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Berignone - Ranuccio Allegretti [era zecca merche del sud?]


Risposte migliori

Ciao Mirco

io ti consiglierei di controllare la zecca di Berignone.Certamente la moneta è messa male per fare una sicura classificazione ma comunque provar non nuoce.

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Ciao Mirco

io ti consiglierei di controllare la zecca di Berignone.Certamente la moneta è messa male per fare una sicura classificazione ma comunque provar non nuoce.

Non credo di conoscere Berignone: da quel poco che ho trovato in una rapida ricerca su google mi pare ci siano le rovine di un castello, era questa la sede della zecca?

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Ciao Mirco

io ti consiglierei di controllare la zecca di Berignone.Certamente la moneta è messa male per fare una sicura classificazione ma comunque provar non nuoce.

Non credo di conoscere Berignone: da quel poco che ho trovato in una rapida ricerca su google mi pare ci siano le rovine di un castello, era questa la sede della zecca?

E' una zona bellissima e selvaggia!

Sarebbe interessante approfondire il motivo e le ragioni per cui Volterra trasferì la sua zecca in tale sito! ;)

Ciao a tutti

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Giusta osservazione.

Il fatto è che a Montieri vi era già un castello edificato proprio per il controllo delle miniere volterrane e che fu anche sede per periodi alterni della zecca di Volterra.A mio parere nel XII-XIII sec. i contrasti ,anche cruenti , tra potere ecclesiastico e nascente potere comunale erano tanti e tali da consigliare agli aventi diritto di conio ( i Vescovi ) di trovare posti più tranquilli e sicuri per la loro officina.E' solo una mia opinione personale.Mi piacerebbe sapere il pensiero di tutti

Ciao

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Alcune notizie raccolte dallo stesso forum, sezione Manuali:

ZECCHE, MONETE E ATTRIBUZIONI.

Ricerca su Officine e Monete, Italiane e Straniere, dal Medioevo all'Unità d'Italia.

Autore: Alfredo Infusini - Luglio 2007

VOLTERRA, PI - Attiva dal 1254 al 1321

MONTIERI, GR - Feudo dei vescovi di Volterra, con miniere di argento e rame (Mons Aeris) note anche agli Etruschi. Probabile Officina attiva tra XIII e XIV ma non si conoscono monete

BERIGNONE, PI - attiva dal XIII secolo al XIV secolo. Utilizzata saltuariamente dai vescovi di Volterra

CASOLE D'ELSA, SI - Feudo dei vescovi di Volterra. Zecca incerta , forse vi fu rogata la concessione per Montieri o altro luogo. Non si conoscono monete

Sembrerebbero tutte operanti nello stesso arco temporale.

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A proposito di Montieri riporto integralmente questa pagina di Giuseppe Vatti, che descrive i dissidi fra Pagano, vescovo di Volterra, ed i volterrani stessi: mi pare dia un bell'affresco della situazione nella prima metà del XIII sec.

Montieri sede della zecca

Il vescovo insiste e contro l'irrigidimento di Siena cerca aiuti a Firenze che da tempo tiene gli occhi sulle argentiere del volterrano, poi ottenutone un grosso prestito, affitta le cave di Montieri alla società di banchieri fiorentini Cambi- Cavalcanti concedendo (1214) la facoltà di impiantare nel castello la zecca per la coniazione della moneta volterrana; e non tanto come posta per avere prestiti quanto perché, dato lo stato di ribellione dei volterrani e di alcuni castelli rurali, pensa che quella di Montieri possa essere sede più sicura per la sua zecca.

Ma Siena non accetta le misure adottate in Montieri da Volterra, non perde tempo e con le sue truppe occupa il castello (1214).

Pagano allora ricorre al Papa Innocenzo III che delega il vescovo Giovanni di Firenze a trattare col Comune Senese: il quale però non riconoscendo nessun titolo di sudditanza a quel tribunale ecclesiastico non accetta alcuna discussione in quella sede; e conosciuto poi il giudizio emesso dal vescovo Giovanni, che assegnava a Pagano il castello di Montieri con quelli di Monticiano e Frosini, assalta Chiusdino castello volterrano dei Pannocchieschi, l'occupa e vi fa prigioniero lo stesso vescovo che vi si era rifugiato.

Pagano riacquistò presto la sua libertà in seguito a trattative che, svoltesi presso Chiusdino, riaffrontarono di nuovo tutta la questione di Montieri; e su queste trattative nacque il compromesso del 22 maggio 1215, come dal Kaleffo dell'Assunta, pronunciato da Giovanni abate di S. Galgano e da Giovanni di Cecco da Viterbo podestà di Siena, per il quale di nuovo Pagano si obbligava a pagare al Comune di Siena ogni anno le famose 215 lire per le ragioni che esso aveva sul castello di Montieri. come già stabilito dai precedenti accordi; a pagare inoltre a Siena in caso di inadempienza un grosso riscatto, sembra di 1000 marche d'argento, per le quali si obbligarono Orgene di Pari, Paganello di Civitella, Tancredi di Forcoli ed Ildebrando di Malpollone tutti dei conti Ardengheschi; ed un mese dopo, il 31 giugno 1215 garantirono in Montieri, ancora per il vescovo Pagano, i due Consoli Ricciarello della Galigaia ed Arrigo Bruccardi oltre ad una quarantina di uomini del castello, ciascuno obbligandosi per la somma di 5 o 10 marche.

Ma il presule volterrano non sopportava la partecipazione al governo ed allo sfruttamento delle argentiere di Montieri da parte del Comune- di Siena e degli stessi abitanti del castello, che capeggiati dai " Lambardi ", da tempo reclamanti diritti di cointeressenza alla coltivazione delle argentiere, col breve del 20 Febbraio 1215 si erano stretti in una società a questo scopo fondata. Perciò Pagano poco dopo uscito dalla brutta avventura di Chiusdino protestò presso l'Arcivescovo di Pisa che intervenne in di lui favore; ed affermando che le clausole stabilite erano state estorte a Pagano con la violenza, " vi extortas ", le dichiarò nulle e minacciò Siena d'interdizione. Siena incassa il colpo attendendo tempi più favorevoli, mentre attraverso i Tolomei ed altri suoi cittadini, tra gli altri il forte banchiere Pietro di Pernina, attivissimi mercanti ed accorti finanzieri già abitanti in Montieri, rinforza nel castello la sua politica di invadenza economica, di accaparramento di contrattazioni e di affari su più vasta scala.

Frattanto i fiorentini della Società bancaria Cambi-Cavalcanti, che nel 1214 avevano ottenuto di impiantare in Montieri la zecca per la coniazione della moneta di Volterra, non erano rimasti inoperosi: fattisi insediare dal vescovo Pagano e dai suoi familiari Pannocchieschi nel cassero del castello quali " domiri montis et monetae de Monterio " vi ricevono il giuramento di fedeltà dei maestri della zecca a salvaguardia delle loro persone e dei loro diritti ed iniziano la loro attività spendendo a profusione somme ingenti in viaggi e trasporti per conto del vescovo. Sembra anche che ad un certo momento i fiorentini non facessero più " il lavoro della medesima moneta " (Giachi), cioè della stessa lega, per cui sorse dissenso tra il vescovo Pagano ed il Comune di Volterra, il quale volle far controllare la moneta dai suoi saggiatori. La lite fu composta e fu anche stabilito che da quel momento la moneta volterrana portasse nel retto l'immagine del vescovo e nel verso la croce con le due stelle agli angoli, e gli emblemi del Comune.

Ma, continuando la cattiva gestione della zecca per parte dei fiorentini, il vescovo protestò, sorsero contestazioni, trattative di difficile soluzione; i banchieri fiorentini perdettero terreno e dovettero lasciare il castello.

Un documento del 1221 ci dà notizia che lo sfruttamento delle cave è ora nelle mani di una società mista di senesi e volterrani, fra questi ultimi Bonaguida Parisi, Bonafidanza Belrorti e Rustichino di Tignoso, già da tempo erano abituali finanziatori di Pagano, oltre che uomini molto influenti nel Comune Volterrano: il quale già in guerra guerreggiata con Pagano in quegli anni aveva assalito i castelli vescovili di M. Vultraio, Berignone, M. Cerboli, Vecchienna e vari altri ne aveva incendiati. Pagano continua ed allarga il sistema dei suoi predecessori ed anch'egli forte dei diritti derivatigli dall'Impero e dalle ottime relazioni colla Santa Sede, persuaso di difendere insieme gl'interessi della casata e quelli della Chiesa, stringe in lega tutti i Pannocchieschi, si allea con S. Gemignano, nemico del Comune di Volterra, e continua nella sua disastrosa politica finanziaria aumentando i debiti, impegnandovi terre aziende e redditi della Mensa Vescovile, trovando finanziatori molto accorti e senza scrupoli fra i fiorentini i senesi i volterrani stessi, i colligiani i sangemignanesi, tutti pronti a fargli credito e prontissimi tutti ad arricchirsi coi prestiti concessigli ad usura ed a perseguitarlo poi senza requie in ogni momento, tanto che sopraffatto da ogni parte, nel 1220, dalla chiesa di S. Maria di Volterra lancia la scomunica a tutti. Questo ultimo atto poco ponderato porta alla ribellione massiccia dei volterrani, colle ripercussioni sui castelli vescovili che abbiamo accennato. Corrono poi trattative che Pagano accetta e subisce per un decennio; ma nel 1231 si riaccende la guerra del Vescovo contro il Podestà ed i cittadini. Pagano abbandona la città e si insedia a Montalcinello vagando per gli altri castelli, Berignone, Casole, Belforte, spesso Montieri, sempre fuori sede per cui il Capitolo rinnova le sue proteste contro il presule disertore che però riafferma il suo diritto a risiedere in qualsiasi luogo della diocesi. Ed è da Montieri, dalla Chiesa di S. Giacomo Apostolo, che il 12 settembre 1236 a mezzo del legato pontificio lancia nuovamente la scomunica a Volterra ed a tutti i suoi nemici.

Certamente a Pagano non soddisfaceva la residenza volterrana piena di nemici che, armati, lo avevano minacciato di morte sotto la sua casa; ed indubbiamente ricordava con terrore l'immagine insanguinata del suo predecessore Galgano trucidato dai concittadini. Anni di grande tristezza per Pagano che vede la rovina sua e della sua diocesi! Lui stesso ed il Comune di Volterra cercano infine una pacificazione che finalmente arriva: Pagano rientra a Volterra alla fine dell'anno 1236 ed il 10 gennaio 1237 convocato il popolo nella cattedrale impartisce l'assoluzione dalle censure ecclesiastiche già inflitte. Era la tregua, ma non la pace: ed a dargli l'ultimo dispiacere e l'ultimo affronto fu proprio Montieri che durante questi ultimi anni di discordie aveva in maggioranza parteggiato contro il vescovo. Cogliendo l'occasione del suo passaggio per Montieri insieme al legato pontificio Goffredo dei Prefetti, nel 1237, i montierini uniti ad alcuni uomini di Sassoforte aggredirono i due prelati e li trattennero prigionieri per vari giorni. Per questo fu inflitta a Montieri la scomunica cui sottostarà ancora nel 1251.

Ma è l'ultima triste avventura dell'irrequieto prelato, vecchio e stremato ha la forza di riconciliarsi col suo popolo poco tempo prima che la morte lo colga, il 27 agosto 1239

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Veramente vivace e coinvolgente questa pagina scovata da Roberto! :)

Ricordiamoci anche che traslocare una zecca medievale non era certo un gran problema: bastava procurarsi i muli per il trasporto del metallo e degli attrezzi (pochi e non particolarmente ingombranti: martelli cesoie tenaglie mantici ecc.), un luogo ben difeso con possibilità di impiantare una fucina (quindi un castello era sempre un'ottima scelta), qualche decina di armati per proteggere il convoglio (e questo per un signore feudale non era certo un problema) e il gioco era fatto

Modificato da Paleologo
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Questo era un copia-e- incolla, ho già visto che Peter Spufford dedica parecchie pagine a Montieri nel suo Money and its use in medieval Europe... nel caso in cui servisse è una fonte di informazioni inesauribile!

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Questo era un copia-e- incolla, ho già visto che Peter Spufford dedica parecchie pagine a Montieri nel suo Money and its use in medieval Europe... nel caso in cui servisse è una fonte di informazioni inesauribile!

Ci sono notizie importanti anche per Berignone???Magari anche se non direttamente??

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  • 1 mese dopo...

Notizie sull'officina di Berignone ci sono eccome. Nel libro di Charles M. De La Roncière, intitolato Un changeur florentin du Trecento: Lippo di Fede del Sega, l'autore descrive l'attività di questo cambiavalute fiorentino che, in occasione delle oscillazione dei cambi tra le varie specie monetali toscane, si dirigeva da Firenze a Siena, poi a Pisa e Volterra, e poi ancora a Firenze, per lucrare sul loro corso nel primo quarto del XIV secolo. In particolare quando l'argento a Siena si deprezzava, cambiava fiorini d'oro in cambio di grossi, poi si dirigeva all'officina dei vescovi Volterrani di Berignone, li faceva fondere e faceva coniare monete fiorentine...poi ritornava a Firenze e così via. Era un vero e proprio "trader" dell'epoca!!! La cosa sconvolgente, se pensiamo a quanto rigidi fossero i regolamenti delle zecche, è che Lippo di Fede facesse coniare a Berignone "tondelli d'argento" con il conio fiorentino! Per ritornare quindi all'officina di Berignone, la mia sensazione è che la stessa si prestasse parecchio ad operazioni "a dir poco sospette" e che gli appaltatori della zecca avessero ben pochi scrupoli a guadagnare anche in modo illecito. Per citare un esempio concreto, nel 1316 gli zecchieri dell'oficina di Berignone furono cacciati dalle autorità volterrane in persona perchè accusati di avere coniato grossi da sei denari che in realtà valevano solo quattro...ovviamente per lucrare sul loro contenuto intrinseco.

Tempo fa si vociferava che l'Università di Siena avrebbe condotto gli scavi proprio al castello di Berignone ma probabilmente, con la scomparsa improvvisa dell'archeologo Riccardo Francovich, questi progetti sono stati accantonati. Penso che un'indagine archeologica in questo sito, condotta da professionisti quali sono gli studenti dell'università di Siena del Dipartimento di Archeologia Medioevale, possa portare interessanti novità anche in campo numismatico...

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Le notizie che ci dai sono di estremo interesse. La discussione potrebbe assumere nuove ed inaspettate prospettive di analisi.Per quanto riguarda eventuali scavi , ho avuto la possibilità di visitare il sito, per una ricerca sull'incastellamento in Italia centrale ( ma Berignone non rientra in questa tematica ) , e da quello che ho potuto constatare le difficoltà sarebbero nel trovare spazio sufficiente per uno scavo con relativa stratigrafia relativamente ampio. Almeno, a mio parere. Poi, come tu dici, Loro riescono a fare miracoli!Spero di si, anche perchè la monetazione di questa zecca dovrebbe essere studiata in maniera più approfondita.

Ciao e grazie

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  • 8 mesi dopo...

A proposito di Montieri riporto integralmente questa pagina di Giuseppe Vatti, che descrive i dissidi fra Pagano, vescovo di Volterra, ed i volterrani stessi: mi pare dia un bell'affresco della situazione nella prima metà del XIII sec.

Montieri sede della zecca

Il vescovo insiste e contro l'irrigidimento di Siena cerca aiuti a Firenze che da tempo tiene gli occhi sulle argentiere del volterrano, poi ottenutone un grosso prestito, affitta le cave di Montieri alla società di banchieri fiorentini Cambi- Cavalcanti concedendo (1214) la facoltà di impiantare nel castello la zecca per la coniazione della moneta volterrana; e non tanto come posta per avere prestiti quanto perché, dato lo stato di ribellione dei volterrani e di alcuni castelli rurali, pensa che quella di Montieri possa essere sede più sicura per la sua zecca.

Ma Siena non accetta le misure adottate in Montieri da Volterra, non perde tempo e con le sue truppe occupa il castello (1214).

Pagano allora ricorre al Papa Innocenzo III che delega il vescovo Giovanni di Firenze a trattare col Comune Senese: il quale però non riconoscendo nessun titolo di sudditanza a quel tribunale ecclesiastico non accetta alcuna discussione in quella sede; e conosciuto poi il giudizio emesso dal vescovo Giovanni, che assegnava a Pagano il castello di Montieri con quelli di Monticiano e Frosini, assalta Chiusdino castello volterrano dei Pannocchieschi, l'occupa e vi fa prigioniero lo stesso vescovo che vi si era rifugiato.

Pagano riacquistò presto la sua libertà in seguito a trattative che, svoltesi presso Chiusdino, riaffrontarono di nuovo tutta la questione di Montieri; e su queste trattative nacque il compromesso del 22 maggio 1215, come dal Kaleffo dell'Assunta, pronunciato da Giovanni abate di S. Galgano e da Giovanni di Cecco da Viterbo podestà di Siena, per il quale di nuovo Pagano si obbligava a pagare al Comune di Siena ogni anno le famose 215 lire per le ragioni che esso aveva sul castello di Montieri. come già stabilito dai precedenti accordi; a pagare inoltre a Siena in caso di inadempienza un grosso riscatto, sembra di 1000 marche d'argento, per le quali si obbligarono Orgene di Pari, Paganello di Civitella, Tancredi di Forcoli ed Ildebrando di Malpollone tutti dei conti Ardengheschi; ed un mese dopo, il 31 giugno 1215 garantirono in Montieri, ancora per il vescovo Pagano, i due Consoli Ricciarello della Galigaia ed Arrigo Bruccardi oltre ad una quarantina di uomini del castello, ciascuno obbligandosi per la somma di 5 o 10 marche.

Ma il presule volterrano non sopportava la partecipazione al governo ed allo sfruttamento delle argentiere di Montieri da parte del Comune- di Siena e degli stessi abitanti del castello, che capeggiati dai " Lambardi ", da tempo reclamanti diritti di cointeressenza alla coltivazione delle argentiere, col breve del 20 Febbraio 1215 si erano stretti in una società a questo scopo fondata. Perciò Pagano poco dopo uscito dalla brutta avventura di Chiusdino protestò presso l'Arcivescovo di Pisa che intervenne in di lui favore; ed affermando che le clausole stabilite erano state estorte a Pagano con la violenza, " vi extortas ", le dichiarò nulle e minacciò Siena d'interdizione. Siena incassa il colpo attendendo tempi più favorevoli, mentre attraverso i Tolomei ed altri suoi cittadini, tra gli altri il forte banchiere Pietro di Pernina, attivissimi mercanti ed accorti finanzieri già abitanti in Montieri, rinforza nel castello la sua politica di invadenza economica, di accaparramento di contrattazioni e di affari su più vasta scala.

Frattanto i fiorentini della Società bancaria Cambi-Cavalcanti, che nel 1214 avevano ottenuto di impiantare in Montieri la zecca per la coniazione della moneta di Volterra, non erano rimasti inoperosi: fattisi insediare dal vescovo Pagano e dai suoi familiari Pannocchieschi nel cassero del castello quali " domiri montis et monetae de Monterio " vi ricevono il giuramento di fedeltà dei maestri della zecca a salvaguardia delle loro persone e dei loro diritti ed iniziano la loro attività spendendo a profusione somme ingenti in viaggi e trasporti per conto del vescovo. Sembra anche che ad un certo momento i fiorentini non facessero più " il lavoro della medesima moneta " (Giachi), cioè della stessa lega, per cui sorse dissenso tra il vescovo Pagano ed il Comune di Volterra, il quale volle far controllare la moneta dai suoi saggiatori. La lite fu composta e fu anche stabilito che da quel momento la moneta volterrana portasse nel retto l'immagine del vescovo e nel verso la croce con le due stelle agli angoli, e gli emblemi del Comune.

Ma, continuando la cattiva gestione della zecca per parte dei fiorentini, il vescovo protestò, sorsero contestazioni, trattative di difficile soluzione; i banchieri fiorentini perdettero terreno e dovettero lasciare il castello.

Un documento del 1221 ci dà notizia che lo sfruttamento delle cave è ora nelle mani di una società mista di senesi e volterrani, fra questi ultimi Bonaguida Parisi, Bonafidanza Belrorti e Rustichino di Tignoso, già da tempo erano abituali finanziatori di Pagano, oltre che uomini molto influenti nel Comune Volterrano: il quale già in guerra guerreggiata con Pagano in quegli anni aveva assalito i castelli vescovili di M. Vultraio, Berignone, M. Cerboli, Vecchienna e vari altri ne aveva incendiati. Pagano continua ed allarga il sistema dei suoi predecessori ed anch'egli forte dei diritti derivatigli dall'Impero e dalle ottime relazioni colla Santa Sede, persuaso di difendere insieme gl'interessi della casata e quelli della Chiesa, stringe in lega tutti i Pannocchieschi, si allea con S. Gemignano, nemico del Comune di Volterra, e continua nella sua disastrosa politica finanziaria aumentando i debiti, impegnandovi terre aziende e redditi della Mensa Vescovile, trovando finanziatori molto accorti e senza scrupoli fra i fiorentini i senesi i volterrani stessi, i colligiani i sangemignanesi, tutti pronti a fargli credito e prontissimi tutti ad arricchirsi coi prestiti concessigli ad usura ed a perseguitarlo poi senza requie in ogni momento, tanto che sopraffatto da ogni parte, nel 1220, dalla chiesa di S. Maria di Volterra lancia la scomunica a tutti. Questo ultimo atto poco ponderato porta alla ribellione massiccia dei volterrani, colle ripercussioni sui castelli vescovili che abbiamo accennato. Corrono poi trattative che Pagano accetta e subisce per un decennio; ma nel 1231 si riaccende la guerra del Vescovo contro il Podestà ed i cittadini. Pagano abbandona la città e si insedia a Montalcinello vagando per gli altri castelli, Berignone, Casole, Belforte, spesso Montieri, sempre fuori sede per cui il Capitolo rinnova le sue proteste contro il presule disertore che però riafferma il suo diritto a risiedere in qualsiasi luogo della diocesi. Ed è da Montieri, dalla Chiesa di S. Giacomo Apostolo, che il 12 settembre 1236 a mezzo del legato pontificio lancia nuovamente la scomunica a Volterra ed a tutti i suoi nemici.

Certamente a Pagano non soddisfaceva la residenza volterrana piena di nemici che, armati, lo avevano minacciato di morte sotto la sua casa; ed indubbiamente ricordava con terrore l'immagine insanguinata del suo predecessore Galgano trucidato dai concittadini. Anni di grande tristezza per Pagano che vede la rovina sua e della sua diocesi! Lui stesso ed il Comune di Volterra cercano infine una pacificazione che finalmente arriva: Pagano rientra a Volterra alla fine dell'anno 1236 ed il 10 gennaio 1237 convocato il popolo nella cattedrale impartisce l'assoluzione dalle censure ecclesiastiche già inflitte. Era la tregua, ma non la pace: ed a dargli l'ultimo dispiacere e l'ultimo affronto fu proprio Montieri che durante questi ultimi anni di discordie aveva in maggioranza parteggiato contro il vescovo. Cogliendo l'occasione del suo passaggio per Montieri insieme al legato pontificio Goffredo dei Prefetti, nel 1237, i montierini uniti ad alcuni uomini di Sassoforte aggredirono i due prelati e li trattennero prigionieri per vari giorni. Per questo fu inflitta a Montieri la scomunica cui sottostarà ancora nel 1251.

Ma è l'ultima triste avventura dell'irrequieto prelato, vecchio e stremato ha la forza di riconciliarsi col suo popolo poco tempo prima che la morte lo colga, il 27 agosto 1239

in realtà pagano non si concilierà mai con il suo popolo che attenterà nuovamente alla sua vita pochi mesi prima della morte (come successe pochi anni prima col prozio che lasciò le penne in un attentato sulla porta della chiesa principale)

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Notizie sull'officina di Berignone ci sono eccome. Nel libro di Charles M. De La Roncière, intitolato Un changeur florentin du Trecento: Lippo di Fede del Sega, l'autore descrive l'attività di questo cambiavalute fiorentino che, in occasione delle oscillazione dei cambi tra le varie specie monetali toscane, si dirigeva da Firenze a Siena, poi a Pisa e Volterra, e poi ancora a Firenze, per lucrare sul loro corso nel primo quarto del XIV secolo. In particolare quando l'argento a Siena si deprezzava, cambiava fiorini d'oro in cambio di grossi, poi si dirigeva all'officina dei vescovi Volterrani di Berignone, li faceva fondere e faceva coniare monete fiorentine...poi ritornava a Firenze e così via. Era un vero e proprio "trader" dell'epoca!!! La cosa sconvolgente, se pensiamo a quanto rigidi fossero i regolamenti delle zecche, è che Lippo di Fede facesse coniare a Berignone "tondelli d'argento" con il conio fiorentino! Per ritornare quindi all'officina di Berignone, la mia sensazione è che la stessa si prestasse parecchio ad operazioni "a dir poco sospette" e che gli appaltatori della zecca avessero ben pochi scrupoli a guadagnare anche in modo illecito. Per citare un esempio concreto, nel 1316 gli zecchieri dell'oficina di Berignone furono cacciati dalle autorità volterrane in persona perchè accusati di avere coniato grossi da sei denari che in realtà valevano solo quattro...ovviamente per lucrare sul loro contenuto intrinseco.

Tempo fa si vociferava che l'Università di Siena avrebbe condotto gli scavi proprio al castello di Berignone ma probabilmente, con la scomparsa improvvisa dell'archeologo Riccardo Francovich, questi progetti sono stati accantonati. Penso che un'indagine archeologica in questo sito, condotta da professionisti quali sono gli studenti dell'università di Siena del Dipartimento di Archeologia Medioevale, possa portare interessanti novità anche in campo numismatico...

se sai la storia di quell' appalto, ti rendi conto che il vescovo agì da vero ignorante, all' inizio la zecca era gestita da una società di nuova formazione (e quì c'è tutta la storia dei conii e dell' orafo fiuorentino) in seguito, questa società si unì con una seconda società rompendo i patti che erano sottoscritti con il vescovo dal notaio bolognese Giovanni, la società cui gli zecchieri si legarono era la medesima che pochi anni prima venne cacciata dal consiglio volterrano per aver mandato allo sfascio la zecca cittadina! il vescovo aveva tutta l' autorità per togliere l' appalto quando si fosse accorto della situazione, purtroppo la zecca era uno dei suoi ultimi problemi, lui che era in conflitto perenne con i Belforti che pochi anni dopo lo spodestarono.

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