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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 07/05/14 in Risposte
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Questa mica l'ho capita.....cosa vorrebbe sapere degli altri ? Poi, si concorre alle aste per acquisire monete o informazioni su altri collezionisti ???6 punti
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Penso che questo tipo di discussioni ci porti sempre a valutare con poca obiettività quello che realmente accade in Italia in tema di monetazione antica. Personalmente propongo sempre materiale classico, mai grandi cose è vero (quelle ce le fregano le ditte estere...) ma greche e romane sono sempre presenti in asta. Le metto in catalogo, spedisco il cartaceo in sovrintendenza e quando è il momento faccio le relative domande di esportazione. Devo lottare con la burocrazia e, a volte, anche con certe teste di legno che vorrebbero impedire l'uscita di monete di poco conto, ma non vedo un clima così di caccia alle streghe come qualcuno dipinge..... Certo, il materiale è soggetto a maggiori controlli (chiedono anche le provenienze) ma non mi aspettano dietro la porta con bastoni e forconi, nè mi seguono fino a casa per vedere se la sera vado in giro col metal anzichè a correre per cercare di sciogliere il girovita. Può capitare a tutti di pestare una cacca, così come può capitare di ricevere certe visite. Bello non è, ma se siamo dalla parte della ragione e rispettiamo la legge non abbiamo nulla da temere.4 punti
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Il Paciaroni nel suo libro sulla zecca di Sanseverino (1996) cita Guido Antonio Carmaiani che in una tariffa ricorda i «ducati, i quali si contrafecero a San Soverino del conio di Vinegia» e che a suo dire «vogliono buono occhio a conoscerli…». Dunque Sanseverino conosciuta per i falsi e con uno statuto del Comune (1426), sempre a dire di Paciaroni, molto severo in proposito di falsificazioni. Infatti la pena per i fabbricatori di moneta falsa consisteva nell’essere arsi al rogo, oltre al sequestro della cosa ove l’officina clandestina aveva avuto luogo. Ma non solo, pene anche per gli spacciatori di monete false. Si pensi che chi fosse stato sorpreso a spacciare moneta falsa, se questa fosse risultata superiore alla quantità di venti soldi, avrebbe dovuto pagare una multa di duecento libre, ovvero 4000 soldi. E oltre al già citato Giovanni di ser Nicolò, nella città marchigiana venne arrestato Piergentile Varano, signore di Camerino, coll’accusa di aver falsificato moneta.3 punti
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Caro @@dabbene, hai toccato un argomento che, come ben sai mi affascina da sempre! Sono così affascinato perchè ritengo che per molti aspetti e in tanti casi la falsificazione può essere considerata quasi un'arte. Come avete giustamente scritto a più riprese, la falsificazione esiste da sempre e sarà sempre così; nel tempo si è certamente evoluta producendo pezzi sempre più "pericolosi". Per moltissimo tempo, almeno sino alle produzioni del Cavino, sono esistite probabilmente solo le falsificazioni della moneta di scambio mentre, dai "padovanini" in poi, si iniziano a falsificare anche le monete da collezione. Osservando i falsi d'epoca probabilmente molti di noi sorrideranno mentre immaginano come, monete talvolta tanto rozze, possano in qualche modo aver ingannato gli antichi possessori. Ricordo ad esempio un asse di Traiano dove, al posto della corona laureata, l'improvvisato falsario ha inciso una bella corona radiata trasformando così il nominale da un asse in un nominale da un dupondio raddoppiandone il valore. Certo la frode è immediatamente individuabile ma, cosa sarebbe accaduto se il falsario avesse spacciato il falso dupondio, insieme ad altri autentici, in un rapido acquisto? Anche alcuni euro falsi ottenuti oggi per fusione sono decisamente brutti, eppure riescono ancora a passare di mano in mano con il solito trucchetto del pagamento multiplo. Bisogna poi pensare che probabilmente, come spesso accade ancora oggi, il malcapitato appena truffato, tentasse a sua volta di rifilare il pezzo falso nel tentativo di recuperare il suo denaro. Il salto di qualità avviene indubbiamente con i falsi delle monete da collezione. Per questo tipo di produzioni intervengono infatti i migliori artisti d'Europa e poi del mondo. Gli autori dell'epoca ci hanno tramandato i nomi dei più illustri e indubbiamente dei più bravi (Domenico Sestini in alcune delle sue opere denuncia i nomi dei falsari a lui contemporanei che, a vario titolo, riproducono le principali monete antiche e da collezione), ma certamente altri sono rimasti e rimarranno anonimi. I falsari più quotati dovevano certamente avere qualità artistiche e nozioni metallurgiche e chimiche all'avanguardia; tra questi molti erano orefici. E' assolutamente vero che il falsario doveva essere una persona assai erudita e benestante, ma queste qualità da sole non erano sufficienti. I migliori falsari infatti disponevano di una buona rete di commercianti e numismatici compiacenti i quali erano fondamentali per smerciare per buoni i pezzi fraudolenti. Quando poi il falsario veniva scoperto, molto spesso questo si difendeva sostenendo di aver operato sempre in buona fede producendo copie dichiarate e vendute come tali mentre, altri (i commercianti compiacenti) avrebbero venduto per buone e a sua insaputa i pezzi falsi. E' quello che accadde ad esempio per Becker ma lo stesso si sostiene talvolta per Cavino... la verità non la sapremo mai. Altre volte invece il falsario e la sua cerchia non si sono dimostrati all'altezza e, nonostante abbiano anche prodotto copie di discreta fattura, sono stati rapidamente scoperti per via di errori di copiatura fatti dall'incisore supportato da un numismatico poco competente. E' il caso del falsario greco Christodoulos i cui prodotti furono addirittura pubblicati dal museo di Atene per mettere in guardia i collezionisti. I falsari del '900 hanno indubbiamente raggiunto livelli tecnici impressionanti. Mentre i collezionisti imparavano a riconoscere i difetti tipici dei falsi più vecchi, nascevano produzioni perfezionate e prive di quei difetti oramai "bruciati". Con l'invenzione della microfusione i difetti più grossolani si riducono e questa nuova generazione di falsi entra in tutte le collezioni per non uscirne più. Oggi, periodo di crisi economica globale, le collezioni vengono vendute e questo è uno dei motivi per cui il mercato è nuovamente invaso dai falsi.Contemporaneamente, la possibilità di acquistare intere collezioni a prezzi vantaggiosi fa abbassare la guardia e, inevitabilmente, si finisce per acquistare anche qualche falso anche di ultimissima generazione. Come ho scritto negli Atti del Convegno di Torino, per il falsario è fondamentale sfruttare l'aspetto psicologico al fine di rendere il falso più appetibile deviando così l'attenzione dai possibili difetti di produzione. Ecco che le monete vengono etichettate come "provenienti da vecchia collezione". I falsari più abili del '900 provengono indubbiamente dalla Sicilia dove, in alcuni casi, possiamo parlare di veri e propri geni che hanno studiato nei minimi particolari l'aspetto delle monete antiche autentiche, compresi i difetti di coniazione, i difetti provocati dalla corrosione, etc. Oggi la tecnica consente di ottenere produzioni di qualità altissima che però richiede sforzi tecnologici e quindi economici enormi. Ancora una volta il falsario ha bisognoo di essere circondato da un fidato gruppo in grado di produrre e smerciare il falso. Sempre oggi, la tecnica consente di smascherare la maggioranza di questi falsi ma, il falsario conosce inevitabilmente anche queste tecnologie ed è alla continua ricerca di metodi per contrastare eventuali ispezioni. Dunque appare impossibile immaginare un mondo senza falsi e, soprattutto senza falsari. PS: per gli esperti della cartamoneta, mi pare di non aver letto nulla sopra a riguardo, chi ci racconta la storia del falsario altruista Paolo Ciulla di Catania?3 punti
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Sarà ma non ci vedo tutta questa trasparenza, nè condivido il metodo di assegnazione, in stile ebay. A) lo scarto tra l'offerta vincente e quella appena successiva doveva essere maggiore e pari ad uno scatto (10%?, 10 euro?). Certo fa piacere vedere che si è vinta l'asta con l'aggiunta di un solo euro, ma pensiamo anche a chi è arrivato secondo......a me girerebbero un pelo. B) se non ho la possibilità di verificare ciò che mi scrivono, la veridicità delle offerte che mi dicono essere arrivate, devo necessariamente fidarmi della casa d'aste, giusto ? E allora cosa cambia rispetto al sistema tradizionale ? Nulla.....3 punti
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Esiste un luogo a Roma , anomalo nel suo genere , che sicuramente conserva come in uno scrigno segreto e nascosto agli occhi degli uomini antichi e moderni , innumerevoli tesori in oggetti e marmi in generale che furono a lui affidati o presi di prepotenza dalla sua natura a volte distruttrice , come ad un vecchio padre premuroso , affiche’ li conservasse preservandoli dagli effetti nocivi di assedi , saccheggi e distruzioni quali Roma dovette ripetutamente subire dal V secolo della nostra era fino al XIX secolo . Partono fin dal Medio Evo le notizie vere o false , del ritrovamento nel letto del fiume Tevere , l’antichissimo Albula , poi Thibris o Rumon , di incredibili tesori , quali ad esempio il fantasioso ritrovamento del candelabro a sette braccia il cui destino è tuttora oscuro , era fatto interamente d'oro massiccio di un sol blocco, venne con molta probabilità portato a Roma quando Tito conquistò Gerusalemme nel 70 , come testimoniato da una raffigurazione scultorea nella volta interna dello stesso Arco che sovrasta la sommita’ della via Sacra . Secondo alcune testimonianze non confermate, il candelabro è rimasto a Roma fino al sacco di Roma ad opera di Genserico , finendo poi , dopo alterne vicissitudini a Costantinopoli , da qui in poi se ne perdono le tracce (sotto un disegno) Tornando al nostro argomento , Rodolfo Lanciani ci tramanda che in occasione dei dragaggi del letto del fiume nel 1877 per la costruzione dei possenti muraglioni , che incanalano il Tevere impedendogli di nuocere alla Citta’ con le frequenti inondazioni invernali , ma snaturandone l’ antica bellezza , vennero portati alla luce una incredibile quantita’ di oggetti di valore , dalle statue di bronzo che ornavano sia la Citta’ sia i parapetti degli antichi ponti , capolavori del’arte antica , affinche’ non cadessero in mani nemiche , fino ai piccoli oggetti di valore , di uso personale . A dimostrazione della ricchezza storica conservata nel Tevere , furono incredibilmente trovate anche punte di frecce preistoriche , fino alle armi da fuoco usate dai Romani per scacciare i Francesi da Roma nel 1849 . Occorre precisare che tutti questi ritrovamenti furono solo occasionali e superficiali , cioe’ furono rinvenuti senza cercare , ma solo in conseguenza della grande opera ingegneristica dei muraglioni , le draghe non andarono in profondita’ nel letto del fiume Tevere che al massimo raggiunsero la profondita’ di circa 2,70 metri , se invece per cercare volutamente reperti si raggiungesse la profondita’ sotto il letto del fiume di 8/10 metri , chissa’ quali tesori dell’antichita’ tornerebbero alla luce del Sole e a rallegrare gli animi . Veramente sempre Lanciani ci racconta che solo in due occasioni si raggiunse la profondita’ di oltre 10 metri sotto il letto del Tevere , esattamente a Ponte Garibaldi e a Ponte Sisto , in entrambe le occasioni fu raccolta una ingente quantita’ opere d’arte e di oggetti antichi . Praticamente tutti gli oggetti grandi e piccoli e di qualsiasi natura , recuperati dal Tevere sono in uno buono stato di conservazione , essendo l’ acqua dolce molto meno nociva di quella marina , inoltre il seppellimento veloce dovuto al limo e all’ argilla presenti nel letto , faceva si che gli oggetti caduti nel fiume non si allontanassero molto a causa della corrente del fiume dal luogo di caduta , fu calcolata al massimo una distanza di 500 metri che rapportata a circa 2000 anni e’ irrisoria , inoltre questi due elementi del letto isolano sia il metallo sia il marmo dalla ossidazione e corrosione preservandone anche il colore , tipiche sono le monete in bronzo trovate nel fiume , specialmente i grandi sesterzi , che non assumendo patina , mantengono il colore quasi originario dell’oricalco , oggi chiamata “patina fiume” forse tra le piu’ rare , ricercate e affascinanti . Tra le opere statuarie in marmo recuperate in quella occasione , forse la migliore fu una statua di Apollo arcaico che oggi e’ esposta in una sala del Museo delle Terme di Diocleziano a Roma ( sotto la foto ) , per le statue in bronzo la piu’ bella e affascinante recuperata fu quella di Bacco , anch’essa conservata nello stesso Museo ( sotto la foto ) In prossimita’ di Ponte Sisto o in antico Ponte di Agrippa o di Valentiniano e Valente dopo il restauro da loro eseguito nel 367 , uno dei ponti antichi che unisce il Gianicolo Trastevere al Campo Marzio , furono trovati sulla sponda sinistra resti di un’ Arco trionfale eretto nel 367 d.C. in onore degli Imperatori Valentiniano e Valente insieme a frammenti di una colossale statua in bronzo che ornava l’Arco ; inoltre fu trovata una iscrizione datata al tempo di Vespasiano ed un’altra del tempo di Valentiniano e Valente in cui descriveva il Ponte essere stato ricostruito tra il 366/367 da L.Aurelio Aviano Simmaco prefetto della Citta’ ; furono trovate anche monete , terrecotte , frammenti di statue , bassorilievi in marmo , pezzi di una enorme iscrizione che in origine doveva essere lunga quanto il Ponte , circa 100 metri , insieme a pezzi architettonici del Ponte . Successivamente in occasione della costruzione del piu' recente Ponte Garibaldi , poco piu’ a valle di Ponte Sisto , fu trovata una splendida statua in bronzo rappresentante Bacco , gia’ menzionata sopra , a 11 metri sotto il letto del fiume , in piu’ una Patera in bronzo del diametro di 60 centimetri lavorata a sbalzo che probabilmente doveva fare parte di un' altra enorme statua in bronzo li' giacente o nelle vicinanze del Ponte e inoltre una grande quantita’ di monete antiche romane e medaglie antiche papali . Una cosa e’ certa , in base alle varie migliaia di testimonianze relative ai meravigliosi ritrovamenti archeologici avvenuti in tutte le epoche , alle testimonianze degli antichi storici relativi ai monumenti che ornavano la Citta’ e ai poeti antichi che decantavano le bellezze dell’ Urbe al massimo del suo splendore nel IV e V secolo , possiamo credere a quel personaggio storico , di cui pero' non ricordo il nome , che scriveva Roma essere popolata da Dei , non da uomini , tanto era lo splendore , la bellezza e la ricchezza dell’ Urbe di cui noi oggi non possiamo immaginare praticamente nulla . Per concludere questa brevissima esposizione dei tesori del Tevere , si comprende bene quali e quanti tesori siano ancora nascosti sotto il letto del fiume in quanto le grandi quantita' di oggetti trovati nel passato furono solo occasionali , non cercati , semplice conseguenza di lavori eseguiti negli argini del fiume ; chissa’ mai se un giorno si decidera’ di dragare sistematicamente almeno il tratto cittadino del fiume , sicuramente il costo dell’opera verrebbe ripagato abbondantemente dal valore archeologico e artistico dei reperti recuperati dal "Padre Tevere" , andando ad arricchire le collezioni dei Musei cittadini e il patrimonio nazionale .2 punti
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http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/04/foto/rostro-90639083/1/#12 punti
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Per me no......i documenti sono chiari, se loro definiscono queste del 57 medaglie "staordinarie" da 3 ducati ....non ci siamo; il Gaudioso si è accodato al Mortillaro, che è stato l'unico che ha fatto qualche ricerca su queste medaglie.......ma non sò dove abbia preso la notizia dell' esistenza di medaglie da 3 ducati.......c'è anche da dire che nel suo scritto egli dice che una sua medaglia (per intenderci sempre del 57) può avere...quindi non è certo. Come fanno ad essere queste (del 57) da 3 ducati e quella di Aliotta allora........da quanti ? le medaglie sono le stesse e quindi sono tutte da 10 Ducati con il conio fatto dai Fratelli Costanzo Le carte non dicono questo (medaglie da 3 ducati), il decreto iniziale cita di medaglie d'oro da 20 Once e d'argento da 3 Once e 10 Tarì Ho avuto conferma da questo documento: Suprema risoluzione nr. 2514 del 14 maggio dell'anno 1834, che approvava: “per le medaglie della solenne esposizione delle opere delle industrie fosse fatto il conio dai Fratelli Costanzo per once 140”; la medaglia è quella riportata dal Ricciardi al numero 231 del suo lavoro “edizione 1930” recante la seguente descrizione: Dr/ FERDINANDO II DELLA SICILIANA PROSPERITA’ RESTITUTORE; effige imberbe del re rivolto verso sinistra. Rv/ Ghirlanda di quercia e nel campo il nome del premiato con la data. Il Mortillaro credo sia stato tratto in errore da un'altra medaglia che riferisce di aver acquistato e cioè quella per l'assunzione al trono di Ferdinando II nel 1830 e che reca al rovescio la legenda incisa: Esposizione d'incoraggiamento arti e mestieri con la data sovrapposta 1857 e gli da un valore di 10 ducati......ma poi prosegue dicendo che gli sembra strano che che l'Istituto non abbia ordinato un conio proprio per queste medaglie d'argento da 10 ducati che dovevano essere conferite ogni Biennio e che abbia preferito servirsi di un conio come quello di Napoli. Appare evidente da come ho appena riportato sopra (decreto e risoluzione ministeriale) che questo conio per l'esposizione non sia mai esistito.....e che l'unico per queste esposizioni, d'argento, è quello dei F.lli Costanzo.2 punti
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forse forse quella che pare una O è molto romboidale e potrebbe essere una A bizantina tipica delle legende di zeno...2 punti
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Mi inserisco nella discussione per rispondere all'ultima domanda. I sesini in questione venivano coniati a rullo su lastrine di rame, con successiva fustellatura delle singole monete. La doppia impronta del verso è dovuta alla cattiva sincronizzazione fra il rullo di verso ed il rullo di dritto. La successiva fustellatura della moneta privilegiava l'impronta del dritto per cui in queste monete, solitamente, l'aquila del dritto risulta abbastanza centrata, mentre il verso presenta spesso evidenti decentrature fino alle doppie impronte spezzate. Da notare in questo caso, fra le due impronte del verso, la perfetta leggibilità dei punti di trascinamento. ciao Mario2 punti
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Buongiorno a tutti. Forse la notizia la sapete gia'. Giorni fa mi sono recato a Mantova ( che poi e' la mia citta' natale ) e vedendo pubblicizzata a fianco della banca agricola mantovana, con tanto di stendardo, che il museo numismatico e' aperto al pubblico, tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18, dal lunedi al venerdi...e al sabato mattina, solo con appuntamento, ho chiesto naturalmente di poter vedere la collezione Magnaguti presente nel caveau della banca. Ho suonato ripetute volte il campanello... Ma niente. A quel punto ho chiamato il numero che era segnato sul manifesto.. Una voce gentile mi ha risposto.. Dicendomi che il museo era chiuso da tempo e che la cooperativa che lo gestiva non c'era piu'. Alla fine, non conveniva piu' alla banca per la scarsita' del pubblico interessato alle monete. Pero' se si potessero radunare un minimo di persone...oltre le cinque e su appuntamento, il museo potrebbe venire riaperto. Spero solo che a questo punto levino il manifesto... Visto che a quanto mi e' stato detto " e' stato dimenticato "...strano che a distanza di anni nessuno ha corretto o levato quel manifesto.. E che nessun collezionista se ne sia accorto... Forse in tutti questi anni non e' passato nessuno?...A questo punto la vedo dura unire almeno cinque collezionisti , intenzionati a visitare il museo...1 punto
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Selva di Teutoburgo ( Kalkriese-Niewedde a circa 150 Km. da Xanten ad Est del Reno , localita’ tra i fiumi Ems e Weser , in piena Germania ) , anno 9 d.C. , tre Legioni romane , la XVII , XVIII e XIX , con gli ausiliari , per un totale approssimativo di circa 25/30.000 uomini , agli ordini di Publio Quintilio Varo , sono quasi completamente distrutte in una imboscata , tesa dai Germani del traditore Arminio ; queste tre Legioni erano composte dai migliori legionari per forza ed esperienza che Roma in quel momento possedeva , ma furono affidate da Augusto ad un uomo con scarsa esperienza di guerra , che principalmente si doveva occupare di problemi amministrativi volti ad istaurare contatti diplomatici con le popolazioni germaniche , di cui Arminio doveva essere il principale intermediario . Apparteneva a questo sfortunato esercito romano il Primo Centurione della prima centuria , Marco Caelio della XVIII Legione , ucciso nell’imboscata ed onorato postumo dal fratello Publio Caelio probabile commilitone e scampato alla strage , successivamente al probabile ritrovamento delle sue ossa , forse riconosciute in base a particolari dell'abbigliamento o decorazioni di Marco , in quanto la lapide ci dice contenere le sue ossa , o forse , se e’ un cenotafio , solo in senso figurato . Questa famosa lapide alta 137 centimetri , l’unica riferita alla memoria di un primo Centurione di quell’ esercito , oltre che al ricordo della battaglia , fu trovata nell’odierna Xanten , l’antica Castra Vetera , fortezza legionaria della XVIII sul confine renano . Marco Caelio e’ raffigurato con le sue numerose decorazioni militari , segni del suo valore e del grado , si notano infatti : corona civica , collana , medaglioni sulla corazza e bracciale , oltre al vitis che tiene in mano quale simbolo dei Centurioni primipili ; ai suoi lati si vedono i ritratti con scritte dei suoi due Liberti , schiavi affrancati , chiamati : Privatus e Thiaminus ; ma vediamo ora cosa ci tramanda l’ iscrizione purtroppo incompleta del pluridecorato primo Centurione Marco Caelio , della Legione XVIII , incisa in caratteri tipici dell’epoca : M CAELIO T F LEM BON O LEG XIIX ANN LIII S CIDIT BELLO VARIANO OSSA LIB NFERRE LICEBIT P CAELIVS T F LEM FRATER FECIT. Che possiamo all’incirca tradurre : Marco Celio , figlio di Tito della tribu’ Lemonia , nativo di Bologna …….O……della Legione XIIX di anni 53 (e mezzo) ? , fu ucciso nella guerra Variana , (la lapide contiene le sue) ? Ossa e (quelle dei suoi Liberti) ? , pure messe , Publio Celio , figlio di Tito , della Tribu’ Lemonia , fratello di Marco , fece . Dal testo di questa emozionante lapide , testimone di un tragico evento di guerra di 2000 anni fa , si conosce con certezza che i fratelli Marco e Publio Celio erano originari di Bologna e di probabile etnia Etrusca , in quanto il Cognomen Caelio , e’ tipico Etrusco , vedi ad esempio Caelio Vibenna , un condottiero etrusco che nel VI secolo a. C. conquisto’ Roma . Sotto la lapide funebre di Marco Celio1 punto
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Io ci provo ancora una volta, testardo come un mulo con una discussione che più generalista di questa non ci può essere, certamente investe l'era moderna, ma quella medievale pure e volendo un po' tutte. Coinvolge tutte le zecche, nessuna esclusa, tutti i periodi, l'argomento è di quelli più importanti e intriganti di tutta la numismatica, tutti i libri lo trattano, e non è certo un argomento difficile basta raccontare...., la discussione è stata preannunciata ora nella sezione curatori, tutti avvertiti.....ora vediamo come sarà la risposta, mi auguro sia un successo....anzi lo deve essere :blum:.... Delle pene e dei castighi.....di cosa parlo, ovviamente di monete false, di monete tosate, di illegalità varie.....ovviamente erano previste pene, alcune atroci, alcune di facciata, certo fu difficile arginare tutto questo..... Mi piace iniziare con quanto detto nel libro che fu dato alla presentazione a Milano della Mostra " Il vero e il falso " e introdurre qualcosa in generale, poi si potrà passare dal generale, al caso di zecca, al bando, al caso specifico del tal falsario.....e via dicendo.... " La gravità della pena è decisa anche in relazione al fatto che i falsari e i loro committenti, civili o spesso facenti parte di istituti religiosi, dovevano normalmente appartenere a un livello sociale piuttosto alto, il che permetteva loro di spacciare la moneta falsa. Sono numerosi infatti i casi di rinvenimento di tracce di officine di falsari all'interno di castelli, di conventi o di dimore signorili. La convenienza a produrre una moneta falsa imitante una autentica in circolazione deve essere legata strettamente al costo dell'operazione. Per questo motivo le monete maggiormente falsificate sono in oro e argento mentre la falsificazione di bronzo dava pochi utili ." Sulla tosatura invece ...." Un fenomeno che si incrementa a partire dalla fine dell'impero, quando i tondelli delle monete cominciano ad assottigliarsi, riguarda la tosatura ovvero la sottrazione di piccole parti di metallo mediante ritagli di bordo. La tosatura è di fatto una forma di alterazione della moneta ufficiale, un intervento non autorizzato che provocava, anzitutto, un immediato calo di peso per le monete, procurava illeciti guadagni agli autori e, spesso, obbligava le autorità al ritiro forzoso delle monete tosate. " Vediamo però anche qualche pena e castigo ora....1 punto
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Vi presento questa moneta appena aggiunta in collezione. Mi piace per la colorazione uniforme, per la mancanza di grossi segni o difetti deturpanti, e per il bel dritto (espressivo e nitido) Noto altresì qualche segnetto o piccole mancanze al rovescio vicino alla corona, e al dritto sulla guancia del Re. Nell'attesa di scattare foto + dignitose, vi mostro queste appena scattate "al volo" con il cellulare. Aspetto i vostri commenti, ciao P.s: La cosa che non mi è piaciuta tanto di questa moneta è stato il prezzo pagato :rofl: :blum:1 punto
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Secondo me e' un 20 nummi (mezzo follis) di Maurizio Tiberio zecca Thessalonica (SB 509-Ratto 1090-97) Saluti1 punto
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E qui dopo quest'ultimo intervento di Alessandro, mi voglio fermare un attimo, forse un curatore ogni tanto deve fare anche questo, riflettere ogni tanto su quello che succede sul forum.....Alessandro ci ha dato ora in questo tipo di discussione, che è puramente e totalmente divulgativa, dove in ogni intervento non ci sono altre componenti se non quella di donare una propria conoscenza agli altri, senza alcun altro fine, un segno....un segno che un giovane, un ragazzo, che conosce, sa, capisce che è venuto il momento di proporsi, di dare agli altri......e lo ha fatto bene, come sa, ecco questo vorrei che fosse un esempio positivo per tutti, per i giovani, con tranquillità, serenità, anche allegria regalate quello che sapete, come si faceva di più anni fa, ce ne sono tanti sul forum che sanno, che conoscono, forse abbiamo perso ultimamente un po' di cuore come diceva Eros in un post precedente, torniamo a dare, senza pensare a un fine specifico, sarà più bello per voi, sarà più bello per tutti....comunque complimenti Alessandro, però occhio ora non montarti la testa :good:1 punto
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E' un discorso già affrontato. Assumere altro personale perchè poi aumentino i prezzi delle monetazioni (o pensi che si accollerebbero "generosamente" un costo supplementare solo per fare contenti i collezionisti ?) ? E generare così altre lamentele perchè i prezzi sono cresciuti ? Facciamo invece tutti un piccolo sforzo ed evitiamo di sovraccaricare gli impiegati con richieste multiple sempre sugli stessi argomenti (tipo "quando spedite ?" o "perchè non rispondete alle mail ?"). Vedrete che tutto il tempo che impiegano per rispondere a mail, fax e telefonate non indispensabili lo potranno dedicare a lavorare su altro e a rispondere alle richieste più logiche in tempi "umani".1 punto
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CONFERMO CHE SONO TUTTE PAROLE SAGGE DA FAR RABBRIVIDIRE LA TEORIA DELLA LEGALITA, ma sinceramente ci siamo mai chiesti :tutte le monete trovate dai tombaroli che fine fanno??????????????? io penso che vanno all'estero e poi tornano in parte anche in italia legalizzate, altrimenti perche lavorano inutilmente i tombaroli? e voi pensate che tutto questo non si sappia? OK ALLORA HO VISTO UN ASINO CHE VOLA E VOI DOVETE CREDERCI TUTTI , CIAO.1 punto
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Infatti...la porosità oramai non credo che va via e quindi te la devi tenere così......ma la moneta è in ottimo stato conservativo, il ritratto di Ferdinando, i capelli ed i caratteri della legenda confermano il suo stato !! L'esemplare è collezionabile ed ad essere sincere a me piace di più come era al post 48...forse dovresti farla asciugare un pò...tutto qui.1 punto
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Che ne dite ? :good: curioso di sentire tante opinioni :help: buon week end a tutti ...la porosità è accentuata dal fatto che l'ho solo tamponata e rimessa in olio...non l'ho sciacquata ;) vero è che la moneta porosa era e porosa rimane ;)1 punto
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Tra i 25 e i 30 euro. Ma perché non usi l'osservatorio per queste domande? http://www.lamoneta.it/topic/86392-osservatorio-prezzi-di-mercato/1 punto
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Confermo le identificazioni. L'unico dubbio che ho è per la zecca: mentre per la moneta di Leone IV è certamente la capitale Sis, come dice l'iscrizione al rovescio, non sono sicuro che a Tarso sia stata battuta quella di Leone I. Mi pare di ricordare che Leone I a Tarso sia stato incoronato ma credo che anche per la sua moneta la zecca sia di solito indicata come Sis (devo però controllare). Ad ogni modo sono due monete interessantissime, quella di Leone I è molto comune, quella di Leone IV un pochino meno. Questi siti possono essere utili per la monetazione del Regno armeno di Cilicia: http://www.forumancientcoins.com/armeniannumismatics/cilician.html http://www.ancientarmeniancoins.com/intro-cilician-coins.html Il testo fondamentale per queste emissioni è ancora P.Z. Bedoukian, Coinage of Cilician Armenia, New York 1962.1 punto
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@@lucarosina Ognuno ha il suo preferito. Il Gigante ha delle foto migliori, poi io ho sempre avuto quello e quindi son di parte. Quanto a prezzi sono inaffidabili entrambi, ma quelli del Gigante sono forse un pelino più realistici (mediamente il doppio dei valori reali di mercato).1 punto
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Proviamo a porre a confronto il diritto: ex NAC 78 Parigi Gulbenkian Bisogna dire che non siamo in presenza di un falsaccio. Se è falso, è di ottima fattura e molto pericoloso. Ci sono affinità con il pezzo (arrugginito) di Parigi e apparentemente il pezzo ex NAC sembra essere un prodotto di un conio ancora più stanco. Però lascia un po’ perplessi l’eccessiva evanescenza della Vittoria e del bordo, che praticamente perde completamente il suo carattere perlinato. Per quanto riguarda le fratture presenti sul bordo, esse normalmente non sono molto frequenti sui decadrammi di Kimon, ma possono esistere ed è possibile riscontrarle nell’esemplare di Gulbenkian, che è sicuramente autentico e di sicura provenienza da un ripostiglio (Noto, del 1908). Però nel pezzo NAC le fratture appaiono molto “smussate” e meno “taglienti” rispetto ad esempio al pezzo Gulbenkian. Sarebbe molto utile fare macrofotografie sul bordo in corrispondenza delle fratture (specialmente quelle alle ore 5 e 7 del diritto). Resta il sospetto di una pressofusione, ma andrei piano a liquidare la moneta come un banale falso. Ogni moneta va sempre studiata a fondo e possibilmente con adeguati confronti. Altre osservazioni?1 punto
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Sì, sembra lei, però quella del link porta il marchio Ag 925, che non mi pare di vedere nella foto della nostra...forse ne esiste anche una versione in altri metalli. petronius :)1 punto
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Ciao, sono denari repubblicani. Non me ne intendo, perciò aspetta gli esperti1 punto
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Questa è la foto della moneta uscita dalla Summer Auction 2013 della Rauch. Tetra P205 Elio Rauch mio.jpg GRIECHISCHE MÜNZEN - MACEDONIA Könige von Makedonien Philippos III. (323-317) (D) Tetradrachme (17,25g), "Babylon" (Mesopotamia), ca. 323-317 v.Chr. Herakleskopf / Zeus Aëtophoros. Price P205, Müller P117. Im Rv. kleine Stelle leicht berieben. s.sch.-vzgl. Diametro 25-27 mm, peso 17,24 g in perfetto accordo con quello in didascalia. Apollonia La moneta è davvero bella Apollonia. Devo dire che sicuramente hai fatto bene ad aspettare, perché questa della Rauch mi è sembrata qualitativamente superiore. Tornando al mito di Helios e del dio Sole in generale, ho trovato qualcosa sul "Sol Invictus" il momento in cui, la devozione per il dio solare raggiunse nell'antichità probabilmente il massimo dei suoi fedeli ed esattamente durante l'Impero Romano, quando Helios e il dio Mitra si riunirono in un unica divinità. Gli imperatori lo videro infatti come un elemento di grande coesione all'interno dell'Impero e a questo si rivolsero nei momenti di crisi più grave, come fece Aureliano, l'Imperatore-soldato. Particolare interessante della festa del "Sol Invictus" è il fatto che la sua festa si celebrasse proprio nel giorno più sacro per il Cristianesimo, il 25 dicembre. Ecco quello che ho trovato su Wikipedia: Sol Invictus ("Sole invitto") o, per esteso, Deus Sol Invictus ("Dio Sole invitto") era un appellativo religioso usato per diverse divinità nel tardo Impero romano: Helios, El-Gabal, Mitra che finirono per essere assimilate, nel periodo della dinastia dei Severi, all'interno di un monoteismo "solare". Il culto del Sol Invictus ha origine in oriente. Ad esempio le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. In particolare, è l'apologeta cristiano Epifanio di Salamina [4] a segnalare che in alcune città d'Arabia e d'Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, e incentrata sulla nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore, con un evidentissimo rimando alla dottrina dell'eterno ritorno: si noti che nella tradizione cosmologica greca "Aîon" era uno degli aspetti del Tempo, inteso nella sua valenza di eterno presente; in greco, inoltre, "kore" è la parola che designa genericamente la "fanciulla" ossia il femminile nelle sue infinite potenzialità, e Kore è anche il nome con cui è nota la figura mitologica di Persefone. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Gerusalemme[5], che ancora nel sec. VII d.C. menziona la celebrazione di analoghe cerimonie nella notte tra il 24 e il 25 dicembre. Il culto acquisì importanza a Roma per la prima volta con l'imperatore Eliogabalo (sebbene vi siano emissioni monetali antecedenti del Sole, almeno dell'epoca di Caracalla), che tentò prematuramente di imporre il culto di Elagabalus Sol Invictus, il Dio-Bolide solare della sua città natia, Emesa, in Siria. Eliogabalo fece costruire un tempio dedicato alla nuova divinità sul Palatino[7]. Con la morte violenta dell'imperatore nel 222 questo culto cessò di essere coltivato a Roma, anche se molti imperatori continuarono ad essere ritratti sulle monete con l'iconografia della corona radiata solare per quasi un secolo. Il Sol Invictus, inoltre, compare come divinità subordinata associata al culto di Mitra. Il termine Invictus compare anche riferito a Mitra stesso e al dio Marte nelle iscrizioni private dei dedicanti e dei devoti. Nel 272 Aureliano sconfisse la principale nemica dell'impero (riunificandolo), la Regina Zenobia del Regno di Palmira, grazie all'aiuto provvidenziale della città stato di Emesa (arrivato nel momento in cui le milizie romane si stavano sbandando). L'imperatore stesso dichiarò di aver avuto la visione del dio Sole di Emesa, che interveniva per rincuorare le truppe in difficoltà nel corso della battaglia decisiva[8]. In seguito, nel 274, Aureliano trasferì a Roma i sacerdoti del dio Sol Invictus e ufficializzò il culto solare di Emesa, edificando un tempio sulle pendici del Quirinale e creando un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices solis invicti). Comunque, al di là dei motivi di gratitudine personale, l'adozione del culto del Sol Invictus fu vista da Aureliano come un forte elemento di coesione dato che, in varie forme, il culto del Sole era presente in tutte le regioni dell'impero. Anche molte divinità greco-romane, come Giove e Apollo, erano identificate con il sole. Inoltre, come riferisce Tertulliano, molti credevano che anche i cristiani adorassero il sole. Sebbene il Sol Invictus di Aureliano non sia ufficialmente identificato con Mitra, richiama molte caratteristiche del mitraismo, compresa l'iconografia del dio rappresentato come un giovane senza barba. Aureliano consacrò il tempio del Sol Invictus verso la fine del 274[9], ipoteticamente il 25 dicembre, una festa chiamata Dies Natalis Solis Invicti, "Giorno di nascita del Sole Invitto", facendo del dio-sole la principale divinità del suo impero ed indossando egli stesso una corona a raggi. La festa del Dies Natalis Solis Invicti divenne via via sempre più importante in quanto si innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i Saturnali. La celebrazione del Sole Invitto proprio il 25 dicembre è testimoniata nel Cronografo del 354 insieme alla testimonianza del Natale cristiano. La prima testimonianza della celebrazione del Natale cristiano successiva al Cronografo del 354 risale al 380 grazie ai sermoni di san Gregorio di Nissa. La festa del Natale di Cristo, infatti, non è riportata nei più antichi calendari delle festività cristiane e anche in seguito veniva celebrata in date estremamente differenti tra loro. Durante il regno di Licinio la celebrazione del Sol Invictus si svolse il 19 dicembre, data forse più prossima al solstizio astronomico nel calendario allora in vigore.[10][11].La festa, inoltre, del Sole Invitto era celebrata anche in altre date. Anche l'imperatore Costantino sarebbe stato un cultore del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus dei romani. Egli, infatti, raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l'iscrizione SOLI INVICTO COMITI, "Al compagno Sole Invitto", definendo quindi il dio come un compagno dell'imperatore.[13] Con un decreto del 7 marzo 321 Costantino stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, Dies Solis) doveva essere dedicato al riposo.Dopo aver abbracciato la fede cristiana, nel 330 l'imperatore ufficializzò per la prima volta il festeggiamento cristiano della natività di Gesù, che con un decreto fu fatta coincidere con la festività pagana della nascita di Sol Invictus. Il "Natale Invitto" divenne il "Natale" Cristiano (v. sotto, Sol Invictus ed il Cristianesimo).[14] Verso la metà del IV secolo papa Giulio I ufficializzò la data del Natale da parte della Chiesa cattolica, come riferito da Giovanni Crisostomo nel 390.1 punto
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La vedo dura, probabilmente molto spesso persone che si possono permettere enormi spese per monete rarissime cercano discrezione, non pubblicità ;)1 punto
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Salve a tutti, innanzitutto complimenti per l’iniziativa e un grazie di cuore a chi dedica parte del suo tempo per organizzare queste belle cose. Certamente ci sarò e avrei piacere anche della visita al museo, ma posso solo il venerdì o il sabato, purtroppo la domenica ho impegni di lavoro. Avrò così il piacere di conoscervi di persona! Per @giovanna: non riesco ad aprire le foto che hai postato, immagino che non ho i permessi perché troppo “nuovo” dell’ambiente!1 punto
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Ho letto questa interessante discussione e mi aggiungo a quanti hanno avuto la stessa sensazione. Anch'io come altri punto quanto mi sembra giusto e quindi alla peggio quanto ho messo in conto di spendere. Non saprei quale soluzione le case d'aste possano adottare, sicuramente però il segnale mi sembra molto forte e non credo che vada lasciato cadere.... La disaffezione è un brutto virus1 punto
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Lo svilimento delle monete in circolazione nel XVII sec. venne di volta in volta effettuato o aumentando il metallo vile nella lega ( e perciò abbassandone il titolo) ovvero consentendo di “cavare” un numero maggiore di monete dalla libra di metallo ( con ciò erodendo, impercettibilmente ma progressivamente, il peso unitario delle monete). Il fenomeno era di antica data, a distanza di quattro secoli dalla riforma di Carlo Magno, alla fine dell’VIII sec, con una libra d’argento gli zecchieri erano arrivati a coniare da 1500 a 4000 denari, in luogo delle 240 previste dalle antiche regoli imperiali. Nonostante le ripetute e rigorose procedure all’interno delle zecche, pensate che prima della messa in circolazione si effettuava il “saggio”, definitivo controllo, a campione, della bontà della lega e del rispetto del peso, erano diversi i tondelli che uscivano con intrinseco ridotto, e quasi sempre erano le altre città a scoprire l’inganno, facendo saggiare tale monetazione. La categoria più colpita erano le donne, che non avendo dimestichezza con la mala moneta, accettavano tutto, rimettendole nuovamente in circolazione diventando perseguibili per legge. Eros1 punto
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mmmm! Tieni presente che qui si deve esprimere un giudizio sulla base di un'immagine, senza conoscere la storia e la progressione della moneta e la reale corrspondenza fra immagine e realtà.....per cui il beneficio d'inventario è d'obbligo. La moneta a me appare come già pulita e anche sigillata con protettivo esterno. Le due macchie azzurre insistono su due depressioni della superficie ed hanno un aspetto molto sospetto. Temo si tratti del classico caso di reinnesco dei processi autocalitci tipici del cancro del bronzo. Solo tu puoi però valutarne la reale progressione ma nel caso si tratti di un'evoluzione apprezzabile nel breve periodo temo che un pronto intervento, secondo le modalità già più volte illustrate, sia d'obbligo. ciao Mario1 punto
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La cornucòpia, letteralmente "corno dell'abbondanza", (dal latino cornu, "corno" e copia, "abbondanza"), è un simbolo mitologico di cibo e abbondanza. Secondo la mitologia greca è il corno perduto dal fiume Acheloo nella lotta con Ercole per Deianira e riempito dalle Naiadi di fiori e di frutta, come simbolo dell'abbondanza, alludendo con ciò alla fertilità della valle dove scorreva l'Acheloo e all'imbrigliamento del fiume stesso per opera di qualche principe velato sotto il nome del semidio. In forma di corno traboccante frutta e fiori, è spesso presente nei dipinti in braccio alla figura simbolica dell'abbondanza. Tratto da Wikipedia. Simbolo della fertilità: è raffigurato da un corno, che in origine era quello della capra Amaltea, nutrice di Giove, colmo di frutti e circondato d’erbe e fiori; era attributo di molti dei e dee ritenuti dispensatori dei beni della terra necessarî alla vita umana. La leggenda voleva che essendosi spezzato uno dei corni della capra Amaltea che nutriva il piccolo Giove, il corno fosse riempito di frutti, circondato di fronde, e donato da Giove alle ninfe. Un'altra leggenda voleva che Ercole, vinto Acheloo, gli strappasse uno dei corni e lo consacrasse ugualmente alle ninfe. È probabile che nel corno di abbondanza si debba vedere solo una trasformazione del corno di animale, di cui in antico ci si serviva come di vaso da bere. Spontanea doveva nascere l'idea di accoppiare il corno da bere coi frutti, a significare quello che in un'umanità primitiva doveva bastare per il benessere della vita. Ed è naturale che l'emblema divenisse specialmente l'attributo degli dei che dispensano i beni terreni. Il corno di abbondanza appare raramente quale attributo di Giove e di Ercole; più spesso appare nelle figurazioni di Ade (Plutone) e di Dioniso; anche Satiri e Menadi, Sileno e il dio Pane ne sono talora forniti. In età posteriore la figurazione del corno d'abbondanza diviene via via più frequente. Da Alessandria, dove la dinastia dei Lagidi lo ebbe in particolare onore, l'emblema trovò larga diffusione in Grecia, in Italia e a Roma, specie sulle monete. Per i Romani, di cui è noto lo spirito realistico, esso acquistò un'importanza di primo piano, e rimase non solo l'attributo dei fiumi, ma si accompagnò con la figurazione di ogni divinità allegorica cui si attribuisse un senso o un augurio di prosperità, di fertilità e anche di felicità pubblica. Quindi la Fortuna, la Vittoria, la Pietà, la Concordia, l'Annona, la Felicità, l'Abbondanza, l'Onore, il Genio del Popolo romano lo ebbero come emblema, particolarmente sulle monete imperiali. E assai note e frequenti sono le figurazioni plastiche analoghe, specie del Genio di Augusto, del Genio del Popolo romano, delle Provincie, e infine della Fortuna, divinità di ben maggiore importanza a Roma che in Grecia. Per tali concetti è naturale che anche divinità maggiori, come Cerere, Giunone, Cibele, Hestia (e i suoi seguaci, gli dei Lari), siano figurate col cornucopia, che appare variamente ornato e striato, e decorato di nastri. Alla bocca del corno sono per lo più mele, melograni e una focaccia piramidale di farina e miele. Dalla Treccani La prima moneta del regno di Napoli ad averla incisa (peraltro Doppie) è il Doppio Sestino di Federico III d'Aragona (1496 - 1501) classificato al n. 9 del PR e al n. 108 del MIR1 punto
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Rimedi "fai da te" per accelerare il processo di patinatura sono sempre da evitare. Legno, il giusto grado di temperatura e tempo gli ingredienti migliori. Al R/ ora è presente un'antiestetica macchia che prima non c'era.1 punto
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Grazie @@gianvi, e @@gallo83 Grazie Marco. Detto da te poi, è gratificante. Basta vedere le tue monete e soprattutto quella che hai nel tuo avatar per rendersene conto. Confermo la leggera frattura di conio a sx della corona, mentre sia sul collo e sia vicino alla corona, si tratta di mancanze di metallo. Ho controllato attentamente ed hanno la medesima natura. Effettivamente è una delle più belle monete del Regno delle Due Sicilie1 punto
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Tanto perché vediate che nel ripostiglio non ci stanno solamente nummetti a limite della leggibilità... guardate che bello questo Guntamundo e come è particolare la ghirlanda al dritto, che paiono due rami di palma nella parte bassa, che poi in alto proseguono con foglioline piccole.1 punto
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Oltre che ringraziarmi dovrete anche, tu e gli altri, sopportarmi ancora per un po' non ho mica finito, nel mio post lo avevo detto che incominciavo dal principio. Però non vorrei andare troppo OT, parlare una o due volte di cartamoneta può ancora andar bene, ma in fondo siamo nella sezione dedicata alle Zecche Italiane, quindi dopo questo intervento, prima di procedere oltre, anch'io mi fermo per un po'. Dalla Cina all'Europa il passo è...lungo. Da quando Marco Polo racconta della cartamoneta cinese, passano quasi quattro secoli prima che anche in Europa si arrivi ad adottare qualcosa del genere. Il primo paese a farlo è la Svezia, nel 1661, e naturalmente da subito iniziano le falsificazioni. E quando il Banco di Stoccolma entra in crisi, sarà il suo fondatore, Johan Palmstruch, ad essere accusato di aver messo in circolazione diversi biglietti falsificati. Alla Svezia seguì la Gran Bretagna, e da lì ci arriva la triste storia d'amore di William Waugham. Ce la racconta Gemino Mutti ne Il falso nella cartamoneta: "Vale la pena di eternare la storia del tappezziere William Waugham che, innamoratissimo di una ragazza restia al matrimonio per la pochezza economica del modesto spasimante, tentò di tutto per farsi credere benestante dalla bella riottosa e, nel 1758, falsificò banconote da 20 sterline della Banca d'Inghilterra. Forte di un pacchetto di tali banconote, le sfoggiò alla ragazza, che trovò il giovane improvvisamente meritevole di essere ricambiato Scoperto, il tappezziere venne sottoposto a processo e condannato, come prescriveva la legge, alla pena del capestro. Il povero giovane ebbe così a perdere due volte la testa per la sua ragazza." petronius1 punto
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All’insegna della Vecchia e del Cedro Imperiale La farmacia, sita a due passi dal teatro di S. Luca (battezzato nel 1833 "Teatro Apollo" e nel 1875 "Teatro Goldoni"), era il ritrovo degli artisti e di quanti praticavano il teatro, tra i quali George Sand che utilizzava la farmacia come recapito per la sua corrispondenza a Venezia. E ancora, Gioacchino Rossini, che non solo frequentava la spezieria, ma ne era diventato l'ospite del titolare Giuseppe Ancillo "chimico-farmacista assai reputato, ed uomo di spirito, colto ed istruitissimo", col quale il grande pesarese coltivò grandissima amicizia testimoniata dalle numerose lettere da lui scritte (ora conservate in collezione privata) e da un prezioso dono: il leggio su cui il Maestro compose e diresse per la Fenice la prima della Semiramide, conservato nel Museo del Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella di Napoli. Sul mobile sono incollate due attestazioni autografe di Gioacchino Rossini, coperte da vetri. Quella inferiore riporta: Faccio dono di questo Lettorino all'antichissimo amico Ancillo, ed attesto avere composta La Semiramide su questo modesto arnese. Venezia 1823. Gioacchino Rossini. Quella superiore: "Riveggo con somma soddisfazione nell'abitazione del mio dilettissimo amico Ancilo il Lettorino modesto che mi fornì l'Impresa del Teatro della Fenice per comporre la mia Semiramide. Primo Marzo 1841: Gioacchino Rossini". Ingresso della farmacia con l’insegna Mosaico sul pavimento che raffigura la Vecchia seduta con la rocca e il fuso apollonia1 punto
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Comunque a me solo con una casa d'aste mi è capitato di ricevere la moneta con la lista delle altre offerte ricevute per il mio lotto. Pur avendo offerto molto di più, ricevetti la moneta, pagandola un euro in più della seconda offerta più alta. Sarebbe bello se tutte le case d'asta facessero la stessa cosa. Il collezionismo numismatico, forse più di altre tipologie, prevede che ci sia fiducia tra le parti. Se questa manca per vizi di qualunque tipo, la gente si disaffeziona. E se la gente si disaffeziona, potrebbe accadere ciò che sta accadendo al collezionismo filatelico.1 punto
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Facciamo un salto temporale sempre col Finetti e .....: " A questo proposito sono da ricordare i quattro coni di falsari usati per battere i testoni di Francesco Maria Sforza e i marcelli di Pietro Mocenigo rinvenuti nel 1907 in un foro praticato nel muro della navata destra della Chiesa di Piona ( Como ), che nella seconda metà del XIV secolo si trovava probabilmente in stato di abbandono. La Soprintendenza archeologica di Bologna ha rinvenuto nel castello di Monte Battaglia, in un contesto stratigrafico relativo ad una fase di abbandono della fortificazione, diversi quattrini pesaresi falsi di Costanzo e Giovanni Sforza assieme a tondelli, lastrine di rame con i segni dei distacchi e crogiuoli con scorie di rame ; tutti i residui evidentemente di una zecca clandestina ivi impiantata nella prima metà del XVI secolo." Tutto questo che dice il Finetti è estremamente interessante perché mette in risalto un altro aspetto, cioè che i falsi spesso venivano coniati abbastanza lontano dalle città alle quali si riferivano. Questo comportava,che se i falsari fossero stati scoperti, forse avrebbero avuto una maggiore clemenza da parte della giustizia anche perché la contraffazione non riguardava la moneta locale. Quante storie.....quante osservazioni ne potrebbero ancora uscire.....anche se le carte sul tavolo incominciano ad esserci.....1 punto
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Lista per la Visita al Museo Archeologico Venerdi 26 Settembre Senza Preferenza Domenica 28 Settembre Eldorado Eliodoro Alexdv77 Lord Acton Rex Neap Carlo.c68 Giovanna Caio Ottavio Claudioc47 ? Layer861 punto
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a nome di Federico III d’Aragona (1496-1501) : -in argento, armellino con F nel campo al rovescio (coniato fino al 1497 ?) [CNI XVIII, pp. 279-280, nn. 1-2]. Alcuni cavalli di rame con lettera L in esergo sono stati erroneamente attributi a Lecce (G.M.Fusco, 1846) ma la lettera potrebbe essere iniziale del nome di uno zecchiere (Liparolo ?) per Napoli [Cagiati 1913-1916, pp. 190-191]. Secondo Maggiulli [1871, pp. 128-129] alcuni documenti potrebbero far riferimento anche ad una coniazione di ‘corone d’oro’ in Lecce al tempo di Carlo VIII re di Francia.. Il Maggiulli supporta tale notizia riprendendo dal Coniger la seguente frase : «in eodem jorno (27 maggio 1495) venne la nova in Lecce al Signor Duca (Giliberto di Bransui vicere della Provincia e conte di Matera) che Otranto avia alciate le landiere e che lo castello se tenea per el re de Francia, el detto duca fe’ cento fanti di Lecce e donò una corona per uno e vinti some di grano» e dalla Cronaca di Notar Giacomo la seguente «A di 20 decto (Gennaro 1497) in dì de Sancto Sebastiano de venerdì fò nova in Napoli come illustre signore don Cesaro de Aragonia havea preso Taranto; et che lo magnifico pyerantonio follario de Napoli regio percettore [sic] della predicta maestà personalmente era dintro lo castello con quactro milia Corone et per condurre li francise ad imbarcare in Brindesi» (le dette ‘corone’ di oro valevano «octo carlini et sey grana»). La stessa notizia, come già detto, riporta l’Infantino :”…in queste abitazioni facea egli battere pubblicamente moneta d’argento e d’oro…” Ma tale attribuzione a Lecce sembra altamente improbabile. SEDE DELLA ZECCA Al tempo del principe Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, e precisamente nel periodo compreso tra il 1460 ed il 1463, la zecca (che abitualmente aveva un‘ubicazione centrale – foro, palazzo di governo, piazza del mercato – allo scopo di attirare più facilmente il metallo dei mercanti di passaggio) fu invece posta direttamente nell’abitazione del principe che, come abbiamo già ricordato prima, secondo una corrente di pensiero (Infantino 1634) era nella torre del Parco , solida costruzione che egli aveva iniziato a far costruire nel 1419, ancora giovanissimo, mentre secondo un’altra corrente di pensiero (De Simone 1883, Sambon 1998, Palumbo 1910) era nel castello di città (in castro Licii). Le 2 sedi coincidevano in ogni caso con il centro del potere signorile. Anche le annotazioni contenute nel Quaterno lasciano immaginare che l’ufficio di conio fosse ospitato in castro Licii. La sola testimonianza dell’Infantino (smentita anche dalla Cabella Demani del 1472 che descrive il locum nominato lo Parco senza far menzione alcuna della zecca ) ci riporta alla Torre del Parco, La costruzione della torreripartita in una zona pubblica (il Parco di fuori) destinata a fiere e mercati, che si estendeva fuori delle mura urbane immediatamente oltre porta San Biagio, ed un’altra zona (il Parco di dentro) rappresentata da una cittadella recintata comprendente la torre o Turris prati magni (luogo di delizie e sede della zecca..), sale et camera reale . Per conciliare dati così difformi si può ipotizzare che la zecca di Lecce , nei circa 50 anni di attività, fosse dislocata contemporaneamente in 2 edifici differenti: il castello adibito ad attività contabili, tesoreria ed approvvigionamento di materie prime e la Torre del Parco adibita a laboratorio ed officina monetaria vera e propria; oppure che trovasse spazio, in tempi diversi, sia nei locali del castello sia in quelli della Torre del Parco. E’ difficile stabilire cosa accadde alla zecca di Lecce dopo il novembre 1463 (assassinio del principe di Taranto); l’assenza di documenti lascia il campo alle sole congetture. E’ verosimile che la zecca cittadina, una volta passata sotto il diretto controllo del re di Napoli, abbia avuto sede nel castello di Lecce, nella cui “torre mastra” o Mastio era stato depositato il famoso tesoro del principe fino al momento della sua morte e della successiva requisizione reale ( è nel dicembre 1463 che re Ferrante visita il castello e la torre del Parco ove “ ebbe stanza qualche giorno”) . Per dovere di cronaca va pure riportata un’insistente tradizione popolare, peraltro ripresa da M.Paone, che pone la sede della zecca nelle adiacenze del palazzo comitale di Maria d’Enghien, presso l’odierna piazzetta Pellegrino (un tempo denominata piazza della Zecca !) ove si affaccia il più antico palazzo di Lecce (palazzo Vernazza – Castromediano). BIBLIOGRAFIA: Cagiati M. 1912, La zecca di Lecce, «Apulia» (Martina Franca). Dell’Erba L. 1933, La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel reame di Napoli, pp. 5-66. De Simone L. G. 1874, Lecce e i suoi monumenti descritti ed illustrati, I , La Città, Lecce. De Simone L.G., 1876, Archivio di documenti intorno la storia di Terra d’Otranto, Lecce. De Simone L.G. 1883, Gli studi storici in terra d’Otranto del signor Ermanno Aar, in Archivio storico italiano, IX , p.211. Fiorelli G. 1846, Dichiarazione di alcune monete battute nel reame di Napoli, p 190.”Annali di Numismatica”. Fusco G.M. 1846, Monete inedite. Di alcune monete spettanti ai re di Napoli e Sicilia, in “Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli”, Roma, pp.90-96. Fusco G. V. 1846, Notizie intorno alla zecca di Lecce, in «Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli», Roma , pp.190-200.pp. 190- 200. Grierson P. e Travaini L. – Medieval European Coinage. Italy (III) 14, Cambridge 1998. Infantino G. C. 1634, Lecce Sacra ove si tratta delle vere Origini, e Fondazioni di tutte le Chiese, Monasteri, Cappelle, Spedali, ed altri luoghi sacri della Città di Lecce, Bologna, 1973 (Rist. anastatica), pp. 213-214, ed editore Pietro Michele 1634. La porta A. 1977, Introduzione a I.A. Ferrari, Apologia paradossica della Città di Lecce, pp. IX-XXXV. Maggiulli L. 1871, Monografia numismatica della provincia di Terra d’Otranto, Lecce. (ristampa anastatica Sala Bolognese, 1977). Palumbo P. 1910, Storia di Lecce, Ristampa della I Edizione, Galatina, Congedo Editore, 1992, Paone M. 1978, Palazzi di Lecce. Galatina, Congedo Editore Petracca L,2009, La zecca di Lecce negli anni della signoria orsiniana in “I domini del Principe di Taranto in età orsiniana”. Lecce, Congedo Editore. Prota C. 1913, Sulla zecca di Lecce, «Supplemento … Cagiati», 3, nn. 11-12, pp. 37-38. Sambon A.1913 b,” I tornesi falsi di Ferdinando I d’Aragona coniati a Napoli, a Barletta,a Gaeta, a Cosenza, a Lecce, a Capua et a Isernia” in Supplemento…Cagiati III, 5 – 7 (1913), 15 – 21. Fine1 punto
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Ripresento la foto della moneta come da catalogo d'asta già messa al post # 1812 con quella di un'altra asta con lo sfregio sulla guancia di Eracle (post # 1796) alla quale avevo deciso di rinunciare. Questa è la mia scansione apollonia1 punto
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per contribuire alla visione di qualche pezzo in oro portata avanti da min-ver e @@numismaticasicula .1 punto
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Lieto che l'abbia presa tu. E' rimasta, per così dire, in famiglia. Ultimamente ho tenuto più d'occhio Pavia e la Versilia. Ciao G.1 punto
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