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LA MONETAZIONE DEI SERDAIOI


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LA MONETAZIONE DEI SERDAIOI

Desidero porre a conoscenza di un importante e recente articolo, dedicato alla monetazione dei misteriosi Serdaioi:

Louis Brousseau, Le monnayage des Serdaioi revisité. Revue Numismatique, vol. 166 (2010), p. 257-285.

L’autore è un giovane ricercatore numismatico presso la prestigiosa Università della Sorbonne di Parigi ed ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sulla monetazione di Poseidonia (e di zecche lucane in generale). Ha infatti scritto una tesi su Poseidonia dal 600 al 273 a.C.

Nell’ambito delle sue ricerche ha completato un ottimo studio anche sulle monete a nome dei Serdaioi, che è possibile scaricare dal seguente sito:

http://independent.academia.edu/LouisBrousseau/Papers/448332/Le_monnayage_des_Serdaioi_revisite

L’articolo è in francese e dovrebbe essere comprensibile ai più e noto l’intelligente disponibilità sia dell’autore sia della rivista a renderlo fruibile su internet.

Colgo l’occasione per riprendere, riassumere e aggiornare con diverso ordine e ulteriori notizie le parti più significative di questo articolo, anche per una migliore comprensione da parte di chi può avere difficoltà a capire il francese. Per maggiori dettagli e per la bibliografia rimando al suddetto articolo.

Inizio subito con il catalogo completo, che ho aggiornato.

Le monete a nome dei Serdaioi sono strutturate sui seguenti nominali, tutti basati sul piede acheo-corinzio (cfr. anche, con alcuni aggiustamenti:

):

1) STATERE, del peso teorico di 8,10 g (3 esemplari noti)

2) DRAMMA, del peso teorico di 2,70 g (1 pezzo noto)

3) TRIOBOLO o EMIDRAMMA, del peso teorico di 1,35 g (6 pezzi noti)

4) OBOLO (= 1/6 di dramma), del peso teorico di 0,45 g (2 pezzi noti)

5) EMIOBOLO (= 1/12 di dramma), del peso teorico di 0,225 g (4 pezzi noti).

La caratteristica di tale sistema, rispetto al classico piede ponderale attico, è che lo statere è diviso in 3 dramme, anziché in due (da cui l’identificazione dello statere attico con il didramma).

1) STATERE

Si conoscono in tutto 3 esemplari, di cui uno frammentato, del diametro di circa 24 mm e provenienti da una sola coppia di conii.

D/= Dionisio nudo e barbuto stante a sinistra, tiene con la s. un lungo ramo di vite e con la d. una coppa (cantharus); davanti, in basso, MEP.

R/= Ramo di vite con tre foglie e grappolo d’uva.

H.N. 1717

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1/1 = Parigi, Bibliothéque Nationale, coll. De Luynes 1138

peso: 7,95 g

orientamento conii: 1 h

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1/2 = Londra, British Museum, BMC 1 (ex coll. Wagan)

peso: 7,91 g

orientamento conii: 12 h

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1/3 = Münzhandlung Ritter, listino PF n. 84, Luglio 2009, lotto n. 277 (€ 790)

peso: 3,30 (frammento).

Bisogna subito avvisare che la lettera M non corrisponde alla greca “mi” bensì all’arcaica “san”, usata ampiamente dagli achei e che verrà poi sostituita in periodo classico dalla “sigma” Σ, che si presenta coricato rispetto alla “san”, per cui l’etnico deve essere letto come SER(daioi).

L’esemplare 1/1 di Parigi era il primo ad essere noto ed ha una lunga storia, in parte ricostruita. Probabilmente è lo stesso di quello descritto da Rasche nel 1788 (con un disegno fatto da Torremuzza) e ripreso da Eckhel nel 1792. Successivamente il Sestini, nel 1805, afferma che lo statere (da lui attribuito alla zecca Meroe di Licia) apparteneva alla collezione del barone siciliano D’Astuto (di Noto) e che era stato trovato in Sicilia. In realtà non esistono prove che sia stato realmente trovato nell’isola e, per inciso, la collezione di monete siciliane del barone D’Astuto fu venduta nel 1817 al principe di Baviera per essere donata al Museo di Monaco, ma senza lo statere di Serdaioi. Lo stesso De Luynes scrisse che il suo pezzo fu acquistato nel 1853 a Napoli da un piccolo orefice calabrese. A causa della sua supposta origine siciliana, il De Luynes ha creduto che la zecca fosse in Sicilia, a Sergetion o Ergetion (anche se tale località è nota solo in una fonte di età imperiale, Stefano Bizantino, Tolomeo III, 4, 13). Invece Sambon, nel 1870, l’attribuiva alla zecca Merusion, sempre in Sicilia. La collezione del duca De Luynes entrò a far parte del medagliere pubblico di Parigi nel 3 marzo 1863.

Invece l’esemplare 1/2 di Londra ha una provenienza nota e molto importante. Esso faceva parte dell’eccezionale ripostiglio di “Calabria 1863” (IGCH 1887), poi disperso e che comprendeva anche 15 stateri di Tarentum (con dio su delfino/ippocampo), 1 statere incuso di Laos, 14 stateri incusi di Metapontum, 14 stateri di Poseidonia (Poseidone/Toro), 52 stateri di Caulonia (12 incusi), 66 stateri di Crotone (62 incusi). Tale ripostiglio, trovato nel 1863 più esattamente a Roggiano Gravina, fu sotterrato intorno al 470 a.C., che quindi costituisce una datazione ante quem. Questo esemplare fu acquistato da Edward Wigan poco dopo il ritrovamento e passò al British Museum nel 1873.

L’esemplare 1/3, recentemente venduto, è in realtà un frammento (circa 1/3) di statere e non si conosce (ovviamente) la sua provenienza. E’ difficile stabilire se la frammentazione sia stata intenzionale, forse per ricavare una dramma, o era semplicemente una moneta rotta.

(continua)

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2) DRAMMA

Si conosce un unico esemplare, apparso recentemente in asta Gorny & Mosch, del diametro di circa 16 mm.

D/= Testa barbuta di Dionisio a destra.

R/= Ramo di vite con tre foglie e grappolo d’uva; a sinistra, in basso, MEP.

H.N. -

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2/1 = Gorny & Mosch 169, 13 ottobre 2008, lotto n. 10 (aggiud. € 12.000)

peso: 2,37 g

La comparsa di questo esemplare, altrimenti inedito, è molto importante in quanto conferma senza ombra di dubbio la divisione acheo-corinzia dello statere in 3 dramme (come nelle dramme incuse di Metaponto, Caulonia e Laos). Il peso è solo leggermente cedente rispetto alla maggior parte delle dramme incuse note.

(continua)

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3) TRIOBOLO

E’ il nominale più comune di Serdaioi e risulta essere prodotto con almeno 3 conii del diritto (2 con testa a destra e 1 con testa a sinistra) 2 del rovescio (1 collegata a due conii del diritto), con un diametro di circa 11-12 mm.

Variante 3a

D/= Testa barbuta di Dionisio a sinistra; davanti, MEP.

R/= Grappolo d’uva (stesso conio del precedente).

H.N. 1719

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3a/1 = Gorny & Mosch199, 10 ottobre 2011, lotto n. 38 (realizzato € 3200)

peso: 1,42 g

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3a/2 = Alpha Bank 9629 = Numismatica Ars Classica 13, 8 ottobre 1998 (coll. Moretti), lotto n. 164 = Leu 22, 8-9 maggio 1979, lotto n. 6

peso: 1,35 g

orientamento conii: 9 h

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3a/3 = Sternberg XXXIV, 22-23 ottobre 1998, lotto n. 16

peso: 1,30 g

Variante 3b

D/= Testa barbuta di Dionisio a destra; davanti, MEP.

R/= Grappolo d’uva.

H.N. 1719

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3b/1 = Nomos 3, 10 maggio 2011, lotto n. 8 (realizzato CHF 8000) = Gorny & Mosch 185, 8 marzo 2010, lotto n. 7 (realizzato € 4200)

peso: 1,24 g

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3b/2 = Gorny & Mosch 190, 11 ottobre 2010, lotto n. 31 (realizzato € 2000) = Gorny & Mosch 155, 5 marzo 2007, lotto n. 13 (invenduto)

peso: 1,22 g

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3b/3 = Parigi, Bibliothéque Nationale, coll. De Luynes 1139

peso: 1,19 g

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3b/4 = Sternberg & Apparuti XVIII, 20-21 novembre 1986, lotto n. 21

peso: 1,23

Variante 3c

D/= Testa barbuta di Dionisio a destra (stile più scadente); davanti, MEP.

R/= Grappolo d’uva (stile più scadente).

H.N. 1719

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3c/1 = Polosa, 2000, n. 5 = Piras 1996, n. 219 = Piras 1985, n. 117

peso: 1,25

Per il triobolo è possibile riconoscere almeno 3 varianti. Rispetto al lavoro di Brousseau ho preferito mettere prima la variante con la testa a sinistra, con tre esemplari che sono costantemente un poco più pesanti della seconda variante con la testa a destra, con la quale comunque è collegata dal conio del rovescio in comune.

La terza variante, della quale però è disponibile solo un disegno fatto dal Piras, sembra presentare uno stile più scadente. Si attende la conferma dell’effettiva esistenza con immagine originale di tale variante.

L’esemplare più antico ad essere noto è quello della collezione De Luynes, che era già noto al Sambon nel suo repertorio del 1870: non si conosce la sua provenienza. Tutti gli altri esemplari noti appaiono essere comparsi a partire dagli anni ’80 del secolo scorso.

(continua)

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4) OBOLO

E’ prodotto da una sola coppia di conii, con un diametro di circa 9 mm.

D/= Testa barbuta di Dionisio a destra.

R/= MEP in direzione retrograda.

H.N. 1720

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4/1 = New York, ANS 1991-33-1 = Kovacs, 5 dicembre 1991

peso: 0,45

orientamento conii: 12

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4/2 = Numismatica Ars Classica 27, 12 maggio 2004, lotto n. 61 (invenduto)

peso: 0,31

L’esemplare di ANS fu descritto per la prima volta dalla Arnold Biucchi in un articolo del 1993, ove ha accennato all’esistenza di un secondo esemplare, con ogni probabilità quello poi venduto dalla NAC.

(continua)

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5) EMIOBOLO

E’ prodotto apparentemente da due conii del diritto e da tre conii del rovescio, con un diametro di circa 7 mm.

D/= Testa barbuta di Dionisio a destra.

R/= MEP, con lettere disposte a raggiera.

H.N. 1721

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5/1 =Napoli, Fiorelli 2593

peso: 0,18

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5/2 = Munzen und Medaillen, listino PF 406, novembre-dicembre 1978, lotto n. 6

peso: 0,26 g

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5/3 = Parigi, Bibliothéque Nationale, fonds général 1104

peso: 0,24

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5/4 = Polosa, 2000, n. 11 = Piras 1996, n. 220 = Piras 1985, n. 118

peso: 0,25

Come per un triobolo, anche l’emiobolo edito inizialmente dal Piras attende una conferma per la sua esistenza.

La particolare disposizione delle lettere si ritrova anche su un raro emiobolo di Poseidonia, che deve risalire allo stesso periodo. Esso è molto importante in quanto un esemplare era stato erroneamente identificato dal Cahn nel 1978 come appartenente a Serdaioi con la particolare leggenda MEPΔ. Brousseau ha il notevole merito di avere corretto tale identificazione, leggendo l’etnico ΠOMES [ossia POSEI(donia)], grazie al confronto con altri due esemplari noti. Allego le relative immagini dell’emiobolo di Poseidonia, dalle quali è possibile evincere che sono tutti tratti da una sola coppia di conii:

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Emiobolo descritto da Cahn (Cambridge/Mass., Harvard University, Fogg Art Museum g. 0,29 e diam. 0,7 mm)

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Emobolo di Poseidonia del Museo di Berna

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Emiobolo di Poseidonia del Museo di Berlino (inv. 1846/5726)

(continua)

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IL POPOLO DEI SERDAIOI

Oltre alle monete, l’unica testimonianza dell’esistenza dei Serdaioi è data da una famosa iscrizione su lamina di bronzo (larga circa 15 cm, altezza 8-9 cm, spessore 5 mm), rinvenuta durante scavi archeologici ad Olimpia nel 1960. Essa era situata vicino al tesoro dei Sibariti (ad Olimpia, città sacra per i Greci, erano infatti stoccati a guisa di veri archivi i vari donativi di ricche città in separate stanze, come nella figura).

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Questa lamina reca una iscrizione in acheo arcaico, simile a quello usato sulle monete e cita un trattato di amicizia tra Sibari e Serdaioi con la protezione di Poseidonia (la parte che ho tratteggiato in rosso indica la parola “Serdaioi”):

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Ecco la traduzione letterale:

“I Sibariti, i loro alleati e i Serdaioi si sono messi d’accordo per stabilire per sempre un’alleanza leale e senza inganni. Testimoni: Zeus, Apollo, gli altri due dei e la città di Poseidonia”.

Quindi appare sicuro che i Serdaioi dovevano essere situati nell’Italia meridionale e stipularono un vincolo di amicizia (philotes) con i Sibariti sotto la garanzia (proxenos) della poleis Poseidonia (e delle maggiori divinità).

(continua)

Modificato da acraf
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Il particolare stile dell’iscrizione giustifica una datazione all’ultimo quarto del VI secolo a.C. Ovviamente una datazione più precisa per tale trattato dipende dall’effettivo ruolo di Sibari che, come è noto, fu distrutta nel 510 a.C. Sono state fatte molte ipotesi in proposito e quella che va ora per la maggiore è che i Sibariti citati nel trattato erano i profughi della città distrutta (quindi poco dopo io 510 a.C.), che hanno volto stringere un patto di amicizia con i Serdaioi che dovevano essere situati nel territorio verso la costa opposta, nell’alto Tirreno cosentino e quindi sulla strada verso Poseidonia, già colonia sibarita e che in quel tempo era assurta a grande prosperità e dinamismo politico. E’ possibile che nei pressi di tale territorio i profughi Sibariti abbiano poi fondato le colonie Laos (presso l’attuale Santa Maria del Cedro) e Skidros. Allego una cartina che indica il possibile territorio abitato dai Serdaioi (secondo Greco, nel 1990, esso dovrebbe essere concentrato nella zona di Scalea):

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Allego pure una interessante cartina che permette di visualizzare le aree di influenza politica delle quattro principali “potenze”, da Poseidonia fino a Rhegion nel VI secolo a.C.

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In ogni caso colpisce la stretta affinità epigrafica delle prime tre lettere del nome Serdaioi sulla lamina e sulle monete, indicando una stretta contiguità temporale.

(continua)

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CRONOLOGIA E TIPOLOGIA DELLE MONETE DEI SERDAIOI

Brousseau giustamente mette in evidenza come gli stateri dei Serdaioi, pur essendo coniati col doppio rilievo, abbiano strette affinità con alcuni stateri incusi, specie di Sibari, Poseidonia e Crotone, sia per il diametro di 24 mm sia per la presenza del caratteristico bordo ornato, rendendo più verosimile una datazione tra il 510 e il 490 a.C., quindi leggermente più alta della datazione indicata da Rutter nel suo Historia Numorum (primo quarto del V secolo a.C.).

Circa i modelli ispiratori della divinità rappresentata, il dio Dionisio, molti hanno creduto di poter stabilire una stretta affinità con il famoso dracma di Naxos, che risale al 500 a.C. circa e quindi in tempi vicini:

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In realtà, come giustamente dimostrato da Brousseau, si tratta solo di una somiglianza e non di una diretta derivazione. In particolare, la testa di Dionisio di Naxos reca una corona di vite, che manca totalmente nelle monete dei Serdaioi.

In ogni caso il dio Dionisio è raffigurato con una iconografia tipica della fine VI secolo – prima metà V secolo a.C.

Una rappresentazione molto affine è riscontrabile nella famosa pinax (bassorilievo in terracotta) di Locri, che risale alla prima metà del V secolo a.C., anche geograficamente piuttosto vicina (osservate come anche nella pinax il dio reca sulla spalla il lungo ramo di vite, i cui grappoli sono resi in maniera molto simile sulle monete). Altri esempi di affine rappresentazione su gemme e vasi attici sono riportati nello studio di Brousseau.

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Alcuni noti studiosi, come la Zancani Montuoro e il Puglisi Carratelli, hanno strenuamente sostenuto che i Serdaioi fossero i Sardi, di antica origine (fu uno dei Popoli del Mare) provenienti dalla Sardegna e che si sarebbero in parte trasferiti sulla costa cosentina, forse dopo che erano riusciti nel 540 a.C. a respingere la grossa offensiva del cartaginese Malco in Sardegna e quindi guadagnando meriti per una forte e concorde lega con Sibari con il tramite di Poseidonia, che in questo modo guadagnava nel prestigio.

Altri invece, come la Guarducci, hanno combattuto contro questa ipotesi di identificazione con i Sardi, privilegiando l’idea che i Serdaioi fossero un popolo indigeno della Magna Grecia, anche evidenziando come a quei tempi i Sardi non erano ancora assurdi a vero organismo politico, una sorta di koinon, tale da diventare interlocutore politico di Sibari, alla quale premeva di mantenere libera e sicura la via che la collegava con Poseidonia. Era più semplice l’idea che i Serdaioi fossero appunto un popolo indigeno che occupava una porzione di tale territorio strategico e appare evidente come l’aiuto di Poseidonia sarebbe stato utilissimo, anzi necessario, a mantenere a bada questo popolo del luogo. Sulla costa cosentina esistono tracce di frequentazioni di Fenici, ma non chiaramente di Sardi.

Consiglio la lettura anche dell’ottimo studio di Polosa:

Annalisa Polosa, Vecchie e nuove ipotesi sui Serdaioi: una messa a punto. Annali di Archeologia e Storia antica, Napoli 2000, p. 49-59

che ho già reperito in biblioteca, utile anche per ulteriori informazioni sulle varie teorie sull’origine dei Serdaioi.

(continua)

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MONETA DI BRONZO SICILIANA CON ΣΑΡΔΩ

Per completezza di trattazione sui Serdaioi, bisogna aggiungere alcune parole su una particolare emissione di bronzo coniata in Sicilia e sulla quale si sono occupati Polosa e Tusa Cutroni, quest’ultima scaricabile con:

http://download.sns.it/labarcheo/elima2003/Cutroni_Tusa_02.pdf

Essa è attribuita a Tauromenion, Calciati III, p. 213, n. 10-11, risalente all’epoca timoleontea (345-336 a.C. per il Gabrici e Calciati) oppure a dopo il 315 a.C. (secondo Minì).

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D/: Testa di Hera (?) a sinistra, con stephane e lunghi capelli; davanti, ΣΑΡΔΩ in direzione retrograda (spesso mancante); c.p.

R/: Grappolo d’uva, con tralcio e vite; a sinistra, TAYPOME e a destra, NITAN (spesso mancante); c.l.

Sono reperibili in letteratura una trentina di esemplari, con peso tra 5,64 e 1,72 g, con media di 3,77 g. E’ incerto se tale emissione possa essere suddivisa in una unità (Calc. 10) e in una mezza unità (Calc. 11) o se quest’ultima è semplicemente una variante di modulo più stretto e di peso calante.

Ovviamente l’interesse è dato dalla presenza della scritta ΣΑΡΔΩ che però in realtà è visibile solo in pochissimi esemplari, come ad esempio in BMC 12. Sembra che quando c’è questa scritta, manchi l’etnico di Tauromenion e viceversa (ad esempio nell’esemplare NAC sopra postato c’è l’etnico al rovescio, anche se di difficile lettura, mentre manca la scritta davanti Hera).

In ogni caso è una emissione che merita di essere studiata in maniera approfondita.

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Londra, BMC 12 g. 4,17

La Tusa Cutroni ha messo in evidenza che i bronzi con ΣΑΡΔΩ (come il pezzo BMC 12) non vanno confusi con quelli che recano TAYPOMENITAN (come il pezzo NAC) e che i primi sono stati rinvenuti quasi esclusivamente nella zona occidentale dell’isola, verso il territorio di Palermo. E’ noto un unico ritrovamento attestato, in contrada Mascalà (presso Carini, PA). Altri due pezzi sono stati rinvenuti a Roma durante lavori di sistemazione dell’alveo del Tevere e di costruzione degli argini del lungotevere.

A questi esemplari in bronzo si dovrebbe aggiungere un pezzo unico in argento, che si troverebbe a Berlino in quanto apparteneva alla famosa collezione Imhof Blumer, il quale l’aveva acquistato da Fischer a Palermo. Esso era definito diobolo, ma pesa 0,80 g e quindi dovrebbe essere una litra. Di questo pezzo non si hanno ancora notizie. Cercherò di informarmi a Berlino. I tipi sarebbero gli stessi del bronzo, ma con la testa femminile volta a destra anziché a sinistra.

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Litra (?) in AR di ex coll. Imhoof-Blumer, g. 0.80.

Quindi esisterebbe una emissione curata da mercenari Sardi in Sicilia. Resta dubbia la possibilità che essa sia stata curata a Taormina, nonostante le strette affinità con una sua emissione munita dell’etnico.

D’altra parte fonti attestano che mercenari Sardi furono arruolati in Sicilia, nel 480 a-C. da Terillo e Anassilao (Erodoto VII, 165) e ancora nel 395 a.C. (Diodoro XIV, 95).

Non c’è certezza che la leggenda sia ΣΑΡΔΩ (come riportato da Polosa) oppure ΣΑΡΔΩΙ (come in BMC). Se è la prima scritta, essa rimanderebbe alla Sardegna, come, secondo tradizione, moglie di Tirreno, emigrata dalla Lidia all’isola alla quale diede il nome.

Resta da spiegare il grappolo d’uva, che stranamente riconduce anche alla tipologia già adottata dai Serdaioi.

Il Piras (Le monete antiche della Sardegna, Sassari 1996, p. 288) sostiene di avere rintracciato anche altri 7 esemplari della stessa serie in bronzo, appartenenti a una collezione privata, di provenienza sarda. Se è vera questa affermazione, esisterebbero due aree di circolazione, una in Sicilia occidentale e una in Sardegna. Questa eventualità non dovrebbe sorprendere visti gli stretti rapporti fra le due isole, mediati dalla presenza cartaginese (anche molte emissioni puniche di bronzo circolarono sia in Sardegna sia in Sicilia). In ogni caso, la presenza di una litra d'argento, se vera, attesterebbe una emissione di origine siciliana.

Spero di avere qualche conferma da forumisti sardi…..

Modificato da acraf
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Grandissimo Alberto, come sempre. E i miei complimenti vanno aldilà dell'amicizia, come ben sai.

Pregevole la parte linguistica in cui viene esplicitato che non trattasi di M, ma di S, come notabile anche nelle prime serie incuse di Poseidonia.

Dovrebbe essere scontato. Ma credi che tutti l'abbiano capito? Hai fatto bene a puntualizzarlo.

Vincenzo.

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(….) La Tusa Cutroni ha messo in evidenza che i bronzi con ΣΑΡΔΩ (come il pezzo BMC 12) non vanno confusi con quelli che recano TAYPOMENITAN (come il pezzo NAC) e che i primi sono stati rinvenuti quasi esclusivamente nella zona occidentale dell'isola, verso il territorio di Palermo. E' noto un unico ritrovamento attestato, in contrada Mascalà (presso Carini, PA). Altri due pezzi sono stati rinvenuti a Roma durante lavori di sistemazione dell'alveo del Tevere e di costruzione degli argini del lungotevere.

A questi esemplari in bronzo si dovrebbe aggiungere un pezzo unico in argento, che si troverebbe a Berlino in quanto apparteneva alla famosa collezione Imhof Blumer, il quale l'aveva acquistato da Fischer a Palermo. Esso era definito diobolo, ma pesa 0,80 g e quindi dovrebbe essere una litra. Di questo pezzo non si hanno ancora notizie. Cercherò di informarmi a Berlino. I tipi sarebbero gli stessi del bronzo, ma con la testa femminile volta a destra anziché a sinistra.

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Litra (?) in AR di ex coll. Imhoof-Blumer, g. 0.80.

Quindi esisterebbe una emissione curata da mercenari Sardi in Sicilia. Resta dubbia la possibilità che essa sia stata curata a Taormina, nonostante le strette affinità con una sua emissione munita dell'etnico.

D'altra parte fonti attestano che mercenari Sardi furono arruolati in Sicilia, nel 480 a-C. da Terillo e Anassilao (Erodoto VII, 165) e ancora nel 395 a.C. (Diodoro XIV, 95).

Non c'è certezza che la leggenda sia ΣΑΡΔΩ (come riportato da Polosa) oppure ΣΑΡΔΩΙ (come in BMC). Se è la prima scritta, essa rimanderebbe alla Sardegna, come, secondo tradizione, moglie di Tirreno, emigrata dalla Lidia all'isola alla quale diede il nome.

Resta da spiegare il grappolo d'uva, che stranamente riconduce anche alla tipologia già adottata dai Serdaioi.

Il Piras (Le monete antiche della Sardegna, Sassari 1996, p. 288) sostiene di avere rintracciato anche altri 7 esemplari della stessa serie in bronzo, appartenenti a una collezione privata, di provenienza sarda. Se è vera questa affermazione, esisterebbero due aree di circolazione, una in Sicilia occidentale e una in Sardegna. Questa eventualità non dovrebbe sorprendere visti gli stretti rapporti fra le due isole, mediati dalla presenza cartaginese (anche molte emissioni puniche di bronzo circolarono sia in Sardegna sia in Sicilia). In ogni caso, la presenza di una litra d'argento, se vera, attesterebbe una emissione di origine siciliana. (…)

Carissimo Acraf, complimenti vivissimi per questa ulteriore (eh…., ci stai decisamente viziando :rolleyes: ) dotta e nel contempo (come giustamente sottolineato pure da Dareios) fluidissima ... disamina!!!

Data la mia passione per mikrà kermata e affini …, desidererei tornare su questo assai interessante "unicum": l'enigmatica litra a leggenda ΣΑΡΔΩ / ΣΑΡΔΩΙ.

Innanzitutto riprenderei il cenno presente in A. Cutroni Tusa (Mercenari Sardi in Sicilia) che citando a Pag 356 S. CALDERONE - Sybaris e i Serdaioi, Helikon, III, 1963, 219-258 – scrive:

"Il Calderone alla serie d'argento a leggenda MER della fine del VI-inizi del V sec. a. C. accostava una serie frazionaria d'argento di IV sec. a. C., a leggenda ΣΑΡΔΩ, affiancata da due nominali di bronzo di tipologia affine ….."

E ancora a Pag 357-8: "Accantonata definitivamente la tesi siceliota per le serie in argento, resta ora il problema dell'attribuzione del bronzo di IV sec. a. C. a leggenda ΣΑΡΔΩ, di cui si era occupato il Calderone che, come ho ricordato prima, aveva considerato: a) una emissione in argento rappresentata da una litra di g 0,80 con testa femminile a d. con lunghi capelli, collana, tiara e leggenda ΣΑΡΔΩ al dritto-grappolo d'uva al rov. (Calderone 234,1); b) una emissione in bronzo (g 4,84 /4,19) con la stessa leggenda, ma retrograda e con testa femminile a sin. coperta dal polos al dritto grappolo d'uva con due foglie al rov. (Calderone 234, 2); c) una emissione in bronzo (g 2,90/2,10) con testa femminile a sin. Con lunghi capelli al dritto-grappolo d'uva con foglie al rov. (Calderone 234,3). Della serie in argento non ho trovato riscontro non avendo potuto effettuare un controllo attraverso i riferimenti bibliografici del Calderone. …."

Mi son stupita di non aver trovato alcun riferimento a quanto in precedenza scritto da G. Manganaro proprio a riguardo di questa ineffabile litra… Mi sbaglio??? :unsure: Magari compare invece in POLOSA? Che ne dici Acraf?

Giacomo Manganaro nel suo saggio del 1998 "Homonoia dei Kimissaioi, Eunomia dei Geloi e la ninfa (termitana) Sardó'" , a riscontro delle due litrai con le Personificazioni "politiche" Homonoia ed Eunomia rispettivamente di Kimissa e Gela (vedi anche alcuni miei post su Obolichepassione) - come riferimento bibliografico cita ROBERT L., 1969, Laodicée du Lycos. Le Nymphée - illustra anche una terza litra d'argento di g. 0.80, edita da Fr. Imhoof-Blumer, la quale presenta appunto al D/ una testa femminile volta a destra con lunghi capelli, collana e tiara o basso polos, davanti al profilo la leggenda in senso orario ΣΑΡΔΩ, e al R/ un grappolo d'uva con pampino a sinistra. Come referenza riporta in nota 32: Berl. Blätter fiir Munz-Siegel- und-Wappenkunde, 5, 1870, 59 Tav. LIV 16 (Tauromenion!)-

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Continua riportando (Fig. 10) la foto di un secondo esemplare di 0.62g, simile ma di conii diversi e leggenda poco perspicua, da lui visionato da un "benevolo collezionista italo-svizzero" (in cui sembrerebbe non difficile ravvisare la figura del Dr. Athos Moretti, grande collezionista di mikrà kermata… Mi sbaglio??? Ti risulta Acraf??).

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Il Manganaro passa poi ad esaminare le emissioni in bronzo con testa a sinistra, preceduta in qualche esemplare dalla leggenda in senso antiorario ΣΑΡΔΩI (fig11), ovvero ΣΑΡΔΩ (fig 12), nonché alcuni tra i numerosi esemplari anepigrafi, per cui rimanda in nota 33 a Gabrici, BMC Sicily e Calciati CNS III.

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(…) Non c'è certezza che la leggenda sia ΣΑΡΔΩ (come riportato da Polosa) oppure ΣΑΡΔΩΙ (come in BMC). Se è la prima scritta, essa rimanderebbe alla Sardegna, come, secondo tradizione, moglie di Tirreno, emigrata dalla Lidia all'isola alla quale diede il nome. (…)

Proprio a riguardo della duplice leggenda ΣΑΡΔΩ / ΣΑΡΔΩΙ, sempre in nota 33 il Manganaro osserva come le terminazioni in -ώi / -ώ siano ambedue al nominativo femminile (cfr JNG 33, 1983, 17 n.61). Come epigrafista il Manganaro rigetta come assurda l'interpretazione di G.F.Hill, Coins of anc.Sicily, 1903, 200 s., che si tratti di dedica al dativo di un maschile Σαρδος.

Anche il Manganaro, inoltre, confuta l'accreditata (da Imhoof-Blumer, al Gabrici, BMC, al Calciati) attribuzione di questi esemplari a Tauromenion, già esclusa da S.Calderone 1963,

- sottolineando come l'area di circolazione e di raccolta si trovasse nella Sicilia nord-occidentale e centrale (nota35)

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- sostenendone inoltre le somiglianze tipologiche con emissioni di Thermai e di Panormos. Esprime infine il sospetto che le emissioni tipo Sardò abbiano circolato prevalentemente in area terminana, riportando a sostegno l'ipotesi di C.Boehringer (in "Himera im IV. Jahrhundert v. Chr. – 1989- Kraay - Mørkholm Essays.") secondo cui nel IV secolo aC sia Himera, ricostituitasi in età dionea-timoleontea (vedi le brevi emissioni di litre con l'antica leggenda IMERAION con Kronos/fulmen e Herakles/Promachos, sia Thermai (litre con testa di Hera/Herakles seduto, qualcuna destinata come "aristeion per militari" assunsero un ruolo monetale "complementare" per ambedue anche se per breve la prima.

E' doveroso sottolineare che la sopravvivenza nel IV sec. aC. della città di Himera viene dettagliatamente confutata (alla luce anche delle recenti scoperte archeologiche) da A.Cutroni Tusa in "Himera tra Realtà e Immaginazione - 2003" (parzialmente online qui). Sulle due serie di litre citate - Kronos/fulmen e Herakles/Promachos - il dibattito è tuttora apertissimo, e come già espresso da Acraf, vale davvero la pena di tornarci appena possibile… (Ricordiamo inoltre con rammarico i molti passaggi in aste online di "riproduzioni moderne" di queste stesse litrae…, come ad esempio sottolineato qui dall'eccellente Skubydu).

Il Manganaro dunque non accoglie l'ipotesi di un richiamo alla Sardegna, tantomeno il collegamento con un centro della Magna Grecia o con i Serdaioi.

ΣΑΡΔΩΙ: Chi era Costei dunque ???

(continua... ;))

Valeria

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ΣΑΡΔΩΙ: Chi era Costei???

Per il Manganaro, era chiamata ΣΑΡΔΩΙ la Ninfa di una fontana, con la quale era connesso il simbolo dell'uva (grappolo al R/ delle monete). Su monete di bronzo di Tieion (Bitinia), emesse sotto Antonino Pio ed Elagabalo, lo stesso nome è riferito ad una Ninfa (che era stata scambiata anche per un fiume): cfr. in Louis Robert, A travers l&Asie Mineure- École française d'Athènes – 1980. Il richiamo a ΣΑΡΔΩ di Tieion intesa correttamente come Ninfa, anche in Calderone, art.citato, 234.

In Bitinia ΣΑΡΔΩΙ è parso "nome indigeno": il Manganaro si interroga quindi se altrettanto si possa ipotizzare per la Ninfa menzionata sulla Litra e sulle simili monete di bronzo siceliote.

Se queste sono veramente da riferire all'area imerese-termitana, in cui fioriva l'antico culto delle Ninfe connesso ad Herakles documentato in Diodoro Siculo, ΣΑΡΔΩΙ potrebbe designare una delle tre ninfe effigiate sul R/ di un bronzo del III sec.aC. di Thermai, e precisamente quella di sinistra che regge un grappolo d'uva, particolare corrispondente al tipo del R/ delle emissioni con leggenda ΣΑΡΔΩΙ.

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(…) Resta da spiegare il grappolo d'uva, che stranamente riconduce anche alla tipologia già adottata dai Serdaioi. (…)

Il grappolo d'uva - sempre secondo il Manganaro - evoca un rito dionisiaco nel quale risultano coinvolte anche le Ninfe: in un passo di Timeo si legge "essere costume in Sicilia sacrificare nelle case alle Ninfe e vegliare ubriachi intorno alle loro statue e danzare intorno alle dee" (FGrHist, 566 F 32 in Athen. 250 a).

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Il Manganaro richiama a tale proposito questo bronzo siceliota attribuito dubitativamente a Thermai, con al D/ una testa femminile con cornetti (mi ricorda tanto un'altra Ninfa di fontana sull'ammaliante litra di Selinunte "Ninfa che nutre il serpente"… :P) e al R/ Pan che suona il flauto e danza davanti a tre statue di Ninfe con polos sul capo. Riporto qui un esemplare recente da acsearch.info.

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Ricordo infine brevemente come le Ninfe, signore dell'elemento acquatico benefico e fecondo, siano fortemente connesse anche a Dionysos (e alla sua... "falange cornuta").

Il legame di Dioniso con l'elemento acquatico - sovente sottolineato dalle fonti classiche -, risulta uno dei tratti salienti di Dionysos stesso, insieme al tauromorfismo. Vedi un esauriente excursus in A. Locchi (Le corna di Dionysos e il politeismo greco), che sottolinea pure come tale linea interpretativa risulti condivisa anche da Jane E. Harrison (Prolegomena to the Study of Greek Religion) la quale sottolinea tale ulteriore caratteristica di Dionysos quale "signore dell'elemento umido", qualifica di certo non antitetica rispetto al ruolo attribuitogli di promotore della crescita delle piante, in primis l'uva e l'edera.... Il tutto concorrerebbe quindi a rafforzare un'idea di base della fecondità, alla quale sono correlate altre nozioni quali l'aspetto acquatico, la fertilità umana, il legame con la sfera delle decisioni politiche, concetti tutti che si potrebbero ravvisare pure nell'effige della Ninfa ΣΑΡΔΩ, quale protettrice del territorio, sul D/ della litra.

Che ne pensate?

Valeria

Modificato da medusa
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Desidero ringraziare vivamente Acraf per aver esposto in modo chiaro e sintetico il recente studio sulle monete dei Serdaioi, che nel corso degli anni hanno posto non pochi problemi sia relativi all’identificazione dei misteriosi “SER/SERD” sia soprattutto di ordine cronologico.

Ed è proprio in merito alla datazione di queste monete che vorrei fare qualche rilievo. Brousseau fissa i termini cronologici tra il 510 e il 490 a.C. sulla base di argomentazioni : a) di natura tecnica b) iconografico-stilistiche.

L’A. prende in considerazione, tra gli altri elementi, il partito decorativo dei bordi monetali, affermando (p. 272) che il contorno perlinato entro duplice circolo lineare, che compare al D/ degli stateri dei Serdaioi, è piuttosto frequente sul D/di numerose emissioni incuse magnogreche ma alquanto raro al R/. Gli unici casi registrati dall’A. riguardano uno statere di Sibari (classe “L”) ed un incuso di Crotone definito “a tondello medio” appartenente alla serie con simbolo del granchio, collocati dall’A. alla fine del VI sec. a.C.

Prescindendo dall’esatta datazione dello statere sibarita della classe “L” (con simbolo del ramo d’alloro) che resta ancora “aperta”, in quanto si trattasi di un unicum (Luynes 554, mm. 25+) variamente collocato prima e dopo la caduta di Sibari (Bicknell, Spagnoli, Barritta-Carroccio),va rilevato che l’ incuso di Crotone considerato dall’A. e riprodotto a p. 273 (fig. 26) non è di modulo “medio” bensì ancora “largo” (mm 27-26), come si evince da esemplari battuti dalla stessa coppia di coni (vedi ad es. SNG ANS III.1, 243; Hess-Leu 24, 1959, 36 ; M&M AG 584, 1995, 12). Tale modulo, pertanto, non risulta affatto coincidente – e quindi confrontabile – con quello degli stateri dei Serdaioi (ca. mm 24). Se proprio si volesse operare un confronto con i coni di Crotone basato sul dato metrico, esso andrebbe ricercato nel momento immediatamente successivo all’inizio della fase incusa a tondello medio (ess. del tipo SNG Oxford, 1466 ; CNG, MbS 60, 22/5/2002, n. 103), collocabile post 500 a.C. E neppure stringente risulta il confronto tecnico con le prime emissioni a doppio rilievo di Taranto battute verso il 500 (R/ ippocampo ; gruppo 2 Fischer-Bossert : 500-490), che contrariamente a quanto affermato dall’A. (p. 272), non presentano un modulo di 23-26 mm., ma inferiore (ca. 23-19 mm. Peraltro dal punto di vista metodologico sarebbe buona norma operare una distinzione tra modulo del flan (tondello) e modulo del conio, che – soprattutto nel caso degli incusi – non sempre appaiono coincidenti).

D'altra parte la datazione “alta” (510) degli esemplari a legg. “SER” non appare convincente proprio per motivi tecnici: quale zecca magnogreca infatti emette monete a doppio rilievo prima della fine del VI secolo? Crotone e Metaponto certamente no, Caulonia e Poseidonia adottano la tecnica a doppio rilievo negli anni Settanta del V secolo. Perfino a Taranto, dove tale tecnica sembra trovare “precoce” adozione dopo la breve esperienza incusa, essa risulta attestata non prima dell’inizio del V secolo (gruppo 2 Fischer-Bossert : 500-490 a.C. se non dopo, come proposto da Garraffo). Tali argomentazioni, pur rilevate dall’A. (p. 271), sono giudicate non decisive, mentre si enfatizzano le succitate argomentazioni di natura prevalentemente tecnica (bordo, modulo dei tondelli). Lo stesso confronto con l’emissione incusa (Tripode/ toro incuso) a nome di Crotone e Sibari e con quella a doppio rilievo Sibari-Laos invocata da Brousseau (p. 272) è pertinente se si considera il modulo, ma non la tecnica, che specialmente nel secondo caso rimanda agli inizi del V secolo.

Sarebbe forse preferibile, sulla base di queste e di altre argomentazioni, su cui mi riservo di tornare in altra sede, datare le monete dei “misterosi” Serdaioi all’inizio del V sec. a.C. piuttosto che alla fine del VI.

Un ultima considerazione, infine, sul famoso trattato tra Sibariti e Serdaioi discusso dall’A. alle pp. 275-77. Su documento epigrafico è tornato in anni recenti M. Lombardo con un interessante contributo - ignorato da Brousseau - che sulla base di argomentazioni storiche e archeologiche data il documento in epoca posteriore alla caduta di Sibari (510 a.C.). V. in proposito M. Lombardo , Il trattato fra i Sibariti e i Serdaioi: problemi di cronologia e di inquadramento storico, in Studi di Antichità, 12, 2008, pp. 49-60 (ora anche in G. De Sensi Sestito (cur.), La Calabria tirrenica nell’antichità. Nuovi documenti e problematiche storiche, Atti del Convegno, Rende – 23-25 novembre 2000, Soveria Mannelli 2008, pp. 219-32).

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A Medusa

Ringrazio vivamente per l'excursus sulla ninfa e soprattutto per il pertinente riferimento a Manganaro. Le sue argomentazioni, basate anche sulla sua notevole esperienza come epigrafista (era docente di Epigrafia Greca all'Università di Messina), sono "robuste" e depone a favore dell'ipotesi dell'identificazione di una particolare ninfa con l'attributo del grappolo d'uva e quindi intimamente connessa con il culto dionisiaco. Il bronzo di Thermai da te postato con le tre ninfe mostra chiaramente che la ninfa a sinistra reca un grappolo e che la scena abbia carattere dionisiaco è dimostrato dall'altro bronzo ove compare anche il dio Pan danzante davanti alle ninfe e sappiamo bene i legami tra Pan e Dionisio.

Tuttavia bisogna rilevare anche un altro dettaglio, che mi sembra piuttosto trascurato. Il bronzo con ΣΑΡΔΩ (oppure ΣΑΡΔΩΙ) reca costantemente, sia nel bronzo che nella rarissima litra in argento, il polos sopra la testa femminile. Il polos è un copricapo di forma cilindrica che caratterizza fin da tempi molto antichi l'iconografia di dee madri e, in epoca classica, normalmente designava la dea Hera, moglie e sorella maggiore di Zeus, una divinità molto antica. Tale copricapo si riscontra anche nelle monete di Thermai, come le seguenti (e una reca la misteriosa iscrizione ΙΝΑΓ).

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Quindi da un lato abbiamo uno stretto legame tra le emissioni con nome ΣΑΡΔΩ e quelle di Thermai e dall'altro una maggiore complessità del personaggio ivi raffigurato. Probabilmente la ninfa aveva assunto anche una valenza legata alla maternità (non dimentichiamo che Hera era anche la dea del matrimonio e della maternità). In ogni caso il rinvenimento di queste monete si riconduce alla Sicilia occidentale e non a quella orientale (Tauromenion) e quindi appare ragionevole supporre una emissione locale in qualche misura connessa con Thermai. Ovviamente il problema non può essere disgiunto da quello di definire meglio la monetazione di Thermai, che presenta non pochi aspetti ancora da chiarire (e spero di poter impostare una nuova discussione su questa zecca partendo dalla traduzione del famoso e discusso studio di Boehringer su questa zecca, traduzione che ho fatto io con molta pazienza questa estate e quindi di minore qualità di quella du Katana, in altra sede).

A Dracma

Mi complimento vivamente per la notevole competenza dimostrata. Volutamente sono stato molto sintetico sull'aspetto cronologico e ho riportato anche la datazione proposta invece sull'Historia Numorum. Infatti non ero molto convinto delle deduzioni, un pò superficiali, di Brousseau per una datazione così alta (è stato un tipico "esercizio" di accademici). Il discorso sugli stateri incusi è piuttosto complesso e ti ringrazio per l'ottima sintesi. Io personalmente preferisco una datazione intorno al 490 a.C.

Ovviamente questo implica anche una rilettura del famoso trattato di Olimpia (ti ringrazio per la segnalazione del lavoro di Lombardo, che non conoscevo e che provvederò a procurarmi) in un contesto storico più puntuale. In altre parole, che senso aveva creare la moneta a nome dei Serdaioi, appunto all'inizio del V secolo a.C., se intanto i Sibariti (ovviamente i profughi dopo la distruzione della loro città) avevano già iniziato a colonizzare probabilmente nel loro territorio. Non dimentichiamo che le prime monete a nome di Laus erano stateri incusi, normalmente datati a 510-500 a.C.

Una possibile spiegazione è i Serdaioi erano situati sulla costa un pò più in basso, verso il Bruttium, e il loro territorio non era ancora appunto colonizzato, ma sempre utile a una penetrazione sibarita e poseidoniate. E' possibile che essendo situati su un tratto costiero dell'attuale Calabria erano in contatto anche con Naxos. Contrariamente a Brousseau, non nego una possibile influenza da parte di Naxos (la cui dracma è di poco anteriore) e la presenza del pinakoi di Locri, con innegabili affinità artistiche e tipologiche, riconduce a un territorio più bruzio che lucano, a sud di Laus.

Modificato da acraf
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e la presenza del pinakoi di Locri, con innegabili affinità artistiche e tipologiche, riconduce a un territorio più bruzio che lucano, a sud di Laus.

Penso che l'elemento il più importante per la localizsazione dei Serdaioi è la presenza della città di Poseidonia nel trattato. Questo è molto importante e Poseidonia è verosimilmente il proxenos perché la città non è lontana dei Serdaioi.

Lo stile delle monete dei Serdaioi e quelle di Poseidonia è rilievato nell'articolo di Brousseau. In particolare, l'uso dell'emiobolo, raro a quest'epoca.

La datazione dei monete c. 510-490 è anché coerente con la datazione del trattato post 510.

Polygnote

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Concordo pienamente con Acraf sulla probabile revisione cronologica del trattato di Olimpia, che sarebbe meglio datare dopo la disfatta di Sibari o nel decennio successivo, epoca in cui, come sottolinea M. Lombardo, meglio si inquadrerebbe la volontà dei Sibariti e dei loro alleati di stringere una philia con i Serdaioi, nel cui territorio (la valle del Noce secondo La Torre) si accingevano probabilmente ad insediarsi. Non si può pertanto escludere l’ipotesi che la diaspora seguita alla sconfitta del 510 abbia determinato lo stanziamento dei Sibariti all’interno di nuovi comparti territoriali della Calabria tirrenica dove erano già presenti comunità allogene, come appunto i Serdaioi (peraltro sappiamo da Erodoto, V, 21 che nel 494 a.C. i Sibariti abitavano Laos e Scidro).

Che il trattato rifletta la stessa fondazione di Laos, come suggerisce E. Greco, è certamente un’ipotesi plausibile, riproposta anche di recente. Ma cosa avrebbe potuto spingere i Sibariti a stringere un patto d’amicizia con una sparuta comunità enotria (i Serdaioi), chiamando addirittura in causa Poseidonia? A tal proposito desta interesse l’ipotesi di La Torre, che identifica i Subaritai dell'iscrizione con gli esuli, i quali con stipula del trattato avrebbero ottenuto dai Serdaioi la porzione di territorio sulla quale fondare Laos e Scidro con la “garanzia” di Poseidonia, “rimasta la principale potenza greca nello scacchiere tirrenico tra il Sele e il Lao” (La Torre, p. 174). Il riconoscimento dei Serdaioi come identità etnico-politica è peraltro ben evidente: le monete hanno tipi e leggende autonomi (Dioniso/grappolo d’uva) e a Sibari non interessa esercitare forme di dominio, bensì ottenere un territorio dove potersi ricostituire come identità politica e probabilmente anche militare. In cambio, come afferma La Torre (p. 178), i Serdaioi ottenevano visibilità (monete con proprio etnico) e prestigio internazionale (trattato di Olimpia). Tutto ciò ovviamente ci porta ad un’altra importante e dibattuta questione: l’inizio della monetazione di Laos.

La sistemazione delle emissioni laine operata da Sternberg (1. serie incusa con toro androprosopo; 2. serie a doppio rilievo con Tripode,MV/Toro, LAF; 3. serie a doppio rilievo con tipi autonomi) e seguita da Rutter (HN, p. 177) è stata rivisitata da M. Bugno, che ha anteposto la serie 2 alla 1 per motivazioni sostanzialmente storiche ma al contempo alquanto opinabili in quanto a) potrebbe essere la cronologia della serie incusa a slittare senza bisogno di sovvertire la successione b) la serie 2, in quanto rappresentata da pochi stateri tratti tutti dalla stessa coppia di coni, e pertanto occasionale, potrebbe anche non essere stata battuta a Laos e invece inserirsi nelle vicende relazionali di Crotone post 510. Non a caso è Crotone che impone il tipo del D/ (tripode), relegando il toro (di evidente matrice sibarita) e la leggenda di Laos al R/. Tuttavia la questione è molto complessa e necessiterebbe di uno studio approfondito.

In ogni caso se il trattato di Olimpia si pone dopo il 510 e se in esso è riassunta la fondazione di Laos, non è improbabile che anche la cronologia iniziale tradizionalmente proposta per le prime monete laine (ca. 510) possa essere suscettibile di un lieve slittamento.

Riferimenti bibliografici

  • M. Lombardo, Il trattato fra i Sibariti e i Serdaioi: problemi di cronologia e di inquadramento storico, in Studi di Antichità, 12, 2008, pp. 49-60 (ora anche in G. De Sensi Sestito (cur.), La Calabria tirrenica nell’antichità. Nuovi documenti e problematiche storiche, Atti del Convegno, Rende – 23-25 novembre 2000, Soveria Mannelli 2008, pp. 219-32).
  • M. Bugno, La cronologia dei primi incusi di Laos in Magna Grecia, in M. Bugno – C. Masseria (curr.), Il mondo enotrio tra VI e V sec. a.C. (Atti dei seminari napoletani 1996-1998), Napoli 2001, pp. 145-147.
  • G.F. La Torre, Il mondo enotrio di VI e V secolo a.C., ibidem, pp. 29-75.
  • Id., Alla periferia dell’impero di Sibari, in G. De Sensi Sestito (cur.), La Calabria tirrenica nell’antichità, cit., pp. 115-218, part. pp. 173-179.
  • E. Greco, Serdaioi, in AION(archeol), 12, 1990, pp. 39-57.
  • N.K. Rutter, Historia Numorum. Italy, London 2001
  • H.R. Sternberg, Die Silberprägung von Laos ca. 510-440 v. Chr., in ACIN, 8 (New York-Washington 1973), Paris-Bâle 1976, pp. 143-162.
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Complimenti ad Acraf ed a Medusa...ed anche a tutti gli altri utenti che hanno avuto la cortesia, la cultura e la disponibilità per aggiungere utili arricchimenti.

Rammento anche qui, come Medusa ha avuto la cortesia di fare dall'altra parte...che iniziammo a parlare di questo tema anche in Oboli che passione... Potrebbe essere utile inserire anche qui il link di quella pagine per opportuna completezza.

Vuoi occupartene tu Valeria, che conosci meglio di me quella discussione?

:)

In seguito a quella pagina postata su Oboli... raccolsi materiale per un pprofondimento da postare però qui in Magnagrecia che è strettamente competente...alla luce di quanto sappiamo. Preso poi da mille altri argomenti...non ho sviluppato il materiale raccolto.

Ci darò un'occhiata...l'argomento è tra i più stimolanti con riferimento alla monetazione della fine VI secolo.

Un salutissimo a tutti.

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Grazie alla preziosa segnalazione di Dracma, ho reperito il lavoro di Lombardo sul trattato di Olimpia.

Devo premettere che su questo trattato esiste una notevole bibliografia e quindi posso comprendere che Brousseau abbia trascurato questo riferimento, che però si rivela essere interessante e anche molto equilibrato nelle conclusioni.

In pratica Lombardo si inserisce e sviluppa una ipotesi già adombrata da Greco, partendo anche dalla constatazione che l'iscrizione achea del trattato non può essere così antica, in pieno VI secolo a.C., come sostenuto dai primi studiosi. La forma di alcune lettere, in particolare l'epsilon non caudato e con le sbarrette orizzontali, il theta col puntino al centro e il xi a croce ortogonale, rinviano a un orizzonte non anteriore agli ultimi decenni del VI secolo a.C., dubitativamente almeno dopo il 530 a.C. Lombardo ritiene più verosimile una datazione di fine VI secolo - inizio V secolo a.C.

Quindi siamo di fronte a un episodio successivo alla caduta di Sibari, del 510 a.C.

Una importante premessa. Esistono diverse fonti letterarie che attestano come i Sibariti abbiano conservato il proprio nome anche dopo la fine della loro città (e ci sono monete a loro nome che appartengono al V secolo e per questo definite di II e III Sibari) e quindi nulla impedisce che nel trattato loro abbiano mantenuto il proprio nome anche dopo il 510 a.C.

Esiste probabilmente uno stretto collegamento fra la stipula di questo accordo tra Sibariti e Serdaioi (visti come una comunità etnico-territoriale "enotria" che occupava e controllava il comprensorio comprendente i bacini dei fiumi Lao e Noce) e la fondazione di Laos, su un territorio concesso dai Serdaioi proprio in virtù di quell'accordo, da parte dei profughi sibariti poco dopo il 510 a.C. La presenza di Poseidonia quale testimone o garante è più plausibile in un contesto storico in cui era cessata lesistenza di una Sibari imperiale (come lo era prima del 510 a.C.). Inoltre, pur nella sua brevità, l'accordo stipulato mostra termini particolari (come philotes) e enfatizzati, con l'invocazione a testimoni di Zeus, Apollo e gli altri dei, come anche l'invio di una copia (o di un estratto) da esporre nella stessa Olimpia, che sembrano più compatibili con l'identificazione dei Serdaioi come una comunità indigena del versante tirrenico dell'Italia meridionale, insediata a sud di Poseidonia (e della stessa Velia) e dunque entro l'orizzonte territoriale considerato come quello interessato dall'egemonia politica di Sibari.

Resta da stabilire i reali motivi perché i Sibariti abbiano dato tanta enfasi ad un accordo con questi Serdaioi. Questo è il reale motivo per cui alcuni studiosi hanno insistito a identificare i Serdaioi con i Sardi della Sardegna, con conseguente valutazione del trattato come di un documento di un significativo sviluppo trans-tirrenico delle relazioni politiche, che però è forse più compatibile in una Sibari "imperiale" che in un momento successivo alla sua distruzione. In passato fu proposta la possibile identificazione di questi Serdaioi con un gruppo di profughi di antica stirpe greca, Thespiadai o loro discendenti, provenienti dalla Sardegna e insediatisi "nelle vicinanze di Cuma" (Diodoro V, 15) e quindi entro l'orizzonte territoriale e forse anche politico di Cuma stessa. Il Lombardo è scettico di questa ipotesi in quanto diventa difficile spiegare l'utilizzo del piede monetale acheo e anche della lettera san sibilante all'inizio del V secolo a.C., pure essa di derivazione achea e quindi non molto conciliabile con l'ambiente calcidese cumano.

Per Lombardo resta quindi l'ipotesi di un accordo post-510 a.C. tra Sibariti, assieme ad alcuni dei vecchi alleati (o almeno interessati a presentarsi in questi termini) e Serdaioi dell'area tirernica, presso i quali e forse nel cui territorio i Sibariti si accingevano a insediarsi, con la mediazione di Poseidonia.

D'altra parte ancora nella prima metà del V secolo a.C. i Sibariti non avevano mai cessato di sperare a rispolverare il loro antico splendore, con forse almeno tre successivi tentativi di rifondare la propria città, nel 477/6 a.C., nel 453 a.C. e ancora nel 446 a.C.. Inoltre all'inizio del V secolo a.C. avevano curato anche il restauro del proprio thesaurus a Olimpia, come attestato da scavi archeologici nel cosiddetto "edificio VI" che era appunto destinato ad ospitare il tesoro dei Sibariti.

Visto che ho raccolto abbastanza appunti sulla monetazione e relativo contesto storico dei Serdaioi, spero di trovare tempo per creare una sorta di comoda monografia in formato pdf da inserire a disposizione del forum. Debbo ancora stabilire una corretta impostazione, che in qualche modo ricalca quella ottima di Campana sul suo Corpus Nummorum Antiquae Italiae. Potrebbe essere uno spunto per avviare magari un programma di "sistemazione" delle varie monetazioni greche in Italia e Sicilia, possibilmente col vostro aiuto. Che ve ne pare?

Modificato da acraf
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Sono pienamente d'accordo. Non è una impresa che può fare una sola persona. Bisognerebbe creare una sorta di Comitato con partecipazione anche di associazioni varie e di docenti e di vari studiosi, che poi dovranno mettere mano all'impilazione di dati e informazioni seguendo determinate linee guida.

Sono molto scettico su tali possibilità, specialmente qui in Italia.

Ad esempio l'Historia Nummorum, che è un repertorio molto più sintetico, per l'Italia è stata fatta dal prof. Rutter, che però si è avvalso di un team anche presso il British Museum e alcune università inglesi (infatti il Rutter era solo il principale autore, ultimo responsabile della catalogazione delle varie emissioni in Italia, ma ha usufruito dell'apporto di Michael Crawford per l'Italia nord-est ed Etruria, di Andrew Burnett, Kenneth Jenkins, Ann Johnston, Colin Kraay, Harold Mattingly, Keith Rutter e Roderick Williams per il resto, Italia centrale e meridionale, ognuno in base alle proprie competenze). Per la Siiclia, che è in corso di stesura, ancora il Rutter sarà il "capo" del comitato, affiancato in questo caso da Sir John Morcom, che è segretario della Royal Numismatic Society e buon conoscitore delle monete siciliane, il quale a sua volta si avvarrà dei contatti e collaborazione anche di altri studiosi, come ad esempio Ulla Westermark per Akragas, eccetera. Io stesso sono stato contattato da lui per determinati problemi di catalogazione, ma ho già scoperto che hanno una notevole preparazione, spesso ancora maggiore della mia....

E noi italiani "che stamo a fà...."?

E' il solito problema di sapere coordinare sforzi e competenze, alla faccia del ben noto individualismo italiano....

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Nel post #6 avevo riportato la traduzione dal greco acheo della lamina di bronzo di Olimpia.

Non sono un vero esperto di greco e la mia traduzione era stata piuttosto approssimativa.

Grazie alla pubblicazione di Lombardo, quella citata da Dracma e che prima non conoscevo, posso riportare la sua esatta traduzione (a scanso di equivoci):

TRADUZIONE DELL'ISCRIZIONE SULLA LAMINA

"Si sono accordati i Sibariti e i loro alleati ed i Serdaioi per stringere un patto di amicizia fedele e senza inganno, per sempre; testimoni: Zeus e Apollo e gli altri dei e la città di Poseidonia".

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Sono pienamente d'accordo. Non è una impresa che può fare una sola persona. Bisognerebbe creare una sorta di Comitato con partecipazione anche di associazioni varie e di docenti e di vari studiosi, che poi dovranno mettere mano all'impilazione di dati e informazioni seguendo determinate linee guida.

Sono molto scettico su tali possibilità, specialmente qui in Italia.

Ad esempio l'Historia Nummorum, che è un repertorio molto più sintetico, per l'Italia è stata fatta dal prof. Rutter, che però si è avvalso di un team anche presso il British Museum e alcune università inglesi (infatti il Rutter era solo il principale autore, ultimo responsabile della catalogazione delle varie emissioni in Italia, ma ha usufruito dell'apporto di Michael Crawford per l'Italia nord-est ed Etruria, di Andrew Burnett, Kenneth Jenkins, Ann Johnston, Colin Kraay, Harold Mattingly, Keith Rutter e Roderick Williams per il resto, Italia centrale e meridionale, ognuno in base alle proprie competenze). Per la Siiclia, che è in corso di stesura, ancora il Rutter sarà il "capo" del comitato, affiancato in questo caso da Sir John Morcom, che è segretario della Royal Numismatic Society e buon conoscitore delle monete siciliane, il quale a sua volta si avvarrà dei contatti e collaborazione anche di altri studiosi, come ad esempio Ulla Westermark per Akragas, eccetera. Io stesso sono stato contattato da lui per determinati problemi di catalogazione, ma ho già scoperto che hanno una notevole preparazione, spesso ancora maggiore della mia....

E noi italiani "che stamo a fà...."?

E' il solito problema di sapere coordinare sforzi e competenze, alla faccia del ben noto individualismo italiano....

Ottima idea. Un responsabile per ogni regione, vi consiglierei.

Mi permetto solo di puntualizzare, che in base a quello scritto dal Rutter, almeno per quanto riguarda la regione apula, che conosco meglio, le monete apule non le ha mai viste.

Si è basato su scritti precedenti, senza, spesso, verificare la fonte.

Spero che per la Sicilia possa fare meglio.

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Ho consultato spesso il volume di Rutter e sul piano prettamente catalogico lo trovo un volume di agevole consultazione e utile per avere un'idea delle varie monetazioni dell'Italia antica. Tuttavia l'impostazione scientifica è opinabile. Le cronologie proposte per le singole emissioni risultano quasi sempre prive di un necessario commento esplicativo, spesso l'esatta denominazione dei nominali non è stata verificata e anche la bibliografia talvolta è incompleta. Mi auguro che il volume sulla Sicilia venga impostato meglio.

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Io non avevo ancora espresso la mia personale opinione sulla qualità dell'opera di Rutter.

Concordo con Dracma. Ai fini di una rapida consultazione, grazie anche a un decente indice, è un'opera molto comoda e anche utile, ma solo per una sorta di semplice inquadramento e introduzione alla produzione monetaria di una determinata zecca.

Però è anche un'opera molto "sintetica" e con una bibliografia ai minimi termini e la sistemazione, anche cronologica, è tavolta opinabile.

Avverto un lavoro fatto essenzialmente sulla compulsazione di vari studi già effettuati e non sempre sulla diretta osservazione del materiale. Spesso uno stesso numero di H.N. corrisponde in realtà a varianti diverse e non fa distinzione ad esempio tra testa volta a destra o a sinistra (come nel caso dei trioboli dei Serdaioi) e non fa un elenco dei vari simboli usati.

Hanno dovuto fare un compromesso, privilegiando una forte sintesi.

Comunque, come già detto, è un'opera utile e comoda per iniziare uno studio e costituisce appunto un buon punto di partenza, ma un vero Repertorio dovrebbe essere almeno un poco più analitico.

Una buona impostazione è ad esempio quella offerta dalla Roman Provincial Coinage (RPC), con potente corredo fotografico, ma anche questa è una grossa opera frutto della collaborazione dei maggiori studiosi e curatori dei principali medaglieri internazionali.

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