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  1. Ultima ora
  2. caravelle82

    Il museo degli orrori

    1 giorno esatto 👹😅
  3. odjob

    Cucù...chi è?

    Grazie
  4. Flavius Gratianus

    50 lire littore 1933 XI

    Secondo voi, con i suoi 6.463 pezzi prodotti, la R non sta un po’ stretta? Non potrebbe starci benissimo una R2?
  5. apollonia

    Raccolta di rebus attinenti alla Numismatica

    apollonia
  6. apollonia

    ID Greek ? Ae

    @Ale75 Il bronzo di Ajax al post #1 non ha nulla a che vedere con il bronzo della cgb.fr al post #3. Quest’ultimo è un ½ AE unit (dichalkon: 14-17 mm, 3,3-4,2 g) di Filippo III Arrideo coniato a Salamina (Cipro) e classificato Price 3158, mentre il bronzo di Ajax è un ¼ AE unit (calkous: 10-13 mm, 1,2-2,2 g) di Alessandro Magno coniato a Mileto o a Mylasa, classificato probabilmente Price 2065: Saluti, apollonia
  7. gpittini

    Cucù...chi è?

    DE GREGE EPICURI E' un AE4 di Costanzo 2° da cesare (si legge: ...STANTIUS NOB C). Al rovescio: GLORIA EXERCITUS con due stendardi.
  8. ART

    Capitale europea della cultura 2025

    In Slovenia sono state emesse anche una 30 euro d'argento e una 100 d'oro, con la stessa grafica della 3. Una famiglia impegnata nel sacro rituale delle foto sulla piastra centrale. Per rendere tutto più figo s'illumina la piastra da vicino con la luce del telefono.
  9. Salute è romana azzardo: Follis di Costantino II sotto, al R/ dovrebbe esserci TSA (Tessalonica?) gr.2,72 diametro mm.18 Grazie a chi risponderà odjob
  10. Secondo me invece è un bel pezzo,sulle vicereali e soprattutto sul rame non bisogna essere schizzinosi... Il simbolo del coniatore AOA non è censito dal Magliocca per il 1619,mentre lo troviamo per il 1618 e il 1620... La O di CVSTODIT si presenta piena, come succede spesso in questi nominali...
  11. gpittini

    Nicopoli sull'Istro

    DE GREGE EPICURI La scritta del rovescio è in gran parte illeggibile: nella parte iniziale (a sinistra) se la moneta fosse in buone condizioni si potrebbe leggere il nome del magistrato, variamente abbreviato, in genere: ΥΠ CΤΑ ΛΟΝΓΙΝΟΥ oppure ΥΠ CΤΑ ΛΟΝΓΕΙΝΟΥ, grecizzazione di Statius Longinus.
  12. alez72

    Un uovo” colmo di monetine d’oro di 2000 anni fa ?

    Il ritrovamento è del 2022 e credo che l'articolo sia riferito allo studio fatto successivamente alla scoperta.
  13. Che ne pensate ragazzi? Certo la conservazione non è un gran che.
  14. nicola84

    Vaticano 2025

    Cioè avranno pensato: se passa Natale poi nessuno la compra? Mah
  15. Se può essere utile:::: https://www.pgcasa.it/articoli/antifurti-e-sicurezza/bonus-sicurezza-2026__47716 odjob
  16. Oggi
  17. DG87

    Monetazione ottomana

    Grazie mille
  18. lucerio

    Un simbolo di “rostro” non comune

    Chi ama queste monete non si fa sfuggire queste occasioni. Ben fatto e moneta piacevole
  19. rcamil

    La riforma monetaria del 1866

    Esatto @sdy82, questo l'estratto del "Regolamento sull'uso dei franco- bolli postali" del 17 SETTEMBRE 1867: Ciao, RCAMIL.
  20. raimondo10

    Cartolina con francobollo particolare

    E pensare che non sapevo di averlo, per fortuna che quando ho tempo mi guardo e riguardo le mie cose.👍
  21. ART

    Corsi : e ricorsi ?

    Tranquillo che la pace giusta o sbagliata è ancora lontana, come confermato anche da questa balla sulla casa di putin (che serve a specificare come qualunque ipotetico accordo USA-Ucraina su proposte da presentare sia prematuro). La voglia di trattare seriamente ancora non c'è, semplicemente non ce n'è motivo finchè unità russe da qualche parte riescono ad avanzare, per quanto lente lo facciano.
  22. nikita_

    Il museo degli orrori

    Queste pigne in CU (rame) sono molto pericolose, ricordatevi di spegnerle prima dell'esecuzione....
  23. Sorprendente. Un “uovo” colmo di monetine d’oro di 2000 anni fa. Indagini sui preziosi nascosti durante l’impresa di Giulio Cesare. 35 fantastiche “coppette degli gnomi”. Perché qualcuno le occultò in quel modo? Perchè monete tutte uguali e della stessa emissione? Gli esperti ci spiegano le piste Gli studiosi tornano sul mistero ripostiglio di Lenham: trentacinque stateri privi di iscrizioni alfabetiche, celati in un nodulo di focaia e sepolti nel terreno, raccontano una Britannia politicamente inquieta di quasi 2000 anni fa, abitata da élite celtiche in bilico tra alleanza e resistenza mentre l’esercito romano avanzava. Cesare era lì, a poche decine di miglia? Le monete sono state portate alla luce da un appassionato di metal detector. Tony Asquith, pensionato con oltre quarantacinque anni di esperienza nel metal detecting, partecipa a un rally nella zona. Sono manifestazioni pubbliche alle quali gli appassionati si iscrivono volentieri, perchè non ci sono problemi burocratici. L’organizzazione si occupa di ottenere l’autorizzazione dal proprietario del terreno – che è quasi sempre un’area arata. – e che tutta la ricerca si svolga regolarmente e ordinatamente. I detectoristi sono sparsi in un ampio campo agricolo,. La mattina,, per Tony, inizia come tante altre: segnali confusi, frammenti metallici senza valore, una cartuccia da fucile. Poi un segnale più netto. Una moneta, in superfici, tra lacerti vegetali e rimasugli di stoppie. E’ uno statere d’oro. Un ritrovamento già notevole, che però diventa straordinario quando lo sguardo si allarga, lì vicino. Sembra un mucchio di gusci metallici di “soldini di cioccolato di Natale” sparsi tra le zolle e, poco sotto, l'”uovo” che conteneva le monete e che era stato colpito dall’aratro. Trentacinque stateri, ancora insieme dopo più di duemila anni. Il deposito monetario viene recuperato secondo l’iter stabilito dal Treasure Act., la legge che si occupa del ritrovamento di tesori o di beni archeologicxi da parte dei cittadini. Nessun ente pubblico si fa inzialmente avanti per acquistare gli stateri. Così i cercatori possono mettere i reperti all’asta. La stima iniziale è prudente, ma l’interesse è altissimo: il lotto viene aggiudicato per oltre centomila sterline, più di cinque volte la valutazione di partenza. Ma il dato economico è quasi secondario. Il Lenham Hoard, oggetto di approfondimenti da parte di numerosi studiosi, racconta una storia più profonda: quella di una comunità celtica del Kent, probabilmente i Cantiaci, legata al mondo franco-belga, posta di fronte all’irruzione della potenza romana. I ricercatori, in questi mesi, hanno cercato di ricostruire il contesto politico, territoriale e simbolico in cui quel deposito fu concepito. Ed è proprio da qui che emerge la novità più significativa: il tesoro sembra inserirsi in una zona di campagna non distante dai movimenti di truppe di Giulio Cesare, Ci sono più dati interessanti, in questa vicenda. Le monete provengono tutte dallo stessa zecca e presentano unifornità realizzative che fanno pensare che siano frutto di una produzione avvenuta in un breve periodo. Le monete peraltro recano scarsi segni di usura o di circolazione. Quando si trovano questi gruppi di monete, omogenee per datazione e valore, senza segni di circolazione significa, normalmente, che sono state nascoste poco dopo essere uscite da una zecca. E che il deposito potrebbe essere stato costituito in seguito ad un pagamento ricevuto da un ufficio statale o da un comandante militare o provento di un furto in una cassa pubblica. Ma c’è un altro dato particolarissimo: il contenitore di pietra., quella sorta di uovo nel quale le monete, prima messe in un sacchetto di tessuno, furono poi collocate. Il blocco era forse originariamente chiuso con un pezzo d’argilla. L’uso di questo uovo come nascondiglio potrebbe far pensare che chi avrebbe nascosto il tesoro lo avesse portato inizialmente con sé, in più di uno spostamento. E’ probabile che nessun ladro o nessun posto di blocco avrebbe contestato la presenza di una pietra focaia, normalmente utilizzate per accendere il fuoco. Poi, forse qualcosa cambiò- Il cosiddetto blocco di focaia utilizzato come contenitore è un nodulo di selce, una concrezione naturale di silice formata milioni di anni fa nei fondali marini e già durissima in epoca preistorica. Non era quindi un materiale morbido come la creta, né poteva essere modellato: la sua cavità interna nasce da fratture naturali o viene aperta per percussione, colpendola con precisione. Nel caso del tesoro di Lenham, la selce non è un contenitore costruito, ma riutilizzato, sfruttando la sua compattezza e la sua impermeabilità. Normalmente la focaia serviva per accendere il fuoco e per produrre utensili, ma aveva anche un valore simbolico, legato alla trasformazione e alla durata nel tempo. Usarla per nascondere l’oro significava mimetizzare il deposito nel paesaggio e proteggerlo fisicamente. Non si esclude però che la scelta avesse anche un significato rituale: affidare le monete a una pietra antichissima, stabile e “eterna”, in un momento di forte instabilità storica. Le analisi convergono su un punto: le monete sono omogenee per stile, peso e cronologia, e indicano un atto di deposizione unico, non una raccolta casuale o progressiva. Questo dato orienta l’interpretazione verso un gesto deliberato, compiuto in un arco di tempo ristretto, probabilmente in risposta a una situazione percepita come instabile. E ora osserviamo il luogo di ritrovamento, anche alla luce si percordi di Giulio Cesare, in Britannia, in quel periodo. Lenham è un villaggio del Kent orientale, sulle North Downs, in una zona centrale e strategica del sud-est britannico già attiva nell’età del Ferro. Dista circa 40 km dal probabile punto di sbarco di Giulio Cesare a Pegwell Bay (Thanet) e circa 60–65 km dall’area del Tamigi, dove si svolsero gli scontri principali contro la coalizione guidata da Cassivellauno. Non fu quindi un luogo direttamente conquistato dai romani – durante le prime, episodice campagne di Cesare, poi perfezionate dagli imperatori, con la conquista della Britannia – ma si trovava a breve distanza dalle rotte militari e politiche romane, in un’area coinvolta nelle tensioni generate dalle spedizioni cesariane. Questa posizione intermedia aiuta a interpretare il tesoro come una occultamento in un momento di instabilità. Un soldato celitico? Un soldato romano che aveva razziato gli stateri e li aveva portati con sé nella sacca con pietra focaia? Gli stateri riportati alla luce – che qualcuno, popolarmente, chiama coppette degli gnomi o dell’arcobaleno perchè, spesso rilucevano sui terreni agricoli arati, in seguito a violenti temporali che dilavavano il terreno- appartengono all’orizzonte gallo-belgico, una tradizione monetale nata nella Gallia settentrionale e diffusasi rapidamente nella Britannia sud-orientale. Non si tratta di una semplice influenza commerciale: le fonti antiche ricordano esplicitamente che molti gruppi della Britannia provenivano dall’area oggi compresa tra Francia settentrionale e Belgio, o ne erano discendenti diretti. Migrazioni avvenute nei secoli precedenti avevano portato oltre la Manica popolazioni che conservarono legami culturali, politici e forse familiari con il continente. Ed è proprio seguendo i Galli (tra amici e nemici di Roma) che giungiamo a Giulio Cesare il quale approda in Britannia nel 55 a.C., al termine della conquista della Gallia, con un’operazione che ha un obiettivo insieme militare, politico e simbolico: colpire le reti di sostegno che le élite britanniche fornivano ai Galli ribelli del continente e dimostrare che Roma poteva spingersi oltre l’oceano allora conosciuto. La prima spedizione è breve e difficile; Cesare rimane sull’isola poche settimane, ostacolato dal mare, dalla logistica e dalla resistenza locale. Torna l’anno successivo, nel 54 a.C., con forze più consistenti, restando complessivamente circa due mesi, senza avviare una conquista stabile. In questa seconda campagna stringe alleanze con alcune comunità del sud-est, in particolare con i Trinovanti, che cercano l’appoggio romano contro rivali interni. Combatte invece contro una coalizione guidata da Cassivellauno, esponente dei Catuvellauni, attivi nell’entroterra e ostili all’ingerenza romana. L’esito non è un’occupazione, ma l’imposizione di ostaggi e tributi, e l’inserimento della Britannia nella sfera di influenza politica ed economica di Roma. E’ un periodo di disordini quindi; di tradimenti; di capitali che si muovono; forse Cesare e i suoi generali versano tangenti e fornisconocoperture ai capi locali affinchè aiutino la romanizzazione. Quindi circolano tanti soldi, in quel periodo. E molti ne bloccano il percorso, “insabbiandoli”. E’ certo che l’uomo non potrà più fare ritorno, in quel punto, per ritirare i propri soldi. Fu ucciso? Fu imprigionato? Nel Kent – area del ritrovamento dell’uovo di selce contenente stateri, la tribù storicamente attestata è quella dei Cantiaci. Cesare li cita come una popolazione strutturata, agricola e guerriera, inserita in reti di potere e scambio. La loro posizione geografica – affacciata sul continente e insieme proiettata verso l’interno dell’isola – li poneva in una condizione delicata. Non erano una tribù marginale, ma un vero e proprio cuscinetto politico tra il mondo gallico, già sconvolto dalla conquista romana, e la Britannia ancora formalmente indipendente. La posizione politica dei Cantiaci appare, alla luce delle fonti e dei dati archeologici, pragmatica e oscillante. Non emergono come nemici irriducibili di Roma, ma neppure come alleati entusiasti. Piuttosto, sembrano aver adottato una strategia di adattamento: mantenere i propri assetti di potere, proteggere le risorse, evitare lo scontro diretto quando possibile. In questo senso, l’oro assume un ruolo cruciale. Non solo ricchezza, ma strumento di negoziazione, simbolo di status, riserva strategica in un momento in cui gli equilibri tradizionali erano messi in discussione dall’arrivo di un attore esterno potentissimo. Le monete di Lenham rafforzano questa lettura. Sono prive di epigrafi, non riportano nomi di re né dichiarazioni di autorità. Parlano un linguaggio simbolico, non testuale. Il cavallo stilizzato al galoppo, accompagnato dal segno del carro, allude a un’aristocrazia guerriera, mobile, dinamica. La forma a coppella, con dritto convesso e rovescio concavo, non è un dettaglio tecnico, ma una scelta culturale che distingue questi stateri dalla monetazione romana contemporanea. Proprio questa ambiguità formale alimenta il dibattito: monete a pieno titolo o oggetti di prestigio e devozione che potevano anche circolare come moneta? La risposta resta volutamente sfumata, come se l’oggetto fosse stato pensato per muoversi su più piani. Il luogo del ritrovamento rafforza ulteriormente il quadro. Lenham si trova nell’entroterra del Kent, a circa 50–60 chilometri dalle aree costiere tradizionalmente associate allo sbarco e ai movimenti iniziali di Cesare, e a una distanza comparabile dalle zone interne attraversate durante le campagne del 55 e 54 a.C. Non è un sito di battaglia, ma neppure un’area remota. È una zona agricola attraversata da percorsi che collegavano la costa ai territori interni, un luogo ideale per nascondere senza allontanarsi dal cuore del territorio controllato dalla tribù. In altre parole: abbastanza lontano dal fronte, ma non fuori dal mondo. Per le comunità dell’età del Ferro, la focaia era un materiale quotidiano: da essa si ricavavano lame, punte, strumenti. Era parte integrante del paesaggio e della vita. Utilizzarla come contenitore per l’oro significava affidare il metallo prezioso a qualcosa che non attirava l’attenzione, soprattutto durante il traporto.. Le analisi suggeriscono che, oltre alla pietra, fosse presente anche un involucro organico deperibile – forse cuoio, tessuto o fibra vegetale – oggi completamente scomparso. Un doppio sistema di protezione, pratico e simbolico insieme. https://www.stilearte.it/tesoro-lenham-monete-selce-cesare-britannia/
  24. ART

    specimen

    Le riproduzioni moderne hanno un rettangolo sulla superficie che s'illumina agli ultravioletti.
  25. Albser

    Raccolta di rebus attinenti alla Numismatica

    Viadotto teste' collaudato VI ad otto teste colla U dato
  26. Bruzio

    Storia della posta pneumatica

    (da: ilPOST.it ) La posta pneumatica è un sistema che consente di scambiare lettere o piccoli oggetti attraverso una rete di tubi che collega uno o più edifici: le cose vengono spostate da un punto all’altro sfruttando una corrente d’aria aspirata o compressa prodotta da compressori, con il vantaggio che nessuno deve spostarsi fisicamente per trasportarle. Il sistema fu inventato alla fine del Settecento da William Murdoch, un chimico e ingegnere meccanico scozzese, e inizialmente veniva utilizzato per trasmettere i telegrammi dagli uffici che erano dotati di telegrafi agli edifici circostanti. Poi, a metà Ottocento, un ingegnere elettrico inglese, Josiah Latimer Clark, brevettò un sistema per spedire anche oggetti più grossi. Nel 1880 la rete di tubi pneumatici per spedire lettere e pacchetti a Londra era lunga circa 34 chilometri; nel 1904 quella di Chicago ne misurava oltre 14; il sistema di tubature sotterranee introdotto nel 1913 a Milano e Roma per recapitare la posta arrivò a misurare in totale più di 100 chilometri, scrive TG Poste, il sito di informazione delle Poste Italiane. Ma a Berlino, dove negli anni Quaranta la rete di tubi pneumatici arrivava a 255 chilometri, già da tempo questo sistema era adoperato anche per uno scopo un po’ più frivolo: comunicare con le altre persone nei locali notturni, che erano spesso muniti anche di telefoni. Questo sistema era diffuso in particolare in due locali: il Resi, che era il nomignolo dato al Residenz-Casino, e il Femina. Il Resi era un grande locale con una pista da ballo che poteva ospitare fino a mille persone. Si trovava a poche centinaia di metri da Alexanderplatz, una delle piazze principali di Berlino, c’era la musica dal vivo ed era frequentato sia da persone tedesche che straniere: era stato inaugurato nel 1908, ma divenne un’istituzione soprattutto tra gli anni Venti e i primi anni Trenta. Secondo un articolo del Chicago Tribune del 1968 citato da Atlas Obscura la sua attrazione principale era proprio il sistema di telefoni e tubi pneumatici che permetteva alle persone di flirtare a distanza. Nel periodo di sua massima popolarità, più o meno negli stessi anni, il Femina aveva invece più di 2mila posti a sedere, due grossi bar, tre orchestre e a sua volta una rete di tubi pneumatici. [... continua su: https://www.ilpost.it/2023/08/04/berlino-resi-femina-tubi-pneumatici/?utm_source=ilpost&utm_medium=leggi_anche&utm_campaign=leggi_anche ] Francobollo di Posta pneumatica delle poste italiane.
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  27. ARES III

    Ritrovamenti ad Efeso

    Che bellezza! Sotto la strada trovano questo splendido manufatto romano in marmo. “Non era una tomba né una fontana” dicono gli archeologi di Efeso. E, più in là, un busto togato senza testa Non è un cortocircuito visivo degno di un manifesto surrealista, né un bizzarro accostamento imposto dal caso. Un busto maschile togato, ma senza testa, e un contenitore che potrebbe rinviare a un piccolo sarcofago – riadattato nei secoli – sono stati portati alla luce durante la campagna archeologica 2025. Basterebbero per un quadro di Magritte? Probabilmente sì. Sono due elementi che sembrano aprie al mistero. Restano, invece, gli interrogativi archeologici. Il busto. Perchè fu danneggiato? Una cancellazione dovuta a mutamenti politici? E la vasca da bagno nacque come tale? Efeso, luogo del ritrovamento di questi ultimi due pezzi, si trova sulla costa occidentale dell’Anatolia, nell’attuale Turchia, a breve distanza dall’Egeo e dall’odierna Selçuk. Fondata in epoca arcaica e rifondata più volte, la città fu uno dei maggiori centri del mondo greco e, in età romana, capitale della provincia d’Asia, crocevia commerciale, religioso e amministrativo. Il suo parco archeologico restituisce ancora oggi una struttura urbana leggibile: grandi assi viari monumentali, edifici pubblici, complessi residenziali d’élite. Tra questi spiccano le celebri Slope Houses, le abitazioni terrazzate affacciate sul cuore della città, decorate con mosaici, affreschi e dotate di impianti idraulici avanzati. È in questo settore alto e prestigioso che si colloca Stadium Street, l’area precisa del rinvenimento. La strada, che corre non lontano dallo stadio e collega zone residenziali e spazi pubblici, è stata oggetto degli scavi condotti nell’ambito del progetto internazionale “Patrimonio Futuro”, sotto la direzione del prof. Serdar Aybek, in collaborazione con il Museo di Efeso, l’Istituto Archeologico Austriaco e il Ministero della Cultura e del Turismo turco. Proprio lungo questa arteria, inglobati nei livelli di sistemazione stradale tardoantichi, sono riemersi i due manufatti. Sì, statua e vasca furono riutilizzati per sistemare la strada. Uno sei tanti esempi di riuso. La vasca costituisce il reperto più sorprendente. Realizzata in marmo locale detto “Greco Scritto”, misura 146 centimetri di lunghezza, 73 di larghezza e circa 60 di altezza. La profondità, unita alla morfologia interna, consente di escludere che si tratti di un semplice bacino o di una vasca rituale. I tagli potrebbero essere stati realizzati in un momento successivo alla realizzazione del manufatto per garantire l’accesso facilitato e la seduta o sono collegati al riuso della vasca stessa in una fontana? ‘ Gli archeologi turchi la identificano con sicurezza come vasca da bagno domestica, originariamente collocata all’interno di una ricca abitazione delle Slope Houses. Dal punto di vista cronologico, il manufatto è attribuibile con buona probabilità all’età imperiale romana, tra il I e il II secolo d.C., fase di massimo splendore della città. Per comprendere appieno il significato del ritrovamento, occorre soffermarsi sulla cultura del bagno nell’antichità romana, spesso appiattita sull’immagine delle grandi terme pubbliche. In realtà, accanto alla dimensione collettiva del bagno, esisteva una pratica domestica ben strutturata. Già in età repubblicana avanzata, e con crescente diffusione dal I secolo a.C., le case delle élite urbane disponevano di ambienti dedicati alla cura del corpo. Questi spazi potevano includere vasche fisse in muratura o in marmo, alimentate da condutture collegate agli acquedotti cittadini o a cisterne private. Le vasche domestiche romane variavano per forma e dimensione. Alcune erano rettangolari, altre ellittiche o “a barca”, progettate per l’immersione parziale o totale del corpo. A differenza delle piscine termali, non erano destinate a un uso promiscuo, ma rispondevano a esigenze di igiene personale, comfort e distinzione sociale. Possedere una vasca in marmo, soprattutto finemente decorata, era un segno tangibile di status. Il bagno diventava così un gesto quotidiano carico di valore simbolico, legato al controllo del corpo, alla salute e al prestigio. La vasca di Efeso si distingue per la raffinatezza esecutiva. I piedi sono scolpiti con artigli di leone, motivo iconografico che allude a forza, protezione e nobiltà. Il dato più interessante, tuttavia, riguarda il riuso della vasca in epoca successiva. Gli scavi hanno dimostrato che il manufatto non si trovava più nel suo contesto originario, ma era stato spostato e adattato durante una fase di ristrutturazione della strada. Secondo Aybek, la vasca fu probabilmente impiegata come grande bacino o come elemento assimilabile a una fontana: in casi analoghi si osservano fori praticati per l’ingresso dell’acqua dall’alto e per il deflusso dal basso. Questo tipo di riutilizzo era frequente nell’antichità tarda, quando materiali di pregio provenienti da edifici più antichi venivano “riciclati” per rispondere a nuove esigenze funzionali. Lo scavo ha restituito anche una statua maschile togata, anch’essa rinvenuta in Stadium Street. La scultura, alta 123 centimetri e larga 50, è realizzata assemblando parti differenti, probabilmente già in antico, e presenta caratteristiche stilistiche che consentono una datazione compresa tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.. Il personaggio raffigurato resta al momento anonimo: la toga suggerisce un ruolo pubblico, forse un magistrato, un benefattore o un esponente dell’élite cittadina, ma mancano elementi epigrafici che consentano un’identificazione sicura. Anche la statua, come la vasca, racconta una storia di decontestualizzazione e riuso. Una scultura con ariete ad anello, probabilmente parte del complesso, è stata ritrovata capovolta e utilizzata come lastra di pavimentazione stradale. Il gesto non va interpretato come atto di distruzione deliberata, ma come segno di un mutamento profondo nel rapporto con le immagini del passato: quando il valore simbolico si attenua, la materia torna a essere risorsa. Il busto togato e la vasca da bagno, letti insieme, restituiscono un’immagine complessa di Efeso: una città in cui il lusso privato e la rappresentazione pubblica convivevano, e in cui, nei secoli successivi, gli oggetti più carichi di significato potevano essere riassorbiti nel tessuto urbano come semplici elementi funzionali. È proprio in questo slittamento di senso che il ritrovamento acquista la sua forza interpretativa. https://www.stilearte.it/vasca-bagno-romana-busto-togato-efeso/
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