In questa discussione iniziata da Maregno si è trattato dei processi di estrazione e di raffinazione (e delle loro innovazioni) dell'oro a partire dalla
fine del settecento in poi, in quanto l'oggetto della discussione è la variazione del colore della lega che costituisce i marenghi a partire da
Vittorio emanuele I, per poi arrivare a Carlo Felice, Carlo Alberto ecc...
La metallurgia vera e propria si può far risalire al IV millennio A.C., quando l'uomo capì che con il riscaldamento, la fusione e la colata si
poteva rendere il metallo duttile e malleabile.
Per quanto riguarda in particolare metalli preziosi e la loro affinazione, si capì ben presto, che non era utile tenere il minerale unito
al combustibile: furono quindi applicate ai forni le prime innovazioni tecnologiche che consistettero nell'applicazione dei "crogiuoli"
(scodelle o vasi in materiale refrettario, con un foro per la colata) che mantenevano appunto il minerale separato dal combustibile e,
dal tiraggio forzato attraverso dei tubi ceramici in cui veniva insufflata l'aria da dei veri e propri mantici realizzati in cuoio (Tuyères),
(queste innovazioni erano già ampliamente conosciute nel II millennio A.C., Forbes R.J. 1966 Vol.1).
Ad esempio i risultati delle ricerche ottenuti dallo scavo di un forno etrusco (condotto da A. Minto), dimostra che la fusione dei
minerali dovette avvenire in forni composti da due camere sovrapposte separate da un piano forato sorretto da una colonna
di pietra, la parte superiore era riempita di combustibile mista a minerale ( solfuri precedentemente arrostiti all'aria in modo
da liberarli quasi totalmente dello zolfo e trasformati così in ossidi).
Al combustibile e al minerale si aggiungeva del quarzo (biossido di silicio) in modo da provocare una perfetta scorificazione
della calcopirite (solfuro di rame e ferro).
Una volta acceso il fuoco, i mantici immettevano nella fornace attraverso le tuyères l'aria neccessaria per la combustione del
carbone a monoossido di carbonio (CO) il quale reagendo a temperature superiori a 800°C con i minerali ossidici,
permetteva la loro trasformazione in metallo producendo anidride carbonica, uno dei momenti critici del processo
metallurgico che presupponeva da parte del metallurgista una notevole competenza per operare in condizioni
ottimali e che si doveva condurre il processo in atmosfera caratterizzata da un diffetto controllato di ossigeno.
L'altro processo fondamentale era la scorificazione, cioè separare il metallo dalle altre componenti non metalliche contenute
nella roccia di cui non era stata possibile la totale separazione in precedenza (cioè la ganga).
Se non c'era una giusta proporzione tra silicati e ossidi metallici si doveva operare per aggiungere materiale che
favoriva la formazione di tali scorie, le quali si allontanavano dal metallo scorrendo fluide verso il fondo della fornace
o all'esterno di essa.
Questa breve descrizione è valida per riassumere gli aspetti generali dei produzione dei metalli nell'antichità,
esistono aspetti specifici legati alla produzione di rame, ferro, piombo, argento (senza entrare nel merito)
e poi alla separazione e raffinazione dell'oro.