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IGNORED

Nero Claudius Drusus Germanicus


Caio Ottavio

Risposte migliori

PARTE PRIMA - IL BALUARDO DELLA ROMANITA'

<<Muovetevi scansafatiche! Voglio quelle baliste in posizione entro oggi!>>

<<Lì, quelle munizioni! Avanti!>>

<<Cosa succede, signore? Mi avete mandato a chiamare?>> L'optio si irrigidì appena arrivò alla postazione, salutando il superiore.

<<Sì, Plauto.>> rispose il centurione, smettendo per un attimo di sbraitare ordini alla massa di armati che manovrava intorno alle macchine << Il legato ha stanato l'ultimo gruppo di quei selvaggi. Ha ordinato un attacco decisivo e il nostro compito è quello di coprire l'avanzata della fanteria>>. spiegò Rutilio con la solita calma che lo prendeva sempre prima di una battaglia.

<<Finiamo di mettere a punto un altro paio di particolari e procediamo>> concluse.

Anche se il sole si iniziava a salire in un freddo cielo plumbeo, l'aria non accennava minimamente a divenire più mite: l'alito degli uomini si condensava in piccole nuvolette di vapore che uscivano dalle bocche e dai nasi quando si effettuavano sforzi o si respirava semplicemente. Il tintinnio delle armi ricopriva ogni altro rumore e nella postazione dell'artiglieria sotto il comando del centurione Quinto Rutilio ferveva un'incredibile attività.

<<Bene, signore.>> L'optio si congedò sapendo cosa doveva fare.

L'ufficiale era felice di avere un sottoposto così abile nonostante la sua giovane età. Sarebbe diventato un ottimo elemento, quel Plauto, un giorno. "Forse sarà capace addirittura di prendere il mio posto" pensò tra sè il centurione. Sorrise senza darlo a vedere, soffiò un po' nelle mani chiuse a pugno nel vano tentativo di scaldarsi:<<A destra quei bracci! Servono per quelle macchine!>> Imbracciò il bastone di vitigno e scese lungo una breve collinetta da cui si dominava tutta l'ampia vallata verdeggiante sottostante. Nonostante fosse ricoperta di nebbia, Rutilio sapeva che il legato aveva scelto bene: quello era il posto migliore per affrontare l'ultimo gruppo di barbari. Ciò che rimaneva di una potente e pericolsa orda di Rezi e Vindelici. La loro fama di guerrieri impavidi e coraggiosi sarebbe caduta una volta per tutte all'ombra di quegli alti monti severi che incorniciavano la Provincia. Un ghigno di soddisfazione si dipinse sul volto rigoso del centurione che si infilò i pollici nel centurione. "Gliela faremo vedere a questi selvaggi, gliela faremo vedere".

Nè la nebbia nè il freddo accennavano a scomparire. Fortunatamente qualche raggio di sole aveva penetrato le nubi nel cielo terso riscaldando almeno l'animo teso degli addetti alle baliste.

<<Tutte le macchine sono montate, gli artiglieri in posizione e le munizioni sono state ripartite, signore>> L'optio era ritornato al fianco del centurione ammirando con occhio esperto i macchinari e gli uomini immobili sotto di lui. Appena sarebbero entrati in azione avrebbero dovuto fare più vittime possibili anche perchè il nemico non si aspettava una copertura così ben congeniata.

<<A che distanza sono le coorti di fanteria?>> chiese all'improvviso Rutilio.

<<Arriveranno tra qualche ora, signore. I legionari del legato Claudio Druso hanno ricevuto rinforzi da parte dei reparti di suo fratello, Tiberio>>. L'optio sembrava rassicurato da quella notizia.

La maggior parte degli uomini era sempre poco sicura prima di una battaglia: questa volta non facevano eccezione neanche i suoi uomini, notò Rutilio vedendo alcuni legionari spostare il peso del corpo da un piede all'altro a causa del nervosismo.

<<Benissimo, Plauto. Intanto prendi un paio di uomini con l'ordine di avvisarci quando dovremo iniziare. Capito?>>

<<Sì, signore>>

<<Io mi occuperò degli artiglieri>>

<<Bene, signore. E' tutto?>>

<<Sì, vai ora>>

Plauto scattò sull'attenti, rigido come sempre e poi trotterellò via per eseguire gli ordini. Rutilio si avvicinò ai responsabili dei gruppi di legionari radunati intorno ad ogni balista: parlava con loro, gli dava le ultime istruzioni, chimanadoli per nome e battendo loro un'amichevole pacca sulla spalla provocando il consueto rumore di ferraglia quando il palmo della mano impattava con la cotta di maglia. Continuava promettendo onori e promozioni ai vincitori dello scontro imminente e facendo pregustare ai sottoposti le decorazioni che tanto bramavano di stringere al petto con orgoglio. Passò in rassegna quasi tutte le postazioni quando, improvvisamente, vide venire verso di lui un legionario disarmato a passo svelto che gli si fermò a pochi palmi dal naso salutando militarmente con gran fracasso.

<<Allora?>> Rutilio ignorò quasi il segno di rispetto che gli veniva presentato di consueto.

<<Signore, l'optio mi ha incaricato di avvisarvi che i legionari sono arrivati: il legato Claudio Druso e suo fratello sono giunti al campo e stanno finendo di schierare le coorti nella vallata. Mi ha anche incaricato di dirvi che al suono della prima buccina che udirete dovrete far partire il tiro di copertura>>.

<<C'è altro?>>

<<No, signore>>

<<Congedato!>> Il centurione lo allontanò con un cenno della mano.

La nebbia si era vistosamente diradata ma persisteva nello spazio sottostante. Sarebbe stato difficile distinguere e centrare i nemici tra quei banchi. Ma la sua unità era stata scelta appositamente per quell'incarico: aveva in dotazione le migliori baliste della legione con il personale meglio addestrato ed equipaggiato. "E' tutto nelle nostre mani: Roma ci guarda!" Rutilio raddrizzò la schiena incrociando le mani dientro di essa, si posizionò in un punto dove potesse tenere tutto sotto controllo e poi aspettò il segnale. Sarebbe arrivato da un momento all'altro e questo significava che i Rezi e i Vindelici erano già stati avvistati.

Rutilio non sentiva ancora niente. Ora si era alzato anche un vento fastidioso che non avrebbe giovato minimamente alla comunicazione acustica tra i reparti. Nonostante ciò, continuava a tenersi in allerta per cogliere anche il più piccolo sibilo. Quando arrivò fu improvviso e deciso: il suono, composto da due sole note, secche e prolungate, si diffuse per tutta la vallata infrangendosi, poi, dritto sulle pareti rocciose delle montagne. Non vi erano dubbi: i barbari stavano avanzando e i legionari del legato erano pronti. Ora toccava a lui.

<<Uomini, caricate!>> L'ordine fu ripetuto più volte, iniziando dal suo optio Plauto.

Decine di assi di legno si mossero quasi all'unisono provocando un assordante rumore mentre le matasse si attorcigliavano facendo tendere i bracci di carico delle macchine. Ogni legionario aveva già preso un dardo pesante colla punta acuminata che brillò severa al leggero sole. Mentre veniva posizionata lungo la rampa di lancio un altro addetto si occupava di fissare il meccanismo di lancio ad una corda. I responsabili delle baliste supervisionavano le azioni pronti a ripetere i comandi gridati dai superiori.

Rutilio attese per un attimo, il tempo necessario che tutti gli artiglieri avessero caricato le loro batterie.

<<Tirate!>>

Con un tonfo deciso il meccanismo di lancio fu sbloccato e i bracci furono sbalzati indietro con violenza, fermandosi negli appositi spazi per contenerne l'impeto. Le matasse si allentarono e i dardi partirono con incredibile velocità piantandosi nel terreno verde della valle. I legionari ancora non avanzavano, ma ora sia Rutilio che Plauzio poterono sentire le urla di sfida che i Rezi e i Vindelici lanciavano agli avversari.

<<Quanti saranno, signore?>> Plauto sembrava davvero interessato.

<<Spero abbastanza per i nostri dardi>> Rutilio non distolse lo sguardo concentrato dall'orizzonte incerto.

Gli artiglieri presero nota del lancio appena effettuato per regolare la distanza e la gittata di ogni macchina. Regolarono quelle che ne avevano bisogno, abbassando o alzando i supporti delle baliste.

<<Più precisi sulla sinistra, Cassio!>> Il centurione urlò impietosamente al reponsabile dell'ala sinistra.

Grida. Fracasso di armi. Canti lugubri e incomprensibili per i Romani. Si levarono all'improvviso facendo gelare il sangue nelle giovani vene di Plauto: migliaia di barbari spuntarono dalla nebbia sparpagliati su tutto il pianoro lanciando insulti alle schiere avversarie. Alcuni provocavano i Romani avanzando fino a rientrare nel tiro dei pila dei legionari, mostrando i petti protetti da corte cotte e piastre metalliche. Rutilio vide che nessuno dei soldati di Druso si mosse e tutti rispettarono la propria posizione.

<<Sono sotto tiro, signore>> Lo informò Plauto.

<<Vedo.>> Poi rivolto agli artiglieri:<<Avanti! Tirate senza pietà e abbattete quei cani!>> L'ordine fu appena diffuso che subito i bracci si ritesero, furono caricati e scattarono feroci contro i nemici. I dardi si alzarono in aria raggiungendo il punto più alto della parabola che disegnavano nel cielo. Sembrò che rallentassero per un attimo per poi riprendere ancor più veloci la loro corsa fendendo la nebbia e schiantandosi tra le schiere dei barbari. Alcuni colpi andarono a vuoto e si conficcarono nel terreno o si spezzatono sulle rocce, ma molti altri andarono a segno: alcuni Rezi, che occupavano la parte destra dello schieramento nemico, furono infilzati a due a due, altri furono sbalzati addosso a coloro che li seguivano. Grandi voragini si aprirono anche dalla parte dei Vindelici, ma i barbari sembravano non curarsene e avanzarono correndo verso i ranghi immobili di Druso e Tiberio. Questi, appena visti i nemici urlanti costituire la vera minaccia, ordinarono di serrare i ranghi e prepararsi per subire la carica.

<<Continuate, dannazione! Non è abbastanza: voglio vedere più morti impalati su quei dardi!>> Rutilio era deciso a non sminuire la fama di cui godevano i suoi uomini: li aveva addestrati quasi tutti personalmente, quando era responsabile delle nuove reclute, e si era affezionato ai sopravvissuti che ora si trovavano per l'ennesima volta uniti a fronteggiare la morte assieme.

Nuovo carico, nuovo tonfo, nuove urla di dolore che si andarono a mischiare con quelle di battaglia. Questa volta i vuoti tra i nemici furono maggiori, ma ancora insufficienti: quattro uomini inciamparono su un solo dardo conficcato al suolo e caddero a terra calpestati dai compagni che correvano come furie con gli occhi rabbiosi iniettati di sangue. Lo stesso sangue che iniziava a bagnare l'erba del pianoro rendendola viscida e pericolosa addirittura per i calzari chiodati dei legionari. Centinaia di elmi brillarono sotto un pallido sole e altrettanti pila si alzarono in volo conficcandosi nelle parti scoperte dei corpi dei Rezi e dei Vindelici, spesso rendendo inutilizzabili piccoli scudi e perforando piastre e armature. Le baliste di Rutilio lanciavano dardi senza sosta. Abbattevano quanti più nemici potevano ma questi non si arrestavano. Sembravano diavoli inarrestabili che non avevano nulla da perdere: sarebbero morti comunque, lì o a Roma come prigionieri; tanto valeva cadere con onore impugnando la propria arma nel tentativo, vano peraltro, di opporsi alla più grande superpotenza del mondo. L'ultimo tiro fu quello più micidiale: un'intera linea di barbari fu colpita interamente lasciando sul campo una scia di cadaveri ridotti ad una irriconoscibile poltiglia sanguinolenta.

<<Fermi!>> Rutilio osservò ancora per qualche istante i Rezi e i Vindelici avanzare fino a cozzare contro la linea formata dalle coorti romane. A quel punto la sua squadra poteva fare ben poco: altri tiri di balista sarebbero stati inutili, giacchè avrebbero messo a repentaglio anche la vita dei suoi stessi commilitoni a valle che stavano fronteggiando in uno spietato corpo a corpo quei feroci ed implacabili selvaggi. Gli artiglieri si immobilizzarono accanto alle macchine mentre Plauto si asciugava alcune goccioline di sudore freddo che gli imperlavano la fronte. Rutilio se ne accorse: tutti gli uomini avevano fino all'ultimo muscolo teso fino all'inimmaginabile. La tensione aleggiava nell'aria e vi si poteva respirare assieme, ancora più fredda e palpabile. L'ultima immagine che Rutilio conservò di quella giornata fu il movimento rotatorio della lama di un gladio che cadeva sulla testa di un Vindelico protetta da un elmo di bronzo conico: la protezione andò in frantumi, ma la lama non si arresto e fracassò il cranio dell'uomo. Schizzi di sangue e di materia cerebrale circondarono il tutto in un alone viscido e appiccicoso.

Modificato da Mirko8710
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Ciao Caio Ottavio!

Mi cominciavano a mancare i tuoi scritti storici inerenti personaggi imperiali...

La fine mi ha disgustato un po!

Il finale è un po' crudo ma se fossimo portati indietro da una macchina del tempo su un campo di battaglia le scene non sarebbero state dissimili :huh: .

Se proprio vogliamo concederci una piccola dissertazione storica il gladio ("inventato" copiando la spada corta dei Celti Iberi) veniva utilizzato perloppiù di punta, in affondo, dietro la protezione dello scutum e, dove possibile, della protezione data dalla formazione "a testuggine". E nello scontro con il barbaro dotato di spatha lunga, che andava fatta roteare per calare il fendente, il rapporto era di due-tre gladi che uscivano da dietro gli scudi di altrettanti legionari per colpire il guerriero che cercava di mulinare la spada. Le reclute venivano allenate a colpire il nemico di punta in determinati punti, determinandone la morte immediata, la morte per dissanguamento (lenta) o l'immobilizzazione e/o l'incapacità a offendere.

Ma in certe condizioni ambientali (boschi, selve, etc...) la testuggine non era dispiegabile. E in uno scontro corpo a corpo il gladio sarebbe stato usato in qualsiasi modo potesse causare danni all'avversario. E consentisse di portare a casa... la pellaccia (e magari qualche bottino). Così come in emergenza lo stesso scutum, di taglio, poteva esser usato per l'offesa.

D'altra parte senza andare indietro nei secoli, nelle ultime due guerre mondiali una delle armi "non convenzionali" più usate negli scontri corpo a corpo era la piccola pala di dotazione individuale, usata di taglio. Dicono con effetti micidiali, preferibili a quello della baionetta applicata sull'arma ma scarsamente maneggiabile nello spazio stretto.

Per cui se il buon Ridley Scott (col suo staff di storici) nella battaglia si è concesso un po' di enfasi... possiamo concederla anche noi a Caio Ottavio. ;)

Ciao

Illyricum

:)

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PARTE SECONDA - LA GERMANIA MAGNA

L'aria era ben riscaldata all'interno dell'ufficio da una serie di grossi bracieri di bronzo. Nonostante il tempo fosse stato clemente negli ultimi giorni le temperature continuavano a rivelarsi rigide. Tra la miriade di scartoffie, lettere, mappe militari e dispacci, il legato Claudio Druso sedeva accigliato dietro il tavolo da campo. Reggeva un documento con entrambe le mani, scrutandolo con gli scuri occhi scintillanti. Ogni tanto faceva correre le dita tra i folti capelli castani arruffandoseli un po' per poi sentirseli ricadere sulla fronte bassa ma ampia. Il naso dritto scendeva su di una bocca carnosa e ben disegnata che si muoveva fluente, accompagnando il sussurro che gli usciva dalla gola mentre scorreva le file nere d'inchiostro. Quando sentì bussare alla porta di legno di quercia, Druso posò la comunicazione sul tavolo, mettendola accuratamente da parte affinchè non si confondesse con le altre, e fissò imperturbabile il suo segretario.

<<Signore, c'è qui un decurione che chiede di conferire con voi.>> Il tono, benchè fermo, rivelava tutto il profondo rispetto che nutriva per il suo padrone.

<<Lascialo pure passare.>> Druso fece un cenno con la destra prima di rimettersela in grembo, giunta coll'altra mano.

Il rumore dei calzari risuonò per tutto il corridoio che collegava l'anticamera con l'ufficio del legato. Piuttosto spoglio per esserlo, dovette pensare il decurione quando entrò. Prima di scattare sull'attenti si guardò brevemente intorno analizzando con occhio critico l'ambiente spartano in cui il legato trascorreva le giornate per sbrigare anche gli affari burocratici della legione.

<<Riposo, decurione>> Druso si alzò dallo scranno su cui era rimasto seduto e fece qualche passo verso un braciere, in un angolo della stanza.

Vi protese sopra le mani, tenendovele per un po':<<Riferisci: cosa hai da dire?>>

<<Purtroppo non è una buona notizia, signore>> Il graduato sembrava a disagio e non trovava le giuste parole per esprimersi correttamente. Il legato aspettò che continuasse senza scomporsi minimamente.

<<Una coalizione di barbari germani ha attaccato a nord la nostra linea difensiva: i forti sono sotto assedio e chiedono un aiuto dall'esterno per rompere l'accerchiamento>>.

<<Quanti sono?>> La domanda arrivò secca e inaspettata.

<<Non lo so di preciso, signore: il numero è sicuramente considerevole. Si tratta di una coalizione di Usipeti Tencteri e Sigambri. Sono guerrieri esperti e...>>

<<Lo so, decurione: questo è il mio incarico e so perfettamente come svolgerlo.>> Fece una breve pausa ad effetto, togliendo le mani dal calore del braciere e avanzando di qualche passo, avvicinandosi al decurione che rimaneva impalato.

<<La situazione ai forti attaccati?>>

<<Reggono bene per il momento, signore: le difese sono resistenti e gli effettivi, pur non essendo a pieno numero, sono ben armati e hanno provviste per mesi.>> Il decurione, questa volta, sembrava più sicuro di sè.

Druso annuì soddisfatto:<<Mobiliterò le truppe appena potrò. Non penso potrai più tornare indietro, se i Germani avranno chiuso l'accerchiamento. Ritirati e fatti portare un pasto caldo. Questo è quanto>>

Non c'era altro da aggiungere e l'ufficiale lo sapeva. Scattò nuovamente sull'attenti e poi uscì a passo svelto, così come era entrato, questa volta incoraggiato dalla promessa di qualcosa di caldo da mettere nello stomaco.

<<Plinio!>> Il legato si era affacciato alla porta e chiamava a gran voce l'ossequioso segretario.

In pochi attimi Plinio fu al suo cospetto, ordinato e puntuale come sempre.

<<Chiamami subito il centurione Rutilio. Porti con lui il suo optio, quel Plauto.>>

<<Sì, signore. Subito>>

Il legato sapeva che per compiti difficili ed onerosi ci volevano le persone giuste che facessero un buon lavoro. E sapeva anche che su di loro poteva sempre contare. Richiuse la porta alle sue spalle, gettando un'ultima occhiata al passo svelto del segretario che ben presto si perse in un sordo rimbombo.

<<E così, signore, dovremo spianare noi la strada alla legione?>>

Druso sedeva dietro il suo tavolo con i gomiti appoggiati sul bordo e le mani incrociate sotto il mento:<<Vedi centurione, questa è la vita di un soldato: non eri arrivato fin qui, oggi, per terminarla. La legione conta sulla tua unità, sulla sua perizia e sulla sua efficacia. Ho davanti a me i comandanti più capaci di tutta la mia legione e non penso si tireranno indietro sul più bello>>

<<No, signore: non ci tireremo indietro.>> Rutilio non smetteva di tenere lo sguardo fisso davanti a sè mostrando una reverenza nei confronti del superiore ben più grande di quella portatagli dagli altri ufficiali del suo stato maggiore.

<<Bene, questo è lo spirito giusto: lasciate che ora vi esponga il mio piano. I Germani non si aspettano un attacco in forze da parte della legione. Credono di avere in pugno il limes lungo la parte nord e tentano di isolare i forti per sterminarne i difensori separatamente>>

<<Mica stupidi questi selvaggi>> Rutilio si concesse un piccolo commento ad alta voce. Poi, notò che il suo sottoposto non aveva aperto bocca da quando era stato convocato.

<<Per questo pensano di agire velocemente e di togliere di mezzo la linea difensiva in quattro e quattr'otto.>> Druso ignorò volontariamente il pensiero del centurione:<<E questa fretta ha fatto trascurare al nemico le adeguate precauzioni. Da un dispaccio ricevuto poco fa ho potuto individuare un paio di punti dove sarà possibile attaccare per aprirci un varco verso il forte più grande che si affaccia sul Reno>> Il legato si fermò nuovamente, lasciandosi andare sullo schienale dello scranno.

<<Una domanda, signore: perchè proprio quel forte?>>

<<Ottima domanda, centurione>> Il legato si alzò dalla sedia spostandosi vicino ad un basso tavolino di noce sul quale era appoggiata una brocca d'argento con un solo calice. Uno solo, notò amaramente Rutilio. Plauto, continuando a tacere, sentì il flebile rumore del vino speziato col miele che ricadeva lentamente sul fondo della coppa.

<<Ebbene, la maggior parte delle forze nemiche si è concentrata lì: lì risiedono i loro capi e di lì provengono gli ordini che regolano le mosse degli altri gruppi di guerrieri.>> Posò la brocca e sorseggiò lentamente il vino, assaporandolo lentamente prima di continuare:<<E proprio per la sua vicinanza al fiume è il posto adatto per un attacco>>. Si concentrò, aggrottando le sopracciglia che gli dipinsero sul viso un'espressione eloquente.

<<Il vostro compito è semplice: agirete con l'oscurità, prima dell'alba. Porterete i vostri uomini con armamenti leggeri vicino ai picchetti di guardia dei barbari posizionati lungo il fiume, eliminando tutti coloro che vi intralceranno.>> Druso fece schioccare la lingua, deglutendo un altro sorso. Le sue labbra carnose diventarono ancora più colorite con una nuova dose del liquido rosso.

<<Tolte di mezzo le sentinelle, vi metterete al sicuro, lasciando libera la zona da eventuali pattuglie nemiche. Fino all'alba: alle prime luci entreremo noi in azione e riusciremo a spazzare via i barbari sfruttando l'effetto sorpresa. Sbarcheremo sfruttando il canale che ho fatto costruire lungo la linea. Con le guardie fuori gioco e con la poca luce a disposizione, dubito che qualcuno possa vedere l'avanguardia della legione.>> Il vino nel calice era ormai finito e il legato posò il recipiente sul lato più estremo del tavolo ingombro.

<<Domande?>>

<<No, signore. Tutto chiaro. Quando entreremo in azione?>> Questa volta fu Plauto a parlare: anticipò perfino Rutilio che rimase a bocca aperta con le prime parole che gli morirono in gola.

Druso alzò un sopracciglio e tornò a sedersi:<< Il prima possibile, ovviamente: adesso preparate gli uomini e i loro equipaggiamenti. Mezza centuria basterà per questo compito: voglio solo i migliori. Non sarà di certo una passeggiata. Domani sera dovrete essere sul posto. Agirete quando calerà la notte>>.

<<Bene, signore>> Questa volta fu il centurione a pronunciarsi per primo:<<Se non c'è altro, noi andremo ad eseguire gli ordini>>

<<Ma certo, andate pure.>> Druso indicò la porta con un cenno del capo. I due ufficiali salutarono e, voltati, si accinsero ad attraversare la soglia.

<<Ah, centurione...>>

<<Signore?>> Rutilio si bloccò sull'uscio.

<<Voglio un buon lavoro: se fallirai ne pagherai le conseguenze, in un modo o nell'altro. E con te tutta la mia avanguardia.>>

<<Non vi deluderò, signore.>>

Druso abbozzò un sorriso, pensando che per l'ennesima volta le raccomdandazioni per il robusto centurione erano parole sprecate.

Strisciando tra la bassa vegetazione, Plauto era seguito da una manciata di legionari. Indossavano solo le tuniche militari in quella fredda notte e portavano con sè solo due pila per ciascuno, il gladio e il pugio. Niente elmo e niente lorica tantomeno gli ingombranti scuta: sarebbe bastato un riflesso della pallida luce lunare, che fortunatamente si stava rivelando molto utile ai soldati, o un piccolo tintinnio per segnalare la loro presenza anche a miglia di distanza. Fino ad ora nè la sua colonna nè quella comandata dal centurione aveva avvistato movimenti dei nemici. In lontanza avevano scorto i bagliori dei fuochi accesi per i bivacchi, ma quando si erano calati nell'erba fitta avevano perso di vista quei bagliori. "Spero solo di non essermi perso" pensò tra sè fermandosi per un attimo. Anche i suoi uomini si arrestarono per riprendere fiato. Nonostante la tensione fosse alta, dovevano rimanere bassi e fare meno rumore possibile. Il piano architettato da Rutilio era davvero geniale per un uomo come lui: aveva deciso di dividere la mezza centuria a sua disposizione in due tronconi per togliere di mezzo le sentinelle nel modo più veloce possibile. Era vero che di pattuglie ce n'erano poche, ma quelle in servizio si spostavano su di una zona molto ampia: se sarebbero rimasti uniti non avrebbero portato a termine l'incarico per tempo. Plauto si voltò indietro e verificò che tutti gli uomini stessero al passo. Iniziarono, poi, a strisciare nuovamente tra l'erba, avanzando invisibili come fantasmi. L'umidità si era già parzialmente raccolta sulle foglie verdi che ricoprivano il suolo, inzuppando le tuniche dei legionari man mano che questi procedevano. Plauto tentava di non badare alla fastidiosa sensazione provocata dalla ruvida stoffa che si incollava alla pelle del petto e del ventre, soprattutto perchè in quel momento aveva altri pensieri per la testa: dove era finito Rutilio e a che punto erano arrivati i suoi uomini?

<<Ecco il primo dei loro fuochi>> Fu un legionario a indicare al centurione la posizione del primo picchetto di guardia nemico.

Intorno ad un allegro fuocherello si erano radunati una manciata di guerrieri che chiacchieravano scaldandosi e bevendo birra. Dagli avanzi di cibo che giacevano a terra, Rutilio si rese conto che avevano appena finito di consumare il rancio serale. Presto alcuni di loro sarebbero piombati nel sonno, mentre altri avrebbero preso a gironzolare nei dintorni. Il centurione fece sostare i suoi uomini per qualche minuto al riparo tra la vegetazione, approfittando del momento per analizzare i barbari e il territorio. Questo era prevalentemente pianeggiante, un posto adatto dove poter far accampare un esercito di quelle dimensioni. Poco lontano si udiva il languido corso del Reno che defluiva nel canale menzionato pochi giorni prima dal legato. "Non c'è che dire" pensò" quel perfettino del legato ci ha saputo fare con questa fogna di posto." Saggiò con una mano la tunica fradicia d'umidità storcendo la bocca in una smorfia di fastidio e disgusto assieme. Quei Sigambri sembravano adattarsi benissimo in ogni condizione: alcuni si erano già allontanati dal fuoco prendendo con sè lunghe lance e gli scudi ovali. Non tutti indossavano protezioni adeguate: Rutilio fu sollevato da quella constatazione. La maggior parte delle sentinelle apparteneva ai reparti di fanteria leggera. Si guardò intorno e si assicurò che tutto procedesse secondo i piani. Quando anche gli ultimi barbari caddero assopiti nelle rozze coperte stese a mo' di giaciglio, Rutilio fece segno a due dei suoi di procedere in avanti in direzione degli addormentati. Gli altri lo seguirono con i pila tra le mani. Si diressero lentamente verso quattro guardie che stazionavano da quelle parti. Non si erano accorti della loro presenza. Posò a terra i giavellotti, imitato dai suoi, e sguainò il pugio. Chinatosi, poi, sulle ginocchia avanzò velocemente con uno scatto in avanti fiondandosi all'ìimprovviso su di un guerriero: tappatogli la bocca con una mano, fece scorrere velocemente la lama dell'arma lungo al gola del nemico squarciandogli la carotide. Il corpo si afflosciò a terra sprizzando molto sangue nei primi attimi. I legionari, intanto, sistemarono anche il resto della pattuglia. Rutilio, a quel punto, fece segno di portare via i cadaveri gettandoli tra la vegetazione. L'ordine fu subito eseguito e l'unica traccia che rimaneva della presenza degli uomini erano svariate pozze di sangue che si sarebbero raggrumate presto. Intanto, anche gli altri due soldati ritornarono avendo ucciso nel sonno i restanti membri del picchetto. Rutilio era contento: la situazione si poteva sempre complicare, ma per il momento volgeva a suo favore. Gettò uno sguardo furtivo alla luna piena che si stagliava netta contro il cielo nero senza nuvole prima di gettarsi nuovamente tra l'erba seguito dai suoi uomini.

<<Avanti!>> Plauto sussurrò l'ordine rendendolo appena comprensibile per i suoi.

Questi, alzatisi quasi in piedi, lanciarono la prima salva di pila cogliendo di sorpresa tutti i Sigambri fermi nella notte. I loro fuochi li stavano tradendo, rendendo ancor più visibili le loro posizioni.

Le armi, rese inutilizzabili a causa del forte impatto, furono spezzate per non rendere visibili i manici in lontananza. I calzari chiodati ammaccavano l'erba ad ogni passo. Si mantenevano bassi, stringendo freneticamente le armi e guardandosi attorno temendo il peggio da un momento all'altro. Plauto avvistò un usipeto che si era allontanato dal gruppo per occuparsi dei suoi bisogni. Mentre ordinava ai legionari di occuparsi degli altri, lui si diresse verso il barbaro che non lo aveva visto avanzare dietro di sè, continuando ad orinare. L'optio sguainò il gladio con uno stridore metallico che sembrò esageratamente forte. L'usipeto non se ne rese conto. Plauto ne approfittò e affondò la lama in profondità, trafiggendo con violenza la schiena del barbaro. Dalla meraviglia dell'evento inatteso, l'usipeto spalancò gli occhi, riuscendo ad emettere solo un rantolo strozzato prima che il sangue gli affluisse in gola soffocandolo. Etratto il gladio, Plauto lo ripulì sulla veste dell'uomo ormai a terra esanime e lo rinfoderò piano, attento a non provocare rumori. Fuggì via veloce raggiungendo i suoi soldati che aveno già individuato a qualche miglio di distanza il prossimo picchetto. La mattanza sarebbe durata ancora per qualche ora, a meno che un Tenctero o un Sigambro sarebbe stato più veloce e astuto di loro, scappando e dando l'allarme. "Questo non accadrà, almeno fin quando ci sarò io su questo campo".

<<Ci sono tutte?>>

<<Sì, signore: tutte le navi sono in posizione con equipaggio e classiari a bordo.>> Il navarco era serio e imperscrutabile da quando avevano inziato a solcare le gelide acque del Reno. Erano sboccati nella sezione di mare chiamato del Sud. Dal castello di poppa della sua imbarcazione da guerra, Druso poteva scorgere tutta la costa e, all'orizzonte, perfino le parti più alte delle torrette di avvistamento che facevano parte del forte assediato.

<<Comunica agli altri navarchi di procedere lungo la costa>> Il legato mise le mani sui finachi e scrutò il cielo:<<Tra pochi minuti sorgerà il sole e voglio tutti gli uomini sul ponte>>

<<Sì, signore>> Il navarca salutò e si diresse verso il castello di prua da dove poter segnalare gli ordini ricevuti.

Una leggera brezza aveva spinto fin lì le navi, gonfiando le loro vele. Ora, si stavano avvicinando a colpi di remi alla costa, mentre alcuni membri dell'equipaggio ammainavano la vela e tiravano giù l'albero maestro per fare spazio alle truppe di classiari. Gli addetti agli scorpiones e alle baliste si erano già messi all'opera, controllando ogni singolo pezzo delle macchine. Improvvisamente presero velocità. Druso vide che tutti i classiari pian piano erano riusciti a salire sul ponte ed erano armati di tutto punto, coadiuvati anche da alcuni reparti di fanteria legionaria. Il vento spirava ancora questa volta più impetuoso, ma non poteva permettere di far alzare la vela: sarebbero stati subito avvistati perdendo così l'effeto sorpresa. Il resto della flotta li seguiva lenta ed ordinata con il battere della voga scandito da forti colpi di martello.

<<Avanti con quelle cime! Togliete questi paletti da qui!>> Ognuno faceva la sua parte a bordo e presto Druso avrebbe dovuto di nuovo confrontarsi con nuovi nemici.

L'alba era appena spuntata. Il suo roseo velo illuminava interamente l'ampia zona, mettendo in risalto le costruzioni romane e i fumanti resti dei bivacchi germanici. In prossimità della costa i remi furono ritirati a bordo e le navi si allinearono procedendo con la forza rimanente impressa loro dall'intensa vogata. L'equipaggio aveva già posizionato le rampe lungo al fiancata mentre il navarco, accanto al timoniere, sovrintendeva alle manovre di accostamento. Quando le navi furono ancorate saldamente, le rampe furono calate nell'acqua bassa e i centurioni dei classiari e dei legionari fecero sbarcare i propri uomini. Unità dopo unità i Romani occuparono tutta la costa mentre i Germani si stavano appena rendendo conto di quello che stava per succedergli. Ma quando il suono del primo corno si levò nell'aria straziata del primo mattino era già troppo tardi.

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PARTE TERZA - LA FINE DI UN MITO

<<Cosa ne facciamo, console?>> Il tribuno laticlavio, rivestito dell'armatura da parata al cospetto del console in carica, additò ferocemente i due barbari fatti inginocchiare ai suoi piedi e circondati da tre legionari ed un centurione.

I due Germani non appartenevano alla stessa gente: l'uno, quello a sinistra, era un esponente dell'alta aristocrazia guerriera dei Catti, l'altro dei Cherusci. Nonostante le loro vesti fossero ridotte a luridi brandelli e non indossassero più protezioni o armi di alcun genere, i due barbari osavano ancora sollevare lo sguardo di ghiaccio, spostandolo da un ufficiale all'altro.

Druso, da parte sua, sedeva immobile sulla sedia curule in un atteggiamento ieratico con la sua statura imponente, modellata ancora meglio dalla lorica muscolata che portava a protezione del petto: i decori scintillavano sotto la luce del sole e la veste color porpora che gli ricopriva il resto del corpo rimaneva ferma nell'aria immota. Forse proprio in quel periodo i soldati al suo comando stavano godendo a pieno del tempo mitigato dopo parecchie stagioni avverse.

<<Sfileranno dietro il mio carro>>

Le parole del console suonarono per i barbari come la richiesta di una condanna a morte: i due non comprendevano la lingua dei Romani, ma ne intuivano perfettamente i comportamenti in base all'intonazione della voce che questi gli davano. Il catto si agitò improvvisamente: sgranò gli occhi e sbuffò carico d'odio per quegli altezzosi stranieri che lo avevano sconfitto e avevano costretto alla fuga i suoi alleati Marcomanni. Tutti videro le catene scuotersi producendo un rumore sinistro di ferro. Anche il centurione lo vide: impugnato con forza il vitigno lo abbattè senza pietà sulla schiena del catto spaccando in due il bastone. Il barbaro, in ginocchio, grugnì, contorcendosi per il dolore. L'altro non fiatò neanche. Il tribuno gettò uno sguardo soddisfatto al centurione. Costui lo ricambiò con un sorriso a denti stretti.

<<Questo è quanto. Per oggi finiamo qui: portateli via>>

Il centurione diede ordine ai legionari di prelevare i preziosi prigionieri che, avanzando, li sollevarono bruscamente e, messili in piedi, li spinsero in avanti facendoli arrancare con gli arti incatenati. Mentre il piccolo gruppetto si allontanava, sullo sfondo dell' acquartieramento della legione in fermento, Druso si alzò e si avvicinò al tribuno:<<Dai le ultime disposizioni della giornata: fai radunare i nostri caduti e portare i feriti in infermeria. Lascia imputridire sul campo i cadaveri dei nemici: che gli serva da lezione.>>

<<Sì, console. Vado subito.>> Il tribuno salutò con etrema deferenza e poi trotterellò via, simulando un passo di marcia.

Alle sue spalle il segretario rimaneva fermo con la sua tavoletta cerata in una mano e lo stilo d'ottone nell'altra.

<<Per quanto saranno pronti?>> chiese il console voltandosi verso di lui, mentre un paio di attendenti portavano nel Pretorio la sua sedia.

<<Dai rapporti che ho ricevuto, signore, saremo pronti entro dopodomani: i preparativi sono in corso e non tutte le unità sono state ancora rifornite adeguatamente dopo la battaglia.>> Gettò un occhio sulla superficie levigata della tavoletta:<<Ad esempio, la seconda centuria, signore: ha subito molti più danni rispetto al resto dei reparti e mancano all'appello una decina di legionari con tutto il loro equipaggiamento.>> Diede un'altra scorsa veloce ai graffi incisi nella cera solidificata:<<Mancano, inoltre, alcune armi di ricambio e altre si dovranno necessariamente riparare>>.

<<Solita prassi, quindi...>> Quella del console sembrava quasi una riflessione personale.

<<Sì, signore, su più ampia scala, ma si tratta proprio di ordinaria amministrazione>> Il segretario schiuse la tavoletta e, con lo stilo, l'appese alla pesante cintura borchiata.

<<C'è altro?>>

<<No, signore.>>

<<Bene. Allora concludiamo in bellezza questa giornata>>

Le due figure si avviarono verso il centro dell'accampamento fortificato rimanendo riconoscibili solo a causa dello spazio che i legionari e gli ufficiali lasciavano al loro passaggio.

<<Un, due...>>

I calzari chiodati battevano sul terreno erboso calpestando tutto ciò che intralciasse il loro cammino. Tutti i legionari sopravvissuti alla battaglia contro i Germani, voluta per l'ennesima volta dal console in persona, dopo un breve riposo, si erano dati all'allenamento. la marcia a pieno carico serviva, in questo caso, per fortificarli in vista dell'immane fatica che li attendeva il giorno seguente. Plauto affiancò il suo centurione: entrambi reggevano i bastoni in base al loro grado:<<Allora, signore, gli uomini si sono rivelati all'altezza del compito?>>

Il suo interlocutore soffiò lievemente:<<Fino ad ora non possiamo lamentarci, Plauto.>> Indicò la colonna di uomini sudati che marciava silenziosa e disciplinata dietro di lui:<<Guardali: reggono bene la fatica e non fiatano neanche.>>

<<Il sogno di ogni centurione, immagino, signore>>. Plauto aveva quasi sussurrato.

<<Ben detto, ragazzo. >> Rutilio si impettì abbozzando un sorriso ampio e solare:<<Avanti, uomini: un, due, un...>>

Il frastuono degli uomini in marcia colle loro furcae sulle spalle e gli scudi in mano si diffondeva nel territorio desolato che circondava il campo: i genieri e gli agrimensori, prima di stabilire il punto idoneo per la sua costruzione, avevano armeggiato a lungo con i loro strumenti e avevano fatto disboscare la zona circostante. Rimanevano pochissimi alberi nei dintorni, ma la vegetazione rimaneva fitta e rigogliosa, soprattutto in lontananza.

<<Altre tre miglia e poi si ritorna al campo!>> Rutilio interruppe momentaneamente il ritmo del passo per gridare l'ordine ai soldati che lo seguivano.

Nessuna voce espresse l'esultanza per quella notizia: in realtà, i legionari sapevano che il peggio doveva ancora venire. E lo sapeva anche Plauto che ringraziò gli dei per avergli risparmiato la fatica della furca. Ripensando ai suoi pochi anni trascorsi sotto le Aquile come legionario le marce di addestramento in tenuta completa erano uno degli incubi principali di ogni soldato: estenuanti, dolorose e, a volte, lunghe, potevano far allettare una recluta in meno di mezza giornata. Fortunatamente con la promozione ad optio le marce erano più leggere per lui, ma la vita del soldato era dura e non sapeva fino a quando avrebbe resistito, se non sarebbe morto addirittura prima del congedo. Rutilio lo fissò per un attimo e si accorse del suo cipiglio pensieroso: <<Cosa c'è, Plauto? Qualcosa non va?>> Il suo atteggiamento era quasi paterno nei confronti del suo subordinato.

<<No, signore>> L'optio si destò improvvisamente, quasi come se si fosse appena destato da un sonno leggero:<<Va tutto bene, signore, grazie per l'interessamento>>

Rutilio sorrise ed alzò la voce con il suo tono da piazza d'armi:<<Colonna, alt! Si torna indietro! Avanti, in marcia!>>

Una volta invertita velocemente la direzione, la colonna di legionari si allungava sul terreno spoglio alla stregua di un piccolo ma letale serpente velenoso. Così, producendo altro rumore per lo sferragliare dell'equipaggiamento e la forza dei passi impressi sul suolo, i Romani scomparvero pian piano nell'aria quasi impenetrabile del tardo pomeriggio portandosi dietro tutto il loro suggestivo e originale fracasso.

Migliaia di elmi scintillavano sotto un debole sole. L'alba era appena sorta e il campo fortificato, che ogni contadino o allevatore germano poteva ammirare fino al giorno prima, era ormai scomparso, lasciando sul terreno solo la sua forma, una cicatrice carica di Romanità in un territorio che ne avrebbe avuto urgente bisogno. I legionari erano taciturni e immobili. Gli unici che si muovevano con una certa disinvoltura erano gli ufficiali dello stato maggiore che componevano la turba che spesso e volentieri circondava il console. La legione era pronta per la marcia: si erano preparati con particolare attenzione per quell'evento e Rutilio gettò un'occhiata alla centuria allineata alle sue spalle. Plauto, come previsto, aveva preso posizione dalla parte opposta per diffondere gli ordini del suo superiore. Rutilio vide il console posizionarsi al centro della colonna disposta in posizione per la marcia e subito ne seguì uno squillo di buccina. Quel suono fu ripetuto un'infinità di volte, coorte dopo coorte. La legione poteva avanzare. L'impresa tanto agognata dai più ambiziosi ufficiali aveva inizio. Furono gridati ordini, gli uomini avanzarono all'unisono. Ogni passo sul territorio germanico era un sacrificio per Roma e per la sua civiltà. Rutilio ne era consapevole e stava con gli occhi fissi puntati sui suoi soldati per controllare il loro andamento. "E sarà necessario che lo mantengano bene" pensò il centurione guardando in avanti: il territorio pianeggiante, circondato da grandi massi e costellato di fiumiciattoli, aspettava solo i chiodi delle loro suole.

<<Fortunatamente nessun germano in vista>> Rutilio sembrava di buon umore quella mattina.

<<Strano che non abbiamo attaccato una colonna in marcia>>

<<Un'intera legione?! No, Plauto, è questo il punto: siamo tanti e siamo armati di tutto punto. Quei selvaggi se la staranno facendo addosso rintanati nei loro squallidi tuguri>>

<<Sarà...>>

Erano giorni che ormai marciavano fermandosi solamente per le soste necessarie. Il console stava realizzando uno dei suoi grandi sogni: sembrava che le sue idee fossero le stesse che nutrivano i grandi governatori di Roma. Sicuramente i barbari che popolavano quelle regioni erano a conoscenza della legione in movimento: alcuni esploratori avevano riportato la notizia di fattorie di Cherusci i cui abitanti erano fuggiti abbandonando gli edifici. Sulla destra del paesaggio si ergeva un massiccio montuoso interamente frastagliato che declinava nettamente verso nord dove scorrevano placidamente alcuni corsi d'acqua che favorivano la vita in quei posti altrimenti invivibili. Avevano ricevuto l'ordine di proseguire fino all'ansa di un fiume che scorreva a sud e di doppiarla, potendo così raggiungere un pianoro alle cui spalle si stendeva, placido, l'Albis. Mentre camminavano, i legionari si voltarono verso destra attirati da un'ennesimo fiumiciattolo.

<<Quanta acqua scorre da queste parti?>> La curiosità del centurione era motivata ed evidente.

<<Parecchia, signore: c'è un fiume ad ogni passo>>

I due ufficiali risero portando avanti gli uomini. Il resto della legione li seguiva. Da quando erano stati assegnati ai reparti della fanteria costituivano il corpo d'avanscoperta della legione e tutto questo prestigio aveva inciso notevolmente sul morale di Rutilio.

<<Ci siamo quasi, signore>> Un battistrada appiedato era tornato a fare rapporto:<<Poco oltre si apre il pianoro.>>

<<Movimenti?>>

<<No, signore. Apparentemente nessun germano in vista>>

<<Che significa "apparentemente"?>> Sbraitò il centurione <<Non conosco questa parola. Torna indietro e fila a perlustrare la zona palmo dopo palmo! Subito!>>

<<Si, signore>> Evidentemente turbato l'uomo si allontanò in tutta fretta dopo aver scambiato un rapido saluto.

"Che idiota!"

<<Attenzione al fianco destro!>>

Tonfi. Urla di dolore. Feriti che ricadevano sui cadaveri che giacevano al suolo.

<<Resistete!>> Rutilio aveva raccolto attorno a sè l'intera centuria. In lontananza le acque dell'Albis scintillavano screziate dalla luce giallastra del sole. I barbari sbucavano dal sottobosto a centinaia. Abbattuto uno ne spuntavano altri tre. I Suebi erano usciti dal sottobosco appena avevano visto l'avanguardia romana raggiungere le sponde del loro grande fiume. La testa di un'ascia si fece spazio tra i ranghi che a stento si mantenevano serrati. Decapitò un legionario il cui corpo ricadde a terra imbrattando l'erba al suolo tra sussulti involontari che presto si fermarono. Fracassò le assi di legno di uno scudo, mozzando di netto la mano del soldato che lo reggeva. Uno stridulo grido si levò dalla sua bocca che fu subito soffocato da una lama che un ragazzino germano era riuscito a infilzargli nel basso ventre, arrivando a lesionare gli organi interni in profondità. Seguendo quella tattica i barbari stavano facendo un egregio lavoro: molti legionari erano stati uccisi o feriti gravemente e tutti coloro che venivano abbandonati e non portati al riparo dietro il muro di scudi presentato dai Romani era spacciato. In pochi minuti una miriade di Germani li assalivano mettendo fine alle loro sofferenze in un modo ancora più atroce. Rutilio si rese conto che doveva fare qualcosa. E alla svelta. Gli si parò dinanzi un grosso Suebo che, con un ghigno feroce, mostrò i denti che si rivelarono gialli e per la maggior parte marci. Chiunque si sarebbe tirato indietro a quell'orribile visione, ma il centurione non poteva permetterselo, così come ogni singolo legionario che stava combattendo per la vita su quel lembo di terra ai confini dell'Imperium. In lontananza svettavano le insegne e le aquile della legione che stava accorrendo in loro aiuto. Il barbaro si gettò in avanti tentando un affondo con la sua lunga spada, prima di rotearla, cercando un punto debole tra le protezioni che rivestivano il graduato. Rutilio, da parte sua, si difendeva come poteva, parando i colpi con il gladio e con lo scudo. Quando passò al contrattacco il nemico si rivelò molto più resistente di quanto avesse immaginato: il centurione caricò l'avversario con lo scudo. L'umbone colpì il ventre dell'avversario spingendolo indietro e facendolo rimanere senza fiato per l'impatto. Un attimo dopo Rutilio gli piantò la punta del gladio tra le clavicole squarciando tutti i tessuti. Quando estrasse l'arma dalla ferita mortale, il barbaro si accosciò a terra senza emettere un solo grugnito, osservando il proprio sangue che sgorgava a caldi fiotti dalla ferita aperta.

<<Continuate! Non dategliela vinta! Arrivano i nostri!>> Rutilio cercava in tutti i modi di incoraggiare i suoi. Plauto aveva appena abbattuto un Suebo muscoloso alto minimo il doppio di lui.

<<Non possiamo resistere ancora a lungo!>> urlò l'optio per sovrastare il clangore della battaglia, avvicinandosi.

<<Portiamo gli uomini con il fianco al fiume: saremo più protetti!>>

I due ufficiali fecero il possibile per conquistare la posizione prestabilita, ma ci riuscirono a caro prezzo: una scia di morti e di feriti giacevano al suolo scomparendo sotto i passi veloci dei germani che avanzavano assetati di sangue e vendetta. L'optio e il centurione combattevano fianco a fianco, respingendo ogni nemico che si accostava loro. Improvvisamente il terreno iniziò a tremare sotto i piedi di entrambi gli schieramenti: il combattimento attraversò un attimo di stallo. Gli equiti piombarono inaspettati alle spalle dei Suebi facendo strage: prima abbatterono un gran numero di nemici con le lance per poi sfoderare le spathae da cavalleria e gettarsi tra i nemici, troncando arti, mozzando teste e trafiggendo petti scoperti.

<<Caricateli!>> Rutilio conobbe immediatamente la voce: il console Druso era arrivato personalmente in loro aiuto, capovolgendo le sorti della battaglia, guidando una carica tempestiva ed etremamente efficace. Merito del centurione era stato quello di far voltare i nemici verso il fiume, in modo che non vedessero sopraggiungere i Romani.

<<Non vi fermate!>> Anche Plauto incitava gli uomini a stringere i nemici in una morsa.

I legionari non se lo fecero ripetere due volte: si scagliarono contro i nemici con ferocia e desiderio di vendetta rinnovati. Quelli che fino a pochi minuti prima erano delle prede ora diventavano predatori. Alcuni guerrieri iniziarono a fuggire terrorizzati, ma molto altri non ci riuscirono e tentarono perfino di gettarsi nelle fredde acque dell'Albis per sfuggire alle spietate lame dei Romani. Nella confusione della battaglia un energumeno armato di lancia si piantò dinanzi al cavallo del console facendolo spaventare. Rutilio se ne accorse e vide anche che il comandante non riusciva più a tenere sotto controllo l'animale. Uno schizzo di sangue imbrattò il muso della cavalcatura rendendola ancora più irrequieta. Rutilio si piombò in avanti e trafisse al ventre un suebo prima di trovarsi a sfidare il lanciere che minacciava il console. Druso fece appena in tempo a scartare di lato prima di scomparire dalla scena. Il duello tra il centurione e il barbaro durò a lungo: ognuno di loro era un soldato esperto e sapeva cosa doveva fare. Si scambiarono colpi studiandosi a vicenda, cercando di sopraffarsi e togliere di mezzo l'avversario. Rutilio cercò di caricarlo, ma il suebo, armato alla leggera, riuscì a evitare facilmente l'attacco. Fu in quel momento che il cadavere di un legionario morto gli piombò davanti. Rutilio non lo vide e vi inciampò sopra: ruzzolò sull'erba perdendo scudo e gladio. La testa gli doleva e il suo sguardo si estendeva su una miriade di piccoli scontri tra fanteria e cavalleria.

"Il lanciere!"

Fu un attimo: il guerriero gli fu addosso e lo disarmò anche del pugio. Plauto, intanto, l'aveva individuato e stava correndo a perdifiato verso di lui, gridando come un forsennato. La punta della lancia del suebo penetrò nel petto del centurione, aprendo una profonda ferita in cui si infilzarono anche gli anelli della lorica hamata che si erano frantumati nell'impatto. La carne fu lacerata in profondità: il sangue iniziò a sgorgare e Rutilio si portò le mani intorno all'asta dell'arma nemica. Ansimava con gli occhi sbarrati per la rabbia e il dolore. Non ebbe la forza di emettere un gemito: Plauto piantò il gladio nella schiena del suebo che cadde riverso in avanti vomitando sangue.

<<Signore!>>

L'optio scagliò lontano lo scudo e rinfoderò il gladio, trascinando al margine della vegetazione il suo centurione. Respirava appena e Plauto sapeva che ormai non c'era più nulla che potesse salvarlo.

<<Oc...occupati...del console...>> Rutilio parlava a fatica, fissando sgomento la lancia che gli spuntava dal corpo. Perdeva molto sangue. Plauto non voleva crederci.

<<Signore?>> Era sconvolto.

<<Il...console: è caduto da cavallo...poco lontano da...da...qui>> storse la bocca in una smorfia e strinse una zolla di terra ruvida che ora raccoglieva il suo sangue.

<<Lo faro, signore, ma prima mi occuperò di voi>> L'optio stava per rialzarsi, ma Rutilio lo trattenne aggrappandosi alla sua tunica militare sporca:<<No...tu farai...farai quello che ti dico io>> tirò le parole tutto d'un fiato.

<<Prenditi...cura del console. Quest...>> Si contorse, cedendo ad una altra fitta di dolore:<<Questo è il mio...ultimo ordine.Obbedisci, ragazzo...e serba il mio ricordo quando...sarai fuori da questo inferno>>.

Plauto teneva le labbra serrate, il volto sembrava essere invecchiato d'un tratto tanto era bianco e ruvido, incrostato di schizzi vermigli rappresi assieme al sudore che gli colava dall'imbottitura di feltro sotto l'elmo piumato.

Strinse i denti e deglutì a fatica:<<Sì, signore>> Si mise sull'attenti e salutò il centurione per l'ultima volta.

<<Non preoccuparti per me...>>sorrise, lasciando intravedere il sangue che iniziava a salirgli in gola:<<...fai vedere quanto vale...la nostra...centuria...>>

Furono le sue ultime parole: quel sorriso gli rimase stampato sulla faccia stravolta, quasi inespressivo; gli occhi si fecero vitrei, spalancati in un ultimo palpito di vita. Una mano era ancora stretta intorno all'asta che teneva intrappolata la punta nemica nel suo corpo. Intorno, una pozza di sangue rosso, scuro, cupo come i precipizi dell'abisso.

Plauto sfoderò il gladio e abbattè un altro nemico che voleva bloccargli la strada. La cavalcatura del console era scappata via dal campo di battaglia lasciando il suo padrone a terra che si trascinava sui gomiti, grugnendo per lo sforzo.

<<Signore!>> Plauto gli si accostò, aiutandolo a mettersi in piedi.

Druso urlò per il dolore quando poggiò i piedi a terra:<<Tutto bene, signore?>>

<<Non direi, soldato!>>

<<Non vi preoccupate, signore: lo scontro qui volge a nostro favore. Vi porto da un medico>>

<<No!>> Plauto sentì il console che cercava di mantenere la posizione:<<Io non posso muovermi da qui, i miei uomini hanno bisogno di me!>>

<<Permettetemi di dirvi, signore, che vi state sbagliando: non potrò difendervi se rimaniamo qui! Preferite morire adesso così non potrete più guardare in faccia un solo legionario prima di arringarlo?>>

Druso guardava l'optio che si impegnava a portarlo lontano dallo scontro che iniziava a scemare.

<<Datemi ascolto, signore, il campo è nostro, l'Albis è nostro. Chi si occuperà del vostro trionfo a Roma se non riuscirete ad arrivarci! Avanti, tenete duro, signore!>>

Il console fu colpito da come quell'ufficiale ci tenesse a portarlo via. Alla fine cedette. Plauto riuscì a condurlo lontano dal campo di battaglia, al sicuro, affidandolo al suo cerusico personale che dirigeva un ospedale da campo improvvisato, allestito nelle retrovie della legione.

<<Vedrete, signore, ce la farete: siete in buone mani adesso.>>

Quell'incoraggiamento andava oltre il semplice rispetto che gli porgevano i suoi sottoposti, come se qualcun altro lo avesse sostenuto. L'ultima cosa che il console Nerone Claudio Druso vide fu il sorriso rassicurante dell'optio.

Quando l'ufficiale pronunciò il suo nome, Plauto si irrigidì seguendolo con passo svelto. Al cospetto di Tiberio Claudio Nerone, i cui occhi lo fissavano intensamente, tentando di squarciargli l'animo duro, Plauto mostrò tutta la sua maestria nell'eseguire il saluto militare.

<<Centurione Plauto. Benvenuto.>>

<<Grazie, signore>>

<<Ho appreso con leggero ritardo l'azione che la tua centuria compì in Germania, quando era con mio fratello>> Tiberio, scrutandolo con attenzione, incrociò le braccia sul petto.

<<Ne devi essere fiero, centurione>>

Plauto ripensò a Rutilio: grazie a lui era riuscito a soccorrere il console solo per vederlo morire tra le agonie di una morte lenta e dolorosa, con le ossa rotte e le gambe steccate mentre giaceva, lamentandosi, su di un letto da campo. Ma quel gesto gli aveva consentito un'apertura verso la carriera militare e se era divenuto centurione primipilo, il comandante più esperto che guidava la prima coorte, lo doveva solo al suo semplice e sincero superiore. Con il suo sacrificio aveva dato una spinta notevole ed energica alla sua vita.

<<Lo sono, signore>> Plauto lanciò il suo sguardo nel vuoto, serrando le labbra in un ultimo, amaro gesto di rassegnazione.

<<Bene, centurione. Ne prendo atto.>> Tiberio fece una breve pausa prima di riprendere:<<E per questo, per i meriti conseguiti sul campo di battaglia, ho deciso di conferirti un ulteriore ricompensa...sempre che ti interessi...>>

<<Come meglio crede, signore>> Il tono di Plauto era neutro.

Tiberio sbuffò:<<Al diavolo le formalità: tutti gli uomini del tuo rango vorrebbero vivere questo momento>> Si avvicinò ad un tavolo e prese una scatoletta di legno. L'aprì e con mani esperte ne tirò fuori una phalera. Una pesante phalera come aveva visto solo indosso ai veterani. Tiberio gliela mise nelle mani:<<Questa è la tua ultima decorazione da centurione: da oggi...>> prese dallo stesso contenitore un papiro arrotolato intorno al legno:<<...sarai il tribuno anziano della legione>>.

Plauto non ci credeva: un'altra promozione nel giro di poco tempo! Era davvero una carriera strana, la sua, ma molto veloce.

<<Signore, è un grande onore per...>>

<<Oh, risparmiami queste prediche...>>lo interruppe l'altro, fissandolo. Abbozzò un sorriso che assomigliava più ad un acerbo ghigno:<<...tribuno!>>

<<Sì, signore. Grazie, signore.>>

<<Sarai in servizio attivo da domani. Te lo sei meritato. Ora vai, prima che ci ripensi: ho altre cose a cui pensare.>> Questa volta il sorriso fu più cordiale, ma il cenno della mano fu ancora più eloquente.

Plauto salutò e si voltò, aprendo la porta e avviandosi fuori dall'edificio del Pretorio. un forte raggio di sole lo investì in pieno volto, lasciandolo abbagliato per un attimo. Ancora una volta la vita gli donava una nuova opportunità: si richiudeva alle spalle una parte buia come l'ufficio male illuminato dal quale era appena uscito e si ritrovava a sostenere nuove responsabilità, compensate da uno stipendio più generoso, con numerosi vantaggi, anche personali.

Sorrise. Imboccò una stradina che conduceva ad un cortile finchè non abbandonò il vicolo per finire in una strada affollata. E il pensiero di Rutilio fu sempre con lui, fino alla fine dei giorni della sua esistenza.

Quella fu l'ultima volta che Plauto rivide Roma.

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PARTE QUARTA - LE MONETE

Salve a tutti.

Con questa discussione intendo ultimare il lavoro che avevo svolto nelle precedenti descrivedo le imprese più famose di Druso Maggiore. Di seguito verranno proposte le monete che riportano il suo nome e la sua effige e che furono tutte coniate durante il regno di suo figlio, l'Imperatore Claudio.

Titoli: Nero Claudius Drusus (comunemente noto come Druso Maggiore) acquisì il titolo ereditario (per lui e per i suoi discendenti) di Germanicus dopo la sua morte, durante i solenni funerali che il fratello Tiberio organizzò in suo onore. Le sue ceneri furono deposte nel Mausoleo di Augusto mentre veniva salutato Imperator dalle legioni.

AU Aurei:

D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP, Testa di Druso Maggiore laureata a sinistra.

R/ DE GERM, Arco trionfale sormontato dalla statua equestre di Druso in abiti militari che galoppa a destra con una lancia nella mano tra due trofei di armi nemiche ai cui piedi giacciono inginocchiati due prigionieri germanici.

Rif.: RIC 69 (Claudius), Cohen 1, BMC 95.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R.

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D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa laureata di Druso Maggiore a sinistra.

R/ DE GERMANIS nell'architrave. Arco trionfale sormontato dalla statua equestre di Druso in abiti militari che avanza a sinistra con testa rivolta all'indietro, indicando una direzione dinanzi a sè con il bastone del comando. Il tutto tra due trofei di armi nemiche.

Rif.: RIC I 71 (Claudius); BMCRE 100 (Claudius); Cohen 3.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R2.

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D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa laureata di Druso Maggiore a sinistra.

R/ DE – GE – R – MA – NIS. Stendardo militare, due scudi, quattro lance e due trombe.

Rif.: Cohen 5. BMC (Claudius) 104. RIC (Claudius) 73.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R.

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AR Denari:

D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa laureata di Druso Maggiore a sinistra.

R/ DE GERM. Arco trionfale sormontato dalla statua equestre di Druso in abiti militari che galoppa a destra con una lancia nella mano tra due trofei di armi nemiche ai cui piedi giacciono inginocchiati due prigionieri germanici.

Rif.: RIC (Claudius) 70; BMC (Claudius) 97.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R.

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Modificato da Caio Ottavio
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D/ NERO CLAUDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa laureata di Druso Maggiore a sinistra.

R/ DE GERMANIS nell'architrave. Arco trionfale sormontato dalla statua equestre di Druso in abiti militari che avanza a sinistra con testa rivolta all'indietro, indicando una direzione dinanzi a sè con il bastone del comando. Il tutto tra due trofei di armi nemiche.

Rif.: RIC 72 (Claudius), RSC 4, BMC 101.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R.

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D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa laureata di Druso Maggiore a sinistra.

R/ DE GE-R-M-ANIS. Stendardo militare, due scudi, quattro lance e due trombe.

Rif.: RIC I 74 (Claudius); BMCRE 107 (Claudius); Cohen 6.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R2.

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AE Sesterzi:

D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa nuda di Druso Maggiore a sinistra.

R/ TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P. L'Imperatore Claudio assiso a sinistra su sedia curule regge un ramo e un rotolo. Sotto, un accumulo di armi e in esergo S-C.

Rif.: RIC 109 (Claudius), Cohen 8, BMC 208.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: NC.

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D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa di Druso Maggiore a sinistra.

R/ TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP. L'Imperatore Claudio assiso a sinistra su sedia curule regge un ramo e un rotolo. Sotto, un accumulo di armi e in esergo S-C.

Rif.: RIC I 93 (Claudius); BMCRE 157 (Claudius); Cohen 8.

Zecca: Roma.

Data: 41-42 d.C.

Rarità: C.

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D/ TI CLAVDIVS • CAESAR • AVG P M TR P • IMP • P • P • Testa laureata di Claudio a destra.

R/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMAN IMP. Arco trionfale a fornice unica con architrave sorretto da quattro colonne e decorato con al centro un frontone contenente simpulum e lituus, ai lati i clipei tondi. Il tutto sormontato dalla statua equestre di Druso Maggiore in abiti militari che galoppa a destra brandendo una lancia. Ai lati della statua, due trofei di armi nemiche composti da elmi gallici e scudi ovali. Ai lati dell'arco, S-C.

Rif.: RIC I 114; von Kaenel type 71; BMCRE 188; BN 213; Cohen 48.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: NC.

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D/ TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP. Testa laureata di Claudio a destra.

R/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMAN IMP. Arco trionfale a fornice unica con architrave sorretto da quattro colonne e decorato con al centro un frontone contenente simpulum e lituus, ai lati i clipei tondi. Il tutto sormontato dalla statua equestre di Druso Maggiore in abiti militari che galoppa a destra brandendo una lancia. Ai lati della statua, due trofei di armi nemiche composti da elmi gallici e scudi ovali. Ai lati dell'arco, S-C.

Rif.: RIC I 98; BMCRE 121-122; Cohen 48.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: NC.

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Contromarche:

AE sesterzio:

D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa nuda di Druso Maggiore a sinistra.

R/ TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P. L'Imperatore Claudio assiso a sinistra su sedia curule regge un ramo e un rotolo. Sotto, un accumulo di armi e in esergo S-C.

Rif.: RIC 109 (Claudius), Cohen 8, BMC 208.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R.

Contromarca: NCAPR in rettangolo incuso dietro la testa di Druso Maggiore al D/.

Rarità della contromarca: C.

Note sulla contromarca: A tutt'oggi non si è concordi su come sciogliere le lettere di questa contromarca. L'ipotesi più attendibile è che sia stata apposta sotto il regno di Nerone e che possa essere così letta. N(eronis) C(aesaris) A(uctoritate) PR(obatum) traducibile come "Approvato dall'autorità di Nerone Cesare." Ma la scoperta di una moneta di Vespasiano con al contromarca in oggetto ha riaperto la questione lasciando via libera a quest'altra ipotesi: N(erva) C(aesar) A(ugustus) PR(obavit), cioè "Nerva Cesare Augusto approvò".

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AR Didracma:

D/ NERO CLAVD DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa laureata di Druso Maggiore a destra.

R/ DE GERMANIS nell'architrave. Arco di trionfo sormontato dalla statua equestre di Druso Maggiore in abiti militari che avanza a destra, alzando un braccio, tra due trofei di armi nemiche.

Rif.: RIC I, 126.

Zecca: Caesaraea-Eusebia.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R4.

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E queste sono tutte le monete con Druso al momento presenti nel Catalogo Romane e tutt'oggi conosciute (provinciali a parte).

Druso

Grazie ancora Caio per questo splendido excursus!

Modificato da Mirko8710
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Awards

Ciao Caio Ottavio,

ottimo lavoro anche nella parte numismatica, dopo quella introdutiva, curata nei minimi dettagli anche nella veste grafica ed espositiva. :good:

Complimenti!

Illyricum

:)

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Grazie mille ad entrambi. :D Con questo credo di aver finito la ricerca su Druso Maggiore. Sono contento che vi sia piaciuta, e spero di non essere andato troppo per le lunghe. :lol:

E queste sono tutte le monete con Druso al momento presenti nel Catalogo Romane e tutt'oggi conosciute (provinciali a parte).

Druso

Grazie ancora Caio per questo splendido excursus!

Una bella panoramica, devo dire. :good: Solo un appunto: nella scheda CLM48 (http://numismatica-c.../moneta/R-DRC/3) il nominale non è "Denario" bensì "Dupondio", anche perchè alla voce Materiale c'è scritto AE. ;)

Modificato da Caio Ottavio
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Per le monete (tra cui i dupondi emessi in loro nome riportati nei nostri Cataloghi) dei fratelli maggiori di Caligola, Nerone e Druso Cesari, ho scritto quest'altra discussione: http://www.lamoneta.it/topic/84738-nero-et-drusus-caesares-le-vittime-dellinvidia/page__gopid__935358

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Allora, ho riunito i quattro post dell'Ottimo Caio! Inevitabilmente ho dovuto togliere i nostri commenti riguardanti i soli apprezzamenti fra una parte e l'altra, altrimenti sarebbe stato inutile :) Adesso possiamo rifarli... :D

Vi prego di confermarmi che la discussione sia fruibile senza mancanze o quant'altro.

Ancora complimenti Caio! :clapping:

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Awards

Va bene, Mirko: sembra non manchi nulla. :)

Grazie a te, per la cura di questa discussione, e a tutti per il loro interesse. ;)

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Contromarche:

AE sesterzio:

D/ NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa nuda di Druso Maggiore a sinistra.

R/ TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P. L'Imperatore Claudio assiso a sinistra su sedia curule regge un ramo e un rotolo. Sotto, un accumulo di armi e in esergo S-C.

Rif.: RIC 109 (Claudius), Cohen 8, BMC 208.

Zecca: Roma.

Data: 41-45 d.C.

Rarità: R.

Contromarca: NCAPR in rettangolo incuso dietro la testa di Druso Maggiore al D/.

Rarità della contromarca: C.

Note sulla contromarca: A tutt'oggi non si è concordi su come sciogliere le lettere di questa contromarca. L'ipotesi più attendibile è che sia stata apposta sotto il regno di Nerone e che possa essere così letta. N(eronis) C(aesaris) A(uctoritate) PR(obatum) traducibile come "Approvato dall'autorità di Nerone Cesare." Ma la scoperta di una moneta di Vespasiano con al contromarca in oggetto ha riaperto la questione lasciando via libera a quest'altra ipotesi: N(erva) C(aesar) A(ugustus) PR(obavit), cioè "Nerva Cesare Augusto approvò".

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Vorrei aggiungere a questa interessante discussione una nota non trascurabile riferita alla contromarca NCAPR, vi invito a tal proposito a leggere l'interessante lavoro pubblicato sulla RIN n° 110 del 2009 (pagg. 233-260) ad opera di Giacomo Pardini, studioso e archeologo:

partendo dagli scavi condotti dall'autore sulle pendici nord-orientali del Palatino, sono state pubblicate due monete rinvenute in un contesto perfettamente databile e riconducibile a Nerone; l'autore cita anche due monete di Vespasiano con contromarca NCAPR e spiega come questo si possa giustificare. In sostanza sembrerebbe trattarsi di due bronzi di Vespasiano riconiati su due tondelli precedenti e già riportanti la contromarca.

post-66-0-10539600-1326727491_thumb.jpg

Immagine tratta da RIN 2009 - Vol. CX

Delle due, quella conservata al museo di Saintes (Francia), è quasi certamente un riconio dal momento che, aggiungo io, al rovescio si vede abbastanza bene una corona di alloro/quercia (del tipo visibile su assi e dupondi di Augusto) come sottotipo. Per quanto riguarda invece l'esemplare della collezione Pangerl risulta invece anomala (come anche l'esemplare di Saintes del resto) la posizione della contromarca che solitamente risulta essere posta in una posizione predeterminata e vincolata dall'effige monetale al fine di consentirne una migliore lettura mentre, nel caso dei due esemplari di Vespasiano le contromarche sembrano casuali ed obliteranti, seppur parzialmente le legende (Von Kaenel 1984 pag. 99 e Martini 2003 pp 20-21).

Queste considerazioni, unite alla datazione di due monete contromarcate e rinvenute in contesto certo ed attribuibile a Nerone, porterebbero verso lo scioglimento definitivo dei dubbi riguardanti questa interessantissima contromarca.

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  • 9 anni dopo...

Complimenti vivissimi agli autori di questa interessante disanima della monetazione di Druso Maggiore.

A tal proposito posto la scheda della mia moneta con contromarca. Le note le avevo a suo tempo estratte dal WEB e

come potete notare sono discordanti nella interpretazione della contromarca e danno anche una spiegazione della stessa...

Non so quanto fondamento possano avere e mi interesserebbe una vostra opinione, anche riguardo alla moneta.

 

Grazie,

Marco

9-Nero Claudius Druso-sesterzio.jpg

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Ciao, l'interpretazione della contromarca che riporti (Nero Caesar Augustus Populo Romano) è preferita anche da Baker nel suo "THE COUNTERMARKS FOUND ON ANCIENT ROMAN COINS: A BRIEF INTRODUCTION". Ma a me pare su basi un pò deboli (parte evidenziata in neretto):

N CAPR - Here we have the commonest of all the early Imperial countermarks. However, not all the authorities agree on what the letters mean. It was struck upon the base metal coinage during the first eight to ten years of Nero's reign when only gold and silver was minted in his name from the mint of Rome. Speculation as to why it was used and what its translation is varies according to which theory one adheres to. Theese are the two most commons translations:
1. Nero Claudius Augustus Probavit. Roughly, "with the approval of Nero Claudius, the Augustus."
2. Nero Claudius Augustus Populo Romano. Roughly, "from Nero Claudius, the Augustus, to the people of Rome."
In the first case it is the revalidation of the coins of Nero's three immediate predecessors (Tiberius, Caligula and Claudius).
But in the second instance it is a "congiarium" or public dole given by Nero sometime after his succession to the throne. Originally in the form of wine or grain it later developed into the custom of monetary donations given by the emperors to the populace of Rome.
Since the greater majority of those specimens found to date are from either the mint of Rome or Lugdunum and also show very little wear to necessitate countermarking, I hold with the second of the two translations.

La maggior parte degli Autori, come quelli citati sopra nei post del 2012, condividono invece l'ipotesi classica che si tratti di "Nero Caesar Augustus Probavit" o "Neronis Caesaris Auctoritate Probatum"

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