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Venezia rappresentata sulle monete


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Questa è d'ogni alto ben nido fecondo

Vinetia: et tal che chi lei vede, stima

Veder raccolto in breve spatio il mondo

Stampa Venezia_page-0001.jpg

E' questa la didascalia di una stampa acquarellata di autore anonimo, riportata in uno dei celebri volumi di Giacomo Franco, editi a Venezia, rispettivamente nel 1610 e nel 1614.

Venezia, a quel tempo, era ancora una delle capitali europee più frequentate, una metropoli dove frotte di forestieri vi giungevano per commerciare e fare affari, leciti e non; tanti pellegrini vi arrivavano ancora per imbarcarsi e raggiungere la Terra Santa, anche se in misura ridotta rispetto al secolo precedente e parecchi stranieri la sceglievano per turismo.

Nel 1565, proprio per “aiutare” i forestieri, era stata data alle stampe una vera e propria guida turistica, intitolata: “Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia”; chissà se a distanza di qualche decennio erano uscite nuove edizioni più aggiornate.

Proprio così; Venezia non incentivava solamente il turismo religioso o colto, non reclamizzava solamente le sue chiese che contenevano importanti reliquie di santi e beati, le sue bellezze architettoniche ed i suoi preziosi prodotti, ma anche la sua mondanità suddivisa tra feste religiose e laiche che occupavano una buona parte dell'anno ed il meretricio costituiva un importante corollario.

Poi c'erano sempre i “Tolomazi”, veri assistenti turistici che aiutavano gli stranieri a scegliere dove dormire, pranzare, fari acquisti.

La Serenissima ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti della propaganda, ne sono prova la diffusione di libri, quadri e stampe, nei quali ha comunicato alle masse, dentro e fuori dai propri confini, una profusione di argomenti che suscitassero curiosità e consenso. Un'azione incessante di marketing ante litteram, posta in opera per creare consenso intorno alla propria immagine, per indirizzare messaggi persuasivi e seducenti che riguardassero i propri ordinamenti politici e sociali, le proprie conquiste territoriali, la bontà ed esclusività dei propri prodotti.

Anche le numerose feste religiose e le cerimonie laiche che si svolgevano nell'arco dell'anno ed alle quali i Doge era obbligato a partecipare insieme ai maggiorenti della Repubblica, servivano per esaltare l'immagine che Venezia voleva infondere.

Libri, quadri, stampe, finanche le medaglie, ma non le monete, sebbene queste ultime, fin dall'antichità, abbiano svolto una non secondaria funzione di veicolo propagandistico.

Inutile cercare tra le monete di ordinaria emissione qualche soggetto che possa servire a questo scopo; lo sappiamo bene che in queste monete troveremo sempre raffigurate le medesime immagini: il leone marciano, il Doge, il Cristo, la Madonna, san Marco o santa Giustina, la Giustizia o la rappresentazione muliebre di Venezia; gira e rigira, pur modificando abbinamenti e rappresentazioni, le immagini sono sempre queste.

Bisogna spostare quindi la nostra attenzione sulle oselle ed è in queste particolari e periodiche emissioni, che troviamo qualche eccezione.

Non dobbiamo però pensare che queste siano state concepite effettivamente per comunicare alle persone la bellezza di Venezia in modo esclusivo; la rappresentazione di un luogo o di un soggetto veneziano è sempre secondario, è una rappresentazione scenica che accompagna un messaggio di altra natura, politica e/o economica, ovvero una importante ricorrenza.

Vediamole queste eccezioni.

Osella Sebastiano Venier 1577.jpeg

Sebastiano Venier Doge LXXXVI, 1577-1578. Osella anno I, 1577.

D:/ San Marco seduto in trono a s., benedice con la d. e porge con la s. il vessillo al Doge genuflesso che regge nella d. un ramo di palma, mentre un angelo alle sue spalle gli impone il corno dogale.

R:/ MAGNA DEI MISERICORDIA SVP N OS (Grande è la Misericordia del Signore sopra noi) Veduta di Venezia con imbarcazioni e galere alla fonda nel bacino; in alto, il Redentore con le braccia aperte.


In questa osella, si vuole ricordare la partecipazione del Doge alla battaglia navale di Lepanto, viene raffigurato con in mano un ramo di palma, portatore di pace, mentre l’ angelo gli impone il corno dogale a premio della vittoria conquistata.

Al Rovescio è evidente l’allusione alla peste che afflisse la città per due anni, la cui fine fu pubblicamente sancita il 21 luglio 1577. La legenda ha affinità con il passo dell'inno Te Deum Laudamus: «fiat misericordia Tua, Domine, super nos», che si riferisce alla fine del flagello.

La veduta prospettica a “volo d'uccello” di una porzione di Venezia non è particolarmente curata nei dettagli; l'incisore ha inserito giusto gli elementi che la caratterizzano, come le due colonne, il palazzo ducale con i suoi archi, la chiesa di San Marco con le sue cupole, il campanile, la torre dell'orologio con l'arco che immette nelle Mercerie e confusi tra le imbarcazioni in rada, si scorgono i fabbricati costituenti la Punta del Sale e la dogana per le merci che provenivano dal mare.

A sinistra del campanile si può anche osservare una grande cupola che mi è sconosciuta e che non sono stato in grado di identificare.

Segue ...

saluti

luciano

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15 minuti fa, 417sonia dice:

Questa è d'ogni alto ben nido fecondo

Vinetia: et tal che chi lei vede, stima

Veder raccolto in breve spatio il mondo

Stampa Venezia_page-0001.jpg

E' questa la didascalia di una stampa acquarellata di autore anonimo, riportata in uno dei celebri volumi di Giacomo Franco, editi a Venezia, rispettivamente nel 1610 e nel 1614.

Venezia, a quel tempo, era ancora una delle capitali europee più frequentate, una metropoli dove frotte di forestieri vi giungevano per commerciare e fare affari, leciti e non; tanti pellegrini vi arrivavano ancora per imbarcarsi e raggiungere la Terra Santa, anche se in misura ridotta rispetto al secolo precedente e parecchi stranieri la sceglievano per turismo.

Nel 1565, proprio per “aiutare” i forestieri, era stata data alle stampe una vera e propria guida turistica, intitolata: “Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia”; chissà se a distanza di qualche decennio erano uscite nuove edizioni più aggiornate.

Proprio così; Venezia non incentivava solamente il turismo religioso o colto, non reclamizzava solamente le sue chiese che contenevano importanti reliquie di santi e beati, le sue bellezze architettoniche ed i suoi preziosi prodotti, ma anche la sua mondanità suddivisa tra feste religiose e laiche che occupavano una buona parte dell'anno ed il meretricio costituiva un importante corollario.

Poi c'erano sempre i “Tolomazi”, veri assistenti turistici che aiutavano gli stranieri a scegliere dove dormire, pranzare, fari acquisti.

La Serenissima ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti della propaganda, ne sono prova la diffusione di libri, quadri e stampe, nei quali ha comunicato alle masse, dentro e fuori dai propri confini, una profusione di argomenti che suscitassero curiosità e consenso. Un'azione incessante di marketing ante litteram, posta in opera per creare consenso intorno alla propria immagine, per indirizzare messaggi persuasivi e seducenti che riguardassero i propri ordinamenti politici e sociali, le proprie conquiste territoriali, la bontà ed esclusività dei propri prodotti.

Anche le numerose feste religiose e le cerimonie laiche che si svolgevano nell'arco dell'anno ed alle quali i Doge era obbligato a partecipare insieme ai maggiorenti della Repubblica, servivano per esaltare l'immagine che Venezia voleva infondere.

Libri, quadri, stampe, finanche le medaglie, ma non le monete, sebbene queste ultime, fin dall'antichità, abbiano svolto una non secondaria funzione di veicolo propagandistico.

Inutile cercare tra le monete di ordinaria emissione qualche soggetto che possa servire a questo scopo; lo sappiamo bene che in queste monete troveremo sempre raffigurate le medesime immagini: il leone marciano, il Doge, il Cristo, la Madonna, san Marco o santa Giustina, la Giustizia o la rappresentazione muliebre di Venezia; gira e rigira, pur modificando abbinamenti e rappresentazioni, le immagini sono sempre queste.

Bisogna spostare quindi la nostra attenzione sulle oselle ed è in queste particolari e periodiche emissioni, che troviamo qualche eccezione.

Non dobbiamo però pensare che queste siano state concepite effettivamente per comunicare alle persone la bellezza di Venezia in modo esclusivo; la rappresentazione di un luogo o di un soggetto veneziano è sempre secondario, è una rappresentazione scenica che accompagna un messaggio di altra natura, politica e/o economica, ovvero una importante ricorrenza.

Vediamole queste eccezioni.

Osella Sebastiano Venier 1577.jpeg

Sebastiano Venier Doge LXXXVI, 1577-1578. Osella anno I, 1577.

D:/ San Marco seduto in trono a s., benedice con la d. e porge con la s. il vessillo al Doge genuflesso che regge nella d. un ramo di palma, mentre un angelo alle sue spalle gli impone il corno dogale.

R:/ MAGNA DEI MISERICORDIA SVP N OS (Grande è la Misericordia del Signore sopra noi) Veduta di Venezia con imbarcazioni e galere alla fonda nel bacino; in alto, il Redentore con le braccia aperte.


In questa osella, si vuole ricordare la partecipazione del Doge alla battaglia navale di Lepanto, viene raffigurato con in mano un ramo di palma, portatore di pace, mentre l’ angelo gli impone il corno dogale a premio della vittoria conquistata.

Al Rovescio è evidente l’allusione alla peste che afflisse la città per due anni, la cui fine fu pubblicamente sancita il 21 luglio 1577. La legenda ha affinità con il passo dell'inno Te Deum Laudamus: «fiat misericordia Tua, Domine, super nos», che si riferisce alla fine del flagello.

La veduta prospettica a “volo d'uccello” di una porzione di Venezia non è particolarmente curata nei dettagli; l'incisore ha inserito giusto gli elementi che la caratterizzano, come le due colonne, il palazzo ducale con i suoi archi, la chiesa di San Marco con le sue cupole, il campanile, la torre dell'orologio con l'arco che immette nelle Mercerie e confusi tra le imbarcazioni in rada, si scorgono i fabbricati costituenti la Punta del Sale e la dogana per le merci che provenivano dal mare.

A sinistra del campanile si può anche osservare una grande cupola che mi è sconosciuta e che non sono stato in grado di identificare.

Segue ...

saluti

luciano

Potrebbe essere la Chiesa della Trinità che fu poi abbattuta per edificare S. Maria della Salute alla metà del '600?

 

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1 ora fa, Liutprand dice:

Potrebbe essere la Chiesa della Trinità che fu poi abbattuta per edificare S. Maria della Salute alla metà del '600?

Ciao!

La chiesa di S. Maria della Salute, edificata sulla precedente Chiesa della Trinità, si trova subito dopo la Punta del sale e della Dogana da Mar, quindi al di là del Canal Grande rispetto alla piazzetta; il cupolone che si vede nella moneta, dovrebbe essere dietro le procuratie .... nella parte che ho evidenziata qui sotto.

Immagine.png

Modificato da 417sonia
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Io inizialmente avevo pensato alla chiesa di San Geminiano, poi demolita quando Napoleone fece fare la cosiddetta ala che porta il suo nome (dove c'è l'entrata del Correr, per intenderci), però non ci siamo con l'architettura.

E se fosse solo un vezzo dell'incisore, a significare una chiesa ipotetica? Anche perchè non mi risultano, al 1577, molte chiese con cupole in città. Tutte quelle che ricordo, le più famose, sono successive.

Come ultima ipotesi, magari potrebbe essere un riferimento a San Pietro a Roma, una specie di omaggio al papa che ebbe un ruolo molto importante avendo istituito la Lega Santa proprio per questa battaglia?

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1 ora fa, gigetto13 dice:

Io inizialmente avevo pensato alla chiesa di San Geminiano, poi demolita quando Napoleone fece fare la cosiddetta ala che porta il suo nome (dove c'è l'entrata del Correr, per intenderci), però non ci siamo con l'architettura.

E se fosse solo un vezzo dell'incisore, a significare una chiesa ipotetica? Anche perchè non mi risultano, al 1577, molte chiese con cupole in città. Tutte quelle che ricordo, le più famose, sono successive.

Come ultima ipotesi, magari potrebbe essere un riferimento a San Pietro a Roma, una specie di omaggio al papa che ebbe un ruolo molto importante avendo istituito la Lega Santa proprio per questa battaglia?

Ciao!

Entrambe le ipotesi sono possibili; c'è da rire che la cupola è gigantesca e sproporzionata se la correliamo alle altre strutture riprodotte.

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Osella Marcantonio Giustinian 1684.jpeg

 

Marcantonio Giustinian Doge CVII, 1684-1688. Osella anno I, 1684.

D:/ San Marco seduto in trono a s., porge con la mano d. il vessillo sormontato da un a croce al Doge genuflesso.

R:/ DEO DVCTA DVCE (Condotta con la guida di Dio)

Veduta della Piazzetta di S. Marco a Venezia; in alto, un angelo, in volo verso s., regge il corno dogale e indica dei raggi di sole nel cielo. In primo piano tre galeoni alla fonda nel bacino.

Questa osella celebra l'elezione del Doge ed è un angelo, messaggero di Dio, che porta al Giustinian il corno dogale.

E' una ben altra rappresentazione della piazzetta, una precisa prospettiva di tutti i fabbricati che la delimitano, ben evidenti anche le colonne dei Santi Tòdaro e Marco ed i tre pili portabandiera posti di fronte alla Basilica, che rappresentano i regni di Cipro, Candia e della Morea; insieme alle galere ormeggiate offrono una degna scenografia al volo dell'angelo.

La medesima rappresentazione in un'osella d'oro da 4 zecchini, del peso di gr 13,89.

Osella Marcantonio Giustinian 1684 R oro.jpeg

Segue ...

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Quello che mi è sempre piaciuto di questa Osella è che è figurata. Infatti ci sono due personaggi che camminano conversando amichevolmente. Chissà chi erano questi due veneziani...

Arka

Diligite iustitiam

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Osella Francesco Loredan 1760.jpeg

Francesco Loredan Doge CXVI, 1752-1762. - Osella anno IX, 1760.

D:/ FRANC:LAVREDANI PRINC:MUNS A IX 1760 Prospetto della torre dell’Orologio in piazza San Marco.

R:/ ARTIUM STUDIORUMQ MATER ET ALTRIX (Madre e tutrice delle arti e delle scienze) Venezia con corno dogale, seduta su palchetto attorniata dai simboli delle arti figurative, pone la mano s. sulla testa del leone; all’esergo, G A S (Girolamo Antonio Soranzo).

Finalmente una moneta che raffigura uno degli elementi cospicui caratterizzanti piazza San Marco; la Torre dell'Orologio.

Questa osella, la prima ad essere coniata al torchio, non commemora però l'edificazione di questo manufatto, che fu costruito nel 1496, ma il restauro di talune sue parti strutturali e architettoniche, nonché del meccanismo, effettuato nel periodo dal 1755 al 1757.

segue ...

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Osella Alvise Mocenigo III 1724.jpg

Alvise Mocenigo III doge CXII, 1722-1732. Osella anno III, 1724.

D:/ S. Marco, seduto in trono a s., benedice con la mano d. e porge il vessillo con la s. al Doge genuflesso.

R:/ MELIOR EST SAPIENTIA QVAM VIRES (Meglio della forza è la saggezza). La Giustizia con corona radiata, bilancia e spada seduta di fronte su uno zoccolo a tre gradini; alla sua s. il leone di S. Marco accovacciato e alla sua d. uno scorcio di Piazza S. Marco. In esergo P ° A ° T (Pietro Anton Trevisan)

E' proprio uno scorcio, quello che si vede; possiamo riconoscere distintamente le colonne dei Santi Tòdaro e Marco, il campanile, i corpi di fabbrica della zecca e della biblioteca, sul fondo la torre dell'orologio ed anche (almeno mi sembrano) i tre pili portabandiera.

In questa osella, come ho scritto in premessa, la veduta di Venezia rappresenta quasi una quinta teatrale. L'immagine principale è la rappresentazione della Giustizia, perché - pare - in questa si vuole ricordare un episodio che, nel 1721, avrebbe potuto far scaturire un nuovo conflitto con i turchi.

Avvenne che l'equipaggio di una nave turca ancorata in laguna attaccò briga con dei veneziani, ne nacquero dei tafferugli che terminarono con l'incendio dell'imbarcazione. L'episodio fece enorme scalpore a Costantinopoli. Alla Repubblica fu chiesto di pagare un congruo risarcimento alle famiglie dei marinai morti negli scontri. Dopo lunghe trattative Venezia fu costretta a pagare 12.500 reali ed a liberare tutti gli schiavi turchi in territorio veneziano. La leggenda va così interpretata: una politica saggia vale più della potenza bellica.

 

Per finire inserisco l'osella che raffigura il Bucintoro.

Non c'è in questa osella una veduta di Venezia che faccia da sfondo, è il Bucintoro che si prende tutta la scena; d'altra parte è uno dei simboli precipui della Serenissima; il primo e più importante vascello della Repubblica; quello che, per antonomasia, identifica la sua potenza marittima.

E' una rappresentazione reale del vascello in navigazione, accompagnato da quattro gondole munite del “felze”.

 

Osella Bucintoro.jpeg

Alvise Mocenigo III Doge CXII, 1722-1732. Osella anno VI, 1727

D:/ S. Marco, seduto in trono a s., benedice con la mano d. e porge il vessillo con la s. al Doge genuflesso.

R:/ NON EST INVEN SIMILIS ILLI (Non si è inventato nulla di simile a quello) Il Bucintoro con dodici coppie di remi in navigazione verso s., accompagnato da quattro gondole; in alto, sole raggiante tra quattro nubi; all'esergo, P Q (Paolo Querini)

L'osella celebra la fabbricazione del nuovo ed ultimo Bucintoro. (Ricordo che il suo varo effettivo avvenne nel 1729 a 10 anni dalla commissione); imbarcazione che venne defraudata di tutti i suoi fregi ricoperti di foglia d'oro dai napoleonici ed adibita per qualche tempo a prigione e successivamente distrutta.

saluti

luciano

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  • 4 mesi dopo...

Buonasera, scusate la domanda. Vorrei sapere se le Oselle sono considerate medaglie o delle vere e proprie monete. Non mi riferisco alle prime Oselle, ma anche a quelle degli ultimi anni di coniazione. Grazie a chi mi vorrà aiutare

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Buona serata

Proprio così e non è raro trovare l'osella nelle grida per la determinazione dei cambi delle monete.

saluti

luciano

IMG.jpg

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