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Inviato

Nella monetazione repubblicana romana la stragrande maggioranza delle famiglie che batterono monete furono note e ben conosciute per storie e gesta dei singoli componenti , alcune famiglie invece sono conosciute solo per avere impresso nel denari i loro nomi e cognomi .

Una di queste famiglie oscure alla storia e’ quella degli Accoleii , il cui esponente monetario noto per due monete e’ Publio Accoleio Lariscolo .

Publius Accoleius Lariscolus , fu triumviro monetale nel 43 a.C. e probabilmente fu lo stesso personaggio nominato in una iscrizione dedicatoria alla dea Bellona ,  trovata a Lanuvium .

Per informazioni complete sul personaggio e le sue monete : https://www.academia.edu/5223142/P._Accoleius_Lariscolus_RRC_486_1_

I due Denari emessi , praticamente uno solo , da Publio. Accoleio Lariscolo sono quasi identici , cambia solo il dritto della moneta nel quale e’ rappresentata , forse , Acca Larenzia , da cui si presume la famiglia prese il nome di Accoleia , oppure rappresenta Diana Nemorense ; in un esemplare del Denario il busto e’ disadorno , nell’ altro e’ vestito ; nel caso il busto fosse di Diana Nemorense , si potrebbe pensare che l’ origine degli Accoleii fosse di Aricia , attuale Ariccia , il cui territorio di Nemi , lago e bosco , apparteneva alla Citta’ latina .

Il rovescio delle "due" monete e’ uguale e nell'antica religione romana , le "Querquetulanae virae" erano ninfe del bosco di querce  . Il loro bosco sacro si trovava all' interno della Porta Querquetulana , una delle mura serviane . Secondo Festo , si credeva che a Roma esistesse un tempo un bosco di querce all' interno di questa Porta , sul cui verde presiedevano le virae Querquetulanae .

Infatti in origine il nome del monte Celio , doveva essere "Querquetulanus mons" per la ricchezza di alberi di querce , ancora oggi la zona del Celio e’ ricordata da una via , l’ odierna Via Querquetulana .

Tra il Celio e l' Esquilino si trovava un tempietto delle Virae Querquetulanae  , Ninfe che secondo la più antica credenza romana abitavano il bosco di querce del Celio .

Secondo la tradizione  Acca Larentia , era la madre adottiva di Romolo e Remo , suggerendo che forse Acculeia fosse un nome derivato da Acca . Rimane comunque oscuro il perche’ Diana oppure Acca sia stata rappresentata in triplice divinita’ . Anche il Cognome lariscolus potrebbe essere un vezzeggiativo della radice Lar , Laris : casa o divinita’ tutelare della casa o del luogo .


 

Diana_Nemorensis_denarius2.jpg

Diana_Nemorensis_denarius1.jpg

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Inviato

C'è anche la variante con la figura rappresentata al dritto con i capelli raccolti in una coda.


Inviato

Dal libro : Enea nel Lazio , Archeologia e mito . 

Con riferimento alla moneta di Publio Accoleio Lariscolo : <Un' immagine di culto rappresentante la dea nel triplice aspetto di Artemide , Ecate e Selene , risalente ugualmente all' eta' arcaica , ci e' restituita da una serie di Denari del 43 a. C. , l' anno cioe' del secondo triumvirato , emessi da P. Accoleius Lariscolus , la cui famiglia quasi certamente aveva sede ad Ariccia , Citta' nella quale tra l' altro era nata la madre di Augusto , Atia , che mori' nel 43 a. C.

Sul retro della moneta vi e' dunque un gruppo arcaico di tre divinita' , sullo sfondo di un boschetto sacro rappresentato da quattro alberi stilizzati , ogni figura con attributi diversi , mentre sul dritto vi e' un busto di profilo di Diana (nemorense) sempre in stile arcaico> 

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Inviato

Per l'identificazione del D/ sono state formulate tre ipotesi, connesse con l'interpretazione del R/.

 

Riccio, Cohen e Babelon identificano al D/ Climene, madre di Fetonte, figlio del Sole, precipitato da Zeus nella foce dell’Eridano (il Po) per aver osato rubare il carro del padre. Questa interpretazione è oggi rigettata ma Amisano (che pur identificando al D/ Acca Larentia) propone che al R/ siano rappresentate le sorelle dello stesso Fetonte, ovvero le Eliadi, colte nel momento in cui le Zeus le traforma in pioppi perché, sulle rive del fiume, piangevano inconsolabili la morte del fratello. La scelta iconografica deriverebbe dall'origine della gens del monetario, che Amisano ipotizza provenire da Aquileia, e richiamerebbe il suo cognomen, mediante il "tipo parlante" dei larices (pioppi, appunto), usati nella Pianura Padana per delimitare le proprietà (e quasi sconosciuti nel resto d’Italia).

 

Crawford, come hai detto, identifica al D/ Diana Nemorensis, antichissima divinità latina venerata in un santuario di Nemi. Al R/ sarebbe allora raffigurata l'assimilazione della dea sotto le tre forme di Diana, Ecate e Selene, ripartizione tricorpe venerata nel santuario di Nemi.

Questa interpretazione è suffragata esclusivamente da elementi della raffigurazione al R/ (essendo quella del D/ totalmente priva di attributi tipici). In particolare, l'oggetto tenuto dalla figura di sinistra sarebbe un arco (seppur in alcuni conî presenti ornamenti alle estremità che fanno effettivamente pensare a un fiore), attributo di Diana. Inoltre il fiore tenuto dalla figura di destra può essere associato a Ecate, divinità ctonia e psicopompa, nella cui sfera di influenza rientrano anche i fiori veleniferi (l'aconito su tutti). Infine, altro elemento è costituito dal rinvenimento (citato da Alföldi, Zehnacker, Ghini e Diosono) nella zona di Nemi di una base circolare recante l'iscrizione M(arcus) IVLIVS M(arci) F(ilius) (et) M(arcus) ACCOLEIVS M(arci) F(ilius) AED(iles) D(e) S(enatus) S(ententia), attestante le presunte origini aricine della gens Accoleia (ad Ariccia stessa è stata inoltre rinvenuta una dedica a un liberto di tale Quinto Accoleio).

Diana Nemorensis era una figura estremamente arcaica, appartenente alla categoria divina delle potnie, "signore degli animali e delle selve" (in cui si annoveravano anche Fauna-Bona Dea, Angizia, Marìca, Feronia, Retia e i maschili Cernunnos e Fauno). Fu inserita nel pantheon romano per esigenze politiche, al fine di sancire, anche in ambito religioso, la supremazia di Roma sulla Lega Latina, ma la sua vastissima sfera funzionale (tipica della somma dea di una comunità tribale) risultò inadatta ad inquadrarsi in un contesto civico evoluto. Le sue differenti ed ampie funzionalità furono allora giustificate mediante l'associazione ad altre figure aventi sfere d'influenza maggiormente circoscritte; da qui nacque la triade Diana, Selene ed Ecate costituente Diana Nemorensis.

 

Depongono contro l'identificazione di Diana i seni (che Diana, dea vergine per eccellenza, aveva acerbi) e la mancanza di attributi tipici. Per Cavedoni, Grueber e la Ceci, oltre che per Amisano, al D/ sarebbe allora raffigurata la madre dei Lari, Mater Larum o Acca Larentia (*acca = "madre"). Secondo il mito fu una bellissima meretrice, amata anche da Ercole e da Tarunzio, ricchissimo Etrusco che le lasciò tutti i suoi averi, da lei distribuiti al popolo romano. Secondo un'altra versione, sarebbe stata la compagna di Faustolo, madre adottiva di Romolo e Remo, forse anche la lupa (nel senso metaforico di meretrice) che li avrebbe allattati. Sarebbe questa la sua unica rappresentazione pervenutaci.

Al R/ potrebbero allora esse raffigurate le ninfe Querquetulane (così anche Borghesi, Cohen, Riccio e Babelon). Infatti, secondo antiche tradizioni (che risalivano alla più remota religiosità romana, per la quale le divinità erano semplici entità aniconiche. In particolare, il bosco di querce detto Querquetulanum (Tacito) che occupava lo spazio (in origine, suburbano) tra Oppio e Celio era ritenuto abitato dalle ninfe dette appunto Virae Querquetulanae, cui era anche dedicato un tempietto.

Per Borghesi, Riccio e Cohen, le Virae sarebbero qui raffigurate in quanto il boschetto che presidiavano era dedicato ai Lari. Babelon, sviluppando un'idea del Cavedoni ("tre ninfe poste a guisa di cariatidi per sostenere quella traversa ornata da arboscelli"), ritiene che le ninfe Querquetulane siano raffigurate nel momento in cui reggono una trave su cui sono poggiati cinque alberelli di cipresso. La trave sulle spalle delle tre figure e la base su cui poggiano i piedi potrebbero effettivamente far pensare che siano qui raffigurate le statue delle Virae, cariatidi intagliate nel legno poste nel tempio del Celio. I fiori in mano alle figure alle estremità testimonierebbero allora l'usanza romana di ornare di fiori, due volte l'anno, i templi dei Lari e delle loro custodi, le Virae.

Sul piano etimologico, queste scelte iconografiche potrebbero giustificarsi a fini autocelebrativi: il nomen del monetario si accosta infatti a quello di Acca mentre il cognomen è stato sciolto in Lares colens (Eckhel, Grueber), "colui che venera i Lari".

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Inviato (modificato)

Grazie @L. Licinio Lucullo , in effetti il busto della divinita' nel dritto della moneta lascia dei dubbi sulla sua vera identita' , l' ipotesi che sia Diana Nemorense e' stata forse influenzata dal rovescio della moneta in cui si vedono alberi (di un presunto bosco) e le Virae Querquetulanae , nonche' dalla vicina Ariccia probabile Citta' natale di Accoleio .

E' anche un dato di fatto che scavi eseguiti nell' area del Santuario di Nemi negli anni di fine '800 e negli anni '30 del '900 ad opera del Gatti , hanno riportato alla luce delle immagini (in foto) di Diana , a lei attribuite , sotto forma di due antefisse e due teste , nessuna di queste presenta una acconciatura come quella riportata nella moneta ; questa discordanza non e' comunque una prova decisiva in quanto potrebbe dipendere da un cambio di stile rappresentativo della dea dovuta alle diverse eta' di realizzazione , di cui quella nella moneta era forse di grande antichita' , forse l' originale rappresentazione di Diana Nemorense .

Purtroppo con il nuovo Paint3D non riesco a ridurre le immagini presenti nel libro sopra citato , quindi carico quelle in rete che pero' non rendono evidenti le acconciature , da : Oggetti del VII-I secolo a.C. dal santuario di Diana a Nemi , località Giardino , conservati a Villa Poniatowski a Roma .

https://www.academia.edu/551646/G.Ghini_-_F.Diosono_Il_Santuario_di_Diana_a_Nemi_recenti_acquisizioni_dai_nuovi_scavi_in_E._Marroni_ed._Sacra_Nominis_Latini._I_santuari_del_Lazio_arcaico_e_repubblicano._Atti_del_Convegno_Roma_2009_Ostraka_n.s._2012_I_pp._119-137

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Modificato da Cremuzio
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