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Prime attestazioni di piccoli veronesi


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Buongiorno.

In un documento aquileiese del 1296 (un privilegio concesso dal Patriarca agli abitanti di Sappada) si menziona un fitto di "44 libbre di piccoli veronesi" corrisposto dai Sappadini ab antiquo, fitto che il Patriarca Raimondo della Torre raddoppia proprio con quell'atto.

L’espressione ab antiquo e la somma di 44 libbre di Veronenses parvi fino a quali anni ci consentono di risalire? Una tale somma potrebbe essere stata fissata alla fine dell’XI secolo o bisogna piuttosto pensare al XII?

Grazie.

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Anche i denari piccoli coniati ad Aquileia a partire da Gregorio (1251-1269) erano detti ''veronesi''.

Per quanto riguarda la zecca di Verona i primi denari furono coniati nella prima metà del X secolo e la loro produzione diventa abbondante nel corso dell'XI.

Arka

Modificato da Arka
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Anche i denari piccoli coniati ad Aquileia a partire da Gregorio (1251-1269) erano detti ''veronesi''.

Per quanto riguarda la zecca di Verona i primi denari furono coniati nella prima metà del X secolo e la loro produzione diventa abbondante nel corso dell'XI.

Arka

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Quindi Raimondo della Torre potrebbe far riferimento ad un fitto stabilito da un suo predecessore anche alla fine dell'XI secolo.

Non so se ci siano attestazioni di lire di piccoli veronesi in documenti risalenti a quel periodo.

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Se si fossero riportati i termini di un contratto antico anche nella valuta questa sarebbe stata con ogni probabilità indicata in Denari frisacensi.

Naturalmente è possibile che si parlasse di ciò che si pagava "ab antiquo" indicando la somma con un una diversa terminologia.

Ma sei certo che nel documento si parli di LIBBRE di piccoli veronesi?

Non si parla invece di LIRE?

Nei contratti si usava spesso definire i pagamenti in lire di piccoli invece che in lire di denari, soggetti questi ultimi a fluttuazioni di valore, mentre i piccoli erano comunque la base certa.

Un denaro valeva "XIV Veronenses parvi".

Una lira valeva 20 denari e quindi 280 piccoli; se nel contratto si fosse parlato di 44 lire di piccoli il pagamento stabilito dal contratto era di 880 denari.

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La lira di piccoli veronesi a fine Duecento è ormai una moneta di conto. A Sappada probabilmente corrisponde ad un pagamento in grossi di Merano. Su questo tema Saccocci ha scritto un saggio qualche anno fa che si intitola "Monete venete in documenti tedeschi", riedito anche nel volume "appunti di storia monetaria..."

In questo contesto il termine LIBBRA è solo un latinismo ma significa sicuramente "lira", non libbra in senso di unità di peso.

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Credo che per datare il contratto precedente a quello di Raimondo sia necessaria una considerazione.

In Friuli la distinzione tra ''grossi'' e ''piccoli'' fu sostituita da quella tra ''denari'' e ''veronesi piccoli'', poi chiamati semplicemente ''piccoli''. I denari sono quelli frisacensi e, successivamente, quelli aquileiesi, che circolavano come multipli dei denari veronesi (che pure circolavano in Friuli) con un rapporto iniziale di 1:12 e successivamente di 1:14. E' improbabile che il contratto in ''lire di veronesi piccoli'' sia stato chiamato così prima dell'introduzione del grosso (fine del XII sec.) e quindi della fine del XII secolo, quando si cominciò a fare la distinzione.

Arka

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Mi riprometto di inviarvi un messaggio di risposta domani, con più calma.

Da una più attenta analisi del documento del 1296 risulta che:

• è Ermanno, decano di Sappada, a far presente al patriarca Raimondo della Torre che ab antiquo i Sappadini pagavano una tassa annuale di «44 libbre di piccoli veronesi» (quadraginta quattuor libre dicte monete pro fictu predicto antiquo prout idem Hermanus dicebat [...] consueverunt solvere ab antiquo), tant’è che Raimondo precisa: «se si trovasse che corrispondevano di più [più di 44 lire] ab antiquo, corrispondano di più», quindi più di 88 lire;

• Raimondo non menziona alcun atto precedente di concessione, come se questo fosse andato perduto o non fosse mai stato redatto;

• Raimondo raddoppia il fitto a octuaginta et octo libras Veronensium parvorum, esentando così i Sappadini da ogni altro obbligo (hiis solutis ab omnibus aliis angariis, perangariis et onoribus);

• tale somma è da ritenersi inferiore a quanto il Patriarca avrebbe potuto richiedere, proprio in considerazione delle difficili condizioni di vita e di lavoro sofferte dai Sappadini a causa del clima rigido (temperiem aeris frigiditatis) — cioè del peggioramento climatico del XIII secolo.

Alcuni studiosi austriaci, sulla base di comparazioni storico-linguistiche, han calcolato che la fondazione di Sappada, isola linguistica tedesca di origine pustero-carinziana, possa risalire agli anni attorno al 1270.

Alberto Peratoner (Sappada / Plodn. Storia, etnografia e ambiente naturale, Pieve di Cadore, 2002, Tiziano Edizioni, pp. 59-60; Documenti per la storia di Sappada / Plodn. 1295-1907, Pieve di Cadore, 2005, Tiziano Edizioni: pp. 4-7; cfr. http://www.isoleling...odnSappada.page), proprio sulla base dell’«ab antiquo», anticipa invece la datazione degli insediamenti di Sappada alla fine dell’XI secolo (“antico” = di almeno duecento anni fa). Però non tiene conto delle lire di piccoli veronesi (friul. vuornês), che stando a Il Nuovo Pirona (s. v. pìzzul), erano la «moneta di conto del Patriarcato nei sec. XIII, XIV».

Che le lire di piccoli veronesi debbano far pensare ad un periodo non antecedente alla fine del XII secolo è plausibile. Forse il decano Ermanno immaginava che le 44 lire fossero un fitto pagato dai Sappadini veramente «dai tempi antichi», forse dagli inizi della colonizzazione tedesca — che potrebbero risalire al XII secolo (alla prima metà, quando il clima era più clemente?).

Purtroppo non sappiamo quale formula usata da Ermanno sia stata tradotta con «ab antiquo» nel latino notarile-cancelleresco di fine XIII secolo.

Menziono due altri documenti per un confronto:

1) «nel 1186 Dituinello, gastaldo di Guecello da Camino, investe gli abitanti di Candide del monte Ombrio per cento lire veronesi» (Piergiorgio Cesco-Frare) — non so se si tratti già di lire di piccoli veronesi;

2) in un «atto testamentario» del 2 agosto 1295 (che contiene la prima menzione di Sappada: Sapata), un donatore di Comeglians lascia, tra l’altro, annuatim et in perpetuum, decem denarios Aquilegensis monete alla Pieve di S. Maria di Gorto, duos denarios alla chiesa di Sappada, sex libras denariorum Aquilegensis monete al camerario della Pieve di Gorto (A. Peratoner, Documenti per la storia di Sappada / Plodn. 1295-1907, Pieve di Cadore, 2005, Tiziano Edizioni: pp. 2-4).

Locronan

Modificato da Locronan
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Nel documento del 1186, giustamente, non si fa distinzione tra lira di piccoli e lira di grossi, cosa che succederà abitualmente nei decenni a venire.

Arka

Confermo: si tratta proprio di «cento lire veronesi» (cfr. Giandomenico Zanderigo Rosolo, Appunti per la storia delle Regole del Cadore nei secoli XIII-XIV, Belluno, Istituto Bellunese di Ricerche sociali e culturali, 1982 (Serie “Storia”, n. 10), pp. 241-2).

Locronan

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Innanzitutto un chiarimento sul termine "antiquus": era normale con tale espressione identificare le persone anziane che prendevano parte ai processi in qualità di testimoni. Quando si voleva dirimere una questione invocando le consuetudini del luogo si chiamavano le persone anziane, la cui memoria andava indietro nel tempo di una al massimo due generazioni. In assenza di una cultura scritta o di archivi che preservassero la memoria, il ricordo dell'anziano valeva come diritto consuetudinario. L'"antiquus homo" attestava quindi che da 40-50 o magari 60 anni vigeva l'"usum antiquum" di comportarsi in un certo modo o di pagare un certo censo. Che poi quella consuetudine fosse vecchia di 50 o di 500 anni sono altri elementi che possono dimostralo, non certo un'attestazione monetaria così tarda.

Per quanto riguarda l'espressione "denari veronesi piccoli" finora la ricerca numismatica ha individuato le più antiche attestazioni a Verona nel 1247. Trattandosi però di un passo di una cronaca più tarda il suo valore è fortemente dubbio. Nei ripostigli il grosso veronese compare solo a metà del Duecento e l'uso della moneta di conto di "denari veronesi piccoli" si diffonde davvero solo dopo la metà del secolo, cosicchè è perfettamente coerente con i formulari notarili trovarli citati nel 1296. Perciò, se anche fosse esistito un precedente atto della prima metà del Duecento, questo con ogni probabilità non avrebbe parlato di denari veronesi "piccoli". Per spiegare quanto fallaci siano le datazioni basate sulle citazioni monetarie basta ricordare che spesso, quando un notaio eseguiva una copia di un atto più antico, di fronte a citazioni monetarie ambigue molto spesso non esitava ad aggiornare la moneta di conto utilizzata. Il principio era "nihil addens vel minuens quod sententiam mutet" ovvero senza aggiungere o togliere alcuna cosa che mutasse il senso del negozio giuridico, ma se un'aggiunta serviva a comprendere meglio l'obbligazione giuridica, si aggiungeva senza farsi troppi riguardi.

Spero di essere stato di qualche aiuto anche per la storia di Sappada!

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Innanzitutto un chiarimento sul termine "antiquus": era normale con tale espressione identificare le persone anziane che prendevano parte ai processi in qualità di testimoni. Quando si voleva dirimere una questione invocando le consuetudini del luogo si chiamavano le persone anziane, la cui memoria andava indietro nel tempo di una al massimo due generazioni. In assenza di una cultura scritta o di archivi che preservassero la memoria, il ricordo dell'anziano valeva come diritto consuetudinario. L'"antiquus homo" attestava quindi che da 40-50 o magari 60 anni vigeva l'"usum antiquum" di comportarsi in un certo modo o di pagare un certo censo. Che poi quella consuetudine fosse vecchia di 50 o di 500 anni sono altri elementi che possono dimostralo, non certo un'attestazione monetaria così tarda.

Per quanto riguarda l'espressione "denari veronesi piccoli" finora la ricerca numismatica ha individuato le più antiche attestazioni a Verona nel 1247. Trattandosi però di un passo di una cronaca più tarda il suo valore è fortemente dubbio. Nei ripostigli il grosso veronese compare solo a metà del Duecento e l'uso della moneta di conto di "denari veronesi piccoli" si diffonde davvero solo dopo la metà del secolo, cosicchè è perfettamente coerente con i formulari notarili trovarli citati nel 1296. Perciò, se anche fosse esistito un precedente atto della prima metà del Duecento, questo con ogni probabilità non avrebbe parlato di denari veronesi "piccoli". Per spiegare quanto fallaci siano le datazioni basate sulle citazioni monetarie basta ricordare che spesso, quando un notaio eseguiva una copia di un atto più antico, di fronte a citazioni monetarie ambigue molto spesso non esitava ad aggiornare la moneta di conto utilizzata. Il principio era "nihil addens vel minuens quod sententiam mutet" ovvero senza aggiungere o togliere alcuna cosa che mutasse il senso del negozio giuridico, ma se un'aggiunta serviva a comprendere meglio l'obbligazione giuridica, si aggiungeva senza farsi troppi riguardi.

Spero di essere stato di qualche aiuto anche per la storia di Sappada!

Grazie per le preziose informazioni-precisazioni.

Dunque, se ho ben capito, un fitto di 44 lire di piccoli veronesi non può esser stato fissato da un Patriarca di Aquileia prima della metà del 1200, e tanto meno prima della fine del 1100 (come la risposta di Arka del 5 aprile lascerebbe pensare).

Francamente, una cinquantina d'anni mi pare un periodo troppo breve per giustificare l'ab antiquo usato dal decano di Sappada. A meno che tale determinazione non sia stata scelta ad arte per "imbrogliare" Raimondo della Torre: è da tempi antichi che paghiamo 44 lire, quindi non c'è motivo di cambiare tale tassa annuale; o, più semplicemente, che il decano credesse veramente che questa risalisse ad un'epoca ben più antica.

Si può piuttosto supporre che in precedenza i Sappadini pagassero un fitto in altra moneta di conto [lire (di denari) veronesi o frisacensi...], ricalcolato in lire di piccoli veronesi da Raimondo o più probabilmente un suo predecessore. Così non vi sarebbe contraddizione con l'ipotesi di una fondazione di Sappada databile al XII secolo, o perfino a fine XI. O sto forse commettendo qualche errore?

Purtroppo, non son riuscito a rintracciare alcun altro antiquus nei documenti relativi a Sappada di fine XIII secolo e del XIV. Vi si parla sempre di homines, habitatores, habitantes, mai di antiqui homines (formula che mi richiama alla mente, invece, le Leggi Longobarde).

Mi piacerebbe sentire anche il parere di chievolan e rob (che, ovviamente, non posso contatare).

Locronan

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Il mio discorso poneva un limite temporale basato sul fatto che una distinzione tra lire di piccoli e lire di grossi non aveva alcun senso prima dell'introduzione del grosso cosa che avvenne nell'ultimo decennio del XII secolo. Nei documenti, da quanto mi ricordo, si comincia a parlare di lire di piccoli negli anni trenta del XIII secolo, ma quando tale termine arrivò sui documenti poteva già essere in uso nei contratti non scritti.

Arka

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Il mio discorso poneva un limite temporale basato sul fatto che una distinzione tra lire di piccoli e lire di grossi non aveva alcun senso prima dell'introduzione del grosso cosa che avvenne nell'ultimo decennio del XII secolo. Nei documenti, da quanto mi ricordo, si comincia a parlare di lire di piccoli negli anni trenta del XIII secolo, ma quando tale termine arrivò sui documenti poteva già essere in uso nei contratti non scritti.

Arka

Che le lire di piccoli veronesi fossero utilizzate come moneta di conto nel XIII secolo sta scritto anche nel vocabolario Il Nuovo Pirona, che non è opera di numismatici.

A quanto pare, non si sa / non si può dire, in base ai documenti e ai ritrovamenti monetali, se tali lire fossero già usate nei primi decenni del XIII, o magari già nel XII secolo (per lo meno verso la fine).

Locronan

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Mi sembra che il discorso fosse quello di stabilire una data per ''ab antiquo''. Dato che l'introduzione del grosso è del 1294 circa, escluderei il secolo XII. Tenendo conto delle due generazioni citate da Mfalier si potrebbe ipotizzare gli anni trenta - quaranta del XIII secolo.

Arka

Modificato da Arka
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Che le lire di piccoli veronesi fossero utilizzate come moneta di conto nel XIII secolo sta scritto anche nel vocabolario Il Nuovo Pirona, che non è opera di numismatici.

Su Il Nuovo Pirona, alla voce Pìzzul, si dice correttamente che le liris di pìzzui costituivano la moneta di conto del Patriarcato nei secoli XIII-XIV; sotto la voce Vornéis gli esempi citati sono tratti da documenti del XV secolo, quando in Friuli circolavano per lo piùpiccoli di Aquileia, Venezia e Padova, ma il nome era rimasto.

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I piccoli veronesi nel XIII secolo hanno rappresentato, nell'Italia del Nord-Est, la valuta minuta circolante più importante, ed il loro successo ha valicato le Alpi venendo ben accolte nel sud della Germania e nella parte orientale della Svizzera.

La coniazione dei c.d. crociati risalirebbe almeno al 1185 (Rinvenimenti nella tomba di papa Lucio III sepolto in Verona nel 1185; menzione in un documento del 1189).

Certamente, per vedere citati i piccoli veronesi in un documento della Patria del Friuli come moneta di conto di un contratto, dobbiamo aspettarci che la loro affermazione fosse "piena". Quindi, se in quel contratto erano inizialmente citate lire di piccoli veronesi quel contratto secondo me non potrebbe risalire nè al XII sec, nè ai primi decenni del XIII, quindi anche se si cita la formula "ab antiquo" non ci si dovrebbe riferire a molti anni prima; ritengo il discorso fatto da Mfalier in proposito molto convincente.

Naturalmente nulla vieta, come già è stato detto, che si parlasse in quel documento di piccoli veronesi ma che originariamente il contratto fosse stato stipulato con altra moneta (denari).

Modificato da chievolan
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I piccoli veronesi nel XIII secolo hanno rappresentato, nell'Italia del Nord-Est, la valuta minuta circolante più importante, ed il loro successo ha valicato le Alpi venendo ben accolte nel sud della Germania e nella parte orientale della Svizzera.

La coniazione dei c.d. crociati risalirebbe almeno al 1185 (Rinvenimenti nella tomba di papa Lucio III sepolto in Verona nel 1185; menzione in un documento del 1189).

Certamente, per vedere citati i piccoli veronesi in un documento della Patria del Friuli come moneta di conto di un contratto, dobbiamo aspettarci che la loro affermazione fosse "piena". Quindi, se in quel contratto erano inizialmente citate lire di piccoli veronesi quel contratto secondo me non potrebbe risalire nè al XII sec, nè ai primi decenni del XIII, quindi anche se si cita la formula "ab antiquo" non ci si dovrebbe riferire a molti anni prima; ritengo il discorso fatto da Mfalier in proposito molto convincente.

Naturalmente nulla vieta, come già è stato detto, che si parlasse in quel documento di piccoli veronesi ma che originariamente il contratto fosse stato stipulato con altra moneta (denari).

Grazie.

Credo che quest'ultimo sia l'intervento che va a chiarire ogni questione in modo, direi quasi, definitivo.

Locronan

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I crociati furono la risposta di Verona ai nuovi denari di Venezia. I precedenti denari veronesi hanno avuto una circolazione ancora più ampia dei crociati (sono i famosi ''bernesi'') nel secolo XI e XII. Il problema non sono i denari fisici, ma la valuta di conto.

Arka

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Grazie.

Credo che quest'ultimo sia l'intervento che va a chiarire ogni questione in modo, direi quasi, definitivo.

Locronan

Eeeeeh .... magari! ;)

Poiché non sono un esperto in campo numismatico e mi sono ritrovato con un problema storico complesso da dover risolvere senza disporre delle necessarie conoscenze e fonti documentali, una volta ottenuta una spiegazione su cui concordano più utenti di rilievo del forum, ho pensato si fosse giunti a chiarire "in modo, direi quasi, definitivo" ogni questione relativa al documento redatto nel 1296 e alle origini di Sappada.

Se qualcuno vorrà aggiungere altri contributi personali ben venga, purché si tenga sempre presente di quali vicende e luoghi si tratta.

Locronan

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