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Il pifferaio (magico) di Hamelin: ipotesi ricostruttive


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Il pifferaio magico, eco di una tragedia dimenticata

La leggenda dei bambini perduti potrebbe rievocare un’antica invasione di topi o l’emigrazione di tedeschi indigenti verso est

 
 
 

Nel 1284 apparve a Hamelin, nella Bassa Sassonia, un uomo molto strano. Indossava un mantello variopinto […] e diceva che avrebbe liberato la città da topi e ratti in cambio di una certa somma di denaro».

Comincia così la leggenda del pifferaio magico. La fine è nota a tutti: gli abitanti del villaggio non gli pagarono la cifra concordata e il suonatore si ripresentò il 26 giugno, giorno di san Giovanni e san Paolo, questa volta con un aspetto spaventoso e con uno strano cappello rossastro in testa (le sembianze che in molte leggende medievali assume il diavolo). Al suono di una certa melodia portò via con sé tutte le bambine e i bambini del villaggio (130 in totale) e, dopo essere uscito con loro attraverso la porta orientale della città, scomparve all’interno di una grotta. Si salvarono solo in tre: un bimbo molto piccolo, che era tornato a prendere la giacca, e due ragazzi, uno cieco e uno muto, che erano rimasti indietro ma in seguito non sarebbero stati in grado di raccontare nulla di quanto visto o sentito. Quanto agli altri, secondo la tradizione orale, riapparvero dall’altra parte della grotta, in Transilvania.

Realtà o finzione? Dietro il racconto che i fratelli Grimm resero famoso nel 1816 si nasconde qualche evento storico? O si tratta di una favola, frutto della tradizione popolare?

Le origini della leggenda risalgono al Medioevo. La prima raffigurazione dei bambini che lasciano Hamelin fu realizzata intorno al 1300 sulle vetrate della chiesa del mercato, distrutta nel XVII secolo. In questa immagine non ci sono ancora i ratti, ma solo un uomo con uno strumento musicale e un seguito di bambini.

Arrivano i topi

Fu solo nel 1559 che il conte svevo Froben von Zimmern menzionò per la prima volta, nella cronaca della sua famiglia, l’invasione dei roditori. Nel Medioevo eventi di questo tipo non erano rari. Anche se non si sapeva ancora che potevano trasmettere la peste, i topi rappresentavano una minaccia per il raccolto e pertanto era normale che vi fossero individui che si dedicavano a sterminarli.

 

Come per i boia e per gli addetti alle pulizie delle latrine, la natura della professione relegava chi la praticava ai margini della società. I cacciatori di topi erano figure necessarie con le quali, però, nessuno voleva condividere l’esistenza quotidiana. Per questo si spostavano di città in città, di villaggio in villaggio, senza godere di nessun diritto di cittadinanza.

Il sistema più efficace e comunemente usato per combattere i ratti era l’uso di trappole e veleni. La leggenda cita invece un metodo inusuale, che si rivelò però altrettanto efficace: il suono di un flauto. Questa combinazione di dati storici ed elementi leggendari ha portato gli storici a concludere che dietro la storia del pifferaio di Hamelin si nasconda un avvenimento storico che, a poco a poco, si è trasformato in favola fondendosi con altre leggende preesistenti.

La carestia del 1284

Nei registri comunali di Hamelin non c’è traccia del fatto che le autorità cittadine avessero ingaggiato qualcuno per sbarazzarsi dei topi. È invece documentato che nell’anno in questione la città fu effettivamente vittima di una terribile carestia provocata appunto dai roditori, che avevano distrutto il raccolto di cereali. Si sa anche che, proprio a causa della carestia, molti giovani dovettero emigrare dalla regione di Hamelin per partecipare alla colonizzazione dell’est, dove speravano di trovare migliori condizioni di vita.

A lanciare l’appello era stato Ladislao IV d’Ungheria (1262-1290), il cui vasto regno si estendeva dall’attuale Croazia fino ai Carpazi ed era caratterizzato da una densità di popolazione molto bassa. Desideroso di popolarlo, il sovrano promise ai tedeschi l’esenzione dal pagamento delle tasse e dal servizio militare.

La proposta veniva diffusa per i villaggi da un reclutatore a cavallo, vestito in abiti sgargianti, che radunava la gente in piazza al suono del suo fischietto. Molti dei contadini che abitavano lungo il fiume Wesser, sfruttati dai loro signori e trattati in alcuni casi come schiavi, trovarono l’offerta attraente.

La donna che vide tutto

 

Il XIII secolo fu uno dei momenti chiave nel processo di colonizzazione dell’est. Il pifferaio potrebbe quindi essere stato un reclutatore che attirava i giovani verso il sogno di una vita migliore. Questo fenomeno dovette implicare per Hamelin la perdita di un’intera generazione: la leggenda sarebbe nata per costruire una spiegazione di questo evento traumatico.

La Catena aurea, una raccolta di leggende degli inizi del XV secolo, contiene la più antica versione conosciuta di questa misteriosa fiaba. Proprio qui appare un dato che permette di collegare il racconto a una migrazione storica.

Il testo accenna infatti all’esistenza di una testimone degli avvenimenti: «E la madre del signor decano Lüde vide i bambini andare via». Secondo i registri notarili dell’archivio storico di Hamelin, la famiglia Lüde era una delle più attive nella vita economica della città, per cui è ben possibile che uno dei suoi membri presiedesse una corporazione e ricoprisse la carica di decano. Questo fatto darebbe allora un carattere di realtà a ciò che altrimenti parrebbe affondare le radici solo nel mondo della fantasia.

 

La pista transilvana

La teoria dell’emigrazione dei giovani sarebbe confermata anche da un altro elemento decisivo: il toponimo della regione di Siebenbürgen (“sette borghi”), nell’attuale Transilvania, così chiamata in tedesco perché composta da sette grandi nuclei urbani fondati da tedeschi. In questa zona compare il nome di Hamelspring (“la sorgente dell’Hamel), anche se non c’è nessun fiume con questo nome. Ciò rimanderebbe all’usanza degli emigrati di chiamare i nuovi insediamenti con i toponimi dei loro luoghi di origine (in questo caso Hamelin).

La storia che conosciamo oggi è frutto del lavoro svolto nel XVII secolo dal gesuita Athanasius Kircher, che analizzò lo sfondo storico della leggenda. All’inizio del secolo successivo l’erudito Johann Gottfried Gregorii diffuse il racconto in ambito tedesco grazie ai suoi popolari libri di geografia, letti da Goethe e da altri autori romantici. Due di questi scrittori, ovvero Clemens Brentano e Achim von Arnim, che ammiravano il patrimonio rappresentato dalla poesia popolare, avrebbero incoraggiato i fratelli Grimm a metterne per iscritto una versione in prosa nella loro antologia di fiabe.

 

 

https://www.storicang.it/speciali/il-pifferaio-magico-eco-di-tragedia-dimenticata_14695


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Hamelin, altro che pifferaio: ecco cosa è successo davvero nella città tedesca 735 anni fa esatti

Secondo le prime ricostruzioni storiche, il leggendario pifferaio avrebbe sottratto alla città i suoi giovani il 26 giugno 1284. Ma è andata davvero così? Più o meno

Hummingbird

È successo 735 anni fa. Il pifferaio è tornato a Hamelin, in Bassa Sassonia, per portare via i giovani della città e condurli verso un dirupo, da dove poi si sarebbero buttati per morire.

È solo una leggenda, eppure nella memoria popolare della città il racconto è rimasto collegato a una data precisa del calendario: il 26 giugno 1284. Tanto che all’inizio delle cronache del paese risalenti al 1384 si trova scritto che “sono passati 100 anni esatti da quando se ne sono andati i nostri figli”. Così, senza ulteriori spiegazioni, si allude a un fatto considerato reale e ben noto a tutta la città. L’arrivo del pifferaio e la sparizione dei giovani.

Numerosi studiosi, intrigati dall’idea di trovare il fatidico “fondo di verità” alla base della storiella, si sono cimentati nella ricerca. Non solo la cronaca cittadina conferma che, in quel periodo, qualcosa di grave era accaduto. Anche una finestra di vetro nella finestra della cattedrale, creata nell’anno 1300 (cioè 16 anni dopo), richiama per sommi capi proprio quella storia. C’è un pifferaio, ci sono dei topi (che sono senza dubbio un’invenzione posteriore, visto che sanno nuotare benissimo) e dei giovani che lo seguono.

Secondo alcuni, il pifferaio altro non sarebbe che una versione figurativa della morte per peste. Un evento luttuoso che porta via i giovani, e come tutti sanno nella diffusione del virus (come nella leggenda) i topi c’entrano eccome. Eppure, a guardare le cronache, la celebre Morte Nera arriverà solo 50 anni dopo, cioè nel 1347.

Secondo altri, la storia del pifferaio sarebbe un modo (sempre figurato) per parlare della Crociata dei Bambini, in cui bande di giovani sarebbero partite aall’Europa per partecipare alla conquista della Terra Santa. Un evento storico sulla cui autenticità ci sono molti dubbi e che, comunque, risalirebbe al 1212, per cui prima rispetto all’arrivo del pifferaio.

Escluse queste ipotesi, c’è anche chi ha avanzato l’idea che, come è capitato in altre parti e in altre epoche, i ragazzi di Hamelin, forse a causa di qualche dissesto alimentare, siano stati colpiti da una strana isteria di massa che li ha spinti a muoversi e ballare, andando in trance e, spesso, morendo per la fatica. Il pifferaio, secondo questa ipotesi, sarebbe una persona in carne e ossa chiamata dalle autorità per allontanare dalla città, al suono della sua musica, i giovani impazziti e smaniosi di danza. Un evento impressionante che, senza dubbio, rimarrebbe impresso nella memoria di un piccolo centro come Hamelin, come del resto è accaduto a Erfurt, dove è successo davvero.

Un’idea ingegnosa, ma forse troppo. Non si sa nulla di come funzionino queste manifestazioni di isteria di massa non controllate e, soprattutto, non c’è modo per sapere se abbiano avuto luogo anche a Hamelin.

In questa foresta di speculazioni e di dubbi, forse l’unica spiegazione attendibile è un’altra: è stato un caso di emigrazione di massa. Chi la sostiene ha dalla sua il fatto che nel tedesco dell’epoca l’espressione “figli di Hamelin” indica, per metafora, gli abitanti della città. Tutti, non solo i giovani. Questo porterebbe a credere che un’intera generazione, in massa, abbia abbandonato la città in cerca di fortuna verso altre terre, come succedeva spesso all’epoca. Fu in quegli anni che zone come la Pomerania, e la Prussia dell’Est, o la Morovia e la Transilvania vennero abitate da emigrati tedeschi. Come dice la versione della favola dei fratelli Grimm, “alcuni dicono che i bambini vennero portati in una caverna, e ne uscirono che si trovavano in Transilvania”.

E il pifferaio? Altro non sarebbe che il Lokator, cioè una figura impiegata dai nobili per reclutare soldati o agricoltori da ricollocare, appunto, in aree poco sfruttate o ostili. Erano personaggi vestiti in modo vistoso e annunciavano la propria presenza in città con strumenti musicali e fanfare (ecco il flauto). Forse esagerano con i dettagli, e forse la ricostruzione fiabesca (perché nonostante i “fondi di verità” è pur sempre una leggenda), con tanto di musicisti-seduttori, era soltanto un modo, autoconsolatorio, per cucire le ferite di una perdita importante.

https://www.linkiesta.it/2019/06/pifferaio-hamelin-leggenda/amp/

 

La leggenda del Pifferaio di Hamelin, nata nel Medioevo tedesco, ha ispirato molti autori, tra cui i fratelli Grimm e Robert Browning, prima di Marina Cvetaeva, che ci costruisce un poema dall'andamento musicale e teatrale con molta ispirata genialità e molte raffinate soluzioni stilistiche ne L'accalappiatopi (Edizioni e/o, pagg. 330, euro 18), ben tradotto da Caterina Graziadei e da lei curato con un dottissimo apparato di note (il testo apparve la prima volta in Italia nel 1983). Il tema della leggenda è entrato nell'immaginario popolare europeo: un borgo invaso dai topi ne viene liberato da un misterioso Pifferaio che al suono del suo strumento allontana tutti i roditori portandoli ad annegare in un fiume. Quando il compenso pattuito gli viene negato, il Pifferaio riprende in mano il suo strumento e questa volta sono i bambini a seguirlo e a scomparire. Che fine facciano bambini è oggetto di diverse varianti: annegano nel fiume anche loro, o il Pifferaio li chiude nella grotta segreta di una montagna, o li porta con sé in altri viaggi incantati.

Sapendo che su questo tema ha scritto una ballata Goethe, sono subito andato a cercarla: è mia consuetudine rivolgermi a Goethe quando voglio capire di più della letteratura e del mondo. Ebbene, la ballata intitolata Der Rattenfanger, L'acchiapparatti, espunge dalla leggenda gli aspetti oscuri e tragici, e fa dell'acchiapparatti un «cantore rinomato» che «molto ha viaggiato» e che estende le sua facoltà di incantatore diventando un acchiappabambini, con la sue favole d'oro, e all'occasione anche un acchiapparagazze: «In tutte le città dove è stato/ più d'una ha subito il suo incanto».

Marina Cvetaeva, che scrive il suo poema poco dopo la fuga dalla Russia, tra Praga e Parigi, nel 1925, ha una cultura dominata dall'amore della tradizione tedesca e dal potere della musica, che gli viene dall'educazione materna. Di fronte alla antica leggenda del Pifferaio di Hamelin, città il cui nome traslittera in Hammeln, più pesante e pieno, l'autrice ne va a scovare, come è sempre possibile nelle leggende, gli aspetti mitici, e il suo Pifferaio vestito di verde prende trasparenze che ricordano Orfeo, Teseo, forse persino la leggerezza del dio Ermes. Marina Cvetaeva non ha la serenità olimpica di Goethe, quella che fece sempre preferire all'autore del Faust la chiarezza solare del mito greco alla oscurità barbarica del mito germanico: la poetessa russa ha un animo tormentato, visionario, in certe parti ho sentito nel suo poema un'eco wagneriana, dei Maestri cantori di Norimberga, certo, ma anche dell'Oro del Reno, e forse anche del Poema dell'estasi di Aleksandr Scriabin. Il borgo di Hammeln, il suo Borgomastro, diventano i simboli della grettezza borghese.

Il borgo è vecchio e rispettabile, solido, lindo, lustro, e «la notte che apparve la cometa/ dormì un sonno sodo e sincero», impassibile di fronte a qualunque evento, anche cosmico. I prezzi del manzo, della panna, della ricotta sono bassi, l'unica merce cara, e rara, è il peccato. Non ci sono anime, ad Hammeln, ma corpi, e che corpi, non ci sono poveri, l'unico che c'era è morto ed è stato sepolto lontano dagli altri per ordine del pastore. Ma a un certo punto in questa città virtuosa, di buoni costumi, di fondaci e di stomaci pieni, dove il Borgomastro in sogno vede i suoi borghigiani, i suoi vassalli e i suoi fittavoli, dove è bandita ogni musica e dove si sente, per chi sa sentirlo, il fetore della pulizia e il tanfo dell'opulenza, irrompono orde di ratti (chi sono davvero i ratti per la Cvetaeva: i «Messia della classe oppressa», i topi-ammasso del totalitarismo? Altri hanno visto nell'opera della poetessa russa la condanna di ogni utopia rivoluzionaria, altri vi leggono oggi una satira del «potere popolare»...). Nessuno è in grado di cacciarli se non questo misterioso Pifferaio, cui viene promessa in cambio la mano di Greta, figlia del Borgomastro. Ma alla resa dei conti, la promessa non viene mantenuta: la musica è vista come un affronto al buon senso, un tifo, un crac bancario. Era stato detto: «Sia diavolo o giudeo» chi libererà la città diventerà genero del Borgomastro: nessuno aveva previsto e non era contemplato che a liberarla non sarebbe stato un diavolo né un giudeo, ma un musicista, che è peggio di entrambi. Ed è così che il Pifferaio si porta via tutti i bambini del borgo, che dalle case e dalle scuole lo seguono al suono delle sue note incantate sino a un lago, nelle cui acque li vediamo scendere dai ditini alle caviglie, alle ginocchia, alle spalle, al nasino e alla gola. Per una punizione terribile: o per nuova vita magica, forse?

https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/folclore-ai-populismi-pifferaio-magico-non-smette-incantare-1418112.html


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Il pifferaio di Hamelin

 
 

Il pifferaio di Hamelin (Der Rattenfänger von Hameln, letteralmente "l'accalappiatore di ratti di Hameln") è il soggetto di una leggenda tedesca ambientata nella città di Hameln o Hamelin, in Bassa Sassonia. È anche nota come Il pifferaio magico o titoli similari.

220px-Pied_piper.jpg Un'illustrazione della fiaba su una vetrata di una chiesa di Goslar.

Nella sua versione base, che fu oggetto di trascrizione dei fratelli Grimm e messa in poesia da Wolfgang Goethe e dall'inglese Robert Browning, narra di un suonatore di piffero magico che, su richiesta del borgomastro, allontana da Hamelin i ratti al suono del suo strumento; quando il borgomastro si rifiuta di pagarlo per l'opera, questi si vendica irretendo i bambini del borgo al suono del piffero e portandoli via con sé per sempre.

La leggenda del pifferaio nacque intorno alla seconda metà del XIV secolo e parrebbe correlata alla peste che imperversava in Germania in quel periodo, il cui agente, il bacillo Yersinia pestis, trovava un efficace vettore nel ratto (roditore anche noto come «pantegana»). Un'altra possibile origine della leggenda parrebbe essere il repentino abbandono della città da parte di circa 130 ragazzi, probabilmente emigrati per andare a lavorare altrove nel Paese. Meno probabile appare essere una teoria secondo la quale i giovani abitanti di Hamelin sarebbero morti in blocco per via di un'inondazione o, ancora, rapiti da qualche setta o annegati nel fiume Weser.

Trama

La storia si svolge nel 1284 ad Hameln, in Bassa Sassonia.

Un uomo con un piffero si presenta in città e propone di disinfestarla dai ratti; il borgomastro acconsente, promettendo all'uomo un adeguato pagamento. Non appena il pifferaio inizia a suonare, i ratti, incantati dalla sua musica, si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino al fiume Weser, dove annegano, e Hamelin è libera dal flagello.

L'uomo torna in città per ricevere la ricompensa, ma il borgomastro si rifiuta di pagare il pifferaio. Questi, per vendetta, riprende a suonare mentre gli adulti dormono, attirando dietro di sé tutti i bambini della città. Centotrenta bambini lo seguono in campagna e vengono rinchiusi dal pifferaio in una caverna. Nella maggior parte delle versioni, non scampa nessun bambino, oppure se ne salva uno che, zoppo, non era riuscito a tenere il passo dei compagni. Varianti meno note della fiaba introducono un lieto fine in cui un bambino di Hamelin, sfuggito al rapimento da parte del pifferaio, riesce a liberare i propri compagni, oppure è il pifferaio stesso a liberare i bambini quando il borgomastro decide di pagarlo. Secondo un'altra variante i bambini entrano nella caverna seguendo il pifferaio ma fuoriescono da un'altra caverna, la grotta di Almasch in Transilvania: questa era una delle leggende che spiegava l'arrivo dei sassoni in Transilvania, rappresentati in questo caso dai bambini portati dal pifferaio magico di Hamelin.

Origini della fiaba

Il più antico riferimento a questa fiaba si trovava in una vetrata della chiesa della città di Hameln e risalente circa al 1300. Della vetrata si trovano descrizioni su diversi documenti del XIV e XVII secolo, ma pare che essa sia andata distrutta. Sulla base delle descrizioni, Hans Dobbertin ha tentato di ricostruirla in tempi recenti. L'immagine mostra il Pifferaio Magico e numerosi bambini vestiti di bianco.

Si pensa che questa finestra sia stata creata in ricordo di un tragico evento effettivamente accaduto nella città. Esisterebbe tuttora una legge non scritta che vieta di cantare o suonare musica in una particolare strada di Hamelin, per rispetto nei confronti delle vittime. Nonostante le numerose ricerche, tuttavia, non si è ancora fatta luce sulla natura di questa tragedia. In ogni caso, è stato appurato che la parte iniziale della vicenda, relativa ai ratti, è un'aggiunta del XVI secolo; sembra dunque che la misteriosa vicenda di Hamelin avesse a che vedere solo con i bambini. Al contrario, paradossalmente, l'immagine del pifferaio seguito da un esercito di topi è quella che la maggior parte delle persone associa a questa fiaba, magari senza ricordare nient'altro della vicenda.

Le principali ipotesi circa gli avvenimenti di Hamelin sono le seguenti:

  • I bambini furono vittime di un incidente; forse annegarono nel Weser o furono travolti da una frana.
  • I bambini furono vittime di un'epidemia e furono portati a morire fuori dalla città per proteggere il resto della popolazione. Si è ipotizzato che l'epidemia potesse essere di peste. Altri, con riferimento al fatto che i bambini "danzavano" dietro al pifferaio, hanno pensato alla malattia di Huntington oppure al ballo di San Vito, piuttosto comune in Europa nel periodo che seguì le epidemie di peste nera. Secondo queste ipotesi, il pifferaio è una rappresentazione simbolica della morte o della malattia. Parlano di queste epidemie di ballo di San Vito la Cronaca di Erfurt del 1237 e la Cronaca di Maastricht del 1278.
  • I bambini lasciarono la città per partecipare ad un pellegrinaggio, ad una campagna militare o, addirittura, ad una nuova Crociata dei bambini, non facendo mai più ritorno. In questo caso, il pifferaio rappresenterebbe il reclutatore.
  • I bambini abbandonarono volontariamente i loro genitori e Hameln per fondare nuovi villaggi, durante la colonizzazione della Germania Orientale. Questa teoria porta come prova i numerosi luoghi con nomi simili ad Hameln sia nei dintorni della città che nelle colonie orientali. Le migrazioni di bambini nel XIII secolo sono un fatto ampiamente documentato e quest'ultima teoria gode di un notevole credito. Il pifferaio sarebbe un reclutatore che condusse via buona parte della gioventù di Hamelin per fondare una colonia nella Germania orientale. Tale Decan Lude, originario di Hameln, avrebbe posseduto intorno al 1348 un libro di cori che conteneva un verso in latino che riportava questo evento. Il libro è andato perduto, si pensa intorno al XVII secolo.
  • Oltre ad evocare possibili "epidemie coreutiche", vale a dire balli di gruppo aventi spesso scopo terapeutico, la leggenda del pifferaio magico include elementi mutuati da remote tradizioni orali legate al viaggio verso un luogo misterioso. Due elementi rafforzano tale ipotesi: la presenza del bambino zoppo ed il motivo della caverna. È un dato accertato dagli studi sulle religioni dell'Eurasia il fatto che la zoppia era uno degli attributi delle persone che fungevano da mediatori con l'Aldilà. La caverna è, fin dalla preistoria, un luogo sacro e, soprattutto, un passaggio verso l'altro mondo. Molti miti in Europa, Asia e America raccontano di un eroe (spesso un cacciatore) che, inseguendo la preda, giunge in una caverna fatata nella quale vivono i Signori degli animali e che si rivela il luogo in cui la selvaggina cacciata rinasce a nuova vita.

Un racconto tedesco degli eventi di Hameln, purtroppo non illuminante, è sopravvissuto in un'iscrizione databile al 1602-1603, trovata proprio nella città della fiaba:

(DE)

«Anno 1284 am dage Johannis et Pauli
war der 26. juni -
Dorch einen piper mit allerley farve bekledet
gewesen CXXX kinder verledet binnen Hameln geboren -
to calvarie bei den koppen verloren.»

(IT)

«Nell'anno 1284, il giorno di Giovanni e Paolo
il 26 di giugno
Da un pifferaio, vestito di ogni colore,
furono sedotti 130 bambini nati ad Hameln
e furono persi nel luogo dell'esecuzione vicino alle colline.»

Versioni letterarie

Il resoconto più antico in lingua inglese è quello di Richard Rowlands Verstegan (1548-1636), un antiquario e studioso di controversie religiose, nel suo Restitution of Decayed Intelligence (Anversa, 1605). Egli cita la liberazione della città di Hameln dai ratti e suggerisce che i bambini perduti siano andati a finire in Transilvania. Sembra che sia Verstegan ad aver coniato l'espressione Pied Piper ("Pifferaio Variopinto"), introducendo quello che nei paesi di lingua inglese è l'appellativo più comunemente associato al pifferaio (in Italia, invece, viene comunemente chiamato "Pifferaio Magico"). Piuttosto curiosamente, la data indicata da Verstegan per gli eventi di Hamelin è completamente diversa da quelle proposte da altre fonti, ovvero il 22 luglio 1376. Le note di Verstegan furono la fonte su cui si basò in seguito Nathaniel Wanley per il suo Wonders of the Visible World (1678), a sua volta utilizzato da Robert Browning per la sua celebre poesia.

La vicenda di Hameln interessò anche Goethe, che scrisse una poesia su di essa nel 1803 e la citò anche nel suo Faust.

I fratelli Grimm, traendo informazioni da undici fonti diverse, inclusero la fiaba del Pifferaio nella loro raccolta di Saghe germaniche (Deutsche Sagen), pubblicata per la prima volta nel 1816, intitolandola Die Kinder zu Hameln (storia 245). Nella loro versione, due bambini (uno cieco e uno storpio) rimasero a Hameln; gli altri divennero i fondatori delle Siebenbürgen (Sette Città, in Transilvania).

Basandosi probabilmente sul testo dei fratelli Grimm, Robert Browning scrisse una poesia sul Pifferaio, The Pied Piper, pubblicata nel 1849; la poesia è celebre per il suo humour, per i giochi di parole, e per le rime gioiose. La poesia colloca i fatti di Hameln in data 22 luglio 1386.

(EN)

«When, lo, as they reached the mountain's side,
A wondrous portal opened wide,
As if a cavern was suddenly hollowed;
And the Piper advanced and the children followed,
And when all were in to the very last,
The door in the mountain-side shut fast.»

(IT)

«Quando raggiunsero il fianco della montagna
un meraviglioso portale vi si aprì,
come se si fosse creata improvvisamente una caverna;
il Pifferaio entrò e i bambini lo seguirono,
e quando alla fine tutti furono all'interno,
la porta nella montagna si chiuse velocemente.»

Il luogo menzionato da Browning è la montagna di Coppenbrügge, un luogo noto per essere stato, in tempi antichi, sede di oscuri riti pagani.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Il_pifferaio_di_Hamelin

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