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Attestati di autenticita' e di provenienza.


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E' sempre utile richiamare la norma.

 

DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137."
note: Entrata in vigore del decreto: 01-05-2004. Il presente Decreto Legislativo è stato erroneamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale con numero di inserzione in Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana "41". (Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 16/08/2023) (GU n.45 del 24-02-2004 - Suppl. Ordinario n. 28).

 

Testo in vigore dal: 1-5-2004 al: 23-4-2008
Articolo 64
             Attestati di autenticita' e di provenienza

   1.  Chiunque  esercita  l'attivita'  di  vendita  al  pubblico, di
esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla
vendita  di  opere  di  pittura,  di  scultura,  di grafica ovvero di
oggetti  d'  antichita'  o  di  interesse  storico od archeologico, o
comunque  abitualmente  vende  le  opere  o  gli oggetti medesimi, ha
l'obbligo  di  consegnare all'acquirente la documentazione attestante
l'autenticita'  o  almeno la probabile attribuzione e la provenienza;
ovvero,  in  mancanza, di rilasciare, con le modalita' previste dalle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa,  una  dichiarazione  recante  tutte  le  informazioni
disponibili  sull'autenticita'  o  la  probabile  attribuzione  e  la
provenienza.  Tale  dichiarazione,  ove  possibile  in relazione alla
natura  dell'opera  o  dell'oggetto,  e' apposta su copia fotografica
degli stessi.

 

Testo in vigore dal: 24-4-2008

 

Articolo 64

             Attestati di autenticita' e di provenienza

   1.  Chiunque  esercita  l'attivita'  di  vendita  al  pubblico, di
esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla
vendita  di  opere  di  pittura,  di  scultura,  di grafica ovvero di
oggetti  d'  antichita'  o  di  interesse  storico od archeologico, o
comunque  abitualmente  vende  le  opere  o  gli oggetti medesimi, ha
l'obbligo  di  consegnare  all'acquirente la documentazione (( che ne
attesti))  l'autenticita'  o  almeno  la  probabile attribuzione e la
provenienza   ((delle  opere  medesime));  ovvero,  in  mancanza,  di
rilasciare,  con le modalita' previste dalle disposizioni legislative
e  regolamentari  in  materia  di  documentazione amministrativa, una
dichiarazione    recante    tutte    le    informazioni   disponibili
sull'autenticita'  o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale
dichiarazione,  ove  possibile  in relazione alla natura dell'opera o
dell'oggetto, e' apposta su copia fotografica degli stessi.

 

  • Mi piace 1

  • 4 settimane dopo...
Inviato (modificato)

La discussione alla quale mi aggancio ha costituito l’occasione per scrivere questo lungo, lunghissimo, post che da tempo avevo in mente e che, per questioni di tempo, non ero riuscito prima d'oggi a mettere giù.

Il richiamo dell’art. 64 del Codice dei Beni Culturali non è mai ridondante e tantomeno scontato, come giustamente osserva @Oppiano .  

La tutela del collezionista di monete antiche trova il suo primo baluardo nella competenza, nella correttezza e nella preparazione del commerciante, requisiti tutti sussumibili nel concetto di professionalità. Il secondo baluardo è nel livello di studio e approfondimento che chi si approccia a collezionare monete antiche deve necessariamente prestare anche alla normativa nel cui ambito dovrà muoversi. 

E’ un dato di fatto oggettivo.

Ed è un fatto altrettanto oggettivo, con il quale ciclicamente mi scontro, che alcuni (pochi per fortuna) commercianti professionisti che vendono anche monete antiche, ancora oggi non abbiano ben chiara l’essenza dell’attestazione di autenticità e provenienza di cui all’art. 64 del Codice dei Beni Culturali. Probabilmente perché il commercio di antiche non rappresenta, per loro, il core business.

Capita, quindi, che taluni ritengano di assolvere all’obbligo posto dall’art. 64 del Codice dei Beni Culturali mediante la consegna all’acquirente di “un mero pezzo di carta” (o di un file, nei casi più evoluti) impropriamente denominato “certificato” di autenticità e “lecita” provenienza (come se un bene oggetto di compravendita, qualunque esso sia, possa essere di provenienza illecita!).

L’attestato di cui all’art. 64 non si risolve in una foto della moneta antica (per restare nell’ambito degli oggetti di nostro interesse) corredata di una descrizione (auspicabilmente non sommaria e imprecisa) conclusa dalla pomposa dicitura: “certifico che la suddetta moneta è autentica e di lecita provenienza”, a volte pure priva di timbro e sottoscrizione del commerciante (come pure – vi garantisco – mi è capitato in un emblematico caso isolato che ha fortemente ispirato questo post).

Tantomeno l’obbligo può ritenersi assolto dal rinvio alla fattura di acquisto e alle condizioni generali di vendita (che, nella stragrande maggioranza dei casi, già contengono la garanzia che il materiale proposto in vendita sia genuino e autentico).

Naturalmente il mio discorso è circoscritto agli operatori commerciali italiani, gli unici ad essere tenuti al rilascio dell’attestazione in commento.

E’ sconfortante verificare ancora oggi, dopo fiumi di discussioni, di problemi giudiziari e di polemiche, quanto sia complicato per qualcuno comprendere l’importanza che l’attestazione prevista dal Codice dei Beni Culturali riveste anche nella formazione del pedigree che ogni moneta antica dovrebbe recare con sé. Pedigree della cui importanza pure tanto si discute.

Ovviamente lo sconforto è tutto personale.

L’art. 64, che su questo forum sarà stato citato una infinità di volte, è chiaro nel delineare il contenuto dell’attestazione.

La norma recita testualmente che: “Chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d' antichità o di interesse storico od archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”.

Ho voluto sottolineare ed enfatizzare con l’uso del grassetto le espressioni lessicali che, a mio avviso, costituiscono l’essenza della disposizione.

Ribadisco che qui farò riferimento solo alle monete antiche.

Il commerciante italiano ha l’obbligo (non la facoltà) di garantire all’acquirente che la moneta venduta sia autentica e di documentarne o di attestarne la provenienza (la norma non dice “lecita” perché si sarebbe trattato di una ovvietà).

Tale obbligo, quindi, può essere assolto per due vie, tra esse non alternative ma in posizione di subordine l’una rispetto all’altra:

a) consegnando all’acquirente la documentazione che attesti l’autenticità della moneta (una eventuale perizia, ad esempio, ove esistente) e la sua provenienza (mi viene da pensare alla documentazione giustificativa dell’acquisizione della moneta che il venditore, a sua volta, ne ha fatto da un terzo: in questo caso si potrebbero porre problemi legati alla privacy del terzo cedente che, tuttavia, ritengo possano agevolmente superarsi laddove il commerciante, al momento dell’acquisizione, abbia l’accortezza di richiedere e ottenere dal proprio dante causa una autorizzazione al trattamento e alla diffusione di quei dati sensibili);

b) in mancanza (della documentazione di cui sopra), dichiarando egli stesso (il venditore, intendo) l’autenticità e la provenienza della moneta, offrendo all’acquirente tutte le informazioni a tal fine necessarie: è quest’ultimo l’attestato propriamente inteso. Ovviamente, poiché detta dichiarazione integra gli estremi di una assunzione di responsabilità a tutti gli effetti di legge nei confronti dell’acquirente, è scontato rilevare che il commerciante (che non voglia incappare in problemi) dovrà a sua volta avere accertato preliminarmente l’autenticità e la provenienza della moneta che pone in vendita (e, quanto alla provenienza, sconsiglierei a qualsiasi commerciante di farlo accontentandosi di una autodichiarazione da parte di colui dal quale intende acquisire la moneta).

Per l’assolvimento dell’obbligo posto dall’art. 64 il commerciante (italiano) non può chiedere all’acquirente un solo centesimo, neppure camuffando la pretesa (postuma) sotto il velo del rimborso spese per “stampa fotografica di alta qualità” (come pure un “buontempone” si è preso la briga di rispondermi per giustificare una richiesta di pagamento di un attestato che in prima battuta non mi era stato spedito unitamente alla moneta antica acquistata).

Il commerciante dovrà tenere conto di questo costo nel momento in cui andrà a determinare il prezzo della moneta offerta in vendita (o l’entità delle commissioni applicate, in caso di intermediazione), così di fatto recuperandolo comunque, sia pure indirettamente (ma in maniera sicuramente più elegante), dal cliente finale.

A mio avviso, un attestato di autenticità e provenienza degno del disposto normativo dovrebbe comporsi da:

(i) riproduzione fotografica della moneta, sicuramente sempre producibile nel caso dei nostri amati tondelli (si rammenti che l’art. 64 specifica che “Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”);

(ii) una accurata descrizione della moneta, comprensiva di dati ponderali (fedeli), stato di conservazione (per quanto opinabile) e riferimenti bibliografici, che si concluda con una attestazione di autenticità della stessa (autenticità che, come detto, dovrebbe essere stata accertata dallo stesso commerciante prima di immettere la moneta sul mercato; in ogni caso, generalmente il materiale messo in vendita viene garantito autentico già nelle condizioni generali di vendita… ma i rinvii non mi piacciono);

(iii) le informazioni sulla provenienza, quali ad esempio: collezione privata italiana, europea o extracomunitaria (senza la necessità di menzionare l’identità del precedente proprietario); il numero di annotazione, in entrata e in uscita della moneta, attribuito nel registro del commerciante prescritto dalla normativa in materia di pubblica sicurezza (si veda l’art. 63 del Codice dei Beni Culturali e l’art. 128 del TULPS), informazione che tutelerà la privacy del soggetto dal quale il commerciante ha acquisito la moneta ma che consentirà, al contempo, in caso di dispute giudiziarie, di risalire agevolmente ai vari passaggi di mano della stessa; ove disponibili, eventuali precedenti passaggi d’asta noti (ad esempio, ex Casa d’Aste S.p.A. vendita n. …. del ….);

(iv) timbro e firma del commerciante.

E attenzione a non confondere e a non sovrapporre l’importanza dell’attestato con quella della fattura: la seconda non sopperisce e non esclude il primo.

La fattura è il titolo che giustificherà e proverà la provenienza della moneta per chi l’ha acquistata, cioè per il suo nuovo proprietario.

L’attestato è il documento con cui il commerciante professionale (colui che vende) ha l’obbligo di dichiarare a chi compra la precedente provenienza della moneta, legittimando in tal modo il potere che egli ha di cederla attraverso l’immissione sul mercato.   

Ritengo che una delle funzioni che il legislatore abbia voluto attribuire all’attestazione di autenticità e provenienza sia quella di consentire (quantomeno sul suolo dello Stato) una sorta di tracciamento dei “passaggi di mano” delle “opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico” (e con i tempi che corrono non può che essere un bene sia per il collezionista che per il commerciante) così da arginare il proliferare dei ricettatori, oltre che dei falsari.

Nella prospettiva del legislatore, l’attestato in parola era (ed è) finalizzato a caricare di responsabilità i soggetti coinvolti nella compravendita professionale di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico facendo assurgere i commercianti al ruolo (determinate) di “filtro”, essendo essi indubbiamente gravati dall’onere (non codificato ma non privo di conseguenze ove non assolto) di accertare l’autenticità e la provenienza di ciò che pongono in vendita (non mi stancherò mai di ripeterlo: colui che commercia in questo particolare tipo di beni non può pensare di superare il problema della provenienza mediante la semplice acquisizione, dal conferente, di una autodichiarazione sulla liceità della provenienza e del possesso).

Infatti, poiché essi sono obbligati ad attestare all’acquirente l’autenticità e la provenienza del materiale venduto, non potranno che – in primis, a propria tutela – pretendere dal soggetto dal quale si sono a loro volta “approvvigionati” quelle medesime garanzie che essi saranno tenuti a dare all’acquirente.

I commercianti, dunque, sono l’anello centrale della catena di responsabilità insite nei trasferimenti della moneta nel tempo.

Un ruolo decisivo e pregno di responsabilità che, come ogni professione che si rispetti, deve essere svolto con la massima diligenza e che deve portare il collezionista a prediligere sempre l’acquisto da commerciante professionista.

Un ruolo che tanti svolgono in maniera ineccepibile ma che pochi, purtroppo, fingono di ignorare con grave nocumento per l’intero settore.

Saluti.

Modificato da allek
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Inviato (modificato)
Il 27/9/2023 alle 16:42, Oppiano dice:

E' sempre utile richiamare la norma.

 

DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137."
note: Entrata in vigore del decreto: 01-05-2004. Il presente Decreto Legislativo è stato erroneamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale con numero di inserzione in Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana "41". (Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 16/08/2023) (GU n.45 del 24-02-2004 - Suppl. Ordinario n. 28).

 

Testo in vigore dal: 1-5-2004 al: 23-4-2008
Articolo 64
             Attestati di autenticita' e di provenienza

   1.  Chiunque  esercita  l'attivita'  di  vendita  al  pubblico, di
esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla
vendita  di  opere  di  pittura,  di  scultura,  di grafica ovvero di
oggetti  d'  antichita'  o  di  interesse  storico od archeologico, o
comunque  abitualmente  vende  le  opere  o  gli oggetti medesimi, ha
l'obbligo  di  consegnare all'acquirente la documentazione attestante
l'autenticita'  o  almeno la probabile attribuzione e la provenienza;
ovvero,  in  mancanza, di rilasciare, con le modalita' previste dalle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa,  una  dichiarazione  recante  tutte  le  informazioni
disponibili  sull'autenticita'  o  la  probabile  attribuzione  e  la
provenienza.  Tale  dichiarazione,  ove  possibile  in relazione alla
natura  dell'opera  o  dell'oggetto,  e' apposta su copia fotografica
degli stessi.

 

Testo in vigore dal: 24-4-2008

 

Articolo 64

             Attestati di autenticita' e di provenienza

   1.  Chiunque  esercita  l'attivita'  di  vendita  al  pubblico, di
esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla
vendita  di  opere  di  pittura,  di  scultura,  di grafica ovvero di
oggetti  d'  antichita'  o  di  interesse  storico od archeologico, o
comunque  abitualmente  vende  le  opere  o  gli oggetti medesimi, ha
l'obbligo  di  consegnare  all'acquirente la documentazione (( che ne
attesti))  l'autenticita'  o  almeno  la  probabile attribuzione e la
provenienza   ((delle  opere  medesime));  ovvero,  in  mancanza,  di
rilasciare,  con le modalita' previste dalle disposizioni legislative
e  regolamentari  in  materia  di  documentazione amministrativa, una
dichiarazione    recante    tutte    le    informazioni   disponibili
sull'autenticita'  o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale
dichiarazione,  ove  possibile  in relazione alla natura dell'opera o
dell'oggetto, e' apposta su copia fotografica degli stessi.

 

 

Vale solo per chi vende in Italia, o anche per chi vende ad esempio da San Marino verso l Italia?

grazie

Modificato da skubydu

Inviato
3 ore fa, skubydu dice:

Vale solo per chi vende in Italia, o anche per chi vende ad esempio da San Marino verso l Italia?

grazie

 

San Marino è uno stato estero in tutto e per tutto, quindi la dichiarazione, che io sappia, da loro non è prevista.

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  • 3 mesi dopo...
Supporter
Inviato

Gentile @allek, ti ringrazio per l'opera esplicativa e divulgativa. E grazie anche a @Oppiano che ci riporta alle norme.

Visto il titolo generico della discussione proseguo qui con il mio dubbio.


Stabiliamo la cornice: operazione tutta italiana tra me (compratore privato) e attività commerciali numismatiche. Al di là del fatto che si tratti di asta o di listino vendita, l'attività commerciale si dota di condizioni di vendita in cui non si fa alcuna menzione dell'obbligo di certificare /documentare/attestare la provenienza.

Io acquisto monete antiche. Chiedo poi la relativa certificazione, che il commerciante non è in grado di produrre. Posso io in assenza della certificazione recedere dal contratto di acquisto, dalle condizioni di vendita implicitamente accettate nel momento della mia offerta o del mio atto d'acquisto? Ovviamente intendo una rescissione che non comporti conseguenze per me.

Grazie in anticipo dei pareri.
 


Inviato
6 ore fa, sdy82 dice:

Gentile @allek, ti ringrazio per l'opera esplicativa e divulgativa. E grazie anche a @Oppiano che ci riporta alle norme.

Visto il titolo generico della discussione proseguo qui con il mio dubbio.


Stabiliamo la cornice: operazione tutta italiana tra me (compratore privato) e attività commerciali numismatiche. Al di là del fatto che si tratti di asta o di listino vendita, l'attività commerciale si dota di condizioni di vendita in cui non si fa alcuna menzione dell'obbligo di certificare /documentare/attestare la provenienza.

Io acquisto monete antiche. Chiedo poi la relativa certificazione, che il commerciante non è in grado di produrre. Posso io in assenza della certificazione recedere dal contratto di acquisto, dalle condizioni di vendita implicitamente accettate nel momento della mia offerta o del mio atto d'acquisto? Ovviamente intendo una rescissione che non comporti conseguenze per me.

Grazie in anticipo dei pareri.
 

 

Buonasera @sdy82 , l’art. 64 è inequivocabile al riguardo. 
Il commerciante italiano ha l’obbligo di rilasciare l’attestato di autenticità e provenienza. 
Se non lo fa contravviene ad una disposizione di legge, con tutti i problemi che ciò potrebbe comportare anche per la sua attività.

Ritengo, quindi, senza dubbio, che anche se non previsto nelle condizioni generali tu possa richiedere e pretendere dal venditore professionale l’attestato in parola. E se si rifiutasse di consegnartelo pretenderei la risoluzione del contratto di vendita con tutti i relativi oneri restitutori che ciò comporta.

Ma vedrai, a volte basta riportare alla memoria del venditore l’esistenza dell’art. 64 per definire pacificamente la questione.

Spero di aver dato una risposta esauriente al tuo quesito.

Saluti.

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Supporter
Inviato
19 ore fa, allek dice:

Spero di aver dato una risposta esauriente al tuo quesito.

Hai senz'altro risposto, grazie. Di dubbi, ne ho ancora. Tuttavia, come tu stesso hai scritto, tocca a me studiare. Oramai sono diversi anni che acquisto monete antiche, anche se solo sporadicamente poiché non sono al centro delle mie ricerche collezionistiche, e intendo capirci di più in merito alle responsabilità condivise tra noi collezionisti e gli operatori del mercato.


Inviato

Domanda, porto un aureo eid mar ad un numismatico, gli dico che era del mio trisavolo ed ora la voglio vendere, come si procede?


Supporter
Inviato

Secondo quanto scrivi, gentile @allek, qual è il valore giuridico di questo certificato, visto che non indica alcuna provenienza?

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Il post-it giallo pasticciato copre l'indicazione dell'asta in cui è stato acquistato il denaro genovese. Il biglietto marrone copre la denominazione del commerciante, l'indicazione del suo sigillo peritale, il suo timbro e la sua firma. Copre inoltre fotografia (corrispondente) della moneta acquistata da me. Basta la menzione dell'articolo famoso per rientrare nei ranghi?

In questo caso non si tratta di una moneta greco-romana, ma si tratta pur sempre di un certificato di autenticità e provenienza, il quale o è redatto secondo tutti i crismi o non lo è (con tutto ciò che ne consegue).

Grazie ancora.

 


Inviato
3 ore fa, Alexio85 dice:

Domanda, porto un aureo eid mar ad un numismatico, gli dico che era del mio trisavolo ed ora la voglio vendere, come si procede?

 

Come per un follis da 10€ 

3 ore fa, sdy82 dice:

Secondo quanto scrivi, gentile @allek, qual è il valore giuridico di questo certificato, visto che non indica alcuna provenienza?

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Il post-it giallo pasticciato copre l'indicazione dell'asta in cui è stato acquistato il denaro genovese. Il biglietto marrone copre la denominazione del commerciante, l'indicazione del suo sigillo peritale, il suo timbro e la sua firma. Copre inoltre fotografia (corrispondente) della moneta acquistata da me. Basta la menzione dell'articolo famoso per rientrare nei ranghi?

In questo caso non si tratta di una moneta greco-romana, ma si tratta pur sempre di un certificato di autenticità e provenienza, il quale o è redatto secondo tutti i crismi o non lo è (con tutto ciò che ne consegue).

Grazie ancora.

 

 

C’è un numero di registrazione della moneta? 
se si, si…. Se no…no.


Supporter
Inviato (modificato)
2 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Come per un follis da 10€ 

C’è un numero di registrazione della moneta? 
se si, si…. Se no…no.

 

Buonasera @Tinia Numismatica, grazie dell'intervento. Ti confermo che non c'è nessun numero di registrazione, nessun codice identificativo univoco del bene, nessuna appartenenza. Praticamente... ennesima moneta più o meno antica (di poco conto e modestissimo valore ) entrata nel limbo o purgatorio che dir si voglia delle monete senza passato né futuro. Ecco... il futuro. Il fatto che questa moneta adesso sia nella Collez. SDY82 (😁) costituisce specifica di provenienza per il prossimo possessore della stessa?

Continuo con le domande.

Posso donare questa moneta a un'istituzione museale senza aggravarla  di obblighi di prova? Immagino che senza un certificato "istituzionale" lei non sarà autorizzata a metterla in mostra. Cosa ne dite?

Spero di non abusare della vostra pazienza. Cerco solo di confrontarmi con voi. Sono un pochino stanco di acquisti abnormi  nel senso etimologico del termine.

Grazie.

Modificato da sdy82
Integrazione
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Inviato
2 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Come per un follis da 10€ 

C’è un numero di registrazione della moneta? 
se si, si…. Se no…no.

 

Scusi l'ignoranza, ovvero?


Inviato
2 ore fa, Alexio85 dice:

Scusi l'ignoranza, ovvero?

 

Se c’è il numero di registrazione sul registro dei beni , allora questo fa da provenienza 

Se non c’è, allora se ne può discutere 

2 ore fa, sdy82 dice:

Buonasera @Tinia Numismatica, grazie dell'intervento. Ti confermo che non c'è nessun numero di registrazione, nessun codice identificativo univoco del bene, nessuna appartenenza. Praticamente... ennesima moneta più o meno antica (di poco conto e modestissimo valore ) entrata nel limbo o purgatorio che dir si voglia delle monete senza passato né futuro. Ecco... il futuro. Il fatto che questa moneta adesso sia nella Collez. SDY82 (😁) costituisce specifica di provenienza per il prossimo possessore della stessa?

Continuo con le domande.

Posso donare questa moneta a un'istituzione museale senza aggravarla  di obblighi di prova? Immagino che senza un certificato "istituzionale" lei non sarà autorizzata a metterla in mostra. Cosa ne dite?

Spero di non abusare della vostra pazienza. Cerco solo di confrontarmi con voi. Sono un pochino stanco di acquisti abnormi  nel senso etimologico del termine.

Grazie.

 

Alla prima domanda ti rispondo “ no”

Alla seconda, lascia perdere sennò ti metti nei guai 


Supporter
Inviato
Il 19/10/2023 alle 19:28, allek dice:

(iii) le informazioni sulla provenienza, quali ad esempio: collezione privata italiana, europea o extracomunitaria (senza la necessità di menzionare l’identità del precedente proprietario); il numero di annotazione, in entrata e in uscita della moneta, attribuito nel registro del commerciante prescritto dalla normativa in materia di pubblica sicurezza (si veda l’art. 63 del Codice dei Beni Culturali e l’art. 128 del TULPS), informazione che tutelerà la privacy del soggetto dal quale il commerciante ha acquisito la moneta ma che consentirà, al contempo, in caso di dispute giudiziarie, di risalire agevolmente ai vari passaggi di mano della stessa; ove disponibili, eventuali precedenti passaggi d’asta noti (ad esempio, ex Casa d’Aste S.p.A. vendita n. …. del ….)

Mi sembra di capire che non basta una sola delle tre informazioni per una "lecita" attestazione di "lecita" provenienza, giusto?

Immagino che la sola dicitura "Collezione privata italiana" voglia dir poco, giusto?


Inviato
42 minuti fa, sdy82 dice:

Mi sembra di capire che non basta una sola delle tre informazioni per una "lecita" attestazione di "lecita" provenienza, giusto?

Immagino che la sola dicitura "Collezione privata italiana" voglia dir poco, giusto?

 

Nessuna dicitura conta nulla se dietro non c’è qualcosa a supporto a termini di legge.

”Collezione privata italiana” cosa significa? Che il precedente proprietario l’ha acquistata o che l’ha scavata?”Ce una differenza non da poco.

Chi vende, firma una cessione ( tra privati) che è niente altro che una assunzione di responsabilità nei riguardi dell’acquirente , con cui il venditore si dichiara lecito possessore della moneta. Va da sé che se invece non lo è perché la dichiarazione non è veritiera, se ne assume tutti gli obblighi e conseguenze di legge. 
In caso di vendita da professionista a privato, si emette fattura( per le monete classiche nessun altro tipo di documento è legalmente ammesso) con scheda fotografica e descrittiva della moneta ( obbligatoria) in cui ci DEVE essere riportato il numero di registro relativo al bene come riportato sul registro beni usati d preziosi ex questura .

Qualunque altra documentazione vi venga rilasciata che non risponda alle caratteristiche suddette, non ha validità legale ( e soprattutto penale).

Se vi rilasciano qualcosa di diverso ( fatture generiche, fatture per servizi o prestazioni non meglio identificate, scontrini e compagnia cantante) significa  che

a: il venditore non ha i documenti in regola per esercitare questo tipo di commercio specifico ( licenza ambulante, licenza monete moderne, licenza preziosi non specifica) ma che usa un qualche tipo di escamotage per far finta di essere in regola, ma poi in sede di eventuale controllo la sconta l’acquirente 

b: non ha i documenti di acquisizione e/o registrazione a norma di legge ( ex TU 64) 

😄 non ha alcuna licenza valida ma è solo un bagarino ( BDM bagarino di m…come dice un collega fiorentino) E sono guai per gli acquirenti se c’è un controllo 

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Inviato
7 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Nessuna dicitura conta nulla se dietro non c’è qualcosa a supporto a termini di legge.

”Collezione privata italiana” cosa significa? Che il precedente proprietario l’ha acquistata o che l’ha scavata?”Ce una differenza non da poco.

Chi vende, firma una cessione ( tra privati) che è niente altro che una assunzione di responsabilità nei riguardi dell’acquirente , con cui il venditore si dichiara lecito possessore della moneta. Va da sé che se invece non lo è perché la dichiarazione non è veritiera, se ne assume tutti gli obblighi e conseguenze di legge. 
In caso di vendita da professionista a privato, si emette fattura( per le monete classiche nessun altro tipo di documento è legalmente ammesso) con scheda fotografica e descrittiva della moneta ( obbligatoria) in cui ci DEVE essere riportato il numero di registro relativo al bene come riportato sul registro beni usati d preziosi ex questura .

Qualunque altra documentazione vi venga rilasciata che non risponda alle caratteristiche suddette, non ha validità legale ( e soprattutto penale).

Se vi rilasciano qualcosa di diverso ( fatture generiche, fatture per servizi o prestazioni non meglio identificate, scontrini e compagnia cantante) significa  che

a: il venditore non ha i documenti in regola per esercitare questo tipo di commercio specifico ( licenza ambulante, licenza monete moderne, licenza preziosi non specifica) ma che usa un qualche tipo di escamotage per far finta di essere in regola, ma poi in sede di eventuale controllo la sconta l’acquirente 

b: non ha i documenti di acquisizione e/o registrazione a norma di legge ( ex TU 64) 

😄 non ha alcuna licenza valida ma è solo un bagarino ( BDM bagarino di m…come dice un collega fiorentino) E sono guai per gli acquirenti se c’è un controllo 

 

Quindi tra privati c'e' una sorta di autocertificazione? O vuoto legislativo? Cioe' come.puo' un privato dimostrare inoppugnabilmente che nn ha scavato la moneta?


Inviato
Il 8/2/2024 alle 14:36, sdy82 dice:

Secondo quanto scrivi, gentile @allek, qual è il valore giuridico di questo certificato, visto che non indica alcuna provenienza?

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Premetto che condivido in toto quanto scritto da @Tinia Numismatica.

Purtroppo, a mio parere, questo non è un attestato di provenienza. Ció che il venditore si è limitato ad attestare è l’autenticità della moneta.

E certamente non basta richiamare l’art. 64 per fare assumere a questo documento la valenza di attestato di provenienza. La cosa peggiore è che il venditore non si è neanche sforzato di scrivere “attesto ai sensi dell’art. 64 CdB la lecita provenienza della moneta”, come pure molti fanno (secondo me sbagliando) ma almeno sarebbe stato qualcosa…

  • Grazie 2

Inviato
4 ore fa, Alexio85 dice:

Quindi tra privati c'e' una sorta di autocertificazione? O vuoto legislativo? Cioe' come.puo' un privato dimostrare inoppugnabilmente che nn ha scavato la moneta?

 

Dimostrando che l’ha regolarmente acquisita …ereditata.. acquistata… e quanto altro.

In assenza di almeno una delle condizioni suddette, lo stato presume ( erroneamente ma non troppo) che provenga da atto illecito . 
Mi pare tutto meno che un vuoto legislativo, anzi… direi tutto il contrario: anche troppa presunzione legislativa 
 


Inviato
13 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Dimostrando che l’ha regolarmente acquisita …ereditata.. acquistata… e quanto altro.

In assenza di almeno una delle condizioni suddette, lo stato presume ( erroneamente ma non troppo) che provenga da atto illecito . 
Mi pare tutto meno che un vuoto legislativo, anzi… direi tutto il contrario: anche troppa presunzione legislativa 
 

 

Se una moneta apparteneva a mio bisnonno, ma nn risulta nei passaggi di eredita', ne ci sono tracce dell'acqusto ,come lo dimostro in maniera incontrovertibile che ne era in possesso prima del decreto regio del 1909(?) ?


Inviato

A mio avviso, in questa fattispecie, ci sono solo 2 possibilita':

O nn e' possibile dimostrarlo legalmente al 100%, quindi chiunque ha una monetina del regno, ad esempio, e' passibile di reato

Oppure e' possibile senza prove autenticate, tipo autocertificazione, quindi vado a fare il tombarolo per 10 anni e poi legalizzo tutto.

In sintesi e' una legge a pene di segugio, che mette tutti a rischio e favorisce l'illegalita' ed il mercato nero.


Inviato
13 minuti fa, Alexio85 dice:

Se una moneta apparteneva a mio bisnonno, ma nn risulta nei passaggi di eredita', ne ci sono tracce dell'acqusto ,come lo dimostro in maniera incontrovertibile che ne era in possesso prima del decreto regio del 1909(?) ?

 

Non lo dimostri 


Inviato
21 minuti fa, Alexio85 dice:

A mio avviso, in questa fattispecie, ci sono solo 2 possibilita':

O nn e' possibile dimostrarlo legalmente al 100%, quindi chiunque ha una monetina del regno, ad esempio, e' passibile di reato

Oppure e' possibile senza prove autenticate, tipo autocertificazione, quindi vado a fare il tombarolo per 10 anni e poi legalizzo tutto.

In sintesi e' una legge a pene di segugio, che mette tutti a rischio e favorisce l'illegalita' ed il mercato nero.

 

Nonostante le due ipotesi siano entrambe  errate, la conclusione è corretta ….


  • 2 settimane dopo...
Supporter
Inviato


Sono alcune settimane che cerco di fare una lettura sistematica degli interventi sul forum a tema ATTESTAZIONE, PROVENIENZA e simili. Ho scelto di piazzare qui i miei interventi e quesiti perché in altre discussioni o si divagava (nulla di male, è il forum, baby!) o si raggiungeva un livello di ermeneutica giuridica non confacente al mio comprendonio (potrei forse forse forse pure cimentarmi qui a parlare con voi di Gadamer e della sua ermeneutica filosofica, ma di quella giuridica... proprio no). Ho capito che la certezza matematica di evitare accertamenti e quant'altro non esiste, proprio come, parlo per me, non esiste la certezza di un aldilà. Ma va bene. Era chiaro. Rimango sulla generalità della discussione: l'attestazione / certificato. Assalito da mille dubbi sui vari documenti che ho a corredo delle mie monete, sono andato a prendermi un altro dei miei attestati:

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Vi sembra possibile che alla voce PROVENIENZA (debitamente coperta come ogni altra informazione sensibile) venga riportata unicamente l'asta stessa presso cui è stata acquistata la moneta? Praticamente il banditore XYZ dell'asta n. "Trentunsette" attesta / certifica che quel marengo viene dalla sua asta n. "Trentunsette". Capisco che qui non si tratta più di monete antiche, ma perdinci o una dichiarazione viene fatta secondo norma o la dichiarazione... non dichiara nulla. Si tratta solo di tautologia, o "supercazzola" 😂. Siete d'accordo?


Inviato
1 ora fa, sdy82 dice:


Sono alcune settimane che cerco di fare una lettura sistematica degli interventi sul forum a tema ATTESTAZIONE, PROVENIENZA e simili. Ho scelto di piazzare qui i miei interventi e quesiti perché in altre discussioni o si divagava (nulla di male, è il forum, baby!) o si raggiungeva un livello di ermeneutica giuridica non confacente al mio comprendonio (potrei forse forse forse pure cimentarmi qui a parlare con voi di Gadamer e della sua ermeneutica filosofica, ma di quella giuridica... proprio no). Ho capito che la certezza matematica di evitare accertamenti e quant'altro non esiste, proprio come, parlo per me, non esiste la certezza di un aldilà. Ma va bene. Era chiaro. Rimango sulla generalità della discussione: l'attestazione / certificato. Assalito da mille dubbi sui vari documenti che ho a corredo delle mie monete, sono andato a prendermi un altro dei miei attestati:

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Vi sembra possibile che alla voce PROVENIENZA (debitamente coperta come ogni altra informazione sensibile) venga riportata unicamente l'asta stessa presso cui è stata acquistata la moneta? Praticamente il banditore XYZ dell'asta n. "Trentunsette" attesta / certifica che quel marengo viene dalla sua asta n. "Trentunsette". Capisco che qui non si tratta più di monete antiche, ma perdinci o una dichiarazione viene fatta secondo norma o la dichiarazione... non dichiara nulla. Si tratta solo di tautologia, o "supercazzola" 😂. Siete d'accordo?

 

No, si tratta esattamente di quello che la legge richiede e concede di fare. E adempie a tutti gli obblighi di legge.

Andare oltre non avrebbe senso giuridico e non sarebbe neanche legale se non in pochissimi casi di pregressa provenienza  pubblica.

Si richiede un passo per volta nel procedimento inverso, per tutela degli attori 

  • Mi piace 1

Inviato
10 ore fa, sdy82 dice:


 ...........o si raggiungeva un livello di ermeneutica giuridica non confacente al mio comprendonio (potrei forse forse forse pure cimentarmi qui a parlare con voi di Gadamer e della sua ermeneutica filosofica, ma di quella giuridica... proprio no).

Il collezionista ha sempre a che fare con la Vorverständnis degli organi giudiziari.

  • Mi piace 1

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