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MILANO, VENEZIA, GENOVA


Risposte migliori

Milano, Venezia,Genova,città che si toccano, si rapportano,commerciano, tante storie,tanto da scrivere.

L'opportunità mi viena data dalla lettura del libro "La camera dei mercanti di Milano" di Ettore Verga, una miniera di informazioni per Milano,ma indirettamente anche per le città con le quali aveva rapporti Milano.

Parlando anche di Venezia e Genova furbescamente cerco di interessare un bacino di utenti più ampio,inizierei con Venezia, la grande Venezia di quei tempi.

Il primo trattato tra le due città è del 10 dicembre 1268 ( Archivio di Stato di Venezia , Libri Pactorum, vol. IV ), Venezia verso la fine del 1200 cerca di accrescere la sua influenza e potenza sulla terraferma : aveva una posizione strategica, abile nell'usare le armi, in più poteva per tenere a bada le altre città usare altri mezzi quali sospendere i commerci o far pagare alti dazi alle merci, argomenti per l'epoca,non irrilevanti.

Nelle città vicine, anche per Milano, si usava far eleggere come Podestà uomini loro, esempio PietroTiepolo che poi diventerà Doge in Venezia, oggi diremmo politica lungimirante e scaltra,tra l'altro usata anche oggi in diversi ambiti.

Il Trattato del 1268 è un trattato sulla politica terrestre, fu stipulato in Milano tra Galdino Zurla,Procuratore del Podestà e i nobili Giovanni Tiepolo e Giovanni Giuliani, Ambasciatori e Procuratori del Doge Lorenzo Tiepolo.

Con questo trattato della durata di tre anni Milano accoglieva tutti i negozianti e i cittadini veneti che andassero tra Venezia e Milano senza sottoporli ad alcun dazio, toloneo o maltolto ( tutte gabelle a volte richieste illegalmente e abusivamente ).

Il Comune di Milano si impegnava a tenere sgombre le strade di terra e d'acqua risarcendo i negozianti veneti e i portatori di sale per ruberie e rapine.

Una prescrizione importante tra le due città riguardava il sale che era una delle fonti più importanti dei commerci: si fissava a dodici denari grossi veneti la tariffa massima di dazio per ogni moggio per Milano.

Venezia in compenso prometteva ai milanesi di vivere e trafficare liberi in laguna ,senza pagare pedaggi, avrebbero solo pagato un pedaggio alla Torre Bobia o Torre Nuova ; si impegnava a dare il sale migliore per sei lire di veneziani piccoli al moggio.

Era un prezzo veramente moderato, direi quasi politico, ma questo portava Venezia ad assicurarsi il monopolio del commercio del sale per la Lombardia dove tra l'altro lo stesso sarebbe potuto venire molto più velocemente e facilmente da Genova,ma così facendo la concorrenza di Genova venne abilmente eliminata.

Per Venezia il sale era un commercio molto lucroso, attivo, le qualità di sale erano due : quella di Chioggia più pregevole e soggetta a maggiori dazi e il sal da mare che veniva per mare dalle saline veneziane sparse in varie località.

Con questo Trattato Venezia si assicurò il monopolio del sale per la Lombardia.

Per il momento mi fermo, vengono fuori rapporti importanti tra Milano e Venezia con Venezia abile e forte nei commerci e si intravede solo per il momento Genova,ma di Genova avremo modo di parlare più avanti,se voi vorrete.

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Continuo, il Po era ovviamente la via preferita per i commerci per l'alta Italia , i veneziani erano " i padroni del Po " ( il Marin in" Storia del Commercio dei Veneziani ", tomo V , dice che avevano uno jus quasi esclusivo sulla foce di Primaro come difensori dell'Adriatico, Bologna cercò di intromettersi ma fu battuta colle armi ).

Ma un nuovo Trattato si stipulò tra Venezia e Milano nel 1299 essenzialmente per il commercio del sale, ma sembra che questa volta i patti non sempre vennero rispettati.

Il Comune di Milano mandò a Venezia un Ambasciatore Jacopo Perapelli per l'osservanza dello stesso e per la sospensione delle rappresaglie concesse al veneziano Giovanni Coda contro i milanesi.

Cos'erano le rappresaglie ? Era un istituto medievale che rendeva responsabile una città intera responsabile degli sbagli di un cittadino qualunque. Istituto poco solidaristico,anzi per nulla, terrore dei negozianti dell'epoca e delle loro Corporazioni che dovevano tutelarli.

Quindi se sgarrava uno ,pagavano tutti.

Ma torniamo a Venezia, Venezia rispose con un'accusa di malafede per Milano, rea di avere comprato il sale da altri, seguirono per molto tempo scaramuccie tra le due città di vario tipo.

Finchè il 30 agosto 1317 Matteo Visconti , uomo autorevole, decide di prendere un'iniziativa forte di tutela dei suoi interessi.

Vengono stabilite disposizioni tese al libero commercio e al transito, si dava la possibilità di libero passaggio senza pagamento di dazi, gabelle alle merci condotte da Venezia ; però venivano stabilite norme contro le frodi, il contrabbando, le merci se passate per veneziane dovevano esserle veramente,i mercanti veneziani dovevano essere dichiarati, riconosciuti e non potevano essere forestieri qualunque.

Per le mercanzie veneziane vendute nel distretto di Milano e per quelle che i veneziani comprassero in Milano dovevano essere pagati sei imperiali per lira che era il dazio comune pagato dai milanesi stessi e dai forestieri secondo la stima corrente di tutte le mercanzie per Milano.

Questa stima o tariffa riportata nel dispositivo è interessante perchè è la più antica che si conosca nel Mlanese.

Se però il Comune di Milano avesse deciso di aumentare questa stima delle merci ,i veneziani, ma solo i veneziani sarebbero stati esclusi da questi aumenti.

Quindi si denota in tanti passaggi del libro che Venezia e Milano avevano, a parte qualche schermaglia inevitabile, dei rapporti comunque importanti commerciali con regolamentazioni precise e con una volonta comunque di massima di rispettarli e di mantenere la collaborazione tra le due città , d'altronde era interesse reciproco rispettare tutto questo.

E Genova ? Ne parleremo....per Dizzeta e per tutti ....

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Ancora una annotazione su Venezia ,dalle mercanzie che Milano poteva mandare a Venezia pagando una tariffa di favore di sei denari per lira erano però escluse quelle che Venezia importava per mare ,spezie,oro, argento, rame, ferro,stagno e piombo.

Volendo portarle dovevano però pagare quello che pagavano altri Comuni non legati a Venezia da patti speciali.

L'antico trattato del 1317 è il più antico trattato milanese e riporta i generi e i prezzi di favore tra Milano e Venezia.

E' interessante notare come i prezzi confrontati col tariffario di ottanta anni dopo rimasero praticamente inalterati, evidentemente i prezzi e i rincari all'epoca erano molto lenti !

Riporto come esempio qualche genere con la sua tariffa :

Panni di Milano e Como ,lire 14 la pezza

Scarlatti tinti, lire 10 la pezza

Zucchero, al centenario lire 15

Zafferano, la libbra soldi 20

Seta tinta , fine , la soma di lire 4 la pezza

Si denota ed è evidente comunque anche da altre notizie, che non riporto, che tra Venezia e Milano c'era un rapporto commerciale proficuo con condizioni studiate a tavolino di maggior favore per favorire i rapporti commerciali e creare anche rapporti esclusivi.

Nel prossimo post arriverò finalmente a Genova, altra storia, altri rapporti, altri Trattati Commerciali importanti........

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Supporter

Buona serata

....tu chiami e io rispondo. :rofl: :rofl: Informazioni molto interessanti, alcune non le conoscevo. Grazie, è un bell'argomento che richiederebbe molto tempo e spazio. :good:

Se Pietro Verri fosse vissuto tra le lagune, non avrebbe potuto ripetere ciò che disse nel 1763 (Molmenti - La Soria di Venezia nella vita privata - 1885 Roux e Favale), a proposito dello stato di Milano, che "alcuno ancora non ci è stato che del sistema politico-economico di questa provincia abbia scritto", e nel 1768 "che i fatti dell'economia pubblica dello stato di Milano sono restati nell'oscurità la più impenetrabile fino a questi ultimi anni".

A Venezia, invece si comprese benissimo, e prima che negli altri paesi, come la cognizione esatta dei fatti economici debba precedere qualsivoglia indagine scientifica dei fatti stessi, e si fece ogni sforzo perché questa cognizione non mancasse, e fosse, nei limiti del possibile perfetta e verace.

L'anagrafe fu praticata fin dal principio del secolo XIV e abbiamo la coscrizione del 1338 degli abitanti della capitale atti alle armi, i quali presi fra gli anni 20 e 60, ammontavano a 40.000 individui. E a Firenze nulla s'era fatto in proposito allo stesso tempo, se il Villani calcola approssimativamente la popolazione dell'Atene italiana in 90.000 anime, desumendo questa cifra dal consumo del pane. !?

A Milano solo nel secolo XVIII fu fatto per la prima volta il censimento.

A venezia il catasto fu rinnovato nel 1425, ma pare che la sua origine risalga al 1171; a Firenze ciò avvenne nel 1506 e Milano, sotto Carlo V lo si stabiliva dal consumo del sale e sugli alloggiamenti della cavalleria del secolo precedente!!!!????

Cosa significa questo? Che Venezia agiva e stipulava accordi dopo che gli stessi erano stati studiati, elaborati e modificati secondo la bisogna; nulla era lasciato al caso e per valutare la bontà di un accordo, c'era da conoscere una massa di dati notevole; come si fa oggi in qualsiasi azienda, prima di investire in una campagna di vendita, bisogna avere la conoscenza del settore nel quale si vuole andare ad operare. Pro e contro e le prospettive di riuscita.

Venezia "colpiva" a colpo sicuro; i suoi partners - spesso - si affidavano invece alle sensazioni ed alla necessità del momento....politica molto pericolosa per gli affari e spesso controproducente. Venezia difficilmente sbagliava, perché sapeva pianificare.

Circa la magistratura, e vero ciò che dici: spesso erano veneziani i giudici o i podestà che altre città volevano per amministrare i loro cittadini od anche solo consigliarli, ma ti dirò di più.

L'avvocatura di Venezia non brillò mai e non raggiunse quell'altezza alla quale l'autorità esercitata le dava diritto; non fu mai come quella esercitata nel foro romano o campano e non ha lasciato le vestigia di eccellenza negli annali del foro. Tanti storici come l'Andres, il Collini e lo Zanardelli hanno attribuito che ciò può essere dovuto al fatto che i tribunalli veneziani hanno sempre snobbato la pandette tanto cara agli avvocati romani (ad esempio) ed alla retorica ed alla magniloquenza che li contraddistingueva; a Venezia giudici ed avvocati parlavano in vernacolo e si facevano capire da tutti.....possiamo dire che questa "inferiorità", forse, non è dovuta all'uso del dialetto, ma alla trascuratezza del diritto romano?

Io credo sia quest'ultimo motivo il più probabile, la giustizia a Venezia aveva evidentemente radici nel diritto romano, ma a Venezia, questo, non aveva autorità di legge, perchè la legge derivava unicamente dall'autorità dottrinale che si conformava ai dettami della naturale giustizia ed equità; si andava per consuetudine e precedenti....vi dice qualche cosa questo? Forse vi suggerisce qualche Stato moderno?

L'equità dei giudizi, delle leggi (ovviamente rapportate ai tempi dei quali disquisiamo), la mancanza di millanteria e la precisa volontà di anteporre al singolo il bene comune, fecero degli avvocati e dei giudici veneziani degli arbitri molto ambiti nelle corti giudiziarie degli stati italiani. "Eamus ad bonos venetos" era la frase con cui solevano, i tribunali e le curie lontane, commettere le vertenze ai giudici della Serenissima.

Spero di non avervi annoiato e cedo la parola :blum:

Luciano

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Iniziamo con Genova, Milano detta con Genova le basi della politica commerciale e dei rapporti per invigorire il commercio e il transito per il territorio milanese con il Trattato Provisiones Januae del 22 agosto 1346, in esso si dichiarano libere le comunicazioni tra i paesi di oltre Alpe e Genova e vengono anche abbassate le tariffe.

Alle mercanzie per o da Genova , passanti da Milano si dava tempo due mesi per proseguire, purchè fosse assolta la gabella di transito.

Le merci in transito non potevano essere vendute in alcuna parte della Giurisdizione dei Visconti ,sotto pena di essere sequestrate dal Comune di Milano a meno di aver corrisposto il dovuto dazio.

Le Provisiones furono rinnovate con qualche modifica sotto Galeazzo II e Bernabò il 27 maggio 1376 ,veniva così data una buona organizzazione burocratica a tutto il commercio in transito, d'altronde Milano oltre a essere un crocevia era in un periodo , dopo le conquiste di nuovi territori, di accentramento , in modo che le disposizioni che valessero per Milano dovevano essere rispettate in tutto il dominio.

Ma il documento più importante tra Genova e Milano è il trattato del 5 giugno 1430 ; Genova , a differenza di Venezia, si reggeva su politiche incerte, lotte fra fazioni e padroni.

Quando si stipulò il Trattato Filippo Maria Visconti era anche Signore di Genova ; sembrerà strano che Milano concludesse Trattati con una città soggetta, ma in realtà nel Medioevo si usava lasciare a queste città buona parte della propria autonomia amministrativa facendole continuare con le proprie consuetudini e coi propri statuti.

La Camera di Milano si approfittò comunque della soggezione di Genova per ottenere trattamenti di favore in particolare sui dazi, ma in generale per i commerci lombardi.

Ma la storia ovviamente non finisce qui e cambierà......

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Continuo, il secondo Trattato , più importante del primo doveva durare trent'anni e doveva assicurare tariffe daziarie più miti che per i genovesi stessi, e semplificare la libertà di commercio, ma in realtà durò solo cinque anni perchè nel 1346 Genova si sottraeva al dominio del Duca di Milano e tornò a reggersi a Repubblica.

Sorsero allora diverse controversie, in particolare in materia di dazi e il 24 agosto 1444 tra il Duca di Milano , rappresentato dal marchese Galeotto del Carretto e il Doge Raffaele Adorno, fu stipulato un trattato politico importante.

Nel trattato si dirimono i dissidi circa le gabelle tra i mercanti lombardi e il Comune di Genova, nominando due arbitri per deferire in giudizio i casi controversi e decidere in merito.

Per i pedaggi i lombardi dovevano essere trattati come i genovesi, qualunque fosse la direzione delle mercanzie, e venivano fissate in questo documento storico conservato nell'Archivio della Camera di Commmercio le gabelle per prodotto e merce in modo specifico.

Interessante sapere che tra le numerose clausole ai sudditi del Duca di Milano che, venuti a stabilirsi a Genova, avessero preso moglie genovese, era concessa per dieci anni l'esenzione dai carichi del Comune.

Le sentenze tra gli arbitri designati dovevano essere valide sedici anni quand'anche fosse scoppiata una guerra fra il Duca di Milano e la Repubblica di Genova e anche in questo caso i lombardi a Genova e i genovesi in Lombardia dovevano essere garantiti contro ogni violenza come se fossero stati muniti di un salvacondotto.

Concludiamo dicendo che tra Milano e Venezia e Genova i Trattati assumevano una solenne portata politica in quanto intervenivano sia le autorità politiche che amministrative delle città , per altre città di minor importanza era la Camera Mercantile che agiva da sola pur appoggiandosi al Capo del Governo.

Le regolamentazioni commerciali c'erano ed erano precise e ben regolamentate, certamente c'erano difficoltà a volte nell'applicarle e sanzionarle, ma per questo tutto il mondo è paese e la storia insegna che questi sono problemi strutturali in ogni tipo di società.

Spero di non avervi troppo annoiato ....... :rolleyes:

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I rapporti tra Genova e Milano non furono solo indolori con semplici Trattati ,di mezzo ci furono anche un pò di soldini da pagare da parte di Genova.

Lo leggiamo in " La politica finanziaria dei Visconti " documenti, vol. I , il 3 luglio 1367 Bernabò e Galeazzo II Visconti dopo i vari contrasti tra le due città concludono una pace con il Comune di Genova che si impegnava a pagare 300.000 fiorini d'oro a ciascuno nel termine di 15 anni.

Con successivo atto del 7 luglio 1367 i procuratori dei Signori di Milano prorogarono di altri cinque anni il termine del pagamento , riducendo la rata annuale a 15.000 fiorini.

Segue nel libro tutto il trattato molto lungo e in latino.

il 25 gennaio 1373 Bernabò Visconti concede al Comune di Genova una proroga ulteriore per il pagamento annuale concordato .

Quindi poi vediamo che questi accordi non erano privi di corrispettivi monetari da corrispondere, ma poi questi accordi si vede che sono modificabili, prorogabili, diminuiti gli importi, quindi c'erano poi delle agevolazioni,almeno in quei tempi.

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Che dire?

Non sei Breve come Pipino ...ma sei Grande come Alessandro, Bello come Filippo, Magnifico come Lorenzo e addirittura Magno come Carlo …

Mentre io rimango il solito Pazzo come Giovanna, Vecchio come Plinio, Terribile come Ivan, Superbo come Tarquinio e un po’ Sciaboletta come Vittorio Emanuele III. …

Stasera me lo rileggo con calma e ti dirò qualche mio pensiero ... mi sono un po' letto Cipolla in queste sere .... ma ora ho una fretta terribile e ...non connetto ..... e si vede...

Saluti DZ

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Che dire?

Non sei Breve come Pipino ...ma sei Grande come Alessandro, Bello come Filippo, Magnifico come Lorenzo e addirittura Magno come Carlo …

Mentre io rimango il solito Pazzo come Giovanna, Vecchio come Plinio, Terribile come Ivan, Superbo come Tarquinio e un po’ Sciaboletta come Vittorio Emanuele III. …

Stasera me lo rileggo con calma e ti dirò qualche mio pensiero ... mi sono un po' letto Cipolla in queste sere .... ma ora ho una fretta terribile e ...non connetto ..... e si vede...

Saluti DZ

Sei tu il grande ! Però ripensandoci è vero siamo grandi tutti e due ,fisicamente parlando intendo ..... :blum:

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Eccomi, oltre agli immancabili complimenti, per le cose interessanti che hai scritto ed essendo ben conscio di non avere la tua capacità di sintesi e di scrittura, mi sento di aggiungere una piccola cosa tratta da Cipolla ed è la seguente:

commentando i trattati Francesi dedicati al commercio e alle manifatture del XVII e XVIII, fatti con alcune città Italiane, nella fattispecie Firenze ma anche altri, Cipolla dice che i Francesi davano sugli italiani in generale giudizi lusinghieri: “Gentili e onesti. Non c’è carezza né buon trattamento che essi risparmino a coloro con cui fanno affari”, ma anche giudizi un po' ambigui: “con un doppio senso nelle loro parole così che all’occasione possono interpretare a loro vantaggio”.

Tu ci hai presentato una situazione precedente per cui mi domando se questi trattati che citi fossero anch’essi un po’ ambigui (magari la “tecnica” sottolineata dai Francesi deriva da quelli sui quali si era fatta un po’ di esperienza), nel senso che stipulati da un doge magari il successore li ritrattava per svariati motivi e, quindi, visto che a Genova i “Governi” cambiavano spesso, forse c’era motivo per rivedere soprattutto quelli più onerosi e magari ridiscutere cose decise dal governo precedente … sempre a meno che non scoppiasse qualche guerra a complicare ulteriormente i patti.

Qui a Genova si racconta di una poesia di un anonimo di poco successiva al 1522 recitava:

Zena son la tribolata,

posta in pianto e amari doli,

Milan, Franza e li Spagnoli

m'hanno tutta insanguinata..

Scusami se seno andato fuori tema, sono un po' stanco e la mia capacità di concentrazione è a zero.

Sono sicuro che saprai ricondurre il discorso dove volevi... comunque sono sempre felicissimo quando leggo i tuoi interventi (....e il doppio se parli di Genova).

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Grazie dei tuoi riscontri Dizzeta, quello che forse potrei aggiungere come sintesi dopo la lettura di questi Trattati è che Venezia aveva in mano il gioco con la stessa Milano ,però Milano collaborava e alla fine ne traevano vantaggi entrambe le città, di certo Venezia cercava di creare monopoli, accordi vantaggiosi ,era abile in questa politica economica, ma muoveva lei tutti i fili.

Con Genova i rapporti li dividerei in due periodi, quello in cui Genova era dominio dei Visconti e sotto la loro influenza, in questo periodo pur mantenendo una propria autonomia, era inevitabile l'influenza milanese per trarre vantaggi a suo favore sfruttando la soggezione della citttà ; in questo contesto vengono strappate da Milano condizioni favorevoli ai propri commerci, transiti e soprattutto dazi.

Diverso è il periodo in cui Genova si affranca da Milano e diventa Repubblica : i rapporti cambiano, nascono molte controversie, in particolare sui dazi, i Trattati serviranno per regolamentare la materia, ma il fatto che venissero nominati degli arbitri per dirimere i dissidi fa pensare che non sempre questi venissero rispettati.

Diciamo che i rapporti commerciali diventano paritari , il che non vuol dire fossero ottimali, vedi le penali che Genova doveva pagare a Milano.

Ma sulle penali del mio ultimo post mi sembra di vedere la scena di uno che impone il pagamento, l'altro risponde non pago o pagherò meno e più avanti, mi sembra che poi si risolse tutto in un pagamento veramente irrisorio rispetto alla prima richiesta, diluito in un tempo lunghissimo, magari non fu neanche pagato o solo in minima parte.

D'altronde siete o non siete genovesi ? Da qualche parte sarà pure venuto fuori questo luogo comune !

Poi alla fine nella storia qualche cosa viene fuori ....., sempre scherzando ovviamente ! :blum: :blum:

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D'altronde siete o non siete genovesi ? Da qualche parte sarà pure venuto fuori questo luogo comune!

Poi alla fine nella storia qualche cosa viene fuori ....., sempre scherzando ovviamente ! :blum: :blum:

Certo che siamo genovesi, io, ad esempio, mi sono appuntato che gli Spagnoli non ci hanno pagato alcune "rate" ...

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in Genova l'argento si vende in libbre e di resi a la veneziana che sintende oz.12 d. 10 g.8

Questo è quanto citato sul manoscritto n.90 Trivulziana (46 v) e si dovrebbe datare intorno al 1410.

E se prima del dominio visconteo Genova acquistasse l'argento da Venezia?

Per l'amico Dizzeta, amante della monetazione genovese consiglio questo articolo:

C.M. Cipolla "Argento tedesco e monete genovesi alla fine del quattrocento" (RIN 1956 pp.100-107)

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in Genova l'argento si vende in libbre e di resi a la veneziana che sintende oz.12 d. 10 g.8

Questo è quanto citato sul manoscritto n.90 Trivulziana (46 v) e si dovrebbe datare intorno al 1410.

E se prima del dominio visconteo Genova acquistasse l'argento da Venezia?

Per l'amico Dizzeta, amante della monetazione genovese consiglio questo articolo:

C.M. Cipolla "Argento tedesco e monete genovesi alla fine del quattrocento" (RIN 1956 pp.100-107)

Grazie, lo cercherò in biblioteca.

...poi ti rispondo, anche se non so bene cosa voleva dire ma mi fa sembrare "colto" citarlo:

"Non vorremmo mai ristarci dal chiedere aiuto a chi ci sgozza?" (Francesco Petrarca ai Veneziani e ai Genovesi) ...

"Insomma, Genova che prima poteva sprecare senza ritegno uomini e denaro per qualunque impresa, ora avrebbe bisogno di fare economia fino all'osso delle sue forze che illanguidiscono..... tra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento appare impoverita.... La pace con Venezia fu strettamente stabilita secondo il sogno di Francesco Petrarca che si adoperò nelle trattative ma presto questa alleanza fu sottoposta a dure prove per i conflitti e schermaglie nell'Oriente che procuravano dissidi e vendete continue" (libera interpretazione dal Lopez).

Quindi, mio stramodestissimo e banale parere, anche se qualche personaggio "illuminato" tentava di trovare rimedi, le occasioni per contestare i patti e i personaggi che mescolavano nel torbido ce n'erano a iosa e per noi capire oggi la mentalità del medioevo è impresa ardua (poi per me senz'altro impossibile ma nonostante ciò mi piace leggere quante più notizie posso avere).

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Dizzeta parla dei Spagnoli , in " Breve storia economica d'Italia " di Gino Luzzato trovo : " Ma l'impiego più frequente e lucroso dei capitali, accumulati con l'attività commerciale dei secoli precedenti, era offerta dalle operazioni di credito, fra cui, oltre ai prestiti allo Stato genovese e più tardi, ed in misura maggiore, allo stato Spagnolo, figurarono le operazioni di cambio, nelle quali i banchieri genovesi finirono per raggiungere nel cinquecento un primato europeo, valendosene anche largamente per coprire con esse dei contratti di mutuo o di pura speculazione."

Il debito pubblico, rapidamente e continuamente aumentato , ha una particolare importanza nella storia del capitalismo genovese per l'istituzione, che esse determinò, della famosa Casa di San Giorgio.

Ma di questa " casa " che trae origine da una deliberazione del 1405 e che in realtà era un ente incaricato dell'Amministrazione autonoma del debito pubblico, eventualmente ne potremo riparlarne e di certo ne sanno di questo di più gli amici genovesi.

Di certo Genova e Spagna è un altro connubio commerciale, però non vorrei allargarmi troppo su questo.

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Mi dite qualcosa della guerra di Chioggia?

per farla molto in breve

"La guerra di Chioggia fu un conflitto combattuto dalla Repubblica di Genova contro la Repubblica di Venezia tra il 1379 ed il 1381 nel quale inizialmente i Genovesi riuscirono a conquistare Chioggia e vaste zone della laguna di Venezia, ma che terminò con la vittoria finale dei Veneziani che riuscirono a riprendersi Chioggia e le città lagunari ed istriane cadute in mani Genovesi.

Si concluse definitivamente con la pace di Torino dell'8 agosto 1381, che sancì l'uscita dei Genovesi e dei Veneziani da un conflitto in cui entrambe lerepubbliche marinare avevano subito ingenti danni economici."

da Wikipedia ( se ci vai trovi tutta la descrizione approfondita )

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Mi dite qualcosa della guerra di Chioggia?

... e se invece vuoi qualcosa di meno ...noto, ...ti dirò anche questo:

"L'assedio di Chioggia continua per 6 mesi con prodigi di eroismo da entrambe le parti. Pietro Doria muore in combattimento, travolto da un macigno lanciato da una delle due bombarde veneziane impiegate nell'offensiva (proprio a Chioggia si ebbe infatti perl'Italia uno dei primi esempi di utilizzazione delle armi da fuoco, con l'uso della polvere da sparo introdotto in Occidente dagli arabi che lo avevano imparato dai cinesi).

Venezia riesce a riconquistare Chioggi IL 6 giugno 1380. Genova però ha mandato in Adriatico altre galee agli ordini di Matteo Maruffo e Francesco Spinola, occupando Trieste, devastando Capodistria ed Arbe e assediando Pola. Le due Repubbliche sono stremate.

Nell'agosto del 1381, grazie alla mediazione di Amedeo VI di Savoia, si ebbe una riunione a Torino per trattare la pace. Sia Genova che Venezia si consideravano vincitrici. Chi avrebbe dovuto domandare un accordo? Genova non voleva umiliarsi. Venezia nemmeno. Zaccaria Morosini (...tel chi ....ndr), capo della delegazione veneziana, mise fine agli indugi con una soluzione di compromesso: "Saremo noi a chiedere la pace, ma non come vinti o coartati, bensì come vincitori". La strana formula venne accettata e la pace si concluse con l'abbandono di Tenedo da parte delle due contendenti. L'isola all'imbocco dei Dardanelli, in mano a Genova o Venezia, poteva essere una porta chiusa di fronte all'espansione dei turchi. Con il trattato di Torino quella porta fu spalancata" (La Liguria e la sua anima - Dario G. Martini e Divo Gori).

Poi ci sono un mucchio di leggende ....se Genova fosse entrata a Venezia ...se avessero fatto un piccolo sforzo in più .... se ....se ... se ....

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E ora arrivo a Milano…..

(sempre dal libro di prima)

“Tomaso Fregoso, uomo di larga cultura, afflitto però da una smodata ambizione, fu costretto nel 1419 a blandire Filippo Maria Visconti (sobillato da Teramo Adorno), cedendogli Borgo Fornari, Serravalle e Capriata ed offrendogli una grossa somma. Mancando dei fondi necessari a questo scopo, il Fregoso manifestò l’intenzione di rivendere Livorno e Firenze, incontrando la fiera opposizione del patrizio Luca Pinelli, il quale disse in Consiglio: “Non dobbiamo privarci di Livorno. Se la Repubblica ha bisogno di denaro io sono disposto a cedere una parte dei miei beni e propongo che tutti gli uomini più ricchi della città seguano il mio esempio.”

All’alba del giorno successivo a questa dichiarazione, Pinelli venne trovato crocifisso su una porta a piazza Banchi. Livorno venne venduta per 100.000 zecchini, ma il sacrificio si rivelò inutile. Filippo Maria Visconti non si accontentò della somma rimessagli. Occupò Savona e cercò contro Genova l’alleanza del re Alfonso d’Aragona, già in lotta con i Genovesi per il possesso della Corsica. Genova tornò quindi ad essere soggetta a Milano e lo rimase per 14 anni, durante i quali venne coinvolta in avvenimenti estranei ai suoi interessi:la guerra tra i Visconti e Venezia e quella tra gli aragonesi e gli angioini per la successione del trono di Napoli…..

Filippo Maria Visconti e Firenze si pronunciarono per Renato d’Angiò. Genova fu felice questa volta, di poter lottare contro un nemico naturale qual’era Alfonso. Inviò Francesco Spinola a presidiare Gaeta e quando il porto fu assediato dall’aragonese spedì in soccorso una flotta affidata al comando di Biagio Assereto (un semplice notaio!!). Il 5 agosto 1435 incontrò a Ponza l’armata di Alfonso nettamente superiore e quello che accadde ce lo racconta l’umile notaio Assereto ed è una delle più belle pagine della storia di Genova:

Avanti che noi scrivemo altro, noi vi suprichemo che ve piase de riconosce questa singola vittoria de lo Nostro Segnò Dè, e da lo beo San Georgio e da San Domenico in ra festa de lo qua, in venerdì, fu la nostra assè sanguinenta battaia, dra qua noi semo steti vittoriosi, noi per le virtù de Dè, abiando la giustizia dalla nostra parte. Lo quarto dì de questo meise, ra mattin per tempo noi trovammo in ro Mà de Terracina assè presso terra l’armà del Re d’Aragon de nave 14 elette, inter vinte, delle quae nave eran sei grosse, le altre comune, li Re e li Baroni; li quae voi audirci de sotta, con huomini sei miria per quello che savei da elli, si che la meno nave di 300 in 400 huomini havea; le altre 500 in 600; la Reale huomini 800 inter la quale era lo Re d’Aragon, lo Infante, lo duca di Sessa, lo principe di Taranto,lo figlio delConte di Fondi e 120 cavalieri. Eran con le dette navi galere undexe, e barbotte sei, et era lo vento alla Garigliano, si che era in sua possanza quello di de investìrne.

Noi, abiamo a mente la commissione vostra de non prender battaia se era possibile, ma de dà soccorso a Gaeta, sì se forzammo de tirar a vento, sì navegammo in ver Ponza, lo Re sempre seguitandone, e molto presto le galee fonne a noi rè, quae mandei un me Trombetta, pregando le maestè dro Re che ello non me ne voresse dà impaccio, ma me lasciasse andà a Gaeta, e che ra nostra COmunitè non voè guerra etc……. …….. …….. Finarmente lo Altissimo Dè, noi dalle ore 12 fino alle 22 senza intervallo ne riposo a ra giustitia ne dè vittoria. …. …. ….

Per conforto di tutti voi certifichiamo le vostre magnificentie e paternitae ceh non so da quae parte incomensà a dire sue lodi, e re sue prodezze, con ra grand’obedenza e reverentia che sempre son steti da ro dì che partimo a questo dì, massime in ro dì dra battaia, che se essi avessa combattuo davanti re signorie vostre, non averieno feto atramente, elli meritan d’esse lodae e riconosciui singolarmente.

Cristo ne preste gratia che possemo andà de ben in megio. Data die 6 augusti 1435 in Nave supra Insulam Pontiae.

In questa lettera l’Assereto non dice nulla che possa esaltare il suo trionfo. Si limita ad osservare che aveva a sua disposizione “uomini d’arme mille” mentre i prigionieri “ son migliaia e migliaia”.

Anche D’Annunzio volle dedicargli tre terzine nella “Canzone del sangue”: “…l’ombra di quel semplice Assereto/che, distolto dal rògito o caparre/esposto sopra al cassero, l’abeto/trattò meglio che il calamo, la barra/di battaglia assai meglio che il sigillo/contra il fior d’Aragona e di Navarra/vincitore di Re su mar tranquillo/con gli infanti coi duchi e con gran maestri/aggiungendo al trionfo un codicillo”.

In effetti la relazione del notaio ha l’asciutta stringatezza di un codicillo anche se narra di un avvenimentio che avrebbe potuto mutare il volto alla storia d’Europa.

Purtroppo a quella grande vittoria doveva seguire una tragica delusione. Condotto prigioniero da Filippo Maria Visconti, re Alfonso riuscì a convincerlo che per i Visconti un’alleanza con gli aragonesi sarebbe stata più utile di quella con gli angioini. Il duca di Milano non ebbe esitazione a rovesciare completamente la sua politica e a Genova toccò l’onta di allestire una propria flotta, a proprie spese, per ricondurre nel meridione il sovrano spagnolo che nel 1442 sarebbe stato incoronato Re di Napoli.

Questo affronto non poteva essere sopportato. Nel 1436 al grido di “Viva la libertà” Genova insorse: il governatore Opizzino d’Alzate venne ucciso a colpi di pietra e squartato di fronte a alla chiesa di San Siro."

E qui mi fermo, sperando di aver un po’ illustrato il “clima” di quei tempi. .....

P.S. Perdonatemi la lunghezza ed anche se sono andato fuori tema ....spero tanto che vi sia piaciuto come a me.

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interessante. vedete come la storia si ripete. vendere i "gioielli" immobiliari dello Stato per tappare il buco di bilancio, è una pratica che viene da lontano. L'episodio di Pinelli poi ne richiama drammaticamente un altro, a Milano.

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Dopo le ottime digressioni di Dizzeta,non avevo concluso la spiegazione su cos'era la Casa di San Giorgio di Genova .

Questa " casa " che trae l'origine da una deliberazione del 1405 e che incominciò a funzionare nel 1407 col nome di " Società delle compere e dei banchi di San Giorgio ", non può considerarsi nonostante il nome una società, ma come un ente incaricato dell'amministrazione autonoma del debito pubblico,nel quale però e qui si avvicina alla società, i rappresentanti dello Stato finiscono per cedere completamente il campo ai rappresentanti dei creditori.

Nell'interesse dei creditori,per garantire loro il pagamento degli interessi, è affidata alla Casa, fin dalla sua nascita, la gestione del monopolio del sale, di varie gabelle, e man mano che aumentava il suo credito, di alcuni castelli e territori dello Stato e di alcuni suoi possidimenti fra i quali la Corsica.

Nel 1408 la Casa fu autorizzata ad unire all'amministrazione del debito pubblico l'esercizio di alcuni affari di banca, inizio' diciamo cosi' una sezione della " Casa " bancaria.

La parte bancaria avrebbe dovuto anche regolare la funzione della circolazione monetaria.

Ma quando il governo pretese che la banca difendesse la lira genovese nella sua tendenza al ribasso,l'Istituto rinunciò per non esporsi a perdite gravissime ; i governatori del banco rinunciarono nel 1444 alla concessione e a porre in liquidazione la sezione bancaria, la quale però poi risorse nel 1586.

Interessante vero ? Sembrano storie dei giorni nostri, ma ora mi fermo, perchè se no più che numismatico divento economista e perchè no anche un pò genovese :blum: , ma come sapete mi piace spaziare dovunque nel tempo, nella geografia e nelle varie funzioni !

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