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IGNORED

certificato lecita provenienza


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1 ora fa, Tinia Numismatica dice:

Domanda ai giuristi del forum: ma io, in quanto privato, posso fare indagini a ritroso e richiedere i dati relativi a transazioni in cui non sia direttamente coinvolto o violo la legge sulla privacy?

in breve: io sono autorizzato a richiedere la auto dichiarazione da parte del cedente e sono tenuto, per legge, a tenere conto di quella… ma non posso svolgere attività di indagine volte a verificare se quanto dichiarato sia reale o no, perché, per il CP , le indagini di polizia sono riservate all autorità giudiziaria…in più, se il cedente non mi esibisce la fattura che prova l’acquisto del bene da parte sua presto un terzo attore, io non posso neanche pretendere che lo faccia, perché mi dovrebbe mettere a conoscenza di dati sensibili di una terza persona non coinvolta nella nostra transazione, e così a ritroso nel tempo , a maggior ragione , non posso chiedere di andare…l’unica possibilità che ho , se il cedente non collabora, è non procedere con la transazione, ma solo per coscienza personale, legalmente sono a posto con la sua dichiarazione 

A questo punto, se non ho sbagliato qualcosa nelle premesse, come faccio io a riportare tutta la trafila di passaggi pregressi Fino al 1909 , se una legge me lo chiede e un’altra me lo proibisce di essere a conoscenza di quei dati? 

Chi auto-certifica qualcosa si assume la responsabilità penale di ciò che afferma..., le indagini (in generale) spettano alle forze di polizia, non ai privati cittadini. 

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2 ore fa, allek dice:

 

Il concetto, così espresso, è equivoco (visto che si parla di "accusa") e mi permetto di precisare ancora una volta che nel processo penale a carico del collezionista è e sarà sempre solo l'accusa (il P.M., per intenderci) a dover offrire la prova della sussistenza di una delle fattispecie di reato eventualmente contestate (di solito si tratta di una tra quelle di cui all'art. 176 C.B.C., "Impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato", art. 648 c.p. "Ricettazione" o art. 712 c.p. "Acquisto di cose di sospetta provenienza"). 

E' solo dal punto di vista (diciamo) civilistico (per agevolare la comprensione del diverso regime probatorio) - ossia nella risoluzione della controversia tra Stato e privato sulla proprietà dei beni - che sarà il collezionista a dover offrire la prova della legittimità del proprio titolo di proprietà delle monete, dovendo vincere la presunzione normativa (cioè stabilita per legge) di appartenenza statale. E' questa la prova diabolica, non quella in ambito penale. Ed è sempre per questo che si possono verificare situazioni in cui nonostante l'assoluzione il collezionista si veda comunque confiscare definitivamente le monete.

Spero sia ora più chiaro.

Saluti.  

Caro Allek

la sostanza ( la forma si) non cambia. Era per far intendere - per le vie brevi - senza eccessivi elzeviri giurisprudenziali ad Afranio cosa potrebbe venire in capo ad un acquirente di monete antiche effettuato da un qualunque cittadino italiano.  Se poi ci si dovesse trovare nella realtà di questa fattispecie e’ ovvio che sarebbe necessario l’intervento di un buon avvocato che illustrerebbe tutte le incombenze formale del caso. 

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1 ora fa, Tinia Numismatica dice:

ma io, in quanto privato, posso fare indagini a ritroso e richiedere i dati relativi a transazioni in cui non sia direttamente coinvolto o violo la legge sulla privacy?

Chiunque, quando effettua un acquisto, può (ma dovrebbe sempre) fare tutte le verifiche che ritiene più opportune per accertare la provenienza di ciò che intende comprare.  La legge sulla privacy non è un limite né un ostacolo a questo tipo di verifica: non pone alcun divieto alla facoltà di assumere informazioni o raccogliere dati ma pone delle prescrizioni nelle modalità di trattamento degli stessi una volta acquisiti.

E’ chiaro che il privato non ha alcuno strumento per pretendere in fase precontrattuale (cioè prima di acquistare la moneta) le informazioni che chiede non essendo, come lei osserva, organo di P.G. L’unico mezzo di “pressione” esercitabile su chi propone la vendita è di rinunciare all’acquisto. Non è un obbligo di legge, ovvio, ma è una questione di opportunità.

Quando io acquisto da venditore professionale lo faccio nella serenità che il professionista abbia svolto questo tipo di verifiche prima di acquisire la moneta e rivendermela. Del resto, quando il professionista mi rilascia l’attestato di autenticità e lecita provenienza si assume proprio la responsabilità di aver fatto le predette verifiche.

Nella stragrande maggioranza dei casi sarà impossibile risalire a passaggi di proprietà sino al 1909.  Il professionista potrà limitarsi anche a chiedere il solo titolo di provenienza del conferente (l’ultimo passaggio della catena, per intenderci). O ad accontentarsi di una semplice autodichiarazione. Sarà molto importante il contenuto del contratto che il professionista farà firmare al conferente.

Se la moneta dovesse risultare poi di  proprietà statale, allora l’acquirente potrà rivalersi nei confronti del professionista e quest’ultimo nei confronti del proprio dante causa (il conferente). Ritengo possa tranquillamente farsi ricorso alla garanzia per evizione.

Saluti

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6 minuti fa, numa numa dice:

Caro Allek

la sostanza ( la forma si) non cambia. Era per far intendere - per le vie brevi - senza eccessivi elzeviri giurisprudenziali ad Afranio cosa potrebbe venire in capo ad un acquirente di monete antiche effettuato da un qualunque cittadino italiano.  Se poi ci si dovesse trovare nella realtà di questa fattispecie e’ ovvio che sarebbe necessario l’intervento di un buon avvocato che illustrerebbe tutte le incombenze formale del caso. 

Devo contraddirla: non è solo un problema di forma, cambia anche la sostanza... eccome.

Non sono solo sofismi giuridici.

Saluti.

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3 ore fa, allek dice:

 

Il concetto, così espresso, è equivoco (visto che si parla di "accusa") e mi permetto di precisare ancora una volta che nel processo penale a carico del collezionista è e sarà sempre solo l'accusa (il P.M., per intenderci) a dover offrire la prova della sussistenza di una delle fattispecie di reato eventualmente contestate (di solito si tratta di una tra quelle di cui all'art. 176 C.B.C., "Impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato", art. 648 c.p. "Ricettazione" o art. 712 c.p. "Acquisto di cose di sospetta provenienza"). 

E' solo dal punto di vista (diciamo) civilistico (per agevolare la comprensione del diverso regime probatorio) - ossia nella risoluzione della controversia tra Stato e privato sulla proprietà dei beni - che sarà il collezionista a dover offrire la prova della legittimità del proprio titolo di proprietà delle monete, dovendo vincere la presunzione normativa (cioè stabilita per legge) di appartenenza statale. E' questa la prova diabolica, non quella in ambito penale. Ed è sempre per questo che si possono verificare situazioni in cui nonostante l'assoluzione il collezionista si veda comunque confiscare definitivamente le monete.

Spero sia ora più chiaro.

Saluti.  

Grazie, ora è più chiaro.

 

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5 minuti fa, allek dice:

Chiunque, quando effettua un acquisto, può (ma dovrebbe sempre) fare tutte le verifiche che ritiene più opportune per accertare la provenienza di ciò che intende comprare.  La legge sulla privacy non è un limite né un ostacolo a questo tipo di verifica: non pone alcun divieto alla facoltà di assumere informazioni o raccogliere dati ma pone delle prescrizioni nelle modalità di trattamento degli stessi una volta acquisiti.

E’ chiaro che il privato non ha alcuno strumento per pretendere in fase precontrattuale (cioè prima di acquistare la moneta) le informazioni che chiede non essendo, come lei osserva, organo di P.G. L’unico mezzo di “pressione” esercitabile su chi propone la vendita è di rinunciare all’acquisto. Non è un obbligo di legge, ovvio, ma è una questione di opportunità.

Quando io acquisto da venditore professionale lo faccio nella serenità che il professionista abbia svolto questo tipo di verifiche prima di acquisire la moneta e rivendermela. Del resto, quando il professionista mi rilascia l’attestato di autenticità e lecita provenienza si assume proprio la responsabilità di aver fatto le predette verifiche.

Nella stragrande maggioranza dei casi sarà impossibile risalire a passaggi di proprietà sino al 1909.  Il professionista potrà limitarsi anche a chiedere il solo titolo di provenienza del conferente (l’ultimo passaggio della catena, per intenderci). O ad accontentarsi di una semplice autodichiarazione. Sarà molto importante il contenuto del contratto che il professionista farà firmare al conferente.

Se la moneta dovesse risultare poi di  proprietà statale, allora l’acquirente potrà rivalersi nei confronti del professionista e quest’ultimo nei confronti del proprio dante causa (il conferente). Ritengo possa tranquillamente farsi ricorso alla garanzia per evizione.

Saluti

Mi scusi @allek, credo che il commerciante che si faccia rilasciare dal conferente una auto-certificazione che attesti la lecita provenienza (non furtiva) della moneta ed una eventuale auto-certificazione dei passaggi di proprietà fino al 1909 della moneta, possa dormire sonni tranquilli.

Chi autocertifica qualcosa va incontro ad una precisa responsabilà, in caso di dichiarazioni menzognere.

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10 minuti fa, allek dice:

Chiunque, quando effettua un acquisto, può (ma dovrebbe sempre) fare tutte le verifiche che ritiene più opportune per accertare la provenienza di ciò che intende comprare.  La legge sulla privacy non è un limite né un ostacolo a questo tipo di verifica: non pone alcun divieto alla facoltà di assumere informazioni o raccogliere dati ma pone delle prescrizioni nelle modalità di trattamento degli stessi una volta acquisiti.

E’ chiaro che il privato non ha alcuno strumento per pretendere in fase precontrattuale (cioè prima di acquistare la moneta) le informazioni che chiede non essendo, come lei osserva, organo di P.G. L’unico mezzo di “pressione” esercitabile su chi propone la vendita è di rinunciare all’acquisto. Non è un obbligo di legge, ovvio, ma è una questione di opportunità.

Quando io acquisto da venditore professionale lo faccio nella serenità che il professionista abbia svolto questo tipo di verifiche prima di acquisire la moneta e rivendermela. Del resto, quando il professionista mi rilascia l’attestato di autenticità e lecita provenienza si assume proprio la responsabilità di aver fatto le predette verifiche.

Nella stragrande maggioranza dei casi sarà impossibile risalire a passaggi di proprietà sino al 1909.  Il professionista potrà limitarsi anche a chiedere il solo titolo di provenienza del conferente (l’ultimo passaggio della catena, per intenderci). O ad accontentarsi di una semplice autodichiarazione. Sarà molto importante il contenuto del contratto che il professionista farà firmare al conferente.

Se la moneta dovesse risultare poi di  proprietà statale, allora l’acquirente potrà rivalersi nei confronti del professionista e quest’ultimo nei confronti del proprio dante causa (il conferente). Ritengo possa tranquillamente farsi ricorso alla garanzia per evizione.

Saluti

Ma queste” verifiche” come si configurerebbero?

posso” obbligare “ il cedente a mostrarmi la fattura o l’attestato  di cessione con cui è venuto in possesso della moneta? Ci sono dati riferibili ad un terzo attore, non sono tutelati? 
e così a ritroso…. Ho qualche dubbio che io possa andare a ficcare il naso nei fatti pregressi di persone non direttamente coinvolte nella transazione in corso e farmi rivelare importi, metodi di pagamento d quant’altro obbligatoriamente da riportare sulle ricevute di transazione( identificativo fiscale e personale degli attori dell’epoca) se non sono un addetto di PG…. Credo siano dati considerati sensibili. 
Quando la PG chiede ad una casa d’asta  informazioni su un conferente, lo deve fare in forma scritta, in modo da autorizzare esplicitamente il commerciante stesso a svelare quei dati…ma il commerciante non ha l’autorità per esigere dal conferente il disvelamento degli stessi dati relativi alla cessione precedente, non avendo autorità di PG , pena l’infrangere le leggi a tutela della privacy 

c’è una contraddizione legislativa in questa situazione. 

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Scusa @Tiberius, una precisazione su quanto ti è successo con la vendita .

quando tu hai ceduto le monete per la vendita, la documentazione ( fatture ecc) non ti è stata richiesta dalla casa d aste? 
Ti è stata richiesta solo a seguito di controllo giusto?

grazie

Skuby

 

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30 minuti fa, skubydu dice:

Scusa @Tiberius, una precisazione su quanto ti è successo con la vendita .

quando tu hai ceduto le monete per la vendita, la documentazione ( fatture ecc) non ti è stata richiesta dalla casa d aste? 
Ti è stata richiesta solo a seguito di controllo giusto?

grazie

Skuby

 

Non è una richiesta obbligata, se il conferente vuole mostrarla, lo fa di sua iniziativa, altrimenti, la casa daste , deve accontentarsi( a norma di legge) della auto certificazione rilasciata dal conferente. 

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46 minuti fa, skubydu dice:

Scusa @Tiberius, una precisazione su quanto ti è successo con la vendita .

quando tu hai ceduto le monete per la vendita, la documentazione ( fatture ecc) non ti è stata richiesta dalla casa d aste? 
Ti è stata richiesta solo a seguito di controllo giusto?

grazie

Skuby

 

 

14 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Non è una richiesta obbligata, se il conferente vuole mostrarla, lo fa di sua iniziativa, altrimenti, la casa daste , deve accontentarsi( a norma di legge) della auto certificazione rilasciata dal conferente. 

Esatto non ebbi nessun problema, fatto salvo dei ritardi o mancate vendite, relativamente le monete che futono acquistate da esteri, per le quali la casa d'aste dovette chiedere l'autorizzazione all'esportazione, da li il controllo su tutte. Io non ebbi nessun problema, fatto salvo come ho detto prima, ritardi o mancate vendita, il titolare della casa d'aste, mi pare durante durante un colloquio, si lamentò d'aver dovuto spendere svariate migliaia d'euro in avvocati, cosa che non mi ha toccato minimamente, in quanto il professionista è lui,con oneri ed onori, compresi i rischi d'impresa. 

Saluti 

TIBERIVS 

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permettetemi una considerazione

Sono decine le discussioni sul forum (e probabilmente le sottostimo) dedicate all'interpretazione delle norme che regolano il commercio, lo scambio e il collezionismo in genere delle monete - in particolare antiche. Giuristi esperti, Bizerba, Vitellio, piu' recentemente Allek si sono alternati a dare commenti o rispondere a domande riguardanti l'interpretazione delle norme.

Se volessimo fare la sintesi forse pero' ancora sfuggirebbe qualche particolare, qualche elemento, qualche interpretazione della giurisprudenza che non permette - nessuna colpa sia beninteso ai ns valenti giuristi . di definire con CERTEZZA assoluta cosa è permesso e cosa no.  Ma non è questa la conclusione cui intendevo arrivare bensi la lascio come mero elemento di meditazione.

La mia considerazione riguarda invece come sia possibile - in un Paese culturalmente, civilmente (qualcuno magari avrebbe da ridire :) ed economicamente avanzato come l'Italia - che vi possa sussitere un clima cosi incerto riguardo le regole che determinano cosa si possa e cosa non si possa fare.

Chiariro' meglio con un esempio: frequento quando capita diversi altri fora, UK, francesi, spagnoli, US etc.

ebbene in NESSUNO di essi si perdono 'tonnellate' di ore preziose a disquisire di certificati di provenienza (al massimo di autenticità e grading - quelli si)  di responsabilità civili/penali (queste ultime poi le ho lette solo in connessione a furti e ladrerie), di sentenze della corte di Cassazione (negli altri Paesi le corti Supreme si occupano di ben altro o se proprio toccano l'argomento come diritto naturale del cittadino lo fanno una volta sola non contraddicendosi in decine di sentenze che invece di dirimere la questione la complicano e basta).

Insomma il mio sgomento è perché in un Paese che nulla ha da invidiare - civilmente, culturalmente, economicamente ad altri pari grado - si debba subire questi iniqui trattamenti dove alla fine ci si ritrova nostro malgrado a disquisire molto piu' a lungo di regolamenti/pratiche/sentenze legali piuttosto che di MONETE, e della loro storia e importanza culturale ed  artistica, come avviene nella stragande maggioranza dei forum di discussione in tutti gli altri Paesi.

Preferirei di gran lunga leggere - non me ne vogliano i ns fini giuristi - al posto di virtuosistiche interpretazioni giurisprudenziali (che spesso - di nuovo non me ne vogliano - restano fini a se stessi perche le regole sono state concepite per essere soggette a interpretazioni disambigue) commenti sulle monete e sul contesto che ci permettono di rievocare o approfondire meglio.. 

Scusate lo sfogo ma trovo iniqua questa condizione per coloro che perseguono questa passione per diletto e amore di consocenza, senza contare i danni o le limitazione, e i costi aggiuntivi imposti a chi fa della numismatica una professione commerciale.. 

 

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2 ore fa, Tinia Numismatica dice:

posso” obbligare “ il cedente a mostrarmi la fattura o l’attestato  di cessione con cui è venuto in possesso della moneta? Ci sono dati riferibili ad un terzo attore, non sono tutelati? 
e così a ritroso…. Ho qualche dubbio che io possa andare a ficcare il naso nei fatti pregressi di persone non direttamente coinvolte nella transazione in corso e farmi rivelare importi, metodi di pagamento d quant’altro obbligatoriamente da riportare sulle ricevute di transazione( identificativo fiscale e personale degli attori dell’epoca) se non sono un addetto di PG…. Credo siano dati considerati sensibili. 

Infatti è così: lei (al pari di ogni privato) non può obbligare qualcuno a fornire i dati sulla provenienza delle monete che intende acquistare. Ma può certamente e legittimamente richiederli. Può legittimamente chiedere anche la fattura di acquisto. E’ solo una sua scelta operativa che le consentirà, un domani, di stare ancora più sereno.

Del pari, colui al quale chiede questi dati sarà legittimamente autorizzato a opporle un secco rifiuto (a questo punto starà a lei valutare il comportamento della sua controparte commerciale e decidere se mandarla a quel paese o correre comunque il rischio di farvi affari).

Ma lei questo, per quanto scrive al post #209, dimostra di saperlo bene.

La sfumatura è sottile: se chiedo l’esibizione o la copia delle fatture o degli altri titoli di acquisto della moneta che un privato qualsiasi mi propone in vendita non faccio torto a nessuno, tantomeno alla legge (anzi, evito di incorrere, ad esempio, nell’ipotesi dell’incauto acquisto) né mi sto arrogando poteri di P.G. Per me un problema di privacy non si pone neanche: non chiedo quei dati per diffonderli o renderli di pubblico dominio. Lo faccio per mia esclusiva tranquillità (la legge non mi vieta di farlo). Lo faccio solo per poter dimostrare, un domani, in maniera ancora più agevole e ove malauguratamente ne fossi costretto, che il mio acquisto è stato effettuato in buona fede.

Soprattutto ove si consideri che l’oggetto della compravendita è un bene “rognoso” di suo.

Quanto afferma @Sirlad è corretto: per il venditore professionale – quantomeno in linea di principio – può essere più che sufficiente l’autodichiarazione del conferente che, sotto la propria esclusiva responsabilità, dichiara di essere legittimo proprietario di ciò che sta cedendo. La legge non lo obbliga a pretendere di più o un qualche particolare documento a corredo.

Ma c’è un aspetto fondamentale che non va dimenticato e che, ove opportunamente considerato, rende l’idea di quanto sia importante che il professionista (italiano) faccia tutte le opportune verifiche sulla provenienza della moneta che acquista e che poi metterà a sua volta in vendita: l’obbligatorietà, per quest’ultimo, del rilascio, in favore di colui al quale rivenderà la moneta, dell’attestato di lecita provenienza.

Se io fossi un professionista e dovessi attestare la lecita provenienza di una moneta che sto per vendere non mi farei bastare la “parola” del conferente. Attestando a mia volta la lecita provenienza della moneta, infatti, è come se affermassi che chi me l’ha a sua volta venduta l’ha acquistata regolarmente e che, quindi, io l’ho appurato. Ma posso metterci la mano sul fuoco solo perché mi ha firmato un pezzo di carta?

Per carità, nessuno mette in dubbio che se la moneta venduta da Tizio al commerciante Caio e da quest’ultimo rivenduta al collezionista Sempronio fosse un domani avocata dallo Stato il commerciante (al quale sicuramente il collezionista si rivolgerà per ottenere come minimo la restituzione del prezzo pagato) possa a sua volta andare a bussare alla porta di chi gli ha conferito quella moneta. Ma perché rischiare di andarsi a imbarcare in una tale bega?

La natura professionale di chi vende è un aspetto fondamentale: il requisito di professionalità impone che chi effettua la vendita osservi una condotta improntata a una diligenza sicuramente più “intensa” rispetto a quella esigibile da una persona qualunque.

E’ la garanzia che porta il collezionista prudente a scegliere di comprare solo da venditori qualificati e non dal primo che capita.

E’ inutile, non se ne esce.

Saluti.

Modificato da allek
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5 minuti fa, numa numa dice:

Preferirei di gran lunga leggere - non me ne vogliano i ns fini giuristi - al posto di virtuosistiche interpretazioni giurisprudenziali (che spesso - di nuovo non me ne vogliano - restano fini a se stessi perche le regole sono state concepite per essere soggette a interpretazioni disambigue) commenti sulle monete e sul contesto che ci permettono di rievocare o approfondire meglio.. 

Comprendo lo sfogo. Credo che tutti lo preferiremmo. Tuttavia vedo questa sezione come un buono stimolo di riflessione per chi con le monete ha a che fare, per i fini più disparati, per evitare di "cadere dal pero" quando ci si trovi al cospetto della realtà dei fatti (senza nessuna pretesa risolutiva).

E' vero, si tratta probabilmente di argomenti triti e ritriti che, però, puntualmente, a cedenze regolari, tornano ad animare le discussioni. Ma ci sarà pure un motivo. 

Saluti.

 

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9 minuti fa, allek dice:

Comprendo lo sfogo. Credo che tutti lo preferiremmo. Tuttavia vedo questa sezione come un buono stimolo di riflessione per chi con le monete ha a che fare, per i fini più disparati, per evitare di "cadere dal pero" quando ci si trovi al cospetto della realtà dei fatti (senza nessuna pretesa risolutiva).

E' vero, si tratta probabilmente di argomenti triti e ritriti che, però, puntualmente, a cedenze regolari, tornano ad animare le discussioni. Ma ci sarà pure un motivo. 

Saluti.

 

Beh il motivo e’ ovvio e comprensibile:

e’ semplicemente la necessità quando si ha che fare con questioni/ problemi attinenti a questa sfera o anche per informazione qulora ci si stia per avventurare. 
penso che se le regole fossero chiare come nei paesi di Common Law tale sezione non esisterebbe o sarebbe di gran lunga piu’ smilza ?

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34 minuti fa, allek dice:

Infatti è così: lei (al pari di ogni privato) non può obbligare qualcuno a fornire i dati sulla provenienza delle monete che intende acquistare. Ma può certamente e legittimamente richiederli. Può legittimamente chiedere anche la fattura di acquisto. E’ solo una sua scelta operativa che le consentirà, un domani, di stare ancora più sereno.

Del pari, colui al quale chiede questi dati sarà legittimamente autorizzato a opporle un secco rifiuto (a questo punto starà a lei valutare il comportamento della sua controparte commerciale e decidere se mandarla a quel paese o correre comunque il rischio di farvi affari).

Ma lei questo, per quanto scrive al post #209, dimostra di saperlo bene.

La sfumatura è sottile: se chiedo l’esibizione o la copia delle fatture o degli altri titoli di acquisto della moneta che un privato qualsiasi mi propone in vendita non faccio torto a nessuno, tantomeno alla legge (anzi, evito di incorrere, ad esempio, nell’ipotesi dell’incauto acquisto) né mi sto arrogando poteri di P.G. Per me un problema di privacy non si pone neanche: non chiedo quei dati per diffonderli o renderli di pubblico dominio. Lo faccio per mia esclusiva tranquillità (la legge non mi vieta di farlo). Lo faccio solo per poter dimostrare, un domani, in maniera ancora più agevole e ove malauguratamente ne fossi costretto, che il mio acquisto è stato effettuato in buona fede.

Soprattutto ove si consideri che l’oggetto della compravendita è un bene “rognoso” di suo.

Quanto afferma @Sirlad è corretto: per il venditore professionale – quantomeno in linea di principio – può essere più che sufficiente l’autodichiarazione del conferente che, sotto la propria esclusiva responsabilità, dichiara di essere legittimo proprietario di ciò che sta cedendo. La legge non lo obbliga a pretendere di più o un qualche particolare documento a corredo.

Ma c’è un aspetto fondamentale che non va dimenticato e che, ove opportunamente considerato, rende l’idea di quanto sia importante che il professionista (italiano) faccia tutte le opportune verifiche sulla provenienza della moneta che acquista e che poi metterà a sua volta in vendita: l’obbligatorietà, per quest’ultimo, del rilascio, in favore di colui al quale rivenderà la moneta, dell’attestato di lecita provenienza.

Se io fossi un professionista e dovessi attestare la lecita provenienza di una moneta che sto per vendere non mi farei bastare la “parola” del conferente. Attestando a mia volta la lecita provenienza della moneta, infatti, è come se affermassi che chi me l’ha a sua volta venduta l’ha acquistata regolarmente e che, quindi, io l’ho appurato. Ma posso metterci la mano sul fuoco solo perché mi ha firmato un pezzo di carta?

Per carità, nessuno mette in dubbio che se la moneta venduta da Tizio al commerciante Caio e da quest’ultimo rivenduta al collezionista Sempronio fosse un domani avocata dallo Stato il commerciante (al quale sicuramente il collezionista si rivolgerà per ottenere come minimo la restituzione del prezzo pagato) possa a sua volta andare a bussare alla porta di chi gli ha conferito quella moneta. Ma perché rischiare di andarsi a imbarcare in una tale bega?

La natura professionale di chi vende è un aspetto fondamentale: il requisito di professionalità impone che chi effettua la vendita osservi una condotta improntata a una diligenza sicuramente più “intensa” rispetto a quella esigibile da una persona qualunque.

E’ la garanzia che porta il collezionista prudente a scegliere di comprare solo da venditori qualificati e non dal primo che capita.

E’ inutile, non se ne esce.

Saluti.

Grazie della dettagliata risposta… mi serviva  per sottolineare la dicotomia che c’è tra il “prescritto per legge”  ( che è minimo , e quanto, invece, tocca fare per poter lavorare con un po’ di tranquillità postuma per noi e per i clienti….dobbiamo estendere i nostri doveri oltre il lecito per surrogare quello che non fa lo stato di sua sponte. 
Dobbiamo arrogarci compiti di PG , che non ci competerebbero, per far fronte alle eventuali successive richieste assurde da parte degli organi di controllo e supplire a mancanze a monte…. Vi sembra un modo facile di lavorare questo? 

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16 minuti fa, numa numa dice:

Beh il motivo e’ ovvio e comprensibile:

e’ semplicemente la necessità quando si ha che fare con questioni/ problemi attinenti a questa sfera o anche per informazione qulora ci si stia per avventurare. 
penso che se le regole fossero chiare come nei paesi di Common Law tale sezione non esisterebbe o sarebbe di gran lunga piu’ smilza ?

Non credo che il problema stia nel tipo di sistema (Common o Civil Law) e credo sia sbagliato ridurre tutto a ciò, il problema a mio parere è molto a monte..., ed è rappresentato dai singoli individui e dalle rispettive comunità che compongono...

Comunità che possono essere più o meno oneste, più o meno corrotte, con più o meno centri di potere ed interessi particolari da coltivare...

In Italia, purtroppo, non siamo posizionati bene in questa potenziale classifica e la nostra legislazione, che piaccia o no, è figlia di questo sistema.

Modificato da Sirlad
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Supporter

Condivido il pensiero di @numa numa. E' davvero frustrante che i collezionisti italiani di monete antiche debbano vivere perennemente con l'angoscia di questa spada di Damocle sulla propria testa. Tra l'altro si tratta di una situazione che non ostacola soltanto il "povero" collezionista ma, per una serie di elementi, finisce col danneggiare lo stesso stato italiano.
Pertanto, pur aberrando molto spesso certi discorsi "esterofili", credo che in questa circostanza il nostro Paese farebbe bene a prendere esempio da sistemi virtuosi, in cui si è creata una serena e proficua convivenza tra interesse pubblico e privato.

A tal proposito, mi permetto di citare un breve passaggio presente nella prefazione di un'importante asta tenuta alcuni anni fa a Milano: 
"Crediamo che anche in Italia sia arrivato il momento di sviluppare un corretto rapporto di collaborazione tra pubblico e privato, i cui interessi, a differenza di quanto pensino alcuni funzionari del Ministero dei Beni Culturali, non sono affatto contrastanti, ma anzi collimano. E' interesse delle Istituzioni tutelare e incoraggiare il collezionismo privato che è, da sempre, il più grande bacino da cui attingere per le collezioni pubbliche. Rendere difficile il collezionismo e regolamentare in maniera irragionevole la libera circolazione delle monete è un'operazione miope e di finta tutela; ci chiediamo che senso abbia negare il permesso di libera circolazione per monete che sono presenti in moltissimi esemplari nelle collezioni pubbliche e, soprattutto, è logico interrompere quel processo virtuoso che negli ultimi anni aveva portato all'emergere di così tante collezioni? Noi crediamo di no e sappiamo che queste considerazioni sono condivise da moltissimi studiosi sia all'interno dei musei sia nelle Università, ma purtroppo l'Italia è un paese strano, dove spesso la burocrazia assume posizioni del tutto inspiegabili".

Da allora ad oggi, purtroppo, sono trascorsi quasi 9 anni ma, a quanto pare, la situazione non è migliorata particolarmente...

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La realtà è molto diversa dalla teoria. Provate solo a pensare a degli eredi che si trovano una collezione. Di norma, al massimo, ci sono dei cartellini come documentazione e si dovrebbe pretendere fatture (comunque molto generiche) o altri documenti che attestino la provenienza...

Mah...

Arka

Diligite iustitiam

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Il 7/7/2021 alle 10:17, allek dice:

Purtroppo, secondo il mio punto di vista, la precisazione non è necessaria. La richiesta di importazione temporanea non può essere la soluzione del problema.

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che lo Stato può attivare le procedure di recupero anche rispetto a quei beni culturali che si trovino all'estero e sui quali ritenga di poter accampare diritti (adducendo, ad esempio, che la moneta sia a suo tempo uscita illecitamente dal territorio statale) . Il presupposto è sempre lo stesso: la presunzione di proprietà statale.

E poi francamente credo che la reiterazione a oltranza della richiesta di temporanea esportazione sia una condotta facilmente riconoscibile come elusiva della normativa di settore: del resto, si parla di importazione "temporanea", concetto sicuramente incompatibile con quello della permanenza del bene su suolo italiano sine die.

E' senz'altro vero, ma quanti sono, nella pratica, i pezzi così significativi da riportare un così importante pedigree?

Il discorso astrattamente vale per tutti i beni rinvenuti nel sottosuolo o sul fondale marino che rivestano interesse archeologico o che siano qualificabili come beni culturali. Nella pratica, si dovrebbe poter circoscrivere alle monete sino al medioevo (almeno io sino a oggi non ho mai letto di vicende che abbiano avuto a oggetto monete successive a questo periodo).

La distinzione tra sequestro civile e sequestro penale credo sia chiara (così però rischiamo di andare fuori tema). La confisca non deriva da un procedimento civile: si tratta sempre di un provvedimento avente carattere penale e che presuppone un reato che, tuttavia, può essere pronunciato anche all'esito dell'assoluzione dell'imputato (il reato resta, il colpevole manca... ma preferisco non addentrarmi in questo discorso anche perché è inutile ai nostri fini).

Saluti.

Interessante, ma abbiamo evidenza di casi di recupero da parte dello Stato di monete in Italia in temporanea importazione? Non ne ho mai sentito parlare

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Il 8/7/2021 alle 23:14, Emilio Siculo dice:

Interessante, ma abbiamo evidenza di casi di recupero da parte dello Stato di monete in Italia in temporanea importazione? Non ne ho mai sentito parlare

Monete no, ma oggetti archeologici veri e propri sì, in quanto venne dimostrata la originale provenienza delittuosa degli stessi... Veniva usato un sistema di "lavaggio" di pezzi di scavo che venivano reintrodotti in Italia passando da una compiacente "ditta"  per essere muniti di fattura  e importati con tanto di attestato di importazione... alla lunga se ne è accorta una solerte soprintendente per la ripetitività di queste importazioni sempre di materiale italico,  che ha attivato le forze dell'ordine ... le indagini poi hanno portato a un lungo processo penale dai risvolti/conclusioni i più vari possibili a secondo delle parti coinvolte..  parlo di  metà anni '90 primi duemila

Un cordiale saluto a tutti

Enrico

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1 minuto fa, vitellio dice:

Monete no, ma oggetti archeologici veri e propri sì, in quanto venne dimostrata la originale provenienza delittuosa degli stessi... Veniva usato un sistema di "lavaggio" di pezzi di scavo che venivano reintrodotti in Italia passando da una compiacente "ditta"  per essere muniti di fattura  e importati con tanto di attestato di importazione... alla lunga se ne è accorta una solerte soprintendente per la ripetitività di queste importazioni sempre di materiale italico,  che ha attivato le forze dell'ordine ... le indagini poi hanno portato a un lungo processo penale dai risvolti/conclusioni i più vari possibili a secondo delle parti coinvolte..  parlo di  metà anni '90 primi duemila

Un cordiale saluto a tutti

Enrico

Grazie @vitellio, interessante riferimento, ma in questo caso si tratta di una più che corretta tutela del patrimonio culturale, che non possiamo che condividere.

Il caso che cercavo - perché a quel punto potremmo dire che “di diman non v’è certezza “ - è quello ipotizzato da @allek, ovvero che l’utilizzo ripetuto e sistematico dell’istituto della temporanea importazione da parte di un collezionista italiano (sottinteso: che acquisti regolarmente da aste internazionali monete limpide al 100% e che voglia tutelarsi da future “espropriazioni”) possa essere interpretato come una sorta di abuso/elusione e quindi disconosciuto dallo Stato.

Grazie ancora

ES

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  • 2 mesi dopo...

Buonasera, ho letto tutta la discussione. Davvero molto interessante e istruttiva. Vorrei chiedere un'ulteriore cosa:

Sarei interessato ad acquistare un paio di monete da un negoziante estero su vcoins (casa d'aste che vende online pezzi invenduti o di poco valore). Mi hanno detto che rilasciano solo la fattura. 

In questo caso la sola fattura e lo screen della moneta messa in vendita sul sito sono sufficienti per tutelare il mio acquisto (per dimostrare la "Lecita Provenienza")?

Grazie e buona serata

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Il 3/10/2021 alle 20:12, gialappas dice:

Buonasera, ho letto tutta la discussione. Davvero molto interessante e istruttiva. Vorrei chiedere un'ulteriore cosa:

Sarei interessato ad acquistare un paio di monete da un negoziante estero su vcoins (casa d'aste che vende online pezzi invenduti o di poco valore). Mi hanno detto che rilasciano solo la fattura. 

In questo caso la sola fattura e lo screen della moneta messa in vendita sul sito sono sufficienti per tutelare il mio acquisto (per dimostrare la "Lecita Provenienza")?

Grazie e buona serata

Buonasera, fattura e screenshot vari sono sicuramente elementi determinanti nel dimostrare la sua buona fede nell’acquisto e la legittimità dello stesso (così da evitare problemi che potrebbero essere ben più gravi della “semplice” “perdita” della moneta comprata).

Tuttavia, i recenti orientamenti giurisprudenziali ci dicono che l’acquisto non potrà mai considerarsi “blindato” al 100% (e non lo sarà neanche con l’attestato di lecita provenienza).

Le motivazioni sono state già oggetto di questa e di tante altre discussioni sull’argomento.

Saluti

  • Grazie 1
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  • 7 mesi dopo...

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