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Il Trionfo nell'Antica Roma


Illyricum65

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Trionfo

Triumphare (celebrare un trionfo) è detto così perché i soldati che tornano dalla guerra col loro generale gli gridano attraversando la città mentre è diretto verso il Campidoglio «Io triumphe! ». Questo termine viene da thríambos, cioè da un soprannome greco di Libero. (Varrone, La Lingua Latina, VI, 68)

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Il Trionfo era il massimo onore che nell’antica Roma veniva tributato con cerimonia solenne al generale (o magistrato con concessione di Imperium, ovvero con delega al comando supremo dell’esercito) che rientrava da una guerra dove aveva conseguito un’importante vittoria. Prima della battaglia il magistrato doveva prendere gli auspicia, praticamente doveva presiedere ai rituali propiziatori. La guerra che egli andava ad affrontare doveva, poi, essere un bellum iustum, una guerra dichiarata secondo il rituale tradizionale e la vittoria doveva essere ottenuta con una battaglia cruenta e schiacciante.

Il primo ad ottenerla fu Romolo che percorse la Via Sacra nel Foro Romano per recarsi al Campidoglio dove depose nel Tempio di Giove Feretrio (*) le Spolia Opima (**) (armatura, armi e altri effetti che un generale romano aveva tratto come trofeo dal corpo del comandante nemico ucciso in singola tenzone).

(*) Il sito del tempio è attualmente dibattuto. Sappiamo, secondo quanto ci tramanda Tito Livio, che si trovava sul Campidoglio:

« Portando le spoglie del comandante nemico ucciso... Romolo salì sul Campidoglio. Lì, dopo averle poste sotto una quercia sacra ai pastori, insieme con un dono, tracciò i confini del tempio di Giove e aggiunse al dio un cognome: "Io Romolo, re vittorioso, offro a te, Giove Feretrio, queste armi regie, e dedico il tempio tra questi confini... in modo che sia dedicato alle spolie opime, che a coloro che verranno dopo di me porteranno qui dopo averle sottratte a re e comandanti uccisi in battaglia". Questa è l'origine del primo tempio consacrato a Roma. »

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri I, 10.)

Secondo il Carandini si trattava di un tempio che in origine doveva essere una capanna, con di fronte un'ara. Intorno al tempio un recinto, al cui interno vi era una quercia sacra. Il possibile sito viene identificato, sempre dal Carandini, con la Promoteca capitolina dove sono stati rinvenuti reperti votivi databili alla metà del VIII secolo a.C.

(**)“Il trofeo venne dedicato a Zeus detto Feretrio dal romano ferire, che significa “colpire”, giacchè Romolo aveva chiesto la grazia di colpire e abbattere l’avversario. Spoglie simili si chiamano opima, dice Varrone, da opes che significa “ricchezze”; ma sarebbe più credibile se si dicesse da azione, in romano opus, giacchè la dedica di spoglie opime è concessa al generale che abbia abbattuto il generale avversario con azione personale. Tale onore toccò finora a tre soli condottieri romani: per primo a Romolo, per l’uccisione di Acrone, re dei Cenineti; per secondo a Cornelio Cosso, che abbattè Tolumnio, un re etrusco; e per ultimo a Claudio Marcello, vincitore di Britomarto, re dei Galli”.

(Plutarco, Vita di Romolo, 16, 6-7)

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Fu però Tarquinio Prisco che, per primo,celebrò un trionfo a Roma montando su un cocchio dorato a quattro cavalli, vestito con una toga ricamata d'oro ed una tunica palmata (con disegni di foglie di palma), vale a dire con tutte le decorazioni e le insegne per cui risplende l'autorità del comando. Inizialmente il trionfo poteva essere accordato solo dal senato Romano, che doveva ricevere il resoconto degli scontri, e sapere quanti nemici erano caduti, e quindi l'entità della battaglia finale. Dal 449 a.C. in un periodo di impasse politica, anche l'assemblea del popolo romano riuscì a decretare il Trionfo ai consoli. Inoltre solo membri della classe senatoriale o del rango consolare potevano riceverlo.

Ricordiamo quello di Gneo Pompeo Magno celebrato il 29 settembre del 61 a.C. dopo la vittoria ottenuta su Mitridate VI, che durò per due interi giorni:

«…Furono catturate e condotte nei porti 700 navi armate di tutto punto. Nella processione trionfale vi erano due carrozze e lettighe cariche d'oro o con altri ornamenti di vario genere; vi era anche il giaciglio di Dario il Grande, figlio di Istaspe, il trono e lo scettro di Mitridate Eupatore, e la sua immagine a quattro metri di altezza in oro massiccio, oltre a 75.100.000 di dracme d'argento. Il numero di carri adibiti al trasporto di armi era infinita, come pure il numero de rostri delle navi. Dopo questi [carri] venne il gran numero di prigionieri e pirati [catturati], nessuno di loro legati, ma tutti in processione nei loro costumi nativi.

Davanti a Pompeo furono condotti satrapi, figli e generali del re [del Ponto] contro i quali [Pompeo] aveva combattuto, che erano (tra quelli catturati e quelli dati in ostaggio) in numero di 324. Tra questi c'era il figlio di Tigrane II, cinque figli maschi di Mitridate, chiamati Artaferne, Ciro, Osatre, Dario e Serse, ed anche due figlie, Orsabari ed Eupatra. Oltace, capo dei Colchidi, era anche lui condotto in processione, come pure Aristobulo, re dei Giudei, il tiranno dei Cilici, e le donne dei regnanti tra gli Sciti, tre capi tra gli Iberi, due tra gli Albani, oltre a Menandro di Laodicea, che era stato a capo della cavalleria di Mitridate. Furono portati in processione le immagini di coloro che non erano presenti, di Tigrane e Mitridate, che li rappresentavano durante il combattimento, da vinti o in fuga…»

( Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, 116-117.)

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Il trionfo, di origine etrusca, fu inizialmente una festa religiosa importante, ma priva di fastosità : più che altro era un ingresso solenne in città per ringraziare Giove, supremo artefice della vittoria. Nel tempo prevalse l’aspetto politico: l’aspetto fondamentale non fu più lo scioglimento dei Vota bensì l’esibizione del bottino, dei prigionieri, delle tabulae che descrivevano il resoconto bellico. Non è un caso, ad esempio, che Ottaviano celebrasse nel 29 a. C. un triplice trionfo (per la Dalmazia, per Azio e per Alessandria) e che solo due anni dopo, il Senato gli conferisse il titolo di Augusto, abdicando ai propri poteri.

Nel giorno fissato per la celebrazione, tutto il popolo accorreva per vedere il trionfatore sfilare in corteo nella città. La gente era assembrata lungo il tragitto, le trombe del corteo echeggiavano, ovunque si sentiva inneggiare al trionfatore ed intonare canti di gioia. Le strade, le piazze, i monumenti erano adorni di ghirlande, le porte dei templi spalancate e su tutti gli altari bruciava l'incenso. Un clima di forte eccitazione pervadeva lo spirito di questa festa religiosa e pubblica allo stesso tempo.

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Il percorso del Trionfo

La cerimonia era aperta dai Senatori e dai Magistrati in toga accompagnati da squilli di tromba; seguivano gli animali sacrificali, i tori bianchi. La prima parte della processione terminava con le spoglie dei vinti: il bottino trasportato su carri ed esposto su ferculae (trofei) e il suo ammontare veniva annunciato da cartelli (tituli) che li precedevano. Pannelli narravano gli avvenimenti o descrivevano le ragioni sottomesse; assieme a questi sfilavano grandi corone preziose (corona triumphales) offerte al trionfatore dalle città provinciali. Tra i fercula avanzavano a piedi o su carri i prigionieri di alto rango, seguiti dalla massa dei prigionieri. Giunti sul Campidoglio, i prigionieri venivano uccisi o imprigionati a vita.

La parte centrale del corteo era occupata dal gruppo del trionfatore, con littori dai mantelli rossi da guerra e fasci avvolti d’alloro, flautisti e citaredi e per ultimo, la quadriga del Trionfatore trainata da quattro cavalli bianchi.

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Il protagonista della vittoria vestiva gli abiti e portava le insegne di Iupiter Optimo Maximus (tunica palmata, toga picta, scarpe dorate, scettro, ramo e corona d’alloro).

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Toga picta

Indossava al collo la bulla e aveva il volto colorato in rosso. Dietro a lui, un servus publicus teneva sollevato sul capo una corona aurea. Sul carro avevano posto anche i figli e le figlie minori, quelli maggiori e gli adulti cavalcavano a lato. Dietro alla quadriga venivano a piedi o a cavallo i Legati, i Tribuni e gli schiavi liberati. Il corteo era chiuso dalle truppe in ordine militare.

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Bullae

La vigilia il condottiero dormiva nella Villa Publica nel Campo Marzio e la mattina seguente si svolgeva una seduta con il Senato nel portico di Ottavia, mentre dal Circo Flaminio iniziava il corteo trionfale; da qui passava tra il Teatro di Marcello e i Templi di Apollo Sosiano e di Bellona, percorreva la zona tra il Campidoglio e il Foro Olitorio, usciva dal pomerium della Porta Triumphalis ubicata presso l’area sacra di S.Omobono. Passava nel Circo Massimo e quindi si dirigeva verso il Palatino lungo la Via Sacra fino a giungere al Tempio di Giove. Qui, dopo aver riconsegnato al dio la corona e lo scettro, e aver immolato le vittime, la festa finiva in un banchetto per i magistrati ed i senatori. Il cerimoniale prevedeva che nel riconsegnare la corona il generale esclamava la solenne frase "Onorem et Gloria", mentre lo schiavo presente sulla biga a fianco del trionfatore e che per tutto il tragitto gli sorreggeva la corona sulla testa, sussurrava all'orecchio di questi la frase "Memora tu est semper homus" ossia "Ricordati, sei sempre un uomo". Oppure "respice post te", guarda dietro di te. Nel tempio di Ercole Trionfale, il vincitore offriva un banchetto per il popolo ed i soldati che raggiungeva anche i 60.000 invitati. Culmine della cerimonia erano le offerte ai santuari, la celebrazione dei ludi e la distribuzione di doni ai soldati. Costoro venivano dapprima ricompensati con abbondanti porzioni di cibo. Via via che la celebrazione del trionfo accrebbe in prestigio, anche i doni divennero più cospicui. Si iniziò così a premiare le milizie con elargizioni di grosse somme in denaro o anche con appezzamenti di terreno.

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Requisiti fondamentali, oltre chiaramente all’aver riportato una vittoria schiacciante contro un popolo straniero, era quello di aver causato almeno 5000 morti tra le fila nemiche e di aver partecipato personalmente alla battaglia decisiva. Il trionfo non spettava né in caso di vittoria diplomatica né in caso di guerra civile. Rientrato a Roma doveva arrestarsi alle porte di Roma assieme alle truppe da lui guidate; in caso contrario decadeva l’Imperium). Per essere insigniti dell’onore del Trionfo si iniziava cercando di ottenere l'acclamazione ad imperator, cioè generale, da parte delle truppe. Una volta ottenuta, il candidato inviava al Senato una lettera, la littera laureata, in quanto decorata con alloro (in riferimento alla corona trionfale), con la quale si informava il supremo organo dello stato dell'accaduto e si inoltrava la postulatio, la richiesta ufficiale di trionfo. Solo dopo aver ascoltato i testimoni, il Senato emetteva il proprio parere. Racconta lo storico greco Plutarco che Lucullo, di ritorno dalle guerre in Asia contro Mitridate, dovette attendere ben tre anni (63 a. C.). Quando un generale non riusciva a coronare il proprio sogno, sovente festeggiava il trionfo a proprie spese nel tempio di Giove Laziale sul monte Albano.

Questo per inquadrare il cerimoniale del Trionfo, che ha radici nella Roma Repubblicana. Ed ora, alcune monete repubblicane e del periodo immediatamente precedente l'Impero.

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L. Aemilius Lepidus Paullus (62 BC). AR denarius (20mm, 3.92 gm, 6h). Rome. PAVLLVS LEPIDVS behind, CONCORDI[A] before, veiled and diademed head of Concordia right / TER above, PAVLLVS in exergue, the consul, L. Aemilius Paullus, togate, standing left, erecting trophy; to left, the Macedonian king, Perseus, and his sons standing right. Crawford 415/1. Sydenham 926. Aemilia 10. Attractive light gray toning with much luster. Superb Extremely Fine. From The Mayflower Collection. The reverse portrays the moneyer's ancestor, the consul Lucius Aemilius Paullus, who defeated King Perseus of Macedon at Pydna in 168 BC, thus ending the Third Macedonian War in 168 BC and effectively ending Hellenistic Macedonia as a state. The previous consuls whom Rome had sent to subdue the Macedonians were untried in military command and completely ineffective, and it was only Perseus' persistent lack of military intelligence that prevented a total rout of the Roman legions. Matters changed with the arrival of Aemilius Paullus on the scene, as he was an experienced commander who had fought extensively in the Hanniballic Wars. After the defeat of Macedon, he went on to conquer Epirus, laying waste 70 of its towns and taking 150,000 captives as slaves. Back in Rome he was awarded a splendid triumph, and the Senate awarded him the title of Macedonicus.

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Augustus, 27 BC – 14 AD

Denarius 29/27, undetermined Italian mint. Victory standing to r. on prow. She holds a wreath in her extended r. hand and shoulders a palm branch with her l. hand. Rev. Octavian driving triumphal quadriga to r. The chariot is elaborately decorated. He holds the reins with his l. hand and an olive branch with his r. hand. IMP CAESAR in exergue. RIC 264. BMC 617. C. 115. Dark toning. Almost extremely fine.

Ex Münzhandlung Basel Commemorating the victory at Actium, the coin displays Octavian as triumphator. Interestingly, Octavian sold his victory and triumph to the Roman populace as a triumph over Cleopatra of Egypt and not over Marcus Antonius. It would have been difficult to celebrate a triumph in Rome over a Roman foe.

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AUGUSTUS. 27 BC-14 AD. AR Denarius (3.84 gm). Spanish mint (Colonia Patricia?). Struck circa 18 BC. Legionary eagle, toga picta over tunica palmata, and wreath / Triumphal quadriga right, ornamented with two Victories and small galloping quadriga. Cf. RIC I 99; cf. RSC 78. Good VF, partial flat strike. ($750) The obverse depicts the elaborate regalia (ornamenta triumphalia) of a successful general awarded to him on the occasion of his procession through the streets of Rome as triumphator. The toga picta was an elaborate dress based on the attire of the Etruscan kings and is shown being worn over the tunica palmata, a tunic decorated with representations of palm leaves. On either side are seen a legionary eagle, symbolic of the Roman army, and a triumphal wreath, or corona triumphalis. This was worn by the triumphator as he paraded through the streets of the capital in the elaborately adorned chariot which is depicted on the reverse.

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Il Trionfo in Età Imperiale

L'importanza del trionfo è testimoniata dalla decisione di Augusto di concederlo e farlo ottenere soltanto a membri della sua famiglia. Gli altri nobili e generali vennero così esclusi da una cerimonia di tale importanza. Ad essi erano concesse (a partire dal 12 a.C.), delle onorificenze, dette ornamenta triumphalia, che permettevano loro di sfilare con le vesti del triumphator insieme all'Imperatore.

Belisario fu l'ultimo generale a ricevere un trionfo a Costantinopoli (formalmente "in nome" dell' imperatore Giustiniano), come riconoscimento della sua vittoria sui Vandali.

Altra forma di trionfo era l'ovatio (in greco πεζὸςθρίαμβος)che ne costituiva una forma minore. L'origine della parola è stata controversa fin dall'antichità. La maggior parte degli autori vi vede la radice latina ovis, pecora, animale sacrificale alla fine della cerimonia. Elio Dionisio di Alicarnasso la fa derivare dalla parola greca εὐοῖ(euòi, in italiano evoè), grido di gioia delle baccanti, Festo dalla parola ovantes, a sua volta derivata dal grido gioioso "O! O!", che indicava i soldati esultanti che tornavano vittoriosi dalla battaglia. L'ovazione, decretata dal Senato romano, veniva concessa quando la guerra era di minore importanza o non era stata dichiarata contro uno stato, quando il nemico non era degno della Repubblica – come i pirati o i liberti – o quando il conflitto si era concluso con poco o nessun spargimento di sangue o non c'era stato pericolo per l'esercito stesso. Poteva essere accordata anche a un generale che aveva condotto una campagna vittoriosa nel corso di una guerra non ancora conclusa. Forse l'ovazione più famosa della storia è quella che Marco Licinio Crasso festeggiò dopo la sua vittoria nella terza guerra servile. L'ultima ovazione nota è una cerimonia in onore di Aulo Plauzio, vincitore dei Britanni sotto l'imperatore Claudio.

In questo caso il generale vittorioso entrava in Roma non su una quadriga, bensì a piedi con la semplice toga praetexta(una toga con una striscia color porpora, a differenza dei generali trionfanti, che indossavano la toga picta, che era completamente viola e ornata con ricami d'oro), senza lo scettro, ed una corona di mirto, la corona ovalis, al posto di quella triumphalis d'alloro. La processione spesso coinvolgeva la folla, ma non comprendeva una parata di soldati, ed al termine della processione veniva sacrificata una pecora, non un toro.

La corona ovale è di mirto; di essa godevano i generali che entravano in Roma con gli onori dell’ovazione. Il diritto all’ovazione, anziché al trionfo, è concesso quando la guerra non è stata dichiarata con le formule d’uso e quindi non è stata combattuta contro un legittimo nemico, o quando la specie del nemico era vile e non degna, come è il caso di schiavi o di pirati, o quando, avendo improvvisamente il nemico deposto le armi, la vittoria è sopravvenuta impulverea, come si suol dire, cioè senza fatica e senza spargimento di sangue”. (Aulo Gellio, Notti Attiche V, 6, 20-21).

Altri personaggi romani che ricevettero l’onore dell’ovatio:

Cicerone, nel 50 aC, di ritorno dal suo governatorato in Cilicia

Augusto due volte, nel 40 aC dopo la battaglia di Filippi e nel 36 aC dopo la guerra in Sicilia

Nerone Claudio Druso Germanico, genero di Augusto, per le sue campagne in Germania

Tiberio che, sotto il regno di Augusto, ricevette un'ovazione eccezionale che gli permise di entrare a Roma in un carro, un onore che non era stato mai concesso a nessuno

L'imperatore Caligola nel 40, dopo una campagna grottesca tornò a Roma con i soli onori dell'ovazione, poco prima della sua morte

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Numerosi furono i trionfi degli Imperatori Romani come risulta anche dalle numerose emissioni monetali del periodo. Oltre al Trionfo, all’Imperatore spettava comunque il cognomina ex virtute, ovvero aggettivi sostantivati, derivati dal nome di una popolazione o di una regione vinta o sottomessa, che nell'onomastica latina andavano a porsi in funzione di cognomen. Se la vittoria conseguita era decisiva, era possibile aggiungere il termine "Maximus". Tali cognomina, durante l'impero, potevano tuttavia essere tratti anche da aggettivi che caratterizzavano il buongoverno di un principe, come ad esempio Pius, Felix, ecc.

La storia del trionfo si chiude con Costantino. Entrato in città nel 312 dopo aver annientato Massenzio a Ponte Milvio, il primo imperatore cristiano, naturalmente, non poteva salire sul Campidoglio a ringraziare una divinità pagana, e si fermò al Foro Romano. Dopo di lui gli imperatori celebrarono l'adventus, rituale simile al triumphus ma depurato dalle tracce di paganesimo.

MONETE DI AUGUSTO:

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S • P • R • SIGNIS RECEPTIS su tre linee nella parte bassa, sotto l’arco di Trionfo di Augusto, sormontato da una quadriga; un'aquila davanti ad ogni parte del muro; IMP • IX • TR • POT • V • nella parte alta dell'arco. Emesso nel 19-18 a.C., dopo che l'Armenia tornò nell'area di influenza romana.

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CIVIB • ET • SIGN • MILIT • A • PA-RT • RECVP •, arco di trionfo di Augusto: sopra l'arco contrale si trova una quadriga; sopra gli archi laterali una figura ciascuno; a sinistra una figura voltata verso destra che tiene un signum nella sua mano destra alzato verso il cielo; a destra invece una figura rivolta a sinistra, tiene un'aquila nella sua destra ed un arco alla sua sinistra. Emesso nel 18 a.C.

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Arco di trionfo (di Aosta?), sormontato da una quadriga nella quale c'è Augusto che tiene un ramo di lauro ed uno scettro; archi più piccoli nelle parti laterali, sormontati da un arciere a sinistra ed un formboliere (?) a destra; S • P • R • IMP CAE su due linee nella paste alta dell'arco. Emesso nel 16 a.C., probabilmente per le campagne alpine.

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Rappresentazione di un arco di trionfo con quadriga e l'epigrafe IMP CAESAR, eretto per la vittoria di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra del 31 a.C.. Emesso nel 30-29 a.C.

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Augustus. 27 BC-AD 14. AR Denarius (4.16g, 5h). Struck 19 BC. Rome mint. M. Durmius, moneyer. Bare head of Honos right / AVGVSTVS CAESAR, Augustus driving slow biga of elephants left, holding palm-branch and sceptre. RIC I 311 corr. (obv. 2B not 2A); RSC 427.

Durmius’ coinage commemorated Augustus’ status and a variety of Augustus’ achievements: the Parthian campaign, Augustus' honors of 27 BC, various Victories, and 'family types'. With the depiction of elephants and the timing of this issue, there is little doubt that the reverse type, employed on the coinage of the three tresviri monetales of this year, refers to the honors paid to Augustus following his triumphant return from the east. Although his achievements were more diplomatic than military, they were considerable. The recovery of the standards lost by Crassus at Carrhae was especially important, and thus the military was accorded much glory in Augustus' victories. The depiction of Honos here is likely a reference to the family of the moneyer, M. Durmius, but we do not know the specific significance of the personification.

Modificato da Illyricum65
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TIBERIO

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AVG F(ilius) TR POT XV, Tiberio guida una quadriga in trionfo verso destra, tenendo uno scettro con aquila; in esergo TI CAESAR. Emesso nel 13-14 a.C. (trionfo concesso a Tiberio, vincitore su Germani e Pannoni)

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Tiberius. (14-37 AD). Silver denarius (3.84 gm). Lugdunum, 15-16 AD. TI CAESAR DIVI AVG F AVGVSTVS, head laureate right / TR POT XVII IMP VII, Tiberius in quadriga right, holding branch and eagle-tipped scepter. BMC 8. CBN 5. Cohen 48. RIC 4. Rare. Nearly mint state. The reverse commemorates Tiberius' German triumph of 13 BC; the same type had already been struck for him as Caesar under Augustus.

CALIGOLA per GERMANICO:

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SIGNIS RECEPT DEVICTIS GERMAN, Germanico in piedi verso sinistra, solleva le armi e tiene un'aquila. Emesso nel 37/41 d.C. ( Caligola celebra le vittorie ed il trionfo del padre Germanico sui Germani (avvenuto nel 17).

CLAUDIO

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Claudio che guida una quadriga trionfale verso destra, tiene le redini ed uno scettro; sotto la scritta DE BRITANNIS. Emesso nel 43-48 per commemorare la vittoria sui Britanni.

Modificato da Illyricum65
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VESPASIANO

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Nessuna legenda, Vespasiano su una quadriga verso destra, che celebra il trionfo sui Giudei. Emesso nel 72 d.C.

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Vespasian 69 – 79

d=20 mm

Aureus, Lugdunum 70-71, AV 7.18 g. IMP CAESAR VESPASIANVS AVG TR P Laureate head r. Rev. Emperor standing r. in quadriga, holding palm branch and eagle-tipped sceptre; behind, Victory crowning him. In the background, men standing r., blowing trumpet and before horses, a captive with hands tied behind his back, escorted by Roman soldier, holding spear. In exergue, TRIVMP AVG. RIC 294. BMC 397. C 657. CBN 301. Calicó 689. Henin 768. Kraay-Hirmer pl. 66, 229.

Extremely rare. A very interesting type with an appealing reverse composition. Light reddish tone, counter-mark on obverse, otherwise good very fine / very fine

Of all the Judaea types of Vespasian and Titus, the TRIVMP AVG aurei are perhaps the most highly regarded, not only for their great rarity, but for the lively character and historical import of their design. Clearly it represents the triumph that the senate awarded Vespasian and Titus, in which the spoils from the Temple in Jerusalem and a great many captives were paraded before all Rome. The scene on this aureus resembles one of the great panels on the Arch of Titus in Rome, and we should presume it is a compressed version of what spectators would have seen along the procession route. The most engaging element of the design is the scene of two men before the chariot: one is a Roman soldier who looks back at Vespasian as he marches forth at a pace that seems agonizingly fast for the exhausted Jewish captive, who is being pushed forward by his bound hands. This, combined with the trumpeting figure, the animated horses, and the emperor being crowned by Victory, makes a vital and intense scene that is rarely achieved on a coin of this size.

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Vespasian, 69 – 79

d=20 mm

Denarius circa 71-72 (?), AR 3.38 g. IMP – VESP Victory standing r. on prow, holding wreath and branch. Rev. Titus in triumphal quadriga r., holding reins and sceptre; side-panel of chariot decorated with Victory standing r., holding wreath. In exergue, T CAESAR. RIC –, for type cf. 85. BMC –, for type cf. 149. C –, cf. 569. CBN –.

An apparently unique and unrecorded variety of the "Iudaea" series.

Lightly toned and good very fine

This interesting denarius seems to be undocumented as an issue naming Titus, though it is based on a known issue of Vespasian that usually is inscribed IMP CAESAR beneath the chariot and VESP AVG in the fields to the side of Victory; instead, on this coin we have T CAESAR below the chariot and IMP VESP flanking Victory. It is not cited in the major references, and Buttrey does not describe it in his study "Vespasian as Moneyer" (NC 1972). It is tempting to assign this undated denarius to c. 71/72, and to associate it with the recent victory in Judaea, though we must acknowledge that the types were inspired by a denarius that Octavian struck prior to the Battle of Actium. But this is no stumbling block, for Vespasian routinely drew upon the designs of his predecessors. In this case it seems he chose a design that would be useful in celebrating the Judaean triumph, and that he took that opportunity to divide the inscription to honor himself and his eldest son, the two victors in the war.

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« Vespasiano, che non desiderò mai alcuna pompa esteriore, nel giorno del suo trionfo, stanco per la lentezza e la noia della cerimonia, affermò senza problemi di «essere stato giustamente punito per avere, alla sua età, voluto il trionfo, come se lo dovesse ai suoi antenati e se avesse mai potuto sperarlo». »

(Svetonio, Vita di Vespasiano, 12.)

TITO

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Nessuna legenda, Tito in quadriga verso destra che celebra il trionfo sui Giudei, tiene uno scettro ed un ramo d'ulivo. Emesso nel 72 d.C.

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Titus as Caesar (79 - 81 AD). AV aureus (19mm, 6.59 gm, 6h). AD 72-73 Rome. T CAES IMP VESP PON TR POT; laureate head of Titus to r. / Titus stands in triumphal quadriga to r., holds branch in r. hand and scepter in l. Hendin 1469. RIC 84, 370. BMC 520. BN 73. About Extremely Fine. The Triumph of Titus and Vespasian for their victory in the Jewish War was perhaps the formative event of the Flavian dynasty. Father and son were both anxious to unite the Roman people under their rule after the traumas of the Year of the Four Emperors (AD 68-69), and placed maximum emphasis on what could be viewed by some detractors as a minor victory in a desert backwater. Moreover, Rome had not seen a proper Triumph for nearly 30 years, in the reign of Claudius. A detailed description of the procession can be found in Josephus' "Wars of the Jews," book VII, chapter V.

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Titus as Caesar. 70-79 AD. Sestertius, 26.50g. (h). Rome, 72 AD. Obv: T CAES VESPASIAN IMP PON TR POT COS II Head laureate right. Rx: S C in exergue, Titus riding in quadriga right, holding scepter and branch, large wreath on front of car and Victory advancing right on side. RIC 431 (R ). BM 636, pl. 25.3 (reverse only, same die as ours). Paris 625, pl. LIV (same reverse die). Hendin 1525. Cohen 228 (12 Fr.). Cf. NAC 59, 4-5 April 2011, lot 950 (same dies as ours). Rare depiction of Titus' Jewish triumph on a sestertius. VF.

IL TRIONFO GIUDAICO DI VESPASIANO E TITO (71 D.C.)

“…Roma gli riservò un’accoglienza calorosa come aveva fatto con suo padre, tranne che quella di Tito fu resa più solenne dalla presenza dello stesso Vespasiano. Per la folla dei cittadini vedere riuniti insieme i tre imperatori fu una gioia straordinaria. Dopo pochi giorni, essi decisero di celebrare le loro imprese con un unico trionfo, sebbene il senato ne avesse decretato uno per ciascuno. Preavvisati del giorno in cui si sarebbe svolta la cerimonia trionfale. Senza che nessuno dell’immensa popolazione di Roma restasse in casa, tutti uscirono a prendere posto dovunque si poteva stare, lasciando libero soltanto lo spazio per far sfilare il corteo. Era ancora buio quando tutto l’esercito, uscito inquadrato nei diversi reparti sotto i 9

rispettivi comandanti, si era disposto non dinanzi all’ingresso dei palazzi imperiali, ma nei pressi del tempio di Iside, dove gli imperatori avevano riposato quella notte. All’apparire dell’alba, Vespasiano e Tito uscirono incoronati d’alloro e rivestiti delle tradizionali vesti di porpora, e raggiunsero il portico di Ottavia, dove erano ad attenderli il senato, i magistrati e i cittadini di dignità equestre. Dinanzi al portico era stata innalzata una tribuna su cui erano stati collocati per loro dei seggi d’avorio e, quando essi vi si furono seduti, immediatamente i soldati cominciarono a inneggiare rendendo testimonianza a una voce al loro valore; gli imperatori non erano in armi, ma portavano vesti di seta col capo coronato d’alloro. Vespasiano, dopo aver ricevuto il loro omaggio, fece segno a un certo punto, sebbene quelli volessero continuare, di tacere; si stabilì un generale, profondo silenzio ed egli, levatosi in piedi e ricopertasi col mantello quasi tutta la testa, pronunciò le preghiere di rito, mentre anche Tito pregava. Dopo le preghiere, Vespasiano rivolse un breve indirizzo a tutti; quindi congedò i soldati, perché partecipassero al tradizionale banchetto offerto loro dagli imperatori, e raggiunse la porta che prende il nome dal fatto che viene sempre attraversata dalle sfilate dei trionfi. Ivi gli imperatori, dopo essersi rifocillati, indossarono le vesti trionfali e, celebrato un sacrificio in onore delle divinità le cui statue adornavano la porta, diedero il via al corteo facendolo passare attraverso i teatri, affinchè la folla potesse più agevolmente assistere allo spettacolo. Sarebbe impossibile descrivere in maniera adeguata la varietà e la magnificenza delle cose messe in mostra sotto i diversi aspetti, sia delle opere d’arte, sia della varietà dei tesori, sia delle rarità naturali; infatti, quasi tutte le cose più mirabili e preziose, che mai a vari individui fortunati fu dato singolarmente di possedere, in quel giorno erano raccolte insieme a mostrare la grandezza dell’impero romano. Si poteva vedere argento, oro e avorio lavorato in mille modi e in quantità così enorme da sembrare non che venisse portato in corteo, ma che scorresse come un fiume; poi seguivano stoffe di porpora fra le più preziose e altre ricamate secondo l’arte babilonese con disegni perfetti; venivano poi gemme trasparenti, alcune incastonate in corone d’oro, altre in altre composizioni, e in tale abbondanza da far pensare che a torto noi le consideriamo una rarità…Seguivano poi animali di molte specie, tutti adornati in maniera appropriata, e anche la moltitudine degli uomini che li conducevano sfoggiavano vesti purpuree trapunte d’oro, mentre quelli che erano stati scelti per sfilare in parata avevano una tale magnificenza di ornamenti da sbalordire. Inoltre. Anche le caterve dei prigionieri non apparivano una moltitudine scomposta, ma la varietà e la bellezza dei loro costumi nascondevano alla vista lo spiacevole spettacolo dei maltrattamenti da loro subiti. Ma quello che più destava l’ammirazione erano gli scenari mobili, che per la loro grandezza facevano temere per la sicurezza del loro trasporto essendo per lo più di tre o quattro piani, ma che per la complessità delle composizioni suscitavano a un tempo diletto e stupore … Seguivano molti portatori di statue della Vittoria, fatte tutta d’oro e d’avorio, e dietro la quadriga di Vespasiano e poi quella di Tito, mentre Domiziano cavalcava al loro fianco in splendide vesti, montando un magnifico cavallo. La meta del corteo trionfale era il tempio di Giove sul Campidoglio, e arrivati colà si fermarono; infatti secondo un’antica usanza si doveva aspettare l’annuncio della morte del capo dei nemici”. (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, VII, 5, 3-7)

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Fregio dell'Arco di Tito

DOMIZIANO

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Domitian. AD 81-96. AV Aureus (19mm, 7.62 g, 7h). Rome mint. Struck AD 90-91. DOMITIANVS AVGVSTVS, laureate head right; inlaid silver eagle countermark to left / GERMANICVS, Domitian driving triumphal quadriga left, holding branch and scepter; COS XV in exergue. RIC II 700; Calicó 844. VF, toned.

Extremely rare.

TRAIANO

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La facciata della Basilica Ulpia con tre corpi separati "in avanti", ognuno con base a due colonne; sopra l'epistilio della parte centrale una quadriga trionfale; figure su entrambi i lati a fianco della quadriga; sopra gli epistili laterali ci sono delle bighe; un paio poi di aquile legionarie nella parte più esterna, mentre l'architrave sotto risulta ornata; BASILICA ULPIA in esergo. 112 d.C. (trionfo sui Daci)

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Trajan. 98-117 AD. Denarius, 3.24g. (h). Rome, c. 107 AD. Obv: IMP TRAIANO AVG GER DAC P M TR P Bust laureate right, fold of cloak on front shoulder and behind neck. Rx: COS V P P SPQR OPTIMO PRINC Emperor standing in triumphal quadriga right, holding branch and eagle-tipped scepter; the front of the car decorated with a large wreath, the side with a figure of the emperor holding a spear and erecting a trophy. MIR 273b (59 specimens). BM 349. Paris 282. Cohen 94 corr. (10 Fr.). RIC 139 (S ). Rare historical reverse type commemorating Trajan's second triumph over the Dacians in 107; only five specimens in Reka Devnia hoard. Toned. Nearly EF.

La conquista della Dacia fruttò a Traiano un enorme bottino, stimato in cinque milioni di libbre d'oro (pari a 163,6 t) e nel doppio d'argento, ed una straordinaria quantità di altro bottino, oltre a mezzo milione di prigionieri di guerra con le loro armi.

Allo stesso imperatore venne tributato un grandioso Trionfo, con spettacoli gladiatori, corse dei carri nel Circo Massimo, un nuovo Foro e la costruzione della famosa Colonna, alta trenta metri, nel cui fregio a spirale lungo duecento metri furono scolpite le imprese militari di Traiano e dei suoi generali. Un'opera di rara bellezza ed originalità dove, sotto la guida del grande architetto Apollodoro di Damasco, fino al giorno dell'inaugurazione (avvenuta il 12 maggio 113), numerosi scultori lavorarono a 155 scene e 2500 figure. Altre testimonianze degli onori e dei trionfi tributati in tutto l'impero a Traiano, l'optimus princeps, sono ancora oggi visibili, oltre che nella rappresentazione scultorea della guerra dacica sulla Colonna a Roma.

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MARCO AURELIO

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MARCUS AURELIUS. 161-180 AD. Æ Medallion (38mm, 50.66 g, 12h). Struck 10-31 December 173 AD. M ANTONINVS AVG TR P XXVIII, laureate and cuirassed bust right, seen from behind / IMP VI COS III, VICT. GERM in exergue, Victory in triumphal quadriga left, holding reins in right hand. Gnecchi 58, pl. 63, 8 = Banti 496 (same dies); MIR 1059-1/36; Grueber 14, pl. XXII, 3; Froehner p. 100; Tocci -; Dressel -; cf. Toynbee pl. XLI, 7.

This reverse type commemorates the victories of Marcus Aurelius over the Germanic tribes along the Danube frontier in the early 170s AD. Unlike many emperors who took credit for the campaigns of their generals, in this campaign Marcus personally led his legions. Aurelius also wrote his famous "Meditations" during this time along the frontier.

COMMODO:

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TR P VI IMP IIII COS III P.P, Commodo su una quadriga trionfale verso sinistra, tiene uno scettro con un'aquila; in esergo SC. 181 d.C., Commodo viene acclamato imperator per la quarta volta, al termine della campagna militare in terra sarmatica del 180.

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TR P VI IMP VI COS IV P.P, Commodo su una quadriga trionfale verso sinistra, tiene uno scettro con un'aquila; in esergo SC. Emesso nel 183, Commodo viene acclamato imperator per la sesta volta, al termine della campagna militare in terra sarmatica del 1802 o in Britannia.

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PM TR P XV IMP VIII, Commodo su una quadriga trionfale verso sinistra, tiene uno scettro con un'aquila; in esergo COS VI P.P. Emesso nel 190 d.C., Commodo potrebbe aver trionfato per la terza volta su Sarmati e Germani (Quadi e Marcomanni), come la Historia Augusta ci racconta (tertia expeditio germanica).

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CARACALLA:

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P M TR P XVIIII COS IIII P P, il Sole tiene le redini nella mano destra, la frusta nella mano sinistra e guida una quadriga verso sinistra. Emesso nel 216 (trionfo sui Parthi da parte di Caracalla).

ELAGABALO:

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IMP TR P III COS III PP, Elagabalo guida una quadriga verso sinistra in trionfo, tenendo un ramo di ulivo ed uno scettro con aquila; una stella verso l'alto; S C in esergo (potrebbe riferirsi alle continue guerre contro i barbari del nord). Emesso nel 219 d.C.

ALESSANDRO SEVERO:

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P M TR P VIII COS III PP, Alessandro Severo guida una quadriga trionfale verso destra, tiene le redini ed uno scettro con un'aquila; S C in esergo. Emesso nel 229 (trionfo concesso per le vittorie contro le popolazioni germaniche)

MACRINO

post-3754-0-46310600-1349039359_thumb.jp As, AD 218; 11.85 g.

Obv. IMP CAES M OPEL - SEV MACRINVS AVG Laureate and cuirassed bust r. with beard.

Rev. PONTIF MAX TR P II / COS II P P / S-C The emperor, togate, driving a slow triumphal-quadriga l., holding laurel-branch in his r. hand, eagle-tipped scepter in his l. hand; he is crowned by Victory standing behind him on the chariot, holding palm in her l. hand.

Rare. Excellent dark green patina. Extremely fine.

RIC 18, 162. C. 107. BMC 523, 134.

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GALLIENO:

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COS IIII P P, Gallieno in trionfo guida una quadriga verso sinistra, tiene un ramo nella sinistra e le redini nella destra. Emesso nel 269/261-2 (trionfo concesso per le vittorie contro le popolazioni germaniche che avevano sfondato il Limes renano).

Ci sarebbe ancora questo, ma non son cerco commemori il Trionfo di Aureliano quanto la vittoria su Zenobia Vallabato & co...

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Aurelianus, 270 – 275

Denarius (?) second half of 272, billon 4.15 g. IMP AVRELIANVS AVG Laureate and cuirassed bust l., holding transverse spear and shield decorated with medusa . Rev. O – RIENS – AVG Sol in prancing quadriga l.; below horses, fallen foe. C –. RIC –. CBN –. Göbl pl. 74, 129k.

Of the highest rarity, apparently only the second specimen known. A magnificent portrait

well struck on a full flan. Extremely fine

Ex NAC sale 54, 2010, 578.

Aurelian came to power in unsettled times, having been made emperor at the whim of soldiers who were impressed with his success in the field against the Goths and Heruli in Greece. He worked tirelessly during the next five years to repel barbarian invasions in the Balkans and Italy, to crush uprisings within the army, and eventually to recover the provinces that had been lost to Palmyra in the East and to Gallo-Romans in the West.

Early in his reign, Aurelian had out of necessity granted the Palmyrene rulers Zenobia and Vabalathus the lofty titles they desired, and he even struck coinage jointly with Vabalathus at Antioch and Alexandria. But by the spring of 272 (at the latest) he led an army eastward to liberate the cities of Asia Minor, soon forcing the surrender of Zenobia and Vabalathus. The recovery of Egypt by the future emperor Probus and a follow-up campaign by Aurelian against a Palmyrene rebel named Antiochus finished matters in the East.

Though Aurelian would not hold his triumph in Rome until 274, at which the captured king and queen were put on display, there was cause for celebration in the meantime. Aurelian claimed the title restitvtor orientis ('restorer of the orient') and made extensive use of reverse types that show the sun-god accompanied by the inscription oriens avg, literally ‘the rising sun of the emperor’. One such coin is this rare denarius, a ceremonial issue perhaps struck at Rome later in 272 for distribution upon the receipt of the news of the Roman victory in Palmyra.

Postao ancora questo fregio dal Tempio di Apollo Sosiano, davanti al quale passava il Trionfatore, con faeculum e toro sacrificale in corteo...

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Spero di non esser stato troppo prolisso e di avervi interessato... è anche colpa di ricordi infantili di Ben Hur, della sfilata del Governatore e della tegola che involontariamente lo colpisce, innescando le disgrazie del povero protagonista! :blush:

Ciao

Illyricum

:)

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Salve Illyricum. :)

Una discussione davvero interessante, con molti spunti utili e informazioni curate, accompagnate dalle foto di monete e fregi davvero bellissime. I contenuti si leggono d'un fiato e non sei stato affatto prolisso: l'argomento è impegnativo e la trattazione ottima. :good:

P.S.: Ben Hur è tra i miei (pochi) film preferiti. ;)

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Ciao,

aggiungo ancora una "chicca":

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Constantine I. AV Medallion (5.32 g, 12h). Constantinople mint. Struck AD 326. CONSTANT-INVS AVG, diademed head right, looking upwards / Constantine, raising right hand and holding eagle-tipped scepter in left, standing left in facing quadriga. Gnecchi 70; RIC VII 1 (Constantinople) and 164 (Nicomedia); Alföldi 746; Depeyrot 20/1 (Ticinum); Calicó 5156 (Constantinople). Superb EF, light scrape on reverse, a few light marks on obverse. Extremely rare, Depeyrot noted only two examples.

This issue has raised several questions regarding not only where it was minted, when, and for what purpose, but also what denomination it might be. While two examples of this type include mint signatures for both Constantinople and Nicomedia, the lack of one on this issue has led scholars to speculate where it was struck. Cohen was the first to note the type from a specimen in Copenhagen (see RIC VII, pl. 21, 164 for its illustration), though he misdescribed the obverse as being laureate, and he assigned its date to the period following Constantine’s death, when his successors were striking the so-called “eyes to God” obverse type as memorial issues. Bruun, in RIC VII, following his own stylistic criteria, dismissed a Constantinopolitan origin and instead suggested that the piece described by Cohen belonged to Nicomedia (RIC VII 164). Apparently hedging his bets, he also catalogued the coin as an unsigned first issue of the new mint of Constantinople, although he noted that Nicomedia was the preferred mint. The question regarding the coin’s point of origin has been further confused by Depeyrot, who assigns it to Ticinum within an emission which, “rassemble plusieurs séries de monnaies qui ont dû été émises lors du donativum de 326 et du passage de Constantin à Ticinum (brings together several coin issues which were struck during the time of the donativum of 326 and the passage of Constantine to Ticinum) .” For Depeyrot, this issue was not for some distribution “comme sur les types similaires de Constantinople et de Nicomédie (as on the similar types of Constantinople and Nicomedia),” but was, in fact, an adventus scene and could not be an eastern product.

In addition to the lack of a mintmark, Constantine’s plain banded diadem and the obverse legend may offer clues. The imperial legend also undergoes a transformation as the more traditional formula, IMP C...P F AVG, of his early issues is now replaced by the more direct and authoritative CONSTANTINVS AVG (sometimes strengthened by the inclusion of the title MAX), a title which he began to employ frequently on his coins after the defeat of Maxentius in AD 312, when he became unrivalled emperor in the west. Beginning in AD 324, however, when civil war between Constantine and Licinius I re-erupted, Constantine’s issues begin to display a new imperial obverse, as the laureate bust of his coins give way to one wearing a diadem. Based on this stylistic development, AD 324 must be the terminus post quem for this issue.

The presence of the triumphal quadriga on the reverse of this, with Constantine holding a scepter clearly topped by a eagle holding a wreath (unlike that of the Copenhagen specimen), demonstrates that this coin was issued on the occasion of some triumph, and not, as Depeyrot suggested, an adventus. The specific nature of this issue may also be indicated by the coin’s weight, which comports with the weight of the old Diocletianic aureus at 60 to the Roman pound, rather than the solidus standard established by Constantine in AD 309.

The lack of a mintmark indicates either a temporary or novel facility, as the other mints already had long-standing systems of mintmarking. The new obverse portrait type and legend suggest some political rapprochment concluded to Constantine’s advantage. And the unusual, somewhat nostalgic weight standard of such an imperial predecessor as Diocletian, implies an event designed to reestablish a strong empire of the past. Given such possibilities, then, it is highly probable, if not certain, that the RIC listing as Constantinople 1 is correct and that this issue was the first struck at Constantinople following the removal of Licinius I and his son in AD 325-326.

Ciao

Illyricum

:)

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DE GREGE EPICURI

Confesso che a me i filmoni romani di Cinecitta' o di Hollywood non sono mai piaciuti: credo di aver visto Fabiola, Ben Hur e qualche altra polpetta, poi mi sono rifiutato (persino di vedere Il Gladiatore, di cui mi parlano tutti i collezionisti di Commodo). Pero' la tua presentazione e' interessantissima, e i trionfi sono un grande tema numismatico.

Mi ha sempre colpito il particolare "formalismo" dei romani a proposito di guerre, battaglie e trionfi: il bellum justum, la guerra che va dichiarata, i 5.000 nemici uccisi "come minimo" per trionfare, e poi tutte le altre faccende: il divieto di ingannare il nemico, l'obbligo di combattimento frontale, gli auspici e i sacrifici...tutte cose vere, pero', soprattutto in periodo repubblicano, poi molto meno. Col tempo divennero piu' pratici e con meno scrupoli, come erano sempre stati i greci.

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Supporter

Vi allego una moneta che potrebbe rappresentare l'immagine del primo trionfo di Roma come descritto da Plutarco nelle "Vite Parallele".

Romolo è rappresentato con un trofeo sulla spalla, immagine che rimanda al primo trionfo celebrato a Roma, quello appunto di Romolo contro Acrone, re di Cenina che aveva attaccato i romani per vendicare l’affronto del “Ratto delle Sabine”. Racconta infatti Plutarco che Romolo, una volta sfidato a duello e sconfitto Acrone, per adempiere il voto fatto a Giove di consacrare le armi del nemico in caso di vittoria ”…tagliò una quercia gigantesca e le diede forma di trofeo, poi vi appese le armi di Acrone disposte in ordine una ad una; egli stesso , indossata la veste, si cinse di alloro la testa chiomata. 5 Sollevato il trofeo, che teneva dritto poggiandolo sulla spalla destra, procedeva intonando il canto della vittoria, al quale rispondeva l’esercito che lo seguiva in armi, mentre i cittadini l’accoglievano pieni di gioia e di ammirazione. Questa processione, dunque, fu l’inizio e il modello dei trionfi successivi; il trofeo fu dedicato come offerta votiva a Giove Feretrio. 6. I Romani dicono ferire l’atto di colpire; e Romolo aveva chiesto col suo voto di colpire e di abbattere il nemico.(…) Dionisio è inesatto quando dice che Romolo si servì di un carro. 8. Si narra che Tarquinio, figlio di Demarcato fu il primo a portare i trionfi a questa forma di lusso; altri dicono che il primo a celebrare il trionfo su di un carro sia stato Publicola. Le raffigurazioni di Romolo, che si possono vedere a Roma, lo rappresentano tutte mentre porta il trofeo a piedi” (Plutarco, Vite Parallele, Teseo e Romolo 17, 4-8, traduzione di C. Ampolo)

.

E’ possibile che la scelta del tipo sia stata ispirata proprio dalla pubblicazione dell’opera di Plutarco, contemporaneo di Adriano che lo nominò procuratore nel 117 d.c.

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