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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/03/11 in Risposte
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un breve resoconto di quel disgraziato periodo: ........Preoccupato per il malcontento dei cittadini l'arcivescovo-doge Paolo di Campofregoso sollecita l'appoggio del duca di Milano con la promessa di cedergli la signoria di Genova a condizione di conservare per sé la carica di governatore. In Corsica Tommaso di Campofregoso e l'isolano Gio Paolo di Leca creano problemi e la Casa di San Giorgio deve inviare forze nell'isola. Tommaso viene catturato a Lerici e imprigionato, Gio Paolo fugge in Sardegna ma, dopo qualche mese, ritorna in Corsica per riprendere la guerra (sarà sconfitto nel 1489 e ritornerà in Sardegna, le sue fortificazioni saranno distrutte). Viene recuperata la fortezza di Leca e riacquistata la terra di Cinarca. Paolo rimane doge fino al 6 gennaio 1488 poi giungono i governatori sforzeschi di Milano per conto di Gian Galeazzo Sforza. I Fieschi capeggiati da Obietto, Battista di Campofregoso e gli Adorno obbligano Paolo a ritirarsi nel Castelletto. La presa del castelletto è però lunga e cruenta. Il 7 agosto il Senato, subito convocato, elesse 12 capitani detti "riformatori". Dopo il rifiuto del Papa e della Francia fu invitato a prendersi il dominio della città Gian Galeazzo che il 13 settembre 1488 acconsentì sotto la tutela del Moro, ma Gian Galeazzo mette da parte il cardinale e nomina Agostino Adorno come governatore. Paolo quindi cedette per denaro le fortezze che erano in suo potere e se ne andò a Roma dove cessò di vivere nel 1498. Il tuo "minuto" racconta tutto questo ...... il tuo minuto era nelle tasche dei soldati della Casa di San Giorgio, che sconfissero Gio Paolo? Saluti "cumpa", grande ritrovamento!!2 punti
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Χριστιανική Αυτοκρατορία της Ρωμαϊκής Ανατολής - Βασιλεία των Ρωμαίων. << In questo modo sarà mia cura predisporre che i tuoi messi ritornino a te senza che subiscano danni. Pretendo, inoltre, che non mi venga recapitato alcun messaggio in futuro da parte tua o dei tuoi funzionari.>> L'uomo si fermò per un attimo, ragionando su ciò che doveva dettare all'attendente che stava scrivendo la prima bozza della lettera. Doveva pensare bene: il destinatario era una persona importantissima e non poteva permettersi un passo falso. Fece un paio di passi, poi si accomodò su uno scranno in fondo alla sala, lasciandosi andare sui morbidi cuscini ricamati. Con la mano destra si accarezzò il mento con una barba rada e aggrottò le sopracciglia ben curate, così come la capigliatura che amava portare corta e arricciata. << Ti ho servito fedelmente per così tanti anni >> riprese a dire velocemente << e non mi hai mai ripagato in modo giusto ed equo per le imprese che ho compiuto in tuo nome e nel nome dell'Impero. Credo che te ne renda conto tu stesso. Da questo momento in poi non contare più sul mio sostegno. Con te non voglio averci più a che fare. Dimentica la nostra vecchia amicizia: troppe ingiustizie ho dovuto subire per essa. E con questo ho chiuso, una volta per tutte. Che Dio ti salvi, ecc.ecc. >> L'uomo si alzò e prese la lunga spada che aveva posato accanto alla sedia del suo tavolo da studio ricolmo di pergamene e pregiati papiri provenienti dall'Egitto. Se l'allacciò alla vita con un rumore di ferraglia: le borchie di bronzo dorato del cinturone riflettevano la luce del sole che entrava dalle alte finestre, quasi tutte aperte. Si era ormai già alla metà di giugno dell'anno 5993. Faceva già abbastanza caldo, ma Illo non ci badava: aveva altro a cui pensare. Il suo vecchio amico, l'isaurico Augusto Imperatore di Costantinopoli Zenone, avrebbe tremato ancora una volta. " Non ti renderò la vita facile ", pensò Illo uscendo dall'ampia sala. Il suo attendente stava già preparando l'occorrente per ricopiare in bella il testo della missiva. Si richiuse la porta alle sue spalle e discese una breve scalinata di pietra che conduceva ad un peristilio che si affacciava su un rigoglioso giardino. Amava quell'ambiente, soprattutto in primavera e in estate. L'aveva reso bello ed elegante quanto un edificio imperiale, forse anche di più. Una guardia stazionava nei pressi, con indosso una corta cotta di maglia, lo spadone al fianco, l'elmo conico e lo scudo ovale poggiato alla parete vicino alla lunga lancia. Appena vide il generale scattò sull'attenti afferrando velocemente le armi dietro di sè e disponendosi goffamente per un frettoloso segno di saluto. << Come stanno i messaggeri venuti da Costantinopoli?>> chiese il generale Illo fermandosi di fronte alla guardia. << Bene, Strategos: non si sono lamentati più di tanto del trattamento che gli abbiamo riservato. Altri ordini?>> << Per ora no. Tenetevi comunque pronti: tra qualche giorno i nostri amici ci lasceranno.>> Illo abbozzò un sorriso che la guardia non provò neanche a imitare. << Ad ogni ordine saremo pronti, Strategos! >> rispose il soldato in modo formale. Illo salutò con noncuranza e se ne andò per la sua strada. " Mi auguro che saranno davvero pronti a qualsiasi ordine: anche a quello di morire ". Nell'immenso salone del Palazzo Imperiale di Costantinopoli, l'assemblea dei funzionari e dei nobili dell'Impero era al completo. Non mancava nessuno, eccetto l'Augusto Flavio Zenone che ancora doveva entrare. C'era un gran vociare, oltre allo sfavvillio dell'oro dei mosaici, delle vesti damascate e intessute di ricami preziosi, di gioielli, coroncine e copricapi vari. La sala era tanto eterogenea quanto variopinta. Uno spettacolo che l'Augusto Zenone si era abituato a vedere fin troppe volte negli ultimi anni. Non trascorse molto altro tempo che un araldo si affrettò ad annunciare l'ingresso solenne dell'Imperatore. Tutti i presenti ammutolirono e i loro sguardi si fissarono sulla figura sontuosamente abbigliata e ingioiellata che si muoveva lentamente in direzione del trono al di sotto di un prezioso baldacchino con tende di seta color porpora. La sua testa era sormontata dal diadema che rifletteva la luce proveniente da qualsiasi fonte, fosse essa quella accecante del sole e dei bracieri su cui alcuni attendenti personali stavano bruciando dell'incenso. L'ambiente divenne ben presto quasi irreale, tutto sembrò sospeso in una dimensione che non aveva nulla a che fare con il mondo terreno. I sacerdoti e i più alti capi ecclesiastici, nei pressi del baldacchino imperiale, iniziarono a intonare dei canti di ringraziamento, volendo augurare all'Augusto Flavio Zenone la salute necessaria per reggere quanto più a lungo possibile le sorti di Costantinopoli e del suo sconfinato Impero. Tutti i presenti nella sala si prostrarono faccia a terra, provocando un curioso fruscio di vesti pesanti e un tintinnio a causa dei gioielli e delle armi da parata che i più alti gerarchi dell'esercito indossavano con fierezza. L'Imperatore, lo sguardo fisso in avanti senza alcuna espressione, freddo e glaciale come una statua di marmo di Paro, si fermò per un attimo davanti al trono: con la mano destra reggeva lo scettro, con la sinistra il globo crucigero. Si sedette sul trono e poggiò automaticamente i piedi colle morbide calzature di porpora su di uno spazio di fronte al trono appositamente predisposto per lo scopo con un cuscino al di sopra. Lo sguardo rimase fisso e inespressivo. Ad un cenno del ciambellano tutti si alzarono all'unisono rimanendo a fissare l'Augusto immobile, circondato dai fumi dell'incenso come se fosse una statua di una divinità. Un secondo funzionario avanzò ad un cenno del ciambellano e si dispose al centro del salone ai cui lati si accalcavano i notabili, i funzionari di corte e i comandanti militari. I rappresentanti del Clero smisero il loro canto e l'uomo iniziò a parlare: << Che Dio conceda lunga vita al nostro Signore Flavio Zenone, Augusto Perpetuo e Imperatore dei Romani.>> fece una breve pausa, poi continuò: << Qualche giorno fa sono ritornati a corte i messi che il nostro Augusto Signore, nella sua infinita clemenza, aveva iniviato allo Strategos Illo. Costoro hanno riferito di essere stati trattenuti come prigionieri dagli uomini del generale e, quando sono stati rilasciati, si sono fatti carico di una missiva poco confortante: Illo ha rifiutato la benevolenza e l'amicia del nostro Augusto Signore per ergersi come un ingrato al di sopra di tutti noi. In questo momento sta raccogliendo truppe con l'evidente intento di rovesciare il giusto e magnanimo Augusto Zenone e prendere il suo posto.>> Altra breve pausa ad effetto. Questa volta servì: un mormorio sommesso percorse tutta la sala. Tutti erano sorpresi: una nuova rivolta! Non poteva esserci nulla di buono in questa faccenda. Il ciambellano riportò il silenzio con un paio di colpi sul pavimento in tessere marmoree inferti con il suo bastone cerimoniale. Il funzionario che stava esponendo il problema continuò, ringraziando formalmente con un cenno del capo il ciambellano alle sue spalle: << Per schiacciare il nuovo pericolo che incombe su tutti noi, su Costantinopoli e, soprattutto, sull'Augusta Maestà nostra, la Corte qui riunita provvede a incaricare il nuovo magister militum per Thracias, Leonzio di Dalisandos, di muovere immediatamente contro lo Strategos Illo, ormai divenuto nemico dell'Impero e dei suoi giusti rappresentanti. Questi sono gli ordini: vengano eseguiti nel nome del Signore nostro Flavio Zenone e in nome dell'Impero. >> Aveva finito. Leonzio non riusciva a crederci: era giovane per ricoprire quell'incarico eppure l'Imperatore gliel'aveva concesso. Riponeva molta fiducia in lui. "Vedrò di non deluderlo". Il sole era alto nel cielo e faceva molto caldo. Era il 19 luglio del 5993 e la città di Tarso fremeva per l'evento spettacolare che si preparava a vedere: Leonzio di Dalisandos, magister militum per Thracias, doveva rivestire la porpora imperiale. Illo era stato più generoso di quanto immaginasse: pur di avvicinarlo alla sua causa assieme ai suoi soldati traci, gli aveva fatto dono di numerose elargizioni e premi e, adesso, aveva predisposto che fosse incoronato Imperatore al suo posto. Era stato fin troppo generoso e questa non era un'occasione che capitava tutti i giorni. Leonzio ne era consapevole e gioiva per essere arrivato così in alto. Lui, un semplice comandante militare di origine siriana, era riuscito a conquistare il trono dell'Impero Romano d'Oriente. Il popolo, d'altro canto, non vedeva di buon occhio nè Zenone nè Illo per la loro comune origine barbarica. Egli, inevece, era evidentemente favorito e anche l'esercito al suo comando lo amava. Sembrava tutto troppo bello per essere vero. L'ambiente si riempì di fumo a causa dei bracieri con l'incenso all'interno. I chierici intonarono un canto religioso. Tutto intorno a lui era un continuo luccichio di oro e tessuti preziosi. Avanzò lentamente verso un trono di oro, avorio e altri materiali preziosi disposto al centro dell'ambiente appositamente per lui. Una volta che si fu avvicinato abbastanza si presentò in abiti sontuosissimi e con una splendida corona a cingerle il capo, l'Imperatrice vedova Elia Verina. Il naso piccolo e perfettamente dritto, gli occhi allungati col bistro andavano ad arricchire una bocca altrettanto piccola ma ben delineata. Tutto in lei aveva un aspetto altero e regale, perfino il collo sottile che spuntava dalla veste intessuta d'oro e d'argento, cinto da un pesante collare d'oro arricchito da perle e pietre lucenti. Come facesse quell'esile collo a sopportare un così pesante fardello per Leonzio rimaneva un piacevole mistero. Portava tra le mani dalle dita affusolate un diadema d'oro, nuovo e mai usato da nessun altro Imperatore prima. L'Imperatrice si accostò al trono su cui era seduto il giovane e attese che la cerimonia arrivasse al suo punto culminante: fu lei in persona a porre il diadema imperiale che recava tra le mani sulla testa di Leonzio che adesso fu salutato come Signore dell'Impero d'Orienete, nonchè Augusto Perpetuo. Tutti i presenti si prostrarono faccia a terra e nello stesso istante si rialzarono. Illo lo attendeva fuori con la sua guardia personale: era divenuto il generale del nuovo Imperatore e, avendo guadagnato per intero la sua fiducia, si preparava a reggere le sorti dell'Impero non come usurpatore, ma come suo subalterno: una mossa tanto abile quanto non priva di pericoli. << Le Diocesi di Oriente e di Egitto hanno dichiarato la loro completa fedeltà nei tuoi confronti >> Era Illo a parlare. Leonzio e il suo generale erano seduti in privato in una stanzetta adiacente alla sala del trono nel Palazzo di Antiochia divenuta la capitale del suo Impero. << E' un'ottima notizia, Illo: per questo dovrò ringraziare personalmente l'Imperatrice Verina per la dedizione che ha mostrato alla nostra causa>> << Di persona? Non sarà necessario, Leonzio: tu hai molti impegni a cui far fronte, adesso. Provvederò io a rendere i dovuti omaggi all'Augusta Verina>> Controbattè Illo, sapendo che poteva manovrarlo come meglio voleva. << A proposito,>> continuò dopo poco << hai già nominato i funzionari che occuperanno i più alti ranghi nella tua Corte? >> Leonzio riflettè per qualche istante: << Certo, ho già proposto dei nomi all'assemblea dei nobili e credo che accetteranno di buon grado la mia idea. Inoltre ho provveduto a installare una zecca qui, ad Antiochia, per battere moneta, in modo da pagare i nostri uomini per fronteggiare la reazione di Zenone>>. << E' proprio un buon lavoro, Leonzio, devo ammetterlo: mi congratulo per la tua prontezza e la tua lungimiranza. In effetti, la risposta del nostro antagonista non si farà attendere>>. Illo sorrise sinceramente e di gusto. << E noi non ci faremo cogliere impreparati>> Leonzio ricambiò il sorriso. Era l'8 agosto del 5997. Zenone aveva ricevuto notizia dell'incoronazione di Leonzio, su cui contava per mettere fine alla rivolta di Illo. Si era nuovamente sbagliato, ma questa volta i suoi nemici l'avrebbero pagata cara. Infatti, le sue truppe si erano subito mosse alla volta di Antiochia al comando di Teodorico l'Amalo e Giovanni il Goto. Antiochia era stata riconquistata e l'esercito ribelle che la teneva era stato annientato: i superstiti passati per le armi, i nobili rimasti erano stati privati dei loro privilegi e, alcuni, messi in catene per essere venduti come schiavi. Molti di loro avevano accomplagnato nella fuga l'Imperatore Leonzio che si era diretto verso la fortezza di Papurius con il resto delle sue truppe alla testa del suo fidato amico e Strategos Illo. Era quello il prossimo obiettivo dell'esercito imperiale: gli usurpatori non l'avrebbero fatta franca. Zenone avrebbe avuto la sua giusta rivincita. Teodorico ne era certo. Giovanni il Goto ancora di più. Gli avvoltoi si libravano in alto nel cielo emettendo il loro stridulo verso. A quanto pareva erano i soli a popolare quella zona. Al di sotto si potevano intravedere le rovine fumanti della fortezza che un tempo aveva ospitato l'Imperatore Leonzio e il suo esercito. Per quattro anni avevano allestito un'infallibile piano di difesa e avevano tenuto la roccaforte mettendo in difficoltà Teodorico e Giovanni in più di un'occasione. Questi non sapevano più con quali macchine o con quali strataggemmi avrebbero potuto conquistare la fortezza e uccidere gli insorti. Le avevano provate tutte: arieti, catapulte, balliste, rampe e torri di assedio, mine e valli. Fino a quando, un funzionario pagano, che aveva seguito Leonzio da Antiochia, non credendo più nella sua sempre più folle volontà di opporsi al legittimo Imperatore Zenone, aveva abbandonato Papurius e, seguito dalla sua scorta personale, si era introdotto nell'accampamento nemico deponendo le armi e consegnandosi a Teodorico come prigioniero. Grazie alle sue informazioni Leonzio era caduto a Σελεύκεια, il suo esercito era stato annientato e Illo era stao messo a morte. Molti dei suoi seguaci, sia cristiani che pagani, che avevano supportato la ribellione, furono passati per le armi. Ormai la testa di Leonzio fissava con gli occhi sbarrati per il terrore quelli immobili e impassibili di Zenone. L'uno era stato privato di tutto, persino della vita; l'altro aveva finalmente riportato tutto il potere nelle sue mani. Chiunque, adesso, si sarebbe guardato bene dal dare inizio ad una nuova rivolta nei suoi confronti. Ci avrebbe pensato su due volte.1 punto
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http://www.allposters.fr/-sp/Madonna-of-Mercy-Between-St-Venanzio-and-St-Sebastian-Affiches_i6009424_.htm guarda qui,si vede st Venanzio a dritta della madonna con la sua bandiera.... :D1 punto
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Fantastico! Stiamo per entrare nell'anno 7521! :D :D Grazie della traduzione (poi magari in MP mi dici come si pronuncia :P ). Λεόντιος che significa?1 punto
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Penso anche io che questo sia un ottimo modo di rapportarsi con i figli. Questo non lo penso... L'intelligenza ha altre vie e, del resto, i messaggi di ggpp the top appena sopra ne sono sufficiente testimonianza! :P La famiglia è fondamentale, ma un ragazzo ha anche infiniti altri stimoli per pensare e maturare. Il genitore che pensasse di assicurarsi il figlio forte e intelligente, parlandogli e facendo il suo mestiere di genitore nel modo più maturo, commetterebbe un errore. Abbiamo il dovere di essere buoni genitori, ma naturalmente non ci sono garanzie. Ovvio, possiamo ragionevolmente sperare che educare un figlio attraverso il dialogo dia i suoi frutti, ma guai a dare per scontato che il proprio figlio sia più forte o intelligente di chi ha avuto una educazione diversa. Sarebbe, ripeto, un gravissimo errore che poi potrebbe avere ripercussioni negative proprio sullo stesso figlio.1 punto
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E' una buona idea. Pero' sono tante monete, forse si potrebbe iniziare da qualche tipologia/anno particolare e poi vedere come va'. Sarebbe bello vedere i risultati del censimento nel catalogo assieme ai passaggi in asta, per poter meglio valutare la rarita'. I problemi che vedo sono 2. Prima di tutto i troll (o buontemponi) che potrebbero falsare la statistica mettendo numeri a casaccio. Secondo: se io possiedo la moneta X e la metto nel censimento, poi la vendo. Il nuovo propietario come fa a sapere se era gia censita ? Chi sa quanti doppioni verrebbero fuori..... Il problema e' lo stesso dei passaggi in asta. Posso avere tanti passaggi riferiti alla stessa moneta, magari e' rarissima, ma il solo conteggio dei passaggi mi da un'informazione falsata. Io comunque ci sono.1 punto
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