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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 01/21/13 in Risposte

  1. Facciamo l'esempio delle Mute, monete da nominali 20 soldi (= 1 lira) emesse dal Regno di Sardegna alla fine del '700. Dopo il 1815 in Piemonte erano tariffate a 8 soldi (=40 cent.), che corrispondeva al valore di fino contenuto, ma intorno al 1840 i pezzi che circolavano (dopo 45 anni) erano talmente consunti che vennero quasi per intero ritirati, anche perché ormai la gente li rifiutava. Ci furono quindi incettatori che li pagavano, a peso, sui 35-36 cent.: portarono le Mute a Reggio e Modena e furono tariffate agli originari 40 centesimi, con guadagni milionari. E qua circolarono ancora una ventina d'anni, in che condizioni è facile immaginare. Altra «invasione» nel 1858: lo Stato Pontificio ridusse il titolo dei 5-10-20 baiocchi da 900 a 800, aumentandone però il peso, ma non in misura proporzionale, bensì riducendo il fino di circa il 7%. Per alcuni mesi venne invece fatto credere (al popolo minuto) che i nuovi baiocchi valevano come i vecchi, e la tariffa ufficiale si adeguò dopo un certo lasso di tempo. Anche in questo periodo alcuni speculatori guadagnarono milioni. Inspiegabilmente Francesco IV (†1846) non ebbe nemmeno in progetto di coniare moneta. Suo figlio Francesco V invece si rese conto di questa necessità sempre più impellente di coniare moneta buona che, come scopa salutare, spazzasse via la pietosa circolazione monetaria del periodo. Un primo progetto risale al 1848, ma i noti avvenimenti lo fecero scendere dalla scala delle priorità. Verso il 1855 si decise di fare seriamente, ma ci si rese conto che i macchinari della zecca di Modena avevano - i più recenti - oltre 70 anni e andavano interamente sostituiti con spesa non indifferente, oltre all'assunzione del personale di Zecca. Si prese contatto allora con la zecca di Milano, ma questa era impegnata a preparare coni e macchinari per la nuova riforma monetaria decisa dall'Austria; ci si rivolse allora a Bologna, allo Stato Pontificio, e il Voigt (incisore per Pio IX) preparò i coni. Si scelse un sistema analogo all'austriaco, sia per affinità politica che per motivi economici, essendo il Lombardo-Veneto la piazza con la quale gli scambi erano maggiori. Quindi monometallismo argenteo, monete da 5, 2, 1 lira da 25, 10 e 5 grammi di argento 900, monete da 50, 20, 10 cent. in mistura e monete da 5, 2, 1 cent. in rame. Era prevista la coniazione di due monete d'oro da 8 e 4 grammi (Ducato e Doppio Ducato), ma senza indicazione di valore e che avrebbero corso al prezzo corrente dell'oro. Finalmente tutto era pronto e il 19 febbraio 1859 il Duca firmò il decreto che autorizzava la coniazione e stabiliva le caratteristiche. Un mese dopo cominciavano però i preparativi per quella che sarebbe stata la II Guerra d'Indipendenza, e ancora una volta le priorità furono altre. L'11 giugno il Duca abbandonava il Ducato.
    4 punti
  2. Si applico' nel Ducato una curiosa variante della legge di Gresham: in linea di massima la moneta cattiva scacciò la buona, quindi scomparirono in breve le monete d'argento di Napoleone dalle 2 lire in giu' (rimasero scudi e marenghi, ma che non erano utilizzati per pagamenti minuti), ma nemmeno ebbero successo le monete di puro rame, coniate da Stati limitrofi (Milano e Bologna/Roma): ci fu un'indigestione delle monete di biglione, delle quali era assai difficile dare una valutazione precisa, specie da logore, e che si prestavano quindi ad "invasioni" ad opera di speculatori che le incettavano negli Stati di origine, dove erano ormai neglette, e le portavano nella piazza di Modena e Reggio dove c'era "fame" di circolante in quanto la zecca era ferma dai tempi di Ercole III. Non si poteva invece speculare sul rame, in quanto la circolazione era fiduciaria, e nessuno - per tali monete - avrebbe pagato più del nominale. Circolavano anche monete d'argento, ma non piu' spendibili negli Stati di origine perche' consunte oltre la tolleranza, forate o tosate, anche qua tendendo ad avvicinarsi ad una valore nominale che non possedevano più. Gia' a partire dal 1840 si cominciò a parlare di "lira abusiva", che valeva il 12% in meno della "Lira italiana", detta "tariffale", ed era in sostanza il disaggio di cambio per il fatto che le monete in cui si esprimeva erano monete "sottopeso". Si innescarono contenziosi a non finire perché chi si era indebitato in tariffale voleva pagare in abusivo, e questa confusione nocque soprattutto ai commercianti che ricevevano pagamenti in abusivo (con monete logore e dal titolo basso) e dovevano invece pagare i grossisti in tariffale e con monete buone. La cosa si trascino' anche dopo l'Unita' d'Italia, fino al 1862.
    3 punti
  3. ciao a tutti.... sono stato un po' assente dal forum per problemi vari... ora voglio rimediare... e come posso fare se non GASARMI un pochino con questi 2 ritrovamenti nell'ultimo periodo? Per quanto riguarda il 10 cent ringrazio molto mia sorella che ha brillantemente controllato... GRAZIE E GRANDE.... Taglio: 1 € Nazione: MONACO Anno: 2001 Tiratura: 971.100 Condizione: BB Città: Pinasca (TO) Taglio: 10 cent Nazione: MONACO Anno: 2003 Tiratura: 100.800 Condizione: BB Città: Pinasca (TO)
    3 punti
  4. 32° Raduno Numismatico di Torino + Mostra sui Falsi Come ogni anno anche per il 2013 è previsto il consueto raduno numismatico a Torino. Quest'anno, oltre all'area destinata alla parte commerciale, ci sarà una sezione dedicata all'aspetto culturale dove verrà allestita una piccola esposizione. L'argomento sarà: "la falsificazione delle monete dall'antichità ai tempi moderni: gli aspetti economici e tecnologici, l'inganno delle patine, gli strumenti per contrastare il fenomeno." Tra sabato 23 e domenica 24 marzo saranno presentati alcuni di esemplari che testimoniano la falsificazione dai tempi antichi ai tempi moderni mentre, durante la mattina del Sabato 23, sarà proposto un interessante ciclo di conferenze sull'argomento. ________________________________________________________________________________ Ciclo Conferenze - Di seguito riporto i temi trattati ed i nomi dei relatori (Sala Marconi): "Archime-De: esempi di applicazione per identificare suberati ed analizzare la svalutazione del denario nell'era repubblicana" – Ing. Pierluigi De Bernardi Archime-De e' un dispositivo di semplice e veloce utilizzo per misurare il peso specifico delle monete. Tramite il peso specifico si puo' ricavare la purezza delle leghe in metallo prezioso (oro, argento, elettro). Si mostrera' il dispositivo ed il principio di funzionamento. Quinti si analizzera' in particolare la sua applicazione alla monetazione argentea romana repubblicana, per lo studio della svalutazione durante gli anni della guerra sociale e per identificare i denari suberati. “Lo studio e l'analisi visiva delle monete per individuare, anche attraverso le immagini, i possibili falsi.” – LaMoneta.it e Ass. Culturale Phalantos Grazie alle nuove tecnologie la produzione dei falsi ha raggiunto dei livelli molto allarmanti mettendo molto spesso in seria difficoltà anche i massimi esperti del settore. Contemporaneamente però anche le contromisure si sono evolute e, ancora una volta grazie ad internet, è possibile oggi smascherare molti tra i falsi più insidiosi. “Il delitto della falsa moneta nel mondo antico, medievale e moderno: delle pene e dei castighi” – prof. Fiorenzo Catalli La falsificazione nasce contemporaneamente con la moneta; nei secoli gli uomini hanno tentato di difendersi dal fenomeno così come i falsificatori hanno sempre cercato di migliorare la tecnica della falsificazione per poter continuare ad ingannare i primi. In tutto questo, come hanno agito i governi e come si sono difesi? Il Professore F. Catalli, attuale direttore della Sezione Numismatica del Museo Archeologico di Firenze, passerà in rassegna le principali contromisure repressive della frode monetaria dall’età romana repubblica a tutta la fase medievale e parzialmente moderna. I falsi, tra letteratura e realtà – dott. Filippo Fornari Filippo Fornari è collezionista e autore del recente thriller a sfondo numismatico ”La Signora degli Inferi”, incentrato sulle indagini, condotte dai carabinieri del Reparto TPC, su una serie di omicidi legati a un presunto traffico di false monete greche. Nel suo intervento racconta come la realtà, in tema di contraffazioni e di mercato numismatico, gareggi con la fantasia nel dare luogo a vicende che nulla hanno da invidiare alla trama di un libro giallo "La crisi economica e i beni rifugio" - prof. Roberto Panizza. Ieri come oggi, l’argomento sulla bocca di tutti è certamente quello della crisi che colpisce le economie in ogni parte del mondo. Questo cambiamento improvviso viene visto generalmente come una situazione di emergenza ed è proprio in questo contesto che si inserisce il “bene di rifugio”. Panizza è docente di Economia Internazionale presso l’Università di Torino. Filippo Fornari e De Bernardi siederanno poi all'esterno al banco LaMoneta dove potranno incontrare i lettori (il primo) e collezionisti/curiosi/studiosi il secondo. _______________________________________________________________________________ Iniziativa "Ricordati di ME": Durante i due giorni di convegno sarà inoltre proposta una nuova iniziativa che speriamo possa sensibilizzare e in qualche modo contribuire a migliorare il problema della documentazione valida per il "lecito acquisto delle monete". L'iniziativa si chiamerà "Ricordati di ME", ed è concepita per andare ad arricchire la documentazione che il commerciante fornisce insieme alla moneta per attestarne la lecita provenienza/autenticità, fornendo per ciascuna moneta acquistata in quella sede un promemoria di acquisto. Tale iniziativa dovrebbe favorire la vendita (ma anche lo scambio tra privati) trasparente delle monete durante il convegno; l'acquirente dovrebbe avere una tutela maggiore ritrovandosi per le mani un documento di tracciabilità dell'acquisto mentre il commerciante dovrebbe in questo modo attrarre a se un maggior numero di acquirenti. L'iniziativa e la fornitura del "promemoria" su carta è gratuita. Per avere maggiori dettagli sull'iniziativa inserisco di seguito un modulo di esempio e la spiegazione dell'iniziativa in dettaglio: Presentazione Ricordati di ME.pdf CA0001es.pdf Tutti i commercianti che parteciperanno al convegno e intendono aderire possono contattarmi via MP Sono graditi pareri e consigli sull'iniziativa naturalmente!! ______________________________________________________________________________ Altre iniziative: Durante il Sabato 23 Marzo sarà presente come ospite il famoso disegnatore Francesco Corni (www.francescocorni.com) che presenterà il suo ultimo capolavoro "ATLANTE CISALPINO LE CITTA’ ROMANE DEL NORD ITALIA" interamente disegnato ed illustrato dall'autore. (per gli utenti di LaMoneta è previsto uno sconto sul prezzo di copertina). _______________________________________________________________________________ INFO: Sabato 23 marzo: apertura del convegno alle ore 9.00 per il pubblico, orario continuato fino alle ore 18.00; Domenica 24 marzo: apertura del convegno alle ore 9.00, chiusura alle ore 14.00. Organizzazione Sezione Commerciale: Associazione numismatica taurinense, C.so V.Emanuele II, 65 (TO) tel. 011.5621930 fax 011.544856 Organizzazione Sezione Culturale: Ass. Culturale Phalantos e LaMoneta.it (contattare centurioneamico) DOVE SI TROVA: -‎Indirizzo: Jolly Hotel Ambasciatori Corso Vittorio Emanuele II, 104 10121 Torino (TO) - Per ulteriori informazioni sull'Hotel visita il sito: www.jollyhotels.it
    2 punti
  5. Salve a tutti! Ho una richiesta particolare. Sto allestendo il mio studio e vorrei porre sulle pareti 5 gigantografie di 5 giganti della numismatica. Theodor Mommsen; Ernst Justus Haeberlin; Lorenzina Cesano; Laura Breglia; Attilio Stazio, uno dei miei Maestri. Purtroppo sono riuscito, stranamente, a trovare immagini solo del primo e dell'ultimo. Degli altri niente. Qualcuno ha qualche suggerimento di come e dove reperirle? Vi ringrazio. Vincenzo.
    2 punti
  6. buongiorno a tutti... :) ..un altra medaglia di 90mm........buon bronzo....!! :)
    2 punti
  7. .... :blush: :blush: .... non penso che tra i doveri vi sia quello di incensare anche i carciofini!!! :rofl: :rofl: :rofl: :rofl:
    2 punti
  8. Stavo quasi per darti un punto Daniele, a questo punto però mi tiro indietro :blum: ,però proseguo e butto li' il prossimo punto che tratterà della risposta dei pisani che ovviamente non avevano digerito quanto successo e questo sarà.... FIRENZE ( RIFREDI ), 1363 Lasciamo parlare subito una cronaca senese che poi citerò : "feciero loro sforzo quanto poterono e chavalchorono in sultereno dè Fiorentini, sempre ardendo e bruciando in fine alle porti di Fiorenza. E quando furo gionti è Pisani chò la giente presso a Florenza a mezo miglio, è Pisani s'achanporo, e ine stetteno tre dì. E mentre ch'è Pisani vi steteno a chanpo, vi fecero chorire tre pali presso alle porti di Fiorenza. E' l primo palio fu quello a chavallo : e'l sichondo fu quello a piedi e 'l terzo quello che chorseno le putane e meritrici. E chorsi che furo si baterono la moneta in sulle porti, choniata d'un Aquila cho 'l Leone ( simbolo i marcoro le porti chò la dei Guelfi ) sotto a' piedi e furo fiorini e grossi chò l'Aquila cho 'l Leone sotto i piedi. Poi fatto questo fecero enchontra alle porti di Fiorenza un paio di forche e si v'inpicharo suso tre asini per magio dispetto. E ancho inazi che si partisero, molti Pisani feciero la loro arte presso la porta di Fiorenza. E poi inazi che si partisero si marcoro le porti chò la 'npronta, che avevano batuta la moneta, ch'era un'aquila chor uno leone sotto è piedi. E poi quando ebeno fatti molti marchi nella detta porta si partirono è Pisani chò loro esrcito e tornoro a Pisa ". Il luogo esatto dell'evento è identificato dal Villani a Rifredi, siamo nel 1363, a nord-ovest di Firenze e il Villani aggiunge scherzosamente e per maggior oltraggio che i tre somari ricevettero il nome di tre cittadini fiorentini. Giuseppe Ruggero nel 1907 pubblica un tipo appartenente al Re d'Italia, ora a Roma al Museo Nazionale, sostiene che l'aquila ha sotto di sè un animale, che però non sembra in realtà essere un leone. L'emissione di Rifredi dovrebbe essere la moneta pisana con l'aquila coronata con un leone sotto, nei dubbi di tale coniazione aggiungiamo però che il Grierson sostiene comunque : " sembra più probabile che tali monete siano state effettivamente battute, ma non siano state ancora ritrovate ". Ci ritornero' anche dicendo quello che è scritto sul CNI, lasciandovi a questi dubbi passo alla Bibliografia. BIBLIOGRAFIA : Cronaca Senese, ed. A.Lisini e F. Iacometti, nella nuova edizione di Muratori, Rer. Ital. Script., XVI, VI, Bologna, 1931-33,158 Croniche, XI, 63, ed. Trieste, II, 392 G. Ruggero, Monete battute in campo dai Fiorentini e dai Pisani, in RIN XX, 1907,403-406 CNI XI, 345, n.1, tav. XXII,5
    2 punti
  9. E' meglio che la tieni nel caso dovessi andare in Thailandia, oppure usala per il carrello del supermercato, rifilarla a qualcuno per un 2 euro non è la cosa più corretta............ Con me ci provano almeno 50 volte ogni estate a rifilarmi delle patacche così, mi accorgo pure di quando uno lo vuol fare apposta, non sono belle figure, sono cose che ti dicono quanto valga una persona.......2 euro
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  10. Conoscendo Vincenzo direi proprio di no :D
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  11. Mi fa piacere che si sia ripresa questa interessante discussione. Queste coniazioni per dispetto sono molto interessanti perchè dimostrano il "potere della moneta" e quale onta doveva essere all'epoca subire una coniazione del genere nel proprio territorio. Vorrei aggiungere due righe su Riglione ed il grosso con la volpe tratte dall'articolo a firma di Tino Marra (che se non erro era lo pseudonimo del compianto MarioTraina) e pubblicato su Cronaca Filatelica n°78 (settembre 1983) "Una volpe rovesciata ma dal pelo prezioso", poi ripubblicato in "Dieci anni di Monete" del Traina. Oltre ad analizzare alcuni passaggi (e ottimi realizzi) del grosso in questione, il Marra/Traina analizza la volpe, particolare che contraddistingue questa coniazione. Cito testualmente: "Perchè la volpe rovesciata? A sciogliere il mistero, dopo tante chiacchiere e supposizioni, anche le più stravaganti, fu nientedimeno che padre Dante, il grande Alighieri. Il quale nel canto XIV del Purgatorio canta o, meglio, fa cantare a Guido del Duca, descrivendo il corso dell'Arno:< Le volpi sì piene di frode / che non temono ingegno che le occùpi>. Dove il riferimento ai pisani appare scontato. Infatti proprio la volpe era il simbolo di Pisa così come l'aquila era il simbolo dell'Impero. Proprio come la volpe i pisani erano noti ed arcinoti per la loro astuzia e la loro sveltezza". L'articolo segue poi con la vendetta dei pisani e la coniazione a Rifredi del fiorino pisano... ma qui mi fermo non anticipando nulla, in attesa che si parli anche di quest'altra zecca. Aggiungo l'ingrandimento del particolare del grosso da cui spero si possa vedere la volpe che si trova tra le gambe del santo (l'immagine è tratta dall'articolo sopra citato).
    2 punti
  12. ... mi sembra strano che la paga fosse di 4 reali al giorno.... mi risulta che in quel periodo prendessero di meno, almeno nei conti in lire piemontesi... scrivo ciò che srive Romeo in "Vive le Roy de Sardaigne, regiment d'ordonnance national piemont 1793/1800" , una pubblicazione che parla appunto del Reggimento Piemonte.... "... Il soldato riceveva 18 soldi giornalieri, pagati in contanti, in tre rate (decadi): esattamente il primo, l'undicesimo ed il ventunesimo giorno del mese. Con questa cifra il soldato doveva provvedere al vitto ed a eventuali extra come tabacco,vino ed altri beni superflui. Lo statocontribuiva corrispondendo a sua volta : letto,legna per riscaldarsi ed una razione di pane pari a circa 700/800 gr giornalieri...." sempre da quella fonte trascrivo il prezzo di alcuni oggetti di uso comune... pane soldi 3 denari 4 per libbra (3etti e 1/2 circa) vino soldi 8 per pinta (1,36 litri circa) uova soldi 1 denari 2 cadauno lardo soldi 8 la libbra sale soldi 4 la libbra farina frumento soldi 2 denari 6 la libbra farina di meliga soldi 1 la libbra Olio soldi 7 denari 6 per oncia (circa 30 gr) ... questo è un esempio di cosa costavano le cose allora....
    2 punti
  13. Concordo con Francesco... E la prova del nove la faccio io con un altro riferimento di passaggio d'asta dal noto sito, sempre in merito ad un 50 cent. "leoni" 1925 liscio, slabbato MS66, che mi aggiudicai per 125€... Ognuno ha un proprio metro di giudizio (e di spesa), che possa essere giusto o sbagliato, poi è un altro paio di maniche, ma metteteci i fattori emozionali a cui faceva riferimenti il buon @@vwgolf, e di probabile (in)esperienza. Un saluto a tutti
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  14. Salve a tutti, girovagando nei vari forum stranieri a cui do spesso un'occhiata ho trovato una discussione molto simpatica che vorrei proporre anche qui..Alla fine è un gioco, si devono postare monete sempre dell'anno precedente a quella postata prima..Possono essere monete di qualunque stato, basta che siano monete delle vostre collezioni, non si deve saltare neanche un anno e lo stesso utente non può postare più di una moneta alla volta.. Quanto riusciremo ad andare indietro?? :P Non credo che ci siano già monete del 2013 quindi comincio io con questo 5 euro 2012 commemorativo dei 500 anni della presentazione degli affreschi della cappella sistina.. Scusate per le scansioni :) Ora tocca a qualcun altro postarne una del 2011 :D Gaetano
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  15. Credo abbiamo origine etiope, dovrebbero essere delle croci copte.
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  16. Non ho detto di no ; se il regolamento prevederà che i finalisti potranno postare altre immagini, non mancherò :)
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  17. Monete molto belle Linda, veramente complimenti. Mi piace questo bel colore che hanno.. io non ce la faccio a collezionare monete così! Ho il terrore di rovinarle anche solo col pensiero !!
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  18. Si Beppe, week-end decisamente numismatico da segnarsi sul calendario. Era giusto festeggiare in un qualche modo, cultura, numismatica ma anche momento conviviale. Abbiamo cercato di unire più ingredienti che possano interessare, due mostre importanti a Milano in contemporanea entrambe a Palazzo Reale, Il Vero e il Falso, nella versione allestita per Milano e Costantino 313 d.c. che ha una grossa valenza storica, ma anche numismatica per i pezzi prestigiosi esposti, ben 252. Ci accompagneranno nella visita degli utenti del forum e del Cordusio che cercheranno di spiegarci gli aspetti rilevanti e i pezzi esposti. Quindi numismatica e monete esposte finalmente anche a Milano, ma non solo, sarà l'occassione per chi conosce il Cordusio di ritornarci e rivedere il mercato e le sue monete e per chi non lo conosce finalmente di poterlo vedere per la prima volta. Pensavamo per chi lo volesse, di fare uno spuntino veloce insieme, magari vedremo anche al momento, comunque nei paraggi di Palazzo Reale. Abbiamo pensato poi a chi interverrà di dare dei ricordi utili e simpatici a tutti per memoria dell'evento. Un momento di condivisione, di conoscenza, con il mercato del Cordusio sempre in primo piano e la fortuna di due eventi significativi e importanti in contemporanea a Milano, vi aspettiamo allora Cordusiani e in particolare non Cordusiani, è una giornata aperta a tutti, anche a nostri amici, conoscenti, familiari, una giornata di festa per tutti, Mario
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  19. 1 punto
  20. Prendila con le molle... Sembrerebbe un 3 cagliaresi per Filippo III coniato a Cagliari, ma non trovo corrispondenza con la legenda (o con quello che si vede della legenda). Non vorrei si trattasse di uno dei falsi d'epoca di questa moneta...
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  21. I miei complimenti all'amico Illyricum per l'esauriente e notevole opera svolta. Da appassionato dell'esercito di Roma, ed in particolare del tardo impero, non potevo che "godermi" questa "lectio magistralis". Non ho nulla da aggiungere che non sia stato già più che ben sviluppato nel lavoro di Illyricum, pertanto...solo alcune curiosità. In primis, per quanto agli stupendi elmi Berkasovo non posso che invitarvi (ed invitarmi visto che non sono ancora riuscito ad andarci) a visitare la mostra attualmente a Milano dedicata all'imperatore Costantino, dove potrete ammirarli dal vivo. Sempre nell'ambito della suddetta mostra, dovreste trovare esposte anche le parti, a suo tempo ritrovate e restaurate (i soli due paraguance ed il paranuca), di un elmo tardoimperiale che normalmente è conservato ed esposto nello splendido Museo Nazionale di Aquileia (un "unicum" in Italia per questo tipo d'elmi). Potete vederne le foto a questo link : http://www.roma-victrix.com/armamentarium/cassides_berkasovo.htm Le parti d'elmo ritrovate indirizzano, ricostruttivamente, ad un modello molto affine al tipo Deurne. Il nostro Illyricum ha ben evidenziato come l'elmo tipo Deurne sia ritenuto con buona probabilità, una dotazione degli ufficiali appartenenti al corpo degli Equites Stablesiani. La particolarità è che i resti dell'elmo di Aquileia furono ritrovati, se ben ricordo ad inizio dello scorso secolo, presso San Giorgio di Nogaro (per la precisione tra le frazioni di Arrodola Nuova e Malisana, in pieno "ager" di Aquileia), a poca distanza dal fiume Aussa. Orbene, nel 340 d.C., approssivamente in tal luogo, si svolse il noto combattimento, per il potere, tra le truppe dei due fratelli Costante e Costantino II, al termine del quale lo sconfitto Costantino II, poverello, ci rimise le penne ed il suo cadavere fu, senza misericordia ed onore alcuno, gettato "in pasto ai pesci" proprio nell'Aussa. Suggestivo (e non del tutto impossibile) attribuire l'elmo di Aquileia ad un membro degli Equites Stablesiani che accompagnarono e difesero il proprio imperatore (rimettendoci anche loro la vita). Ulteriore particolarità : sempre ad Aquileia è conservata l'epigrafe di un tal Licinio Fulgenzio, qualificato come cavaliere degli Stablesiani e morto annegato. Coincidenza ??? Ed infine un particolare "macabro" sull'elmo di Deurne. Quest'elmo fu ritrovato, nei pressi della cittadina olandese dalla quale trae il nome, in un campo che, in precedenza, era una torbiera. Insieme all'elmo furono ritrovati, oltre ad alcune monete d'epoca costantiniana ed altri reperti (una fibula, uno sperone, campanelli e finimenti per cavallo), anche i resti saponificati della spalla destra, della parte superiore del braccio destra e, nell'elmo, del cervello, appartenuti evidentemente al malcapitato ufficiale di cavalleria degli Equites Stablesiani. Il quale, probabilmente, rovinò a capofitto nella palude e, forse, finì schiacciato dal cavallo senza poter essere tirato in salvo dai suoi accompagnatori, i quali, anzi, nel tentativo ci... "rimisero le scarpe" (infatti sono state ritrovati anche, ben conservati, quattro calzari tipici del periodo).
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  22. Una domanda: Ma tu l'hai vista in mano questa moneta? Dalle foto non si ha mai una idea precisa, e per certe monete (costose) serve invece un'idea precisa per valutare bene l'acquisto. Un saluto, F.
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  23. non credo sia una slittata di conio ma del punzoncino dell'ultima cifra del millesimo in fase di preparazione del conio. fino a pochi anni fa (non saprei se sia ancora così) un punzone dell'intero conio veniva preparato in tutte le sue parti (effigi, legende, etc) omettendo l'ultima o le ultime 2 cifre del millesimo; questo permetteva di utilizzare quel punzone per "battere" conii anche in anni successivi, aggiungendo solamente l'ultima o le ultime due cifre con punzoncini appositi. Per intenderci: veniva preparato il punzone completo ma con data 18; successivamente, direttamente sul conio si battevano le cefre 82 (oppure 83, 84, 85 e così via). Per questo la moneta qui presentata non ha interesse storico: non è un conio del 1881 aggiornato con ribattitura dell'ultima cifra del millesimo, ma è semplicemente il risultato di una maldestra esecuzione.
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  24. scusate...ma il problema dove stà che non lo capisco?? la moneta è autentica e a prescindere se è bella o brutta se piace o meno se la comprereste o meno...il venditore ha applicato il prezzo pieno di catalogo...il compratore (magari uno di quelli che prende alla lettera ciò che dice il catalogo come fosse una bibbia) ha accettato...chiuso...non c'è niente da discutere a mio avviso...ognuno spende i soldi come meglio crede anche io se mi pagassero 400 euro per una moneta che vale al massimo poche decine di euro la cederei al volo senza neanche starci tanto a pensare...non facciamo i moralisti ;)
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  25. La metto io, così facciamo prima, credo le carichi dal cellulare, il formato è strano. Ciao, Giò
    1 punto
  26. Posto gli ultimi ritrovamenti.... Taglio: 2€ Nazione: Spagna Anno: 2005 Tiratura: 3.947.077 Condizioni: BB Città: Conegliano (TV) Taglio: 2€ Nazione: Austria Anno: 2004 Tiratura: 2.500.000 Condizioni: BB Città: Conegliano (TV) Taglio: 2€ cc Nazione: Slovenia Anno: 2011 Tiratura: 971.000 Condizioni: BB Città: Conegliano (TV) Taglio: 50 cent Nazione: Vaticano Anno: 2010 Tiratura: 2.190.704 Condizioni: SPL Città: Conegliano (TV) Taglio: 50 cent Nazione: Vaticano Anno: 2012 Tiratura: 1.604.690 Condizioni: qFDC Città: Conegliano (TV) Taglio: 50 cent Nazione: Irlanda Anno: 2008 Tiratura: 1.122.371 Condizioni: SPL Città: Conegliano (TV) Taglio: 10 cent Nazione: Lussemburgo Anno: 2007 Tiratura: 5.000.000 Condizioni: SPL Città: Conegliano (TV) Taglio: 5 cent Nazione: Grecia - F Anno: 2002 Tiratura: 90.000.000 Condizioni: BB Città: Conegliano (TV)
    1 punto
  27. bella medaglia credo si riferisca alla battaglia di alfonso I°del portogallo contro la propria madre primo passo verso l'indipendenza del portogallo dalla dominazione di castiglia e leon papa alessandro III fu il primo nel 1179 a riconoscerlo re del portogallo di seguito una monetina piu vecchia di un secolo del suo sucessore dinis 1279-1325
    1 punto
  28. 1998 2 sterline del regno unito primo anno di emissione di una moneta bimetallica per la circolazione nel regno unito tuttora circolante come sapete la monetazione bimetallica e` piu` difficile da falsificare pero` forse non tutti sanno che...... una volta ho costretto una banca ad accreditarmi sul conto un 2 sterline rotto in cui si vedeva solo la testa della regina (praticamente il tondello centrale) invocando una legge di fine `500 (di elisabetta I) contro la tosatura o clipping che diceva che una moneta mantiene il suo valore legale fino a che si vede la testa del sovrano la foto non e` mia ma le maneggio tutti i giorni
    1 punto
  29. Buongiorno a tutti :pleasantry: questi deventano rari peso 09 g diam 15 mm
    1 punto
  30. Credo che Vincenzo sia archeologo specializzato in numismatica.
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  31. In appendice al summenzionato articolo vi è un'appendice (senza firma ma del Traina) che riguarda il simbolo di zecca (catene) presente su questo grosso. A voi i commenti.
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  32. @@tartachiara Ciao anche secondo me è una slittata di conio @@BiondoFlavio82 Riguardo agli errori/varianti ognuno è libero di NON dargli importanza ma è un dato OGGETTIVO(scusate il maiuscolo, non riesco a metterlo in grassetto) che negli ultimi 5 anni queste Varianti un plusvalore l'hanno eccome, e guardacaso nelle ultime aste pubbliche vi è sempre qualche esemplare, e spesso proveniente da VECCHIE aste, aste nelle quali, sicuramente non era stato acquisito per piu del valore del fino..... Fate Vobis A proposito, l'esemplare 1882 su precedente 1881, lotto 1230 asta negrini 37, è andato invenduto o ha trovato una nuova collezione?? grazie Sergio
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  33. Da quanto posso vedere dalle immagini la classificazione non è corretta; si tratta infatti di un Muntoni 62 e non Muntoni 66.- La differenza essenziale è nel segno di zecca. La tua moneta riporta, come giustamente segnalato, il segno di Antonio Migliori e quindi è un Muntoni 62, mentre la versione molto più rara è il Muntoni 66 che riporta il segno di zecca di Paolo Sinibaldi. Puoi vedere la schede della moneta qui. Per me è una piccola variante del CNI 10.
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  34. Penso che sia giusto - Side - Pamphilia Gordiano- / Athena con ulivo
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  35. Premesso che andrebbe visto dal vivo, dritto compreso, sebbene era conosciuta la tecnica della fusione multipla, non credo sia questo il caso. Per preparare una doppia matrice (una per il dritto e una per il rovescio) dovevano essere impiegate n monete differenti. Questo perché per poter creare 2 matrici esattamente sovrapponibili occorreva preparare contemporaneamente tutte le impronte. Sul trittico in questione limpronta è la medesima e non si vede traccia di sovrapposizione delle matrici. È insolito ma sembrerebbero coniate... Non escluderei che si possa trattare di una tecnica adottata da una zecca militare itinerante per una mera questione di praticità come avveniva durante l'impero per i sesterzi di barra. É possibile che il trasporto di barre pronte per essere coniate risultasse in qualche modo più comodo o più sicuro rispetto al trasporto di un forziere contenente tondelli già coniati, o semplicemente l'uso della barra rendeva più rapido il processo di coniazione. L'asse della discussione é autentico, come già scritto da molti, le linee di congiunzione delle matrici usate per preparare il tondello sono piuttosto comuni sugli assi repubblicani.
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  36. Ciao, Aspetto il prossimo lavoro, magari incentrato su armi ed armature. ... gli elmi che ho fotografato almeno invoglieranno Illyricum nell'aprire un'altra discussione e così continuare ad affascinarci con notizie interessanti e di non facile reperibilità. Ci penserò, non prometto niente ma le appunto tra i "progetti Forum". A tal proposito bolle qualcosa in pentola con altri utenti e forse dovrò finalizzare il (poco rispetto all'auspicato) tempo libero in questo progetto. Al momento ancora "TOP SECRET" ma in via di formulazione... Ciao e ancora grazie Illyricum :)
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  37. Salve Non ho trovato il topo in questo 'serraglio' e così provvedo con una mia mia dramma di Alessandro Magno.. Macedonian Kingdom, Alexander III AR Drachm (4,31 g). Lampsakos mint, struck 310-301 BC. Head of Herakles right, wearing lion's skin headdress / ALEXANDROU, Zeus seated left, holding eagle and sceptre; mouse in left field. Price 1427 - Müller 654. apollonia
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  38. In realtà la narrazione di Tito Livio lascia alcuni punti oscuri e non sono ben note le città che furono distrutte durante le varie guerre: solo Nesazio è stata riconosciuta in una località su altura sita nei pressi di Pola. Nesazio, oltre ad essere molto probabilmente il maggiore centro degli Istri (Histri), loro capitale regale e religiosa da cui dopo la penisola stessa prese il nome, salì all'onore delle cronache al momento della conquista romana nel 177 a.C.: il castelliere fu una delle ultime sacche di resistenza nella penisola (assieme ai due centri fortificati di Mutila e Faveria, pure essi nella bassa Istria) e sopportò un lungo assedio e la deviazione delle acque che lo rifornivano prima d'essere espugnato e saccheggiato. Prima dell'entrata delle truppe romane buona parte della residua popolazione, tra cui il re histro Epulo (o Epulone) e l'intera sua corte, preferì il suicidio piuttosto che arrendersi e cadere in schiavitù a un nuovo sistema romanizzato da loro visto come barbaro ; i rimanenti sopravvissuti furono quasi tutti ridotti in schiavitù. La vicenda è narrata nel "De Bello Histrico" (andato perduto) e riportata da Ennio nei suoi Annales e da Livio nel Ab Urbe Condita. Pare che ancora successivamente, per sedare una rivolta delle popolazioni istriane non ancora dome, reparti romani guidati dal console Claudio Pulcro occuparono la cittadella e la distrussero nel 129 a.C. La cittadella così sottomessa divenne quindi un munito castrum romano ed in seguito, tornata a fiorire, sarà elevata a municipium autonomo. Ma durante il lungo periodo romano la sua importanza sarà offuscata da quella della vicina città di Pola che i romani eressero a principale centro della penisola. Basilica da Nesactium Resti tempio romano Il centro era posto lungo la Via Flavia, importante strada romana che provenendo da Pola proseguiva oltre l'Arsa lungo la riviera liburnica. È appurato che Nesazio continuò a fiorire nel periodo paleocristiano e bizantino, come testimoniano le rovine di ben due basiliche paleocristiane, riuscendo a resistere e ad opporsi alle prime invasioni in Istria nel V secolo, fu invece duramente colpita dalle successive incursioni dei secc. VII-VIII che la rasero al suolo. (tratto da Wikypedia) Questo in riassunto quello che rimandano le fonti storiche. E finora non erano state individuate presenze romane relative alle campagne militari della conquista romana. Fino ad oggi. Posso annunciarvi che nel 2012 è stato individuato sull’altipiano triestino un insediamento databile in base alla ceramica al II secolo a.C. verosimilmente riferibile alle campagne di cui sopra o almeno al primo periodo di conquista romana. In questo ultimo periodo è uscito un articolo su una rivista internazionale e in questi giorni si sta dando diffusione a livello nazionale. Inoltre, con malcelato orgoglio, posso dirvi di aver portato con un piccolo modesto contributo articolo sulla scoperta (infatti compaio tra gli autori dello stesso). Ma il maggior merito va al Dottor Federico Bernardini, colui che ha avuto l’occhio e l’intuito per insistere nelle ricerche e fare questa importante scoperta. Vi allego alcuni link: L’abstract dell’articolo principale http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0305440312005547 (in inglese) Un articolo della stampa nazionale e uno su quella locale http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/13_gennaio_18/carso-scoperto-antico-accampamento-romano_a54c4cec-6149-11e2-8866-a141a9ff9638.shtml http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/01/20/news/gli-antichi-soldati-romani-accampati-sul-carso-1.6379864 Ciao e grazie per l'attenzione Illyricum :)
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  39. A prescindere dal fatto che immettere denaro circolante aiuti l'economia o meno (potremmo aprire un dibattito ma non è questa la sede), il fatto che secondo te l'iniezione di denaro possa avvenire sia da una zecca riconosciuta sia da una zecca privata (un falsario) dimostra che non hai la più pallida idea di come funzioni un sistema economico. PS: temo comunque che tutti questi messaggi non possano convincerti perchè da come scrivi sei uno di quei complottisti del signoraggio che Grillo anni fa capeggiava (oggi si è dovuto rivedere pure lui, come abbiamo potuto notare).
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  40. traccia di appicagnolo, tentativo di foro e foro otturato da 101 a 160 euro. questa moneta invece ha un R/ devastato e a mio parere vale ancor meno di quei 3 realizzi.
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  41. Di quale file stiamo parlando di preciso?
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  42. Il simbolo della rosa dovrebbe trovare il suo habitat sui tetra di Rodi, non c'è dubbio, ma sappiamo che essa compare anche su un'altra coin-dream di Andrea, il tetra di Menfi. Questo è un altro esemplare di notevole fattura. KINGS of MACEDON. Alexander III ‘the Great’. 336-323 BC. Tetradrachm (Silver, 27mm, 17.19 g 10), Memphis, c. 332-323. Head of Herakles to right, wearing lion skin headdress. Rev. ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΥ Zeus seated left on low throne, holding long scepter in his left hand and, in his right, eagle standing right with closed wings; to left, rose; below throne and to right, ΔΙ Ο. Price 3971. A remarkably fine example of this desirable type. Tone and of the finest style. Extremely fine. Ex Triton VII, 12 January 2004, 142, CNG 38, 6 June 1996, 215 and Leu 48, 10 May 1989, 264. Sold $ 6500. apollonia
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  43. Esatto, anche per me è stato lo stesso, quando si apre l'album e vedo tutte quelle monete accumulate nel tempo mi sale un senso di fierezza :lollarge: credo che questa fierezza sia un sentimento che tutti i collezionisti provino almeno una volta nella vita.
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  44. non si vede lo scettro.... :pardon:
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  45. DE GREGE EPICURI E' vero che raffigura un membro della dinastia Daoguang, ma è una moneta commemorativa, coniata durante il regno dei Ching, quasi 100 anni dopo (mi pare all'inizio del XX secolo).
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  46. esatto c e` il diritto di prelazione e lo stato o un ente di diritto pubblico ha la facolta di comprare il pezzo o il ripostiglio al prezzo di mercato cosa che facilita` l emersione dei ritrovamenti questo e` il 7 ritrovamento importante del 2012 che e` avvenuto nell archeologicamente povera inghilterra quanta roba e` stata trovata ed e` emersa in italia ? meditate gente meditate
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  47. Salve a tutti. L'obiettivo di questo post consiste principalmente nell'analizzare, attraverso una emissione repubblicana di particolare rilievo storico, quella venatura di religiosità di stampo arcaico che coinvolse, in modo più o meno omogeneo, tutto il periodo della Repubblica. Si cercherà di attuare quest'analisi attraverso la disamina di alcune fonti, grazie, cioè, ai maggiori Cataloghi di monete repubblicane degli ultimi due secoli e supportati da recenti articoli giornalistici provenienti dal mondo accademico. I denari in questione (FIGG. 1. e 2.) furono coniati da un certo Publius Accoleius Lariscolus, ignoto alle fonti se non fosse, appunto, per queste monete che ne riportano il nome. FIG. 1. Denario di P. Accoleius Lariscolus, prima variante con copricapo. D/ P. ACCOLEIVS LARISCOLVS. Busto drappeggiato di Diana Nemorensis (?) volto a destra, con capo coperto. R/ Anepigrafo. Triplice statua di culto della dea Diana. Dietro, un boschetto di cipressi (?). Riferimenti bibliografici: Babelon Accoleia 1; Sydenham 1148; Crawford 486/1. Datazione: 43 a.C. Zecca: Roma. Nominale: Denario in AR. FIG. 2. Denario di P. Accoleius Lariscolus, seconda variante senza copricapo. D/ P. ACCOLEIVS LARISCOLVS. Busto drappeggiato di Diana Nemorensis (?) volto a destra con capelli raccolti. R/ Anepigrafo. Triplice statua di culto della dea Diana. Dietro, un boschetto di cipressi (?). Riferimenti bibliografici: Babelon Accoleia 1; Sydenham 1148; Crawford 486/1. Datazione: 43 a.C. Zecca: Roma. Nominale: Denario in AR. 1. Un magistrato poco conosciuto. Come prima cosa, cercheremo di fare un po' di luce su questo personaggio e sul suo operato, passando in rassegna alcuni dei più importanti testi. Partendo dal più antico, veniamo a conoscenza che la gens "Accoleja" risulta "nota dalle sole monete". Infatti, la "storia non enuncia questa famiglia, che sarebbe ignorata senza tale monumento, perchè non menzionata nè da scrittori, nè da' marmi." Grazie, poi, ad un paio di ritrovamenti, uno "del ripostino di Puglia, acquistato dal Fontana, e che vuolsi nascosto nel 711, di Roma" e l'altro "di San Bartolomeo descritto dal Cavedoni", sappiamo che le monete che li componevano "non possono essere state impresse da Accolejo Lariscolo, nel proprio triumvirato monetorio, oltre detto anno 711; ma giammai elevarsi fino al 737 (...)". 1 Quindi, stando a quanto riportato dalla prima fonte, la carriera di Lariscolo come magistrato monetario, e la datazione stessa della moneta in questione, sarebbe da circoscrivere in un lasso di tempo compreso tra il 69 a.C. e il 43 a.C. Difatti, analizzando la seconda fonte, veniamo a conoscenza che questo personaggio "fut monètaire suos Jules Cèsar" e che questa tipologia fu datata dal già ricordato Cavedoni "ver l'an 711 (43 avant J. C.)". 2 Per le nostre fonti, fin qui riportate, non si conosce nessun altro documento che riporti anche solo il nome gentilizio di tale famiglia. Dovremo aspettare la terza fonte di riferimento, risalente alla seconda metà del XIX secolo, per poter avere maggiori informazioni riguardo il monetiere Lariscolo: viene ipotizzato, infatti, che tale "P. Accoleius Lariscolus était avec Petillius Capitolinus, un questeur militaire de l'armèe du Sènat, fonction en vertu de laquelle il put faire frapper monnaie." E nella stessa epoca vengono rinvenuti nuovi riscontri che testimoniano l'attività di tale famiglia Accoleia: "Un texte èpigraphique mentionne un certain L. Acculeius Abascantus; un autre texte du temps d'Hadrien, trouvè à Rome, cite un personnage du nom de P. Acculeius Euhemerus." 3 Da queste seppur scarse e frammentarie notizie siamo in grado di cogliere alcuni elementi utili per la definizione del Nostro. La famiglia a cui apparteneva non doveva essere molto grande. Era quasi sicuramente di origine plebea, forse originaria dell'odierna città laziale di Ariccia e, rispetto alle scoperte di fine Ottocento, non sono noti altri personaggi appartenenti a questa gens. I praenomina maggiormente utilizzati, quindi, furono Publius, riportato per ben due volte, e Lucius, meno usato. I cognomina, invece, sono più peculiari: Lariscolus, Abascantus ed Euhemerus furono, forse, cognomi personali che servivano a denotare una particolarità della singola persona a cui appartenevano, dato che non se ne sono riscontrati simili per via ereditaria. Più in particolare, possiamo dire che il Nostro costituisce un caso più unico che raro nell'ambito della gens Accoleia. Infatti, di Publius Accoleius Lariscolus possediamo più notizie rispetto agli altri due. Sappiamo che fu magistrato monetario in epoca cesariana, più precisamente tra il 69 e il 43 a.C., periodo in cui ricoprì anche un incarico militare che gli consentì di battere moneta, come ci suggerisce il Babelon, la nostra terza fonte. In detto periodo è piuttosto normale che un militare di Cesare coni moneta: si veda, ad esempio, il caso di Lucio Roscio Fabato4, molto simile a quello di Lariscolo. Il ruolo ricoperto dal magistrato per conto della Repubblica e del Senato implicava, quindi, quasi obbligatoriamente, una ripresa, tramite la moneta, delle radici più antiche della religiosità romana, in generale, usata anche da Lariscolo per elevare e celebrare se stesso e la propria famiglia di rango plebeo. Passiamo, quindi, a vedere quali sono questi schemi iconografici che la caratterizzano. 2. Il volto dalla misteriosa bellezza al D/. Al D/, come si evince dalle figure sopra riportate, si scorge un profilo femminile su cui molto si è discusso e sulla cui indentificazione gli studiosi non sono ancora concordi. Andiamo per gradi. Il Riccio, la nostra prima fonte, ci informa che "Gli antichi scrittori di numismatica riferivano la testa di essa a Climene madre di Fetonte" 5, la stessa interpretazione è confermata sia dal Cohen6 che dal Babelon7, ma sembra ormai del tutto superata. Già nel corso della prima metà del XIX secolo, infatti, si era arrivati a congetturare "che la testa femminile sia quella di Acca Larenzia, allusiva al nome Accolejo". L'ipotesi, formulata dal Cavedoni e riferita dapprima dal Riccio, verrebbe confermata sia da Grueber8 che dalla ripresa più moderna della Ceci9. "The cognomen Lariscolus seems to have the same origin as Lariscus, and to be associated with the worship of the Lares (...)". Quindi, "The bust on the obverse has been identified as that of Acca Larentia or Laurentia (...)"10 In effetti, il viso che appare al D/ ci sembra quasi mascolino dietro la sua rigida ieraticità. Ma proprio questa immobilità conferisce alla figura un senso di vivo arcaismo e un cenno quasi esplicito del suo ruolo sacro. La sua femminilità viene comunque espressa dall'acconciatura, che nella tipologia di FIG. 2 è mostrata in tutto il suo preciso ordine, evidente, soprattutto, nella formazione del piccolo "diadema" di capelli riccioluti che viene ad affacciarsi sulla fronte. Nel caso del capo coperto, in FIG. 1, il cappello, o la fascia, può essere un ulteriore indice dell'estrazione sociale della donna raffigurata: assieme al vestito che indossa, Acca/Diana tiene raccolti i capelli come una donna dell'antica nobiltà filo-ellenistica o comunque caratterizzata da un'innegabile raffinatezza di costumi e di maniere. Anche il drappeggio che chiude il busto femminile non è un semplice panneggio: le fibulae tonde sulla spalla e le pieghe fitte consentono la sicura attribuzione dell'indumento ad un chitone per donna di stampo greco (FIG. 3.). Il chitone era l'abito standard nella Grecia antica, una tunica di stoffa leggera in unico pezzo. Per le donne riusciva a raggiungere anche una lunghezza di due metri e copriva tutto il corpo, fino alle caviglie. FIG. 3. Particolare di un vaso greco a figure rosse con la raffigurazione di Europa con Zeus sotto le sembianze di un toro. Notare il chitone che indossa la donna sotto l'himation (il mantello) e il particolare allaccio a fibulae sopra le maniche che partono dalle spalle. Lo stesso tipo d'abito è portato dalla nostra Acca/Diana sulla moneta in questione. Tale leggerezza della stoffa del chitone è resa sulla moneta con la magistrale messa in evidenza dei seni della divinità. Questo particolare, ravvisabile in tutti gli esemplari di P. Accoleius Lariscolus, non si concilia con la rappresentazione iconica di Diana, dea vergine per eccellenza, che, di solito, appare con un seno più giovanile e meno evidente di quanto lo sia quello del busto esaminato. Inoltre, mancano del tutto altri attributi esclusivi della dea cacciatrice. La soluzione più ovvia, a questo punto, consiste nell'accostare il busto che si trova al D/ di questo denario alla figura di Acca Larenzia, passaggio già effettuato a partire dal Cavedoni11 e riportato da tutti gli altri studiosi nelle loro opere. Acca Larenzia, nota anche coi nomi di Larunda e Mater Larum, ha insita nel proprio nome la terminologia di "madre" (acca, nel linguaggio indoeuropeo, ha principalmente accezione di madre). Ci sono varie versioni del mito che ha come protagonista tale donna: una di queste vuole che Acca sia stata un'etera di grande fascino. Ebbe come amanti uno dei più famosi semidei dell'antichità, Ercole, e poi il ricchissimo e anziano Etrusco Taruzio che le avrebbe lasciato tutti i suoi averi dopo la sua morte. A questo punto, Acca Larenzia li distribuì al popolo romano, diventandone subito una delle beniamine candidate alla divinizzazione.12 Tralasciamo la leggenda, più famosa, che vuole la donna come la "Lupa" che allattò i Gemelli fondatori di Roma e chiamata così per il suo stile di vita licenzioso.13 Il nome di Accoleius, poi, si presta ad eventuali, e forse forzosi, accostamenti etimologici con il nome stesso di Acca e il cognomen Lariscolus si avvicina ai Lari, cioè ai figli di Acca divinizzati. Inoltre, abbiamo ora notato che tale cognomen può essere sciolto in Laris + colo, due parole latine di grande significato e attinenti tra loro. Infatti, Laris è genitivo di Lar-Laris, cioè "i Lari", e colo è la voce del verbo colo-is-colui-cultum-ere di terza coniugazione che si può rendere con l'italiano "onorare". Quindi, Lariscolus è colui che onora, nell'accezione di "venerare", i Lari (FIG. 4.), cioè i figli della divina Acca Larenzia. In questo modo si spiegano due cose: l'abitudine di autocelebrazione dei magistrati monetali romani di epoca repubblicana, a cui abbiamo già fatto riferimento sopra, e l'attribuzione del brusto al D/ del denario ad Acca Larenzia piuttosto che a Diana Nemorensis. FIG. 4. Affresco pompeiano proveniente da un "lararium" della città. Ai due lati opposti si notano i Lari (dipinti di dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi) nell'atto di versare del vino dai loro peculiari corni. Al centro, una scena di sacrificio con musico e "victimarii". Nella zona inferiore, due serpenti agatodemoni (genii benigni e propiziatorii) affrontati davanti ad un altare. 3. Fiera staticità al R/. Il R/, forse, è di più facile lettura rispetto al D/. Infatti, la maggior parte degli studiosi è evidentemente più concorde sulla sua attribuzione. Il legame tra uomo e natura è stato sempre intenso nell'antichità e particolarmente sentito per la prima romanità. A figure imponenti e resistenti, quali gli alberi, venivano attribuiti gli spiriti delle divinità più arcaiche e misteriose. E la religione romana non fa certo eccezione. Nei dintorni dell'antica città di Roma, tra l'Oppio e il Celio, si trovava un bosco di querce che confinava proprio con le mura cittadine, costruite, secondo la tradizione, sotto il regno di Servio Tullio. "Non sarà fuor di luogo ricordare che quel monte nell'antichità era chiamato Quercetulano (Querquetulanum, nel testo latino), perchè era ricco e fertile di querce (...)".14 Così lo storico romano Publio Cornelio Tacito descrive il luogo e ce lo tramanda tra i suoi scritti, una delle poche testimonianze a noi giunta della denominazione e dell'apparenza del colle Celio. Tra questo colle e l'Esquilino si trovava un tempietto delle Virae Querquetulanae, cioè dedicato alle Ninfe che, secondo la più antica credenza romana, abitavano il bosco di querce del Celio. Queste tradizioni religiose, quasi spiritiche, appartenevano alla più remota credenza romana, quando le divinità erano semplici entità e non avevano neanche un volto, una consistenza.15 Quale attinenza, dunque, tra il bosco di querce, le Virae appena nominate e il denario di P. Accoleius Lariscolus? Afferma molto sinteticamente il Riccio: "Il dottissimo conte Borghesi vi ravvisò (al R/ di questo denario n.d.t.) le Ninfe querquetulane presidi del luco de' Lari, allusivi al proprio cognome Lariscolo." L'opinione del Borghesi è riconosciuta anche dal Cohen16che riporta, senza aggiungere nulla di particolare, ciò che già enunciò Riccio nel suo catalogo: "L'egualmente dotto professor Cavedoni vi ravvisò pel contrario tre ninfe poste a guisa di cariatidi per sostenere quella traversa ornata da arboscelli." Per il Babelon, invece, l'interpretazione del R/ è una via mezzana delle prime due ipotesi: le tre figure rappresentate sono, sì, le Ninfe Querquetulane del Borghesi, ma colte nel momento in cui reggono una trave su cui sono poggiati cinque alberelli di cipresso, come vorrebbe il Cavedoni. Le varie ipotesi degli antichi studiosi non sono di molta utilità, così dobbiamo procedere attingendo con cautela agli elementi che ci sembrano più veritieri. La composizione del R/ di questo denario, ieratica come il D/ nella sua rigida e statica frontalità, è sicuramente legata in modo inscindibile dal D/ di cui abbiamo appena disquisito. Chi riconosce al D/ il busto di Diana Nemorensis, al R/ riconoscerà giocoforza l'assimilazione della dea sotto le tre forme di Diana, Ecate e Selene. La ripartizione tricorpe di Diana così effettuata era venerata a Nemi nel santuario appositamente costruito. Chi crede a questa ricostruzione vede nella mano destra della figura di sinistra un arco, simbolo esplicitamente riferito a Diana. Ma se, in realtà, siamo di fronte ad una rielaborazione delle statue delle antiche Virae Querquetulanae collegate direttamente al culto dei Lari? Anche in questo caso, come abbiamo visto prima, avremmo un coerente aggancio con il busto di D/ raffigurante Acca Larenzia. Il tutto rimanda al nome del magistrato Accoleius Lariscolus e alla sua famiglia. Sembra, infatti, poco probabile che una raffigurazione di una dea, triplice nella sua forma tricorpe, ma unica in generale, possa essere costituita da tre soli singoli personaggi per di più statici. Dato che nella tradizione antica il numero delle Ninfe non è specificato, chi disegnò tale motivo ne scelse tre per il semplice fatto che questo numero aveva una valenza magico-religiosa che ben si confaceva alla tematica della più remota religiosità romana, quella di Acca Larenzia e dei Lari con le loro Ninfe. Lo stesso significato che poi passò nel mondo cristiano. La trave sulle spalle delle tre statue e la base su cui esse poggiano i piedi potrebbero far pensare che realmente le Ninfe qui riportate fossero delle colonne/cariatidi intagliate nel legno di quercia e poste come colonne del tempio delle Virae che presiedevano al culto dei Lari, figli di Acca Larenzia. Quindi, la rappresentazione del R/ di questo denario non sarebbe altro che la stilizzazione del fronte di un antico tempio romano. Notiamo, poi, che le tre figure portano abiti differenti: la prima, quella a sinistra, ha un drappo che dalla spalla sinistra scende trasversalmente fino al lato destro del fianco; le altre due portano abiti uguali e rigidi, con una ripresa della stoffa sotto il petto per creare delle pieghe decorative che scendono dritte verso il basso. Quindi, in base a questo particolare da noi notato, forse per la prima volta, possiamo affermare con una certa sicurezza che le tre figure non costituiscono la Diana tricorpe di Nemi, bensì tre divinità nettamente distinte le une dall'altra, che, insieme non formano un unico corpo come dovrebbero fare nel caso di Diana Nemorensis. In quest'ultimo caso, le tre figure dovrebbero essere tutte uguali. Ultimo particolare che condurrebbe all'identificazione delle tre figure con le suddette Ninfe: i fiori che reggono le statue/colonne alle due estremità non sarebbero altro che il risultato di un'usanza romana secondo cui, due volte all'anno, si provvedeva ad ornare con fiori di vario genere i templi dei Lari e delle loro custodi, le Virae. Tale tradizione, andata perduta gradualmente con l'avvento di nuovi culti, ritornò in auge sotto Augusto. Credo che, almeno per ora, la nostra analisi riguardo questa particolare moneta sia ormai giunta al termine. Prima di concludere, però, vorrei lasciarvi due curiosità sempre restando in tema: FIG. 5. Denario ibrido: Obverse type of Man. Acilius Glabrio, reverse type of P. Accoleius Lariscolus. Denarius, 3.28g. (h). After 43 BC. Obv: Head of Salus right, SΛLVT behind. Rx: Three statues of nymphs standing facing. Cf. Crawford 442/1b (obverse) and 486/1 (reverse). Ex Phillip Davis Collection . Notare che, nonostante lo stile più approssimativo, al R/ sono visibili dei tronchi veri e propri tra gli intercolumni formatisi tra le cariatidi delle Ninfe. Ciò potrebbe avvalorare l'ipotesi che collegherebbe le tre figure al bosco sacro dei Lari sul Celio. Tale particolare, però, è completamente assente nei conii di P. Accoleius Lariscolus: siamo davvero di fronte ad un ibrido? FIG. 6. Particolare del D/ di un denario della tipologia di cui abbiamo finora parlato. Si noti la particolarità nella legenda di LARISCOLVI. ____________________________ 1 Gennaro Riccio, Le monete delle antiche famiglie di Roma fino allo Imperadore Augusto inclusivamente co' suoi zecchieri dette comunemente monete consolari etc. etc. seconda edizione, Napoli 1843. 2 Henry Cohen, Description gènèrale des monnaies de la Rèpublique Romaine communèment appelèes mèdailles consulaires. Paris-Londres, 1857. 3 Ernest Babelon, Description historique et chronologique des monnaies de la Rèpublique Romaine vulgairement appelèes monnaies consulaires. Tome premier. Paris-Londres, 1885. 4 Morto proprio nel 43 a.C., durante la battaglia di Modena, in cui combattè nelle file dell'esercito senatorio contro Marco Antonio, come ipotizzato dal Babelon per il nostro Accoleio Lariscolo, fu questore o legato di Cesare durante la conquista della Gallia e dal 54 a.C. magistrato monetale. Roscio Fabato, quindi, trova moltissimi punti in comune con Accoleius Lariscolus e la sua vicenda potrebbe non essere molto dissimile. 5 G. Riccio, Op. cit., p. 3. 6 H. Cohen, Op. cit., p. 4. 7 E. Babelon, Op. cit., p. 99. 8 H. A. Grueber, Coins of the Roman Republic in the British Museum. Volume I, London 1910. In particolare, vedi la nota numero 1 alla pagina 569. Le varianti di tale denario sono descritte ai numeri compresi tra il 4211 e il 4214 alle pagine 569-570. 9 Francesca Ceci è archeologa presso la Direzione dei Musei Capitolini di Roma e si è occupata spesso di numismatica antica, in particolare romana, e dei risvolti storico-ideologici delle iconografie ivi riportate. In merito al denario che stiamo analizzando, la studiosa si sbilancia a favore della tesi del Grueber, di cui ne ricalca fedelmente i punti principali senza aggiungere nulla di nuovo. Ceci, come il Grueber, crede che il busto appartenga ad Acca Larenzia piuttosto che a Climene o Diana Nemorensis. 10 H. A. Grueber, Op. cit., p. 569, nota. 11 G. Riccio, Op. cit., p. 3. 12 Macrobio, Saturnalia, I, 10, 12-15; Plutarco, Vita di Romolo, 5, 1-3. 13 Livio, Ab Urbe condita, I, 4; Lattanzio, Divinae institutiones I, 1, 20. 14 Tacito, Annales, IV, 65. 15 L'abitudine di raffigurare le divinità con fattezze umane fu importata a Roma dalla Grecia che l'aveva trasmessa anche alla vicina Etruria. 16 Borghesi "croit que les trois figures du revers sont trois nymphes qui prèsidaient au bois sacrè des Lares."
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  48. Questa moneta dovrebbe essere un Dollaro in ,copper e nichel, Cinese, della dinastia di Daoguang che regnò in quel periodo che c'è scritto sopra 1821-1850. Dovrebbe pesare circa 20 grammi e di diametro circa 39 mm. Non dovrebbe valere quasi niente, penso al di sotto di 6 euro. Su questo link se ti interessa puoi leggere la storia della dinastia etc. Un saluto. http://www.drben.net/ChinaReport/Sources/History/Qing/Descendancy_Summary_Qing_Dynasty_1644-1911AD.html
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  49. E' una domanda più che lecita che mi sento di condividere. In uno stato di diritto, garantista, quale il nostro dovrebbe essere, la presunzione d'innocenza deve essere al primo posto fino a prova contraria o finchè non lo stabilisca un giudice. Pensare che siano tutti delinquenti ha portato tante brave persone a trovarsi in situazioni che dire kafkiane è dire poco. E il nostro Antonio è solo l'ultimo caso.
    1 punto
  50. Noto con molto piacere che questa discussione ha avuto molte visite e molte preferenze da parte di molti lamonetiani e questo mi gratifica. La moneta di oggi è: NAPOLI CARLO DI BORBONE(1734-1759) 5 Grana o Mezzo Carlino 1756 AG D/Busto del Re a destra;attorno CAR D G VTR SIC REX,sotto I A R/L'Abbondanza che sparge monete;ai lati M M Il contorno reca trecce in rilievo PANNUTI E RICCIO 46 CNI 133 Questa piccola moneta è trascurata dai collezionisti di monete napoletane ed oggi voglio renderle l'onore che merita,postandola in questa discussione. La foto è stata presa dall'asta n°92 della casa d'aste belga JEAN ELSEN & SES FILS SA ,il lotto era il 1196 Carlo di Borbone (Madrid, 20 gennaio 1716 - Madrid, 14 dicembre 1788), figlio di Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese duchessa di Parma e Piacenza. Fu duca di Parma dal 26 febbraio 1731 al 1735 con il nome di Carlo I di Parma, Re di Napoli e Sicilia dal 1735 al 1759 con il semplice nome di Carlo (era Carlo VII secondo l'investitura papale, ma volle, in opposizione a questa, proclamarsi Re "senza numerazione specifica" per marcare una discontinuità sia con il regno angioino che con il precedente Vicereame spagnolo), fu infine Re di Spagna dal 1759 al 1788 con il nome di Carlo III di Spagna. Viene talvolta anche designato erroneamente come Carlo III di Napoli, sebbene questo titolo spetti in realtà al molto precedente Carlo d'Angiò-Durazzo, Re d'Ungheria col nome di Carlo II e Re di Napoli dal 1382 al 1386 col titolo, appunto, di Carlo III di Napoli. È ricordato principalmente per il suo periodo come Re di Napoli, in quanto fondatore della dinastia borbonica a Napoli e Sicilia e in quanto riuscì a "donare" al regno l'indipendenza dopo oltre due secoli di dominazione straniera, prima spagnola e poi austriaca. Carlo di Borbone, già con la nascita risultò essere pretendente da parte di madre (Elisabetta Farnese era nipote di una Medici) ad uno stato italiano che comprendesse il Ducato di Parma e Piacenza ed eventualmente anche i domini dei Medici, in caso di estinzione del ramo diretto. Elisabetta riuscì a garantire al figlio il Ducato di Parma nel 1732, sotto la tutela della nonna; nel frattempo l'anno precedente Carlo si era dichiarato "gran Principe ereditario" del Granducato di Toscana, essendo ormai certa l'estinzione di Casa Medici, e Gian Gastone de' Medici, ultimo Granduca ancora vivente, ne fu nominato co-tutore. La sua storia cambiò a causa dell'inizio della Guerra di successione polacca: infatti Elisabetta mise il figlio a capo di un esercito in Italia e lo inviò alla conquista del Regno di Napoli, dal 1707 in mano agli Asburgo. Il 20 gennaio 1734 Carlo si dichiarò "maggiorenne" (cioè fuori tutela) iniziando così la sua marcia verso Napoli. Da Monterotondo lanciò un proclama di Filippo V ai napoletani e il 10 maggio fece il suo ingresso in città. Alcuni giorni dopo giunse da Madrid l'atto con cui Filippo V cedeva al figlio tutti i diritti regali sul Regno conquistato. Napoli ebbe così di fatto, dopo oltre due secoli di dominazione straniera, nuovamente un "proprio" Re. Successivamente, il 25 maggio 1734, Carlo sconfisse definitivamente gli austriaci a Bitonto, conquistò poi la Sicilia e il 2 gennaio 1735 assunse il titolo di Re di Napoli "senza numerazione specifica"; in luglio venne incoronato a Palermo anche Re di Sicilia. Nel frattempo, con decreto dell'8 giugno 1735, provvide ad istituire un nuovo organo con funzioni consultive e giurisdizionali: la Real Camera di Santa Chiara. La fine della Guerra di successione polacca nel 1738, se da un lato "formalizzò" la conquista dei regni di Napoli e Sicilia, d'altro canto comportò la conquista del Ducato di Parma e della Toscana da parte asburgica (la Toscana passò definitivamente agli Asburgo-Lorena, mentre il Ducato sarebbe stato affidato, con la Pace di Aquisgrana del 1748 (che pose fine alla Guerra di successione austriaca), al fratello minore di Carlo, Filippo, che dava così inizio alla casata dei "Borbone di Parma"). Nel frattempo, a Napoli, Carlo governava mediante un Consiglio di Stato composto da ministri voluti dai genitori, e quindi influenzati da Madrid (tra questi il Conte di Santisteban, il Marchese di Montealegre, Bernardo Tanucci, il Brancaccio). Durante la Guerra di successione austriaca, Carlo mandò nel 1742 un esercito in Lombardia in aiuto dei franco-spagnoli (dove regnavano gli altri "rami" della famiglia Borbone), ma quando una flotta inglese apparve nel golfo di Napoli minacciando di bombardare la città decise di ritirare il corpo, suscitando le ire di Parigi e Madrid. Poté riscattarsi nel 1744, quando sconfisse un esercito austriaco a Velletri, ponendo fine per sempre alle pretese austriache su Napoli. Con la fine di questa guerra il Regno iniziò realmente ad essere indipendente a tutti gli effetti. Ciò divenne ancor più chiaro nel 1746, con la morte di Filippo V di Spagna e con la messa in disparte dei ministri maggiormente legati a Madrid. A questo punto le uniche minacce al Regno erano di carattere "dinastico". Infatti Carlo era destinato a succedere al fratellastro Ferdinando VI sul trono di Spagna, in quanto questi era senza eredi maschi e le grandi potenze, con la Lega di Aranjuez e il Trattato di Vienna, avevano stabilito che il Regno di Napoli passasse al Duca di Parma e Piacenza Filippo di Borbone, e i due Ducati venissero divisi rispettivamente tra l'Austria e i Savoia. In pratica, Carlo rischiava, per salire al trono di Madrid, di perdere il regno appena conquistato. Carlo lavorò perché ciò non accadesse: e in effetti vi riuscì, favorito da situazioni internazionali. Dopo cinque figlie femmine, la moglie Maria Amalia di Sassonia gli diede il primo maschio, purtroppo incapace mentale; ma poi vennero altri quattro maschi (Carlo Antonio, Ferdinando, Gabriele e Francesco Saverio), e in tal maniera la successione fu assicurata. Quando nel 1759 morì Ferdinando VI di Spagna, Carlo gli successe sul trono di Madrid con il nome di Carlo III e, rinunciando alle corone di Napoli e Sicilia, le assegnò al terzogenito maschio Ferdinando, di soli otto anni (il secondogenito Carlo Antonio lo seguì infatti in Spagna come erede al trono). Ciò era già previsto dalle norme ereditarie borboniche; Carlo avvalorò tale divisione promulgando la prammatica sanzione del 6 ottobre 1759 con la quale egli, divenuto Re di Spagna, sanciva definitivamente la divisione delle due case reali. La reggenza venne affidata a otto ministri, fra cui il Tanucci, primo ministro e ministro degli esteri, ma sempre sotto il controllo di Carlo dalla Spagna. Gli ultimi anni della sua vita saranno amareggiati dalla discordia con il figlio a Napoli, ed in particolare con la nuora, Maria Carolina, figlia dell'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo, decisa a limitare l'influenza spagnola (e quindi di Carlo di Borbone) nella corte di Napoli. Fra le iniziative commerciali, per sollevare il Regno dalle difficili condizioni economiche, Carlo istituì la Giunta di Commercio, intavolò trattative con turchi, svedesi, francesi e olandesi, istituì una compagnia di assicurazioni e prese provvedimenti per la difesa del patrimonio forestale, cercò di cominciare a sfruttare le risorse minerarie, istituì consolati e monti frumentari. Oggi sono per noi visibili soprattutto molte delle sue realizzazioni nel campo dell'edilizia pubblica, in particolare a Napoli, che tendevano a fare di questa città una capitale ai livelli europei. Tra queste sicuramente vanno annoverate il restauro del Palazzo Reale di Napoli e la costruzione della splendida Reggia di Caserta, la Reggia di Portici, il Teatro San Carlo (realizzato in 270 giorni), il Palazzo Reale e il bosco di Capodimonte, il restauro di numerosi porti. Sono da ricordare inoltre il Real Albergo dei Poveri a Napoli, con cui si voleva dare un tetto ed un'occupazione a tutti i poveri del Regno, la creazione della fabbrica di porcellane di Capodimonte, il forte militare del Granatello, la creazione, praticamente da zero, dell'esercito nazionale e della flotta. --Salutoni -odjob
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