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IGNORED

Quel che circolava a Bisanzio nell'A.D. 1200


rob

Risposte migliori

Nell'ambito di uno studio che sto facendo durante il sospirato tempo libero fra Natale e Capodanno sto cercando di farmi un'idea precisa di quel che poteva esserci nelle tasche di un mercante veneziano attorno all'anno 1200, in particolare che spiccioli potesse avere. Sicuramente aveva anche monete bizantine, di cui so qualcosa, ma non abbastanza per trovare risposta alle mie domande.

Fra gli spiccioli certamente aveva dei Trachy, ma cos'altro aveva?

Secondo "Byzantine Coinage" di Grierson gli aspron trachy pesavano 4,55 g e avevano un titolo di .060 a .020, anche se alla fine erano in rame; assieme a loro circolavano il tetarteron di rame, che pesava ca. 4 grammi, e il mezzo tetarteron, ca. 2 grammi di rame.

Il rapporto di cambio attorno al 1200 credo fosse ormai deteriorato a 2 tetarteron per trachy, o 4 mezzi tetarteron per trachy.

Ho inquadrato correttamente la situazione?

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Dribblo vigliaccamente la domanda specifica, su cui non sono ferrato, e passo a una considerazione più generica.

Prima di tutto, credo che dipenda moltissimo dal periodo esatto. Ad esempio, gli eventi del 1204 devono aver costituito un orizzonte niente male.

Poi, senza dubbio dipende anche dal tipo di mercante: se era un mercante più importante, allora senza dubbio poteva venire a contatto con pezzi stranieri, specie se bazzicava in merci che viaggiavano (d)all'estero, o comunque in virtù della rete commerciale "interna" Veneziana che tanto interna non era

Un aspetto solo vagamento collegato: mi ha sempre affascinato l'aspetto numismatico del contasto di Cielo d'Alcamo:

....

Una difensa mèttoci di dumili' agostari

....

Donna mi son di perperi ; d’auro massamotino.

....

Qui vediamo rappresentato schematicamente tutto il mediterraneo tramite le monete di Federico (agostari), di Bisanzio (perperi, hyperpiron) e quelle arabo-spagnole (massamoti, degli almohadi)

NB: Si potrebbe pensare (e qualche critico l'ha fatto) a un vero e proprio "appiattimento" valutario, dove le monete circolavano fianco a fianco indifferentemente.

In realtà, il riferimento ai duemila augustali è il riferimento alla moneta dello stato (si parla della "defensa" prevista dalla Costituzione di Mefli, cfr http://it.wikipedia.org/wiki/Cielo_d%27Alcamo#Datazione ), mentre le monete estere vengono messe nel regno del fantastico e dell'iperbolico:

Donna mi son di perperi ; d’auro massamotino.

Se tanto aver donassemi, quanto a lo Saladino,

E per aiunta quant’a lo Soldano,

...

Comunque, resta il fatto che questi pezzi erano senza dubbi erano noti all'autore, e qui arriviamo vagamente alla tua domanda.

Insomma, (MA QUI VADO ASSOLUTAMENTE AD OCCHIO) io immagino che gli spiccioi girassero meno dei pezzi più importanti, dato che all'estero un bell'hyperpiron era certamente più smerciabile di (ad es.) una somma anche importante ma rappresentata da un sacchettino di trachy.

Quindi io direi (SEMPRE A OCCHIO) che piccoli tagli dovessero essere poco frequenti in tasca a un mercante.

Per lo specifico della tua domanda, più tardi posso vedere se il catalogo Dumbarton Oaks dice qualcosa.

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Temo che le Pratiche di mercatura più antiche conosciute siano della fine del '200 (vedi lista Columbia e buona parte del Pegolotti, che ha aggiunte posteriori).

Anche i dati di questi preziosi DB http://www2.scc.rutgers.edu/memdb/database_list.html per la maggior parte sono posteriori ma qualcosa con pazienza si trova.

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Awards

Ho idea che le monete bizantine di bassa mistura o rame (tracheia e tetartera) fossero destinate solo alla circolazione interna all'impero. Ho già riportato altrove una citazione (anche se non ricordo da quale fonte) secondo cui i Crociati in transito verso la Terrasanta maledivano i Bizantini (tra le altre cose) perché li costringevano a cambiare i loro denari d'argento in moneta di rame: evidentemente moneta almeno in parte fiduciaria, conosciuta e accettata solo nei territori controllati dall'impero (altrimenti perché avrebbero dovuto lamentarsi?)

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La discussione è molto interessante!...

Non si potrebbe già postare qualche moneta?

La cosa curiosa è che nel territorio veneziano..., a mia conoscenza, monete del 200 ne sono uscite ben poche!

Quindi all'iniziale quesito di Rob " che poteva esserci nelle tasche di un mercante veneziano attorno all'anno 1200, in particolare che spiccioli potesse avere?." io ci metto per il momento qualche mezzo tertarteron del periodo di Alessio III... e poi...?

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Ho idea che le monete bizantine di bassa mistura o rame (tracheia e tetartera) fossero destinate solo alla circolazione interna all'impero.

La cosa interessante è proprio questa: sono stati trovati tetartera in Friuli ed altre zone d'Italia che avevano fequenti contatti con Bisanzio, come Venezia e la Romagna. Il fatto che queste monete che sicuramente erano fiduciarie avessero una seppur limitata circolazione anche fuori dall'Impero significa che chi le accettava aveva buone speranze di poterle usare per altri acquisti, e in ogni caso di poterle cambiare con moneta di buon intrinseco... perciò penso proprio che di queste monete a volte qualcuna ce ne fosse nel borsello del mercante veneziano.

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La cosa interessante è proprio questa: sono stati trovati tetartera in Friuli ed altre zone d'Italia che avevano fequenti contatti con Bisanzio, come Venezia e la Romagna.

In che quantità? Sporadici o tesaurizzati? Forse è un'ingenuità, ma a me vengono in mente gli spiccioli che ti rimangono sempre in tasca quando fai un viaggio all'estero... Tra l'altro stiamo parlando di mercanti, quindi persone che probabilmente si recavano a Costantinopoli ogni anno. Perché non pensare che conservavano queste monete per spenderle al viaggio successivo? Secondo me a meno di massicci ritrovamenti non è automatico che queste monete fossero spendibili o convertibili fuori dai confini dell'impero.

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Studi relativamente recenti parlano di probabile circolazione di numerari bizantini nelle zone italiane che ho menzionato. Sto studiando l'argomento, spero di parlarne presto di nuovo. So di sicuro che nella penisola balcanica si usavano monete bizantine fino al XIII sec., quindi non è detto che i mercanti che tenevano tetartera e trachea nel borsello commerciassero con Bisanzio!

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L'Impero Bizantino nel 750

as12c.jpg

da: http://www.silab.it/storia/?pageurl=12-l-impero-bizantino-nel-750

L'Impero Bizantino alla fine del XII secolo

as12e.jpg

da: http://www.silab.it/storia/?pageurl=12-l-impero-bizantino-alla-fine-del-xii-secolo

Verso l'anno 1200 l'Impero Bizantino aveva perso i suoi possedimenti in Italia e si era consolidato nei Balcani ed in Grecia, e pur avendo sofferto la perdita di una parte consistente dell'Asia Minore e della Palestina, controllava il Mar Nero.

Il sistema monetario bizantino era quindi ben consolidato nelle aree sotto il suo controllo politico, ma zone che furono in passato sotto il suo controllo avevano spesso ereditato anche le sue monete. Tralasciando i trachea bulgari (il re di Bulgaria era vassallo di Costantinopoli), ci sono numerosi esempi di moneta di chiaro stampo bizantino ma non sottoposte alla giurisdizione di Costantinopoli.

Questo non è un argomento che conosco se non superficialmente, perciò l'aiuto di chi ne sa qualcosa sarà sicuramente apprezzato nel forum. Un esempio che merita un approfondimento per esempio è la monetazione arabo-bizantina, che ritenne i moduli e in parte l'iconografia bizantina. Chi si fa avanti per commentarla?

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[

... Tralasciando i trachea bulgari (il re di Bulgaria era vassallo di Costantinopoli), ci sono numerosi esempi di moneta di chiaro stampo bizantino ma non sottoposte alla giurisdizione di Costantinopoli.

Colgo il gentile invito di Rob a commentare la monetazione in circolazione in Italia (nello specifico a Venezia ) nel XIII secolo.

L'esempio più importante di monetazione di chiaro stampo bizantino introdotta in circolazione in iTALIA è costituita da quella che sarà la maggiore innovazione monetaria di tutto il XIII secolo in Europa : l'introduzione del grosso

Nel dodicesimo secolo l'unico taglio monetario battuto un pò ovunque era rappresentato dai denari (Milano, Pavia, Verona, Venezia, Lucca, etc.), moentine ormai ridotte ai inimi termini sia per peso che per il continuo svilimento del contenuto di fino. Quelli battuti da Enrico Dandolo a Venezia ormai avevano raggiunto il peso di 0.35gr. e un fino di appena 250/1000.

L'introduzione del grosso fu i ndotta proprio da un'operazione militare, il trasporto di una crociata in partenza da Venezia, che rese necessaria l'introduzione di un nominale maggiore per poter effettuare in modo più pratico i pagamenti per i materiali delle navi e le attrezzature atte a trasportare i crociati nonché per pagare le maestranze impiegate.

Siamo nel 1202 e nasce un nuovo nominale, di fino altissimo (965/1000) e del peso di gr. 2.2

Al diritto la nuova moneta riporta la celeberrima iconografia veneziana di S. Marco che tende un vessillo al doge , mentre al rovescio la figura di Cristo in trono (che più bizantina di cosi non si può :D ).

Sebbene questo grosso sia stato preceduto da alcune altre emissioni similari per peso e concezione (si noti il grosso battuto da Enrico VI a Milano : 1190 - 1197), nessuna di queste raggiunge la diffusione e la reputazione internazionale del grosso matapane venexiano...

La diffusione del nuovo nominale fu fulminea, già nel 1230 Bologna, Verona, Reggio, Parma, Pavia ne avevano battuti e poco dopo si aggiungeranno Como e Bergamo con le loro celeberrime emissioni. Lucca, Pisa, Firenze, Arezzo, Siena, persino Roma (grossi senatoriali di Brancaleone d'Andalò) ne battè in abbondante copia.

Lo stesso XIII secolo vide un'altra "gigantesca" innovazione nello standard monetario in uso nell'epoca.. la nascita della moneta d'oro (1252)

dopo secoli di monometallismo, che avvenne in contemporanea (temo le ire di Fra..) a Genova e Firenze, mentre quella del ducato di Venezia segui dopo circa 30 anni (1284). La ragione della tardiva introduzione veneziana della moneta d'oro potrebbe essere proprio stata causata dall'uso cospicuo che ancora si faceva a Venezia degli hyperperi bizantini, che tennero la loro posizione dominante nei commerci della città lagunare fin quando non cominciarono a decadere come titolo, fatto inaccettabile per i commerci di Venezia che prontamente introdusse il nuovo nominale, di oro purissimo (al pari del fiorino e del genovino). Al ducato veneziano spetta probabilmente il primato di longevità per un nominale essendo stato coniato per ben 700 anni !

A solo titolo di memoria ricordo che il celeberrimo gros turnois venne introdotto (prima moneta pesante introdotta a nord delle Alpi) solo nel 1266 ad opera di San Luigi.

Quindi le grandi repubbliche italiane avevano fatto seganre , nel 1200, due tra le più rilevanti innovazioni monetarie nell'europa medioevale.

chi diceva che il 1200 era un secolo "numismaticamente" tranquillo ? :P

numa numa

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Capperi...Numa?

Sei un pozzo di scienza!

Non sapevo che la tua sapienza numismatica abbracciasse anche i secoli c.d. bui.

Benvenga...per te posterò q.che altra monetina...altrimenti mi sfuggi nelle altre sezioni.

:)

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Colgo il gentile invito di Rob a commentare la monetazione in circolazione in Italia (nello specifico a Venezia ) nel XIII secolo.

L'esempio più importante di monetazione di chiaro stampo bizantino introdotta in circolazione in iTALIA è costituita da quella che sarà la maggiore innovazione monetaria di tutto il XIII secolo in Europa : l'introduzione del grosso

Nel dodicesimo secolo l'unico taglio monetario battuto un pò ovunque era rappresentato dai denari (Milano, Pavia, Verona, Venezia, Lucca, etc.), moentine ormai ridotte ai inimi termini sia per peso che per il continuo svilimento del contenuto di fino. Quelli battuti da Enrico Dandolo a Venezia ormai avevano raggiunto il peso di 0.35gr. e un fino di appena 250/1000.

L'introduzione del grosso fu i ndotta proprio da un'operazione militare, il trasporto di una crociata in partenza da Venezia, che rese necessaria l'introduzione di un nominale maggiore per poter effettuare in modo più pratico i pagamenti per i materiali delle navi e le attrezzature atte a trasportare i crociati nonché per pagare le maestranze impiegate.

Siamo nel 1202 e nasce un nuovo nominale, di fino altissimo (965/1000) e del peso di gr. 2.2

Al diritto la nuova moneta riporta la celeberrima iconografia veneziana di S. Marco che tende un vessillo al doge , mentre al rovescio la figura di Cristo in trono (che più bizantina di cosi non si può :D ).

Sebbene questo grosso sia stato preceduto da alcune altre emissioni similari per peso e concezione (si noti il grosso battuto da Enrico VI a Milano : 1190 - 1197), nessuna di queste raggiunge la diffusione e la reputazione internazionale del grosso matapane venexiano...

La diffusione del nuovo nominale fu fulminea, già nel 1230 Bologna, Verona, Reggio, Parma, Pavia ne avevano battuti e poco dopo si aggiungeranno Como e Bergamo con le loro celeberrime emissioni. Lucca, Pisa, Firenze, Arezzo, Siena, persino Roma (grossi senatoriali di Brancaleone d'Andalò) ne battè in abbondante copia.

E la zecca di Genova ? Avrà avuto una qualche importanza il grosso genovese nei commerci con l'oltremare ?

Lo stesso XIII secolo vide un'altra "gigantesca" innovazione nello standard monetario in uso nell'epoca.. la nascita della moneta d'oro (1252)

dopo secoli di monometallismo, che avvenne in contemporanea (temo le ire di Fra..) a Genova e Firenze, mentre quella del ducato di Venezia segui dopo circa 30 anni (1284). La ragione della tardiva introduzione veneziana della moneta d'oro potrebbe essere proprio stata causata dall'uso cospicuo che ancora si faceva a Venezia degli hyperperi bizantini, che tennero la loro posizione dominante nei commerci della città lagunare fin quando non cominciarono a decadere come titolo, fatto inaccettabile per i commerci di Venezia che prontamente introdusse il nuovo nominale, di oro purissimo (al pari del fiorino e del genovino). Al ducato veneziano spetta probabilmente il primato di longevità per un nominale essendo stato coniato per ben 700 anni !

E fai bene a temere le mie ire :D

Già se ne discusse qui: ma anche qui:

ma giusto per amore di precisione non mi sento di condividere la frase " la nascita della moneta d'oro ", in quanto in alcune zecche italiane l'oro veniva coniato eccome.

Possiamo parlare di un ritorno all'oro per le zecche del Nord Italia, sarebbe riduttivo ma - credo - sostanzialmente più corretto.

A solo titolo di memoria ricordo che il celeberrimo gros turnois venne introdotto (prima moneta pesante introdotta a nord delle Alpi) solo nel 1266 ad opera di San Luigi.

Quindi le grandi repubbliche italiane avevano fatto seganre , nel 1200, due tra le più rilevanti innovazioni monetarie nell'europa medioevale.

Un esempio con alcuni commenti qui:

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Awards

La moneta d'oro in effetti non sparì mai dai commerci mediterranei, come testimonia la buona salute dell'hyperyron bizantino e della moneta araba poi imitata in Sicilia e altrove in Italia meridionale e chiamata tarì. Vero invece è che non ci fu più traccia di oro nelle coniazioni secondo il sistema franco-carolingio, dovuto soprattutto al flusso dei commerci che portavano merci da oriente in cambio di metallo buono, oro se ce n era o argento in mancanza di altro.

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chi diceva che il 1200 era un secolo "numismaticamente" tranquillo ? :P

numa numa

Adoro le monete del 1200 e ne sto raccogliendo piano piano qualcuna di quelle che potevano essere nel borsellino degli spiccioli di qualche mercante genovese.

Quelle di fine secolo poi, ove compaiano nelle liste (Columbia, Pegolotti, etc), avranno un bollino in più.

Sono molto belle anche le monete islamiche (ayyubbidi, almohadi, marinidi etc. etc.).

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Awards

Forse a Bisanzio qualche dirham come questo arrivava... chissà :rolleyes:

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AYUBBIDI

al-'Adil Abu Bakr I

592-615 AH (1195-1218 AD)

Dirham al doppio trifoglio

Ag, 18 mm, 2,9 gr

Zecca: Dimashq (Damasco)

Album 803

Modificato da fra crasellame
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Awards

Come è già stato accennato sicuramente la moneta d'oro di coniata nell'Italia meridionale non poteva mancare. Il saluto d'oro di Napoli e d'argento e lo stesso gigliato arrivano a fine secolo, ma il tarì non poteva mancare, magari come questo coniato ad Amalfi e passato in asta NAC.

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E la zecca di Genova ? Avrà avuto una qualche importanza il grosso genovese nei commerci con l'oltremare ?

E fai bene a temere le mie ire :D

Già se ne discusse qui: ma anche qui:

ma giusto per amore di precisione non mi sento di condividere la frase " la nascita della moneta d'oro ", in quanto in alcune zecche italiane l'oro veniva coniato eccome.

Possiamo parlare di un ritorno all'oro per le zecche del Nord Italia, sarebbe riduttivo ma - credo - sostanzialmente più corretto.

Un esempio con alcuni commenti qui:

Ah ah.. sapevo che non menzionando Genova avrei scatenato la reazione del buon Fra

In effetti Genova non solo aveva coniato dei grossi, ma questi potrebbero, dico potrebbero, anche essere antecedenti rispetto agli altri.

Ho sottolineato però specialmente la produzione veneziana per diversi motivi:

innanzitutto nella discussione si richiedeva specificamente quale fosse il circolante nelle tasche di un mercante veneziano;

inoltre il grosso matapane è stata la moneta (assieme al ducato/zecchino) che ha più epitomizzato lo scambio e il commercio internazionale dell'epoca (anche se Genova si difendeva pure assai bene dal lato commerci d'oltremare)

infine il grosso matapan mutuava moltissimo le caratteristiche della monetazione bizantina, a differenza degli altri grossi coniati in altre città e quindi di nuovo si voleva sottolineare lo strettissimo legame con Bisanzio.

In merito all'introduzione della moneta d'oro, è senz'altro corretto parlare di ri-nascita ovviamente, perchè la moneta d'oro aveva sempre circolato in Italia dai tempi di Roma antica fino alla fine dell'VIII secolo nelle regioni del centro e nord; mentre al sud le coniazioni successive non solo dei Normanni, ma prima di loro dei bizantini e degli arabi (in Sicilia),e dopo di loro degli Svevi (e includiamo anche le coniazioni longobarde di Benevento), in pratica fecero sì che l'oro non cessò mai di essere coniato in quelle regioni.

E' da notare che a quei tempi musulmani e cristiani convivevano (nella stessa regione!) molto più in pace che non oggi in quanto dopo la dominazione araba in Sicilia continuarono da essere emesse monete dai sovrani normanni con legenda araba ma che inneggiavano a Dio Onnipotente..(come a Gerusalemme i famosi e bellissimi bisanti saracenati con legenda araba e croce cristiana al centro :D ).

Verissima è però la profonda frattura che si creò nel modello monetario con la riforma carolingia che in pratica fece sparire l'oro da tutto il nord e centro Italia tra la fine dell'VIII secolo (781 Capitolare di Mantova) e l'apparizione appunto del fiorino e del genovino. Tra chi venne prima tra queste due monete non oso pronunciarmi ma ricorderò solo i feroci dibattiti tra il Lopez e il Grierson a colpi di fioretto su vari articoli scritti in merito tra i due importanti autori.

Invece ricordo ( e forse non tutti ne sono al corrente) che Carlo Magno coniò inizialmente anche lui moneta d'oro, sul piede longobardo (quindi bizantino) all'indomani della sua conquista del regno (774) e di lui si conservano bellissimi tremissi che ci pervengono quasi esclusivamente dall'importante ritrovamento di Ilanz, un tesoretto ritrovato nei Grigioni in Svizzera e conservato al museo di Coira composto quasi esclusivamente da tremissi carolingi e longobardi. Successivamente Carlo rivoluzionerà tutto il sistema monetario dell'epoca introducendo un sistema basato sulla libbra, divisa in 20 soldi, a loro volta divisi in 12 denari, ovvero 240 denari corrispondevano alla li bbra.

Contestualmente nello stesso perido il re inglese OFFA, e pochi suoi predecessori, introducono il penny in Inghilterra che su un sistema metrico simile è praticamente arrivato fino al giorno dell'introduzione della decimalizzazione negli anni Settanta :P

Ma l'allontanamento dall'oro non fu causato dai commerci con l'Oriente, al contrario da una contrazione di tali commerci. Fu soprattutto la ripresa dei commerci su volumi più elevati, la conseguente creazione di valore invece che spinse, nel XIII secolo, all'introduzione dei nominali d'oro delle grandi repubbliche, e non a caso queste monete vennero create in oro purissimo (al contrario dei tari normanni e anche svevi) venendo progressivamente a sostituire, nel grande commercio internazionale, l'hyperpero bizantino.

Il fiorino fu imitato in tutta Europa e rappresentò una delle monete d'oro per eccellenza in Europa per secoli, grazie alla sua purezza e accettazione. Ma questa è un'altra storia.. :P

numa numa

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Possiamo parlare di un ritorno all'oro per le zecche del Nord Italia, sarebbe riduttivo ma - credo - sostanzialmente più corretto.

Direi più in generale un ritorno alla coniazione dell'oro in occidente, visto che Genova, Firenze e poi Venezia hanno stabilito lo standard poi seguito, almeno inizialmente, da tutte le altre zecche europee che da secoli coniavano solo l'argento secondo il sistema del denaro franco-carolingio.

A proposito: è corretto dire che l'augustale di Federico II, che precede le altre monete citate dal punto di vista temporale, si inserisce nel sistema monetario dell'Italia meridionale basato sul tarì (bimetallismo oro-rame di derivazione arabo-bizantina) e questo è il motivo per cui in genere non viene considerato in questo contesto ?

Siete d'accordo dal punto di vista numismatico con questa "omissione", visto che in ogni caso le monete venivano scambiate al valore del fino e, al di là della maggiore o minore fortuna delle singole coniazioni, non posso credere che l'augustale venisse accettato solo in Napoli e Sicilia ?

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Direi più in generale un ritorno alla coniazione dell'oro in occidente, visto che Genova, Firenze e poi Venezia hanno stabilito lo standard poi seguito, almeno inizialmente, da tutte le altre zecche europee che da secoli coniavano solo l'argento secondo il sistema del denaro franco-carolingio.

A proposito: è corretto dire che l'augustale di Federico II, che precede le altre monete citate dal punto di vista temporale, si inserisce nel sistema monetario dell'Italia meridionale basato sul tarì (bimetallismo oro-rame di derivazione arabo-bizantina) e questo è il motivo per cui in genere non viene considerato in questo contesto ?

Siete d'accordo dal punto di vista numismatico con questa "omissione", visto che in ogni caso le monete venivano scambiate al valore del fino e, al di là della maggiore o minore fortuna delle singole coniazioni, non posso credere che l'augustale venisse accettato solo in Napoli e Sicilia ?

Direi eccetto la Spagna, che continuò a produrre splendide monete d'oro (pensiamo ai Morabitini) per tutto il periodo medioevale (influenza araba naturalmente..).

L'augustale, battuto a Brindisi e Messina sotto l'imperatore Federico II a partire dal 1231, si ispirò direttamente agli antichi aurei romani, presentando al dritto busto antico (non medioevale) dell'imperatore con una corona d'alloro e la scritta CAESAR AVG. IMP. ROM.. Il rovescio presenta un'aquila romana ad ali spiegate e la scritta FRIDERICVS.

Federico II, conclusa, nel 1230, la pace con il pontefice Gregorio IX, e dopo le assise di Melfi (agosto 1231), ordinò che venisse coniata nelle zecche di Brindisi e di Messina una nuova moneta d'oro, detta "augustale", del peso di grammi 5,25, un diametro di 20 mm e di migliore qualità rispetto ai tarì, cioè al titolo di carati 20 1/2, ovvero precisamente 1/4 di un'oncia d'oro. L'augustale era un multiplo di tarì e va considerata a tutti gli effetti un'emissione legata metrologicamente alla monetazione meridionale dell'epoca. Era sicuramente scambiato in ambiti al di fuori della regione di origine ma non raggiunse mai lontanamente la diffusione delle "nuove" monete d'oro introdotte dalla grandi repubbliche pochi decenni dopo.

numa numa

La moneta pesava circa 5,25 grammi a 20.5 K, che è 1/4 di un'oncia

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Direi eccetto la Spagna, che continuò a produrre splendide monete d'oro (pensiamo ai Morabitini) per tutto il periodo medioevale (influenza araba naturalmente..).

Giusto.

L'augustale era un multiplo di tarì e va considerata a tutti gli effetti un'emissione legata metrologicamente alla monetazione meridionale dell'epoca.

Infatti ricordo di aver letto più volte che il motivo dello scarso successo dell'augustale andrebbe ricercato nella sua metrologia "non compatibile" con il sistema del denaro carolingio. Confesso che questa affermazione mi riesce piuttosto oscura: esiste un "numero magico", magari nel rapporto di valore oro/argento, che può spiegare la maggiore convenienza di utilizzare il genovino/fiorino rispetto all'augustale? Personalmente tenderei ad attribuire il diverso successo delle monete auree successive alla maggiore influenza commerciale di chi le emetteva.

Ancora: in termini di fino l'augustale valeva circa il 33% in più del genovino/fiorino. Metrologicamente come si legava all'hyperpyron (bisante)? Inoltre: essendo di metallo non purissimo avrebbe dovuto resistere meglio all'usura, quindi apparentemente era una moneta tecnicamente meglio concepita. Oppure la minore purezza lo rendeva psicologicamente meno "appetibile"?

Domande, domande... :D

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Infatti ricordo di aver letto più volte che il motivo dello scarso successo dell'augustale andrebbe ricercato nella sua metrologia "non compatibile" con il sistema del denaro carolingio. Confesso che questa affermazione mi riesce piuttosto oscura: esiste un "numero magico", magari nel rapporto di valore oro/argento, che può spiegare la maggiore convenienza di utilizzare il genovino/fiorino rispetto all'augustale? Personalmente tenderei ad attribuire il diverso successo delle monete auree successive alla maggiore influenza commerciale di chi le emetteva.

Ancora: in termini di fino l'augustale valeva circa il 33% in più del genovino/fiorino. Metrologicamente come si legava all'hyperpyron (bisante)? Inoltre: essendo di metallo non purissimo avrebbe dovuto resistere meglio all'usura, quindi apparentemente era una moneta tecnicamente meglio concepita. Oppure la minore purezza lo rendeva psicologicamente meno "appetibile"?

Domande, domande... :D

Il principale motivo per la coniazione degli augustali fu più propriamente politico piuttosto che economico. La loro emissione seguì la proclamazione della Costituzione di Melfi, la base giuridica su cui Federico basò la legittimazione del suo regno e quello dei suoi antenati.

Attenzione a non confondere il contenuto di fino con il peso...

Infatti un fino di 20 carati e mezzo era indubbiamente inferiore al titolo di 23 carati e 7/8 che fiorino e genovino potevano vantare, e proprio questo potrebbe essere stato un motivo della loro scarsa accettazione, non un mancato "rapporto magico" di scambio con numerario argenteo.

Non dimentichiamo infatti che poco dopo Carlo I d'Angiò (1266-85), un altro formidabile sovrano introdusse una delle più apprezzate (numismaticamente parlando) monete auree medioevali italiane : il reale

Dico numismaticamente perchè se da un lato tali monete sono (purtroppo :( ) apprezzatissime dai collezionisti raggiungendo prezzi folli soprattutto in rapporto alla loro non elevata rarità, dall'altro lato il ritratto ancora imperfetto del sovrano, dai tratti scarsamente fisionomici e il rovescio occupooato dall'arme degli Angiò troppo larga per il tondello, probabilmente contribuirono alla sostituzione da parte del sovrano francese con il bellissimo "saluto" d'oro . Di oro quasi puro, del peso di 4.32gr. il delicato disegno fu seguito personalmente dal re che rigettò diversi modelli prima di approvare il delicato disegno dell'annunciazione in una composizione di delicato afflato pre-rinascimentale.

La coniazione del saluto d'oro (e del saluto d'argento (carlino el peso di 3.34gr. in un rapporto di 10 carlini per un saluto d'oro) fu proseguita sotto Carlo II d'Angiò.

Infine, all'indomani dei Vespri siciliani (1282) e la creazione di un regno a sé sotto Pietro d'Aragona e della moglie Costanza, venne introdotto un'altra splendida creazione monetale tardo-medioevale : il Pierreale, con l'aquila Hohenstaufen da un lato e lo scudo d'Aragona dall'altro.

numa numa

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infatti ricordo di aver letto più volte che il motivo dello scarso successo dell'augustale andrebbe ricercato nella sua metrologia "non compatibile" con il sistema del denaro carolingio. Confesso che questa affermazione mi riesce piuttosto oscura: esiste un "numero magico", magari nel rapporto di valore oro/argento, che può spiegare la maggiore convenienza di utilizzare il genovino/fiorino rispetto all'augustale? Personalmente tenderei ad attribuire il diverso successo delle monete auree successive alla maggiore influenza commerciale di chi le emetteva.

Domande, domande... :D

Concordo che sicuramente il successo del genovino e del fiorino sono dovuti al grande flusso commerciale di chi li emetteva, ma credo che l'augustale sia risultato "poco simpatico" proprio a causa del sistema su cui era basato. Come giustamente è stato detto esso era in pratica un multiplo di tarì (7,5 tarì) ed il tarì era in pratica una moneta che veniva scambiata a peso (e forse la stessa sorte toccava anche all'augustale) quindi scomoda per le transazioni commerciali. Tanto è vero che con Carlo I d'Angiò si riformò questo sistema proprio per facilitare gli scambi ed adeguare la monetazione meridionale a quella degli altri stati. Coniando il saluto d'oro dal valore di 1/4 di oncia (15 carlini) e sottomultipli come il carlino dal valore stabile (almeno in teoria) di 10 grana facilitò sicuramente il commercio rispetto al vecchio sistema svevo.

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Attenzione a non confondere il contenuto di fino con il peso...

Infatti un fino di 20 carati e mezzo era indubbiamente inferiore al titolo di 23 carati e 7/8 che fiorino e genovino potevano vantare, e proprio questo potrebbe essere stato un motivo della loro scarsa accettazione, non un mancato "rapporto magico" di scambio con numerario argenteo.

numa numa

Infatti, sfoderato il mio abaco speciale per calcolare il fino posso dire che l'augustale (854,03 millesimi) al peso di grammi 5,25 aveva un fino di 4,48 grammi cioé all'incirca un 27% di più.

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