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La moneta nei traffici commerciali mondiali


Matteo91

Risposte migliori

Ho sempre apprezzato la storia economica, mi è sempre piaciuto come argomento, ma non l'ho mai approfondito più di tanto. Matteo91 mi ha dato l'input per approfondire finalmente questo argomento da autodidatta, sin dove posso ovviamente :D

Quindi chiedo: mi sapreste consigliare degli ottimi libri che trattano la storia economica? Come periodo mi interesserebbe quello posteriore al 1492 quando si aprono le rotte commerciali con le Americhe, se avete qualche buon titolo da darmi, io son qua :P

Modificato da collezionistabari
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Collezionistabari mi accodo alla tua domanda :)

Una visione d'insieme me l'ha data il mio libro di storia economica dell'uni :"Una storia economica d'Europa - dall'espansione allo sviluppo".

Ma non approfondisce molto i commerci e le rotte..

ps: grazie comunque :) sono contento di aver stimolato qualcuno a conoscere cose nuove.

Io stesso ho trovato un nuovo stimolo nella numismatica e nel collezionismo partendo dalla storia per poi arrivare alle monete..Era quello che mi mancava ;)

Modificato da Matteo91
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Segnalo questa discussione di Rorey36 sugli 8 reales spagnoli http://www.lamoneta...._15#entry993966.

Edit: il link corretto è questo: http://www.lamoneta.it/topic/89941-macuquinas-monete-coloniali-spagnole/page__pid__995451#entry995451

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Buona serata

scusate se riprendo il mio argomento da dove l'ho lasciato, ma mi sono reso conto che, affermando l'importanza della presenza degli ebrei a Venezia, senza offrire alcun esempio al riguardo, poteva essere immaginata come una affermazione fine a se stessa e poco pertinente agli interessi commerciali del periodo in parola.

Vi porto quindi l'esempio di Giuseppe Nasi alias Joao Miquez (…..- 1579) portoghese di Lisbona, marrano (ebrei che per forza o convenienza, abiurarono la fede giudea per abbracciare formalmente quella cattolica, ma che, nella stragrande maggioranza dei casi, continuarono segretamente nella loro professione di fede originaria, mantenendo anche tutti i contatti con le varie comunità sparse per l'Europa); probabilmente sefardita e nipote della ricchissima Donna Grazia Nasi.

Durante la gioventù visse in Spagna, assumendo il cognome Mendez (o Mendes), stringendo amicizia con l'allora giovane Massimiliano Asburgo, nipote di re Carlo I di Spagna, che gli aprì le porte della corte spagnola e dei benefici che ciò comportava, compresi ricchissimi emolumenti ed interessi pecuniari. (piove sempre sul bagnato)

Quando i Mendez caddero in disgrazia, Joao tornò in Portogallo e constatato che la loro presenza si faceva "pericolosa" a causa dell'inquisizione, scappò ad Anversa, nelle Fiandre, con la zia Donna Grazia. Qui ebbe ripetuti contatti con Guglielmo I d'Orange e determinante fu il suo ruolo nel provocare la guerra degli ottant'anni tra ribelli olandesi e la Spagna, conflitto, questo, che favorì indirettamente i turchi.

Dopo gli studi nell'università di Lovanio, nel 1457, altra fuga a causa dell'inquisizione, prima in Francia e poi a Venezia.

A causa di uno degli ultimi pogrom operati da Venezia, il nostro Giuseppe Nasi abbandona la città e giunge alla corte di Solimano I e grazie ai suoi molteplici contatti in Europa, diventa un diplomatico d'alto rango e come ricompensa dei suoi servigi, il nuovo sultano Selim II lo nomina Duca di Nasso.

In questa invidiabile posizione, l'acredine nei confronti di Venezia, ebbe buon gioco e facendo leva sugli ebrei  ciprioti, riuscì ad interferire negativamente nella contesa che aveva oggetto l'isola, tra Venezia e Istambul, provocando l'occupazione della stessa da parte di quest'ultima. Non solo, riuscì – tanto per complicare ed incattivire la situazione – a provocare la cacciata degli ebrei da Famagosta nel 1568.

Nel 1570 un tal Righetto, arrestato a Venezia per aver tentato di incendiare l'Arsenale, era un parente del Nasi.

Giuseppe Nasi lo ritroviamo anche in Terra Santa, nell'impresa di ripopolamento ebreo di Tiberiade e Safad; qui fece ricostruire le mura cittadine e avviò la produzione e la lavorazione della seta; incentivò anche l'immigrazione degli artigiani ebrei per sviluppare l'industria; non riuscì invece nell'impresa di trasferire gli ebrei provenienti dallo Stato Pontificio, a causa della guerra di Cipro.

Alla morte di Selim II la sua influenza a corte svanì, ma fino alla sua morte riuscì a mantenere i suoi titoli e la pensione.

Scusate l'OT, ma ci tenevo ad evidenziare la figura di un personaggio ebreo che, col denaro e con le amicizie, riuscì a cambiare in parte il corso della storia, dei conseguenti traffici mercantili ed a modificare le politiche commerciali pur non essendo tra i nomi cospicui della storiografia, anzi, forse è tra quelli in parte trascurati.

Se è vero che tante iniziative sono state rese possibili dal denaro e dai banchieri (leggasi Fugger), tante altre sono avvenute in maniera più sommessa, ma non meno importante ad opera dei finanziatori ebrei.

Saluti

Luciano

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Anche se ha un'attinenza relativa con la domanda, essendo appassionato della storia della pirateria nei Caraibi, che fiorì nella seconda metà del XVII secolo, mi piacerebbe sapere (se qualcuno ne è a conoscenza), che tipo di monete circolavano all'epoca in quell'area oltre ai caratteristici "pezzi da otto" spagnoli. Voglio dire, a quell'epoca avremmo trovato la sterlina di Carlo II Stuart a Saint Kitts, lo scudo di Luigi XIV a Guadalupa o i ducatoni olandesi a Curacao? O circolavano le monete spagnole anche nei Caraibi non-spagnoli?

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  • 2 mesi dopo...

Riprendo questa discussione a distanza di qualche mese per porvi un altro quesito.

Abbiamo discusso su quelle che erano le monete utilizzate nei traffici commerciali dopo la scoperta del nuovo mondo; ma prima?

Quali erano le monete più importanti prima della scoperta dell'America?

Riprendendo gli interventi di Luciano, Venezia fu una delle maggiori "potenze" commerciali e lo zecchino la moneta più importante.

Leggendo altre discussioni, un ruolo importante lo ebbe sin dal 1200 anche il Grosso, o sbaglio?

Per quel che riguarda Genova e altre città?

Forse sono argomenti già trattati, visti e rivisti: però mi fa piacere proporlo e leggere le vostre risposte o, se ne avete, suggerimenti su testi e libri che affrontano tali tematiche.

Grazie,

Matteo :)

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Buona giornata

Per trovare e conoscere il "denaro", bisogna inseguire il "mercato"..... ^_^

Voglio dire che a seconda delle epoche, si sono sviluppati dei "mercati" diversi dal punto di vista geografico, dove era concentrato più che altrove l'import-export; non solo, ma c'erano mercati specializzati per l'acquisto di determinate merci. Esistevano poi città, come Venezia; dove si produceva poco, ma si trovava tutto e quindi costituiva un importante nodo di transito e commercio.

Al tempo del Grosso e successivamente con il Ducato d'oro (poi Zecchino) Venezia ha potuto monopolizzare - o quasi - determinati commerci tra il nord Europa, da cui importava pelli e pellicce, metalli preziosi e non; che in buona parte esportava verso l'Africa ed il medio Oriente; da qui importava seta, spezie, legni pregiati; tutte mercanzie che facevano il viaggio inverso.

Il discorso vale anche per il grano pugliese, i vini di Cipro e Creta.....tutte merci che, grazie alle navi veneziane, solcavano i mari Mediterraneo, Nero, ma anche l'Atlantico per arrivare nei Paesi Bassi, l'Inghilterra, ecc. ecc. a seguire queste merci, c'era ovviamente il denaro che ho citato, vera valuta internazionale insieme ai lingotti.

Lo stesso vale per città come Genova, Firenze, Milano....anch'esse avevano delle "sfere d'influenza" nelle quali gestivano i loro traffici e nei quali preferivano presenziare; Genova, al pari di Venezia, era una potenza commerciale marittima che doveva la sua "grandezza", proprio al fatto che possedeva una imprenditoria marinara che con le navi solcava tutti i mercati rivieraschi.

Firenze e Milano dovevano arrangiarsi diversamente e quindi usare le vie "commerciali" per antonomasia, come la via francigena, che conduceva alle famose fiere della Champagne e la svolgere i loro mercati di acquisto e/o vendita, oppure imbastire dei trattati commerciali con città marinare che consentisse alle loro merci di arrivare a destinazione tramite le navi mercantili.

E' da queste considerazioni che possiamo poi determinare il tipo di valuta preferita.

In alcuni stati l'uso del Fiorino o Genovino o Zecchino, erano indice di preferenza nei commerci con l'una o l'altra città; Venezia ebbe la preminenza su tutte, non fosse altro che per il lunghissimo periodo di indipendenza della quale beneficiò e dell'altrettanto lunghissimo periodo di battitura delle sue monete.

Con lo scoprimento di nuove rotte commerciali o di nuovi mercati, si spostava anche il baricentro dell'economia e poteva accadere che uno Stato con un mercato proficuo per la commercializzazione di una determinata merce, decadesse dopo lo scoprimento di rotte alternative e più economiche condotte da altre Nazioni. :angry:

E' ad esempio il caso dei portoghesi che, dopo aver scoperto grazie a Vasco de Gama la possibilità di arrivare ai mercati africani e asiatici produttori di spezie doppiando il Capo di Buona Speranza, si trovarono ad aver minori spese rispetto a quelle che dovevano affrontare i veneziani che acquistavano le stesse nei porti di Caffa, Alessandria, Tiro.

Non parliamo poi di ciò che avvenne con la scoperta dell'America...

Perdona se sono stato molto sintetico, ma l'argomento è vastissimo.... ^_^

Saluti

Luciano

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  • 3 settimane dopo...

Ciao Luciano,

scusa se rispondo così tardi ma in vacanza non ho la possibilità di connettermi spesso. Grazie per la risposta che trovo invece esauriente e che offre molti spunti per ulteriori approfondimenti. E' un argomento sul quale sono sicuro torneremo in futuro con nuovi interventi.

Peccato che vi abbiano partecipato poche persone anche se molte avranno sicuramente letto :)

Grazie,

Matteo

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Ciao Matteo

Anch'io sono in ferie e ho grossi problemi di connessione; credo anch'io che il periodo non sia il più felice per intavolare discussioni di cosi ampio respire.

Tra ferie e problemi di connessione..... :(

Essere riuscito oggi a connettermi, ha del miracoloso.

Saluti

Luciano

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  • 10 anni dopo...
Il 31/3/2012 alle 11:28, Matteo91 dice:

Ciao a tutti :)

Avendo studiato un "mattone" di storia economica per un esame all'università; ho avuto modo di studiare, in maniera globale e non molto approfondita, la realtà economica di 400, 500, 600, 800 e 900 (il 700 non era in programma :whome: ).

Diciamo che l'esame ha stimolato la curiosità di conoscere le monete che erano mezzo di scambi commerciali.

Faccio una brevissima e banalissima traccia di sfondo per poi arrivare al dunque :)

Gli scambi commerciali si sono intensificati con le nuove scoperte geografiche e con lo sviluppo della navigazione, cartografica, ecc..

Le principali nazioni che solcarono i mari furono inizialmente Spagna e Portogallo nel 400; successivamente raggiunte e scavalcate da Olanda e Inghilterra nel 500 e nel 600.

Gli scambi commerciali avvenivano con America, Asia e Africa. Principalmente erano scambi con colonie europee ed ogni nazione aveva rapporti e politiche commerciali differenti con le realtà extraeuropee...

Ora arrivo al dunque: gli scambi commerciali con paesi extraeuropei avvenivano con merci e metalli preziosi ma anche con monete.

Quali furono le monete che "solcarono i mari" in queste epoche? E quali furono gli strumenti di pagamento utilizzati da queste nazione ne traffici del 400, 500 e 600?

Spero di aver reso l'idea di ciò che mi piacerebbe conoscere e vedere con qualche foto magari :)

Grazie,

Matteo

 

Tema a mio avviso di grandissimo interesse che meriterebbe di essere riesumato e approndito, i viaggi, le esplorazioni, i commerci, le monete e le interconnessioni economiche e culturali tra l'Europa e gli altri continenti avvenute a partire dal medioevo, precisamente dal XII secolo con l'inizio delle crociate, sono il punto di avvio di quel processo di sempre più vasta e diffusa interazione tra i vari punti del mondo che oggi denominiamo con il termine globalizzazione, osservare questo processo dal particolare punto di vista degli scambi commerciali e delle monete usate è sicuramente non poco suggestivo e anche in un certo senso illuminante storicamente, la moneta in effetti ha svolto in quelle interazioni un ruolo tutt'altro che marginale e secondario.

Questo tema in particolare l'ho personalmente approfondito costituendo delle sezioni specifiche nella mia biblioteca numismatica, sezioni dedicate alla numismatica bizantina e islamica, alle monete e alla storia monetaria ed economica di Venezia, di Genova, dell'Oriente Latino, degli stati crociati e del levante mediterraneo, per arrivare alle monete usate negli scambi della vastissima zona dell'Oceano Indiano, area, come si vedrà, che ha costituito il vero epicentro del processo di globalizzazione fin dagli albori medievali...

A tal proposito mi piacerebbe accompagnare il discorso presentando di volta in volta alcuni testi tratti dalla mia biblioteca, ciascuno naturalmente può aggiungere testi e opere sul tema di sua preferenza...   

Il primo testo che desidero presentare appartiene all'ambito della storia economica e commerciale, in effetti si può dire che sia sostanzialmente il primo nel suo genere, il primo tentativo di descrivere la storia dei rapporti commerciali tra Europa e Asia dai tempi più antichi conosciuti fino alle esplorazioni portoghesi... E' un'opera di fine settecento dello storico scozzese William Robertson di cui possiedo la prima edizione italiana stampata a Napoli nel 1793, "Ricerche istoriche su la conoscenza che gli antichi ebbero dell'India e su progressi del commercio con questa regione prima della scoperta del passaggio per il capo di Buona Speranza".

La parte a mio avviso più interessante di quest'opera in due volumi è quella dedicata alla ricostruzione delle scoperte, esplorazioni ed attività commerciali in Asia orientale che hanno avuto protagonisti gli europei a partire soprattutto dall'età ellenistica, dopo le conquiste di Alessandro Magno, passando per l'età romana, bizantina, islamica e medievale fino alle esplorazioni portoghesi... Vi sono ampie e sistematiche citazioni da tutte le fonti antiche greche e latine allora conosciute e una descrizione molto interessante e approfondita per l'epoca delle vie, delle rotte, delle città portuali, dei traffici e prodotti scambiati in ciascun periodo.   

Di grande interesse nella lettura dell'opera è la comprensione di un ricco e poderoso sviluppo dei traffici Europa, Africa, India già a partire dal tempo dell'Impero Romano, traffici che fin dal I secolo d.c. si fecero copiosi attraverso i porti egiziani sul Mediterraneo e il Nilo (Alessandria e Berenice) il Mar Rosso e il Golfo Persico fino ad arrivare ad empori in India meridionale come Muziris nel Kerala, attività che sono citate in diverse fonti dell'epoca, come la Historia Naturalis di Plinio e soprattutto il famoso Periplo del Mare Eritreo, di data incerta, forse risalente al I secolo d.c e contenente un elenco di tutti i porti e gli empori interessanti il commercio situati tra India, Arabia e Africa Orientale. Questi traffici che all'epoca dell'opera in oggetto erano descritti e desumibili dalle fonti storiche e narrative classiche negli ultimi anni sono stati confermati e approfonditi anche grazie alle ricerche e alle scoperte archeologiche con ritrovamenti di grandi quantità di monete romane in India e in Sri Lanka, dal I fino almeno al V secolo d.c. 

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Modificato da talpa
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Riprendiamo il discorso partendo dal risveglio europeo dopo il lungo letargo altomedievale, per secoli in effetti i regni e le popolazioni europee si erano limitati ad una vita economica dagli angusti confini, dopo la perdita delle province occidentali l'Impero Romano era rimasto confinato al Mediterraneo orientale (In termini storici effettivi non ci fu alcuna "caduta" dell'Impero Romano fino alla presa di Costantinopoli alla metà del XV secolo, semplicemente vi fu la progressiva e definitiva perdita di gran parte delle province occidentali a partire dal V secolo, con le eccezioni di alcuni territori siti in Italia meridionale rimasti più a lungo sotto dominazione romana), le conseguenze di questo ritiro imperiale dall'occidente e della successiva creazione di regni romano-germanici videro un durevole ridimensionamento e regressione delle condizioni economiche e materiali di vita, venendo a mancare tutta quella rete di infrastrutture con la relativa manodopera schiavile che le faceva funzionare, strade, acquedotti, posta, trasporti navali, di necessità la vita economica si frammentava e si riduceva con poche eccezioni alla mera sussistenza delle comunità locali, la cosiddetta economia curtense, in buona parte fondata sull'autosufficienza, con scarsi scambi e ancora più scarsi scambi monetari.

La moneta divenne sempre più rara, imparagonabile ai diluvi di coniazioni della prima era imperiale, fino a ridursi ad un monometallismo argenteo sanzionato ufficialmente da Carlo Magno con il suo denaro da 1.7 grammi, unico nominale esistente e coniato effettivamente per secoli, fino ad una prma svolta nel XII secolo, periodo di risveglio europeo, ad ogni livello, politico, militare, artistico, letterario, giuridico, economico e anche monetario, in questo ambito soprattutto verso la fine del secolo e l'inizio di quello successivo, fu innanzitutto il secolo delle crociate, le prime avventure espansioniste e "coloniali" tentate da regni europei dai tempi del primo Impero Romano.

Ma quale era la situazione degli scambi monetari al più alto livello in quel periodo? E' noto che il denaro d'argento di derivazione carolingia fu ancora in quel periodo l'unica moneta coniata in occidente (con la sola eccezione della Sicilia, l'Italia meridionale e la Spagna), oltretutto sempre più svilito nel suo intrinseco, ma non fu affatto l'unica moneta circolante tra i mercanti e gli operatori economici di livello internazionale, altre monete, più esotiche, erano adoperate con frequenza nelle operazioni commerciali più importanti e complesse.

A tal proposito mi piace sempre rammentare un passo di un testo letterario databile alla prima metà del secolo successivo, il duecento, che nella sua saporita e fulminea pregnanza fotografa alla perfezione lo status questionis di cui si sta discutendo, il famoso contrasto di Cielo d'Alcamo:



«Se i tuoi parenti trova[n]mi, e che mi pozzon fari?
Una difensa mèt[t]onci di dumili’ agostari:
non mi toc[c]ara pàdreto per quanto avere ha ’n
                                               [Bari.
  Viva lo 'mperadore, graz[i'] a Deo!25
  Intendi, bella, quel che ti dico eo?»

«Tu me no lasci vivere né sera né maitino.
Donna mi so’ di pèrperi, d’auro massamotino.
Se tanto aver donàssemi quanto ha lo Saladino,
  e per ajunta quant’ha lo soldano,30
  toc[c]are me non pòteri a la mano»

 

Augustali, perperi, oro massamutino, ecco le monete citate, la moneta moderna dell'autorità corrente, imposta dalla legge, l'augustale, messa a confronto con altre monete, imposte dalla tradizione, provenienti da luoghi esotici e distanti ma che erano state consolidate da secoli di circolazione nelle varie piazze mediterranee e che in zone di frontiera, anche etnica, come la Sicilia e l'Italia meridionale, non destavano solo l'incanto evocativo di oggetti rari e prestigiosi, ma avevano una loro vita concreta negli scambi commerciali... Questo passo rappresenta perfettamente la situazione delle monete internazionali prima della nota svolta del cosiddetto "ritorno all'oro nell'occidente medievale", cioè prima del genovino, fiorino e ducato. 

Il XII secolo come anche la prima metà del duecento vede l'occidente europeo di nuovo protagonista nell'arena politica internazionale, ma le monete usate al più alto livello non sono ancora europee in senso stretto, provengono da oltre frontiera, dall'eretica Bisanzio, i Perperi, e dai terribili saraceni, l'oro massamutino... ora bisogna approfondire un pochino in più l'ambito di queste monete con la loro relativa storia e per farlo cosa c'è di meglio dei sani, saporiti e buoni libri?

Tra i libri che ne trattano la bibliografia è molto vasta, sicuramente sono noti a tanti appassionati i repertori più celebri sulle monete bizantine e gli studiosi che se ne sono occupati, meno noti da noi sono i repertori dedicati alla numismatica islamica, come gli esperti di questo ambito della numismatica e i loro saggi e trattati, ma in questa sede preferisco focalizzare l'attenzione non tanto sulle grandi opere catalogiche e i vari trattati e monografie, ma su un altro genere di testi che è tra i miei preferiti in assoluto, vale a dire le opere eminentemente storiografiche che lasciano uno spazio importante, capitoli, paragrafi o saggi, alla numismatica e alla storia monetaria, si tratta di libri in cui quella compenetrazione fruttuosa tra le diverse specializzazioni della storia (politica, economica, religiosa, culturale) e la scienza della monete raggiunge la piena efficacia e soddisfazione, solo qui si può vedere il grande potenziale della moneta come fonte storica. 

Comincio con un sintetico ma a mio avviso assai efficace saggio di Lucia Travaini nell'opera miscellanea in due volumi: "Quarta Crociata: Venezia, Bisanzio, Impero Latino", il saggio in questione è un'ottima introduzione allo stato del circolante monetario nel periodo di poco precedente la quarta crociata e nella prima metà del duecento, vi è una rapida carrellata che passa dalle monete italiane ed europee a quelle bizantine, dell'Impero Latino, dei potentati islamici, della piccola Armenia, fino ad arrivare al cuore dell'argomento con un esame più approfondito della moneta aurea bizantina circolante al tempo, il perpero di Giovanni III Vatatse, imperatore di Nicea, e con il parallelo tema della moneta usata a Venezia in cui la studiosa conferma la precoce apparizione del grosso veneziano, nei primi anni novanta del XII secolo, e la sua tardiva espansione nei commerci del levante mediterraneo, non prima della metà del duecento.

Il saggio è consultable anche in rete a questo link: https://www.academia.edu/456138/La_Quarta_Crociata_E_La_Monetazione_NellArea_Mediterranea

L'argomento inerente ai perperi bizantini e in particolare quello più diffuso nei traffici del duecento, il perpero di Giovanni III Vatatse, è oggetto di studio in un altro saggio, di Robert Leonard, nell'opera anche questa miscellanea: "The fourth crusade: event, aftermath and perception", ivi si dettaglia la questione della diffusione nei commerci del levante di questa tipologia di Perpero con il tentativo di individuarne più precisamente le sicure imitazioni, i cosiddetti perperi latini presenti anche nelle monete elencate nel manuale di Pegolotti e che a quanto pare hanno svolto un ruolo piuttosto importante nei suddetti scambi.

Anche in questo caso il saggio è consultabile in rete a questo link: https://www.academia.edu/37338372/The_Effects_of_the_Fourth_Crusade_on_European_Gold_Coinage

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Caro @talpa, intanto grazie per aver riportato in evidenza questa discussione, da me iniziata oltre 10 anni fa. La rileggo con un po' di nostalgia, soprattutto per il maggior tempo che allora potevo dedicare alla numismatica. 

Grazie, inoltre, per i riferimenti bibliografici e per gli spunti che hai fornito, sempre interessanti. 

Quello della moneta nei traffici internazionali è un argomento estremamente interessante. Tema trasversale che non si limita alla sola numismatica, ma che abbraccia anche discipline economiche, sociali, storiche e geografiche.

Sotto l'aspetto monetario, è indubbiamente vero che alcune monete ebbero un "portata" internazionale: ma in che prospettiva? Per meglio dire: queste monete (il grosso veneziano, il fiorino, il Tarì, ecc.), circolarono in quanto "monete vere e proprie" o in quanto argento/oro di alta qualità, destinato alla fusione o allo scambio a peso? 

Penso esistessero anche dei rapporti di cambio tra monete di luoghi diversi, qualcuno conosce degli esempi?

Modificato da Matteo91
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Un esempio lo sono i soldini veneziani che partirono per l'Inghilterra nel XV secolo e per essere usati proprio come moneta. C'è una discussione qui su Lamoneta...

Arka

Diligite iustitiam

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Il 15/9/2022 alle 10:08, Matteo91 dice:

Caro @talpa, intanto grazie per aver riportato in evidenza questa discussione, da me iniziata oltre 10 anni fa. La rileggo con un po' di nostalgia, soprattutto per il maggior tempo che allora potevo dedicare alla numismatica. 

Grazie, inoltre, per i riferimenti bibliografici e per gli spunti che hai fornito, sempre interessanti. 

Quello della moneta nei traffici internazionali è un argomento estremamente interessante. Tema trasversale che non si limita alla sola numismatica, ma che abbraccia anche discipline economiche, sociali, storiche e geografiche.

Sotto l'aspetto monetario, è indubbiamente vero che alcune monete ebbero un "portata" internazionale: ma in che prospettiva? Per meglio dire: queste monete (il grosso veneziano, il fiorino, il Tarì, ecc.), circolarono in quanto "monete vere e proprie" o in quanto argento/oro di alta qualità, destinato alla fusione o allo scambio a peso? 

Penso esistessero anche dei rapporti di cambio tra monete di luoghi diversi, qualcuno conosce degli esempi?

 

Ecco una questione decisamente interessante quanto complessa, l'effettiva circolazione di monete coniate in uno stato all'interno di altri stati, si tratta di un tema che richiede una prima distinzione di base, cioè tra moneta straniera circolante in un paese diverso dal luogo di emissione, per diversi motivi, uno di questi, molto frequente, era la mancanza di liquidità e moneta per gli scambi minuti, unita, soprattutto per le epoche meno recenti, alla difficoltà di un controllo capillare del territorio e della relativa circolazione monetaria da parte delle autorità, soprattutto nelle zone più periferiche e di frontiera, poi vi sono le monete usate negli scambi internazionali, cioè usate principalmente nei grossi acquisti effettuati all'estero da operatori e mercanti stranieri, in quest'ambito si usavano soprattutto monete auree o argentee di grosso modulo, che venivano tanto più apprezzate per purezza di intrinseco e stabilità di questo nel tempo che a sua volta formava quella tradizione e riconoscibilità attraverso gli anni che ne consacrava il prestigio, effetto visibile in alcuni dei più noti pezzi aurei di età medievale, il solido poi perpero dell'Impero Romano d'Oriente, alcune tipologie di dinar del mondo islamico, fino al fiorino di Firenze e al ducato di Venezia, tutte monete che circolavano nei paesi di emissione e che soprattutto viaggiavano insieme ai mercanti per poi finire spesso nelle borse, casse, scrigni e tesori di altri mercanti, principi e re in terre esotiche, se poi tali monete circolassero pure in quei paesi, cioè se avessero corso legale o una circolazione fattuale e clandestina in certe zone, è questione diversa e piuttosto complessa da rilevarsi, il cui accertamento richiede studi specifici caso per caso.

Il punto infatti nel caso della circolazione di una moneta straniera è comprendere se questa circolazione è autorizzata dall'autorità, cioè se, come si dice, è provvista di corso legale, oppure se vi sia una circolazione di fatto, magari clandestina, o ristretta, cosa abbastanza naturale, ai soli operatori commerciali in determinati luoghi del paese, in genere città portuali ed empori situati sulla costa, sono situazioni assai variabili per epoca e paese, e anche per tipologia monetaria naturalmente...

Un esempio classico è quello dei famosissimi pezzi da otto, moneta usatissima nel grande commercio internazionale per quasi quattro secoli, dalla fine del XVI secolo, alla fine del XIX secolo, ma coniata in un tale numero di esemplari da costituire anche e soprattutto una moneta merce, cioè un'enorme massa di argento coniato che veniva trattato come merce in alcuni tra i più importanti luoghi di arrivo, in particolare in India e Cina, i due grandi terminali del flusso argenteo e dei reali che animava il commercio con l'oriente, i reales infatti, giunti in India, venivano quasi tutti riutilizzati come metallo per la coniazione di rupie, sola moneta avente corso legale, lo stesso avveniva in Persia dove anzichè rupie si coniavano abbasi, ed era naturale in quanto sia India che Persia erano governati da complesse e raffinate strutture statali assai gelose delle loro prerogative sovrane in materia di zecca e moneta, tuttavia ciò non escludeva che in certe zone, quali città portuali ed empori situati sulla costa, i reales e altre monete straniere non trovassero una circolazione effettiva tra mercanti di diversa origine, o che in altre realtà, dove le autorità erano meno attente o interessate alla composizione del circolante, fossero addirittura monete di ordinaria e diffusa circolazione, cosa attestata in diverse zone del mondo per quanto riguarda i pezzi da otto.

Ma credo che sia giunto il momento di far parlare i cari vecchi libri, cominciando da un'opera a me molto cara, i viaggi di Jean Baptiste Tavernier, costui, avventuriero e mercante francese, specializzato nel commercio di pietre preziose, viaggò in lungo e largo per l'Asia per una quarantina d'anni nel corso del seicento, riportando poi la storia di queste avventure in una ricca opera, piena zeppa di preziose informazioni non solo sui commerci, le città, le rotte e le merci, ma anche, cosa saporitissima, sulle monete usate in quelle lontane contrade e sul loro funzionamento, a tal proposito è assai interessante ciò che dice a proposito delle monete d'oro che arrivavano in India, afferma che i pezzi più richiesti erano quelli più antichi, soprattutto ducati di ogni tipo, mentre la monetazione aurea di conio più moderno, vale a dire gli scudi e i Luigi con i loro multipli, non era molto apprezzata in quanto nuova e poco nota, generalmente l'oro di queste monete veniva poi portato in zecca per farne "rupie d'oro", cioè Mohur, soprattutto in occasioni speciali quali gli avventi al trono di nuovi sovrani o altre ricorrenze speciali spesso accompagnate da doni sontuosi in monete d'oro, ma più spesso finivano nelle botteghe degli orefici che ne riutilizzavano l'oro per farne gioielli tanto apprezzati dalle popolazioni di quella contrada, particolarmene curioso è invece il destino dei ducati, Tavernier dice che quelli che portano delle immagini, e di conseguenza pare naturale dedurne il riferimento a quelli di conio europeo che, a differenza dei tipi simili per peso e intrinseco coniati nell'Impero Ottomano, Egitto e Persia, non recavano solo iscrizioni ma anche rappresentazioni figurate, finivano spesso per essere usati come gioielli o oggetti decorativi dalle donne di alcune popolazioni specificate, un uso quindi non più monetario ma alternativo... sulle monete d'argento, soprattutto pezzi da otto reali, da quanto scritto si evince il tentativo dei mercanti di non farle passare in dogana, sia nel tragitto attraverso la Persia che in India, per evitare che nel loro conseguente invio in zecca e trasformazione in abbasi e rupie vi sia da soffrire una perdita considerevole, preferendo quindi il rischio di una circolazione clandestina, magari in ambiti ristretti, più remunerativi, attraverso la comunità dei mercanti locali e stranieri in determinati e opportuni luoghi...

Quindi, in questo caso, sia per le monete d'oro che per quelle argentee, si ha un uso internazionale ma non una loro circolazione a corso legale nei paesi di arrivo, al massimo, come già detto, vi è una circolazione fattuale e clandestina in zone limitate e tra specifiche comunità...

Vi è poi un altro caso, molto interessante e complesso, riguardante il ducato veneziano, che in uno specifico momento storico ha avuto in Egitto una circolazione effettiva, preferenziale alla moneta aurea locale, è la storia descritta da un bel saggio di Jere Bacharach, "The dinar versus the ducat", consultabile a questo link:     https://www.academia.edu/723898/1973_Dinar_versus_the_ducat

L'autore riprende studi più vecchi, soprattutto un vecchio saggio di Raugè Van Gennep, " Le ducat venitien en Egypt" , pubblicato sulla Revue Numismatique, in cui attraverso il recupero di antiche cronache e opere storiche, in particolare il famoso trattato sulla moneta di Al-Makrizi, si ricostruisce una fase della storia dell'Egitto Mamelucco in cui il ducato veneziano ha avuto un ruolo preponderante nella circolazione interna, le ipotesi suggerite per una tale situazione si concentravano sulla classica fama di purezza e stabilità del ducato, in opposizione ai pezzi aurei locali coniati con pesi variabili e quindi scomodi nella contrattazione che doveva necessariamente, con quelle monete, essere fatta a peso e non a numero... ora queste ipotesi vengono messe in discussione in un'analisi molto più articolata nel saggio più recente, il discorso si concentra sulla classica legge di Gresham, vale a dire il famoso assunto secondo cui la "moneta cattiva scaccia quella buona", ma rendendo tale assunto meno semplicistico e relativizzandolo al contesto della circolazione monetaria di uno specifico momento storico, in tale prospettiva più che di moneta buona e cattiva si dovrebbe parlare di moneta sottovalutata e sopravvalutata, ora secondo Bacharach, in un preciso periodo storico, all'incirca la fine del trecento e il 1425, il ducato veneziano si era trovato ad essere la moneta sopravvalutata nei cambi ufficiali di zecca decisi in massima parte dal governo del sultano, i cambi monetari infatti non erano lasciati alla libera contrattazione dei mercati ma influenzati di volta in volta dal governo, il che ha comportato per un certo periodo la condizione di sopravvalutazione della moneta aurea veneziana, cioè il ducato di per sè, valeva meno in quanto ad effettivo intrinseco aureo posseduto rispetto alle monete auree locali coniate secondo il peso tradizionale islamico, il mitqal, di 4,25 gr, con multipli e sottomultipli di peso non fisso e aventi un intrinseco molto elevato, ma sul piano nominale il suo valore reso in moneta argentea, cioè in dirhem, era comunque più elevato rispetto al corrispondente in moneta aurea locale, tale situazione finì per rendere più conveniente usare negli scambi la moneta veneziana piuttosto che quella locale, di conseguenza la sua diffusione nel circolante interno divenne prevalente, il problema però è che il ducato era moneta straniera, per la precisione proveniente da un paese cristiano e quindi infedele, ed era piuttosto imbarazzante per il governo di uno stato islamico quale quello mamelucco, che faceva della lotta contro gli infedeli crociati e mongoli il caposaldo della sua legittimità, vedere tale moneta con soggetti cristiani circolare e diffondersi impunemente per tutto il territorio, Egitto e Siria compresi, i vari provvedimenti volti a bandire il suo utilizzo furono però inutili e inefficaci, il ducato non era quindi moneta a corso legale ma circolava ugualmente per la forza delle leggi economiche, tanto è vero che la situazione cambiò unicamente quando si ribaltarono i termini del confronto, cioè quando fu il ducato a ritrovarsi sottovalutato nel cambio nei confonti di una moneta di nuovo conio, l'Ashrafi, coniato nel 1425 dal sultano Sayf  Al-Din Barsbay Al-Ashraf, dello stesso peso e purezza del ducato, ma avente un corso minore rispetto a quello, ma perchè i sultani mamelucchi non ci pensarono prima? Forse perchè nei paesi islamici la moneta aurea aveva un alone di sacralità e intoccabilità, soprattutto nei confronti del peso classico del dinar, quello della tradizione, il mitqal da 4,25 gr, così come era nella tradizione pagare a peso, usando le bilance e i sacchetti sigillati, piuttosto che contare il numerario a singoli pezzi, da ciò deriva che coniare una nuova moneta aurea di piede straniero, praticamente un calco del ducato in versione islamica, fu una scelta piuttosto radicale ma che ebbe conseguenze anche nei tempi successivi ai mamelucchi, monete del piede del ducato, ashrafi e sultanini, furono coniati anche dagli Ottomani e dai Persiani, il ducato veneziano in quanto moneta cristiana non poteva circolare liberamente e diffusamente come se nulla fosse in paesi islamici, di conseguenza i governi trovarono il modo di copiarlo in una versione più accettabile... 

Gli esempi e i casi possono essere molteplici naturalmente e nei prossimi post magari si tratterà di altre interessanti situzioni, periodi e monete a circolazione internazione, per il momento voglio concludere presentando altri due testi di sicuro interesse per il tema in questione, il primo è un volume miscellaneo pubblicato dalla Società Italiana di Numismatica e contenente gli atti di un convegno dedicato al rapporto tra monete locali e monete straniere, il secondo invece riguarda l'argomento toccato anche in questo post e inerente i cambi monetari, il bel trattato di Peter Spufford: "Handbook of Medieval Exchange"...

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Tavernier 1 (3).jpg

Moneta locale, moneta straniera.jpg

Moneta locale, moneta straniera-Indice.jpg

Spufford-Handbook of medieval exchange.jpg

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Il 15/9/2022 alle 13:14, Arka dice:

Un esempio lo sono i soldini veneziani che partirono per l'Inghilterra nel XV secolo e per essere usati proprio come moneta. C'è una discussione qui su Lamoneta...

Arka

Diligite iustitiam

 

Ciao!

Posto la discussione alla quale, credo, @Arka faceva riferimento.

al quale sono seguite altre discussioni più recenti

saluti

luciano

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Non va dimenticato poi, tra le veneziane, il "Grossetto per navigar", moneta esplicitamente creata per essere spesa in oriente; di seguito un mio scritto apparso sul "Gazzettino di Quelli del Cordusio" del sett. 2017.

“GROSSETTO PER NAVIGAR”

moneta veneziana creata per speculare in Oriente

image.png

Madonna col Bambino, Angeli, i Santi Marco e Agostino e il doge Agostino Barbarigo” 1488 di Giovanni Bellini

Chiesa di San Pietro Martire, Murano.

Sotto il dogato di Agostino Barbarigo (1486-1501), la Serenissima Repubblica di Venezia vede delinearsi all'orizzonte non poche minacce; il periodo di pace di cui ha goduto dopo la morte del Doge Francesco Foscari va infatti tramontando.

Dopo le tante guerre combattute sotto il dogato del Foscari, la Repubblica ha beneficiato di un trentennio di sostanziale calma; si è goduta i frutti di quelle battaglie e la sua riconosciuta arte diplomatica gli ha permesso di consolidare la sua potenza commerciale; ha accresciuto il “dominio da Tera” ed il “dominio da Mar” è stato preservato dalle incursioni dei turchi.

Nonostante la perdita di Costantinopoli e del suo importantissimo mercato, perché conquistata dai turchi nel 1453, il commercio è florido e le navi, protette dal vessillo marciano, solcano le rotte ormai consolidate, per rifornire di merci il mercato veneziano ed europeo. L'Adriatico, tenacemente considerato il proprio golfo, è efficacemente controllato e caparbiamente “sposato” ogni anno nel giorno della sensa.

Dopo poco tempo dalla sua elezione, come ai tempi del Doge Foscari, anche Agostino Barbarigo deve misurarsi in conflitti, sia diplomatici, sia militari, che tornano a pesare in maniera esorbitante sulle casse dello Stato.

Mentre il primo si trovava a gestire una espansione del dominio veneziano verso la terraferma, confrontandosi con gli Stati italiani di confine, il Barbarigo deve reggere il timone della Repubblica in una situazione che, per la prima volta, coinvolge diversi Stati europei, di ben diversa caratura.

Sorvolando sui tanti conflitti che interessano Venezia sotto il suo dogato, informazioni facilmente reperibili in rete, ci preme evidenziare uno degli aspetti numismatici che hanno caratterizzato questo lungo periodo di dogato.

E' un periodo, questo ultimo quarto del XV secolo, che vede una coniazione abbondantissima di monete d'argento; soprattutto “mocenighi” (Lira o 20 soldi) e “marcelli” (½ Lira o 10 soldi) e ciò è dovuto alla cospicua quantità di metallo che i mercanti tedeschi portano a Venezia. Le monete coniate sotto il dogato del Barbarigo si distinguono perché ben eseguite e l'iconografia è ben curata grazie al fatto che, nella zecca, operano veri artisti del bulino del calibro di Vettore Camelio e Alessandro Leopardi.

Non c'è asta numismatica che comprenda la monetazione veneziana, che non includa qualche esemplare delle suddette monete; ciò indica inequivocabilmente che la loro produzione è stata cospicua.

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image.png

Mocenigo (Lira o 20 soldi) – Asta Picena nr. 1, 404 - gr. 6,46

image.png

Marcello ( ½ Lira o 10 soldi) – Asta Ranieri nr. 3, 351 – gr. 3,22

Ai tempi del Doge Agostino Barbarigo, vigeva ancora la legge del 16 febbraio 1474, con la quale si era imposto che dell'argento importato fosse obbligatorio riservarne un quarto per trasformarlo in moneta, mentre i rimanenti tre quarti dovessero essere trasformati in “pezze per navigare”, cioè in verghe bollate con il sigillo di San Marco, che ne certificasse la bontà e finezza e che servissero per il commercio in Oriente, dove erano particolarmente apprezzate.

Poteva altresì avvenire che ai banchieri più importanti, quelli ai quali la Signoria si rivolgeva per essere sovvenzionata, quelli chiamati “benemeriti” perché sempre pronti a prestare soldi per le pubbliche necessità e per le spese di guerra, concedesse una maggior disponibilità di moneta, così che potessero, a loro volta, rifornire di questa i mercanti più qualificati che commerciavano con l'Oriente e che li usavano al posto delle verghe d'argento.

Questo però comporta, a lungo andare, una distrazione di “mocenighi” e “marcelli” dal precipuo loro uso nel dominio; esportandoli certamente non sarebbero tornati a Venezia, ma sarebbero stati fusi per ricavarne moneta locale.

Il Consiglio dei X, constatata questa emorragia di buone monete d'argento e la conseguente penuria di circolante, con una terminazione del 23 agosto 1497, concede ai cittadini ed ai mercanti di portare argento in zecca per farne moneta e reitera la concessione anche successivamente, il 16 marzo 1498, invitandoli ancora a portare argento; questa volta, però, specifica la quantità necessaria: 6.000 marche (ca. Kg. 1.430) e l'uso che se ne vuole fare: coniare “grossetti”, in ragione di 165 pezzi per marca, cioè di gr. 1,44 l'uno.

Ma di quale “grossetto” si sta parlando? L'ultima moneta coniata alla quale è stato attribuito il medesimo nome è quella coniata circa trent'anni prima, sotto il dogato di Cristoforo Moro, peraltro in quantità estremamente esigua e non solo, anche il suo peso era più basso di ca. gr. 0,04, pur avendo mantenuto il medesimo titolo di 949/1000. Qual'è il motivo di questa coniazione estemporanea?

La deliberazione, in proposito, è estremamente succinta; viene scritto unicamente che il tipo deve essere deciso dal Doge, dalla Signoria e dai Capi del Consiglio dei X e che l'uso di questa moneta è: “sit pro navigando tantum”. Inspiegabile anche per il Papadopoli, che però trova una parziale giustificazione nei diarii di Marin Sanudo; quest'ultimo infatti scrive:

ancora preseno a dì ….... nel dito consejo di X con la zonta, di far in zecha marche d'arzento 6000 in grossi di valuta di soldi 4 ½ l'uno per Levante, zoè a condur con le galie, maxime in Alexandria, dove vanno a l'anno grandissima quantità di arzenti. Et questo feno acciò li marcelli et mocenigi non andasseno fuora di la terra, et questi de lì corerano per soldi 5 l'uno chome fa li maidini. Et cussì fo facti li dici grossi, acciò con le galie potesseno andar, et come sara facti, quello sarà suso scrito noterò” (M. Sanudo, tomo I, col. 903)

Grazie al Sanudo la nebbia che avvolge questa moneta viene in parte sollevata; sappiamo così che questo grosso non è coniato perché circoli nel dominio, non deve avere alcuna correlazione di peso e valore con i “Mocenighi” od i “Marcelli”, ed in generale con nessun'altra moneta veneziana, ma deve essere usato solo per il commercio in Oriente, soprattutto verso Alessandria, in sostituzione delle verghe o pezze d'argento, dei “Mocenighi” e dei “Marcelli”, così che questi non vengano più esportati.

Ci viene detto anche che, una volta arrivato in Levante, deve correre al valore di 5 soldi al pari dei “Maidini” e non al valore di 4 ½ soldi citato nella deliberazione che ne ha determinato la creazione; ci troviamo quindi inequivocabilmente di fronte ad una operazione meramente speculativa, che comporta un guadagno di ½ soldo per ogni grosso.

Conosciamo meglio questa moneta, la cui emissione è stata decisa dal Consiglio dei X, i cui Capi, congiuntamente al Doge ed alla Serenissima ne hanno anche deciso l'iconografia.

image.png image.png

Grossetto per navigar – forum Lamoneta.it, Andrea Paolucci 23/02/2009

D/ AVG BARBA in esergo DICO; San Marco in piedi porge il vessillo con banderuola a destra al Doge genuflesso, lungo l'asta DVX, dietro il Santo • S • M • VENETI; punto tra la testa del Santo e l'asta.

R/ • TIBI • SOLI • • GLORIA •; il Redentore nimbato e benedicente è assiso in trono; ai piedi le sigle del Massaro.

Ø = mm. 21 ca.

gr.= 1,44 ca.

Massari = FF (Francesco Foscarini – dal 15/05/1497) - IP (Iacapo Pizzamano dal 30/05/1497)

Esistono anche esemplari che non riportano il punto tra la testa del Santo e l'asta; così come esemplari che non riportano le iniziali dei Massari, che sono sostituite da tre punti.

Non può passare inosservata la similitudine della sua iconografia, pur in formato ridotto, con quella del “Marcello” di cui alle precedenti immagini; rispetto a quest'ultimo sono state spostate le iniziali del Massaro, dal campo del diritto, alla base del trono nel rovescio; così come sono state eliminate le iniziali IC XC presenti nel campo del rovescio.

Trovo necessario fare anche qualche accenno riguardo ai “Maidini” citati nel testo del Sanudo.

Il termine “Maidino” è prettamente “venezianizzato”, così come spessissimo succede, ancora oggi, ai termini usati a Venezia e deriva dal nome “Maydin”, che in occidente è stato attribuito al mezzo Dirham in uso in Egitto nel XV Secolo.

La carenza d'argento in Egitto provocò la sospensione della coniazione del Dirham nel periodo che va dal 1397 al 1412; solo successivamente si riprese la sua coniazione, ma la nuova moneta era più piccola e leggera della precedente, pur conservando un buon titolo d'argento. Oltre a questa venne coniato il mezzo ed il quarto di Dirham.

Riguardo al suo valore, dobbiamo prestare fede a ciò che scrive il Sanudo, cioè 5 soldi veneziani.

L'immagine che ho trovato in internet non è particolarmente chiara, ma non è stato semplice trovarne uno in uso nel periodo più prossimo a quello in parola; giacché l'uso di questa moneta è stato longevo, altri tipi si possono trovare, ma la loro datazione è superiore al 1600 ed è palese che sono differenti, più piccoli per peso e dimensioni. Evidentemente questa moneta ha subito, nel tempo, delle riduzioni, forse a causa di processi svalutativi.

image.pngimage.png

Maydin a nome di Suleyman I - 1520-1566

Non è dato sapere perché il “Grossetto per navigar”, sia stato il frutto di un'unica ed estemporanea emissione avvenuta sotto il dogato di Agostino Barbarigo; non risulta alcuna ulteriore emissione, nemmeno sotto i dogati successivi.

Questo lascia spazio solo a congetture; potrebbe non essere stato accettato in Oriente nei termini sperati da Venezia, potrebbe aver influito la rinnovata guerra con i turchi nel 1499 che, con la sconfitta navale alla Sapienza e allo Zonchio, strappano a Venezia le fortezze di Modone, Corone e del Peloponneso, interrompendo altresì le rotte commerciali.

Sta di fatto che questa moneta è molto rara e ricercata dagli appassionati di monetazione veneziana e raramente la si trova in commercio.

BIBLIOGRAFIA

Da Mosto A., I Dogli di Venezia, Martello Giunti Editore – Firenze 1977

Papadopoli Aldobrandini N., Le Monete di Venezia, Vol. II, Tipografia Libreria Emiliana – Venezia - 1907

Balard M., Marchés et circulation monétaire en Méditerranée orientale (IX – XV Siècles), Pagès Editors, 199, Lleida - 2014

saluti

luciano

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