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Regno di Napoli:::Le monete


Risposte migliori

Le ribattute hanno sempre un fascino particolare: sarà per la loro "doppia vita"... Questa, poi, è anche ben conservata, soprattutto il rovescio. Particolare la forma del vello dell'Ordine del Toson d'Oro al rovescio...

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Le ribattute hanno sempre un fascino particolare: sarà per la loro "doppia vita"... Questa, poi, è anche ben conservata, soprattutto il rovescio. Particolare la forma del vello dell'Ordine del Toson d'Oro al rovescio...

ti quoto galenus,anche se c'è da dire che in questa moneta la data 1817 non èmolto visibile a causa "dell'aggiunta"di metallo sulla moneta

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Non so se presente questo taglio in questa Discussione ( che non so con precisione la quantità di Monete Napoletane che contiene), ma dato che questo Nominale non si vede postato di frequente, se non quasi mai, posto un mio esemplare del 1836, anche se non in un ottimo stato di conservazione.

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Ciao peter quest'ultima postata è una rara moneta,più di quanto ritenuto dai cataloghi/prezziari.

Non ricordo vi siano altre monete del nominale uguale al tuo,ma anche se fosse non dispiace rimirarne e studiarne altre simili.

--odjob

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Ciao peter quest'ultima postata è una rara moneta,più di quanto ritenuto dai cataloghi/prezziari.

Non ricordo vi siano altre monete del nominale uguale al tuo,ma anche se fosse non dispiace rimirarne e studiarne altre simili.

--odjob

Ciao Odjob...........anch'io sono daccordo sulla Rarità.............per quanto riguarda poi il conio come al solito c'è sempre qualcosa di diverso: cifra 3 ribattuta o meglio "doppia battitura".

Ciao

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Salute

la moneta che vado a postare quest'oggi fu coniata da Ferdinando I D'Aragona durante la "congiura dei baroni"per poter pagare le truppe.Se non ricordo male,in questa discussione furono postate altre monete simili,ma sono convinto che postandone altre non si fa altro che del bene alla Numismatica

Tornese :FERDINANDO I D'ARAGONA(1458-1494)zecca di Napoli ,emissione in mistura presumibilmente collocabile fra il 1460 ed il 1462

D/+FERDINANDVS :D:G:®;cerchio perlinato e,nel campo, Re di fronte seduto su due protomi di leone,che regge con la mano destra lo scettro e con la sinistra il globo crucigero;il tutto racchiuso entro cerchio perlinato.

R/+SICILIE:IERVS:VNG;cerchio perlinato e nel suo interno croce patente potenziata;;il tutto racchiuso entro cerchio perlinato.

Riferimenti:PANNUTI E RICCIO 26;CAGIATI 7;CNI 829;D'ANDREA- ANDREANI 73;MIR 80

Stando alle varie classificazioni ho riscontrato che la moneta in questione ,al D/ha una lettera dopo la G che potrebbe essere una R(ex) continuazione di D(ei)G(razia),inoltre,altra varietà è,al R/ la lettera G dopo VN.

Queste due varietà in unica moneta da Tornese non sono citate nei vari studi.

Dallo studio di fedafa sui Denari Tornesi nell'Italia meridionale apprendiamo che questo tipo di Tornesi .che si rifanno per il D/ al R/ del Quarto di Carlino emesso dallo stesso regnante nel 1458,furono oggetto di speculazione da parte di Re Ferdinando I,poichè,come ho precedentemente detto,queste monete furono coniate per pagare le truppe fedeli a Ferdinando ,per contrastare la rivolta dei baroni ribelli che non accettavano il legittimo insediamento di Ferdinando I al trono di Napoli e cercavano di appoggiare e di legittimare Giovanni D'Angiò(questa è la versione ufficiale con cui si sostenne la rivolta,ma in realtà,fra i baroni feudatari vi era timore di perdere privilegi acquisiti precedentemente e futuro incerto per nuove acquisizioni )e quindi speculò sul contenuto di metallo di queste monete.

Questi Tornesi furono coniati a partire dal 8 febbraio 1460(BOVI 1968 pag.928)con valore pari a 3 Denari,o 6 Cavalli,o 20 Carlini ed inizialmente venivano prodotti con 2 once d'argento e 10 di rame.Dal novembre 1460 ,durante la congiura,fu abbassato l'argento presente nella moneta e portato a 1/2 oncia e ,nel gennaio 1461 fu abbassato ad 1/4 di oncia per libbra(SAMBON e DELL'ERBA poi ripresi a BOVI 1968 paggine 928-929).

Da SAMBON apprendiamo che questi Tornesi ,furono coniati,con ordine di Ferdinando I dalle Zecche di Barletta,Gaeta,Salerno,Cosenza,Lecce,Capua ed Isernia oltre a quella napoletana.In tal modo l'argento non fu più presente nella moneta e si coniò con solo rame.Ad ogni modo non si può distinguere fra le varie Zecche quale sia quella di emissione poichè non vi sono sulle monete segni di zecca.

--Salutoni

-odjob

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Tra le insegne preziose di un impero millenario vi è il globo crucigero che è un simbolo cristiano che troviamo nel Medioevo raffigurato sulle monete,nella mano dei vari Re che si succedettero al Sacro Romano Impero,lo troviamo nell'iconografia e nelle insegne regali.

Questa insegna,nella quale il mondo(il globo)è sormontato dalla croce di Cristo,sta a significare che l'imperatore governava per volere divino.Il globo è ricoperto da una lamina d'oro e la croce è ornata di gemme.

Oggi questo simbolo,insieme agli altri,che componevano le insegne imperiali è custodito nella Hofburg di Vienna.Le altre insegne imperiali erano :la corona,la spada,il crocefisso,i guanti,la dalmatica(la veste che faceva parte dell'abbigliamento della cerimonia d'incoronazione) e la sacra lancia in cui,secondo la tradizione,era inserito un chiodo della croce di Cristo ed era simbolo d'invincibilità.

La prima raffigurazione del globo crucigero su una moneta risale al V secolo d.C ,brobabilmente fra gli anni che vanno dal 395 al 408 su alcune monete dell'Imperatore Arcadio,ma in maniera più copiosa fu raffigurato dal 423,sulle monete di Teodosio II in cui l'Imperatore veniva raffigurato che reggeva il globo crucigero con la mano,quasi sempre sinistra.

Se vogliamo rifarci ad alcune simbologie esoteriche il globo crucigero potrebbe rappresentare un mondo in cui regnano i 4 elementi dell'universo, ma in tal caso il globo crucigero è associato all'Anima Mundi, ossia gli elementi che vitalizzano e permeano il mondo facendo di esso una creatura. Già anticamente si pensava al mondo come un essere vivente nella sua interezza, una creatura in cui gli elementi vitali siano proprio i quattro elementi. Essi sono presenti nella natura che ci circonda così come permeano l'essere umano, ecco quindi che si comprende come questo simbolo risulti così antico e quasi quel globo con sopra la croce sembra rifarsi ad antichi culti e credenze.

Vi posto un'altro Tornese napoletano che è simile al precedente,con appunto il Re che regge il globo crucigero,anche se in questa moneta soprattutto il campo non è molto leggibile.

Varianti con quello precedentemente postato non ne ho ravvisate ma ,forse,ad un occhio più attento,risulterà qualcosa di dissimile al precedente.

--Salutoni

-odjob

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Salute

si prosegue postando questa :

120 Grana :FERDINANDO IV di BORBONE(II Periodo 1799-1805) anno 1805 Zecca di Napoli Argento mm.38 gr.27,53

D/FERDINANDVS IV.D.G.REX busto del Re a destra,sotto 1805

R/VTR.SIC.HIER.INF,stemma coronato(medio)a cuore;ai lati L-D(maestro di Zecca Luigi Diodati),sotto G 120

Contorno:PROVIDENTIA OPTIMI PRINCIPIS in rilievo

Riferimenti:PANNUTI E RICCIO 9;CNI 37;PAGANI 10b;MIR 423;DAVENPORT 162;CRUSAFONT 99,3

L'incisore del Dritto fu Filippo Rega che sostituì Domenico Perger

Lo stile di queste monete evidenzia l'influenza del protettorato inglese ;infatti tali monete somigliavano a quelle da 2 Penny di Gorgio III dette cart wheel(ruote di carro)

--Salutoni

-odjob

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Salute

oggi vi posto questa moneta :

120 Grana:CARLO DI BORBONE(1734-1759) Zecca di Napoli,anno 1736, Argento 900/1000 diam.mm.40 peso gr.25,49

D/Stemma coronato nel campo ;ai lati F-B/A;scritta periferica CAR D G REX NEA HISP INFANS.

R/Il Sebeto sdraiato;scritta periferica DE SOCIO PRINCEPS.In esergo De 1736 G

Riferimenti:PANNUTI E RICCIO 24;CNI 23;MIR 334/3;DAVENPORT 1397

La moneta appartiene ad un collezionista privato

Nel 1734 Carlo III,primo Re della dinastia borbonica,per celebrare la riconquista del Regno di Napoli e Sicilia e la sua indipendenza dalla Spagna,fece coniare i 120 Grana ed anche i 60 Grana con il motto "DE SOCIO PRINCEPS".Queste monete al Dritto recano le sigle F-B del Maestro di Zecca Francesco Maria Berio ed A del Maestro di Prova F.A.Ariani;mentre nel Rovescio ,in esergo troviamo le sigle del Maestro Incisore De G.di Giovanni Casimiro De Gennaro(da Giuseppe De Sopo Le monete di Napoli)

Salutoni

-odjob

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Modificato da odjob
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Su questa tipologia è stato scritto qualcosa riguardo la classificazione del dritto e del rovescio ............ qual è secondo voi il dritto? :help: http://www.panorama-numismatico.com/il-dritto-e-il-rovescio-nelle-monete-napoletane-dagli-aragonesi-ai-borbone-secondo-i-documenti-d%e2%80%99epoca/

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Su questa tipologia è stato scritto qualcosa riguardo la classificazione del dritto e del rovescio ............ qual è secondo voi il dritto? :help: http://www.panorama-...enti-d’epoca/

D'istinto dico che il D/ è il lato dove appare la stupenda immagine del Sebeto sdraiato con il Golfo di Napoli ed il Vesuvio in lontananza .

Questo è anche il lato con cui esporrei la moneta nel portamonete,oltretutto vi è la data che la contraddistinguerebbe dalle altre di diverse annate.

Ecco,per ragioni di praticità ed anche di estetica,per me il D/ è quello dov'è rappresentato il Sebeto.

Definizione secondo me del Diritto:è il lato della moneta più importante inteso come quello che conferisce alla moneta bellezza ed è(quando compare la data )quello in cui compare la data che,per ragioni pratiche,consente di differire la moneta da un'altra emessa in altro anno.

Nella moneta con il Sebeto combacia il lato della data con quello della raffigurazione che abbellisce la moneta;ma ,ad esempio,nei primi 120 Grana emessi dal Regno di Napoli e cioè quelli di Carlo II(questo esempio è per restare sempre su monete da 120 Grana),secondo me il lato più bello è quello che raffigura Carlo II anche se non vi è la data,stesso dicasi per le piastre(odio questo termine,perchè sminuisce la moneta)di Carlo VI ed attribuisco il D/ proprio a questo lato.

Per le monete da 120 e da 60 Grana di Carlo II e Carlo VI è vero che secondo me il D/ dovrebbe essere il lato dove compare il regnante,ma dovendo posizionare la moneta nel raccoglitore,la si dovrebbe posizionare con la data e lo stemma

Altra cosa è il D/ stabilito dalle prammatiche emanate dai regnanti per i Maestri di Zecca ed è questo il D/erga omnes cioè il D/ "burocratico",quello che ,per convenzione,viene citato nelle descrizioni di queste piastre sui libri di Numismatica.

Nel descrivere il D/ed il R/ del 120 Grana 1736 postato precedentemente mi sono attenuto a come i cataloghi/prezziari hanno descritto la moneta e di come hanno tenuto conto del D/ e del R/

--Salutoni

-odjob

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"Stando ad alcune vecchie teorie, il dritto deve sempre essere quello che riporta scritto il nome del sovrano o dell’autorità emittente al di là della presenza o meno di alcuni elementi iconografici quali: ritratti, stemmi, ordini cavallereschi, eccetera."

Il diritto di convenzione è chiaro come definito da Francesco77; dovessi compilare un catalogo non avrei dubbi sul diritto e sul rovescio; poi in collezione il raccoglitore ha l'arbitrio di decidere quale verso della moneta esporre alla luce, se poi vuole identificare nel diritto il rovescio della moneta, a seconda di canoni estetici o praticità di classificazione, liberissimo di farlo.

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Salve vorrei lasciare un breve commento su quanto si è detto.........l'analisi fatta da Od devo dire che mi piace ma il mio piacere personale credo che conti poco, aggiungerei però oltre al fatto (non irrelevante) che il lato della data combacia con quello della raffigurazione, qualcosa che ultimamente mi stà molto a cuore è cioè le sigle dell'incisore che troviamo quasi sempre che siglano al dritto della moneta.......sarà questo il motivo che ha spinto il PR a classificare il dritto di questa moneta con il lato del Sebeto ? ho detto quasi sempre perchè mi pare strano che nella Piastra "FIRMATA SECVRITAS" gli autori anche se le firme sono presenti sul lato della raffigurazione indicano quest'ultimo il lato del rovescio.

Allora mi chiedo saranno stati altri i motivi ? forse i rilievi...... :blush: non dimentichiamoci che M.Pannuti e V.Riccio non erano degli sprovveduti in questo campo e le motivazioni "d'istinto" di Od potrebbero molto avvicinarsi alla realtà del loro pensiero.

Un saluto.

Modificato da peter1
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"Stando ad alcune vecchie teorie, il dritto deve sempre essere quello che riporta scritto il nome del sovrano o dell’autorità emittente al di là della presenza o meno di alcuni elementi iconografici quali: ritratti, stemmi, ordini cavallereschi, eccetera."

Il diritto di convenzione è chiaro come definito da Francesco77; dovessi compilare un catalogo non avrei dubbi sul diritto e sul rovescio; poi in collezione il raccoglitore ha l'arbitrio di decidere quale verso della moneta esporre alla luce, se poi vuole identificare nel diritto il rovescio della moneta, a seconda di canoni estetici o praticità di classificazione, liberissimo di farlo.

In effetti per la piastra tipo "Sebeto" trovai in un testo dell'epoca alcune righe scritte da un cronista che parlava del dritto con lo stemma e il nome del re (nello studio pubblicato su PN ho riportato parte di questo documento), c'è da dire che si tratta di una cronaca e non di documenti di zecca, la certezza matematica nquindi non c'è. Personalmente devo dire che non sono certo al 100% quale sia il dritto, anche perchè gli incisori siglavano come consuetudine il dritto, e in questa tipologia la scena con il Sebeto e il golfo di Napoli sono riportate sullo stesso lato delle sigle del De Gennaro.

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Salute

quando iniziai ad ammirare le monete del Regno di Napoli e Sicilia debbo dire che i 120 ed i 60 Grana di Ferdinando II non mi entusiasmavano molto,poi,con il passare del tempo ,ho osservato meglio queste monete ed una delle cose che più mi piace e che mi lascia incantato è la cordonatura periferica che serve a rialzare il bordo di queste monete argentee,oltre che ad abbellirle ed a conferirle una nota stilistica delicata

Oltretutto ,la cordonatura è una delle prime parti ,di queste monete,a patinarsi;e quando questa caratteristica è presente è una gioia per gli occhi rimirarle

Dopo questa premessa passo a postare questa moneta :

60 Grana:FERDINANDO II DI BORBONE(1830-1859) Zecca di Napoli anno 1855, Argento 833,33/1000 gr.13,74 diam.mm.31

D/Nel campo testa di Ferdinando II nuda ed imberbe volta a destra;scritta periferica FERDINANDVS II DEI GRATIA REX;sotto il collo la data;bordo cordonato

R/Nel campo stemma coronato e scritta periferica REGNI VTR.SIC.ET HIER.;sotto il valore G.60;bordo cordonato

Il contorno presenta la scritta in incuso PROVIDENTIA OPTIMI PRINCIPIS.su rigatura

Riferimenti:PANNUTI E RICCIO 109; PAGANI 247 ; CNI 315; MIR 507/8

La cordonatura periferica,cioè al bordo della moneta, non viene mai annotata dai compilatori dei vari cataloghi che annoverano queste monete.

--Salutoni

-odjob

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Oggi

Vi posto questa moneta che in altra discussione ha suscitato interesse per il diverso stile di alcune raffigurazioni.

Coronato dell'angelo:FERDINANDO I D'ARAGONA(1458-1494) Zecca di Napoli ,Argento gr.3,90 diam.mm.27

D/FERRANDVS:D:G:R:SICILIE:I:;testa del Re coronata volta a destra,dietro la nuca lettera T(Maestro di Zecca Giancarlo Tramontano)

R/IVSTA.TV-ENDA;l'Arcangelo Michele trafigge il drago(Satana)con una lancia

Riferimenti:PANNUTI E RICCIO 17b;MIR 69/2;MEC 14,1006-7;CRUSAFONT 658b;CNI 595;D'ANDREA-ANDREANI 41 tipo

La moneta appartiene a collezione privata

La Congiura dei Baroni, sviluppatasi tra il 1485 ed il 1486, consistette fondamentalmente nella resistenza opposta dai Baroni all'opera di modernizzazione dello Stato perseguita dagli Aragonesi a Napoli. Re Ferdinando I di Napoli (o Ferrante) aveva mirato a dissolvere il particolarismo feudale e fare del potere regio la sola leva della vita del paese. In questo quadro, lo scontro con i Baroni era sorto inevitabilmente attorno al grosso problema di una riforma organica dello Stato, i cui punti salienti erano la riduzione del potere baronale, lo sviluppo della vita economica e la promozione a classe dirigente dei nuovi imprenditori e mercanti napoletani. Strumento di questa politica, fu la riforma fiscale, che affidava nuovi compiti alle amministrazioni comunali , incoraggiandole a sottrarsi, per quanto possibile, al peso feudale. Ed in verità è stato calcolato che allora nel Regno di Napoli, su 1550 centri abitati, solo poco più di cento erano assegnati al regio demanio, cioè alle dirette dipendenze del Re e della Corte, mentre tutti gli altri erano controllati dai Baroni. Il che significava che il potere feudale nel suo complesso era titolare delle risorse e delle finanze del Regno e che la Corte Aragonese nei fatti era resa subalterna all'organizzazione baronale. Era quindi naturale che il Re favorisse in ogni modo l'estensione numerica delle città demaniali, sottraendole al peso feudale ed incorporandole alla propria diretta amministrazione. Ma l'impresa non era di poco conto.

I Baroni erano organizzati in grandi dinastie abbastanza ramificate, ognuna delle quali controllava da sola più terre del Re. Gli Orsini Del Balzo, ad esempio, si vantavano di poter viaggiare da Taranto a Napoli senza mai uscire dai loro possedimenti; i Sanseverino, ora osteggiati ed ora protetti, erano titolari di feudi che dalla Calabria, attraverso quasi tutta la Basilicata, raggiungevano Salerno e lambivano Napoli; i Caracciolo, i Guevara, gli Acquaviva, i Senerchia completavano questa ristretta élite al potere.

Questa ristretta classe dirigente si avvaleva dell'alleanza e del favore del Papa,il quale,ai tempi angioini, aveva costretto il Regno a considerarsi territorio a lui infeudato, e nessuno poteva aspirare al trono di Napoli senza l'assenso esplicito e l'investitura formale del Pontefice. Oltre a ciò, il Papa vantava antiche pretese ed antichi privilegi su parecchie terre e città meridionali, come L'Aquila, Tagliacozzo e, più recentemente, Altamura; ed inoltre governava direttamente, attraverso vescovi ed abati, tutta la Chiesa del Regno, fornita di propria ed autonoma giurisdizione, di propri tribunali distinti da quelli regi e da quelli feudali, e di proprie finanze rivenienti dalla fittissima rete di proprietà ecclesiastiche. Baroni e Chiesa si coalizzarono contro il Re, ostacolando in ogni modo lo sviluppo della società meridionale verso forme più moderne di organizzazione politica e di dinamismo economico ed imprenditoriale.

Gli Angioini avevano concesso a molti avventurieri i feudi meridionali, in ricompensa dell'opera loro prestata per impadronirsi del Regno e per mantenerlo contro questo o quel pretendente. I Sanseverino erano nati così, organizzando in Basilicata ed in Calabria bande armate filo-angioine contro la Casa Sveva; i Del Balzo anche nel nome tradivano la loro origine francese; i Caracciolo erano stati potenti capitani alla corte della regina Giovanna. L'origine guerresca di tutti costoro aveva ossificato un predominio che poco aveva a che fare con il dinamismo imprenditoriale o con le capacità organizzative necessarie a mantenere o estendere le proprie ricchezze. Erano stati al massimo grandi commercianti di grano, come il già ricordato principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo. Ma intorno alla metà del XV secolo, cioè proprio al tempo degli Aragonesi, erano emerse nuove figure di imprenditori meridionali: si trattava di ricchi mercanti, di armatori, di concessionari delle miniere, impegnati nelle industrie estrattive del sottosuolo e del mare. Costoro diedero vita, anche grazie alla politica aragonese, ad un'organizzazione mercantile e produttiva assai vasta: i porti adriatici, soprattutto pugliesi, si aprivano come non mai ai traffici con Venezia e con l'Oriente; la costa tirrenica si popolava di navi mercantili private; furono posti a frutto i giacimenti di piombo ed argento a Longobucco e quelli di allume ad Ischia; si raccolse e si lavorò finemente il corallo del golfo di Napoli. Il Re stesso, come abbiamo detto, incoraggiava queste attività, entrava in società diretta con i privati, aprendo loro nuove piazze e promuovendo, con misure protezionistiche forse troppo parziali, lo sviluppo del commercio nel Regno, che assunse perciò caratteri spiccatamente oligarchici. E spesso, come si sa, il Re stesso attingeva ai capitali privati per le necessità dello Stato e della Corte. Fu allora che iniziò il noto flusso migratorio di popolazioni greco-albanesi nell'Italia meridionale, che si insediarono in moltissimi centri delle nostre regioni, ripopolandoli o fondandoli ex novo. Era perciò inevitabile che questo nuovo ceto imprenditoriale facesse prima o poi sentire tutto il suo peso sul complesso della società meridionale, minacciando molto da vicino le vecchie prerogative baronali e soprattutto entrando in concorrenza con le vecchie famiglie. Questo ceto chiedeva a gran voce per se l'accesso ai fasti ed al prestigio del feudo. Nacque così una nuova forma di baronaggio, nota agli storici come borghesia loricata: si trattava appunto dei nuovi borghesi, che lentamente si integravano nel vecchio ceto baronale di origini prevalentemente militari. In Basilicata, il più noto esponente di questi borghesi-conti fu Giovan Carlo Tramontano conte di Matera; ma ancor più di lui Napoli annoverò tra i rappresentanti più cospicui di questa nuova nobiltà imprenditoriale uomini come Antonello Petrucci e Francesco Coppola. Il primo giunse ad essere Segretario del Re Ferrante, ed i suoi figli meritarono il titolo di conte, rispettivamente di Carinola e di Policastro; il secondo, creato conte di Sarno e socio d'affari col medesimo Re, possedeva una flotta personale ed una truppa armata; sfruttava le miniere di allume di Ischia, e quelle di piombo ed argento di Longobucco; commerciava in stoffe ed in derrate alimentari; era titolare di un saponificio a Napoli, e non si esclude che fosse persino proprietario di un'isola corallifera sulle coste della Tunisia.

Un primo scontro tra i Baroni ed il Re Ferrante vi fu tra il 1459 ed il 1462 e fu una vera e propria guerra che si risolse con una chiara vittoria del Re. Il grande sconfitto di questa guerra fu Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, ultimo principe di Taranto, morto ad Altamura nel 1463, forse fatto soffocare dallo stesso Re tramite l'Arciprete di quella Chiesa.I Del Balzo Orsini persero allora il vastissimo territorio del principato di Taranto, che fu incamerato dalla corte

Il secondo scontro fra i Baroni ed il Re che consistè nella vera e propria congiura fu ordito nel 1485 dal principe di Salerno Antonello II dei Sanseverino. Questi, consigliato da Antonello Petrucci, Francesco Coppola, Luigi dei Gesualdo da Caggiano riunì intorno a sé molte famiglie feudatarie di signori e baroni del regno della fazione guelfa favorevoli agli angioini, tra cui oltre i Sanseverino si ricordano i Caracciolo principi di Melfi, i Gesualdo marchesi di Caggiano, i del Balzo-Orsini principi di Altamura e di Venosa, i Guevara principi di Teramo, i Senerchia (Sinerchia) conti di S.Andrea e Rapone.

I Baroni convenuti a Melfi, pur condividendo le preoccupazioni loro espresse dal Guevara, non se la sentirono di impiegarsi subito ed irrevocabilmente contro Alfonso: non credevano possibile in quel momento sollecitare l'intervento del Papa o dei nuovi pretendenti. E bruciava ancora, oltre tutto, il ricordo dell'amara sconfitta subita nel 1462. Ma non vollero neppure che la proposta cadesse del tutto nel vuoto, ed affidarono a Girolamo Sanseverino, Principe di Bisignano e conte di Tricarico e Miglionico, un compito esplorativo, per verificare almeno le possibili alleanze, ricercare il consenso degli altri Baroni assenti dal convivio di Melfi, ed eventualmente tentare le vie di una trattativa con il Re. Girolamo Sanseverino, per assolvere a questo incarico esplorativo, si incontrò a Napoli con il Petrucci e con il Coppola, con lo scopo di saggiare le intenzioni degli ambienti di Corte e di misurare su di esse gli eventuali successivi passi. Ottenuta da essi una risposta interlocutoria ma non negativa, si tenne subito un vero e proprio summit dei Sanseverino a Diano, cioè nel cuore stesso dei loro possedimenti feudali, tra Calabria, Basilicata e Salerno. Vi presero parte i cinque più importanti esponenti di questa famiglia, e cioè, oltre al principe Girolamo, Antonello Sanseverino principe di Salerno, Giovanna Sanseverino vedova del conte di Sanseverino.

Su un altro versante si muoveva intanto il Coppola. Egli si era recato personalmente da Re Ferrante per informarlo del crescente malumore che aveva riscontrato tra i Baroni e si dichiarò disposto a far da tramite tra costoro e la Corte, per vigilare dall'interno della macchinazione in atto e per volgerla a favore della monarchia. Egli così entrò con convinzione nel meccanismo della congiura, trascinando in essa anche il titubante Regio Segretario Antonello Petrucci ed i figli di costui. Nelle intenzioni del Coppola, la scelta di questa sua posizione ambivalente avrebbe dovuto consentirgli di muoversi più agevolmente e con maggiore vantaggio personale: da una parte, nella veste di inviato del Re, avrebbe potuto incontrare i Baroni senza insospettire il Sovrano, e dall'altra si sarebbe meritata la fiducia dei Baroni sempre diffidenti, ipotecando così un posto di rilievo accanto a loro nell'eventualità che, resasi impraticabile la via dell'accordo col sovrano, si fosse deciso di detronizzare davvero la dinastia aragonese.

Ma le cose, come sappiamo, andarono molto diversamente e le precauzioni e le intenzioni del Coppola e del Petrucci furono del tutto vanificate. Re Ferrante avrebbe sconfitto tutti in abilità e cinismo. Egli cominciò con l'acconsentire volentieri alla proposta del Coppola; prese a trattarlo da allora come un vero e proprio agente al suo servizio infiltratosi per suo conto nella Congiura. Utilizzandolo a questo fine, non cessò mai di gratificarlo con incarichi ed onori di grandissimo prestigio. Ma non per questo affidava al Coppola tutti i destini della dinastia o rinunciava ad una sua propria iniziativa, che elaborò e perseguì con determinazione, aiutato dal figlio Alfonso. In questa intricata vicenda, insomma, il Coppola insieme al Petrucci agì certamente con grande spregiudicatezza, e finì, insieme al Petrucci ed ai due figli di costui, per restare vittima della trappola mortale che egli stesso aveva contribuito ad ordire ed a far scattare. Ma occorre anche precisare che un po' tutti i personaggi, compreso il re, affrontarono i rischi di questa partita giocandosela ognuno su più di un tavolo.

Il piano previsto dai congiurati era il seguente: i Baroni dei territori più vicini alla capitale avrebbero impedito al Re di attraversarli, interrompendo cosi le comunicazioni di Napoli con il resto del paese. Una volta isolata la capitale, si sarebbe consentito al Papa ed agli altri rinforzi di penetrare nel territorio del Regno al confine tra lo Stato della Chiesa e gli Abruzzi. In ciò, il Papa si sarebbe avvalso dell'aiuto del Lorena, in nome delle vecchie aspirazioni angioine su Napoli, e di Roberto di San Severino, primo capitano d'Italia, che avrebbe agito per conto della Repubblica Veneta, ma anche per conto dei suoi familiari napoletani.

Ma il Lorena non si fece mai vedere e fu aspettato invano, mentre Re Ferrante, anticipando i Baroni, spedì le sue truppe a L'Aquila, dove Alfonso imprigionò quel conte con tutta la sua famiglia e, ritornando, insolentì in Terra di Lavoro contro i Baroni di Nola e di Ascoli, offendendo altresì in essi la memoria del valoroso Orso Orsini, suo vecchio compagno d'armi, e l'onore della loro madre, Paola, definita dal Porzio donna di basso affare ma di alta virtù.

Il Re, scoperta la congiura, dopo un'alleanza con Firenze e Milano, punì pesantemente i suoi avversari dando loro la caccia uno ad uno.

La determinazione e la tempestività di questa iniziativa del re e di Alfonso scompaginarono non poco le file dei Baroni, che ne subirono pesantemente il contraccolpo negativo. Antonello Sanseverino, il Principe di Salerno, apparve ancor meno di prima disposto a mediazioni ed a soluzioni diplomatiche, e diffidò ancora di più del re e del Coppola. Impedì che il Coppola fosse inviato dal Papa in rappresentanza dei Baroni, come costui aveva non senza motivo richiesto, e soprattutto disertò un incontro che il Coppola medesimo gli aveva preparato con il Re in persona. Isolatosi a Salerno, Antonello Sanseverino, la direzione della Congiura tornò così nelle mani del prudente Principe di Bisignano, che riprese a tessere la tela di un possibile accordo con il Re, con il quale giunse ad incontrarsi riportando un certo successo.

Incoraggiati dagli esiti distensivi di tale mediazione, i Baroni ,nel settembre del 1485, , si ebbe l'incontro decisivo a Miglionico, nel Castello del Malconsiglio, al quale partecipò anche il Re. Egli infatti, secondo il dettagliato racconto del Porzio, posposto ogni riguardo della dignità e della persona, si andò confidentemente a cacciare nelle mani di costoro.Egli a Miglionico,fu ricevuto con ogni generazione di onore e,d'altro canto concesse ai Baroni ciò che gli chiedevano, gravezze ed obblighi personali; ma anche li riprese amichevolmente, lamentandosi con loro che per ottenere quelle cose avrebbero potuto fare a meno di ricorrere alle armi, e li convinse a sottoscrivere la pace. I Baroni sembrarono soddisfatti di ciò che al re era piaciuto concedere loro; e, per renderlo più sicuro, lo vollero accompagnare fino a Terra di Lavoro. Avrebbero poi proseguito verso Salerno, per smuovere il recalcitrante Antonello Sanseverino e, come avevano promesso, fargli accettare le convinzioni. Successivamente il Re, contravvenendo i patti, fece imprigionare e giustiziare i baroni più esposti nella congiura.

La definitiva conclusione di questo movimento si ebbe nel 1487 al Castel Nuovo di Napoli. Nella sala dei Baroni furono infatti arrestati ed ammazzati gli ultimi esponenti della congiura contro la corte aragonese. Fu lo stesso Ferrante I d'Aragona che invitò nella sala i baroni, con la scusa di celebrare le nozze della nipote. In realtà questa era una trappola: i baroni furono arrestati e messi a morte.

da wikipedia

--Salutoni

-odjob

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Oggi

Vi posto questa moneta che in altra discussione ha suscitato interesse per il diverso stile di alcune raffigurazioni.

Coronato dell'angelo:FERDINANDO I D'ARAGONA(1458-1494) Zecca di Napoli ,Argento gr.3,90 diam.mm.27

D/FERRANDVS:D:G:R:SICILIE:I:;testa del Re coronata volta a destra,dietro la nuca lettera T(Maestro di Zecca Giancarlo Tramontano)

R/IVSTA.TV-ENDA;l'Arcangelo Gabriele trafigge il drago(Satana)con una lancia

Riferimenti:PANNUTI E RICCIO 17b;MIR 69/2

La moneta appartiene a collezione privata

--Salutoni

-odjob

Ciao Od..........

Il Pannuti e il Riccio sono riueciti a racchiudere la bellezza di n. 82 Coronati presenti nel Corpus (e parliamo solo di quelli con la sigla T e lo scudo a rotella) tranne logicamente per PR 17c (Corpus 559 e 580) dove troviamo la descrizione FERDINANDVS invece che FERRANDVS;

Del tipo scudo a rotella (sigla T e senza tener conto dei cambi di legenda) esistono numerosissime varianti che riguardano l'effige di Ferdinando, la posizione dell'Aracamgelo (corazzato o nimbato), la lancia...che può avere la parte finale terminate con una banderuola, una croce o con dei cerchi, e per finire sulla figura del drago nel punto in cui viene trafitto..........ma questi sono solo i più importanti...........Oggi mi sono fatto una buona cultura e credo che questo potrebbe ricadere nel Corpus 595.

Ciao

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Salve

ho arricchito il Coronato postato di altri riferimenti,spero possano andar bene

--odjob

Good ...........fà sempre piacere leggere notizie Storiche relativo al periodo che accampagna le monete postate............dovremmo farlo spesso.

Bravo Od.

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"Le monete del Rinascimento italiano sono tra le più belle che l'arte abbia prodotto:esse ,a differenza dei conii medievali,mostrano,quale caratteristica essenziale, la presenza dell'autentico ritratto del signore,e non poù un'immagine che fosse astratto simbolo della regalità....................In confronto alle arti figurative la moneta mantiene un carattere conservatore per l'adozione di emblemi immagini,ed epifonemi ancora ispirati alla religione cristiana......Nel 1459,a Napoli ,l'alfabeto gotico,o franco-gallico,fino ad allora in uso sui conii,venne sostituito nel Coronato di Ferrante D'Aragona dalle lettere capitali romane"

M.Pannuti da"Un secolo di grande arte nella monetazione di Napoli"

--odjob

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Il Sambon rinvenne nell'archivio di stato napoletanoun"banno e comandamento"del 21 ottobre 1488 in cui si parlava della recente moneta,del Coronato nuovo con la stampa del santo Michele,coniato dopo che il Re ebbe domato la seconda congiura dei Baroni......Quanto alla leggenda "IVSTA TVENDA",essa è la dichiarazione della giustezza della causa del Re che non poteva ulteriormente tollerare il potere della baronia ribelle.La moneta ,secondo il Sambon, fu coniata fino al 1494 anno della morte del Re.

Di questo tipo esistono numerose varianti,per quanto riguarda sua l'effige del sovrano,sia la postura dell'arcangelo.Nei tipi più comuni il Re è rappresentato con volto pingue ed il Santo è in piedi,di prospetto,imbracciando uno scudo a rotella......Le varianti più rare ed ancor più tarde in cui il volto del Re è anziano ,arcigno,statico......lo scudo è di forma ovale ed ornato da una croce e non hanno dietro il busto del sovrano la lettera T del maestro di Zecca.,ma altre sigle oppure nulla.

M.Pannuti da "Un secolo di grande arte nella monetazione di Napoli"

Questo per puntualizzare e fissare alcuni concetti che sono stati espressi a riguardo del Coronato in questa ed in altre discussioni.

--odjob

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Ferdinando I D'Aragona

fu incoronato a Barletta il 4 febbraio 1459 da Papa Pio II come Re delle Due Sicilie,di Gerusalemme e di Ungheria.

La Zecca napoletana fu particolarmente attiva sotto Ferdinando I

IVSTA TVENDA è la scritta che appare nei Coronati della tipologia postata e sta a significare PER UNA GIUSTA CAUSA

--odjob

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Ferdinando I D'Aragona

fu incoronato a Barletta il 4 febbraio 1459 da Papa Pio II come Re delle Due Sicilie,di Gerusalemme e di Ungheria.

La Zecca napoletana fu particolarmente attiva sotto Ferdinando I

IVSTA TVENDA è la scritta che appare nei Coronati della tipologia postata e sta a significare PER UNA GIUSTA CAUSA

--odjob

Scusa Od ma la data dell'incoronazione è avvenuta il 4 o il 14 Febbraio ?....in alcuni testi ho trovato 14 febbraio e sarei anche più propenso per quest'ultima.........tu che dici.

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Dunque le mie fonti sono l'enciclopedia Treccani,il D'Andrea Andreani e Wikipedia.....(meglio di niente).

e mi dicono 4 febbraio 1459.

Perchè saresti propenso per il 14?

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