Tutte le attività
Questo elenco si aggiorna automaticamente
- Ultima ora
-
Un uovo” colmo di monetine d’oro di 2000 anni fa ?
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Sorprendente. Un “uovo” colmo di monetine d’oro di 2000 anni fa. Indagini sui preziosi nascosti durante l’impresa di Giulio Cesare. 35 fantastiche “coppette degli gnomi”. Perché qualcuno le occultò in quel modo? Perchè monete tutte uguali e della stessa emissione? Gli esperti ci spiegano le piste Gli studiosi tornano sul mistero ripostiglio di Lenham: trentacinque stateri privi di iscrizioni alfabetiche, celati in un nodulo di focaia e sepolti nel terreno, raccontano una Britannia politicamente inquieta di quasi 2000 anni fa, abitata da élite celtiche in bilico tra alleanza e resistenza mentre l’esercito romano avanzava. Cesare era lì, a poche decine di miglia? Le monete sono state portate alla luce da un appassionato di metal detector. Tony Asquith, pensionato con oltre quarantacinque anni di esperienza nel metal detecting, partecipa a un rally nella zona. Sono manifestazioni pubbliche alle quali gli appassionati si iscrivono volentieri, perchè non ci sono problemi burocratici. L’organizzazione si occupa di ottenere l’autorizzazione dal proprietario del terreno – che è quasi sempre un’area arata. – e che tutta la ricerca si svolga regolarmente e ordinatamente. I detectoristi sono sparsi in un ampio campo agricolo,. La mattina,, per Tony, inizia come tante altre: segnali confusi, frammenti metallici senza valore, una cartuccia da fucile. Poi un segnale più netto. Una moneta, in superfici, tra lacerti vegetali e rimasugli di stoppie. E’ uno statere d’oro. Un ritrovamento già notevole, che però diventa straordinario quando lo sguardo si allarga, lì vicino. Sembra un mucchio di gusci metallici di “soldini di cioccolato di Natale” sparsi tra le zolle e, poco sotto, l'”uovo” che conteneva le monete e che era stato colpito dall’aratro. Trentacinque stateri, ancora insieme dopo più di duemila anni. Il deposito monetario viene recuperato secondo l’iter stabilito dal Treasure Act., la legge che si occupa del ritrovamento di tesori o di beni archeologicxi da parte dei cittadini. Nessun ente pubblico si fa inzialmente avanti per acquistare gli stateri. Così i cercatori possono mettere i reperti all’asta. La stima iniziale è prudente, ma l’interesse è altissimo: il lotto viene aggiudicato per oltre centomila sterline, più di cinque volte la valutazione di partenza. Ma il dato economico è quasi secondario. Il Lenham Hoard, oggetto di approfondimenti da parte di numerosi studiosi, racconta una storia più profonda: quella di una comunità celtica del Kent, probabilmente i Cantiaci, legata al mondo franco-belga, posta di fronte all’irruzione della potenza romana. I ricercatori, in questi mesi, hanno cercato di ricostruire il contesto politico, territoriale e simbolico in cui quel deposito fu concepito. Ed è proprio da qui che emerge la novità più significativa: il tesoro sembra inserirsi in una zona di campagna non distante dai movimenti di truppe di Giulio Cesare, Ci sono più dati interessanti, in questa vicenda. Le monete provengono tutte dallo stessa zecca e presentano unifornità realizzative che fanno pensare che siano frutto di una produzione avvenuta in un breve periodo. Le monete peraltro recano scarsi segni di usura o di circolazione. Quando si trovano questi gruppi di monete, omogenee per datazione e valore, senza segni di circolazione significa, normalmente, che sono state nascoste poco dopo essere uscite da una zecca. E che il deposito potrebbe essere stato costituito in seguito ad un pagamento ricevuto da un ufficio statale o da un comandante militare o provento di un furto in una cassa pubblica. Ma c’è un altro dato particolarissimo: il contenitore di pietra., quella sorta di uovo nel quale le monete, prima messe in un sacchetto di tessuno, furono poi collocate. Il blocco era forse originariamente chiuso con un pezzo d’argilla. L’uso di questo uovo come nascondiglio potrebbe far pensare che chi avrebbe nascosto il tesoro lo avesse portato inizialmente con sé, in più di uno spostamento. E’ probabile che nessun ladro o nessun posto di blocco avrebbe contestato la presenza di una pietra focaia, normalmente utilizzate per accendere il fuoco. Poi, forse qualcosa cambiò- Il cosiddetto blocco di focaia utilizzato come contenitore è un nodulo di selce, una concrezione naturale di silice formata milioni di anni fa nei fondali marini e già durissima in epoca preistorica. Non era quindi un materiale morbido come la creta, né poteva essere modellato: la sua cavità interna nasce da fratture naturali o viene aperta per percussione, colpendola con precisione. Nel caso del tesoro di Lenham, la selce non è un contenitore costruito, ma riutilizzato, sfruttando la sua compattezza e la sua impermeabilità. Normalmente la focaia serviva per accendere il fuoco e per produrre utensili, ma aveva anche un valore simbolico, legato alla trasformazione e alla durata nel tempo. Usarla per nascondere l’oro significava mimetizzare il deposito nel paesaggio e proteggerlo fisicamente. Non si esclude però che la scelta avesse anche un significato rituale: affidare le monete a una pietra antichissima, stabile e “eterna”, in un momento di forte instabilità storica. Le analisi convergono su un punto: le monete sono omogenee per stile, peso e cronologia, e indicano un atto di deposizione unico, non una raccolta casuale o progressiva. Questo dato orienta l’interpretazione verso un gesto deliberato, compiuto in un arco di tempo ristretto, probabilmente in risposta a una situazione percepita come instabile. E ora osserviamo il luogo di ritrovamento, anche alla luce si percordi di Giulio Cesare, in Britannia, in quel periodo. Lenham è un villaggio del Kent orientale, sulle North Downs, in una zona centrale e strategica del sud-est britannico già attiva nell’età del Ferro. Dista circa 40 km dal probabile punto di sbarco di Giulio Cesare a Pegwell Bay (Thanet) e circa 60–65 km dall’area del Tamigi, dove si svolsero gli scontri principali contro la coalizione guidata da Cassivellauno. Non fu quindi un luogo direttamente conquistato dai romani – durante le prime, episodice campagne di Cesare, poi perfezionate dagli imperatori, con la conquista della Britannia – ma si trovava a breve distanza dalle rotte militari e politiche romane, in un’area coinvolta nelle tensioni generate dalle spedizioni cesariane. Questa posizione intermedia aiuta a interpretare il tesoro come una occultamento in un momento di instabilità. Un soldato celitico? Un soldato romano che aveva razziato gli stateri e li aveva portati con sé nella sacca con pietra focaia? Gli stateri riportati alla luce – che qualcuno, popolarmente, chiama coppette degli gnomi o dell’arcobaleno perchè, spesso rilucevano sui terreni agricoli arati, in seguito a violenti temporali che dilavavano il terreno- appartengono all’orizzonte gallo-belgico, una tradizione monetale nata nella Gallia settentrionale e diffusasi rapidamente nella Britannia sud-orientale. Non si tratta di una semplice influenza commerciale: le fonti antiche ricordano esplicitamente che molti gruppi della Britannia provenivano dall’area oggi compresa tra Francia settentrionale e Belgio, o ne erano discendenti diretti. Migrazioni avvenute nei secoli precedenti avevano portato oltre la Manica popolazioni che conservarono legami culturali, politici e forse familiari con il continente. Ed è proprio seguendo i Galli (tra amici e nemici di Roma) che giungiamo a Giulio Cesare il quale approda in Britannia nel 55 a.C., al termine della conquista della Gallia, con un’operazione che ha un obiettivo insieme militare, politico e simbolico: colpire le reti di sostegno che le élite britanniche fornivano ai Galli ribelli del continente e dimostrare che Roma poteva spingersi oltre l’oceano allora conosciuto. La prima spedizione è breve e difficile; Cesare rimane sull’isola poche settimane, ostacolato dal mare, dalla logistica e dalla resistenza locale. Torna l’anno successivo, nel 54 a.C., con forze più consistenti, restando complessivamente circa due mesi, senza avviare una conquista stabile. In questa seconda campagna stringe alleanze con alcune comunità del sud-est, in particolare con i Trinovanti, che cercano l’appoggio romano contro rivali interni. Combatte invece contro una coalizione guidata da Cassivellauno, esponente dei Catuvellauni, attivi nell’entroterra e ostili all’ingerenza romana. L’esito non è un’occupazione, ma l’imposizione di ostaggi e tributi, e l’inserimento della Britannia nella sfera di influenza politica ed economica di Roma. E’ un periodo di disordini quindi; di tradimenti; di capitali che si muovono; forse Cesare e i suoi generali versano tangenti e fornisconocoperture ai capi locali affinchè aiutino la romanizzazione. Quindi circolano tanti soldi, in quel periodo. E molti ne bloccano il percorso, “insabbiandoli”. E’ certo che l’uomo non potrà più fare ritorno, in quel punto, per ritirare i propri soldi. Fu ucciso? Fu imprigionato? Nel Kent – area del ritrovamento dell’uovo di selce contenente stateri, la tribù storicamente attestata è quella dei Cantiaci. Cesare li cita come una popolazione strutturata, agricola e guerriera, inserita in reti di potere e scambio. La loro posizione geografica – affacciata sul continente e insieme proiettata verso l’interno dell’isola – li poneva in una condizione delicata. Non erano una tribù marginale, ma un vero e proprio cuscinetto politico tra il mondo gallico, già sconvolto dalla conquista romana, e la Britannia ancora formalmente indipendente. La posizione politica dei Cantiaci appare, alla luce delle fonti e dei dati archeologici, pragmatica e oscillante. Non emergono come nemici irriducibili di Roma, ma neppure come alleati entusiasti. Piuttosto, sembrano aver adottato una strategia di adattamento: mantenere i propri assetti di potere, proteggere le risorse, evitare lo scontro diretto quando possibile. In questo senso, l’oro assume un ruolo cruciale. Non solo ricchezza, ma strumento di negoziazione, simbolo di status, riserva strategica in un momento in cui gli equilibri tradizionali erano messi in discussione dall’arrivo di un attore esterno potentissimo. Le monete di Lenham rafforzano questa lettura. Sono prive di epigrafi, non riportano nomi di re né dichiarazioni di autorità. Parlano un linguaggio simbolico, non testuale. Il cavallo stilizzato al galoppo, accompagnato dal segno del carro, allude a un’aristocrazia guerriera, mobile, dinamica. La forma a coppella, con dritto convesso e rovescio concavo, non è un dettaglio tecnico, ma una scelta culturale che distingue questi stateri dalla monetazione romana contemporanea. Proprio questa ambiguità formale alimenta il dibattito: monete a pieno titolo o oggetti di prestigio e devozione che potevano anche circolare come moneta? La risposta resta volutamente sfumata, come se l’oggetto fosse stato pensato per muoversi su più piani. Il luogo del ritrovamento rafforza ulteriormente il quadro. Lenham si trova nell’entroterra del Kent, a circa 50–60 chilometri dalle aree costiere tradizionalmente associate allo sbarco e ai movimenti iniziali di Cesare, e a una distanza comparabile dalle zone interne attraversate durante le campagne del 55 e 54 a.C. Non è un sito di battaglia, ma neppure un’area remota. È una zona agricola attraversata da percorsi che collegavano la costa ai territori interni, un luogo ideale per nascondere senza allontanarsi dal cuore del territorio controllato dalla tribù. In altre parole: abbastanza lontano dal fronte, ma non fuori dal mondo. Per le comunità dell’età del Ferro, la focaia era un materiale quotidiano: da essa si ricavavano lame, punte, strumenti. Era parte integrante del paesaggio e della vita. Utilizzarla come contenitore per l’oro significava affidare il metallo prezioso a qualcosa che non attirava l’attenzione, soprattutto durante il traporto.. Le analisi suggeriscono che, oltre alla pietra, fosse presente anche un involucro organico deperibile – forse cuoio, tessuto o fibra vegetale – oggi completamente scomparso. Un doppio sistema di protezione, pratico e simbolico insieme. -
Le riproduzioni moderne hanno un rettangolo sulla superficie che s'illumina agli ultravioletti.
-
Raccolta di rebus attinenti alla Numismatica
Albser ha risposto a un topic di apollonia inviato in Agorà
Viadotto teste' collaudato VI ad otto teste colla U dato -
Bruzio ha iniziato a seguire Storia della posta pneumatica
-
(da: ilPOST.it ) La posta pneumatica è un sistema che consente di scambiare lettere o piccoli oggetti attraverso una rete di tubi che collega uno o più edifici: le cose vengono spostate da un punto all’altro sfruttando una corrente d’aria aspirata o compressa prodotta da compressori, con il vantaggio che nessuno deve spostarsi fisicamente per trasportarle. Il sistema fu inventato alla fine del Settecento da William Murdoch, un chimico e ingegnere meccanico scozzese, e inizialmente veniva utilizzato per trasmettere i telegrammi dagli uffici che erano dotati di telegrafi agli edifici circostanti. Poi, a metà Ottocento, un ingegnere elettrico inglese, Josiah Latimer Clark, brevettò un sistema per spedire anche oggetti più grossi. Nel 1880 la rete di tubi pneumatici per spedire lettere e pacchetti a Londra era lunga circa 34 chilometri; nel 1904 quella di Chicago ne misurava oltre 14; il sistema di tubature sotterranee introdotto nel 1913 a Milano e Roma per recapitare la posta arrivò a misurare in totale più di 100 chilometri, scrive TG Poste, il sito di informazione delle Poste Italiane. Ma a Berlino, dove negli anni Quaranta la rete di tubi pneumatici arrivava a 255 chilometri, già da tempo questo sistema era adoperato anche per uno scopo un po’ più frivolo: comunicare con le altre persone nei locali notturni, che erano spesso muniti anche di telefoni. Questo sistema era diffuso in particolare in due locali: il Resi, che era il nomignolo dato al Residenz-Casino, e il Femina. Il Resi era un grande locale con una pista da ballo che poteva ospitare fino a mille persone. Si trovava a poche centinaia di metri da Alexanderplatz, una delle piazze principali di Berlino, c’era la musica dal vivo ed era frequentato sia da persone tedesche che straniere: era stato inaugurato nel 1908, ma divenne un’istituzione soprattutto tra gli anni Venti e i primi anni Trenta. Secondo un articolo del Chicago Tribune del 1968 citato da Atlas Obscura la sua attrazione principale era proprio il sistema di telefoni e tubi pneumatici che permetteva alle persone di flirtare a distanza. Nel periodo di sua massima popolarità, più o meno negli stessi anni, il Femina aveva invece più di 2mila posti a sedere, due grossi bar, tre orchestre e a sua volta una rete di tubi pneumatici. [... continua su: https://www.ilpost.it/2023/08/04/berlino-resi-femina-tubi-pneumatici/?utm_source=ilpost&utm_medium=leggi_anche&utm_campaign=leggi_anche ] Francobollo di Posta pneumatica delle poste italiane.
-
- 2
-
-
Che bellezza! Sotto la strada trovano questo splendido manufatto romano in marmo. “Non era una tomba né una fontana” dicono gli archeologi di Efeso. E, più in là, un busto togato senza testa Non è un cortocircuito visivo degno di un manifesto surrealista, né un bizzarro accostamento imposto dal caso. Un busto maschile togato, ma senza testa, e un contenitore che potrebbe rinviare a un piccolo sarcofago – riadattato nei secoli – sono stati portati alla luce durante la campagna archeologica 2025. Basterebbero per un quadro di Magritte? Probabilmente sì. Sono due elementi che sembrano aprie al mistero. Restano, invece, gli interrogativi archeologici. Il busto. Perchè fu danneggiato? Una cancellazione dovuta a mutamenti politici? E la vasca da bagno nacque come tale? Efeso, luogo del ritrovamento di questi ultimi due pezzi, si trova sulla costa occidentale dell’Anatolia, nell’attuale Turchia, a breve distanza dall’Egeo e dall’odierna Selçuk. Fondata in epoca arcaica e rifondata più volte, la città fu uno dei maggiori centri del mondo greco e, in età romana, capitale della provincia d’Asia, crocevia commerciale, religioso e amministrativo. Il suo parco archeologico restituisce ancora oggi una struttura urbana leggibile: grandi assi viari monumentali, edifici pubblici, complessi residenziali d’élite. Tra questi spiccano le celebri Slope Houses, le abitazioni terrazzate affacciate sul cuore della città, decorate con mosaici, affreschi e dotate di impianti idraulici avanzati. È in questo settore alto e prestigioso che si colloca Stadium Street, l’area precisa del rinvenimento. La strada, che corre non lontano dallo stadio e collega zone residenziali e spazi pubblici, è stata oggetto degli scavi condotti nell’ambito del progetto internazionale “Patrimonio Futuro”, sotto la direzione del prof. Serdar Aybek, in collaborazione con il Museo di Efeso, l’Istituto Archeologico Austriaco e il Ministero della Cultura e del Turismo turco. Proprio lungo questa arteria, inglobati nei livelli di sistemazione stradale tardoantichi, sono riemersi i due manufatti. Sì, statua e vasca furono riutilizzati per sistemare la strada. Uno sei tanti esempi di riuso. La vasca costituisce il reperto più sorprendente. Realizzata in marmo locale detto “Greco Scritto”, misura 146 centimetri di lunghezza, 73 di larghezza e circa 60 di altezza. La profondità, unita alla morfologia interna, consente di escludere che si tratti di un semplice bacino o di una vasca rituale. I tagli potrebbero essere stati realizzati in un momento successivo alla realizzazione del manufatto per garantire l’accesso facilitato e la seduta o sono collegati al riuso della vasca stessa in una fontana? ‘ Gli archeologi turchi la identificano con sicurezza come vasca da bagno domestica, originariamente collocata all’interno di una ricca abitazione delle Slope Houses. Dal punto di vista cronologico, il manufatto è attribuibile con buona probabilità all’età imperiale romana, tra il I e il II secolo d.C., fase di massimo splendore della città. Per comprendere appieno il significato del ritrovamento, occorre soffermarsi sulla cultura del bagno nell’antichità romana, spesso appiattita sull’immagine delle grandi terme pubbliche. In realtà, accanto alla dimensione collettiva del bagno, esisteva una pratica domestica ben strutturata. Già in età repubblicana avanzata, e con crescente diffusione dal I secolo a.C., le case delle élite urbane disponevano di ambienti dedicati alla cura del corpo. Questi spazi potevano includere vasche fisse in muratura o in marmo, alimentate da condutture collegate agli acquedotti cittadini o a cisterne private. Le vasche domestiche romane variavano per forma e dimensione. Alcune erano rettangolari, altre ellittiche o “a barca”, progettate per l’immersione parziale o totale del corpo. A differenza delle piscine termali, non erano destinate a un uso promiscuo, ma rispondevano a esigenze di igiene personale, comfort e distinzione sociale. Possedere una vasca in marmo, soprattutto finemente decorata, era un segno tangibile di status. Il bagno diventava così un gesto quotidiano carico di valore simbolico, legato al controllo del corpo, alla salute e al prestigio. La vasca di Efeso si distingue per la raffinatezza esecutiva. I piedi sono scolpiti con artigli di leone, motivo iconografico che allude a forza, protezione e nobiltà. Il dato più interessante, tuttavia, riguarda il riuso della vasca in epoca successiva. Gli scavi hanno dimostrato che il manufatto non si trovava più nel suo contesto originario, ma era stato spostato e adattato durante una fase di ristrutturazione della strada. Secondo Aybek, la vasca fu probabilmente impiegata come grande bacino o come elemento assimilabile a una fontana: in casi analoghi si osservano fori praticati per l’ingresso dell’acqua dall’alto e per il deflusso dal basso. Questo tipo di riutilizzo era frequente nell’antichità tarda, quando materiali di pregio provenienti da edifici più antichi venivano “riciclati” per rispondere a nuove esigenze funzionali. Lo scavo ha restituito anche una statua maschile togata, anch’essa rinvenuta in Stadium Street. La scultura, alta 123 centimetri e larga 50, è realizzata assemblando parti differenti, probabilmente già in antico, e presenta caratteristiche stilistiche che consentono una datazione compresa tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.. Il personaggio raffigurato resta al momento anonimo: la toga suggerisce un ruolo pubblico, forse un magistrato, un benefattore o un esponente dell’élite cittadina, ma mancano elementi epigrafici che consentano un’identificazione sicura. Anche la statua, come la vasca, racconta una storia di decontestualizzazione e riuso. Una scultura con ariete ad anello, probabilmente parte del complesso, è stata ritrovata capovolta e utilizzata come lastra di pavimentazione stradale. Il gesto non va interpretato come atto di distruzione deliberata, ma come segno di un mutamento profondo nel rapporto con le immagini del passato: quando il valore simbolico si attenua, la materia torna a essere risorsa. Il busto togato e la vasca da bagno, letti insieme, restituiscono un’immagine complessa di Efeso: una città in cui il lusso privato e la rappresentazione pubblica convivevano, e in cui, nei secoli successivi, gli oggetti più carichi di significato potevano essere riassorbiti nel tessuto urbano come semplici elementi funzionali. È proprio in questo slittamento di senso che il ritrovamento acquista la sua forza interpretativa. https://www.stilearte.it/vasca-bagno-romana-busto-togato-efeso/
-
Vaticano 2025
Mario57 ha risposto a un topic di intermundia inviato in Euro Monete da collezione Italiane e delle altre Zecche Europee.
Guardi io non voglio convincere proprio nessuno , ripeto ancora , forse il mio italiano non e' chiaro : ho riportato solo quello che mi hanno detto al telefono , credevo di fare cosa gradita probabilmente e' meglio fregarsene e pensare a se stessi ,tutto il resto e' noia , e come battuta la lascio alle sue lamentele -
Raccolta di rebus attinenti alla Numismatica
esperanto ha risposto a un topic di apollonia inviato in Agorà
Su C cinto di S C orso = succinto discorso. Buona serata! -
Cartolina con francobollo particolare
raimondo10 ha risposto a un topic di raimondo10 inviato in Filatelia e Storia Postale
Mille grazie a tutti per l'aiuto e le informazioni. -
Egitto, missione archeologica italiana scopre un tempio vicino al Cairo
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Egitto, missione archeologica italiana scopre un tempio vicino al Cairo 0 Una missione archeologica italiana individua ad Abu Ghurab uno dei più antichi templi solari dell’Antico Regno, offrendo nuove informazioni sull’architettura e sulla vita religiosa dell’Egitto della V dinastia. Una missione archeologica dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Università di Napoli L’Orientale, ha portato alla luce un notevole ritrovamento nei pressi del Cairo. Gli scavi condotti nel sito di Abu Ghurab hanno permesso di individuare un tempio a valle all’interno del complesso solare del faraone Nyuserra, sovrano della V dinastia del III millennio a.C. Il tempio a valle rappresenta un elemento chiave nell’architettura dell’antico Egitto, poiché collegava il santuario superiore situato su una collina desertica alla valle del Nilo, attraverso cui giungevano offerte e personale. Il complesso di Nyuserra, noto come il primo esempio di tempio dedicato esplicitamente al dio Sole Ra, era già stato individuato alla fine dell’Ottocento dall’archeologo Ludwig Borchardt. In ogni caso, il possibile tempio a valle non era stato scavato a causa dell’alto livello della falda freatica. Il mutamento del corso del Nilo e la costruzione della Diga di Assuan hanno abbassato il livello delle acque sotterranee, rendendo oggi possibile l’indagine archeologica. Le campagne del 2024 e 2025, guidate da Massimiliano Nuzzolo per l’Università di Torino e da Rosanna Pirelli per l’Università di Napoli, si sono concentrate sull’area che fungeva da accesso al santuario. Le rovine del tempio a valle di Nyuserra vicino al Cairo. Foto: Università di Torino Uno dei reperti recuperati dalla missione archeologica italiana ad Abu Ghurab. Foto: Università di Torino Due reperti recuperati dalla missione archeologica italiana ad Abu Ghurab. Foto: Università di Torino Il Ministero Egiziano delle Antichità e del Turismo ha confermato ufficialmente i risultati, che documentano uno dei rarissimi templi a valle legati a un complesso solare dell’Antico Regno. Le strutture emergenti indicano un edificio monumentale, esteso su oltre 1.000 metri quadrati, pari a metà dell’intero santuario. La costruzione superava i 5,5 metri di altezza ed era realizzata con materiali pregiati come granito rosa, calcare bianco fine e quarzite rossa. Numerosi blocchi recano iscrizioni con il nome di Nyuserra e riferimenti a festività religiose, probabilmente parte di un calendario rituale esposto all’esterno. L’indagine ha inoltre evidenziato che il santuario, utilizzato per circa un secolo, venne successivamente abbandonato e rioccupato dalle comunità locali per oltre trecento anni. “L’importanza cruciale di questa scoperta”, dichiara il Professor Massimiliano Nuzzolo, “risiede nel fatto che questo tempio è uno dei due soli esempi di ‘templi a valle’ dei complessi solari che si conoscano nell’antico Egitto e ci fornisce dunque una visione nuova delle realizzazioni architettoniche dell’epoca delle grandi piramidi. Inoltre, nell’area menfita dove è situato il tempio, non è raro imbattersi in strutture usate come templi e poi riutilizzate come insediamenti ma non è mai stato trovato un esempio così ben conservato e soprattutto usato così a lungo”. La missione, finanziata dalle università italiane e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha ottenuto i permessi di scavo dal Ministero Egiziano delle Antichità e del Turismo e si avvale del supporto tecnico dell’ispettorato di Saqqara e del supporto diplomatico dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto Italiano di Cultura al Cairo. I lavori proseguiranno per esplorare ulteriormente il sito e fornire nuove informazioni sullo sviluppo dei templi solari e sulla vita religiosa nell’antico Egitto. https://www.finestresullarte.info/archeologia/egitto-scoperto-tempio-valle-di-nyuserra-vicino-al-cairo -
Aquileia, riemerge dopo oltre 60 anni il mosaico del tappeto fiorito
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Aquileia, riemerge dopo oltre 60 anni il mosaico del tappeto fiorito Ad Aquileia è tornato alla luce, dopo oltre sessant’anni, il mosaico del “tappeto fiorito”. Si tratta di una delle testimonianze più raffinate dell’arte musiva aquileiese. In questi giorni, ad Aquileia, poco distante dal foro, nel giardino dell’ex caserma dei carabinieri di via Leicht, recentemente entrata a far parte del patrimonio della Fondazione Aquileia, è tornato alla luce nel corso delle operazioni preliminari alla ristrutturazione dell’edificio il mosaico del “tappeto fiorito”. Si tratta di una delle testimonianze più raffinate dell’arte musiva aquileiese. Il mosaico era stato scoperto più di sessanta anni fa, tra il 1962 e il 1963, nel corso delle indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza sotto la direzione di Luisa Bertacchi, durante la costruzione della caserma dei carabinieri. L’importanza del ritrovamento rese necessario modificare il progetto iniziale, che prevedeva la costruzione dell’edificio proprio all’incrocio tra via Leicht e via Gemina, arretrandone la posizione. Il pavimento musivo, esteso per circa 76 metri quadrati (10,10 x 7,60 m), presenta al centro un riquadro decorato da una raffinata composizione floreale realizzata con tessere policrome, da cui deriva la denominazione di “tappeto fiorito”, assegnatole dalla stessa Bertacchi, che lo datò in un primo momento agli inizi del II secolo d.C. Al termine delle indagini, il mosaico fu nuovamente interrato per garantirne la conservazione; la recente riscoperta ha confermato come il pavimento musivo si sia mantenuto in condizioni perfette. L’edificio sarà trasformato in un campus-foresteria con 24 posti letto, destinato a studenti, docenti e studiosi impegnati nelle attività di scavo e ricerca nel sito archeologico di Aquileia. Contestualmente al progetto di recupero dell’ex caserma, i cui interventi inizieranno a breve, la Fondazione sta elaborando anche un piano per la protezione e la copertura del mosaico, in stretta sinergia con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia. I visitatori potranno presto ammirare la magnifica superficie musiva. Il mosaico del tappeto fiorito. Foto: Fondazione Aquileia Dettaglio. Foto: Fondazione Aquileia Il mosaico del tappeto fiorito- Foto: Fondazione Aquileia “È stata una straordinaria emozione vedere tornare alla luce questo spettacolare mosaico”, ha dichiarato il Presidente della Fondazione Aquileia Roberto Corciulo. “Il sottosuolo di Aquileia non smette davvero mai di sorprendere, restituendoci continuamente preziosi frammenti della grande città romana. Abbiamo perciò deciso di intraprendere immediatamente la progettazione della copertura, secondo un sistema modulare, flessibile e sostenibile, già concordato con la Soprintendenza, che ringraziamo per la sempre proficua collaborazione, nell’ambito del Piano Strategico approvato dal CdA della Fondazione lo scorso anno. Il cantiere procederà di pari passo con la ristrutturazione dell’ex caserma e la sua trasformazione in campus, un progetto a cui teniamo molto perché ci permetterà di ospitare gli studenti e i docenti delle Università che collaborano con noi sugli scavi nelle aree archeologiche in nostra gestione e svolgono un lavoro di altissimo profilo culturale. Gli spazi dell’ex caserma saranno a disposizione naturalmente anche di studiosi che si occupano di valorizzare la storia, l’arte, l’architettura della nostra città. Il mosaico del ”tappeto fiorito“ costituirà senza dubbio un punto di interesse immancabile per i visitatori lungo il percorso che dal foro conduce al porto fluviale”. “Il binomio campus-mosaico del ”tappeto fiorito“ rappresenterà un valore aggiunto per Aquileia, sia nell’ottica dell’infrastrutturazione del sito archeologico con il recupero di un edificio ormai in disuso sia per la valorizzazione di uno dei mosaici più originali e raffinati dell’antico centro”, ha affermato il Direttore della Fondazione Aquileia Cristiano Tiussi. “La rimozione dell’interro, eseguito dagli archeologi Massimo Calosi e Massimo Fumolo sotto la direzione della Soprintendenza, ci ha restituito una superficie musiva in ottime condizioni, sebbene siano passati 62 anni dalla sua scoperta. A noi può sembrare incredibile, ma questo mosaico fu ad un certo punto coperto, e quindi protetto, da un nuovo piano pavimentale, forse un semplice assito ligneo, sorretto dai pilastrini che ancora oggi si vedono poggiare sulle tessere. Ora sarà importante ricongiungere questo straordinario manufatto all’adiacente area archeologica dei fondi Cassis e alla domus “dei putti danzanti” e, per questo motivo, sarà demolito il muretto di recinzione oggi esistente tra l’ex caserma e l’area in corso di scavo da parte dell’Università di Trieste. Ciò permetterà di verificare se siamo di fronte ad un’unica, grande residenza, appartenente ad un ricco aquileiese del IV secolo. Nelle indagini fatte in questi giorni per la prima volta abbiamo potuto accertare la quota molto elevata del mosaico del “tappeto fiorito”, che pare maggiormente compatibile con una sua datazione al IV secolo, come aveva intuito la prof. Fontana, compianta direttrice dello scavo sui fondi Cassis”. La funzionaria della Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per il FVG Serena Di Tonto ha aggiunto: “La Soprintendenza condivide la straordinaria emozione di vedere tornare alla luce questo spettacolare mosaico, testimonianza di eccezionale valore storico e artistico. Nonostante il lungo tempo trascorso, il mosaico è riemerso in buone condizioni di conservazione e sarà sottoposto a interventi di restauro e consolidamento da parte della ditta AreCON, sotto la supervisione di Micol Siboni, restauratrice della Soprintendenza. Al momento si è reso necessario ricoprire nuovamente il mosaico per garantirne la migliore salvaguardia durante la stagione invernale, ma non appena le condizioni climatiche più miti lo consentiranno, verranno eseguiti gli interventi programmati e il manufatto sarà valorizzato direttamente nel luogo in cui è stato rinvenuto”. Il funzionario incaricato della Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per il FVG Roberto Micheli, ha affermato: “È doveroso ricordare l’opera di Luisa Bertacchi, allora direttrice del Museo Archeologico Nazionale, che con le sue indagini condotte negli anni Sessanta portò alla luce il mosaico del “tappeto fiorito” e impose l’arretramento della caserma dei Carabinieri per garantirne la conservazione. Fu lei ad avere la lungimirante intuizione di realizzare trincee esplorativenell’adiacente fondo Cassis, dimostrando la presenza di importanti resti archeologici. Questa azione permise di fatto di bloccare una lottizzazione residenziale già pianificata, anche grazie all’intervento di Franco Marinotti, presidente della Snia Viscosa e dell’Associazione Nazionale per Aquileia, che anticipò i fondi necessari all’acquisto dei terreni da parte dello Stato. Se oggi possiamo ammirare questi splendidi manufatti e possiamo restituirli alla comunità di Aquileia, lo dobbiamo alla sua fondamentale azione di tutela”. https://www.finestresullarte.info/archeologia/aquileia-riemerge-dopo-oltre-sessanta-anni-riemerge-mosaico-del-tappeto-fiorito-
- 1
-
-
Grecia, rinasce il Palazzo di Pella: restaurata la dimora di Alessandro Magno
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Grecia, rinasce il Palazzo di Pella: restaurata la dimora di Alessandro Magno In Grecia il Palazzo di Pella, città natale di Alessandro Magno, torna visitabile dopo un restauro da 3,5 milioni di euro che valorizza architetture e percorsi. In Grecia è stato restaurato il Palazzo dell’antica città di Pella, luogo di nascita e crescita di Alessandro Magno: i risultati dei lavori sono stati presentati l’altro ieri dalla ministra della cultura ellenica, Lina Mendoni, alla comunità locale e ai visitatori di questo importante sito archeologico della regione della Macedonia. Il progetto completato riguarda la conservazione, il restauro e la promozione del Palazzo, dell’ingresso monumentale del complesso e della palestra, i lavori di riqualificazione di un nuovo ingresso e di un nuovo percorso di visita, nonché la costruzione di un edificio di accoglienza e di un centro informazioni per i visitatori. Il progetto è costato 3,5 milioni di euro. La Ministra della Cultura Lina Mendoni, nel suo discorso alla cerimonia di inaugurazione, ha parlato di “un’importante giornata di gioia per il Ministero della Cultura e i suoi servizi, che in proficua collaborazione con la Regione della Macedonia Centrale hanno completato il lavoro di valorizzazione del Palazzo di Pella, un monumento unico per dimensioni e complessità, che era il simbolo preminente del potere e dell’autorità politica dei re macedoni. Nella Macedonia Centrale, con la sua moderna struttura amministrativa, si trovano i luoghi in cui due figure di spicco della storia greca hanno vissuto, lavorato e lasciato il segno nella storia: Filippo II e Alessandro Magno. Il passo successivo è responsabilità dello Stato, ma soprattutto delle amministrazioni locali e delle comunità locali stesse: questi luoghi dovrebbero essere inclusi in un unico programma di promozione coerente, in un itinerario culturale dedicato a Filippo e Alessandro, che utilizzi strumenti moderni per l’esplorazione e la comprensione storica. Alessandro Magno deve essere promosso in un modo che serva sia alla difesa della verità storica sia alle esigenze della moderna società greca. Un intervento così completo, che combina la promozione del Palazzo, a livello fisico e digitale, l’istruzione e la produzione, in diretto collegamento con l’economia locale di Pella, costituiscono un modello di politica culturale, con un’impronta di sviluppo e sociale”. Il Palazzo dell’Antica Pella. Foto: Ministero della Cultura della Grecia Il Palazzo dell’Antica Pella. Foto: Ministero della Cultura della Grecia In occasione del ritorno del Palazzo di Pella restaurato, il Museo Archeologico di Pella ha presentato due statue di epoca ellenistica, scoperte nel 2015 nell’antica Agorà di Pella, durante gli scavi dell’Università Aristotele di Salonicco, e ora esposte per la prima volta. Si tratta di due sculture, una statua femminile e una statua di sileno, che ornavano un edificio con fontana. In precedenza, durante un’ispezione del sito archeologico dell’antica Pella, dove sono stati completati anche i lavori di manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture di supporto dell’edificio, Lina Mendoni ha visitato i laboratori di produzione di repliche dell’Organizzazione per la Gestione e lo Sviluppo delle Risorse (ODAP), manifestando l’intenzione del Ministero della Cultura di utilizzare ulteriormente le strutture esistenti, sulla base di un nuovo quadro di utilizzo culturale ed educativo, sotto forma di un laboratorio aperto al pubblico, che avvicinerà la tecnica del mosaico e l’arte della ceramica. Il Palazzo dell’Antica Pella è costruito su un altopiano su una collina a nord della città. La sua posizione era strategica, in quanto poteva sorvegliare l’area su cui profondità era costruita la città, oltre all’antico porto e alle strade che conducevano alla città e il terreno fertile circostante. In quegli anni il mare era molto più vicino di oggi, rendendo la città quasi costiera. Due strade conducevano dall’Agorà al Palazzo. L’architettura era usata come mezzo per esprimere l’autorità reale. L’area del Palazzo consisteva in sette edifici costruiti su terrazze a gradoni, collegati tra loro da corridoi e scale. L’ingresso monumentale al Palazzo avveniva attraverso un propileo, fiancheggiato su entrambi i lati da due grandi arcate doriche. Dietro i propilei, su una terrazza più alta, si trovavano i due edifici più importanti: uno dove il re riceveva le ambasciate straniere, con sale per banchetti e riti religiosi. Nel secondo edificio si riuniva il Consiglio, cioè l’élite dei Macedoni. La statua femminile. Foto: Ministero della Cultura della Grecia La statua di sileno. Foto: Ministero della Cultura della Grecia A nord si trovava un edificio con gli appartamenti reali. C’erano anche la palestra e il collegio per la formazione dei figli del re e dei figli delle famiglie importanti, e l’edificio dove vivevano gli ufficiali, e dove si trovavano le stanze di servizio e le stalle. Dopo la sconfitta dei Macedoni da parte dei Romani nel 168 d.C., il Palazzo fu saccheggiato. Tuttavia, i Romani non lo distrussero, né fu mai ricostruito. In epoca bizantina, nella zona erano presenti costruzioni agricole. Negli anni successivi, si verificarono numerosi furti di pietre, rendendone particolarmente difficile la lettura. Nel 2015 è stato predisposto un piano generale per la valorizzazione dell’intero Palazzo. Il progetto, iniziato nel 2020, ha riguardato il restauro degli appartamenti reali, del Propileo e della palestra. Sono stati realizzati un nuovo ingresso, un parcheggio, un edificio informativo e di informazione per i visitatori e percorsi pedonali, con aree di sosta e standard di accessibilità universali. https://www.finestresullarte.info/archeologia/grecia-rinasce-palazzo-di-pella-dimora-alessandro-magno -
Secondo acquisto busta spedita da Messina dal giornale Eco Finanziario a Leonforte (en) anche questo in perfetta tariffa (credo) purtropo sul retro non ci sono gli annulli di arrivo.
-
Cartolina con francobollo particolare
PostOffice ha risposto a un topic di raimondo10 inviato in Filatelia e Storia Postale
Dentellatura superiore fortemente spostata in basso (bordo di foglio in alto). Come diceva correttamente fapetri Catalogato, S.108faa. Di valore. -
Vaticano 2025
pandino ha risposto a un topic di intermundia inviato in Euro Monete da collezione Italiane e delle altre Zecche Europee.
forse perché è (era) Natale? -
A San Casciano dei Bagni c'era probabilmente una grande scuola medica etrusca: i risultati delle ricerche 2025 A San Casciano dei Bagni (Siena), sono stati presentati i risultati degli scavi 2025 del Santuario del Bagno Grande. Le scoperte dell’ultima stagione aprono prospettive inedite, retrodatandone le origini di almeno due secoli e rafforzando l’ipotesi dell’esistenza di una vera scuola medica di età etrusca. Domenica 21 dicembre, a San Casciano dei Bagni (Siena), sono stati presentati i risultati della campagna di scavo 2025 del Santuario del Bagno Grande. Il sito si conferma ancora una volta come uno dei complessi archeologici più rilevanti dell’intero Mediterraneo antico. Le scoperte dell’ultima stagione di ricerche aprono prospettive inedite sulla storia del santuario, retrodatandone le origini di almeno due secoli e offrendo dati di straordinaria importanza per lo studio della religione e della medicina antica. La scoperta più rilevante riguarda la cronologia delle fasi più antiche del santuario. I reperti rinvenuti nel corso dello scavo 2025 si datano alla fine del V secolo a.C. e non più al III secolo a.C. come ipotizzato in precedenza. Questo elemento suggerisce la presenza di un grande santuario di età alto-arcaica in prossimità della sorgente, o nelle sue immediate adiacenze. A conferma si colloca anche il ritrovamento di un frammento di candelabro in bronzo, materiale che emerge come centrale nelle pratiche sacre del santuario in tutte le sue fasi di utilizzo. Alla fase conclusiva del sito appartengono nuovi reperti, tra cui un fulmine e un ramo in bronzo, riferibili al momento della chiusura del santuario nel V secolo d.C., in seguito agli editti di Teodosio. In questa fase di profonda trasformazione, diversi altari furono spezzati e riutilizzati per creare una piattaforma collocata davanti all’ingresso del tempio, in una posizione intermedia tra la sorgente principale, oggetto di indagine negli ultimi anni, e una seconda sorgente situata più a sud, probabilmente fulcro di un ulteriore spazio sacro. Sul piano architettonico, la campagna di scavo 2025 ha confermato l’esistenza di un grande recinto di età etrusca, attivo almeno a partire dal III secolo a.C. ma con ogni probabilità di origine più antica, caratterizzato da dimensioni paragonabili a quelle del tempio di età romano-imperiale. In vari punti del recinto sono state individuate tracce di riti di abbandono, riconoscibili nella dispersione volontaria di elementi di terracotta architettonica. Se nelle campagne precedenti erano stati soprattutto i manufatti in bronzo a fornire le scoperte più spettacolari, quest’anno sono le terrecotte a rivestire un ruolo centrale. All’esterno del recinto più antico, nell’area sud-occidentale, è stato avviato lo scavo di quella che appare come una favissa, ovvero un deposito votivo sacro. I materiali emersi comprendono parti anatomiche in terracotta, come piedi, gambe, mani, teste e raffigurazioni di neonati in fasce, oltre a frammenti di statue e a elementi decorativi architettonici, tra cui antefisse. Di particolare interesse è la fase tardo-antica del santuario. Nel IV secolo d.C., in seguito a una serie di crolli del tempio di età imperiale, venne realizzato un imponente muro di contenimento che comportò lo scavo profondo delle stratificazioni più antiche. In tale occasione, parte dei depositi etruschi fu intercettata e rovesciata all’esterno del tempio secondo un rituale che prevedeva l’accensione di focolari, l’aspersione di materiali organici come pinoli e astragali e l’impiego di oggetti dipinti e dotati di valenza magica. All’interno di questi livelli sono stati rinvenuti oggetti votivi di eccezionale qualità, tra cui teste, figure infantili integre e, soprattutto, un modello poliviscerale in terracotta che rappresenta, allo stato attuale delle conoscenze, la più dettagliata raffigurazione dei visceri umani mai rinvenuta. Questa scoperta rafforza l’ipotesi dell’esistenza, presso il Bagno Grande, di una vera scuola medica di età etrusca, attiva almeno dal III secolo a.C. Il santuario appare quindi non solo come luogo di cura legato alle acque termali, ma come un centro di cura complesso, assimilabile a un ospedale antico, in cui la conoscenza del corpo umano si traduce in rappresentazioni anatomiche di altissima precisione. Tale sapere sembra condiviso anche dagli artigiani, capaci di trasformarlo in oggetti sacri in bronzo e terracotta. Un elemento di particolare rilievo è il progressivo calo dell’accuratezza anatomica man mano che ci si allontana da San Casciano dei Bagni, indizio della presenza, proprio in questo luogo, di un centro di elaborazione e diffusione del sapere medico. Lo scavo della favissa è ancora nelle fasi iniziali e si prospetta, già a partire dalla prossima campagna, come una fonte di informazioni di straordinaria importanza non solo per la conoscenza dell’artigianato artistico etrusco e romano, ma anche per lo studio delle pratiche religiose e mediche dell’antichità. La presentazione dei risultati del 2025 è stata infine l’occasione per fare il punto sullo sviluppo complessivo del progetto. L’Università per Stranieri di Siena, attraverso il Centro CADMO, ha recentemente acquisito un edificio nel centro storico di San Casciano dei Bagni, in località Porticciola, destinato a diventare un hub internazionale di ricerca dedicato allo studio, alla valorizzazione e alla condivisione del patrimonio culturale del territorio. Il 5 dicembre scorso è stata pubblicata la procedura di gara per i lavori di ristrutturazione e allestimento, la cui aggiudicazione è prevista nei prossimi giorni, consentendo l’avvio operativo del nuovo polo di ricerca e divulgazione strettamente connesso al progetto del Bagno Grande. Nel corso della presentazione, il soprintendente Gabriele Nannetti ha illustrato i rilievi tecnici, che entro la metà di gennaio permetteranno di disporre della progettazione esecutiva strutturale del museo, così da avviare una prima fase dei lavori entro la primavera del 2026. La funzionaria archeologica Ada Salvi ha invece presentato le indagini preliminari alla definizione del masterplan, che guiderà la futura realizzazione del parco archeologico. “La presentazione dei risultati della campagna di scavi 2025 rappresenta una tappa fondamentale nel nostro progetto che è fatto anche di condivisione”, ha commentato Agnese Carletti, Sindaca del Comune di San Casciano dei Bagni. “Ringrazio tutti i soggetti che sono venuti a raccontare alla cittadinanza lo stato di avanzamento, illustrando la complessità di una progettazione così grande e ambiziosa. Abbiamo una data certa per l’avvio dei lavori dell’Hub e aspettiamo con ansia anche l’inizio della realizzazione del museo, perché vogliamo che i bronzi tornino presto a casa”. Nell’immagine, Panoramica dello scavo. Foto: Comune di San Casciano dei Bagni A San Casciano dei Bagni c'era probabilmente una grande scuola medica etrusca: i risultati delle ricerche 2025 https://www.finestresullarte.info/archeologia/a-san-casciano-dei-bagni-probabilmente-scuola-medica-etrusca-risultati-scavi-2025
-
Cartolina con francobollo particolare
AngeloCF ha risposto a un topic di raimondo10 inviato in Filatelia e Storia Postale
Francobollo segnalato su internet come varietà occasionale, direi che è molto simile al tuo, ma non saprei dare una valutazione, sul catalogo unificato non trovo nulla circa questa varietà -
Egitto: richiesta di restituzione del busto di Nefertiti dal museo di Berlino
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Il busto di Nefertiti (un particolare) Egitto rilancia la richiesta di restituzione del busto di Nefertiti dal museo di Berlino Il Governo e archeologi egiziani hanno intensificato gli sforzi per ottenere il ritorno in Egitto del celebre Busto di Nefertiti, oggi esposto al Neues Museum, indicando nel Grand Egyptian Museum la destinazione naturale dell’opera La scultura, esposta al Neues Museum, risalente a circa il 1351 a.C.-1334 a.C e considerata uno dei capolavori dell’arte dell’antico Egitto, è da tempo al centro di una disputa diplomatica e culturale tra Il Cairo e Berlino. Le richieste egiziane si basano sulla posizione secondo cui il busto fu portato in Germania all’inizio del Novecento in circostanze controverse, durante l’attività di scavo dell’archeologo tedesco Ludwig Borchardt nel sito di Tell el-Amarna. Il dibattito verte non solo sulla legalità della sua acquisizione, ma anche sulla possibilità offerta dalle nuove strutture museali egiziane per garantire adeguata conservazione e fruizione. Il busto di Nefertiti al Neues Museum Foto Oliver Lang/DDP/AFP tramite Getty Images Le autorità tedesche hanno più volte riconosciuto che il busto di Busto di Nefertiti appartiene al patrimonio culturale egiziano, ma sostengono che il suo trasferimento in Germania avvenne in base agli accordi di divisione dei reperti in vigore all’epoca degli scavi del 1912-13. Su questa base, Berlino considera legittima la permanenza dell’opera nelle collezioni statali e ha finora escluso un ritorno in Egitto, nonostante le ripetute richieste avanzate dal Cairo. Due figure di spicco nella campagna egiziana — l’archeologa Monica Hanna e l’ex ministro delle Antichità Zahi Hawass — guidano iniziative distinte per sollecitare il rientro dell’opera. Pur riconoscendo il valore storico e scientifico dell’oggetto, i promotori sostengono che la sua collocazione in patria sia un atto di recupero del patrimonio culturale nazionale. Le autorità tedesche e i responsabili del museo di Berlino hanno finora respinto formalmente la richiesta di restituzione, affermando che il busto rimarrà parte delle collezioni esistenti e rilevando difficoltà logistiche legate al trasporto dell’opera. La disputa sulla proprietà del busto di Nefertiti rappresenta un nodo centrale nelle più ampie discussioni globali sulla restituzione di beni culturali trasferiti all’estero durante periodi di dominio coloniale o in accordi storici oggi considerati controversi. «Mi rifiuto di andare a vedere il busto di Nefertiti - ha detto - Questo busto dovrebbe essere in Egitto, e lo porterò lì», ha dichiarato Hawass al Post, affermando che il GEM è il posto migliore per ammirare Nefertiti. https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Egitto-rilancia-la-richiesta-di-restituzione-del-busto-di-Nefertiti-dal-museo-di-Berlino -
Il più grande labirinto circolare scoperto in India custodisce indizi sugli antichi legami commerciali con Roma
ARES III ha aggiunto un nuovo link in Rassegna Stampa
Una veduta aerea del labirinto trovato nella regione della prateria di Boramani, nel distretto di Solapur Il più grande labirinto circolare scoperto in India custodisce indizi sugli antichi legami commerciali con Roma È stato trovato nella regione della prateria di Boramani, nel distretto di Solapur, per merito dell’archeologo Sachin Patil del Deccan College, e rivela nuovi elementi per stabilire e ricostruire i rapporti tra Ter a Dharashiv e l’Impero romano Fino a qualche settimana fa, il più grande labirinto circolare registrato in India era composto da 11 circuiti, record battuto da una nuova scoperta con un diametro di oltre 15 metri e 15 circuiti. Secondo quanto riportato dal «The Times of India», il labirinto circolare più grande mai rinvenuto fino ad ora nel Paese (secondo nella «classifica» generale, sul cui podio rimane il labirinto quadrato di Gedimedu, con un diametro di 17 metri) è stato trovato nella regione della prateria di Boramani, nel distretto di Solapur, per merito dell’archeologo Sachin Patil del Deccan College di Pune. I dettagli saranno pubblicati il prossimo anno dalla rivista britannica specializzata «Caerdoria», il cui editore, Jeff Saward, ha dichiarato: «Questo labirinto appartiene alla famiglia classica, ma l’aggiunta di una spirale al centro è una caratteristica molto specifica dell’India, spesso chiamata “chakravyuh”. Questo è sicuramente il più grande labirinto realizzato con rocce in India con così tanti circuiti circolari». Questo ritrovamento rivela nuovi elementi per stabilire e ricostruire gli antichi legami commerciali tra Ter a Dharashiv e Roma, le cui radici risalirebbero a circa 2mila anni fa. «La regione che comprende Kolhapur, Karad e Ter era un importante centro per il commercio estero, ha affermato al giornale indiano P.D. Sabale, capo dipartimento del Deccan College. Precedenti scavi a Bramhapuri nel 1945 hanno portato alla luce una statua del dio greco-romano del mare Poseidone e uno specchio di bronzo lucido. La presenza di labirinti a Sangli, Satara e Solapur suggerisce che l’intera fascia fosse una vivace rotta commerciale (o “Via della Seta”) per i mercanti greco-romani». «Oltre alla navigazione, i labirinti sono associati alla fertilità in molte culture e fungono da strumenti di meditazione. A livello locale, sono chiamati “kode” (puzzle), ma sono noti anche come “chakravyuh”, “manchakra” e “yamadwar” in diverse tradizioni», ha spiegato Patil che, dopo un’accurata disamina del sito, inizialmente intercettato dalla Ong Nature Conservation Circle (con un team costituito da Pappu Jamadar, Nitin Anvekar, Dhananjay Kakade, Bharat Chheda, Aditya Zhingade e Sachin Sawant), ne ha riconosciuto e confermato l’importanza lo scorso 17 dicembre. https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Il-piu-grande-labirinto-circolare-scoperto-in-India-custodisce-indizi-sugli-antichi-legami-commerciali-con-Roma -
pdf listino numismatica felsinea n. 22
icona ha risposto a un topic di icona inviato in La piazzetta del numismatico
Si, lo so grazie, ma mi interessava il listino precedente. Buona serata -
Come avrai controllato la busta è in perfetta tariffa per gli Stati Uniti con il 25 c Umberto I . Annulli di partenza tondo riquadrato di Genova Ferrovia del ??.??.96 Annullo di arrivo di Boston Massachusetts del 10 maggio 1896 nitido che ci dà un periodo postale più preciso. Ottimo acquisto.. di valore. Il numero 20 di Gloucester St. in Boston.
-
Occhio che poi ti colpiscono casa con droni ucraini, se non dichiari che vuoi una pace giusta...
-
Cartolina con francobollo particolare
fapetri2001 ha risposto a un topic di raimondo10 inviato in Filatelia e Storia Postale
Buonasera, bel documento, il francobollo naturale da cent. 15 Leoni è una varietà : dentellatura orizzontale fortemente spostata in basso, ora non posso controllare a catalogo, ma è sicuramente riportata, la serie Leoni ha avuto molte di queste varietà. complimenti, bel pezzo di storia postale -
Sono molto interessato a capire cosa sia questo spazio con inchiostri fluorescenti di oggi di cui parli, per piacere mi spieghi?
-
Vaticano 2025
nicola84 ha risposto a un topic di intermundia inviato in Euro Monete da collezione Italiane e delle altre Zecche Europee.
Il senso di mettere in vendita questa 25 Euro Natale? Forse a seguito del battage “pubblicitario”? Perché in questo modo hanno completamente sballato il (teorico) ordine cronologico -
VALUTAZIONE BANCONOTE.
ARES III ha risposto a un topic di Sherazade inviato in Richiesta Identificazione/valutazione/autenticità
Da regolamento si apre una discussione per moneta/banconota, allegando foto di entrambe le facce.
Lamoneta.it
Il network
Hai bisogno di aiuto?