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Il concetto di moneta nel medioevo


Risposte migliori

Cito un passaggio dal libro che attualmente occupa il mio comodino, Gente del medioevo, di Robert Fossier:

Eccomi di fronte all'ultimo, oggi al padrone delle nostre vite quotidiane, se non di tutti i nostri pensieri: il denaro. Qui non si tratta di finanze pubbliche o private, né di prezzi o di salari, né di conio o di circolazione delle valute, né di procedimenti contabili o bancari, né di massa o di politica monetaria e neppure di commercio o di scambi; ma solamente il ruolo nel denaro nella mentalità, nell'approccio della vita su questa terra, per ogni uomo di quest'epoca e, per una volta, a qualunque ordine appartenga. Una prima osservazione chiarirà il ruolo, in linea di principio inammissibile, dello strumento monetario:fino al XIII secolo, anche più tardi se ci si limita alla campagna, il denaro è un elemento secondario della vita quotidiana. Peggio ancora: un tabù da rispettare. Dal vello d'oro a Giuda, la Scrittura lo destina all'esecrazione divina: Aristotele, presso i gentili, ne constata anche il potere, benché l'economia antica non lo ignori.

La Chiesa cristiana ammette certo il commercio e la ricchezza, ma vi vede una componente inhonesta e valorizza la povertà, perché non si può "servire contemporaneamente Dio e Mammone"; dal canto suo san Luca denuncia il simbolo della corruzione, quella del corpo di cui il denaro governa gli sforzi, e quella dell'animo invaso dalla brama e dall'invidia. Il rifiuto categorico poggia, per lo meno fino al XII secolo, sulla natura fondiaria dell'economia: un'economia di sussistenza in cui le transazioni possono essere pienamente soddisfatte dal baratto, dal contro-dono e dall'oggetto in natura, che si tratti di ammende, di canoni o di salari.

E' dal momento in cui si sviluppa la città e si forma un gruppo di mercanti professionisti, tra il 1100 e il 1250 a seconda delle regioni, che il denaro si insinua nella vita pratica. La Chiesa persiste, nonostante l'evidenza e il ruolo che essa stessa svolge al riguardo, a considerare il denaro o la sua manipolazione come una fonte di peccato, a maggior ragione il commercio, la sua posizione sociale, i benefici che ci si attende di ricavarne. La sua ira prende di mira soprattutto il prestito, che pure è fonte di ogni investimento, e di cui non fa a meno: prelevare un interesse al termine della dilazione concessa, con il pretesto del rischio corso o della mancanza di guadagno equivale a vendere tempo, quello della durata del prestito; ora, il tempo appartiene solo a Dio; quindi è un latrocinio punibile. E se vi è eccesso, "usura", per esempio a un tasso del 20 per cento del capitale, il peccato è mortale e porta a Satana.

Di fronte a questa irritazione, di cui all'occorrenza la stessa Chiesa non tiene conto, la persona comune ha opposto qualche resistenza alle tentazioni del male? In città, certamente no: oltre all'aumento della nostra documentazione contabile, urbana o persino signorile, la letteratura del XIV secolo fissa molte classificazioni sociali in funzione della ricchezza mobiliare o del rapporto con il denaro. Non è certo che le cose stiano così in campagna e le ribellioni contro la fiscalità crescente saranno la molla fondamentale della sollevazioni dei contadini solo dopo il 1400 o 1450: verso il 1350 i Jacques del bacino parigino si scagliano contro le debolezze del sistema signorile e contro la sua autorità giudiziaria. In definitiva, non credo che sia ragionevole ricercare, e con accanimento, come oggi molti storici sono tentati di fare, le tracce di un "sistema capitalista" medievale prima del 1450 o del 1500, e d'altronde in città esclusivamente in questo momento.

Ho voluto riportare integralmente questo passaggio (pgg.237-238) perché trovo che tocchi i principali argomenti che ruotano attorno al ruolo della moneta nell'economia medievale, dando il giusto ruolo e peso alla circolazione monetaria. I denari d'argento precedenti il 1100 sono splendidi oggetti per il numismatico, che però circolavano relativamente poco. E' proprio la crescita di una classe mercantile nelle città (principalmente italiane, francesi e fiamminghe) che richiese l'avvento di monete diverse, multipli di quel denaro che intanto si era (utilmente) enormemente svilito.

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Personalmente credo che il denaro abbia un ruolo uguale in ogni epoca. Nel medioevo, soprattutto nei secoli VI - X, la circolazione monetaria è senz'altro minore che in altri periodi. Ma questo non fa della moneta un tabù. Forse questo valeva per qualche predicatore, ma sicuramente per la maggioranza delle persone l'approccio alla moneta era simile al nostro (più soldi posseggo, più cose ottengo).

Le ribellioni contro un fisco opprimente, nulla hanno a che vedere con la circolazione monetaria e i problemi attuali lo dimostrano.

E infine, per quanto riguarda la chiesa, come ogni chiesa guarda ai cambiamenti con sospetto e lo sviluppo dei commerci, con tutte le problematiche che ne derivano, non poteva fare eccezione.

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Ho voluto riportare integralmente questo passaggio (pgg.237-238) perché trovo che tocchi i principali argomenti che ruotano attorno al ruolo della moneta nell'economia medievale, dando il giusto ruolo e peso alla circolazione monetaria. I denari d'argento precedenti il 1100 sono splendidi oggetti per il numismatico, che però circolavano relativamente poco. E' proprio la crescita di una classe mercantile nelle città (principalmente italiane, francesi e fiamminghe) che richiese l'avvento di monete diverse, multipli di quel denaro che intanto si era (utilmente) enormemente svilito.

Al di là delle opinioni di questo signore, che credo esprimano il suo personale punto di vista piuttosto che la realtà storica oggettiva, invce di "mitizzare" o meglio "demonizzare" il denaro, cerchiamo di affrontare il fenomeno dal lato più logico dal quale dovrebbe essere affrontato: ovvero quello dell'aspetto monetario.

L'introduzione di nominali maggiori o diversi non dipende da un gruppo di mercanti che ad un ecrto punto decide di avere una nuova moneta ma è diretta conseguenza della ricchezza e soprattutto dello sviluppo delle attività e degli scambi commerciali di una nazione.

Quindi se si è passati dai piccoli, poveri denari medioevali, progressivamente ai grossi e successivamente ai guldiner, talleri e testoni dell'epoca rinascimentale questa evoluzione è diretta conseguenza di due fattori, da un lato l'incremento degli scambi commerciali e la crescita economica delle varie regioni e nazioni, dall'altro l'afflusso di quantità enormi di argento e oro dalle miniere d'argento boeme e dalle Americhe che determinò una vera e propria esplosione monetaria con l'introduzione di nominali più importanti e la tempo stesso di molti più nominali e infine di multipli importanti (basti pensare ai multipli di talleri tedeschi del XVI secolo che arrivavano a pesare fino a 300gr. !)

numa numa

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La circolazione monetaria insieme alla curva demografica sono tra i principali indicatori che attestano i periodi di opulenza o di crisi attraverso la storia. Dal VI all'XI secolo la circolazione monetaria era molto debole, infatti si parla di economia curtense, c'era poco da comprare e poco da vendere: addirttura in alcune zone si tornò al baratto. Tra il XII e XIII secolo c'è il "risveglio", ricomincia l'urbanesimo e anche la circolazione monetaria, che sfocia nella nascita di nuove e più consistenti monete, come il grosso d'argento, l'augustale di Federico II, il fiorino che è legato al grande boom del XIII secolo, non a caso chiamato...dollaro del Medioevo.

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Le "opinioni personali di questo signore" sono saldamente ancorate in decenni di studi di medievalistica, soprattutto di quella scuola storica francese (Pirenne, Le Goff, Vauchez solo per citare i primi nomi che mi vengono in mente) che ci ha ricordato come la storia non sia solo elenco di nomi illustri, battaglie e grandi imprese ma anche e soprattutto la vita quotidiana della gente comune, storia sociale, economica, religiosa, della scienza, della tecnica, del costume, del pensiero.

Senza troppo generalizzare, l'uomo medievale viveva in una dimensione mentale totalmente diversa da quella dei moderni: per lui la vita terrena era solo passaggio e proiezione verso la vita dell'aldilà, la vita eterna. Terra e cielo erano una cosa sola, non c'era alcuna soluzione di continuità tra mondo materiale e mondo spirituale. Con l'eccezione delle élites guerriere o ecclesiastiche, l'uomo medievale aveva in pratica due sole preoccupazioni, la sopravvivenza quotidiana e la salvezza dell'anima, e queste potevano essere in contraddizione perché le azioni che servivano ad assicurare la prima potevano compromettere la seconda: "pochi si salvano". Tutto ciò che portava all'accumulazione di ricchezza era guardato con severità se non esplicitamente condannato: dovere morale del potente era dilapidare ogni ricchezza acquisita in doni (possibilmente alla Chiesa, oppure a suoi pari) o in imprese (militari o civili: una Crociata, la costruzione di una chiesa) o in semplice manifestazione del lusso richiesto dal suo rango sociale. Quanto di questa mentalità sia rimasto anche nei secoli successivi, nell'era dei mercanti per capirsi, è testimoniato dalla frequenza con cui i grandi mercanti lasciavano per testamento tutti i loro beni alla Chiesa, oppure li destinavano ad opere religiose. Erano certamente uomini divisi: da una parte stava nascendo una nuova etica del lavoro, del commercio, della ricchezza, dell'individualismo; dall'altra le vecchie strutture mentali avevano ancora il loro peso.

Sicuramente per tutto l'alto medioevo (fino all'affermarsi delle fiere della Champagne, per capirsi) il denaro monetato aveva un ruolo marginale, perché obiettivo di tutta l'attività economica era l'autosufficienza. I commerci erano ridotti per difficoltà oggettive, ma anche perché si cercava il più possibile di farne a meno per ragioni morali (si vive nel mondo, ma il mondo è oggetto di disprezzo; i contatti con chi viene da fuori, con lo straniero, con ciò che è nuovo o sconosciuto vanno ridotti al minimo, perché possono turbare l'ordine costituito, portare pericoli per la salvezza dell'anima: pensiamo ai monasteri che sempre più tendono a isolarsi anche geograficamente, fino alla nascita degli ordini mendicanti che tornano a predicare nelle città, non a caso già in un periodo di rinascita economica e commerciale). Quale fosse la causa e quale l'effetto, è difficile dire. C'è anche chi ha parlato di "aristocrazia monetaria" intendendo che la battitura di moneta in epoca carolingia fosse in sostanza una iniziativa personale dei monetieri a scopo di ostentazione. Questo non significa che il denaro non fosse utilizzato come concetto, ma di fatto pochissime transazioni erano monetarizzate: più che al baratto vero e proprio, dobbiamo pensare allo scambio di beni o prodotti a fronte di un controvalore, o al credito al consumo ("taglia"), tra persone che per lo più vivevano nello stesso luogo per tutta la vita, con una esistenza costantemente regolata dalle stagioni del lavoro agricolo: in altri termini, non si sfuggiva ai creditori, se non forse partendo per un pellegrinaggio...

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Le "opinioni personali di questo signore" sono saldamente ancorate in decenni di studi di medievalistica, soprattutto di quella scuola storica francese (Pirenne, Le Goff, Vauchez solo per citare i primi nomi che mi vengono in mente) che ci ha ricordato come la storia non sia solo elenco di nomi illustri, battaglie e grandi imprese ma anche e soprattutto la vita quotidiana della gente comune, storia sociale, economica, religiosa, della scienza, della tecnica, del costume, del pensiero.

Ecco perché simpatizzo per la scuola Inglese :P

Facezie a parte, riconosco ottimi meriti alla scuola francese, Pirenne, Braudel, Le Goff sono delle pietre miliari nello studio dell'epoca medioevale. Però mi trovo meglio con una storiografia più oggettiva che parta dallo studio di dati oggettivi per spiegare i fenomeni piuttosto che una stporiografia che personalizzi e soprattutto cerchi d'interpretare in modo soggettivo l'evoluzione storica e i fenomeni sociali.

Ecco perché le affermazioni di Fossier non mi colpiscono particolarmente, né le riflessioni sul cosiddetto "uomo medioevale".

E' come se qualcuno, tra 400 anni, facesse, in base alle proprie considerazioni delle proprie riflessioni sulle caratteristiche dell'uomo "moderno" (intendendosi l'uomo del XX-XXI secolo) in base alla propria idea di uomo "moderno" e non in base a dei dati oggettivi e l'attento esame dei fenomeni sociali, storici, economici che hanno caratterizzato un'epoca, che dovrebbero invece essere i principali ispiratori dell'indagine storica.

Quando leggo certi resoconti (non parlo di Le Goff o Braudel) ho la sensazione di leggere della letteratura, quando leggo Cipolla ho invece la netta sensazione di come sia siano svolti certi fatti.

Con questo esprimo solo un mio personale parere e naturalmente ciscuno è liberissimo di preferire la letteratura o l'indagine storica che più gli aggrada :D

numa numa

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Ma non è che la "storia sociale" non è oggettiva o è poco documentata, semplicemente si appoggia a documenti e testimonianze (non solo documenti scritti, anche reperti archeologici, antropologici, di vita materiale...) che sono spesso trascurati dalla storiografia "tradizionale". E' il focus che cambia, mica il metodo scientifico ;) : sono due modi complementari di leggere il passato. Poi ci sono storici bravi e meno bravi indipendentemente dalla corrente storiografica a cui si rifanno...

A parte questo, Cipolla è un mito (per non parlare di Runciman) :D

P.S. Me so' scordato Duby... hai letto "Le Origini dell'Economia Europea"? Non mi sembra un testo campato per aria...

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Noto con piacere che non c'è una visione unanime, il che fa solo del bene. Nella prima parte del libro Fossier parla appunto di una cronica assenza di documenti riguardanti la gente comune per praticamente tutto il periodo medievale - il che non è affatto sorprendente, considerando che la Storia era un resoconto di parte sulle glorie dei potenti o sulla malvagità dei nemici. Il resto della popolazione era perlopiù analfabeta, e non aveva quindi alcuna maniera di scrivere di sè.

La situazione oggettiva che lo storico si trova ad affrontare è che ci sono documenti che parlano di una piccola parte della popolazione, la più potente; di tutti gli altri, che avevano sicuramente uno stile di vita e abitudini diverse, non c'è pressoché nulla di scritto: questo non significa però che queste persone non siano esistite!

Lo storico che voglia studiare la parte umile della popolazione, che però costituivano il tessuto su cui erano ricamate le gesta dei potenti (passatemi questa metafora), deve per forza avventurarsi nel campo archeologico più che documentale, con più indizi che certezze a disposizione. Ovvio che la valutazione personale non possa restare fuori dalle ipotesi e teorie formulate: altrettanto ovvio che c'è più spazio per il dibattito e la differenza (anche forte) di opinione.

Ho voluto citare questo passo per aprire una discussione sul concetto di moneta nel medioevo, e sono d'accordo con Numma che per uno studio sistematico dell'economia ci si debba rivolgere altrove (Cipolla ed altri citati sono degli esempi perfetti). Ovvio che non è che i mercanti si siano inventati una mattina che avevano bisogno di multipli del denaro: è certo però che prima che si sviluppassero le città e gli interessi mercantili non ci fu bisogno di queste monete, se non in misura piuttosto ridotta. L'augustale non ebbe il successo del fiorino non perché non fosse una buona moneta, ma perché non rispondeva ad una esigenza monetaria di vasta portata (ma si possono prendere altre monete come esempio altrettanto valido).

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Noto con piacere che non c'è una visione unanime, il che fa solo del bene. Nella prima parte del libro Fossier parla appunto di una cronica assenza di documenti riguardanti la gente comune per praticamente tutto il periodo medievale - il che non è affatto sorprendente, considerando che la Storia era un resoconto di parte sulle glorie dei potenti o sulla malvagità dei nemici. Il resto della popolazione era perlopiù analfabeta, e non aveva quindi alcuna maniera di scrivere di sè.

La situazione oggettiva che lo storico si trova ad affrontare è che ci sono documenti che parlano di una piccola parte della popolazione, la più potente; di tutti gli altri, che avevano sicuramente uno stile di vita e abitudini diverse, non c'è pressoché nulla di scritto: questo non significa però che queste persone non siano esistite!

Lo storico che voglia studiare la parte umile della popolazione, che però costituivano il tessuto su cui erano ricamate le gesta dei potenti (passatemi questa metafora), deve per forza avventurarsi nel campo archeologico più che documentale, con più indizi che certezze a disposizione. Ovvio che la valutazione personale non possa restare fuori dalle ipotesi e teorie formulate: altrettanto ovvio che c'è più spazio per il dibattito e la differenza (anche forte) di opinione.

Ho voluto citare questo passo per aprire una discussione sul concetto di moneta nel medioevo, e sono d'accordo con Numma che per uno studio sistematico dell'economia ci si debba rivolgere altrove (Cipolla ed altri citati sono degli esempi perfetti). Ovvio che non è che i mercanti si siano inventati una mattina che avevano bisogno di multipli del denaro: è certo però che prima che si sviluppassero le città e gli interessi mercantili non ci fu bisogno di queste monete, se non in misura piuttosto ridotta. L'augustale non ebbe il successo del fiorino non perché non fosse una buona moneta, ma perché non rispondeva ad una esigenza monetaria di vasta portata (ma si possono prendere altre monete come esempio altrettanto valido).

Beh, non è completamente vero che del periodo medioveale (e in special modo alto-medioevale) non ci siano pervenuti documenti.

Diciamo che vi sono diversi tipi di documenti ma che ricercarli e riunirli in un contesto organico risulta sicuramente oneroso e piu difficile rispetto all'abbondanza di carte e testimonianze che caratterizza i secoli successivi.

Ma è qui che il bravo storico viene fuori :D , altrimenti, ripetiamo solo aria fritta (da altri) oppure considerazioni che esprimono una visione personalizzata dei fatti storici (il cui più grosso rischio è quello di distorcere la ricostruzione di una visione oggettiva, ovvero lo sforzo di ricostruire come si siano svolti i fatti e cosa abbia determinato 'evoluzione di certi processi).

Questi documenti che abbiamo a disposizione sono costituiti,ad esempio, da contratti di compravendita di case eterreni o di beni importanti(attenzione che non si presuma che tali contratti erano esclusivo appannaggio di gente ricca, i contadini, i piccoli proprietari, etc. ne sottoscrivevano ampiamente e ne abbiamo testimonianza già dall'epoca longobarda). Un'altra fonte importante sono le cronache ecclesiastiche e non che ci rimangono di quest'epoca (e sono molte). A fianco queste testimonianze abbiamo poi l'evidenza archeologica : in questi i molteplici ritrovamenti monetali di epoca alto-medioevale ci dicono moltissimo sulla circolazione delle varie monete e sul volume e natura degli scambi, anzi proprio queste indagini oggi sono all'avanguardia nella branca della storiografia medioevale,

Ovvero oggi si cerca di comprendere molto di più "come" sia vissuto l'uomo medioevale, per comprendere il suo universo di riferimento piuttosto che comprendere la sua storia attraverso gli avvenimenti storici di cui abbiamo memoria (guerre, crociate, a vvicendamenti di regni, etc.), altrimenti si arriva , come abbiamo visto nelle citazioni riportate sopra, a delle aberrazioni di "concetto" di uomo medioevale che volgiono dire tutto e niente (parimenti aberrante è voler sintetizzare il concetto di uomo "moderno"..) che riflette appunto la soggettività di chi esprime il concetto più che una realtà effettiva della vita medioevale.

Non dimentichiamoci che certi pre-concetti sono durissimi a morire una volta affermatisi nell'immaginario collettivo: l'idea, affermatasi da secoli , che i vichinghi (svedesi almeno) portassero elemi con le corna è stata smentita compeltamente, ma quanti di noi ancora ora non associerebbero tali elmi alla popolazione nordica ?

Egualmente l'idea dell'uomo medioevale di solo spirito, ascetico , ripudiante le ricchezze terrene, e appartenente ad una dimensione tendente solo verso la dimensione spirituale è forse propria più di una "nostra" idea di come percepiamo l'uomo medioevale piuttosto che della realtà di come effettivamente era.

Ricostruiamo invece, con rigore e puntualità, la sua storia per poterlo comprendere più a fondo e per questo usiamo l'indagine delle testimonianze pervenuteci che i bravi storici sanno raccogliere e interpretare correttamente.

Che poi queste idee contraddicano "decenni di studi di medioevalistica" non mi impressiona più di tanto, non sarebbe certo la prima volta che concezioni più che radicate vengano rimesse completamente in discussione, è successo in contesti anche molto più importanti.

Quello che veramente conta, per chi ama la storia, è la comprensione dei fenomeni e la comprensione dell'evoluzione storica, e in questo la numismatica, spesso ignorata (a volte snobbata) dagli storici, può offrire un eccellente contributo...

numa numa

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Egualmente l'idea dell'uomo medioevale di solo spirito, ascetico , ripudiante le ricchezze terrene, e appartenente ad una dimensione tendente solo verso la dimensione spirituale è forse propria più di una "nostra" idea di come percepiamo l'uomo medioevale piuttosto che della realtà di come effettivamente era.

Attenzione, non banalizziamo i concetti. Quella che riporti è una concezione "romantica" del medioevo di cui proprio la storiografia degli Annales di cui tu hai una opinione tanto bassa è stata la prima a fare giustizia ;)

La realtà, come sempre, è più complessa. Potremmo parlare a lungo dell'insicurezza come fattore dominante nella mentalità medievale, dovuto all'instabilità politica, alle miserabili condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione, al pericolo sempre incombente di carestie ed epidemie; della spiritualità come rifugio o fuga da una condizione sociale intollerabile (i pellegrinaggi, la "Crociata degli straccioni"); del fatto che quello che portava a sicura dannazione gli umili era tollerato se non incoraggiato tra i signori (quanti figli bastardi si incontrano nella genealogia delle grandi casate?); del dualismo corpo/anima, terra/cielo, spirito/materia per cui certe manifestazioni della vita materiale (il cibo, il sesso) potevano essere allo stesso tempo condannate (le fonti ecclesisastiche) ed esaltate (per esempio la poesia goliardica)...

Tutto questo sarà anche poco "oggettivo" perché non si limita ad una enumerazione di nomi, luoghi e date, ma non lo considero affatto un esercizio di cattiva letteratura. Se fatto con la dovuta scientificità e onestà intellettuale, mi sembra invece un tentativo di comprendere più profondamente cosa significava per gli esseri umani vivere in un certo luogo e in un certo tempo, cercando di costruire un ponte con loro, riportandoli in vita, in qualche modo. Questo spiega anche perché a volte un umile denaro medievale possa avere altrettanto fascino dei capolavori dell'arte incisoria ;)

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Attenzione, non banalizziamo i concetti. Quella che riporti è una concezione "romantica" del medioevo di cui proprio la storiografia degli Annales di cui tu hai una opinione tanto bassa è stata la prima a fare giustizia ;)

La realtà, come sempre, è più complessa. Potremmo parlare a lungo dell'insicurezza come fattore dominante nella mentalità medievale, dovuto all'instabilità politica, alle miserabili condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione, al pericolo sempre incombente di carestie ed epidemie; della spiritualità come rifugio o fuga da una condizione sociale intollerabile (i pellegrinaggi, la "Crociata degli straccioni"); del fatto che quello che portava a sicura dannazione gli umili era tollerato se non incoraggiato tra i signori (quanti figli bastardi si incontrano nella genealogia delle grandi casate?); del dualismo corpo/anima, terra/cielo, spirito/materia per cui certe manifestazioni della vita materiale (il cibo, il sesso) potevano essere allo stesso tempo condannate (le fonti ecclesisastiche) ed esaltate (per esempio la poesia goliardica)...

Tutto questo sarà anche poco "oggettivo" perché non si limita ad una enumerazione di nomi, luoghi e date, ma non lo considero affatto un esercizio di cattiva letteratura. Se fatto con la dovuta scientificità e onestà intellettuale, mi sembra invece un tentativo di comprendere più profondamente cosa significava per gli esseri umani vivere in un certo luogo e in un certo tempo, cercando di costruire un ponte con loro, riportandoli in vita, in qualche modo. Questo spiega anche perché a volte un umile denaro medievale possa avere altrettanto fascino dei capolavori dell'arte incisoria ;)

Veramente la mia non voleva essere una banalizzazione, ma mi riferivo proprio a quanto avevi scritto tu poco sopra :

Senza troppo generalizzare, l'uomo medievale viveva in una dimensione mentale totalmente diversa da quella dei moderni: per lui la vita terrena era solo passaggio e proiezione verso la vita dell'aldilà, la vita eterna. Terra e cielo erano una cosa sola, non c'era alcuna soluzione di continuità tra mondo materiale e mondo spirituale. Con l'eccezione delle élites guerriere o ecclesiastiche, l'uomo medievale aveva in pratica due sole preoccupazioni, la sopravvivenza quotidiana e la salvezza dell'anima,

che francamente trovavo un pò riduttivo nella pretesa di inquadrare e spiegare "chi era" l'uomo medioevale.

Inoltre stimo e rispetto molto la Scuola degli Annales, sopra mi riferivo invece nello specifico al passaggio di Fossier citato.

Non attribuitemi cose che non ho detto.. :D

numa numa

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Ok ok, mi sono fatto un po' prendere la mano ma concedimi qualche generalizzazione... :P

Confermo però che il dualismo tra materia e spirito e la percezione del soprannaturale come costantemente presente e ingerente nella vita terrena si trovano direttamente e ampiamente nelle fonti dell'epoca. Con tutti i limiti della rappresentazione che gli uomini di una certa epoca possono dare di se stessi a se stessi, che può essere anche più distorta di quella che noi possiamo dare degli uomini di un'altra epoca, mi pare che possiamo affermare che questi sono elementi comuni e caratteristici del modo di pensare della cristianità occidentale del Medio Evo, con conseguenze reali e dirette nella vita pratica, nell'economia, nella tecnica, nel costume.

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concesso, concesso..

la rappresentazione della realtà è quanto di più complesso e sfuggente ci possa essere..

innanzitutto quale realtà..?

Ma qui schiudiamo un altro orizzonte, che ci porta su sponde filosofiche piuttosto che storiografiche, e

non è questa la sede per parlarne..

noi ci limitiamo alle piccole, deliziose, utilissime monetine..

numa numa

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Beh, non è completamente vero che del periodo medioveale (e in special modo alto-medioevale) non ci siano pervenuti documenti.

Diciamo che vi sono diversi tipi di documenti ma che ricercarli e riunirli in un contesto organico risulta sicuramente oneroso e piu difficile rispetto all'abbondanza di carte e testimonianze che caratterizza i secoli successivi.

Ma è qui che il bravo storico viene fuori :D , altrimenti, ripetiamo solo aria fritta (da altri) oppure considerazioni che esprimono una visione personalizzata dei fatti storici (il cui più grosso rischio è quello di distorcere la ricostruzione di una visione oggettiva, ovvero lo sforzo di ricostruire come si siano svolti i fatti e cosa abbia determinato 'evoluzione di certi processi).

Questi documenti che abbiamo a disposizione sono costituiti,ad esempio, da contratti di compravendita di case eterreni o di beni importanti(attenzione che non si presuma che tali contratti erano esclusivo appannaggio di gente ricca, i contadini, i piccoli proprietari, etc. ne sottoscrivevano ampiamente e ne abbiamo testimonianza già dall'epoca longobarda). Un'altra fonte importante sono le cronache ecclesiastiche e non che ci rimangono di quest'epoca (e sono molte). A fianco queste testimonianze abbiamo poi l'evidenza archeologica : in questi i molteplici ritrovamenti monetali di epoca alto-medioevale ci dicono moltissimo sulla circolazione delle varie monete e sul volume e natura degli scambi, anzi proprio queste indagini oggi sono all'avanguardia nella branca della storiografia medioevale,

Ovvero oggi si cerca di comprendere molto di più "come" sia vissuto l'uomo medioevale, per comprendere il suo universo di riferimento piuttosto che comprendere la sua storia attraverso gli avvenimenti storici di cui abbiamo memoria (guerre, crociate, a vvicendamenti di regni, etc.), altrimenti si arriva , come abbiamo visto nelle citazioni riportate sopra, a delle aberrazioni di "concetto" di uomo medioevale che volgiono dire tutto e niente (parimenti aberrante è voler sintetizzare il concetto di uomo "moderno"..) che riflette appunto la soggettività di chi esprime il concetto più che una realtà effettiva della vita medioevale.

Non dimentichiamoci che certi pre-concetti sono durissimi a morire una volta affermatisi nell'immaginario collettivo: l'idea, affermatasi da secoli , che i vichinghi (svedesi almeno) portassero elemi con le corna è stata smentita compeltamente, ma quanti di noi ancora ora non associerebbero tali elmi alla popolazione nordica ?

Egualmente l'idea dell'uomo medioevale di solo spirito, ascetico , ripudiante le ricchezze terrene, e appartenente ad una dimensione tendente solo verso la dimensione spirituale è forse propria più di una "nostra" idea di come percepiamo l'uomo medioevale piuttosto che della realtà di come effettivamente era.

Ricostruiamo invece, con rigore e puntualità, la sua storia per poterlo comprendere più a fondo e per questo usiamo l'indagine delle testimonianze pervenuteci che i bravi storici sanno raccogliere e interpretare correttamente.

Che poi queste idee contraddicano "decenni di studi di medioevalistica" non mi impressiona più di tanto, non sarebbe certo la prima volta che concezioni più che radicate vengano rimesse completamente in discussione, è successo in contesti anche molto più importanti.

Quello che veramente conta, per chi ama la storia, è la comprensione dei fenomeni e la comprensione dell'evoluzione storica, e in questo la numismatica, spesso ignorata (a volte snobbata) dagli storici, può offrire un eccellente contributo...

numa numa

Magari con sua sorpresa, sono d'accordo con la maggior parte di quel che ha scritto numma numma. Ho proposto il brano di Fossier per aprire un dibattito sul tema della moneta ed il suo uso durante il medioevo: un contorno storico al semplice metallo mi sembra imprescindibile; poi non è necessario essere completamente d'accordo con Fossier (non lo sono su tutto).

La funzione della moneta è da sempre quella di intermediaria negli scambi (oltre ad altre considerazioni sul messaggio politico o propagandistico che porta impressa su di sé e che ne determina l'iconografia, ma lasciamo perdere per un istante questo aspetto). Dopo la caduta dell'impero romano una notevole parte dell'economia era tornata al baratto, che sicuramente prevalse più a lungo in campagna che in città.

Verso il 1000, con il ritorno di una certa stabilità politica l'economia tornò ad espandersi, e ben presto fu sentita l'esigenza di più moneta in senso quantitativo, e anche in senso qualitativo (ed ecco i multipli e sottomultipli). Se lasciamo da parte i commerci internazionali, la moneta tendeva a concentrarsi in città, e fluire verso la campagna una volta all'anno, dopo il raccolto. Qui veniva generalmente tesaurizzata o immediatamente spesa per l'acquisto di beni, principalmente di origine cittadina... e il cerchio si richiudeva.

Un fatto interessante e meno studiato rispetto alla moneta ufficiale è l'emissione locale di gettoni in metallo vile che facevano spesso le veci della moneta vera e propria, rispondendo alla stessa richiesta crescente di moneta.

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La moneta, la riccheza, la capacità di guadagno sono state spesso demonizzate da molti e in vari momenti. Anch'io come Numa Numa preferisco (e molto) la storiografia anglo-sassone (che comprende anche Mommsen) a quella latina. E questo per vari motivi. Il primo in assoluto è la chiarezza nell'esposizione e il secondo l'assenza o comunque solo una piccola infarinatura di giudizi morali o di tipo politico. Ribadisco che secondo me l'uomo è sempre lo stesso, che viva nell'antichità, nel medioevo o oggi. Le elites no, quelle cambiano. Ed è qui che sta la differenza. Popolo uguale, elites diverse. E tra queste ultime, alcune portano il popolo al benessere, altre alla rovina.

Tornando alla numismatica, le monete circolavano anche nel medioevo e questo è dimostrato dai ripostigli. E vorrei far presente che una funzione importante della moneta era quella di servire per il pagamento delle tasse di cui ogni stato aveva bisogno e che anche i più poveri le pagavano pure in moneta (e questo è attestato in letteratura).

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La moneta, la riccheza, la capacità di guadagno sono state spesso demonizzate da molti e in vari momenti. Anch'io come Numa Numa preferisco (e molto) la storiografia anglo-sassone (che comprende anche Mommsen) a quella latina. E questo per vari motivi. Il primo in assoluto è la chiarezza nell'esposizione e il secondo l'assenza o comunque solo una piccola infarinatura di giudizi morali o di tipo politico. Ribadisco che secondo me l'uomo è sempre lo stesso, che viva nell'antichità, nel medioevo o oggi. Le elites no, quelle cambiano. Ed è qui che sta la differenza. Popolo uguale, elites diverse. E tra queste ultime, alcune portano il popolo al benessere, altre alla rovina.

Tornando alla numismatica, le monete circolavano anche nel medioevo e questo è dimostrato dai ripostigli. E vorrei far presente che una funzione importante della moneta era quella di servire per il pagamento delle tasse di cui ogni stato aveva bisogno e che anche i più poveri le pagavano pure in moneta (e questo è attestato in letteratura).

sottosc rivo in pieno, sia la parte storica, per la quale è, a mio avviso di gran lunga preferibile una storiografia che sia scevra da giudizi morali e soprattutto che non porti ad "idealizzare" l'Uomo di una qualsivoglia epoca - niente di più vero che l'uomo è identico a se stesso in qualunque epoca esso si guardi.

Sia la parte numismatica per la quale la funzione di moneta quale mezzo di pagamento delle tasse è sempre esistita , anzi probabilmente la moneta è "nata" per questo motivo. Accanto a questa funzione esiste la funzione di mezzo di pagamento per transazioni importanti come lo registrano migliaia di contratti che ci sono pervenuti, da tutte le epoche, dall'antichità e che ci aiutano a comprendere meglio la funzione monetaria (anche se non siamo completamente sicuri che la moneta sia stata scambiata effettivamente oppure se abbia avuto solo funzione di "misura" del valore delle transazioni).

numa numa

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Non so da dove sia venuta l'idea di contrapporre una storiografia "asettica" a una storiografia "moralista". Sicuramente non da quello che ho scritto, almeno spero: per me l'unica distinzione può essere tra una storiografia onesta e scientifica e una storiografia di parte che "fa il tifo" per questo o quello. Quello che mi premeva sottolineare è che esiste (e io la leggo con assai maggiore interesse) una storiografia che privilegia lo studio della civiltà nel suo complesso (sempre, sia chiaro, basandola sui documenti, non necessariamente scritti) rispetto allo studio della pura e semplice concatenazione di nomi, luoghi e date. Questa corrente non viene identificata sulla base di criteri etnici come qualcuno sembra pensare, anche se certamente la scuola degli Annales ne è in qualche modo il prototipo. Semmai può avere effetto il pensiero dominante del tempo in cui l'autore scrive: Gibbon, Michelet, Gregorovius, sono certamente degli storiografi "moralisti" anche se rimangono comunque dei grandissimi (un inglese, un francese, un tedesco). Se poi preferite pensare che la storia riguardi solamente le genealogie delle grandi famiglie, fate pure :)

Quanto poi all'affermazione "gli uomini sono sempre gli stessi" posso essere d'accordo a livello molto primitivo, di istinti, emozioni, pulsioni, chiamatele come vi pare, ma non possiamo fare finta che al di sopra di questo non esista un livello di organizzazione culturale, sociale, religiosa, politica ecc. Questo livello influenza il modo con cui gli uomini di una certa età storica guardano a se stessi e al loro mondo. Ovviamente questo implica un certo livello di generalizzazione, ma sfido chiunque a dimostrare che la religione ha la stessa importanza nella società italiana dell'anno mille e nell'Unione Sovietica del 1950 ;)

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la funzione di moneta quale mezzo di pagamento delle tasse è sempre esistita , anzi probabilmente la moneta è "nata" per questo motivo. Accanto a questa funzione esiste la funzione di mezzo di pagamento per transazioni importanti come lo registrano migliaia di contratti che ci sono pervenuti, da tutte le epoche, dall'antichità e che ci aiutano a comprendere meglio la funzione monetaria (anche se non siamo completamente sicuri che la moneta sia stata scambiata effettivamente oppure se abbia avuto solo funzione di "misura" del valore delle transazioni).

Su questo sottoscrivo in pieno.

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Ho vissuto in un paese del blocco comunista e posso assicurare che il sentimento religioso era forte come nel medioevo. Per assistere alla messa c'erano sempre più persone di quante la chiesa ne potesse contenere.

Per quel che riguarda la storia e la storiografia, tutti noi numismatici siamo interessati alle vicende quotidiane più che a battaglie o storie dei soliti noti. E' l'approccio che è diverso. La scuola francese è molto idealista, quella inglese più realista. Personalmente preferisco la seconda tutto qua.

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