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l origine della moneta


rick2

Risposte migliori

riprendo un articolo apparso sull economist del 18agost che trattava di come l uso della moneta si sia sviluppato.

secondo karl menger la monetizzazione di un economia inizia quando le comunita` agricole iniziano a produrre surplus e l economia si specializza (e nascono le citta`)

la moneta nasce perche` il baratto diventa molto scomodo e impraticabile e quindi nasce un unita` di conto per ridurre i costi del baratto.

la moneta deve avere le seguenti proprieta`

1) non deve perdere di valore quando passa di mano (quindi non si possono usare i vestiti)

2) deve essere portabile e non deperibile (quindi niente frutta e verdura)

3) deve essere divisibile in parti piu` piccole (quindi niente bestiame)

e qui s impone l uso del metallo , che nonostante sia molto difficile da valutare ha il pregio di poter essere divisibile in piccole unita`

le prime monete nascono in lydia (turchia occidentale) nel 650AC circa

c e` un altro problema poi

la moneta si evolve come iniziativa privata oppure con l intervento di una forma di autorita` di governo ?

e quindi la moneta puo` esistere senza governo ?

vi ci lascio pensare sopra

http://www.economist.com/node/21560554

questo e` il link

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A mio parere, Carl menger rappresenta ancora un must, per chiunque voglia studiare l'origine della moneta su basi scientifiche. Come padre e precursore della scuola marginalista ha esposto direttamente ed indirettamente le motivazioni che, connesse al saggio marginale decrescente di utilità, hanno condotto alla nascita della moneta, quale evoluzione naturale dello sviluppo economico, che i limiti intrinseci al baratto avrebbero frenato.

Semplifichiamo parecchio ed estremizziamo la teoria marginalista; non me ne voglia chi la conosce e sa bene, che quanto sto per scrivere va al di là di quanto espresso da Menger, Jevons, etc e non tiene conto proprio dell'intuizione dell'insufficienza dell'utlità marginale come misura cardinale. Cerco solo di semplificare (anche banalizzare, se vogliamo) certi concetti per renderli più fruibili.

Poniamo che esista una piccola comunità isolata dal mondo, priva di moneta. Possedere una mucca costituisce una ricchezza; possederne due una doppia ricchezza; ma fino a quando questo incremento è valido? Ad un certo livello, l'incremento di un'unità di valore diventa non solo utile, bensì dannoso (nel momento in cui il mercato è saturo e non più disponibile a recepire mucche come metodo di scambio e/o strumento di pagamento). In termini più moderni, ma non del tutto efficaci... guadagnare 2.000 euro porta un vantaggio doppio, rispetto a guadagnare 1.000 euro, ma guadagnare 100 milioni di euro non porta un'utlità 100.000 volte superiore.

Non porrei l'accento, quindi, sulla "portabilità" quanto, piuttosto, sulla divisibilità (che, poi, il primo aspetto abbia avuto un'importanza storica effettiva non inficia il ragionamento, teorico ma non troppo).

venendo al secondo quesito: può la moneta esistere senza governo? Se intendiamo la parola governo in senso letterale ed istituzionale, direi proprio di sì. Condizione necessaria e sufficiente è che una comunità sia disposta ad accettare universalmente la moneta, come strumento di pagamento (non deve neppure essere, necessariamente, la moneta metallica che tutti conosciamo). Diverso il problema, relativamente allo "sviluppo" della moenta stessa. Quando la comunità diventa troppo ampia, quando entra in contatto con altre comunità, è ancora possibile che lo stesso strumento di pagamento sia accettato da tutti, senza un'imposizione dall'alto? Quando si rendono necessarie emissioni monetarie "fiduciarie", l'intervento di un'autorità istituzionale, riconosciuta universalmente diventa necessario ed essso stesso può trasformarsi in uno strumento di politica economica.

PS. Grazie per il link; più tardi me lo leggo

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Uhmmm mi fa strano che all'Economist non sappiano certe cose... cmq il link è qui: http://manuali.lamoneta.it/NascitaMoneta/Lanascitadellamoneta.html

ma ci sono fior di pubblicazioni in tutte le lingue che spiegano un po' le cose.

Soprattutto quelle sugli scavi all'Artemision.

Un po' di biblio a ritroso nel tempo:

Bibliografia

– Claude Domergue, Les Mines Antiques : La production des métaux aux époques

grecque et romaine, Editions A&J Picard, 2008.

– F. Barello, Archeologia della moneta. Produzione e utilizzo nell'antichità, ed.

Carocci 2006.

– G. Le Rider, La naissance de la monnaie: Practiques monétaires de l'Orient

ancient, Presses universitaires de France, Paris, 2001.

– A. Ramage and P. Craddock, King Croesus' Gold: Excavations at Sardis and the

History of Gold Refining, Harvard University Press, Cambridge, 2000.

– N. Parise, La nascita della moneta. Segni premonetari e forme arcaiche di

scambio, Editore Donzelli, Roma 2000.

– R. Wallace, The Origin of Electrum Coinages, American Journal of Archeology 91

(1987), pp. 385-397.

– Nancy M. Waggoner, Early Greek Coins from the Collection of Jonathan P. Rosen,

New York: American Numismatic Society (Ancient Coins in North American Collections,

No. 5.), 1983.

– L. Weidauer, Probleme der frühen Elektronprägung, Office du Livre, Fribourg,

1975

– R.M. Cook, Speculations on the Origin of Coinage, Historia 7 (1958), pp. 257-262.

– E. Robinson, The Coins from the Ephesian Artemision Reconsidered, Journal of

Hellenic Studies 71 (1951), pp. 156-167, with plate.

Risorse sul Web:

– Reid Goldsborough, http://rg.ancients.info/lion

– Robert J. O’Hara, http://rjohara.net/coins

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Tornando all'incipit iniziale, legato agli aspetti di economia sociale, credo che questa sia discussione basilare per un forum di numismatca; spererei che intervenissero in molti.

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temo si faccia un po' di confusione tra origine della moneta fisica, quindi coniazione delle prime monete conosciute per le quali l'ottimo Fra ha indicato fonti e studi preziosi e invece l'origine del concetto, economico e filosofico , di moneta che e'stato in realta' affrontato da moltissimi autori, tra cui anche Karl Menger, economisti o storici dell- economia, che hanno indagato sulle caratteristiche fondamentali di quello che possiamo connotare come moneta.

Non entro nel merito per non ripetere concetti noti e anche per far parlare direttamente le fonti

Per una sintesi molto efficace dell-argomento e corredata da una eccezionale bibliografia (tra l' altro viene ovviamente citato Menger) consiglierei :

Philip Grierson , ON the Origin of Money

In Research in Economic Anthropology, 1, 1978, pp. 1-35

che ha il pregio di un taglio storico-economico e la chiarezza di esposizione di questo magnifico autore, senza sacrificare un grammo dell' approccio scientifico usato in economia.

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credo uno degli aspetti piu` interessanti sia quello legato anche al rapporto tra autorita` e moneta

nel senso che la moneta esiste anche senza un autorita` centrale , vedi roma nel V e VI secolo oppure la somalia odierna , ma un autorita` e` fondamentale per mantenere le monete fiduciarie come euro e dollaro.

un altro aspetto e` la monetizzazione dell economia in modo che l autorita` centrale riesca a reperire risorse tramite la tassazione

(son 2 argomenti molto tea party)

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Pare...che in certi paesi siano stati i commercianti a porre un distintivo sui pezzi di metallo pregiato" Oro ed Argento" sia per facilitare gli scambi commerciali che per garantirne il peso (senza portarsi dietro il bilancino) e forse la qualità...In Grecia e sulle coste Asiatiche Occidentali chi garantiva la moneta era la Divinità come può ben verificare chi colleziona queste monete... Anche a Roma era la Dea Moneta che garantiva con la sua sacralità l'asse che poi il Re o lo Stato ci abbia messo lo "zampino" per aumentare il suo potere: è sempre stato così da sempre...anche ai giorni nostri purtroppo; ad ogni buon conto consiglio la lettura del primo capitolo di "Coin of Ancient" dal titolo: Primitive methods of exange by barter del grande e compianto: Barcley Vincent Head. che potrebbe chiarire molti aspetti del problema ancora più o meno oscuri

Per chi fosse interessato o se il Forum lo richiede posso fornire l'originale in Inglese ed la traduzione in lingua "Mooolto libera" che ne ho fatto

Buona moneta a tutti

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Se non c'è un autorità, la moneta non ha potere liberatorio e senza questo non è moneta, ma merce di scambio.

Arka

Nel mio intervento precedente, credo di avere spiegato la differenza fra moneta e merce di scambio. E' la vecchia diatriba relativa alla differenza fra moneta e moneta legale.

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ecco il testo di Barclay Head citato sopra.

Tale testo, per lo piu' un paragrafo intorduttivo , e' stato superato dal saggio di Grierson sull'origine della moneta.

I. PRIMITIVE METHODS OF EXCHANGE BY BARTER.

THE Science of Numismatics (nomismaνο/μισμα, a coin current by custom or law) has long been recognized as a special branch of archaeology, but in many respects it comprises a wider field of research than classical archaeology in the generally accepted, though somewhat restricted, meaning of that word.

For many centuries before the invention of coined money, goods were bought and sold by barter pure and simple, and values were estimated among pastoral peoples in the produce of the land, and more particularly in oxen and sheep.

A relic of this primitive custom may yet be traced in the names which various nations have given to money, such as the Latin pecunia and the English fee, from the same root as the German Vieh, which still retains its original sense.

The next step in advance upon this primitive method of exchange was a rude attempt at simplifying commercial transactions by substituting for the ox and the sheep some more portable substance, either possessed of real or invested with an arbitrary value.

This transitional stage in the development of commerce cannot be more accurately described than in the words of Aristotle, ‘As the benefits of com- merce were more widely extended by importing commodities of which there was a deficiency and exporting those of which there was an excess, the use of a cur- rency was an indispensable device. As the necessaries of Nature were not all easily portable, people agreed, for purposes of barter, mutually to give and receive some article which, while it was itself a commodity, was practically easy to handle in the business of life; some such article as iron or silver, which was at first defined simply by size and weight, although, finally, they went further, and set a stamp upon every coin to relieve them from the trouble of weighing it, as the stamp impressed upon the coin was an indication of quantity.’ (Polit. i. 6, 14-16, Trans. Welldon.)

In Italy and Sicily in very early times copper or bronze took the place of cattle as a generally recognized measure of value, and in Peloponnesus the Spartans are said to have retained the use of iron as a standard of value long after the other Greeks had advanced beyond this point of commercial civilization.

In the East, on the other hand, from the earliest times gold and silver appear to have been used for the settlement of the transactions of daily life, either metal having its value more or less accurately defined in relation to

xxxiv

the other. Thus Abraham is said to have been ‘very rich in cattle, in silver, and in gold’ (Gen. xiii. 2, xxiv. 35), and in the account of his purchase of the cave of Machpelah (Gen. xxiii. 16) it is stated that ‘Abraham weighed to Ephron the silver which he had named in the audience of the sons of Heth, four hundred shekels of silver current with the merchant'.

As there are no auriferous rocks or streams in Chaldaea, we must infer that the old Chaldaean traders, of whom Isaiah says (xliii. 14) that ‘their cry was in their ships’, must have imported their gold from India by way of the Persian gulf in the ships of Ur frequently mentioned in cuneiform inscriptions.

But though gold and silver were from the earliest times used as measures of value in the East, not a single piece of coined money has come down to us from these remote ages, nor is there any mention of coined money in the Old Testament before Persian times. The gold and silver ‘current with the merchant’ were always weighed in the balance; thus we read that David gave to Ornan for his threshing-floor 600 shekels of gold by weight (1 Chron. xxi. 25).

It is nevertheless probable that the balance was not called into operation for every small transaction, but that little beads or bullets of silver and of gold of fixed weight, but without any official mark (and therefore not coins), were often counted out by tale, larger amounts being always weighed. Such small lumps of gold and silver served the purposes of a currency, and were regulated by the weight of the shekel or the mina.

This leads us briefly to examine the standards of weight used for the precious metals in the East before the invention of money.

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Se non ricordo male, l'opinione attualmente più diffusa tra gli storici che si sono occupati delle civiltà dove è nata la moneta "come noi la conosciamo" è che la moneta sia nata e si sia evoluta non tanto come mezzo di scambio commerciale, quanto come strumento per facilitare l'esazione di tributi e il pagamento di salari da parte dell'autorità nell'ambito di società basate sulla forma politica della città-stato e su un'economia di tipo templare. Solo in un secondo tempo il commercio avrebbe riconosciuto l'importanza dello strumento-moneta per i suoi scopi e se ne sarebbe appropriato, soprattutto con lo sviluppo della libera iniziativa (il commercio nelle città-stato a economia templare era in massima parte sotto il controllo diretto dell'autorità politico-religiosa: più che di mercanti dovremmo parlare di agenti governativi con compiti di tipo commerciale). Non so peraltro quanto questa opinione sia condivisa dagli storici dell'economia.

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Se non ricordo male, l'opinione attualmente più diffusa tra gli storici che si sono occupati delle civiltà dove è nata la moneta "come noi la conosciamo" è che la moneta sia nata e si sia evoluta non tanto come mezzo di scambio commerciale, quanto come strumento per facilitare l'esazione di tributi e il pagamento di salari da parte dell'autorità nell'ambito di società basate sulla forma politica della città-stato e su un'economia di tipo templare. Solo in un secondo tempo il commercio avrebbe riconosciuto l'importanza dello strumento-moneta per i suoi scopi e se ne sarebbe appropriato, soprattutto con lo sviluppo della libera iniziativa (il commercio nelle città-stato a economia templare era in massima parte sotto il controllo diretto dell'autorità politico-religiosa: più che di mercanti dovremmo parlare di agenti governativi con compiti di tipo commerciale). Non so peraltro quanto questa opinione sia condivisa dagli storici dell'economia.

e` una delle ipotesi

cioe` che sia stata un autorita` centrale a introdurre la moneta per facilitare la tassazione.

secondo me comunque rimane una concausa , lo scopo principale rimane quello di facilitare gli scambi, d altronde una volta che e` nata la moneta questa e` poi esistita anche senza l autorita` centrale, vedi roma del V secolo oppure la somalia di oggi (di cui avevam parlato in un altra discussione)

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In buona parte sì. Il mio discorso (mio per modo di dire) poneva l accento sulla "necessità" della nascita della moneta) sorta in seguito in altri luoghi isolati per motivi diversi da quelli dell' area mediterranea . In pratica si intreccia con la natura della moneta più ancora che con la sua origine una

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Alcune considerazioni che traggo dagli appunti di una chiaccherata che feci su questo tema al Circolo Astengo qualche tempo fa.

"Gli economisti moderni definiscono la moneta “terza merce”, cioè un bene che funge da intermediario negli scambi che comportano il trasferimento di due merci diverse tra loro, non direttamente comparabili. Oggi “moneta” e “denaro” sono considerati sinonimi, ma i due termini non sono equivalenti: la moneta è una forma specifica assunta dal denaro. Nel mondo antico la moneta è moneta metallica, ovvero una quantità definita di metallo prezioso o semiprezioso munito di un'impronta. Un tipo che ha la funzione di dichiarare quale sia l'autorità che garantisce per il peso ed il titolo della lega.Secondo Polanyi la moneta deve essere: mezzo di pagamento, misura del valore, sistema di tesaurizzazione, mezzo di scambio.

La necessità di espletare queste funzioni nelle società antiche venne risolta con una grande varietà di oggetti. Queste “premonete” rimontano indietro nel tempo fino alla preistoria e non siamo in grado di stabilire un momento preciso in cui una qualche forma di premoneta abbia iniziato ad essere usata. Già dal pieno Neolitico compaiono fenomeni di tipo “commerciale” su lunghe distanze che riguardano metalli preziosi come l'ossidiana, ma anche pietre dure e conchiglie. Esisteva dunque un'organizzazione di viaggiatori che operava semplici baratti e quindi anche una forma di valutazione dei prodotti premonetali. Purtroppo ci è impossibile stabilire in quale misura, solo con l'apparire della scrittura e quindi di documentazione possiamo avere un quadro di una contabilità amministrativa di una serie limitata di oggetti. "

Modificato da fra crasellame
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"Manca a tutte queste evidenze metalliche il "sigillo" di garanzia da parte di un'autorità pubblica, o privata, che garantisca per quel che concerne il peso e la qualità del metallo. Siamo, dunque, ancora lontani dalla moneta. Non c'è dubbio che il metallo a peso, argento soprattutto, ma anche rame ed oro, sia utilizzato, almeno in determinate circostanze, come misura del valore, mezzo di pagamento, mezzo di scambio. Citiamo, qualche esempio:

- nel codice giuridico di Hammurabi, re di Babilonia (1792-1750 a.C), sono comminate multe in sicli d'argento e ne viene anche fornita l'equivalenza: 1 siclo = 1 maiale; 2 sicli = 1 montone (Rebuffat, 1996, p. 19; Pomponio, 2003, pp. 65-8);

- un documento cuneiforme ci informa, inoltre, che lo stesso Hammurabi diede in premio a soldati della città di Mari degli anelli di argento e degli oggetti chiamati kaniktum, ovvero "con marchio": alcuni pesavano 2/3 di siclo, altri 1 e 2/3, altri 2,5 sicli, ma il palazzo ne aveva fissato il valore nominale a 1, 2 e 3 sicli rispettivamente, con una sopravvalutazione (dal 20% al 33 %) tipica delle autorità emittenti moneta di tutti i tempi. Pur non potendo sostenere che si trattasse di moneta a corso legale, ma piuttosto di oggetti di prestigio che probabilmente venivano scambiati nello stesso ambito palaziale con beni di consumo, si è molto vicini al concetto di moneta coniata, poiché l'impressione del "marchio" regale assegnava un valore, anche solo di prestigio, all'oggetto stesso, a prescindere dal suo effettivo valore intrinseco (Le Rider, 2001, pp. 4-5, 19-20);

- un'iscrizione su pietra da Tebe (Egitto), databile al 1100 a.C circa, registra il baratto tra un toro ed una serie di merci (grano, olio, miele, tessuto, legna) sulla base di un accordo che stabilisce l'equivalenza tra gli oggetti scambiati, pari alla quantità di 119 deben di rame (Cribb, 1986, p. 26, n. 39). In questo caso il metallo non entra nella transazione se non come mezzo di valutazione;

- dischi d'argento di peso notevole, tra i 255 e i 497 g, sono stati 'invenuti a Zincirli, antica Sam' al (Turchia sud-orientale) e sono ora :onservati a Berlino (Pergamon Museum): essi recano la scritta in aramaico: «[proprietà] di Bar-Rakib, figlio di Panamuwa». Costui, intorno al 730 a.C., governava sulla regione come vassallo del re assiro Tiglatpileser. Le iscrizioni sono state incise con uno strumento sui pezzi e non sono un vero sigillo impresso per garanzia: sembra più probabile si tratti di un marchio di proprietà sul tesoro del principe, piuttosto che un'indicazione di qualità e provenienza del metallo, destinata ad utilizzatori lontani (Le Rider, 2001, pp. 24-8).

Sarà necessario fare ancora un salto concettuale, e questo sarà possibile solo nell' ambito di profonde mutazioni nel sistema sociale, politico e giuridico, per arrivare alla vera e propria moneta (Parise, 1973, 1987)."

Modificato da fra crasellame
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"Come spiegarsi l'apparizione della “moneta coniata” ?

1) Monete e commercio

Secondo il rapporto elettro-argento di 1 a 10, la più piccola moneta d'elettro aveva un potere d'acquisto relativamente elevato. Le monete più correnti: stateri, tritai ed hekta avevano un alto valore e non potevano servire ad altro che a regolare forti somme. Quindi sarebbe stata questione di “grande” commercio, praticato in una area ristretta o su lunghe distanze. Secondo molti studiosi del calibro di Ernest Babelon, Barclay Head e Seltman le prime marche su pastiglie di metallo sarebbero da attribuire ad iniziativa privata. Si tratterebbe degli emblemi dei proprietari delle miniere, dei mercanti o dei banchieri, così scrive Babelon in merito.

Purtroppo il fatto che la “nuova moneta” sia frutto di iniziativa privata è un punto inverificabile.

Ma si può contestare che sia nata per esigenze commerciali. I Mesopotamici non avrebbero conservato per così lungo tempo i loro lingotti di metallo se non ne erano soddisfatti. Di più, come fa notare Olivier Picard, grandi centri commerciali come Tiro e Bisanzio hanno atteso numerosi anni prima di coniare la propria moneta. Anche il discorso degli scambi commerciali su lunghe distanze cade, considerando il fatto che le monete in elettro sono state ritrovate in un'area ben delimitata. Certo, avrebbero potuto “espatriare” per poi essere riportate nell'area nella quale beneficiavano di un valore privilegiato. L'importanza del plusvalore di queste monete, paralizzava efficacemente l'esportazione. Lo stesso fenomeno in epoca ellenistica con le monete dei Tolomei in Egitto o dei re di Pergamo.

Queste monete con tutta probabilità non hanno circolato al di fuori dell'area in cui era garantito il loro valore nominale. A questo proposito è da notare come in queste prime emissioni la punzonatura del rovescio era in relazione con il modulo, quindi il peso della moneta.

La presenza di tre punzoni (uno lungo e rettangolare tra due più piccoli) garantiva che si trattasse di uno statere di standard lido-milesio (circa 14 grammi). Due punzoni erano per i tritai e gli hekté. Questa convenzione (synthékè secondo Aristotele) non era riconosciuta che in una ristretta area geografica.

L'uso di contare le monete anziché pesarle si estese anche ad un certo numero di operazioni

contabili e di transazioni commerciali, ma non bisogna credere che queste monete coniate

evitassero d'essere pesate. Soprattutto lontano dall'area geografica di nascita.

Sicuramente semplificarono certi scambi commerciali in una determinata regione, ma non è questo il motivo del successo eclatante e durevole della moneta coniata."

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"2)Moneta ed operazioni contabili

Secondo altri studiosi la moneta coniata vide la luce per il bisogno dello Stato di rendere più agevoli le sue operazioni contabili. Secondo Cook, sarebbe stata inventata per permettere d'effettuare comodamente un gran numero di pagamenti uguali e di somme elevate. Sarebbe il reame lidio che sarebbe all'origine di questa invenzione, scaturita dal bisogno di pagare i mercenari.

Ma il fatto che – come detto innanzi – queste monete in elettro siano state ritrovate solo in un'area ristretta dell'Asia Minore occidentale e la Frigia lascia qualche dubbio.

Kraay riprese e sviluppò ulteriormente l'opinione di Cook. Le operazioni contabili degli Stati erano diventate in quest'epoca molto complesse e quindi si dovevano effettuare un numero enorme di pagamenti spesso uniformi (ridistribuzione del surplus ai cittadini, il soldo delle truppe e via dicendo) ma anche incassare un gran numero di introiti (imposte, tasse, multe).

La nuova moneta, avrebbe facilitato tutte queste operazioni perché non vi era più bisogno di verificare la qualità del metallo.

Altra opinione è quella di Martin Jessop Price, secondo il quale l'enorme varietà di tipi riscontrata, nonché le numerose frazioni, sarebbe da spiegarsi con la possibilità che queste monete siano state usate per pagare l'indennità di “pensione” ad impiegati giunti al termine del loro servizio. Il tipo avrebbe indicato la fonte del pagamento. In mancanza di documentazione che verifichi queste opinioni, bisogna ragionare su come le cose hanno funzionato prima dell'apparizione delle monete coniate in elettro.

I re mesopotamici ebbero anche loro delle truppe da pagare, impiegati da retribuire, tasse ed imposte da incamerare. Se si tiene conto del loro grado di civilizzazione, possiamo ammettere che la loro amministrazione finanziaria e fiscale era complessa tanto quanto quella dei re di Lidia. Sotto i Persiani achemenidi, quando ormai la nuova moneta coniata era ben conosciuta nella parte occidentale dell'Impero, gli operai come i funzionari erano pagati se non interamente in natura con lingotti di metallo anonimo e di peso irregolare. Eppure si trattava di pagamenti uniformi a seconda della categoria di impiegati-lavoratori-artigiani etc.

Quindi la spiegazione-opinione “commerciale” così come quella “contabile” malgrado il loro

interesse, rimangono insoddisfacenti e non riescono a dare una risposta alla domanda posta. "

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E con questo finisco e mi scuso di questi lunghi post

"3) Moneta e fisco: lo Stato in cerca di una nuova risorsa

Un'altra teoria, che sostiene l'ipotesi dello Stato in cerca di un profitto fiscale, sembra poter spiegare meglioil perché la nuova moneta coniata abbia soppiantato la moneta anonima e tagliata a seconda dei bisogni. Il profitto quindi che uno Stato (re o città) possa trarre dall'emissione di numerario a proprio nome e delle possibilità che gli dona il monopolio della moneta sul proprio territorio.

Un primo vantaggio è che al momento della messa in circolazione delle monete il valore nominale fissato dallo stato è in generale superiore al suo valore intrinseco. Questo valore non solo teneva conto delle spese di coniazione, ma anche una tassa fiscale (una sorta di antenato del signoraggio). Ad Atene nel V secolo il valore nominale di una moneta era probabilmente superiore del 5% al suo valore intrinseco. Altro vantaggio era quello di poter decidere che solamente le proprie emissioni potevano avere corso sul proprio territorio, cosa che pare sia stata frequente. I mercanti stranieri erano dunque obbligati a cambiare la loro moneta con “valuta” locale. Quindi pagavano una tassa di cambio.

Ancora, lo Stato all'interno delle proprie frontiere poteva attuare delle manipolazioni monetarie che procuravano – in momenti difficili – le risorse di cui c'era bisogno. Come ad esempio fece il tiranno Ippia ad Atene, dichiarando che tutto il numerario d'argento non aveva più corso legale ed ordinando di portare tutte le monete ad un prezzo fisso. Una volta raccolte le monete per essere coniate con un nuovo tipo, Ippia rimise le stesse monete in circolazione.

La moneta adokimon aveva conservato il suo valore intrinseco ma aveva perso la differenza tra il valore intrinseco ed il valore nominale. La nuova moneta dókimon (avente corso legale) era dotata di questa differenza comportando un beneficio allo Stato.

A differenza dei re mesopotamici, che avevano enormi entrate dalle sterminate terre fertili, la città greca al contrario aveva entrate fonciers molto deboli, quindi era sempre in cerca di nuovi sistemi per aumentare le proprie entrate. Non c'è da stupirsi allora se l'idea sia venuta ad un Ionico o ad un Lidico. Certo i Re di Lidia erano ricchissimi, ma probabilmente in rapporto alle città greche della costa e si può comunque supporre che non restarono indifferenti difronte ad un nuovo modo di accrescere le loro entrate."

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Ottimo, ottimo! Puoi darmi il riferimento della citazione da Polanyi?

C'entra niente, ma mi è caduto l'occhio sul tipo dell'Anatolia con un nome semitico che ha un padre con un nome che suona ittita. Curioso...

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Non c'è dubbio che il metallo a peso, argento soprattutto, ma anche rame ed oro, sia utilizzato, almeno in determinate circostanze, come misura del valore, mezzo di pagamento, mezzo di scambio. Citiamo, qualche esempio:

- nel codice giuridico di Hammurabi, re di Babilonia (1792-1750 a.C), sono comminate multe in sicli d'argento e ne viene anche fornita l'equivalenza: 1 siclo = 1 maiale; 2 sicli = 1 montone (Rebuffat, 1996, p. 19; Pomponio, 2003, pp. 65-8);

- un'iscrizione su pietra da Tebe (Egitto), databile al 1100 a.C circa, registra il baratto tra un toro ed una serie di merci (grano, olio, miele, tessuto, legna) sulla base di un accordo che stabilisce l'equivalenza tra gli oggetti scambiati, pari alla quantità di 119 deben di rame (Cribb, 1986, p. 26, n. 39). In questo caso il metallo non entra nella transazione se non come mezzo di valutazione;

Dire che questo è l'inizio del concetto monetario

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