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IGNORED

OBOLI CHE PASSIONE!


Risposte migliori

Intanto gradirei però di valutare insieme una mia proposta, che ha numerose implicazioni anche sul futuro del forum.

Posso anticipare che lo staff intende muoversi nella stessa direzione, e si sta organizzando per mettere in campo per il 2011 numerose iniziative editoriali. Un primo abbozzo è consistito nella creazione della sezione Articoli che ovviamente dovrà essere ancora bene strutturata, organizzata, standardizzata e quant'altro, anche a livello di comitato editoriale. Comunque, il contenitore per accogliere i futuri contributi è già pronto, quindi ben venga una proposta così importante e di ampio respiro :)

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Ringrazio Okt per avere molto opportunamente evocato il termine copyleft (nel senso opposto di copyright e basta rimandare alla relativa voce su Wikipedia per ulteriori approfondimenti sul significato anche legale di questo termine).

L'aspetto economico è piuttosto relativo. Ho pubblicato articoli e anche alcuni libri e devo dire che non ho incassato quasi nulla! Nel caso della numismatica i libri in italiano sono nell'ordine di poche centinaia di copie e il profitto, ancorché molto modesto, è solo dell'editore. L'autore in genere non viene pagato per il suo contributo ma riceve alcune copie in omaggio, che teoricamente potrebbe vendere guadagnadoci sopra ma che per buona parte vengono date in omaggio, specie con accademici o altri studiosi, che molto gradiscono lo scambio di libri e lavori (spesso altrimenti difficili da avere). Quindi il mio lavoro è stato sempre praticamente gratis e anzi con alcuni costi a mio carico. Talvolta ho dovuto pagare di mia tasca i diritti di riproduzione per avere foto digitali da musei importanti come British Museum di Londra, Bibliothéque Nationale di Parigi, Staatliche Museen di Berlino (su quelli italiani è meglio stendere un velo pietoso, forse con la sola eccezione di Firenze grazie al coraggio dell'amico prof. Catalli), senza alcun ritorno economico. Ma è più forte la passione e il desiderio di trasmettere la mia modesta conoscenza.

Poi il vero interesse del mercato verso libri è molto legato al loro costo. Se un libro costa poco, come i volumi di D'Andrea sulla monetazione dell'Apulia, allora si vende abbastanza bene. Ma se un libro costa oltre 100-150 euro, state tranquilli che si vendono ben poche copie. Il discorso cambia un poco se il libro è in inglese e si rivolge a un mercato molto più ampio, come ad esempio i manuali di Seaby. Ma qui chi ci guadagna veramente sono solo gli editori, che pure hanno costi non indifferenti e legati alla distribuzione.

Ci sono editori che non hanno finalità essenzialmente commerciali (come ad esempio i vari prezziari, che sono una categoria a parte e non molto disinteressata), che amano veramente il campo numismatico, come ad esempio Antonio Morello con la sua Classica Diana, e che sono disposti a stampare anche poche copie di un libro, ma vi assicuro che non c'è spazio per arricchirsi, ma solo ricupero di costi con minimo profitto e grande soddisfazione personale.

Quindi un autore come me, sul piano economico, non trova poi una grande differenza a destinare la propria conoscenza verso il canale informatico piuttosto che verso la carta stampata (a parte l'inevitabile fascino della carta rispetto al monitor).

Il vero problema è invece legato al diritto di autore e al controllo della propria opera (anche con implicazioni legali). Ovviamente bisogna dare un minimo di soddisfazione personale all'autore, che in fondo, se è serio, aspira solo a vedere riconosciuto ed apprezzato il proprio lavoro.

Come accennato da Numa Numa, il rischio di un lavoro immesso sulla rete informatica è legato essenzialmente alla sua qualità. Una enciclopedia Wikipedia non avrà mai la stessa qualità di una enciclopedia Treccani (e infatti in questi giorni il comitato della Treccani è in agitazione per le nuove proposte del suo direttore generale che propone una versione elettronica dopo quella cartacea...). Ma in fondo è solo una questione di serietà e di impegno. In teoria un lavoro sottoposto a un controllo incrociato da parte di utenti veramente competenti può essere corretto e migliorato (un pò come capita con la pubblicazione di lavori scientifici, di medicina o di fisica, presso le migliori riviste straniere, che hanno un loro comitato interno di revisori). Quindi da un lato l'autore deve essere onesto e umile ad accettare le critiche (qualità purtroppo rare nel nostro ambiente) e dall'altro lato i critici devono essere competenti e seri.

A questo punto si deduce chiaramente che è un problema di apertura mentale e di selezione meritocratica, che comunque devono esistere anche in uno strumento molto democratico come quello proposto. La democrazia non deve significare appiattimento verso il basso per essere tutti uguali, ma essere una spinta per migliorarsi e poter confrontarsi con persone più preparate. E' un pò come il caso di un insegnante che può trasmettere ai giovani la conoscenza solo se è preparato e appassionato. All'opposto c'è la oligarchia dove vige "il sapere è potere" e quindi non ama la diffusione della vera conoscenza (un aspetto purtroppo diffuso nel nostro mondo accademico).

Ringrazio sentitamente anche Paleologo per l'appoggio verso nuove iniziative editoriali.

In conclusione, al di là delle belle parole che però non portano da nessuna parte, qui bisogna cercare di essere concreti. Posso solo promettere che approfitterò della pausa natalizia per meditare sulla bozza della monografia su Stiela che possa costituire anche un modello per eventuali futuri lavori simili, anche da parte di altri cultori e studiosi.

Modificato da acraf
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Prima di completare Stiela, gradirei richiamare l'attenzione su un piccolo dettaglio della litra della prima serie (è vero che i particolari non finiscono mai di sorprendere).

Esso riguarda l'altare sul quale sta compiendo il sacrificio il giovane nudo.

Nel primo conio (D1) si vede che ai lati della sommità dell'atare ci sono due corni. Nel secondo conio (D2), di stile più elaborato, sull'altare c'è un solo corno, a destra. di forma però più tozza e non appuntita.

Nessuno si è occupato di questo dettaglio e tale corno veniva in pratica considerato una una lingua di fuoco che emerge dall'altare acceso.

Tuttavia specialmente nel primo conio D1, forse il primo ad essere coniato, fa impressione la somiglianza dell'altare a una testa di toro (sorta di bucranio) e i corni sono troppo sottili e laterali per essere considerati fiamme dell'altare.

In altre parole, l'altare sembra essere dotato di corna a indicare appunto una connessione col toro, spesso sottoposto a sacrificio finale ma anche un ulteriore richiamo a una divinità fluviale.

Gradirei sapere se esiste una trattazione che illustri, fuori delle monete, l'esistenza di altari greci con corna. Ricordo che un altare simile, con due corna (di forma più simile al cobio D2), è presente su monetine in argento di Kimissa.

Riporto le immagini, dove questi dettagli sono sottolineati in circolo rosso.

Per il conio D1

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Per il conio D2

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Modificato da acraf
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Questa è una gran bella curiosità acraf.

Sinceramente non so rifarmi a esempi monetari dell'epoca ma posso illustrarvi qualche carattere della divinizzazione del Toro, sperando di non annoiarvi.

Le rappresentazioni di corna taurine o di tori in generale, si tratterebbero di aspetti simbolici.

Il culto della divinità maschile o femminile nella forma bovide è molto esteso e si ritrova intutto il Mediterraneo, persino in Bretagna. Si ritrova come simbolo di forza e fecondità in Nord Africa e in un secondo piano appare con riferimento alla fertilità vegetale e agraria e in relazione con concetti religiosi ctoni, astralio solari. Nella civiltà cretese-micenea vi si osserva non solo il concetto sacro del toro, ma la stessa rappresentazione di esso ridotta alle sole corna stilizzate, a bracci verticali su base orizzontale: le cosiddette "corna sacrificali". Esse appaiono nello schema semplice come ad Anghelu Ruju (necropoli ipogeica sarda), spesso in file accostate in dipinti parietali, in riproduzioni in terracotta a Cnosso, in una lamina bronzea da Psychro, su gemme dell'Antro Ideo di Cnosso, in terrecotte votive di Gurgnà. Si hanno infine, 5 placche auree provenienti dalle tombe dell'acropoli di Micene dove le corna oltre che isolate o in fila sono rappresentate anche nello schema a doppio degli ipogei sardi, cioè le corna maggiori che contengono le minori; queste placche si datano intorno al 1600-1500 a.C.

Detto questo, ritengo possibilissimo un accostamento di corna taurine agli altari greci e sarei molto grato se altri riuscissero a postare immagini.

Intanto io posto qualche esempio di corna... :D

Gemma Aurea da Cnosso:

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Corna su lamina bronzea da Psychro:

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Gemma con corna sacre di Cnosso:

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Una delle 5 placche d'oro dell'Acropoli di Micene con doppie corna:

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Mirko

Modificato da Mirko8710
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Awards

Grazie Mirko8710!

Bisogna anche considerare che mitologie e simbolismi spesso sono molto più diffusi du quanto uno possa credere.

Quindi può essere facile trovare una convergenza di culture diverse verso una stessa o simile rappresentazione. Gli esempi da te citati sono piuttosto pertinenti e la mia speranza, ora, è di trovare un simile esempio anche nell'ambito della cultura greca classica (ceramica, bassorilievo, ecc.). Non è inverosimile, ma bisognerebbe trovarlo per essere più sicuri che un altare con corna possa essere considerato "normale" anche in un ambito greco.

Spero anch'io che qualcuno riesca a trovarlo.

In bocca al lupo!

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Prima di completare Stiela, ......(omissis)

.... Gradirei sapere se esiste una trattazione che illustri, fuori delle monete, l'esistenza di altari greci con corna. Ricordo che un altare simile, con due corna (di forma più simile al cobio D2), è presente su monetine in argento di Kimissa.

..... Le rappresentazioni di corna taurine o di tori in generale, si tratterebbero di aspetti simbolici.

Il culto della divinità maschile o femminile nellaforma bovide è molto esteso e si ritrova intutto il Mediterraneo, persino in Bretagna. Si ritrova come simbolo di forza efecondità in Nord Africa e in un secondo piano appare con riferimento allafertilità vegetale e agraria e in relazione con concetti religiosi ctoni, astralio solari. Nella civiltàcretese-micenea ..... (omissis)

.... Quindi può essere facile trovare una convergenza di culture diverse verso una stessa o simile rappresentazione. Gli esempi da te citati sono piuttosto pertinenti e la mia speranza, ora, è di trovare un simile esempio anche nell'ambito della cultura greca classica (ceramica, bassorilievo, ecc.). Non è inverosimile, ma bisognerebbe trovarlo per essere più sicuri che un altare con corna possa essere considerato "normale" anche in un ambito greco.

Spero anch'io che qualcuno riesca a trovarlo.

In bocca al lupo!

Gentili amici Acraf e Mirko,

a corredo delle Vostre esaurienti ed interessantissime osservazioni, Vi posto alcune mie considerazioni tra numismatica antica e medievale, letteratura e ... locuzioni improprie... (eh! dato il tema...:P), sperando di non annoiare dato che sarò costretta a dividerle in più parti ... :rolleyes:

Inizio....., metteteVi comodi ...

Valeria

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Il Keraton o Keratinos bomos: l'altare dagli angoli ornati da corna

Tra i miei vecchi post su Kimissa e le relative intriganti mikrà con legenda HOMONOIA (vedi in questa pagina, in basso, post 322 e seguenti del 29 novembre 2009), avevo intitolato la Parte IV "Corna taurine e la Saga dei Cretesi in Sicilia: quando il racconto mitico coincide con quello archeologico".

Allora, come ora per la stessa Stiela e pure per alcuni bronzi più tardi di Panormos, mi avevano davvero incuriosita quelle corna taurine poste ai lati della mensa dell'altare

Di Kimissa Vi richiamo la stupenda litra già postata da Piakos ed un emidramma CNG Triton VI 2003, entrambi di epoca timoleontea circa 320 aC.

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Di Panormos, 44-36 aC., un bronzo (18mm, 5.83 g) ex Tony Hardy Collection – CNG Auction 2004, lotto 321

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Continua....

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Una bella immagine degli altari di corna su mikrà argentee di Kimissa e bronzi di Panormos è presente anche sulla Tavola IX del saggio di A. Evans sulle cosiddette monete di alleanza: "On an Alliace-coin of western Sicily, with the altar of the Krimissos" - THE NUMISMATIC CHRONICLE, AND JOURNAL OF THE NUMISMATIC SOCIETY.

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Qui anche un altro esemplare di Panormos della stessa serie, Demetra velata/Altare, da: "LA MONETAZIONE DI PANORMOS IN ETÀ ROMANA - NUOVE PROPOSTE DI CRONOLOGIA E DI ESEGESI DEI TIPI - CETTINA MANGANO)

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Al di là del richiamo alle corna taurine fittili - probabilmente utilizzate come talismani – rinvenute numerose nell'area del Monte Raffe (un'immagine nei miei vecchi post citati sopra), e che potrebbero rappresentare pure un retaggio delle Corna di Consacrazione della cultura minoico-micenea già citate da Mirko (vedi nei miei vecchi post anche altre evidenze archeologiche offerte dai fregi zoomorfi sui vasi, dai bronzi e dagli oggetti fittili sempre dall'area del Monte Raffe/Kimissa (?)) ..... oltre che essere presenti nel saggio di Luciana Aigner Foresti "Antichità classica" …

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… il corno è certo pregno di valenze anche salvifiche e a stampo iniziatico: come testimoniano le fonti letterarie a riguardo dell'origine del Keraton e del Geranos che si svolgeva attorno ad esso …

Continua..., siate pazienti... :rolleyes:

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Keraton e Geranos, nelle fonti letterarie

Plutarco (L'intelligenza degli animali, 983) menziona l'altare delle corna - Keraton o Keratinos Bomos – posto al centro del santuario di Apollo di Delos (oikos dei Nassi, dell'isola di Naxos nelle Cicladi) e lo associa a Teseo, il quale sopravvisse a Delo: "Io vidi l'altare dalle corna, celebrato come una delle sette meraviglie; non necessita di essere incollato o unito, ma esso viene fissato e adattato insieme soltanto con corna prese dal lato destro della testa ..."

Callimaco, nel suo Inno ad Apollo e riferendosi sempre all'altare di corna, scrive che fu Apollo stesso a costruire il Keraton nella nativa Delo con corna di capri: "Teste di capre Artemide dal Cinto / portava di continuo dalla caccia; / fece un altare Apollo; con le corna / eresse un piedistallo, con le corna / l'altare fabbricò e gettava intorno / mura di corno…."

Sempre Callimaco, nel suo Inno a Delo (Del. 303), scrive inoltre: "… da Teseo un tempo, quando navigava, / di ritorno da Creta coi fanciulli / Fuggivano il terribile muggito / del selvatico figlio di Pasifae / e la curva struttura tortuosa / del labirinto. E ridestando, dea, / il suono della cetra, con un cerchio / di danze circondarono il tuo altare / e Teseo guidò il coro…."

Di questa danza rituale di Delo, Plutarco stesso (Thes. 21,2) scrive di come essa si svolgesse con un ritmo molto veloce intorno al keraton: "Teseo, di ritorno da Creta, giunto a Delo, e, avendo compiuto un sacrificio al dio dell'isola, dedicò ad Afrodite la statua che Arianna gli aveva donato, e danzò con i giovani Ateniesi una danza che è tutt'ora ancora preservata dagli abitanti di Delo, e che consiste in movimenti tortuosi ed attorcigliati, che rievocano il labirinto. E questa danza, come scrive Dicaearchus, è chiamata "Gru" (Geranos)".

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(Frammento da: Studi di filologia italiana: bollettino dell' Accademia della Crusca, Volumi 47-48)

Si tratta del Geranos, l'antica "danza delle gru": una sorta di cammino iniziatico tra morte (discesa negli Inferi) e rinascita (uscita dal labirinto) che mimava il faticoso procedere di Teseo nel labirinto di Cnosso … Kerenyi ne giustifica il nome associando l'idea del volo migratorio delle gru all'idea di continuazione infinita, di ritorno

Ne parla anche Graves, I miti greci, pag.312: "Da Nasso Teseo salpò e colà sacrificò ad Apollo, celebrando giochi atletici in suo onore… un altare di corna sorge presso il largo rotondo di Delo… attorno all'altare Teseo e i suoi compagni danzarono la "danza delle gru", che si snoda in evoluzioni labirintiche, interrotte da passi cadenzati al suono di musica d'arpa. I Deli eseguiscono ancora tale danza che Teseo importò da Cnosso. Colà Dedalo aveva costruito per Arianna una pista di danza, copiata dal Labirinto egizio, dove il susseguirsi delle varie figure era indicato da strisce di marmo in rilievo.."

Omero stesso nell'Iliade, libro XVIII, ricorda la danza che Dedalo aveva apprestato a Cnosso per Arianna, in cui i danzatori "teneansi al carpo delle palme avvinti" e ricostruiscono una complicata figura labirintica con cerchi, spirali ed inversioni di marcia…."

Secondo Dora Stratou la danza delle gru sarebbe anteriore al mito di Teseo e risalente al primo periodo della civiltà Minoica, più di 3000 anni fa. Graves e Kerenyi sembrerebbero appunto confermare tale tesi.

Tre bellissime immagini del Geranos effigiate sul celeberrimo Vaso François di Ergotimos e Kleitias, 570 a.C. circa, Firenze, Museo archeologico: Teseo suona la lira ed ha di fronte Arianna e la sua nutrice. Dietro Teseo i quattordici giovani liberati dal labirinto e dal Minotauro danzano tenendosi per mano…

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Se il Geranos, infine, richiama quei culti solari a cui accennava sopra anche Mirko…

a me certo richiama alla mente l'analemma…, la particolare curva geometrica che pare tracciare in cielo il simbolo matematico dell'infinito nel descrivere la posizione del sole nei diversi giorni dell'anno, alla stessa ora e nella stessa località… Ecco, nell'immagine del fotografo greco Anthony Ayiomamitis, uno splendido analemma celebrare la sacralità del sottostante tempio di Apollo a Delphi ….

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E danzando, danzando col Sole ..., continuo ... :P

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Una nota etimologica… : Kéras, corno, dalla radice KRN

René Guenon collega il nome corno alla radice KRN che esprime essenzialmente le idee di potenza ed elevazione

Pensiamo anche alla corona, altra espressione simbolica della medesima idea... Ambedue sono una 'cima' e posti sul capo...

Kéras, cornoFin dalle origini dunque il corno ha significato eminenza, elevazione ed il suo simbolismo, quello della potenza, è esteso pure agli animali che ne sono dotati. Ad esempio, il cervo in greco è kéraos ...

Alessandro Magno fece proprio l'emblema di Amon, l'ariete che nell' egiziano Libro dei morti viene detto "signore delle due corna"… E ancora pensiamo agli elmi cornuti dei guerrieri…. e alla tiara cornuta delle divinità assiro-babilonesi … fino al Corno dogale dei Dogi della mia bella Venezia …

... e proprio con un elmo cornuto vorrei terminare questa carrellata, di corna in .... :P

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Kérata poiéin : un'irridente locuzione... e un gustoso aneddoto dall'antica Patavium

Certo di segno opposto alla sacralità delle corna descritta nei post precedenti..., l'irridente locuzione "fare le corna" che parrebbe il calco del greco kérata poiéin, come se il coniuge traditore ponesse le corna sul capo del tradito per renderlo ridicolo…

A questo proposito, permettetemi un briciolo di sano... campanilismo attraverso la citazione di un gustoso aneddoto sotteso alla iconografia dell'insegna personale di Ubertino I da Carrara: l'elmo sormontato da un saraceno con le corna. Che tale insegna sia stata poi adottata anche da Francesco I lo testimonia questa stupenda "medaglia murale" di Patavium, che celebra la restaurazione della signoria carrarese a Padova, nel 1390, dopo la sconfitta dell'usurpatore Gian Galeazzo Visconti….

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Per il significato di medaglia murale, rimando al saggio "Le medaglie dei Carraresi" di Roberta Parise, a pag.6 dell'estratto online, in formato PDF, della interessantissima pubblicazione su La storia, le monete e i luoghi dei Carraresi, edita dal mio glorioso Circolo Numismatico Patavino e in cui compare anche un articolo di un caro amico di Obolichepassione ;) (COMPLIMENTI!!! Posso citarti, carissimo **** (nome omesso in rispetto alla privacy :P) ???...)

L'aneddoto - presente in "Istoria Padovana di Galeazzo Galaro" – cita che Ubertino avrebbe aggiunto due corna d'oro alla testa di moro che stava sul cimiero del suo elmo ad imperitura memoria dell'onta subita (il tradimento della di lui moglie con Alberto della Scala...) e della vendetta che egli meditava … ;) :D (Per motivi di spazio, inserisco nel post seguente il frammento ...)

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Cara medusa, complimenti per l'ottima analisi e carrellata. Grazie!

Mi sono riguardato anche le vecchie immagini che purtroppo non ricordavo.

Tornando alle corna taurine sono per me molto interessanti, facevano parte del corredo di una tomba ipogeica sarda che ho avuto modo di studiare e trattare e così nel cercare raffronti siamo (io e i miei colleghi) rifiniti in varie parti d'Europa.

Sono convinto che ci potessero essere altari con corna, le monete e gli scritti citati da medusa ne sono una valida testimonianza, sarebbe veramente interessante ora, trovarne qualche immagine "reale" del periodo classico, visto che io vi posto ora qualche esempio più antico...:)

1. Scavato a Megiddo in Palestina e datato 1000 a.C. Altari sacri "cornuti" sono stati comunque ritrovati in Anatolia e a Micene, come già detto.

Da notare come ad Ercolano in un muro ci sia dipinto un tempio dedicato ad Iside, che vede al centro del disegno un altare come questo

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2. Uno dei 4 corni di un grosso altare trovato a Dan Dating

Bibbia - Re 1, 50-51:

50 Adonijah, avendo paura di Salomone, si levò e andò ad aggrapparsi ai corni dell'altare.

51 Fu quindi riferito a Salomone: "Ecco, Adonijah ha paura del re Salomone e si è afferrato ai corni dell'altare, dicendo: "Il re Salomone mi giuri oggi che non farà morire di spada il suo servo"".

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3. Altare con corna datato X sec. a.C. proveniente da Beer Sheba in Israele

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Mirko

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Ed ecco qua, dopo un po' di ricerche, l'altare rappresentato nell'affresco ad Ercolano.

Il dipinto mostra una cerimonia per il culto di Iside. Il sommo sacerdote guarda il rito dall'alto verso il basso, sulla scalinata, mentre gli esecutori sono i sacerdoti dalla testa rasata.

Si noti, appunto, come l'altare riprenda le sembianze di quello precedentemente postato.

Mirko

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Mi sa che siamo molto vicini alla reale rappresentazione dell'altare, grazie alle vostre analisi ed immagini.

Mi colpisce solo che finora le rappresentazioni dell'altare con corna su monete siciliane abbiano interessato soprattutto l'area interna (Stiela, Kimissa) e palermitana (Panormos), dove probabilmente furono eretti altari simili in epoca molto antica, forse una reminiscenza dell'influenza dei cosiddetti "Popoli del Mare", fra i quali risaltarono i Sardi. I Siculi erano di origini molto antiche e incerte. Debbo documentarmi sulle ipotesi di origine degi indigeni locali (Sicani e Siculi).

Ma questo è un altro discorso e pure molto vasto e delicato.

Modificato da acraf
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AKIS o SICHAS: una misteriosa emilitra

Come avevo promesso, passo ora ad analizzare un’altra misteriosa emissione, di notevole fascino e di incerta attribuzione, già accennata in questo forum a proposito dell’aphlaston o aplustre.

Non vorrei essere presuntuoso, ma desidero cogliere l’occasione per insegnarvi come si dovrebbe impostare una seria indagine per poter mettere un po’ di luce su una specifica monetina. Sicuramente sono agevolato dall’avere una certa esperienza e letto molti studi e non sono nemmeno un collezionista, il che mi rende più libero e anche distaccato, ma vorrei che un serio collezionista di belle monete siceliote non si limiti alla gioia di possederle in sé, tanto più se è una rara o inedita variante, ma dovrebbe in qualche modo studiarle e capire meglio il loro contesto storico ed economico.

In fondo i grandi numismatici di una volta erano al contempo collezionisti e studiosi (penso solo a Garrucci) e si preoccupavano di scambiarsi informazioni per integrare la loro cultura. Adesso i tempi sono diventati più frenetici e paradossalmente forse abbiamo più tempo libero di una volta, ma non sappiamo investirlo per incrementare le proprie conoscenze (e non solo mercantili….).

Lo strumento informatico sicuramente può agevolare e rendere migliori gli scambi culturali che i numismatici di una volta affidavano alla corrispondenza postale e agli scambi di calchi di monete.

Tornando alla moneta in questione, essa è stata oggetto di diversi studi, ai quali è necessario richiamare, costituendo il necessario punto di partenza per qualsiasi ulteriore approfondimento.

I lavori pubblicati, in ordine di data, sono:

1) G. Manganaro, Dai mikrà kermata di argento al chalkokratos kassiteros in Sicilia nel V sec. a .C., Jahrbuch für Numismatik und Geldgeschichte, XXXIV (1984), p. 30-32, tav. 5, n. 78-78a.

2) C. Boehringer, Der Sizilische stempelschneider Sika-, Numismatica e Antichità Classiche, XIV (1985), p. 85-91, tav. I.

3) D. Salzmann, AKIS - Flussgott statt stempelschneider, Schweizer Münzblätter, 158 (1990), p. 36-39.

4) A. Campana, Corpus Nummorum Antiquae Italiae. Akis (?). Inserto in Panorama Numismatico, 108, 1997, p. 129-131.

5) G. Manganaro, Il paesaggio di Panormos riflesso nei dodici tipi delle serie frazionarie a leggenda punica SYS, un nuovo kerma col polipo e un triemiobolon a leggenda Sichas degli Ichaninoi. Quarte Giornae Internazionali di Studi sull’area elima (Erice, 1-4 dicembre 2000). Atti II, Pisa 2003, p. 847-860, tav.CXLI-CXLIII.

6) G. Manganaro, Ancora sui culti della Sicilia greca: Zeus Soter e il fiume Sichas. Schweizerische Numismatische Rundschau, 82, 2003, p. 5-12, tav. 1-2.

Riporto sotto la completa descrizione della monetina:

1 EMILITRA - AR (0,44-0,29 g.) 413-410 a.C.

D/ = Testa frontale di dio fluviale, con due cornetti sulla fronte e con capelli bagnati e sparpagliati all'intorno; a destra, ΣΙXΑ.

R/ = Aplustre ; sotto, tre globetti e, alternativamente, N I; sopra, altri tre globetti e, alternativamente, K A (in senso retrogrado).

Diametro: circa 10 mm

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Per una corretta lettura è importante disporre correttamente il rovescio, dove c’è la leggenda di 4 lettere (N I K A) disposte su due righe, e con una lettera retrograda (la N) ed una rovesciata (la A).

Ora, a parte che l'aphlaston era un ornamento poppiero ricurvo a forma di remo delle antiche navi da guerra che, secondo la tradizione, veniva strappato dalla nave nemica e mostrato come trofeo e simbolo di vittoria e di conseguenza indica una vittoria navale, la leggenda in due righe deve essere letta come NIKA, (cioè Vittoria). Infatti, seguendo le regole di esegesi semantica ed epigrafica, una leggenda greca su due righe può essere solo o normale (cioè che si legge sempre nello stesso senso) oppure bustrofedica (cioè che si legge in senso alternato).

Se proviamo a leggere in modo normale, ossia sempre nello stesso senso (destroso o sinistrorso) e iniziando o dove c'è la I, la N o dove c'è la K e la A, avremo le seguenti letture: INKA, NIAK, AKNI, KAIN, sequenze che però non significano nulla e non hanno alcun senso.

Se invece proviamo a leggere in modo bustrofedico, ossia in modo alternato, avremo INAK, NIKA, KANI, AKIN.

Mi pare evidente che l'unica lettura seria e con senso compiuto sia solo NIKA, cioè la lettura bustrofedica che si ottiene iniziando dove ci sono la N e la I e procedendo da sinistra verso destra e poi da destra verso sinistra, ossia in modo bustrofedico ad inizio retrogrado.

E che questa sia l'unica lettura corretta è confermato anche dalla N retrograda, che dunque è da considerarsi la prima lettera della leggenda, mentre la A è l'ultima, ed è capovolta.

La parola NIKA appare molto interessante. La vocale finale A al posto della E nella più comune Nike indica che si tratta di un termine in dialetto dorico e quindi riconducibile all’influenza della dorica Siracusa.

Anche la datazione appare abbastanza sicura. Per motivi stilistici e anche storici, come meglio vedremo, si tratta di una emissione risalente alla fine della della guerra tra Siracusa e Atene (415-413 a.C.) e deve riferirsi a una vittoria navale di quel tempo.

I problemi sorgono circa l’identificazione della zecca emittente di questa rara emilitra.

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IDENTIFICAZIONE DELLA ZECCA

Nel suo primo studio, Manganaro lesse le lettere poste al diritto come ΣΙΧΙΑ o ΣΙΧΑ e ipotizzò un'attribuzione alla piccola polis siciliana di nome Ichana, attestata da fonti storiche. Lo stesso studioso ha pure sostenuto che poteva essere un altro caso di alternanza con o senza sigma iniziale, similmente a quanto riportato per Segesta/Egesta, Sergetion/Ergetion, Sippana/Ippana. Lui ha ipotizzato trattarsi di un centro indigeno, in origine siculo e dorizzato, comunque schierato a fianco di Siracusa, la quale finì per avere l’appoggio non solo di Himera, Kamarina e Gela, ma anche in seguito alla morte del tiranno di Herbita, Archonides il Vecchio, che era un antico e fedele amico di Atene contro Siracusa (Tucidide XII 1, 4-5). Il Manganaro poi ha trovato una stretta connessione tra questa emilitra e un emidramma (o triobolo) di Himera, coniata negli stessi anni, tra 413-410 a.C. e che reca al rovescio una Vittoria in volo, la quale nella destra tiene un aphlaston, a cui è legata una benda e all’intorno, talvolta NIKA.

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Invece Boehringer, che conosceva l’esistenza di 5 esemplari ed ha visto e analizzato 4 esemplari, ha stabilito che la lettura più corretta doveva essere ΣΙΚΑ e ha ritenuto che la testa del dio fluviale doveva essere la personificazione dell'altrimenti sconosciuto fiume Sikanos. Non si pronuncia sull’ubicazione della zecca, ma adombra una origine sicana. In ogni caso la leggenda indicherebbe anche la città di Ichana (senza l’iniziale sigma, come in molte città greche, tipo Segesta/Egesta).

Infine Salzmann ha proposto una nuova e originale ipotesi, supponendo che la leggenda andasse letta in maniera retrograda e cioè ΑΚΙΣ, con il sigma invertito. Il punto di forza di questa ipotesi risiede nel fatto che la lettura retrograda della leggenda, al nominativo, permette di riconoscere un fiume noto in antichità, che sfociava all’altezza dell’odierno Capo Mulino, in uno specchio di mare che rivestiva una certa importanza strategica nella rotta verso Siracusa.

Campana, nella sua monografia, ha praticamente sposato la tesi di Salzmann, seppure con alcuni dubbi.

Successivamente Manganaro è tornato sull’argomento, ribadendo la sua vecchia tesi e cioè che la lettura andrebbe effettuata come ΣΙXΑ. Egli poi rinforza la tesi comunicando la comparsa di un esemplare unico, prima noto solo in un introvabile articolo di Cammarata, che è un tetras del peso di 1,15 g (cercherò poi di scannerizzare la modesta foto) che porta la leggenda ΣΙXΑΣ. Quindi la leggenda si riferirebbe a un fiume di nome Sichas, altrimenti sconosciuto.

La lettura ΣΙXΑΣ sembra attestata da altre fonti:

1) una targhetta di bronzo con leggenda ΣΙXΑΣ, a lettere del V secolo a.C., scoperta nell’abitato antico di Himera, che era stata applicata a un ex-voto, presumibilmente una statuina in bronzo, forse la personificazione del dio fluviale Sichas.

2) un caduceo (kerykeion) con iscrizione Ichaninon damosion, rinvenuto nella zona di Villadoro (prov. Di Enna).

3) Il lemma di Stefano Bizantino, ove viene accennato a un prolungato assedio della città di Ichana da parte dei Siracusani, da collocare forse intorno al 388 a.C., quando Leptines, fratello di Dionisio I, stazionò a lungo nell’area di Himera.

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Da mie successive indagini, grazie anche alla gentile collaborazione del prof. Boheringer, ho notizia che la maggior parte degli esemplari dell’emilitra è stata rinvenuta nella zona di Buonfornello e quindi nella zona di competenza di Himera, anche se non mancano casi di singoli ritrovamenti a S. Caterina di Villarmosa e a Randazzo. Purtroppo sono notizie indirette e abbisognano di conferma, ma costituiscono comunque un utile indizio.

Quindi appare molto più verosimile localizzare la zecca in questione in zona himerese piuttosto che verso la costa catanese e che la lettura Akis sia la meno corretta e pertanto sia Salzmann che Campana sarebbero nel torto.

Ma cosa si riesce a leggere al diritto?

Il problema è che è una leggenda con caratteri molto piccoli e in posizione periferica, sul lato destro rispetto al collo del dio fluviale. Le foto riportate nello studio di Boehringer non sono chiare e mancano adeguati ingrandimenti, mentre le immagini digitali attualmente disponibili su CoinArchives riguardano esemplari non in altissima conservazione o leggermente scentrati, per cui normalmente non si riesce a intravedere le lettere.

Solo grazie alla squisita disponibilità di un collezionista svizzero, che possiede un esemplare in ottimo stato di conservazione, sono riuscito ad avere la seguente immagine, contornando le lettere visibili con ingrandimento:

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Quindi la leggenda potrebbe essere più esattamente ΣYXΑ.Il sigma non appare retrogrado, per cui la leggenda dovrebbe essere letta nel normale ordine da sinistra a destra. E’ da escludere che sia ΣYPΑ, per Siracusa (l’asta obliqua non appare compatibile e non si vede nessuna traccia dell’occhiello per una rho), mentre l’asta obliqua sembra un po’ lunga per essere parte di una K.

Sarebbero auspicabili altri esemplari dove sia possibile leggere tali lettere, anche per completare con maggiore sicurezza la lettura.

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Adesso, per completare la panoramica su questa emissione, provo ad allegare l’immagine scansionata del tetras (con 3 globetti) dell’esemplare unico citato dal Manganaro, a conferma dell’esistenza della leggenda ΣΙXΑΣ (oppure ΣYXΑΣ).

Purtroppo è una foto, l’unica esistente in giro, che è di qualità modesta e dovrebbe fare testo la testimonianza di Manganaro, che offre la seguente descrizione (riportata nel lavoro citato in precedenza al n. 6):

2 TETRAS - AR (1,15 g.) 413-410 a.C.

D/ = Testina maschile volta a d., col cornetto sulla fronte; a sinistra, tralcio di vite con pampino; a destra, in senso orario, ΣΙXΑΣ.

R/ = Una complessa figurazione, costituita da: un bacino circolare, del tipo perirrhanterion, sostenuto da tre colonnine su base, dietro al quale svetta un palmizio maschio, senza datteri, con foglie spioventi; a sinistra, in alto rispetto al bacino, una testa di leone con lingua pendula fuori della bocca aperta, e in basso un grosso chicco di orzo con lungo germoglio a destra; a destra, segno di valore con tre globetti.

Diametro : ? (non specificato, forse intorno a 15 mm)

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Quindi esisterebbe un fiume di nome Sichas, al quale è dedicato un dio fluviale sia nell’emilitra sia nel tetras. L’emilitra commemora inoltre una vittoria navale, con ogni verosimiglianza avvenuta a Siracusa durante il vano assedio finale degli Ateniesi, nel 413 a.C.

Molto più complessa è l’interpretazione della scena riprodotta nel tetras, che comunque si ricondurrebbe al culto del dio Sichas, in qualche modo assimilato ad Apollo. Infatti il palmizio maschio è un albero sacro ad Apollo di Delfo. Il bacino probabilmente serviva a raccogliere l’acqua affluita dalla bozza del leone (una fontanella) e forse segnava l’ingresso a un temenos (un terreno sacro) adorno di un bosco di palme e appunto consacrato al dio locale Sichas.

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E’ interessante osservare che l’acqua sgorgante da una testa di leone si ritrova anche su tetradrammi di Himera (questo grosso modo coevo all’emilitra in esame):

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Quindi viene ancora una volta confermato lo stretto legame tra l’emissione con ΣΙXΑΣ e Himera. Molto probabilmente Sichas era un nome locale e di origine sicana del fiume Himera settentrionale (che scorre vicino all'attuale Buonfornello, dove sembra sia stato rinvenuto il maggior numero di esemplari noti) e probabilmente ha la stessa radice del nome stesso dei Sicani, che popolavano l’interno centro-occidentale dell’isola e confinavano a nord con lo stesso territorio di Himera, con la quale erano alleati a fianco di Siracusa contro Atene.

Non posso escludere che la zecca fosse ad Himera ed abbia emesso queste monetine per conto dei Sicani al nome di Sichas.

Sembra una ricostruzione attendibile…… e al momento mi fermo…… :D

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Scusate il ritardo...ma sono stato occupato a combattere... contro il Barone rosso.

I CALCIDESI NEL MEDITERRANEO E L'ALBA DELL'OCCIDENTE

E' questo il titolo dato a dei precedenti miei interventi che volevano orientare questa lunga discussione, ripartendo dall'inizio della colonizzazione greca della Sicilia, iniziata appunto con l'avvento dei Calcidesi dell'Eubea. Ciò anche al fine di dare una tardiva ma utile organicità al prosieguo di questa avventura che si dipana tra

- le città siceliote,

- i siculi (popolazione già presente nell'isola al momento dell'avvento dei coloni Greci)

- e le coniazioni delle frazioni d'argento succedutesi dalla fine del VI secolo a.C. nelle coniazioni e nei mercati isolani.

Gli ottimi interventi del potente Acraf (preziosa new entry in questa discussione) e della Divina Medusa, ai quali già è andato il mio plauso, incentrati sul Sito di Stiela, forniscono ottimi spunti e stimoli per un approfondimento del tema da me già introdotto e poi rimasto in sospeso sulla tematica calcidese in Sicilia. Attese le idee sin qui esplicitate dai due illustri Colleghi relatori è imperdibile quindi l'occasione per riprendere quel filo e continuare nel dedalo della coniazione dei mikrà (frazioni monetali in argento).

Poiché, da ultimo, questa lunga discussione sembra orientarsi decisamente verso l'approfondimento sia culturale che scientifico dei temi trattati, mi preme – per ultimare questa breve premessa – richiamare l'attenzione sull'importanza delle correlazioni storiche e geopolitiche, nonché afferenti l'archeologia e la storia dell'arte nel tentare di formulare ipotesi di più ampio respiro e, in qualche modo, convincenti od evidenti...quindi sufficientemente esaustive dei temi introdotti.

E' quello che cercheremo di fare con i successivi interventi al fine di fornire un pur modesto contributi ai temi ed alle domande introdotte da Acraf con il supporto della valida Medusa, incentrate su

STIELA:

- possibile ubicazione del sito (nonchè indagine sull'ethnos della città antica e delle relative vicende);

- identificazione e interpretazione delle raffigurazioni monetali appartenenti alla serie in argento coniata dalla città;

- correlazioni tipologiche con le cniazioni di altre città (ancora di origine calcidese).

Pertanto, assumendomi l'onere e la responsabilità del ritardo con cui intervengo in coda ai precedenti post sullo stesso tema, mi rivolgo alla comprensione di Acraf e di Medusa e chiedo un minimo di tempo per definire e concludere l'excursus...dopo di che passeremo ad Akis che sposterò in coda a questa serie, al fine di rendere organica la prosecuzione logica degli interventi.

(continua...)

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UBICAZIONE DELLA CITTÀ DI STIELA

E' noto che rintraccire l'ubicazione delle città perdute della Sicilia è problematica vetusta e affasciante. In carenza di fonti sicure e dettagliate è spesso facile riproporre o modificare ogni precedente informazione o studio monografico sui molteplici siti su cui spesso si favoleggia in modo piacevole e suggestivo. Fino a quando la fortuna e il rinvenimento di prove archeologiche o documentali sufficentemente certi non interverranno a fare luce definitiva non resta che accodarsi...con logica e discernimento.

Ottimamente Acraf richiama le ipotesi del Cammarata, Personaggio noto e discusso nell'ambiente numismatico specializzato nella monetazione della Sicilia antica. Personaggio altresì anche autorevole per la messe di infoemazioni, anche di prima mano, cui ha avuto accesso.

In effetti a detta del Cammarata medesimo alcuni ritrovamenti monetali della coniazione Stielana rendono la valle dell'Alcantara (vicino all'odierna randazzo) come ambiente nel quale ritenere probabile la sussitanza del Sito di Stiela. Il rinvenimento dell'emilitra della stessa coniazione, citata da Acraf, rafforza tale ipotesi.

E' comunque archeologicamente e storicamente accertato che oltre al Simeto anche la valle dell'Alcantara è stata via di penetrazione del commercio e della cultura, oltre che della potenza militare, Calcidese verso l'interno della Sicilia antica. Al riguardo non è il caso di ripetere quanto ampiamente da me esplictato nei molteplici interventi sulla polis di katane in questa stessa discussione

È opinione del geografo Filippo Cluverio che l’odierna Randazzo sorgesse nel luogo già occupato dall’antica "Tissa", questa ipotesi è suffragata da reperti archeologici rinvenuti nella zona e risalenti al periodo greco e attraverso Tissa si sarebbe sviluppata la civiltà ellenica lungo la Valle dell’Alcantara (l’antico Akenises). Anche Cicerone nomina l’antica Tissa nelle sue orazioni contro Verre, come soggiorno di laboriosi agricoltori che non poterono opporsi alle vessazioni di quel rapace pretore inviato dai romani in Sicilia.

In loco, che si trova a 754 m s/m, sembra accertata, tuttavia, la presenza di insediamenti umani nel territorio dell’attuale Randazzo a partire dal VI secolo a.C., come testimoniano i numerosi reperti archeologici risalenti a quell’epoca rinvenuti nelle contrade S. Anastasia e Mischi. Gli esiti di ulteriori campagne di scavo attesterebbero la persistenza di agglomerati abitati nelle epoche successive fino all’epoca della dominazione araba dell’isola.

Ne consegue che la valle dell'Alcantara dal VI secolo a.C.doveva "contenere" più di un Sito a prevalente esthnos Calcidese. Al riguardo è assorbente rammentare che dopo le varie sconfitte e vicissitudini subite dai Calcidesi di Naxos, fino alla distruzione ad opera di Siracusa, i Nassii, in buona parte, risalirono la valle del fiume Alcantara ed andarono ad accrescre i vari insediamenti greci della valle. Solo una parte dei superstiti fu deportata per accrescere la popolazione di Tauromenium. Coloro che riuscirono a fuggire al disastro del 403 a.C. andarono a raggiungere i figli di coloro che già erano sfuggiti alle precedenti invasioni subite dalla stessa città e che si erano propagati lungo la valle dell'Alcantara.Già dopo l'espansione Dorico-siracusana a far da ta dal secondo quarto del V secolo a.C.

Non è da escludere che nella stessa valle sussistesse una federazione e che la stessa Randazzo antica (Tissa?) rappresentasse in effetti una sorta di federazione di più Siti.

(continua...)

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Interessanti contributi!

Per quanto mi riguarda e spero di non creare interferenze con la discussione, dovete sapere (oppure l'avete già capito :D) che a me piace mostrare ciò che le monete riportano. D'altronde sono perfette testimonianze di ciò che oggi abbiamo, talvolta in maniera molto disastrata, riguardo agli oggetti di uso comune o comunque beni archeologici.

Riprendo dunque il tetras postato da acraf con il perirrhanterion.

Di seguito qualche esempio:

eccolo nella sua forma standard, come mostrato nella moneta, questo è tetrapode; proviene dal Tempio arcaico di Isthmia.

E' in marmo ed è datato alla metà del XII sec. a.C.

A sorreggere il bacino, quattro cariatidi con al guinzaglio altrettanti leoni (possibile collegamento con la testa del tetras?) alternate da teste di ariete.

La base è stata ritrovata nel peristilio mentre il bacino stesso nella parte Nord del temenos.

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Qua sotto è mostrato in un disegno e diventa un tripode (magari anche il nostro lo era)

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L'ultimo, invece, è un vero tripode proveniente dal Tempio di Apollo a Delfi; sempre cariatidi a sorreggere il bacino.

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Mirko :)

Modificato da Mirko8710
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Awards

Riprendendo il mio modesto apporto su Stiela e sulla presenza Calcidese in Sicilia e nel mondo del mediterraneo antico. Mi preme a questo punto porre l'attenzione su:

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APOLLO ARCHEGETES

(ar-KEJ-ə-teez; Ἀρχηγέτης, Arkhēgetēs, letteralmente "fondatore"... "colui che guida la fondazione", patrono di molte colonie greche oltremare. La cosa sembra essere intimamente connessa con la circostanza, che una città, o una colonia, non è mai stata fondata dai Greci senza consultare un oracolo di Apollo, tanto da diventare per l'ethnos Greco il leader spirituale

Suo principale attributo era l'alloro, usato per la corona della vittoria la stessa pianta era usata nei sacrifici espiatori. Ed infatti Apollo viene normalmente raffigurato coronato di alloro, pianta simbolo di vittoria, sotto la quale, peraltro, alcune leggende volevano che il dio fosse nato.

Dio protettore della colonizzazione Greca in Sicilia.

Naxos è la prima ad essere fondata in Sicilia dai Calcidesi (ecista fu Teocle) nel 734 a.C. ed i coloni, dopo lo sbarco, costruiscono sulla spiaggia un altare in onore di Apollo Archegete, che i fondatori delle colonie greche erano soliti edificare a scopo propiziatorio, come riferisce lo storico Tucidide. Costruirono l'alatare del dio sulla spiaggia, e fuori dal temenos, perchè il culto appartenva a tutti i greci di Sicilia e infatti non è da escludere che l'altare e il simulacro siano stati salvati dalle successive distruzioni. Pare che esso sia stato meta simbolica per gli ambasciatori greci in partenza verso la madrepatria. L'altare di Apollo Archegetes sulla spiaggia di Naxos era infatti quello ove i teoroi si recavano ad interrogare l'oracolo di Delfi e sacrificavano prima di partire dalla Sicilia. (Tucidide).

Le fonti narrano che lo stesso Augusto (che si considerava figlio del dio) sostò davanti ad esso.

Naxos viene concordemente identificata dagli storici come la prima colonia greca di Sicilia.

Nel 495 a.C., il tiranno di Gela Ippocrate cinge d'assedio la città ma non riesce a conquistarla. Nel 476 a.C. Ierone di Siracusa rifonda la città secondo un impianto regolare. Nel 425 a.C. Naxos è alleata di Atene nella guerra contro Siracusa. Nel 403 a.C. il tiranno di Siracusa Dionisio I distrugge la città per punirla dell'alleanza con Atene. Gli abitanti vengono venduti come schiavi e le rovine della città vengono cedute ai siculi alleati di Siracusa. Dopo questo evento Naxos rimane un porto commerciale, ma perde il rango di Polis. La popolazione si trasferisce sul Monte Tauro e fonda la città di Tauromenium l'attuale Taormina.

Evidenzio che l'attuale intervento non è una digressione ma preparatorio di successive conclusioni circa i quesiti posti su Stiela, conformemente a quanto già discusso e indagato dall'amico Acraf.

Ribadisco che, parte dei Nassii, nell'occasione delle crisi del 476 a.C. e, successivamente, nel 403 a.C., trovarono preferibile espandersi lungo il corso dell'Alcantara, in cerca di nuova autonomia e nuova fortuna, piuttosto che seguire le deportazioni o, comunque, un imposto esilio presso gli altri siti Calcidesi della costa ormai soggetti alla potenza dorica (Siracusa).

(Continua...)

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So che Piakos alla prossima ripulitura cancellerà questo post, ma non resisto dal farvi notare la bellezza dell'incisione del tetradramma di Himera postato da Acraf. Questo conio è tra i miei preferiti delle zecche siciliane, soprattutto per l'esecuzione della figura della ninfa che poggia il suo peso sulla gamba destra potendo così piegare la sinistra in una posa plastica tipicamente femminile. Il tutto poi è accentuato dalle braccia aperte, ma a differente altezza per l'equilibrio, e dalla testa china verso il braccio con la patera. E' l'opera di un grande artista. Magnifica moneta!

P.S. Un grazie a Medusa.... sono in debito.

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