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IGNORED

Denario Gens Veturia; 137 a.C.


Aristarco

Risposte migliori

La mia prima moneta repubblicana :) Presa oggi-

 

TIPO DI MONETA

Denario

METALLO

Argento

TECNICA

Coniazione

AUTORITA’ / PERSONAGGIO / FAMIGLIA

Gens Veturia

EPOCA

Roma Repubblicana

ANNO

137 a.C.

ZECCA

Roma

DIAMETRO

19,93 mm

PESO

3,92 gr

RIFERIMENTI BIBL.

CRAW. 234/1 ; Bab. 1 ; Syd 527

DRITTO

Busto galeato del dio Marte a destra

VERSO

Due guerrieri stanti giurano sopra ad un maialino tenuto in braccio da un terzo guerriero

CONSERVAZIONE E GRADO DI RARITA’

qSPL / rarità: 20/100

PROVENIENZA (Collezioni / aste)

Ex Gadoury

 

 

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G E N S  V E T U R I A

La Gens Veturia viene citata da Tito Livio come appartenente ad una delle cento antiche famiglie patrizie romane; por avendo alcuni rami plebei. Tuttavia il cognome più antico sembra essere stato Cicurinus (secondo Varrone). Anche Theodor Mommsen cita questa famiglia come una delle famiglie romane più antiche, che diede il proprio nome ad una delle Tribù Rustiche: la Veturia. Questa Tribù era proprietaria di quattro territori: Cere, Ostia, Bergomum e Piacenza. Lo stesso aggettivo “vetus” indica “antico”.

Forse questa gens era di origine non romana ma sabina, visto che tradizionalmente la si fa risalire all’area dell’Aniene. Inoltre una coppa in argento rinvenuta nella Tomba Bernardini, del VII secolo a.C., in Palestrina (Praeneste) , reca l’iscrizione etrusca “Votusia”, arcaica forma di Voturia.

Nota è la leggenda del fabbro Mamurio Veturio, che da re Numa Pompilio, secondo re di Roma, venne incaricato di realizzare undici copie dello scudo sacro che gli era provenuto dal cielo (il sacro ancile), affinché fosse reso difficile un eventuale furto dello stesso. Questo scudo era importante, giacché la ninfa Egeria disse a Numa che sino a che lo scudo fosse rimasto in Roma , la stessa avrebbe avuto la meglio sui suoi nemici. Dodici scudi, fra i quali vi era quello vero, vennero affidati ad un sacro collegio istituito dal re in persona, i Salii, affinché potessero custodirlo. Mamurio non volle alcuna ricompensa per il lavoro svolto, ma si “accontentò” ti chiedere a Numa Pompilio di essere ricordato nel canto dei Salii, il Carmen Saliare. Così il 14 marzo, la festa che era chiamata Equirria prese il nome di Mamuralia (di origine sabina, sanciva il passaggio dal vecchio al nuovo anno).

 

Questa gens era divisa nei seguenti rami:

 

VETURI GEMINI

VETURI CRASSI

VETURI CICURINI

VETURI CALVINI

VETURI FILONI

 

Alcuni dei personaggi più illustri di questa famiglia furono:

 

Mamurio Veturio ( 754 – 673 a.C. - personaggio semi -mitico )

Gaio Veturio Gemino Cicurino ( console nel 499 a.C. )

Tito Veturio Gemino Cicurino ( console nel 494 a.C. )

Veturia ( madre di Coriolano, V sec. a.C. )

Gaio Veturio Crasso Cicurino ( tribuno consolare nel 377 a.C. )

 

Modificato da Aristarco
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  • Aristarco ha rinominato il titolo in Denario Gens Veturia; 137 a.C.

La cosa più intrigante di questa moneta, a mio giudizio, è l'iconografia al R/, chiaramente ripresa (con piccole variazioni) dall'aureo RRC 28/1 (noto appunto come "aureo del giuramento") 

Per Mommsen ricorda la concessione del diritto della cittadinanza romana ai Campani e a una parte dei Sanniti, avvenuta nel 334 sotto il consolato di T. Veturio Calvino (di cui il monetiere sarebbe un discendente) e di Sp. Postumio Albino.

La Breglia ritiene che il giuramento simboleggi riappacificazione tra i due popoli romano e sannita, originariamente “cugini” (in quanto l'aureo sarebbe stato emesso alla fine delle guerre sannitiche).

Per Mattingly il giuramento indicherebbe il trattato concluso nel 263 tra Roma e Ierone di Siracusa; tuttavia, mentre il guerriero di destra è indubbiamente un Romano, quello di sinistra, barbato, ha le sembianze di un italico piuttosto che di un Greco.

Per Alföldi e Thomsen la scena rievocherebbe la fondazione di Roma: i due personaggi in piedi sarebbero Latino ed Enea nell'atto di giurare alleanza e concordia (Virgilio, Eneide, XII, 161-215) oppure Tito Tazio e Romolo, a conclusione dello scontro fra Romani e Sanniti (Virgilio, Eneide, VIII, 639-41; in questo senso, l'Alföldi). L'occasione storica per tale richiamo mitologico sarebbe il giuramento sia Romani sia Latini dovettero pronunciare nella primavera del 216 di fronte ai proprî tribuni (Livio ricorda sia un singolare giuramento effettuato dall'esercito di Roma dopo le disastrose e ripetute sconfitte romane contro Annibale, sia uno imposto ai socî italici perché mantenessero fede al patto contro Cartagine).

Crawford propone che sia qui riprodotto il foedus Caudinum, stipulata nel 321 dal console T. Veturius Calvinus (per questo, l’iconografia sarà ripresa in seguito da un altro Veturius, con il denario rrc 234/1, essendo la pax Caudina il prototipo, mitico e non storico, della pax Numantina). Viene tuttavia opposto che appare improbabile che Roma abbia commemorato una tale umiliazione.

Pedroni collega la scena alla “leva tumultuaria” del 225 (perché l'aureo si daterebbe al 224), considerata epocale già dagli storici antichi. In quell'anno, con il pretesto della minaccia dei Galli (ma più probabilmente per una dimostrazione di forza nei confronti di Cartagine), i Romani conteggiarono tra tutti gli alleati il numero degli uomini in grado di essere mobilitati in caso di guerra. Un avvenimento che ha coinvolto i Romani ed i loro alleati italici, un'occasione quindi che avrebbe spinto il Senato per un'emissione aurea di carattere straordinaria e di grande valore propagandistico.

Per Coarelli è riprodotto un foedus, che veniva stipulato da due feziali, il pater patratus e un gregario, verbenarius. In effetti, le due figure di sinistra portano una veste particolare, che lascia il corpo nudo e presenta un elemento globulare alle spalle: probabilmente il cinctus Gabinus, di cui si servivano i sacerdoti, e quella in piedi è raffigurata come uomo anziano, che regge una lancia, prerogativa del pater patratus, antenata (secondo l’Alföldi) dello scettro e quindi simbolo dell’imperium. La figura di destra invece, staccata dalle altre due, è giovane e veste una corazza anatomica. Si tratta del foedus tra Romolo e Tito Tazio (peraltro, in sabino cures era il nome sia della città di Tito Tazio che della lancia), di cui esisteva un gruppo scultoreo, verosimilmente qui riprodotto, lungo la sacra via. 

Un’ulteriore interpretazione in chiave mitologica del giuramento potrebbe essere un richiamo al patto di alleanza tra i capi di Alba Longa e Roma, prima dell'ordalia tra Horatii e Curiatii (Livio I, 24).

______

La scelta di riproporre sul denario la scena di un patto di alleanza, inoltre, potrebbe svolgere la funzione di richiamare alla memoria una mitica alleanza, alludendo ad una nuova e sospirata coalizione. La rarità delle raffigurazioni su moneta di eventi contemporanei in questo periodo induce a supporre che dietro questa scelta iconografica ci fosse un intento celebrativo forte. Una scena di giuramento verrà raffigurata anche sui denarî serrati di C. Sulpicius e sulle monete a nome di C. Mutilius durante gli anni della guerra sociale (91-89). Secondo un’opinione diffusa, potrebbe ricordare la coniuratio, il patto di fedeltà ed obbedienza tra i soldati romani ed i loro consoli (Livio, XXII 38).

Crawford colloca l'emissione nel 137 (quando sarebbero comparsi i tipi che si distaccavano dalla tradizionale scelta iconografica dei bigati (RRC 234/1 e RRC 235/1), sebbene anche i “nuovi” tipi si ispirassero alla tradizione monetale della Repubblica), per finanziare la guerra numantina. La moneta citerebbe il foedus Caudinum quale prototipo (mitico e non storico) dell’analogo patto stipulato nel 137 con gli Arevaci a Numantia, negoziato da Gaio Ostilio Mancino e sottoscritto dal suo questore, il giovanissimo Tiberio Sempronio Gracco, che tuttavia non fu poi ratificato dal Senato.

Mattingly collegava l’emissione alla rivolta di Fregellae del 125, ma Thomsen ha giustamente osservato che una città ribelle non avrebbe apposto il nome di Roma.

Coarelli riprende la datazione all’epoca della rivolta di Fregellae, e osserva che tale rivolta fu causata dal fallimento di Fulvio Flacco (di parte graccana) nella politica di estensione della cittadinanza romana italiana. La famiglia Veturia, come si è visto, era strettamente imparentata con i Gracchi e quindi, forse, l'emissione fu una propaganda a favore della legge di Flacco, mostrando un foedus tra Romani e Italici. Il favore attribuito che sarà attribuito a questa iconografia nelle monete del bellum sociale potrebbe spiegarsi proprio in questa chiave. Peraltro, nel 125 cadevano i 100 anni dall'emissione dell'aureo del giuramento, resa possibile grazie allo sfruttamento delle miniere d'oro di Victimulae (nella Gallia Cisalpina) sottratte, appunto nel 225, ai Galli Boi, grazie anche all'opera di L. Veturius Philo, poi consul suffectus nel 220. Il periodo è poco noto, ma sicuramente l'impatto emotivo della vittoria, resa possibile da un foedus fra Roma e Italici, fu grande, essendo ancora viva la memoria del sacco di Brenno

 

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Di questo denario Crawford quantifica circa 80 conî di D/ e 100 per il R/. Ne esiste un gruppo di stile più scadente; Sydenham ha ipotizzato che sia stata attiva una zecca periferica, per spiegarne l'esistenza, ma Crawford ritiene che non debbano essere considerati "as forming a separate group".

Il monetario è figlio (Badian, Crawford) o nipote del fratello (Gundel) T. Veturius Gracchi f. Sempronianus, augure del 174, forse cugino del console del 177, a sua volta padre dei celebri tribuni. Veturio Semproniano era quindi un Sempronio Gracco adottato da un Veturio: probabilmente Ti. Veturius Philo, flamen martialis nel 204 e figlio di L. Veturius Philo, consul suffectus del 220.

 

 

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Può essere interessante ricordare che la scena del giuramento era già stata ripresa sulle dracme (cosiddetti "mezzi quadrigati") di zecca spagnola classificati da Pierluigi Debernardi e Olivier Legrand (Roman Republican silver coins of the quadrigatus period struck in Spain, in "Revue Belge de Numismatique", 2015) come gruppo C, esemplari Ht1/2. Datata dai due studiosi al 212-211, questa dracma reca al dritto la testa gianiforme imberbe tipica del quadrigato

Di questa rarissima moneta, non censita da Crawford, restano solo due esemplari, di cui uno, più consunto, proviene dal Cerro Colorado hoard, il secondo è stato donato alla Real Academia de la Historia di Madrid dalla casa d’aste Jesus Vico. Sembrerebbero provenire dalla stessa coppia di conî, ancorché non possa dirsi con sicurezza. Il diametro è per entrambi 17 mm, il perso 2,99 g, 3,06 g

 

 

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la datazione più accreditata quindi sarebbe il 137 a.C. ? Il perito dove l'ho acquistata mi ha detto essere quella la datazione più accreditata

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E' la datazione proposta da Crawford e, quindi, normalmente seguita.

Non credo tuttavia che esistano elementi sufficienti per accreditarla con un sufficiente livello di certezza

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40 minuti fa, L. Licinio Lucullo dice:

E' la datazione proposta da Crawford e, quindi, normalmente seguita.

Non credo tuttavia che esistano elementi sufficienti per accreditarla con un sufficiente livello di certezza

praticamente la datazione oscilla nei dodici anni che separano il 137 a.C. (anno del consolato di Marco Emilio Lepido Porcina e di Gaio Ostilio Mancino) al 125 a.C. (anno del consolato di Marco Fulvio Flacco e di Marco Plauzio Ipseo) 

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Credo che la chiave per tentare di capire a quale fatto storico si riferisca l' iconografia del rovescio risieda nella probabile figura del vitello .

Se l' animale in braccio al personaggio inginocchiato centrale fosse un vitello , si potrebbe cosi' interpretare : la figura centrale inginocchiata d' avanti la figura di sinistra attende l' ordine o il consenso , mentre osserva la figura di destra , per offrire o consegnare il vitello al barbuto e solenne personaggio (Marte ? , Veturio ?) appoggiato ad una lancia e indicante , forse con un parazonium ? , il vitello ; nella stessa posa la figura di destra (un' Italo ?) che indica anch' egli il vitello con un parazonium ? mentre probabilmente dialoga con l' altro personaggio in piedi d' avanti a lui (Marte ? Veturio ?)  

Da cio' la scena potrebbe riferirsi ad un fatto storico relativo alla conquista romana della Calabria , chiamata nell' antichita' Italia . infatti il popolo degli Itali pare adorasse il simulacro di un vitello e secondo tale ipotesi il nome Italia (parte meridionale della Calabria) significherebbe quindi “abitanti della terra dei vitelli" ; denominazione confermata da Varrone che , citando Timeo e Pisone , fa derivare la parola Italia dai vitelli per l' abbondanza di questo animale .

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Supporter

Peraltro la vittima è un maialino, non un vitello

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7 ore fa, Aristarco dice:

conquista della Calabria, siamo nel 204 a.C. ... come mai però rievocare quella conquista?

La scena del giuramento è stata riprodotta prima sull'aureo, poi sul denario. Ne consegue che, sicuramente, deve poter essere interpretata dal punto di vista della data di emissione dell'aureo. Può darsi che in aggiunta quella scena avesse riacquisito un significato alla data di emissione del denario, come suggeriscono Crawford, Mattingly e Coarelli, ma non è scontato (infatti, potrebbe essere stata riproposta a distanza di circa un secolo per mero gusto antiquario).

Quindi, se l'ipotesi suggerita da @Agricola fosse quella corretta, ne discenderebbe la necessità di abbassare la datazione dell'aureo al 204 o 203 a.C., il che in verità mi sembra un po' forzato. In ogni caso, non cambierebbe nulla per la datazione del denario.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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