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Criteri rarità monete


kadesh

Risposte migliori

Buongiorno a tutti, apro questa discussione per avere un vostro parere in merito ai criteri che definiscono una moneta più o meno rara.

Ultimamente, mi sono avvicinato alla monetazione del Granducato di Toscana e proprio qui mi sono sorti dei dubbi. Faccio un esempio pratico per farmi capire meglio.

Prendiamo come esempio il 2 Paoli 1791 (o doppio Paolo) di Ferdinando III di Lorena.

Il Gigante 2021 riporta una tiratura di 22.380 esemplari ma lo definisce COMUNE.

Il Montenegro in mio possesso (ahimè del 2002) lo definisce R2.

Vedendo le aste passate, ad esempio la recente Bertolami di un mese fa, viene definito R3:

https://auctions.bertolamifinearts.com/it/lot/96204/firenze-ferdinando-iii-di-lorena-primo-/

riportando i seguenti riferimenti "CNI 4; Mont. 146".

Ora, assunto il fatto che sicuramente ogni casa d'asta nelle descrizioni utilizza i riferimenti di cataloghi che danno un più alto grado di rarità, probabilmente per rendere più interessante la moneta all'acquirente, mi chiedo, quali sono realmente i criteri che rendono una moneta C piuttosto che R3? 

La tiratura sembrerebbe essere un fattore molto marginale in questo caso. Subentra la presenza nelle aste? La richiesta da parte dei collezionisti? Meno richiesta è una moneta più assume un carattere di "comune"? (Cosa che personalmente reputo errata).

Come è possibile che ci sia una differenza così abissale tra i vari cataloghi? Non dovrebbero esserci dei criteri univoci sullo stabilire il grado di rarità?

Perdonate il papiro ma era per spiegarmi bene e capire la vostra opinione

Grazie a tutti

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E' una questione che si ripropone ciclicamente qui sul forum. L'idea di collegare la richiesta all'offerta non è sbagliata. Se una moneta coniata in 20.000 esemplari è richiesta da 22.000 collezionisti diventa rara perchè in 2000 dovranno aspettare che uno dei 20.000 la ceda. Così se è coniata in 1000 esemplari, ma interessa a 500, ci saranno 500 monete offerte. Se ne vorrai una basterà stendere la mano.

Tutto questo per dire che la rarità è data dalla facilità di reperimento. E ovviamente varia nel tempo. Dipende dalle dinamiche del mercato.

Poi la confusione viene aumentata dalle scale di rarità differenti. Normalmente usiamo quella fino a R5. Ma in passato si usava quella fino a R8. Da qui puoi trovare la stessa moneta segnata R4 o R7.

Personalmente, ma trovo pochi seguaci, sono per il massimo di rarità R3. Ma così la maggior parte delle monete diventerebbe C e solo pochissimi potrebbero dire ho un R2 in collezione... :unknw:

Arka

Diligite iustitiam

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9 minuti fa, Arka dice:

E' una questione che si ripropone ciclicamente qui sul forum. L'idea di collegare la richiesta all'offerta non è sbagliata. Se una moneta coniata in 20.000 esemplari è richiesta da 22.000 collezionisti diventa rara perchè in 2000 dovranno aspettare che uno dei 20.000 la ceda. Così se è coniata in 1000 esemplari, ma interessa a 500, ci saranno 500 monete offerte. Se ne vorrai una basterà stendere la mano.

Tutto questo per dire che la rarità è data dalla facilità di reperimento. E ovviamente varia nel tempo. Dipende dalle dinamiche del mercato.

Poi la confusione viene aumentata dalle scale di rarità differenti. Normalmente usiamo quella fino a R5. Ma in passato si usava quella fino a R8. Da qui puoi trovare la stessa moneta segnata R4 o R7.

Personalmente, ma trovo pochi seguaci, sono per il massimo di rarità R3. Ma così la maggior parte delle monete diventerebbe C e solo pochissimi potrebbero dire ho un R2 in collezione... :unknw:

Arka

Diligite iustitiam

Interessante come visione...

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Un altro parametro di rarita' puo' essere la presenza nelle collezioni. Se quasi tutti quelli che collezionano ad esempio il Granducato di Toscana hanno in collezione una certa moneta allora quella e' comune. E' un parametro piu' difficile da quantificare oggettivamente, ma chi e' nel giro, soprattutto delle collezioni specializzate, di solito riesce a valutarlo con buona approssimazione.

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Awards

Quello che ho notato (che nei cataloghi magari si può intuire dal prezzo indicato) è che ci può essere una “rarità” (o difficile reperibilità) per determinate conservazioni.

Esempio estremizzato giusto per rendere l’idea: moneta catalogata comune ma in alta conservazione (SPL o FDC) può essere R/R2/ecc.. O magari catalogata R ma in BB è più vicina a C.

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Innanzitutto grazie a tutti per le risposte!

@Arka il ragionamento che fai lo trovo giusto. Diciamo che in questo modo il carattere di rarità viene dato principalmente dalla richiesta. Per quanto riguarda il Granducato di Toscana effettivamente non è difficile trovare lotti invenduti nelle aste o aggiudicati al prezzo base. Probabilmente tutto sta nella scelta di quali parametri si vuole prendere in considerazione per stabilirne la rarità.

In questo modo però non si avrà mai un concetto di rarità oggettivo, ma varierà sempre in base ai parametri di riferimento.

@giulira anche questo ragionamento può aver senso, nell'ottica di visione della rarità come "un qualcosa difficilmente rinvenibile in una collezione". Meno è presente in una collezione più può essere considerato raro, anche se qui magari interviene il fattore prezzo, nel senso "non è presente nella mia collezione perché ha un prezzo troppo alto". Ed ho notato che non sempre la rarità va a braccetto con il prezzo.

 

@dancab anche ciò che dici è vero! Ci sono alcune monete, segnalate anche sul Gigante (ora non ricordo di preciso quali) alle quali viene attribuita una rarità maggiore se in alta conservazione, probabilmente perché più difficili da reperire in quello stato.

Ciò che secondo me è sbagliato, sta nel non avere un metro di misura unico. Vedere definito un 2 Paoli del 1791 sul catalogo Gigante 2021 "comune" e vedere la stessa moneta, sul Montenegro definita come R3, beh c'è un salto enorme! È un qualcosa di fuorviante. Si ha in mano una moneta rara o no?

Questo significa che in realtà va preso con le pinze anche il grado di rarità attribuito sui cataloghi.

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La presenza nelle collezioni pure non è oggettiva in assoluto. Mi piace sempre portare ad esempio una moneta di Aquileia con la fenice su pira. Il RIC la dà comune, io personalmente in 30 anni ne ho vista una sola. Interessatomi alla cosa l'editore mi ha detto che il criterio per la rarità adottato fu soprattutto quello della presenza nelle collezioni pubbliche. E al Kunsthistorische Museum di Vienna ne hanno 70.

Lo stesso dicasi per il prezzo. Ho ben presente monete molto care, ma che compaiono in tutte le aste. Rare? No, care e basta.

Credo quindi che ognuno debba farsi da solo un'idea della rarità nel proprio settore di interesse.

Arka

Diligite iustitiam

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Ciao, le monete del Granducato di Toscana sono tutte rare, ne sono arrivate sino a noi non molte, adesso te prendi in questione i Lorena periodo che io ad esempio non faccio perchè amo quello precedente..

Però conosco persone che hanno grandissima esperienza pure di quel periodo da tantissimi anni.

Come consiglio posso dirti di guardare quanti 2 paoli 1791 sono passati su aste negli ultimi 10/15 anni e segnarti il numero, poi se hai i passaggi precedenti e quindi una bibliografia immensa arriveraì a un numero molto preciso, oltre a quelle in collezione privata.

Faccio un esempio esempio se di codesta moneta ne sono arrivate da passaggi in asta e in collezioni private 30 pezzi come la definiresti? Comune? Rara? O almeno un R2/ R3?

Questo è il parametro da seguire, se non ricordo male della monetazione in argento dei Lorena (10 paoli,5paoli e 2 paoli se non erro) arrivate sino a noi siamo intorno per tutte le date ai 2000 pezzi più o meno..fatti te un idea.

Comunque ci sono persone con grande esperienza che sanno sicuramente darti una risposta più precisa.

Saluti

Fofo

 

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5 ore fa, fofo dice:

Ciao, le monete del Granducato di Toscana sono tutte rare, ne sono arrivate sino a noi non molte, adesso te prendi in questione i Lorena periodo che io ad esempio non faccio perchè amo quello precedente..

Però conosco persone che hanno grandissima esperienza pure di quel periodo da tantissimi anni.

Come consiglio posso dirti di guardare quanti 2 paoli 1791 sono passati su aste negli ultimi 10/15 anni e segnarti il numero, poi se hai i passaggi precedenti e quindi una bibliografia immensa arriveraì a un numero molto preciso, oltre a quelle in collezione privata.

Faccio un esempio esempio se di codesta moneta ne sono arrivate da passaggi in asta e in collezioni private 30 pezzi come la definiresti? Comune? Rara? O almeno un R2/ R3?

Questo è il parametro da seguire, se non ricordo male della monetazione in argento dei Lorena (10 paoli,5paoli e 2 paoli se non erro) arrivate sino a noi siamo intorno per tutte le date ai 2000 pezzi più o meno..fatti te un idea.

Comunque ci sono persone con grande esperienza che sanno sicuramente darti una risposta più precisa.

Saluti

Fofo

 

Grazie della risposta @fofo! Diciamo che secondo me dipende dal parametro che uno prende in considerazione. Se si prende la tiratura, sarebbe anche necessario comprendere "di tot mila pezzi coniati, quanti realmente sono arrivati fino a noi?"

La Treccani dà due definizioni di rarità e sulle quali secondo me può basarsi il criterio da prendere in considerazione:

1) RARITÀ: "La condizione e la caratteristica di essere difficile a trovarsi, e di conseguenza di essere particolarmente richiesto e ricercato".

Per quanto riguarda la metodologia di basarsi sui passaggi avuti in asta (anche se in realtà non sempre una moneta difficile da trovare in asta è per forza particolarmente ricercata).

2) RARITÀ: "Oggetto (soprattutto d’arte o da collezione) raro, difficile a trovarsi in quanto ne esiste o ne è disponibile solo un numero limitato di esemplari".

Per quanto riguarda la metodologia di basarsi unicamente sulla tiratura, o meglio, sugli esemplari realmente arrivati fino ai nostri giorni.

Non saprei quale possa essere la più corretta.

Modificato da kadesh
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Ci sono alcune regolette generali che possono aiutare in questo marasma: la prima e' sicuramente la legge di Grisham: la buona moneta scacciata viene di solito accumulata e quindi, in futuro, e' probabile che ne vengano fuori di piu', poi la questione prezzo: moneta comune non vuol dire moneta economica. Pero' la moneta costosa e' di per se  meno comune, perche' meno persone se la possono permettere. Quindi nella rarita' c'e' anche molto aspetto economico. In teoria il prezzo riflette la scarsita', ma nel caso delle monete il mercato e' lontano dall'essere 'ideale', e' pieno di stranezze ed inefficenze. Va valutato caso per caso. Fondamentale e' quindi l'informazione dettagliata su ogni moneta, per valutare la rarita'.

Modificato da giulira
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Awards

Dal sito del Catalogo Gigante, copio-incollo quanto riportano sulla tematica rarità, se serve per dare una risposta, sommaria, alla domanda del primo post:

Cita

Date le varie vicissitudini storiche (dispersioni, ritiri dalla circolazione, rifusioni, tesaurizzazioni ecc.), può capitare che monete coniate in numero elevato siano diventate più rare di altre monete coniate in numero considerevolmente minore. Le rarità indicate nel catalogo sono riferite alla reperibilità generica delle monete. Conservazioni particolarmente alte possono cambiare, come dimostrano le valutazioni, le rarità delle monete.


Personalmente, con il tempo, mi sono fatto un po’ l’occhio girando per i siti di aste e per il web in generale sui passaggi di determinate monete. Non è sicuramente una scienza esatta, ma almeno mi dà un’indicazione di massima a supporto di quanto riportato nel catalogo. Ci sono diverse variabili, difficile dare stime precise sempre e comunque.

Per fare un esempio, ho cercato, non molto tempo fa, una moneta che mi interessava catalogata C, ho fatto decisamente molto più fatica trovarla (anche in conservazioni basse) rispetto ad altre comuni.

Quindi, per riassumere, nel mio ristretto campo hobby/collezione, la rarità espressa nel catalogo la considero un’indicazione di massima che cerco di completare con ricerche specifiche.

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3 ore fa, kadesh dice:

Grazie della risposta @fofo! Diciamo che secondo me dipende dal parametro che uno prende in considerazione. Se si prende la tiratura, sarebbe anche necessario comprendere "di tot mila pezzi coniati, quanti realmente sono arrivati fino a noi?"

La Treccani dà due definizioni di rarità e sulle quali secondo me può basarsi il criterio da prendere in considerazione:

1) RARITÀ: "La condizione e la caratteristica di essere difficile a trovarsi, e di conseguenza di essere particolarmente richiesto e ricercato".

Per quanto riguarda la metodologia di basarsi sui passaggi avuti in asta (anche se in realtà non sempre una moneta difficile da trovare in asta è per forza particolarmente ricercata).

2) RARITÀ: "Oggetto (soprattutto d’arte o da collezione) raro, difficile a trovarsi in quanto ne esiste o ne è disponibile solo un numero limitato di esemplari".

Per quanto riguarda la metodologia di basarsi unicamente sulla tiratura, o meglio, sugli esemplari realmente arrivati fino ai nostri giorni.

Non saprei quale possa essere la più corretta.

Ciao, concordo con le tue ricerche, ma come ti indicavo non sta in quante persone cercano tale moneta la ricerca che ti indicavo, ma in quante monete effettivamente sono arrivate sino a noi.

Non sono monete del regno che ad esempio un 5 lire 1914 in un asta bolaffi ve ne erano 5.. quelle sono monete che si trovano..

Ci sono monete in queste nicchie che anche avendoci i soldi non ci sono, non sono arrivate a noi..

La cosa è diversa..

Altre ne sono arrivate 4/5 pezzi..

Altro esempio del regno 5 lire 1901 se non erro sono state fatte più di 100 esemplari..bene vi sono tutte.

Non so se rendo l'idea di quel che ti ho spiegato con gli esempi.

 

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  • 3 mesi dopo...

Permettetemi di ricondurre il tutto alla matrice logico-linguistica alla base del concetto di rarità.

I validi ragionamenti svolti finora non sono altro che una serie di declinazioni di un'unica idea. Raro, come già riportato, è qualcosa di non facile reperibilità (in un determinato lasso di tempo e spazio). A questo dovrebbero badare secondo me i cataloghi. Che poi il soggetto dell'azione del reperimento sia il collezionista privato, sia high che low spender, oppure l'istituzione pubblica, questo deve essere ininfluente. Una cosa difficilmente disponibile è tale sia per il ricco che per il povero, solo che il ricco ha comunque i mezzi per arrivare in qualche modo all'oggetto raro, il povero no. 100 lire in Acmonital del 1978 sono facili da reperire sia per il ricco che per il povero, solo che il povero deve soddisfare altre esigenze. 100 lire in Acmonital del 1978 saranno più facilmente reperibili a Novara come a Enna piuttosto che a Bergen o Brisbane. Il fatto poi che una moneta la si trovi solo in collezioni pubbliche e private importanti o in tutte le collezioni di basso valore economico è fondamentalmente una conseguenza della facile o difficile reperibilità della moneta. Dirla al contrario, cioè che la presenza in certe collezioni è criterio di rarità o meno, è un'inversione logica. Non posso partire dalla fine (l'arrivo di quella moneta in collezione) per giustificare una qualità preliminare dell'oggetto. E tuttavia posso dire che quella data banconota rientra potenzialmente in tutte le collezioni, comprese quelle private di piccolo calibro, in virtù della sua facile reperibilità.

Il concetto di facile o difficile reperibilità in un determinato spaziotempo tiene insieme tutto ciò che è stato detto: la tiratura ufficiale, il numero dei superstiti, i passaggi commerciali, la domanda e l'offerta e tutto il resto. Non posso secondo me in alcun modo prendermela con l'editore che mi cambia un C in R da un anno all'altro. D'altronde, come già discusso, è inevitabilmente ciò che succederà qualora si decidesse di alienare e immettere sul mercato nella loro interezza i famigerati sacchetti e secchielli della nota 56: l'R4 diventerà R3 nel giro di una vuotata.

Ulteriore passaggio è inoltre la determinazione della rarità di una moneta nel suo specifico stato conservativo. Le 100 del 1978 saranno CC per le conservazioni BB e solo C-NC per le conservazioni FDC.

Personalmente ritengo poi importante il fatto che il grado di rarità assegnato a un certo pezzo di una determinata monetazione debba essere paragonabile, diacronicamente e sincronicamente, al grado di rarità assegnato a tal'altro pezzo di quell'altra  monetazione. Coinvolgo qui l'ottimo @Gallienus che altrove, riconducendo il concetto di rarità alla presenza nelle collezione, e quindi in contrapposizione con quanto sto affermando io qui, scrive:

"Certo è che non si possono confrontare le rarità di monetazioni preunitarie - specie se un po' di nicchia come quella del Lombardo-Veneto - con quelle del Regno, siamo su ordini di grandezza totalmente differenti."

(Ho estrapolato tali parole da una discussione sulle Lire Austriache del Lombardo-Veneto)

Quindi i gradi di rarità di una preunitaria non sono commisurabili ai gradi di rarità di V.E. III? Ma allora dovremmo postulare l'esistenza di diverse scale di rarità, che però evidentemente non esistono. Se esistessero, avremmo una moltiplicazione interpretativa piuttosto deleteria del concetto di rarità.

Io credo che la determinazione dei gradi di rarità di una moneta del I sec. a.C. debba necessariamente essere ricondotta agli stessi criteri di determinazione dei gradi di rarità di una moneta del 1925 o del 1978. Ne consegue che se assegno alle 100 lire Minerva del 1978 un grado di CC, non posso assegnare a un denario di Aemilius Lepidus Paullus tipo CONCORDIA un grado di C. Quest'ultimo non ha la stessa facilità di reperibilità delle 100 lire del '78.

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2 ore fa, sdy82 dice:

Permettetemi di ricondurre il tutto alla matrice logico-linguistica alla base del concetto di rarità.

I validi ragionamenti svolti finora non sono altro che una serie di declinazioni di un'unica idea. Raro, come già riportato, è qualcosa di non facile reperibilità (in un determinato lasso di tempo e spazio). A questo dovrebbero badare secondo me i cataloghi. Che poi il soggetto dell'azione del reperimento sia il collezionista privato, sia high che low spender, oppure l'istituzione pubblica, questo deve essere ininfluente. Una cosa difficilmente disponibile è tale sia per il ricco che per il povero, solo che il ricco ha comunque i mezzi per arrivare in qualche modo all'oggetto raro, il povero no. 100 lire in Acmonital del 1978 sono facili da reperire sia per il ricco che per il povero, solo che il povero deve soddisfare altre esigenze. 100 lire in Acmonital del 1978 saranno più facilmente reperibili a Novara come a Enna piuttosto che a Bergen o Brisbane. Il fatto poi che una moneta la si trovi solo in collezioni pubbliche e private importanti o in tutte le collezioni di basso valore economico è fondamentalmente una conseguenza della facile o difficile reperibilità della moneta. Dirla al contrario, cioè che la presenza in certe collezioni è criterio di rarità o meno, è un'inversione logica. Non posso partire dalla fine (l'arrivo di quella moneta in collezione) per giustificare una qualità preliminare dell'oggetto. E tuttavia posso dire che quella data banconota rientra potenzialmente in tutte le collezioni, comprese quelle private di piccolo calibro, in virtù della sua facile reperibilità.

Il concetto di facile o difficile reperibilità in un determinato spaziotempo tiene insieme tutto ciò che è stato detto: la tiratura ufficiale, il numero dei superstiti, i passaggi commerciali, la domanda e l'offerta e tutto il resto. Non posso secondo me in alcun modo prendermela con l'editore che mi cambia un C in R da un anno all'altro. D'altronde, come già discusso, è inevitabilmente ciò che succederà qualora si decidesse di alienare e immettere sul mercato nella loro interezza i famigerati sacchetti e secchielli della nota 56: l'R4 diventerà R3 nel giro di una vuotata.

Ulteriore passaggio è inoltre la determinazione della rarità di una moneta nel suo specifico stato conservativo. Le 100 del 1978 saranno CC per le conservazioni BB e solo C-NC per le conservazioni FDC.

Personalmente ritengo poi importante il fatto che il grado di rarità assegnato a un certo pezzo di una determinata monetazione debba essere paragonabile, diacronicamente e sincronicamente, al grado di rarità assegnato a tal'altro pezzo di quell'altra  monetazione. Coinvolgo qui l'ottimo @Gallienus che altrove, riconducendo il concetto di rarità alla presenza nelle collezione, e quindi in contrapposizione con quanto sto affermando io qui, scrive:

"Certo è che non si possono confrontare le rarità di monetazioni preunitarie - specie se un po' di nicchia come quella del Lombardo-Veneto - con quelle del Regno, siamo su ordini di grandezza totalmente differenti."

(Ho estrapolato tali parole da una discussione sulle Lire Austriache del Lombardo-Veneto)

Quindi i gradi di rarità di una preunitaria non sono commisurabili ai gradi di rarità di V.E. III? Ma allora dovremmo postulare l'esistenza di diverse scale di rarità, che però evidentemente non esistono. Se esistessero, avremmo una moltiplicazione interpretativa piuttosto deleteria del concetto di rarità.

Io credo che la determinazione dei gradi di rarità di una moneta del I sec. a.C. debba necessariamente essere ricondotta agli stessi criteri di determinazione dei gradi di rarità di una moneta del 1925 o del 1978. Ne consegue che se assegno alle 100 lire Minerva del 1978 un grado di CC, non posso assegnare a un denario di Aemilius Lepidus Paullus tipo CONCORDIA un grado di C. Quest'ultimo non ha la stessa facilità di reperibilità delle 100 lire del '78.

Se le cose stessero come dici tu, il 99% delle monete del regno o della repubblica sarebbero CC, in quanto tutte estremamente più reperibili rispetto, che so, a una qualsiasi moneta etrusca o di un piccolo comune medievale. Però a quel punto la rarità diventerebbe del tutto slegata dalla valutazione di mercato, perché il 5 lire quadriga del '14, per quanto CC in quanto disponibile in migliaia di esemplari, continuerebbe a valere migliaia di euro, mentre i denari di un piccolo comune medievale, davvero rari e noti in un numero di esemplari che si conta sulle dita delle mani, varrebbero pochi euro. 

Il tuo discorso sarebbe valido se le monete non fossero oggetto di collezionismo, e avrebbe senso allora considerare unicamente il numero di esemplari esistenti; ma così non è, non si può valutare la rarità di un oggetto da collezione a prescindere dal mercato.

E' rara una moneta i cui possessori sono in numero ristretto rispetto a coloro che la desiderano: dunque il 10 lire 1930 del Regno sarà raro perché tutti lo collezionano, mentre il 10 lire 1930 del Vaticano, per quanto molto meno reperibile del primo, sarà comune, perché poco ricercato.

Modificato da Gallienus
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4 ore fa, Gallienus dice:

Se le cose stessero come dici tu, il 99% delle monete del regno o della repubblica sarebbero CC, in quanto tutte estremamente più reperibili rispetto, che so, a una qualsiasi moneta etrusca o di un piccolo comune medievale. Però a quel punto la rarità diventerebbe del tutto slegata dalla valutazione di mercato, perché il 5 lire quadriga del '14, per quanto CC in quanto disponibile in migliaia di esemplari, continuerebbe a valere migliaia di euro, mentre i denari di un piccolo comune medievale, davvero rari e noti in un numero di esemplari che si conta sulle dita delle mani, varrebbero pochi euro. 

Il tuo discorso sarebbe valido se le monete non fossero oggetto di collezionismo, e avrebbe senso allora considerare unicamente il numero di esemplari esistenti; ma così non è, non si può valutare la rarità di un oggetto da collezione a prescindere dal mercato.

E' rara una moneta i cui possessori sono in numero ristretto rispetto a coloro che la desiderano: dunque il 10 lire 1930 del Regno sarà raro perché tutti lo collezionano, mentre il 10 lire 1930 del Vaticano, per quanto molto meno reperibile del primo, sarà comune, perché poco ricercato.

Scusami ma penso che, con tutto il rispetto e la considerazione per ogni opinione, proprio non si possa essere d'accordo con questa visione e idea di rarità.

La rarità a mia parere è sempre legata ad un valore assoluto (inteso come numero); il valore commerciale è condizionato dal mercato e quindi dalla disponibilità per un eventuale nuovo compratore. Penso infatti, come scrivi tu considerandolo un assurdo, che regno e repubblica siano al 99,9% monete molto comuni, e infatti, se cacci i soldi, tanti soldi, una qualsiasi moneta te la portano fino a casa (provare per credere... ovviamente, salvo pochissime eccezioni).

Tornando a quello che io considero come reale parametro della rarità: il reale numero di esemplari conosciuti come esistenti... e per partire da un esempio facile, facile...

Un pezzo unico è di assoluta rarità... è unico, ce n'è uno solo, è riportato in letteratura e non ci sono dubbi, Uno è uno e basta... che sia un esemplare del dollaro 1794 capelli fluenti o un quattrino di Reggio Emilia per Ercole II... la cui rarità e ben misurabile in senso assoluto. Il valore? il dollaro è valutato 11 milioni di dollari, il quattrino forse qualche centinaio di euro... La differenza? Il mercato, il numero di collezionisti  disposti a cacciare soldi... ergo? Identica rarità valutazione con differenze a 5 zeri.

A mio parere la rarità non può prescindere quindi dal numero di esemplari conosciuti: Unico = 1; R5 = < di 5 esemplari conosciuti; 5<R4<10; etc. 

Il prezzo lo fa il mercato, la speculazione, la disponibilità economica del mercato di riferimento, la reale disponibilità di esemplari sul mercato...

Riallacciandomi ad un esempio fatto  sopra... se di una moneta se ne conoscono 20000 esemplari e ci sono 21000 collezionisti... 1000 sono senza. Ma se uno dei 1000 offre 1,5 volte, 2 volte, 3 volte il prezzo di mercato... si trova davanti a casa la fila di gente che gli vende il proprio esemplare... (fra 20000 un centinaio che la cede si trova...)

provate a fare lo stesso per il marchesano ferrarese per Lionello d'Este (3 esemplari conosciuti, 1 esemplare in mani private) o per la terlina di Parma per Francesco Sforza (idem come sopra), potete lasciare la porta di casa aperta e offrire un rinfresco, non si presenterà nessuno.

Ultima considerazione... legare la rarità ad un concetto di mera valutazione economico/speculativa (slegandolo dal reale numero assoluto di esemplari conosciuti) potrebbe esporre allo stesso rischio di collasso già vissuto dal mercato filatelico... Oggi intere collezioni si acquistano a un terzo del valore facciale e le rarità sono andate a farsi friggere come reale disponibilità e come valutazioni di mercato... 

Ovviamente, anche le mie sono solo opinioni personali, opinabili e, oggi, decisamente controcorrente... ma è estate, sono in ferie, ho fatto la seconda dose di vaccino, e per una volta esprimo semplici opinioni... senza note bibliografiche o pezze d'appoggio ?.

buona estate a tutti

Mario

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30 minuti fa, mariov60 dice:

Scusami ma penso che, con tutto il rispetto e la considerazione per ogni opinione, proprio non si possa essere d'accordo con questa visione e idea di rarità.

La rarità a mia parere è sempre legata ad un valore assoluto (inteso come numero); il valore commerciale è condizionato dal mercato e quindi dalla disponibilità per un eventuale nuovo compratore. Penso infatti, come scrivi tu considerandolo un assurdo, che regno e repubblica siano al 99,9% monete molto comuni, e infatti, se cacci i soldi, tanti soldi, una qualsiasi moneta te la portano fino a casa (provare per credere... ovviamente, salvo pochissime eccezioni).

Tornando a quello che io considero come reale parametro della rarità: il reale numero di esemplari conosciuti come esistenti... e per partire da un esempio facile, facile...

Un pezzo unico è di assoluta rarità... è unico, ce n'è uno solo, è riportato in letteratura e non ci sono dubbi, Uno è uno e basta... che sia un esemplare del dollaro 1794 capelli fluenti o un quattrino di Reggio Emilia per Ercole II... la cui rarità e ben misurabile in senso assoluto. Il valore? il dollaro è valutato 11 milioni di dollari, il quattrino forse qualche centinaio di euro... La differenza? Il mercato, il numero di collezionisti  disposti a cacciare soldi... ergo? Identica rarità valutazione con differenze a 5 zeri.

A mio parere la rarità non può prescindere quindi dal numero di esemplari conosciuti: Unico = 1; R5 = < di 5 esemplari conosciuti; 5<R4<10; etc. 

Il prezzo lo fa il mercato, la speculazione, la disponibilità economica del mercato di riferimento, la reale disponibilità di esemplari sul mercato...

Riallacciandomi ad un esempio fatto  sopra... se di una moneta se ne conoscono 20000 esemplari e ci sono 21000 collezionisti... 1000 sono senza. Ma se uno dei 1000 offre 1,5 volte, 2 volte, 3 volte il prezzo di mercato... si trova davanti a casa la fila di gente che gli vende il proprio esemplare... (fra 20000 un centinaio che la cede si trova...)

provate a fare lo stesso per il marchesano ferrarese per Lionello d'Este (3 esemplari conosciuti, 1 esemplare in mani private) o per la terlina di Parma per Francesco Sforza (idem come sopra), potete lasciare la porta di casa aperta e offrire un rinfresco, non si presenterà nessuno.

Ultima considerazione... legare la rarità ad un concetto di mera valutazione economico/speculativa (slegandolo dal reale numero assoluto di esemplari conosciuti) potrebbe esporre allo stesso rischio di collasso già vissuto dal mercato filatelico... Oggi intere collezioni si acquistano a un terzo del valore facciale e le rarità sono andate a farsi friggere come reale disponibilità e come valutazioni di mercato... 

Ovviamente, anche le mie sono solo opinioni personali, opinabili e, oggi, decisamente controcorrente... ma è estate, sono in ferie, ho fatto la seconda dose di vaccino, e per una volta esprimo semplici opinioni... senza note bibliografiche o pezze d'appoggio ?.

buona estate a tutti

Mario

Ciao Mario

La vedo anche io cosí,saluti

Riccardo

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Cari amici e amiche,

Vorrei intervenisse un Ludwig Wittgenstein (?) col suo Tractatus logicus-philosophicus a definire i limiti della parola "rarità", ma così non sarà ?, quindi dobbiamo cavarcela da soli.

7 ore fa, Gallienus dice:

Se le cose stessero come dici tu, il 99% delle monete del regno o della repubblica sarebbero CC, in quanto tutte estremamente più reperibili rispetto, che so, a una qualsiasi moneta etrusca o di un piccolo comune medievale.

Non capisco come da ciò che io ho affermato possa conseguire necessariamente che il 99% delle lire repubblicane e monarchiche siano CC. Se un 20 cent IMPERO data comune si trova (ipotizziamo) in 1/20 di tutte le case italiane, tante altre monete più o meno coeve ad essa non vi si trovano, proprio come (parlo adducendo esempi a me vicini) non è facile trovare un follaro gaetano del XII sec. nelle case del comune di Gaeta.

7 ore fa, Gallienus dice:

Però a quel punto la rarità diventerebbe del tutto slegata dalla valutazione di mercato, perché il 5 lire quadriga del '14, per quanto CC in quanto disponibile in migliaia di esemplari, continuerebbe a valere migliaia di euro, mentre i denari di un piccolo comune medievale, davvero rari e noti in un numero di esemplari che si conta sulle dita delle mani, varrebbero pochi euro. 

Ti chiedo scusa, ma faccio fatica a capire il tuo ragionamento. Mi sembra si basi su ragionamenti viziati a monte. Mi spiego. Non direi mai che lo scudo del '14 è comune proprio per il fatto che non mi sembra sia nella realtà così disponibile (esistono già altre discussioni sulle alte tirature e sulla rarità del pezzo, e non intendo pertanto discuterne oltre, se non funzionalmente alla discussione che siamo trattando). Entro in punta di piedi su tale argomento perché, onestamente parlando, non sono così ferrato, però mi sentirei di dire che non  sono migliaia i pezzi di quella tipologia a circolare (scambi, compravendite, scoperte fortuite, immissioni postume) annualmente in Italia nel circuito collezionistico. E quindi direi che, stranamente quanto volete, la quadriga del '14 da 5 lire è un pezzo raro.

 

7 ore fa, Gallienus dice:

non si può valutare la rarità di un oggetto da collezione a prescindere dal mercato.

Sono assolutamente d'accordo. Credevo si capisse da quanto ho scritto in precedenza.

 

2 ore fa, mariov60 dice:

Scusami ma penso che, con tutto il rispetto e la considerazione per ogni opinione, proprio non si possa essere d'accordo con questa visione e idea di rarità.

La rarità a mia parere è sempre legata ad un valore assoluto (inteso come numero)

Faccio un po' di fatica (e magari la colpa è solo mia) a seguire il ragionamento di Gallienus, tuttavia non credo che la rarità possa essere considerata un valore assoluto, proprio perché secondo me essa è quantificabile solo in uno spazio geografico e temporale determinato. Se vuoto sacchi di monete preziose prima sconosciuti e immetto nel mercato il contenuto di quei sacchi, una certa moneta sarà divenuta più reperibile di quanto lo fosse in precedenza (a prescindere dalle variazioni di prezzo che obbediscono al giuoco di domanda & offerta).

Usciremo mai dall'aporia che questa discussione ha creato? ???

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1 ora fa, sdy82 dice:

Usciremo mai dall'aporia che questa discussione ha creato?

aporia :

 

sostantivo femminile
Problema le cui possibilità di soluzione risultano annullate in partenza dalla contraddizione.
 
Non ricordo di aver mai udito questa parola. Vogliamo classificarla R 5 ?
:hi:
 
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Credo che sia meglio che io smetta di postare alle quattro di notte, visto che evidentemente - forse il mio amico Porto "Dona Antonia" è complice - non risulto cristallino nell'esposizione.

La questione rarità è certo dibattuta, in molte salse: quella più "recente" riguarda la distinzione (a mio parere inopportuna) di diversi gradi di rarità sulla base dello stato di conservazione. 

Quello che è certo è che la rarità NON POSSA essere intesa come valore assoluto, in quanto - come ogni categoria - necessita di un parametro di riferimento. Chiaramente se parliamo di pochi esemplari il discorso è semplice: un pezzo unico è unico indipendentemente dalla scala, e avrà in ogni caso il massimo grado di rarità: R5, R7, R10, U o quel che è a seconda delle scelte del catalogatore. Ma una moneta di cui esistono 1000 pezzi? Qui servono dei punti di riferimento, perché se chiediamo a un collezionista di denari medievali la moneta sarà considerata comune, se chiediamo a un collezionista di romane non comune, se passiamo alle preunitarie sarà rara, se al regno rarissima, se poi parliamo di euro sarà giudicata estremamente rara. Non siete d'accordo? Liberi di pensarla diversamente ma i cataloghi (e i collezionisti in riferimento al proprio specifico campo di interesse) ragionano in questo modo. Che poi dal punto di vista scientifico - o per meglio dire extra-commerciale) possa essere sconcertante considerare più raro un 2 euro Grace Kelly di una piastra di Sede Vacante del 1669 è un'altra storia. Ma una ipotetica valutazione di rarità assoluta come la propone l'ottimo @mariov60, che ragiona da studioso antichista, mentre io sono un apostata, non avrebbe alcuna utilità per i collezionisti di settore: se io collezionassi (per assurdo) euro, che m'importerebbe di sapere che TUTTI gli euro sono comuni, perché il parametro di riferimento è legato, che so, ai denari della zecca di Antegnate? A me interesserebbe sapere che il 2 euro Grace Kelly è rarissimo, il 5 euro sede vacante 2006 è solo raro, e così via.

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L'importante è capire il concetto di rarità, il resto è solo un discorso di mercato..anche un elettrodomestico può diventare difficile da trovare in un negozio se la domanda dei clienti è stata eccessiva, ma basta ordinarla che pochi giorni dopo o settimane magicamente arriva.

Non so se rendo l'idea di vero concetto di raritá tra una moneta che vi è ma è apprezzata da molti (ne sono conosciuti moltissimi esemplari) e quindi ambita, da una (rara) che alcuni vorrebbero ma non sono arrivate a noi o se ne conoscono da 1 a 5 esemplari per esempio massimo di raritá.

Saluti

Estivi

Fofo

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5 ore fa, Gallienus dice:

Credo che sia meglio che io smetta di postare alle quattro di notte, visto che evidentemente - forse il mio amico Porto "Dona Antonia" è complice - non risulto cristallino nell'esposizione.

Grande Gallienus! In vino veritas (numorum). ?

Modificato da sdy82
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Il 27/4/2021 alle 09:25, kadesh dice:

quali sono realmente i criteri che rendono una moneta C piuttosto che R3? 

Questa mi sembra essere la domanda principe del discorso inaugurato qualche mese fa.

Proviamo, se vi va, a dimenticarci di cosa (legittimamente) fanno i cataloghi e cerchiamo di stabilire noi ciò che @Gallienus chiama "parametri di riferimento".

Io ho già detto che non posso considerare parametro di riferimento la presenza o meno nelle collezioni. La rarità è un concetto che necessariamente, dal punto di vista logico-deduttivo, preesiste all'arrivo in collezione. Neanche le leggi di mercato possono essere costitutive del concetto di rarità, come dimostrato da altri. Anzi, è spesso (non sempre) il preesistente concetto di rarità che influenza i prezzi all'interno del circolo domanda-offerta.

 

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Come ha giustamente osservato qualcuno rarità e valore commerciale sono due concetti distinti.

Una moneta ( o un orologio) rarissima conosciuta in un unico esemplare, può avere un valore commerciale molto basso e  viceversa.

La rarità è in relazione agli esemplari conosciuti, il valore commerciale è in relazione alla domanda di mercato, sono due concetti profondamente diversi...

In ultimo per quanto riguarda il 5 lire del 1914, non è una moneta rara, è una moneta che ha mercato, se uno ha i soldi la compra, si trova tranquillamente.

È un po' come per i Rolex, non sono affatto orologi rari, sono orologi di moda e la gente è disposta a spendere tanti soldi per comprarli, credendo di fare affari...

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2 ore fa, Sirlad dice:

In ultimo per quanto riguarda il 5 lire del 1914, non è una moneta rara

Dovete spiegarlo a Gigante, Montenegro e a tutti gli altri compilatori di cataloghi del mondo però che non è vero che le monete che loro definiscono rare lo siano. A me sembra che alcuni qui si fossilizzino sulla "legge morale dentro di sé" e non vogliano riconoscere quello che è l'uso reale della terminologia in numismatica. Allora mettiamo in discussione anche i nomi degli stati di conservazione, visto che una monete in conservazione "bella" in realtà è brutta :D 

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