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Nuova ipotesi su Troia


ARES III

Risposte migliori

Eccoci, un'altra ipotesi sulla mitica, ma non così tanto, Troia:

La tesi di Louis Godart, uno dei massimi studiosi delle civiltà egeeArcheologia, nuova scoperta: a Troia fu guerra civile, Godart riscrive leggenda omerica Gli Achei venuti dalla Grecia combatterono contro gli Achei, non furono due popoli diversi 

Dagli ultimi scavi sulla collina di Hissarlik, in Turchia, un'ipotesi diventa certezza: a Troia non furono due popolazioni diverse a scontrarsi, molto più semplicemente fu una 'guerra civile'. Gli Achei venuti dalla Grecia combatterono contro gli Achei che si erano già insediati in città. Lo sostiene uno dei massimi studiosi delle civiltà egee, il professore Louis Godart, in un articolo che esce sul nuovo numero della rivista "Archeologia Viva" (Giunti Editore). "Greci e Troiani parlavano la stessa lingua, avevano le stesse credenze, stessi usi e costumi, stesso tipo di armamento. Omero lo dice chiaramente nella sua Iliade. Oggi la conferma arriva dall'archeologia che aiuta a riscrivere un'intera pagina di storia, decisamente la più nota e popolare": così sintetizza la scoperta lo storico e archeologo Louis Godart, che ha insegnato Civiltà egee all'Università 'Federico II' di Napoli ed è stato consigliere per la conservazione del patrimonio artistico presso la Presidenza della Repubblica italiana ed è membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Institut de France e dell'Accademia di Atene. "Le ricerche condotte a Troia dalla missione archeologica dell'Università tedesca di Tubinga abbinate a una riflessione sullo studio dei testi delle tavolette in lineare B scritte nel dialetto acheo dei Greci micenei - dichiara Godart - cambiano radicalmente le nostre prospettive sulla storia dell'Anatolia nord-occidentale e dell'Egeo alla fine del II millennio, in particolare tra il 1200 e il 1180 a.C.". È a questo periodo che risale la cosiddetta Troia VII (secondo le numerazione che gli archeologi hanno dato ai vari strati della lunga vita della città), in quel momento la città più importante dell'Anatolia e del Vicino Oriente, dove la gente si rifugiò all'interno delle mura sistemando nel suolo grandi vasi per lo stoccaggio di derrate alimentari (rinvenute dagli archeologi) per poter sostenere il lungo assedio che poi si concluse con la caduta della città, come lasciano intendere i resti umani e le tracce dei combattimenti rinvenuti nello strato di distruzione dell'insediamento. Achei e Troiani, due facce dello stesso popolo. In Omero Achei e Troiani non sono mai differenziati in modo netto. Secondo l'Iliade, i due popoli pregavano gli stessi dèi, ai quali tributavano gli stessi sacrifici. Parlavano la stessa lingua e i troiani avevano nomi greci. 

Non vi sono mai problemi di comunicazione tra Achei e Troiani e anche il nome Ettore non era un nome barbaro per i greci, spiega sempre Godart. Vi era un culto di Ettore a Tebe; a Taso, isola vicina alla costa della Tracia, una divisione della città portava il nome di Priamides. In una serie di tavolette in lineare B (la scrittura dei Micenei) di Pilo, è stato identificato l'antroponimo 'e-ko-to' che corrisponde al greco 'Hector', mentre in un altro testo rinvenuto sempre nel palazzo di Nestore, c'era il patronimico 'e-ko-to-ri-jo', 'Hectorio's, 'figlio di Ettore'. "Il nome Ettore è quindi un nome acheo, anche se nell'Iliade indica il grande campione troiano - illustra sempre Godart - Poiché i nomi degli eroi troiani sono greci, Omero, facendo parlare una stessa lingua agli Achei e ai Troiani, non fa altro che rispecchiare la situazione che vigeva sull'acropoli di Troia alla fine del XIII secolo a.C.".   "Sarei assolutamente propenso, come sostengo nel mio articolo su 'Archeologia Viva' e nel mio libro 'Da Minosse a Omero' (Einaudi) - spiega Godart - a ritenere che sia stata un'aristocrazia micenea a comandare a Troia nella fase VIi che ispirò Omero.  

L'abbondante ceramica micenea rinvenuta sul sito di Troia negli strati del XIII secolo a.C. conforta indubbiamente una simile ipotesi. Se è davvero così e se Priamo era un re acheo, dovremmo ritenere che la guerra di Troia cantata da Omero sia stata una guerra civile in cui implacabilmente si opposero gli Achei del continente, delle isole e di Creta a altri Achei". Louis Godart è autore di importanti pubblicazioni presso Einaudi: "Il disco di Festo. L'enigma della scrittura", "L'invenzione della scrittura", "L'oro di Troia. La vera storia del tesoro scoperto da Schliemann" (con Gianni Cervetti), e il recente "Da Minosse a Omero. Genesi della prima civiltà europea". 

https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/troia-godart-achei-guerra-civile-4abfcc42-439c-419e-aef4-72728ec50ad6.html?refresh_ce

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Inviato (modificato)

Tra le teorie più "particolari" possiamo citare quelle di Vinci che posiziona Achei e Troiani nel Baltico, come si era già accennato qualche anno fa in questa discussione

Vi allego un piccolo PDF sulla tematica.

Omero_nel_Baltico.pdf

image1.jpg

Modificato da ARES III
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Nella stessa Iliade ( VI , 175-345 ) , ad esempio, Glauco, alleato dei Troiani, è nipote di Bellerofonte e questi a sua volta nipote di Sisifo di Efira ( Corinto ? ) in Argolide : Glauco è dunque di stirpe achea "emigrata" in Licia con Bellerofonte .

Glauco, incontrerà come nemico Diomede, acheo signore di Argo, i due si riconosceranno il reciproco legame di  antica ospitalità ( in Argo ) e si scambieranno le armi senza combattere tra di loro .

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35 minuti fa, VALTERI dice:

Glauco, incontrerà come nemico Diomede, acheo signore di Argo, i due si riconosceranno il reciproco legame di  antica ospitalità ( in Argo ) e si scambieranno le armi senza combattere tra di loro .

Conosco bene il passo @VALTERI ed è molto probabile una finzione letteraria, perché in battaglia è un po' difficile che tutti i soldati prima di scontrarsi inizino dei lunghi convenevoli ...... se non ci si presenta non si fa nulla ?

Ciò che reputerei interessante del brano è la testimonianza dell'istituto dell'ospitalità realizzato con un δῶρον (dono), con il quale si creavano vincoli di famigliarità e di ospitalità tra due gruppi aristocratici, anche di popolazioni differenti. Di solito questi vincoli si suggellavano in modo rituale attraverso il coinvolgimento della divinità con formalità rituali in modo che la divinità diventasse testimone e allo stesso tempo protettrice di quel vincolo. Questa modalità di realizzare e creare vincoli fuori del proprio ambito famigliare ( da intendersi non in modo stretto ma ampio coinvolgendo molti gradi di parentela) era all'inizio l'unico strumento "giuridico" (consentitemi di usare impropriamente tale termine) che permettesse agli stranieri di poter avere una sorta di tutela all'interno di una comunità indigena. Ed era inoltre anche una sorta stimolo per i traffici commerciali.

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Teoria interessante, pero' mi viene al volo qualche dubbio. 
E' risaputo che Omero mescoli elementi del XII Ac (micenei) a molti/ moltissimi elementi del VIII Ac ( sua epoca , fine del medioevo ellenico). Questo significa che anche per gli stessi Greci la memoria relativa al loro stesso popolo c'era ma molte cose furono giocoforza " inventate"'o " modernizzate". Ora, se per loro stessi avevano difficolta' ad essere precisi e ad avere un ricordo nitido immaginate per gli avversari. Di conseguenza risulto' molto piu' facile, per mancanza di elementi magari sugli Ittiti, "uniformare"  i Troiani agli Achei. 

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La situazione è molto più complicata e solo in parte riassumibile @hobbes

Nella Troade vi sono diversi siti archeologici attribuibili alla media e tarda età del bronzo, tra cui spicca quello scoperto da Heinrich Schliemann, probabile fonte d'ispirazione per l'Iliade e i poemi greci relativi alla guerra di Troia. In particolare la città omerica sembra essere da riferirsi alla città storica Troia VI-VII, sorte sul tell di Troia dopo il 1900 a.C., quando l'intera regione fu attraversata da una grande fase di migrazioni di popoli.

L'appartenenza etnica dei Troiani è, e resta, sconosciuta, molte sono state le ipotesi fatte nel corso dei secoli. In quell'area, durante la tarda età del bronzo (e la prima età del ferro) sono noti popoli indoeuropei e non. Per esempio sono di lingua indoeuropea gli Anatolici, di ceppo antico (cui forse possono essere associati i Peoni nei Balcani), e in particolare i Cari, citati da Omero come alleati dei Troiani e associati sovente ai Lelegi, 

un'antica popolazione egea da cui proveniva Laotoe, una delle mogli di Priamo. Altre popolazioni indoeuropee giunsero nella regione nella tarda età del bronzo e soprattutto all'inizio dell'età del ferro, come ad esempio: gli Ellenici (e i Macedoni), i Traci, i Daci, i Frigi (questi ultimi citati nell'Iliade e in altri poemi come alleati ai Troiani, ma ancora stanziati nei Balcani, mentre in epoca storica vivevano nell'odierna Turchia) e gli Illirici.

Tra le popolazioni della regione vi erano anche alcuni gruppi etnici di lingua non indoeuropea o preindoeuropea: probabilmente i Pelasgi, mitica popolazione cicladica e greca, presumibilmente i Minoici ed altre popolazioni semi mitologiche come i Mini e i Lapiti. Uscendo dalla mitologia vi erano a Lemno dei parlanti la lingua lemnia, del gruppo delle lingue tirseniche affini all'etrusco. Inoltre, in Anatolia, ci sono buone probabilità di infiltrazioni semitiche, e di lingue ergative isolate o di difficile sistematizzazione come l'urrita e lingue sopravvissute all'arrivo, attorno al 2.000-1.900 a.C. degli indoeuropei di ceppo anatolico. Quest'area era quindi particolarmente frammentata da un punto di vista etnico-linguistico.

In Omero i Dardani sono i principali alleati dei Troiani, ma in molti poemi greci questi popoli sono fusi. Esisteva una tribù nota come Dardani anche in epoca storica, ma apparentemente non legata a quelli omerici. Appartenevano al gruppo illirico indoeuropeo ed abitavano i balcani meridionali, a nord di Peoni e Macedoni, in territori grossomodo corrispondenti con la regione di Skopje e la repubblica di Macedonia del Nord. Questa assonanza di nomi non è però definitiva.

I Troiani potrebbero essere stato un popolo a sé stante, alleato con popoli di lingua simile o diversissima. La principale fonte storica sui possibili troiani è rappresentata dagli archivi reali ittiti, se venisse dimostrata fuori d'ogni dubbio la corrispondenza tra Wilusa e/o Truwisa-Tarusia ed Ilios/Troia. Questa città era uno delle principali di una confederazione di regni (o una lega di città) nota nelle fonti ittite come Arzawa.

La lingua luvia, una lingua anatolica indoeuropea, è stata ipotizzata come possibile lingua parlata a Troia, in particolare a partire dagli studi di Calvert Watkins del 1986[1]: Il nome Priamo ha un'etimologia luvia (o meglio potrebbe essere l'ellenizzazione e la traslitterazione del nome luvio Pariya-muwa, che significa -uomo-eccezionalmente coraggioso), così come quello di 9 dei suoi parenti più stretti su 16 nominati da Omero. Inoltre esisteva un sovrano Arzawa dell'età del bronzo con un nome simile e associato a Priamo, Piyamaradu, citato come sovrano in documenti ittiti scritti in luvio (il suo nome, in quella lingua, significa dono dei devoti). Alessandro (il secondo nome di Paride) nella forma di Alaksandu è noto come signore (ma forse non legittimo Re) di Wilusa nelle fonti ittite, nelle lingue anatoliche il suo nome è associabile, anche se con un'etimologia non del tutto chiara, al dio del sole e della guerra, Apaliunas, simile al dio Luvio Aplu, signore della peste, tutti attributi riconoscibili anche nell'Apollo greco classico (ma non nelle fonti micenee). Si tratterebbe dunque di un nome luvio o di origine anatolica affine ma distinta del luvio. Anchise (ed Ettore) potrebbero avere un'etimologia Luvia, Achis in filisteo (lingua di cui si ignora l'origine, forse anatolica o indeoeuropea, ma presto assorbita dalle lingue semitiche circostanti) significava Re-Sovrano-Comandante. Va anche detto che i nomi sono cattivi indicatori della lingua parlata, semmai indicano rapporti culturali stretti; ad esempio molti nomi diffusi in Italia sono di origine semitico-ebraica (Davide, Mattia, Matteo, Gabriele, Daniele, Samuele, Giuseppe, Giovanni, Emanuele, Raffaele, Simone, Tobia, Maria, Rebecca, Ester, Elisa, Elisabetta, Eva, Maddalena, Marta, Sara, ecc.) per l'influenza fortissima che ha avuto la Bibbia, mentre la lingua italiana è indoeuropea e neolatina.

Non disponiamo di archivi o di documenti scritti dell'età del bronzo troiana eccetto 1) un sigillo, di età indefinita, scritto in ittita, 2) un sigillo, in luvio geroglifico, associato a Troia VIIb, 3) due piccoli frammenti, forse in luvio cuneiforme, molto mal conservati e riferibili probabilmente a Troia VI o VII, rinvenuti nel XIX secolo, mal descritti ed in seguito perduti, 4) due tavolette d'argilla frammentarie coperte da segni poco leggibili che, secondo il linguista sovietico Nikolay Kazansky, vanno interpretati come una scrittura, forse lineare, distinguibili sia dal lineare A (minoico) che dal lineare B (miceneo), ma impossibili da interpretare per frammentarietà (pochissime sillabe) e cattivo stato di conservazione. Essi però potrebbero essere più antichi di Troia VI, 

ed anzi risalire al 2.000 a.C. (Troia V), ovvero all'età precedente alla comparsa del "vero" lineare A. Tutti i documenti diplomatici ittiti che nominano Troia e Arzawa sono scritti in luvio.

Il fatto che gli Ittiti associassero Troia-Wilusa-Ilio con la zona di Arzawa, corrispondente a tutta la costa mediterranea della Turchia nord-occidentale, rafforza l'ipotesi luvia (o altre similari come il cario, parente del luvio); Arzawa era però una confederazione di regni, che (forse) andava dalla Licia alla Troade, in cui potrebbero essere esistiti diversi popoli, ad esempio i Lici (la cui lingua, pur anatolica, fu molto contaminata da superstrati greco-frigi nell'età del ferro) e i Lidi (Lukka in ittita), i Cari (Karkiya o Karkisia in ittita, Krk nei documenti di Ugarit) ed i Lelegi (Lulahi in ittita).

Questi popoli presumibilmente parlavano tutti lingue affini (ma distinte, e nel caso del Cario solo ora in via di decifrazione) al Luvio ed erano giunti in quelle zone attorno al 1.900 a.C., e sono anche sovente associati agli etruschi ed ai popoli del mare.nIl Luvio (presumibilmente fortemente diviso in dialetti) potrebbe essere stata la lingua parlata in tutta l'Anatolia meridionale dell'età del bronzo, dalla costa prospiciente a Rodi fino ad Alessandretta, ma non si conoscono i confini settentrionali di questa parlata, difficili da identificare proprio per il suo essere anche una lingua franca del commercio e della diplomazia. Infatti era lingua ufficiale di molti stati anatolici (e lingua di cancelleria dell'impero ittita) anche quando la lingua vernacolare era un'altra.

In conclusione la possibilità che a Troia si parlasse una lingua anatolica, magari affine al luvio (o al cario-lelegio) esistono, così come è possibile, come afferma il linguista e filologo tedesco Joachim Latacz che il luvio fosse la lingua ufficiale, e di cancelleria, della troade e di Troia (essendo anche quella impiegata al riguardo della troade dalla cancelleria imperiale Ittita), quella impiegata per trattare con le altre realtà politiche anatoliche, mentre inconoscibile risulti ancora la lingua vernacolare della città.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Troiani_(popolo)

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1 minuto fa, hobbes dice:

cagata ?

Dal momento che sei nuovo ti invito ad evitare in futuro espressioni colorite e volgari, non tanto e non solo per me (personalmente non mi piacciono queste coloriture da bettola, però non sono un integralista) , ma per tutti gli utenti, perché magari non tutti sono così tolleranti ( in proposito ti invito a rileggerti il regolamento).

Tornando alla questione non hai detto proprio una sciocchezza, in quanto ci sono teorie in proposito (ma la questione è molto ma molto più complessa).

Ad es. :

 

ARCHEOLOGIA: STUDIOSO SVELA VERE ORIGINI DI TROIA, ERA LA CAPITALE DELL'IMPERO ITTITA

ERNESTO ROLI, IN UNA STATUA A TEBE LA CHIAVE DEL MISTERO

Roma, 17 lug. - (Adnkronos) - Il mito e la storia di Troia, la leggendaria città le cui vicende furono narrate da Omero e sulla cui storia da sempre aleggia un velo di mistero, potrebbero aver trovato una spiegazione che illustri la vera origine della città cantata nel mito e studiata dalla storia. Culla di ‘Ilio’ sarebbe l’Anatolia e legata alle vicende belliche di Troia c’è la storia dell’impero Ittita. E’ questa le tesi che Ernesto Roli, architetto e docente di Storia dell’arte da sempre appassionato di archeologia, illustra nel suo ultimo libro ‘La caduta dell’impero Ittita e la guerra di Troia’.

“Da tempo gli Ittiti sono al centro dell’interesse degli studiosi italiani e stranieri - spiega Roli - e numerosi scavi condotti in Anatolia da università italiane e tedesche hanno contribuito notevolmente ad ampliare le nostre conoscenze sugli Ittiti ma allo stato attuale ancora non si è giunti a conclusioni concrete circa la caduta e la scomparsa dell’impero da loro fondato”. (segue)

http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/07/17/Cronaca/ARCHEOLOGIA-STUDIOSO-SVELA-VERE-ORIGINI-DI-TROIA-ERA-LA-CAPITALE-DELLIMPERO-ITTITA_144603.php

 

SAREBBE LA CITTA' ENTRATA NELLA STORIA COME HATTUSAS

(Adnkronos) - La città di Troia sarebbe in realtà ‘Hattusas’, capitale dell’impero Ittita. ‘Atreus’ sarebbe Ulisse, il re di Itaca, ‘Achureus’ il ‘prode Achille’ e ‘Suppiluliumas’, il cui nome rotacizzato diventa poi ‘Spriumas’, sarebbe Priamo, l’ultimo re di Troia. Per entrare nel merito del problema l’ autore cerca di dare una risposta a numerose domande: chi sono gli Achei e chi sono i Troiani della tradizione? O meglio, cosa si deve intendere con questi due termini? Se si prova a rispondere a questa domanda sulla scorta di Omero, la risposta è semplice. Gli Achei sono i Greci che vivono nel Peloponneso, in altre parole i Micenei della nostra archeologia, e i Troiani sono gli abitanti di quella città chiamata Ilios o Troia da Omero, situata sulle coste della Troade e scoperta da Schliemann nel 1870.

Questa però, secondo Roli, non è una risposta storica, bensì una risposta poetica, sentimentale, emotiva, convenzionale. Per dare invece una risposta storica bisogna indagare se nei poemi omerici esiste o no quel ‘nucleo storico’ di cui tanto si parla tra gli studiosi. (segue)

http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/07/17/Cronaca/ARCHEOLOGIA-STUDIOSO-SVELA-VERE-ORIGINI-DI-TROIA-ERA-LA-CAPITALE-DELLIMPERO-ITTITA-2_145251.php

 

SONO GLI EGIZIANI A FORNIRE LE RISPOSTE SUL MISTERO DI TROIA

(Adnkronos) - Dunque l’Iliade e l’Odissea sarebbero solo frutto della fantasia del cantore greco? L’ autore risponde a questo problema affermando che nei poemi omerici esiste questo “nucleo storico” e che esso va ricercato nella storia egeo-anatolica degli ultimi decenni del XIII secolo e dei primi decenni del XII. Pertanto, gli Achei sono i Cretesi e i Troiani sono gli Ittiti. Troia è Hattusas, capitale dell’ impero ittita. Si deve parlare, dunque, di due guerre unite sapientemente da Omero nei suoi poemi; quindi di due città con due nomi diversi Troia (Hattusas) e Ilios.

E allora cosa si deve intendere con la guerra di Troia? Sono gli Ittiti e gli Egiziani a fornire le risposte. In uno zoccolo di statua del tempio dei morti di Amenofis III (1380) a Tebe in Egitto, in un elenco di città di contesto cretese si citano tra le altre, Micene, Festo, Cnosso e una Wilia, senz’ altro nome arcaico di Ilios, che presuppone, spiega Roli “la forma ‘Wilios’, con desinenza greca. Micene e Wilia sono poste pertanto originariamente a Creta, in completo disaccordo in ciò con gli studiosi moderni, secondo i quali il contesto invece abbraccia l’ intero Egeo”. (segue)

http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/07/17/Cronaca/ARCHEOLOGIA-STUDIOSO-SVELA-VERE-ORIGINI-DI-TROIA-ERA-LA-CAPITALE-DELLIMPERO-ITTITA-3_145534.php

 

MUTA COSI' ANCHE LA GEOGRAFIA OMERICA DELL'EGEO

(Adnkronos) - Argomento conseguente, ma molto importante, per chiudere il capitolo della caduta dell’ impero ittita e della guerra di Troia è quello riguardante la geografia omerica disegnata attraverso il racconto del viaggio decennale compiuto da Ulisse dopo la guerra di Troia e prima di fare ritorno alla sua Itaca. “Qualsiasi studioso di Omero - spiega il professore - sa che il viaggio di Ulisse con i suoi siti più importanti non coincide con le località note sin da età greca”. E i quattro punti presi in esame sono quelli di Ogigia, Scheria, Pilo e Itaca.

Ogigia è un’ isola, sede della ninfa Calipso, figlia di Atlante, colui che secondo Omero “regge le altezze dei cieli e le profondità degli abissi”. Da Omero l’ isola è definita “ombelico del mare”. Ogigia però, secondo la mitologia greca, è anche il nome della Beozia il cui re era Ogige; e Theras eroe eponimo dell’ isola, appartiene alla stirpe di Cadmo figlio di Ogige. L’Ogigia originaria è pertanto Thera. L’ ipotesi di Roli è verificata. Andarla a ricercare nelle Faroer è fuori luogo. Essa è la casa di Calipso, la prima donna fatale di Ulisse. (segue)

http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/07/17/Cronaca/ARCHEOLOGIA-STUDIOSO-SVELA-VERE-ORIGINI-DI-TROIA-ERA-LA-CAPITALE-DELLIMPERO-ITTITA-4_150947.php

 

 

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In merito all'ipotesi sull'equazione tra la Wilusa Ittita e la (W)ilios dei Greci questa fu elaborata per la prima volta da P.Kretschmer nel 1924.

Il regno di Wilusa fu uno stato sviluppatosi nella seconda metà del secondo millennio a.C. nel Nord-Ovest anatolico; tutte le notizie ad esso correlate ci sono giunte tramite le fonti Ittite, l'impero che dominò la scena del Vicino Oriente per secoli, proprio nel periodo in cui Wilusa prosperava e di cui essa fu quasi ininterrottamente vassallo.

Wilusa ricopre una grande importanza storico-artistica-simbolica, dal momento che nel corso del XX secolo, dopo anni di controversie, è stato definitivamente dimostrato ed accettato dal mondo accademico che essa corrisponda nella realtà alla città che i testi greci classici chiamano Troia, resa eterna dai versi degli aedi e di Omero in particolare; la storia di Wilusa narrataci dalle fonti Ittite, è dunque la "vera" storia della città di Troia, ed il sito archeologico che tanti turisti richiama ogni anno nel Nord della Turchia, in prossimità di Çanakkale, è il sito che ospitò il regno di Çanakkale, è il sito che ospitò il regno di Wilusa di cui le fonti ittite ci documentano la vita.

Nella seconda metà del II millennio a.C., l'area Arzawa che occupava la zona Nord Occidentale dell'Anatolia era divisa in cinque stati o regni minori: il cuore della regione, sviluppato attorno alla capitale Apasa, e chiamato convenzionalmente dagli studiosi Arzawa Minor; il regno di Mira con l'estensione del territorio di frontiera di Kuwaliya; il più orientale, cioè il regno di Hapalla; il regno di Terra del fiume Seha posizionato davanti all'isola di Lazpa/Lesbo; ed appunto Wilusa, nell'estremo Nord della zona e spesso ai margini, geograficamente e politicamente, degli altri stati arzawa; tali stati, pur spesso ribellatisi e spinti sovente verso insurrezioni indipendentistiche, furono quasi ininterrottamente nella loro vita secolare vassalli o tributari dell'impero degli Ittiti.

Il sito di Wilusa, posto nell'estremo Nord Ovest anatolico, sullo stretto dei Dardanelli (anche se oggi il mare è lontano un paio di chilometri dalla cittadella fortificata sopravvissuta) fu abitato con certezza fin dalla prima metà del terzo millennio a.C., ma il suo massimo splendore coincise con l'ascesa dell'impero ittita, e pertanto alla seconda metà del secondo millennio a.C. Nel 1924, poco dopo la decifrazione della scrittura in lingua ittita, il linguista Paul Kretschmer aveva paragonato un toponimo che compare nelle fonti ittite, Wilusa, con il toponimo greco Ilios utilizzato come nome di Troia (Ilio in italiano). Gli studiosi, sulla base di prove linguistiche hanno stabilito che il nome di Ilios aveva nel tempo perso un digamma iniziale ed in precedenza era stato Wilios.

La proposta per l'identificazione di Wilusa con (W)Ilios fu inizialmente motivo di accese controverse: era dubbia difatti la posizione geografica di Wilusa. Tuttavia, nel 1996, l'orientalista tedesco Frank Starke, basandosi sulla ricostruzione di una porzione ingente di documenti ittiti che citano lo stato-vassallo di Wilusa, ha dimostrato che in effetti la posizione di questa città-stato deve essere pressappoco collocata nello stesso luogo ove Schliemann nel XIX secolo riportò alla luce le rovine di Troia, nella regione della Troade, cosicché oggi l'identificazione tra Troia e Wilusa è di fatto universalmente accettata dal mondo accademico.

I principali documenti ittita che citano Wilusa sono i seguenti:

Il cosiddetto Trattato di Alaksandu, un patto stipulato tra il re ittita Muwatalli II e Alaksandu re di Wilusa, risalente al 1280 a.C. Dal testo decifrato è stato dedotto che Wilusa avesse un rapporto di subordinazione e di alleanza nei confronti dell'Impero ittita.

Tra gli dei i cui nomi vengono menzionati nel trattato come testimoni dell'alleanza figurano "Apaliunas", da alcuni ricercatori identificato con Apollo e Kaskalkur, cioè "strada conducente agli inferi", una Dea dei flussi sotterranei. Su chi rappresentasse effettivamente Kaskalkur, l'archeologo Manfred Korfmann indica che in quel modo vengono designati i corsi d'acqua che, scomparendo nel terreno di certe regioni, vengono poi a riemergere verso l'esterno (il fenomeno del carsismo), ma gli Ittiti hanno usato questo concetto anche per le gallerie d'acqua sotterranee costruite artificialmente.

Questa divinità è stata quindi associata direttamente a Troia/Wilusa con la scoperta di una grotta con una sorgente d'acqua potabile sotterranea posta 200 metri a sud della parete dell'Acropoli cittadina; dopo aver analizzato le pareti di calcare, è stato stabilito che esisteva già fin all'inizio del terzo millennio a.C. e per cui attorno alla quale possono esser sorti dei miti. Ha inoltre preso atto della coincidenza che dovrebbe supporre l'allusione fatta dall'autore Stefano di Bisanzio a proposito di un tale "Motylos", che potrebbe benissimo essere una ellenizzazione del nome Muwatalli, colui che ospitò Alessandro e Elena.

1- La Lettera di Manhapa-Tarhunta, scritta dal re della Terra del fiume Seha (uno stato vassallo degli ittiti) Manhapa-Tarhunta al sovrano Muwatalli II, datata intorno al 1285 a.C., che fornisce la notizia che un certo Piyama-Radu aveva guidato una spedizione militare del regno acheo di Ahhiyawa contro Wilusa e l'isola Lazba, identificata dai ricercatori con Lesbo, conquistandole temporaneamente; il documento è fondamentale per la corretta collocazione geografica di Wilusa.

2- Nella Lettera di Tawagalawa (1275-50 a.C. circa), generalmente attribuita a Hattušili III o Muwatalli II, il re ittita si riferisce a precedenti ostilità tra gli Ittiti e gli Ahhiyawa (identificati con un non meglio precisato regno Miceneo) proprio a riguardo di Wilusa: "Ora abbiamo raggiunto un accordo sulla questione di Wilusa, rispetto a cui ci trovavamo in inimicizia."

3- L'ultima menzione di Wilusa conservata nelle fonti ittite appare nella Lettera di Millawata, inviata dal re Tudhaliya IV (1237-1209 a.C.) a un destinatario ignoto che gli studiosi ritengono però essere il sovrano di Mira, Tarkasnawa. In essa il re degli Ittiti invita il destinatario, una sorta di supervisore regionale per conto Ittita dell'area Arzawa, a reinstallare sul trono di Wilusa un certo Walmu, successore diretto o meno di Alaksandu, che era stato deposto ed esiliato. Tuttavia l'hittitologo australiano Trevor Bryce dice che questo fatto è menzionato anteriormente, proponendo quindi una sua reinterpretazione anche della lettera Tawagalawa.

La prima attestazione del toponimo Wilusa ci è fornita da un poema in lingua luvia risalente al XVI secolo a.C. in cui è definita "scoscesa". Invece la prima vera notizia che abbiamo sulla storia di Wilusa è nel Trattato di Alaksandu (1280 a.C.): il re ittita Muwatalli II ricorda la prima sottomissione della città e dell'intera area arzawa agli Ittiti, avvenuta addirittura ai tempi di Labarna, leggendario sovrano fondatore del regno degli ittiti (1600 a.C. ca.); Arzawa successivamente si ribellò, in moti indipendentistici a cui Wilusa non aderì, rimanendo in rapporti di amicizia e vassallaggio con gli Ittiti. In seguito il sovrano Ittita Tudhaliya I/II, alla fine del 15°-inizio del XIV secolo a.C., invase di nuovo l'area Arzawa, su cui evidentemente non aveva saputo consolidare in maniera stabile il proprio controllo: anche stavolta Wilusa si astenne dall'unirsi agli altri stati dell'area che presero le armi contro l'esercito imperiale ed il trattato di Alaksandu ci dà notizia che il sovrano Ittita, sconfitti gli avversari, "...non entrò nella città", cioè la risparmiò. Il trattato tuttavia non ricorda che alcuni anni dopo 22 paesi anatolici strinsero un'alleanza, chiamata confederazione Assuwa, volta a contrastare il predominio degli Ittiti nell'area; al penultimo posto dell'elenco dei paesi della Lega troviamo il nome Wilusiya, forma arcaica del successivo Wilusa. Tudhaliya I/II risulterà vincitore anche contro questa confederazione e manterrà il controllo ittita sulla regione occidentale dell'Anatolia.

Attorno alla metà del XIV secolo gli Ittiti, guidati da Šuppiluliuma I, uscirono dal periodo più buio della loro storia, tornando ad essere la prima potenza del Vicino Oriente (1345-40 a.C.) e rendendo vassalli tutti i regni dell'area Arzawa; sul trono di Wilusa siede il re Kukunni che non partecipa al conflitto scaturito tra il mondo Arzawa e gli Ittiti per la supremazia sulla regione; Suppiluliuma rende tributari gli stati dell'area, ma non entra nelle faccende interne wilusiane, riconfermando sul trono re Kukunni. Ed anche un ventennio più tardi, quando il sovrano di Arzawa Minor Uhha-Ziti mette in piedi la più grande insurrezione del mondo Arzawa, Wilusa si astiene dal partecipare alle ostilità contro Muršili II, figlio di Suppiluliuma; gli Ittiti usciranno una volta di più vincitori e nei documenti che ricordano questi due periodi storici daranno atto ai Wilusiani di aver intrattenuto sempre rapporti di amicizia e lealtà verso l'impero.

In effetti, come fanno notare convenientemente sia Bryce che Latacz, questa situazione di vassallaggio tributario verso gli Ittiti, che peraltro imponeva pochi obblighi in politica estera, lasciava totale indipendenza nelle politiche interne, garantendo viceversa ai re wilusiani di essere protetti dalla potenza militarmente più forte del periodo; la lunga fedeltà dei sovrani agli Ittiti e la stabilità che ne deriverà, consentiranno alla città di Wilusa di svilupparsi e prosperare economicamente e culturalmente, con elevati standard di vita per l'élite dominante.

Dalla Lettera di Manhapa Tarhunta (1285-80 a.C. ca.) apprendiamo un episodio che potrebbe fornire un substrato alla leggenda della Guerra di Troia: un contingente greco degli Ahhiyawa, guidato da un tale Piyama-Radu, ha attaccato ed occupato Wilusa/Troia (1285 ca), sottraendola al controllo Ittita. È il primo e unico attacco militare a noi noto mosso dagli Ahhiyawa in Ovest Anatolia per minare l'autorità dell'impero Ittita, a cui questo regno tentava di sostituirsi; il sovrano Muwatalli II comunque invia un contingente militare che riconquista in breve la città. Il seguito della vicenda ce lo narra presumibilmente proprio il cosiddetto Trattato di Alaksandu (1280 ca.): Muwatalli II restaura sul trono di Wilusa il re Alaksandu, con cui stringe un nuovo trattato di allenaza e subordinazione; questi è possibilmente il re vittima dell'occupazione di Piyama-Radu narrata nella Lettera di Manhapa-Tarhunta nonché probabilmente il figlio di Kukunni, anche se le condizioni in cui il testo ci è giunto non consentono di esserne certi.

Resta il fatto che negli anni Wilusa rimane un vassallo fedele degli Ittiti, ma anche instabile e turbolento in quanto preda di mire di altri stati per la sua posizione strategica sui Dardanelli; gli imperatori di Ḫattuša furono spesso costretti ad intervenire in soccorso del re vassallo di turno per ristabilire l'ordine.

Ed infatti mezzo secolo dopo la vicenda di Piyama-Radu (1225-20 ca.), con Tudhaliya IV sul trono di Hatti, troviamo un ennesimo re wilusiano in fuga: stavolta si tratta di Walmu che dalla cosiddetta Lettera di Millawata sappiamo aver trovato rifugio nello stato alleato di Mira; non conosciamo le motivazioni per cui anche questo sovrano sia 

dovuto fuggire da Wilusa, se per una rivolta interna o un attacco esterno, ma sappiamo comunque che attende presso Mira di essere "estradato" ad Hattusa dove Tudhaliya IV provvederà a reinstallarlo sul trono.

Dal testo apprendiamo che ora Wilusa non è solo vassallo degli Ittiti, ma anche della stessa Mira, che funge da supervisore dell'area Arzawa per conto del potere imperiale, circostanza che fornisce della città sui Dardanelli un'immagine ben lontana da quella fastosa delle epopee omeriche.

Non abbiamo altre notizie dagli archivi reali sul destino specifico di Wilusa negli anni a seguire, ma le prove archeologiche degli strati della città chiamati Troia VI e VII (e che potremmo forse più correttamente chiamare...Wilusa VI e VII!) e dalle vicende che sappiamo accadute in Anatolia alcuni decenni più tardi, lasciano facilmente ipotizzare che la città, come molti siti dell'area, sia stata vittima della devastante avanzata dei Popoli del Mare che attorno al 1180 a.C. portarono una terribile ondata di distruzioni, mettendo fine alla storia di svariati centri e civiltà del Vicino Oriente, impero ittita compreso; Wilusa probabilmente seguì lo stesso destino di Hattusa, venendo espugnata, saccheggiata e data alle fiamme.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Wilusa

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