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MONETAZIONE DI BUTUNTUM


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MONETAZIONE DI BUTUNTUM

Cari amici, come già preannunciato nella sezione “novità editoriali”, è attualmente disponibile il nuovo volume di Oronzo Isceri (vedi il sito http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=573799), dedicato alla monetazione dell’antica zecca peuceta di Butuntum (attuale Bitonto).

Lo avevo ordinato e mi è arrivato stamattina e ho dato subito un’occhiata.

Vorrei intanto fare una premessa.

Questo forum ha un carattere essenzialmente divulgativo e vuole mettere in contatto persone accomunate dalla passione per le monete e aventi anche esperienze e gusti diversi.

Io sono fermamente convinto che una discussione può svolgersi anche a livelli diversi e non accontentarsi solo di semplice informazione o curiosità o, peggio, di gossip. In determinati casi è possibile anche cogliere l’occasione per svolgere un’analisi più approfondita su una determinata monetazione antica, anche per comprendere le varie informazioni che si possono ricavare da un accurato studio.

E’ mio desiderio che chiunque abbia sviluppato un tale studio, a seguito di una tesi di laurea (come in questo caso) o per personale diletto, possa mettere a disposizione i relativi risultati. L’autore ha avuto il coraggio di non vedere la propria tesi di laurea finire sepolta negli archivi universitari, ma di svilupparla fino a un libro autogestito, se non si riesce a trovare un editore disposto a pubblicarlo. La soluzione da lui adottata, utilizzando i canali offerti dal sito “ilmiolibro” è interessante e potrebbe essere facilmente adottata anche da altri giovani laureati. Non sempre una tesi di laurea riesce a trovare spazio in una pubblicazione accademica, che comunque ha un proprio circuito non sempre facilmente accessibili anche ai profani.

Tornando alla monetazione in questione, essa è poco studiata e praticamente riassunta nella pagina 86 dell’Historia Nummorum (H.N.) di Rutter, che costituisce anche il più pratico ancorché sintetico manuale di classificazione (a prescindere dai vari volumi di Silloge Nummorum Graecorum).

Per questa zecca l’H.N. annovera tre emissioni di bronzo, battute nel periodo 275-225 a.C.:

1) Al n. 753

D/: Testa di Atena con elmo corinzio a d. R/: Spiga di grano con due o quattro foglie; leggenda BYTONTIΩN

Diam. 18-20 mm; peso 5,7-8.8 g (Fig. 1)

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2) Al n. 754

D/: Conchiglia pecten

R/: Giovinetto su delfino con clava nella mano s. e cantharos nella mano d.; leggenda BYTONTIΩN

Diam.17 mm; peso 3,7-4,5 g (Fig. 2)

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3) Al n. 755

D/: Civetta su ramo di ulivo

R/: Fulmine alato; leggenda BYTONTIΩN

Diam.17 mm; peso 3,7-4,5 g (Fig. 3)

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L’autore ha ripreso tale classificazione e ha catalogato 60 esemplari per l’emissione 1 (diam. 18-21 mm, peso da 9,82 a 5,17 g), 33 esemplari per l’emissione 2 (diam. 14-18 mm, peso da 4,68 a 2,31 g), 39 esemplari per l’emissione 3 (diam. 10-16 mm, peso da 3,56 a 2,00 g),

All’interno dell’emissione 1 ha distinto 4 gruppi, con piccole varianti, dell’emissione 2 ancora 4 gruppi, dell’emissione 3 in tutto 3 gruppi.

Come in genere le tesi di laurea in numismatica, purtroppo manca una esaustiva introduzione storica e soprattutto un corredo fotografico, sostituito da alcuni disegni, uno per ogni gruppo identificato. Da un lato i disegni permettono di sviluppare un’analisi incentrata soprattutto sulla tipologia, con possibilità di effettuare confronti con emissioni di altre zecche apule, ciascuna con propria cronologia, dall’altra la carenza di fotografie rende difficile visualizzare tali confronti.

Molto interessante è ad esempio l’analisi dell’elmo della testa di Atena nell’emissione 1, che risulta essere più esattamente un elmo corinzio con triplice cresta (trilophia), che appare essere una evoluzione posteriore rispetto all’elmo corinzio con kyne, che è una sorta di cuffia in pelle, posta tra elmo e la testa e caratterizzata da una forma a ricciolo in quanto si protrae oltre la paranuca per raccogliere sotto di essa i capelli. Purtroppo bisogna avere sottomano l’interessante volume di D. Castrizio, L’elmo quale insegna del potere, la documentazione numismatica, Reggio Calabria, Falzea, 2007, per vedere sufficienti foto dei vari tipi di elmo:

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Nel caso di Butuntum, la particolare foggia dell’elmo fa la sua comparsa solo dopo il 302 a.C. (cfr. Taranto, H.N. n. 956).

Grazie anche ad altri confronti tipologici, che possono essere esaminati leggendo il volumetto, il dr. Isceri ha permesso di confermare la cronologia già riportata da H.N. e cioè al 275-225 a.C.

Non sono accennati (ed evidentemente mancano) dati di ritrovamenti in contesti archeologici e sono noti almeno un paio di esemplari che sono ribattuti su monete che però non sono state identificate. Quindi mancano altri riscontri che permettono di circoscrivere meglio tale arco cronologico.

Anche la metrologia appare di difficile definizione. Interessante è la proposta dell’autore di riportare le tre emissioni a un sistema “greco”, forse basato sul chalkos di ciorca 1,5 g. Se è corretta tale ipotesi, l’emissione 1 corrisponderebbe a 5 chalkoi, l’emissione 2 a 3 chalkoi e l’emissione 3 a 2 chalkoi.

Questa ipotesi non appare inverosimile, se si tiene conto (e l’autore non l’ha evidenziato) che nell’ambiente peucezio ed apulo in generale predomina il sistema decimale (e infatti poi in epoca romana con segni di valore prevarrà il quincunx di 5 uncie al posto del classico semis di 6 uncie).

(continua)

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Per la catalogazione, il dr. Isceri ha consultato molti testi e praticamente tutti i Sylloges Nummorum Graecorum con tali esemplari, più alcuni cataloghi di asta.

Ho notato che non ha consultato l’importante Numismatica Ars Classica (NAC) di Zurigo.

Sono apparsi in tutto due esemplari dell’emissione 1:

NAC D/1994, n. 1084 = NAC K/2000, n. 1022 g. 6,33

NAC I/1999, n. 1033 g. 6,15

Questi due esemplari provenivano dalla famosa collezione Moretti. Dai miei appunti risulta che in tale collezione esistevano 3 esemplari dell’emissione 1 (due poi apparsi nelle suddette aste) (pesi 8,85 – 6,33 – 6,15 g), 2 dell’emissione 2 (pesi 3,38 – 3,11 g) e 1 dell’emissione 3 (peso 2,81 g).

Suggerisco l’autore di contattare NAC per avere le foto e i pesi dei suddetti esemplari, anche perché a me risulta che uno dei due esemplari dell’emissione 2 presenta un’anomala disposizione delle lettere (anche se è in modesto stato di conservazione).

Inoltre nella collezione del British Museum di Londra ci sono almeno 6 esemplari di Butuntum: 3 dell’emissione 1 (pesi 7,94 – 7,47 – 5,16 g), 2 (uno in eccezionale stato di conservazione) dell’emissione 2 (pesi 4,60 – 3,09 g) e 1 dell’emissione 3 (peso 3,22 g).

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Io sono fermamente convinto che una discussione può svolgersi anche a livelli diversi e non accontentarsi solo di semplice informazione o curiosità o, peggio, di gossip. In determinati casi è possibile anche cogliere l’occasione per svolgere un’analisi più approfondita su una determinata monetazione antica, anche per comprendere le varie informazioni che si possono ricavare da un accurato studio.

Ottime osservazioni Acraf, molto interessanti sono le informazioni che ricaviamo dalla tipologia, la presenza in città del culto di Minerva, il cui tempio era collocato sull'acropoli ai cui piedi scorreva il torrente Tyflis o Tyfris, oggi chiamato ''Lama di Balice'', a cui sarebbe ricondicibile lo stesso nome Butuntum o Botuntum, secondo alcuni studiosi vorrebbe dire “città dove sotto scorre acqua” .

Secondo la leggenda invece il nome della città deriverebbe dall'eroe illirico Botone, il quale giunto in città secondo la leggenda venne accolto con rami di ulivo (simbolo di Atena e rappresentato anche sulle monente di questa zecca)

Un ara votiva rinvenuta appunto nella zona acropolare confermerebbe infatti questo culto, non a caso la chiesa si San Pietro de Castro è chiamata anche San Pietro sopra Minerva

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L’origine del nome Butuntum è ancora molto discusso e non c’è accordo tra i pochi studiosi che si sono occupati dell’argomento. In ogni caso è precedente all’epoca romana e ha una origine indigena, forse illirica, ricollegandosi al mito della sua fondazione che si dice condotta da un re illirico, di nome Botone.

Quella che hai accennato, del significato “città sotto la quale scorre l’acqua”, presuppone una origine in parte greca, dovuta all’unione di due termini: “But” che in greco significa “profondità”, quindi dove scorre l’acqua e “Ntum”, un suffisso che indica la città, come in molte poleis (Tarentum, Metapontum, Sipontum, ecc.).

Esiste invece anche l’ipotesi di una derivazione, ancora dal greco, dal nome “Botón”, che significa “pascolo o gregge”, a indicare una certa importanza del posto per la pastorizia.

Vorrei approfittare per chiedere all’autore della monografia se ha in animo di pubblicare un simile studio anche su Azetium, che ricordo essere oggetto anch’esso della tesi di laurea.

Le due zecche, Butuntum e Azetium, presentano molti punti di contatto e anche alcune affinità tipologiche.

Inoltre ho notato nella succinta monografia che non sono citati altri studi di C.S. Fioriello, forse il maggiore studioso di Butuntum, sia per la storia che per l’archeologia, e autore anche di uno studio intitolato: Primi dati sui rinvenimenti monetali nel territorio di Bitonto, Studi Bitontini, 61, 1996, p. 5-36. Non so se vi sono citati rinvenimenti anche di monete di Butuntum (è una rivista difficilmente reperibile). E' anche autore di articoli sulla storia antica della città, che meritava una breve trattazione.

In ogni caso lo studio di Isceri può essere configurato come una prima edizione e quindi suscettibile di migioramenti e approfondimenti, possibilmente con foto (non necessariamente a colori, ma con buona definizione). Per le foto da cataloghi o libri non ci sono grossi problemi. E' possibile riprodurli, con l'unica avvertenza di riportare l'esatta provenienza. Per quelli ancora inediti (come Napoli, British Museum, Berlino, altri medaglieri italiani), il discorso è più complicato e in genere bisogna pagare qualcosa (e non tanto poco...) per diritti di riproduzione.

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  • 9 mesi dopo...

Ho avuto modo di leggere con attenzione il volume del giovane Oronzo Isceri.

Nel complimentarmi con lui per la ferma volontà di pubblicare la sua tesi di laurea, non facendo andare disperso un piccolo patrimonio, vorrei fare alcune considerazioni specifiche.

In particolar modo sulla presunta moneta di Tiati: dracma argentea testa femminile/civetta ad ali chiuse su ramo d'ulivo.

L'autore alla pagina 40 scrive: "Tra i centri apuli, Teate, sulle dracme emesse tra il 400 e il 375 a.C., adopera per prima il tipo della civetta rivolta a d. con ali chiuse su ramo d'ulivo. Tale modello deriverebbe da quello utilizzato da Velia per alcuni suoi gruppi monetali.

Inoltre, alla pagina 56, l'autore data la moneta bitontina che utilizza il tipo con la civetta al periodo 400-228 a.C., prendendo come datazione alta proprio a esempio la moneta di Teate.

E' utile precisare, come dimostrato da ultimo da Vincenzo La Notte, La monetazione della Daunia. Storia degli studi e analisi della produzione, Foggia 2011, pp. 314-315, che la moneta in questione non esiste. Essa è frutto di un errata interpretazione della legenda, che non doveva essere tiati ma velia in caratteri e lingua greca, come peraltro sospettato dal Mommsen.

Lo studioso, facendo un'approfondita analisi bibliografica, partendo dal primo che editò il disegno di questa presunta moneta(il Principe di San Giorgio), chiarisce come si è arrivati all'errore.

Esso è il frutto di un operazione di citazione del numismatico precedente senza verificare la reale esistenza della moneta e la bontà della fonte a cui si faceva riferimento.

Non riporto il passo completo del libro di La Notte, senza l'autorizzazione dell'autore, ma la spiegazione all'interna del libro è molto lineare e semplice.

Per tal ragione, è possibile restringere la datazione della moneta bitontina al periodo 302-228 a.C., elimninando un anacronistico IV secolo a.C..

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Per gentile concessione dell'autore Vincenzo La Notte, inserisco estratto del suo volume sulla daunia in PDF, con completo e indispensabile corollario di note.

Moneta da espungerePDF.pdf

Inoltre, proprio perchè richiestomi dall'autore stesso, volevo precisare che non vi è nulla contro il giovanissimo autore Isceri, che invogliamo a continuare nei suoi studi numismatici, augurandogli le migliori fortune.

Maria A.

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Mi complimento vivamente con MAP per la pacata osservazione su una moneta da espungere.

Purtroppo, se il bravo Isceri può consolarsi, è molto facile cadere nell'errore di ripetere un vecchio riferimento bibliografico senza avere la possibilità di verificare la veridicità o correttezza di quel riferimento. Anche a me è successo.

L'importante è che qualcuno possa rendersi conto di tale errore e quindi rompere il "circolo vizioso" di continuare a sostenere l'esistenza di un esemplare praticamente inventato e di includerlo in un catalogo.

Anche questo è un doveroso contributo al progresso della conoscenza numismatica (cioè non tanto di segnalare un nuovo pezzo inedito quanto anche di espungere uno che non esiste).

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  • 1 mese dopo...

Ho avuto modo di leggere con attenzione il volume del giovane Oronzo Isceri.

Nel complimentarmi con lui per la ferma volontà di pubblicare la sua tesi di laurea, non facendo andare disperso un piccolo patrimonio, vorrei fare alcune considerazioni specifiche.

In particolar modo sulla presunta moneta di Tiati: dracma argentea testa femminile/civetta ad ali chiuse su ramo d'ulivo.

L'autore alla pagina 40 scrive: "Tra i centri apuli, Teate, sulle dracme emesse tra il 400 e il 375 a.C., adopera per prima il tipo della civetta rivolta a d. con ali chiuse su ramo d'ulivo. Tale modello deriverebbe da quello utilizzato da Velia per alcuni suoi gruppi monetali.

Inoltre, alla pagina 56, l'autore data la moneta bitontina che utilizza il tipo con la civetta al periodo 400-228 a.C., prendendo come datazione alta proprio a esempio la moneta di Teate.

E' utile precisare, come dimostrato da ultimo da Vincenzo La Notte, La monetazione della Daunia. Storia degli studi e analisi della produzione, Foggia 2011, pp. 314-315, che la moneta in questione non esiste. Essa è frutto di un errata interpretazione della legenda, che non doveva essere tiati ma velia in caratteri e lingua greca, come peraltro sospettato dal Mommsen.

Lo studioso, facendo un'approfondita analisi bibliografica, partendo dal primo che editò il disegno di questa presunta moneta(il Principe di San Giorgio), chiarisce come si è arrivati all'errore.

Esso è il frutto di un operazione di citazione del numismatico precedente senza verificare la reale esistenza della moneta e la bontà della fonte a cui si faceva riferimento.

Non riporto il passo completo del libro di La Notte, senza l'autorizzazione dell'autore, ma la spiegazione all'interna del libro è molto lineare e semplice.

Per tal ragione, è possibile restringere la datazione della moneta bitontina al periodo 302-228 a.C., elimninando un anacronistico IV secolo a.C..

Per gentile concessione dell'autore Vincenzo La Notte, inserisco estratto del suo volume sulla daunia in PDF, con completo e indispensabile corollario di note.

Moneta da espungerePDF.pdf

Inoltre, proprio perchè richiestomi dall'autore stesso, volevo precisare che non vi è nulla contro il giovanissimo autore Isceri, che invogliamo a continuare nei suoi studi numismatici, augurandogli le migliori fortune.

Maria A.

L'opinione sull'inesistenza della dracma di Teate del dottor Vincenzo La Notte, è stata finalmente condivisa e confermata dai fratelli Rapposelli in un articolo su Panorama Numismatica nel dicembre 2011.

Nella speranza, che questo dato, venga accettato ormai all'unisono, si spera in ulteriori progressi della Scienza Numismatica.

M. Assunta.

Modificato da MAP
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Colgo l'occasione per riportare qui sotto un bell'esemplare di bronzo di Butuntum che comparirà nella prossima asta Artemide:

post-7204-0-60169000-1322008806_thumb.jppost-7204-0-68846800-1322008824_thumb.jp

Volevo sottolineare che la moneta in questione è alquanto prestigiosa e apparteneva alla Collezione Maurice Laffaille pubblicata nel 1990 (esemplare n.24) e apparsa per la prima volta in asta presso Münzen und Medaillen n.76 nel settembre 1991, lotto 24.

Dopodichè ha avuto un altro passaggio presso la famosa CNG Triton V (asta di notevole importanza, tutt'ora considerata un riferimento per la monetazione classica in bronzo), del 15 Gennaio 2002, lotto 36, aggiudicato per 400 dollari.

Un ulteriore passaggio in asta avviene presso Negrini n.28 (un asta dove apparvero molti esemplari di area Apulo-Calabrese anche di rarità) del dicembre 2008, lotto 46, dove non solo non vennero indicati i precedenti passaggi in asta, ma venne persino omessa l'appartenenza di questo esemplare alla collezione Laffaille (per inciso, invenduta a 700 euro di partenza).

Per finire la ritroviamo come suggerito da Acraf nell'ultima asta di Artemide n.34 del dicembre scorso al lotto 6, aggiudicata per 1.100 euro.

Anche qui, nessun riferimento ai passaggi precedenti e nemmeno un accenno alla Collezione Laffaille, ma solo l'asserzione, nella catalogazione, della presenza della moneta in questione all'interno del volume Monete di Italia Antica e Magna Grecia di Eupremio Montenegro, Brescia 1996(n.1023).

L'idea che mi sono fatto è che le case d'asta "italiche" non curino molto il valore aggiunto del tanto nominato pedigree.

Ne prendo atto, ma non condivido questa filosofia, i realizzi potrebbero essere migliori (quindi a loro favore) e i collezionisti "ingolositi" dal prestigioso passato, possono contare su una lecita provenienza indiscutibile, oltre alla più sicura autenticità del materiale.

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Ringrazio miglio81 per la puntigliosa ricostruzione del pedigree.

Specialmente per le monete greche è molto importante, non solo per le ovvie ragioni di sicurezza (un buon pedigree è buon motivo di sicurezza) ma anche per dare il giusto valore.

Non comprendo la grande sciatteria di molte case di asta, soprattutto le nostrane, a non evidenziare i vari passaggi di asta. So che non è un compito facile e queste informazioni dovrebbero essere fornite dal consegnatario, che avrebbe poi tutto l'interesse a valorizzare la propria moneta al momento della vendita.

In ogni caso chi ha acquistato la moneta dovrebbe ora apprezzare non solo il suo ottimo stato di conservazione, ma anche il suo ottimo pedigree....

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