazione del suo acquisto, quale fattura di acquisto o altra documentazione equipollente).

 

Un caro saluto,

Enrico

Eppure se tra due privati questo passaggio di informazioni non avviene( e non è surrogato da un altro attestato indiretto come un pregresso di asta come nella tua ipotesi) il citato signor Pavone , o il commerciante citato da te, non ha nessuna possibilità di giustificarsi. Quello che hai fatto tu è un esempio calzante ma solo se come condizione base ha la possibilità di rifarsi ad un’altra documentazione.... se questo manca il giochino non funziona più. 
 

Che la norma non sia specialistica è chiaro, ma qui si parla solo di monete e a quelle mi sono limitato. 
 

Anche la cessione occasionale tra due privati , alla fine, necessita della stessa documentazione .... Dubito che in sede processuale venga accettata la motivazione “ l’ho presa da un privato che non vende abitualmente” come prova di provenienza, non dico “lecita” , ma almeno compresa di buona fede.... 

Non è la ripetitività dell’atto che ne crea il presupposto di obbligatorietà, casomai crea un problema di evasione fiscale come hai detto te, ma l’aspetto fiscale non c’entra nulla con la provenienza e i problemi annessi. 
 

Quanto alla fornitura dei dati pregressi di acquisto da parte del commerciante venditore, non è prescritto ne previsto da nessuna legge l’obbligo di fornirli all’acquirente.Nei rapporti con il Suddetto  fa fede la fattura O la ricevuta rilasciata ma per nessun motivo si è obbligati a dichiarare dove e come la si è acquistata. Casomai lo comunicheremo a richiesta alla AG dietro precisa richiesta ufficiale. É una informazione in contrasto con la legge sulla privacy nel momento in cui la avessimo acquisita per acquisto da un collezionista privato. Caso diverso se proveniente da asta o vendita pubblica , ma lo stesso non esiste l’obbligo da te citato , basta il documento del venditore professionale. 

Modificato da Tinia Numismatica
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Buonasera, vorrei chiedere quali sono le monete, oltre a quelle classiche, che richiedono il certificato di lecita provenienza e se con la semplice fattura di un professionista o casa d'aste l'acquirente può stare tranquillo per qualsiasi categoria di moneta.

Ringrazio chi vorrà rispondere

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10 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Eppure se tra due privati questo passaggio di informazioni non avviene( e non è surrogato da un altro attestato indiretto come un pregresso di asta come nella tua ipotesi) il citato signor Pavone , o il commerciante citato da te, non ha nessuna possibilità di giustificarsi. Quello che hai fatto tu è un esempio calzante ma solo se come condizione base ha la possibilità di rifarsi ad un’altra documentazione.... se questo manca il giochino non funziona più. 
se non esiste documentazione anche l'attestato non può fare miracoli… rimane una moneta limitatamente tracciabile… ripeto, l'attestato non è nato come prova a discarico in un processo penale, ma per i rapporti sul piano civile tra Venditore e Acquirente.

 

Che la norma non sia specialistica è chiaro, ma qui si parla solo di monete e a quelle mi sono limitato. 
 

Anche la cessione occasionale tra due privati , alla fine, necessita della stessa documentazione .... Dubito che in sede processuale venga accettata la motivazione “ l’ho presa da un privato che non vende abitualmente” come prova di provenienza, non dico “lecita” , ma almeno compresa di buona fede.... 

sono state proposte in sede processuale motivazioni di acquisto e possesso tipo " comprate a un mercatino" anche " erano in famiglia "( tipicamente del nonno) o  "comprate all'estero"  o "da un conoscente occasionale a un convegno" o "regalate" e "comprate su tal sito" oltre alla valutazione in sé se sia o meno un bene culturale afferente al territorio italiano.  Il tutto molto spesso con esiti positivi, quando si parla di monete. Viceversa, come ricordato sopra, seppur in possesso di una buona documentazione non sempre si riesce ad avere ragione… una certa alea c'è sempre.

 

Non è la ripetitività dell’atto che ne crea il presupposto di obbligatorietà, casomai crea un problema di evasione fiscale come hai detto te, ma l’aspetto fiscale non c’entra nulla con la provenienza e i problemi annessi. 

Al contrario è proprio la ripetitività di un atto di vendita ( = "abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi") è quella che distingue chi, ai sensi del succitato articolo, ha l'obbligo di fornire l'attestato da chi non l'ha. ( poi e semmai ci saranno i problemi fiscali)

 

Quanto alla fornitura dei dati pregressi di acquisto da parte del commerciante venditore, non è prescritto ne previsto da nessuna legge l’obbligo di fornirli all’acquirente.Nei rapporti con il Suddetto  fa fede la fattura O la ricevuta rilasciata ma per nessun motivo si è obbligati a dichiarare dove e come la si è acquistata. Casomai lo comunicheremo a richiesta alla AG dietro precisa richiesta ufficiale. É una informazione in contrasto con la legge sulla privacy nel momento in cui la avessimo acquisita per acquisto da un collezionista privato. Caso diverso se proveniente da asta o vendita pubblica , ma lo stesso non esiste l’obbligo da te citato , basta il documento del venditore professionale.

Beh, se leggi  attentamente  il succitato articolo 64 noterai che invece  prescrive " l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime".

Quanto alla privacy, penso possa ovviarsi semplicemente chiedendo al cedente privato all'origine del tutto una liberatoria in tal senso… se invece acquisita pubblicamente il problema neanche sussiste.

Poi capisco che di pratica non si faccia…. ma. legge vorrebbe….

 

Eppure se tra due privati questo passaggio di informazioni non avviene( e non è surrogato da un altro attestato indiretto come un pregresso di asta come nella tua ipotesi) il citato signor Pavone , o il commerciante citato da te, non ha nessuna possibilità di giustificarsi. Quello che hai fatto tu è un esempio calzante ma solo se come condizione base ha la possibilità di rifarsi ad un’altra documentazione.... se questo manca il giochino non funziona più. 
se non esiste documentazione anche l'attestato non può fare miracoli… rimane una moneta limitatamente tracciabile… ripeto, l'attestato non è nato come prova a discarico in un processo penale, ma per i rapporti sul piano civile tra Venditore e Acquirente.
 
Che la norma non sia specialistica è chiaro, ma qui si parla solo di monete e a quelle mi sono limitato. 
 
Anche la cessione occasionale tra due privati , alla fine, necessita della stessa documentazione .... Dubito che in sede processuale venga accettata la motivazione “ l’ho presa da un privato che non vende abitualmente” come prova di provenienza, non dico “lecita” , ma almeno compresa di buona fede.... 
sono state proposte in sede processuale motivazioni di acquisto e possesso tipo " comprate a un mercatino" anche " erano in famiglia "( tipicamente del nonno) o  "comprate all'estero"  o "da un conoscente occasionale a un convegno" o "regalate" e "comprate su tal sito" oltre alla valutazione in sé se sia o meno un bene culturale afferente al territorio italiano.  Il tutto molto spesso con esiti positivi, quando si parla di monete. Viceversa, come ricordato sopra, seppur in possesso di una buona documentazione non sempre si riesce ad avere ragione… una certa alea c'è sempre.
 
Non è la ripetitività dell’atto che ne crea il presupposto di obbligatorietà, casomai crea un problema di evasione fiscale come hai detto te, ma l’aspetto fiscale non c’entra nulla con la provenienza e i problemi annessi. 
Al contrario è proprio la ripetitività di un atto di vendita ( = "abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi") è quella che distingue chi, ai sensi del succitato articolo, ha l'obbligo di fornire l'attestato da chi non l'ha. ( poi e semmai ci saranno i problemi fiscali)
 
Quanto alla fornitura dei dati pregressi di acquisto da parte del commerciante venditore, non è prescritto ne previsto da nessuna legge l’obbligo di fornirli all’acquirente.Nei rapporti con il Suddetto  fa fede la fattura O la ricevuta rilasciata ma per nessun motivo si è obbligati a dichiarare dove e come la si è acquistata. Casomai lo comunicheremo a richiesta alla AG dietro precisa richiesta ufficiale. É una informazione in contrasto con la legge sulla privacy nel momento in cui la avessimo acquisita per acquisto da un collezionista privato. Caso diverso se proveniente da asta o vendita pubblica , ma lo stesso non esiste l’obbligo da te citato , basta il documento del venditore professionale.
Beh, se leggi  attentamente  il succitato articolo 64 noterai che invece  prescrive " l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime".
Quanto alla privacy, penso possa ovviarsi semplicemente chiedendo al cedente privato, nel caso fosse all'origine del tutto, una liberatoria in tal senso… se invece acquisita pubblicamente il problema neanche sussiste.
Poi capisco che di pratica non si faccia…. Ma, legge vorrebbe….

 

 

Scusami se ho adottato la scrittura rossa ed inframmezzata, ma diventava difficile risponderti altrimenti

Enrico

Modificato da vitellio
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