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Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/09/14 in Risposte
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Me la hanno appena data per pagare 1 euro di transito...non ci credo. Taglio: 1 Euro Nazione: Vaticano Anno: 2011 Tiratura: 109.000 solo divisionali Condizioni:SPL/QFDC Città: BEREGUARDO (PV6 punti
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Vorrei ricordare che la vicinanza di edifici di Zecca ai corsi d'acqua non era necessariamente in rapporto a torchi ad acqua e a modalità di coniare. A Bologna vicino a un corso d'acqua (canale di Reno) si trovava la trafila, edificio di Zecca in cui l'acqua serviva ad azionare i laminatoi e le "macine di amalgamazione", queste ultime utilizzate per raffinare i metalli preziosi. Nel 1809 a Milano fu premiata l'invenzione di un valente "meccanico" Fiorentino, il cav. Giuseppe Morosi, per l'invenzione del torchio idraulico "cosicché con ingegnoso artifizio la forza dell'acqua è sostituita al braccio dei torcolieri nel muovere il bilanciere del torchio da moneta." (M.Gioja, Opere minori, vol 11, Lugano 1834, p. 181). I Torchi erano fino ad allora prevalentemente manuali (presse a bilancere) ed azionati da operai specializzati.3 punti
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In circolazione magari no, ma sapessi quante ne trovi in fondo al mare... :D3 punti
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@@Silver70 ... che ti avevo detto? ;-) bisogna capire che: 1. le monete non te le regala nessuno 2. se c'è un affare in vista i soliti noti non se lo faranno sfuggire, anche se l'asta è base 1 euro! 3. il miglior perito è sempre l'esperienza avendo occhio ed esperienza ho visto subito che le monete non erano in FDC (come vedi dai dettagli della corazza), perchè pur piccolissime che siano le foto quando sono FDC queste monete presentano una protuberanza e un puntino al centro... ma queste finezze le acquisisci con anni di esperienza e facendo anche tu un pò di prove fotografiche... ad maiora!3 punti
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Le foto fatte dal venditore sono ottime! Moneta decisamente piacevole, bello SPL con una bella patina! Complimenti! Ci accorgiamo sempre più spesso, quanto una foto possa svilire la bellezza di una moneta!3 punti
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Rispolveriamo questa discussione con un nuovo regalo riguardo Enrico VI e Costanza :) Vi faccio vedere il mezzo denaro con AP e i corrispondenti denari con stelletta soltanto nel 3' quadrante, con stelletta soltanto nel 2' quadrante e con 2 stellette nel 2' e 3' quadrante. Che ne pensate? Qualcuno e' inedito? Chi aggiorna le schede del catalogo :P ?3 punti
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allego foto di un Testone del 1583 di Francesco dei Medici coniato a Molino, sull Arno a Firenze. al momento non ho foto della mia piastra sennò mettevo anche quelle..3 punti
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La qualità delle monete emesse nel piccolo ducato guastallese non sfuggirono ai messi dei ducati confinanti tanto che già nel 1620 il duca di Modena veniva avvisato che "qui certi tedeschi cha battono denari ma in maniera differente dalli altri che usano in Lombardia" La cosa a Modena riscosse notevole interesse ma si dovette arrivare all'appalto assegnato nel 1638 da Francesco I d'Este al borgognone Bartolomeo Simonis per vedere arrivare a Modena le prime macchine per coniare monete. Il Simonis introdusse a Modena le presse a rulli rotanti mosse con la forza motrice generata dell'acqua. Interessante notare a tal proposito che il canale che portava acqua alla zecca, per motivi di sicurezza e di segretezza, venne completamente coperto e non venne riportato nelle piante della città, tanto che, anche in epoca moderna (lavori di stabilizzazione e ristrutturazione del duomo) se ne ignorava il reale percorso. e qui mi fermo un saluto Mario3 punti
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Visto che hai iniziato da 3 mesi a collezionare, ti chiedo se prima di comprare monete hai comprato dei manuali e ti sei messo a studiare. È molto importante prima di avventurarsi negli acquisti avere una conoscenza base di quel che si vuole collezionare. Inoltre vedo che i tuoi acquisti sono molto diversi tra loro. Passi da dollari morgan a monete romane a monete del regno. Un mio consiglio è di ridurre le epoche e periodi e nazioni e concentrarsi su una tipologia. Cosi farai esperienza e non rischi di fare acquisti sbagliati per colpa della fretta e del volere tutto subito che è tipico di chi inizia. Io stesso agli inizi compravo di tutto, e col tempo mi sono reso conto che sbagliavo. Senza manuali, senza aver studiato, soprattutto per monete classiche è davvero un rischio. Poi mi sono concentrato in un periodo storico e in 3 nazioni in particolare. Germania Francia ed Italia. E dopo tanti anni ancora ho da imparare. La prossima volta non avere paura a chiedere aiuto e consigli in questo forum prima di comprare qualcosa. Ciao.2 punti
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Per chi volesse saperne di più però c'è anche su internet questo prezioso contributo di Lucia Travaini " Produzioni e tecniche" che poi richiama un pò il contributo della stessa che c'è nelle " Le zecche italiane fino all'Unità ", buona lettura, http://www.luciatravaini.it/wp-content/uploads/2012/09/Zecche-e-monete.pdf2 punti
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Vediamo di entrare un po' più nel vivo ancora, e utilizzo le informazioni scritte di Lucia Travaini in " Le zecche italiane fino all'Unità ". Secondo la Travaini, stiamo parlando ovviamente di prove, tentativi, sembra dover essere attribuito a Venezia al 1574-75 un macchinario " per tirare, tagliare e stampare " monete di ogni qualità. Il tentativo però fallì per mancanza pare di forza idraulica adeguata, ma forse non solo per quello. E qui arriviamo a Firenze dove nel 1576 si ha notizia di " una zecca nuova per mano di tedeschi " presso il fiume, mentre restava operativa la vecchia zecca per mano degli italiani. A Mantova dal 1593 Gauger allestì una zecca con un torchio ad acqua ma ebbe difficoltà ed ostacoli . A Pisa la zecca riapre per poco alla fine cinquecento ed era dotata di un mulino ad acqua. Arriviamo a Luca Xell, personaggio che ritorna, che tra il 1618 e il 1630 prese in appalto le zecche di Guastalla, Parma, Piacenza e vi attivò i macchinari. Tedesche erano le macchine a bilanciere acquistate per la zecca di Napoli nel 1619, la zecca di Roma le impiantò nel 1634. Certamente la Travaini sottolinea le molte difficoltà che in Italia ebbero queste innovazioni, ne elenca alcune, alcune già dette, intermittenza tra periodi di grande produzione ed altri minore, le corporazioni del personale delle zecche che erano contrarie, problemi nel recupero del metallo di scarto e difficoltà nel trovare personale esperto. Le macchine furono usate più per i grandi nominali, vedi Venezia col tallero dal 1755. La produzione manuale rimase comunque spesso anche solo per integrazione fino al XVIII secolo in molte zecche. Fu più facile installare le macchine nelle nuove zecche che non avevano corporazioni ed ebbero grande successo nell'imprenditoria privata, vedi imitazioni, contraffazioni tipo i luigini con i piccoli principi che avevano diritto di zecca. In queste piccole zecche le macchine funzionarono alla grande e vennero adottate senza condizioni. Dalla metà del settecento la produzione diventa più uniforme grazie anche all'accentramento di alcune zecche. E' questo già un piccolo sunto, un sunto secondo Lucia Travaini diciamo, che ricopre alcune notizie già riportate, ma anche alcune approfondite o nuove. Vediamo se riusciamo ad avere notizie anche di Palermo e Cagliari o altro ancora....2 punti
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Si certo che mi riferivo a te fofo :blum: e non a @@francesco77, conoscendo il tuo giusto amore e passione per le fiorentine, monete ovviamente :blum:, ho pensato se dovesse arrivare una brutta tegola per Firenze spero che la prenda bene :blum:, poi è la storia e la numismatica che ci danno le informazioni e i dati ed è giusto saperla e conoscerla. Terrei fuori da questa discussione però, molto specifica, gli ambiti commerciali e i valori, cerchiamo di capire quando partono le coniazioni a macchine nelle zecche principali. Certamente ci manca Palermo come dicevo, Cagliari che ne pensi @@bizerba62 o @R-R, e credo anche qualche altra....poi effettivamente una tabellina finale di riassunto un po' per tutti la meriterebbe la discussione.... Certamente nel vedere certe monete napoletane bellissime con gli stessi regnanti che c'erano poi anche a Milano, Carlo V, Filippo II....qualche idea di approfondimento anche iconografico indubbiamente può venire, ma avremo modo su questo magari di parlarne più avanti.....2 punti
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Salve a tutti amici forumisti. Vorrei condividere con voi l'acquisto della mia prima medaglia. L'avevo vista circa sei mesi fa per la prima volta e me la lasciai sfuggire. Mi interessò talmente tanto al punto di comprare anche un libro antico che trattava della spèlendida figura del Duca di Bordeaux, Enrico V. Non conoscevo nulla di questo straordinario personaggio cattolicissimo e controrivoluzionario e poi, essendo io molto legato a San Michele Arcangelo, non potevo una seconda volta perderla. Ecco qui le foto.2 punti
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Che lo emetta dell'EXPo lo spero proprio,che sia' colorato ma anche NO..;)2 punti
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@@TONDELLO Diffidare in numismatica e' buona cosa perché ti invita ad approfondire e a studiare. Su ebay ci sono tanti "furbacchioni" come ci sono tanti periti e studi di numismatica di prim'ordine, basta farsi consigliare e chiedere pareri possibilmente PRIMA degli acquisti. Ciao2 punti
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Ciao Mario, ma guarda che il mio suggerimento non vuol certo creare le basi per una gara su chi fu la prima zecca ad utilizzare "gli ingegni" ma è mirato a creare un file di aiuto per coloro che desiderano iniziare una collezione sulla monetazione moderna e a chiarirsi le idee su come impostare al meglio la propria raccolta. Mi spiego meglio: oggi chi colleziona in genere monete moderne inizia sempre da quelle emissioni battute al bilanciere e mai da quelle al martello, si tratta ovviamente di una situazione generale basata su idee che mi sono fatto interagendo in questi anni con vari collezionisti e non si tratta certo di una regola fissa per tutte le zecche. Su Napoli e Palermo potrei farti degli esempi molto pratici sul criterio di apprezzamento dei numismatici e su come vengono impostate le varie collezioni: ci sono collezionisti che si dedicano esclusivamente alla monetazione meridionale battuta al martello ed in particolare dal periodo medievale fino a quello vicereale ed in particolar modo al 1666, anno in cui venne coniata l'ultima moneta d'argento al martello (cfr. immagine del rarissimo carlino di Carlo II per Napoli e di qualche altra immagine a titolo illustrativo), questi ovviamente inseriscono nelle proprie raccolte anche le ultimissime monete in rame battute martello perchè secondo loro e secondo i loro gusti la monetazione al martello è artisticamente più bella e la più originale. ............ Poi ............... ci sono quelli che collezionano monete partendo esclusivamente dal periodo numismatico moderno e cioè da tutte quelle monete battute al bilanciere perchè secondo loro le monete al martello sono troppo intricate e irregolari, insomma, collezioni impostate in maniera diversa secondo i diversi punti di vista. In conclusione caro Mario ci terrei a sensibilizzare un po' tutti sull'argomento perchè la teoria su Napoli è uguale un po' per tutte le zecche: aggiungo che ci sono molti collezionisti che collezionano esclusivamente monete del periodo borbonico e cioè quelle comprese tra il 1734 al 1859 (secondo te lo fanno per una questione ideologica o per altro?), se tale tabella fosse alla portata di tutti forse molti di questi ultimi inizierebbero a pensare di collezionare non più monete dal 1734 ma dal 1680, proprio perchè a Napoli il grosso della produzione monetaria al bilanciere iniziò in quell'anno. ....... e poi diciamoci la verità, le monete napoletane comprese tra il 1680 e il 1734 sono tra le più belle in assoluto e ad oggi risultano essere sotto-stimate a livello commerciale proprio per i suddetti motivi, questa tua discussione potrebbe fare quindi essere un propulsore per tutti coloro che desiderano spendere poco e tesaurizzare monete di elevato livello artistico, ma mi riferisco ovviamente a tutte le zecche e non solo a quelle di mio interesse. Secondo il mio punto di vista questa discussione è importante e se impostata con un certo rigore scientifico potrebbe portare ottimi risultati. A presto, Francesco2 punti
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ciao silver, mi spiace per la "fregatura" (anche se, trattandosi di un investimento complessivo di 30 euro non perderai il sonno)…. quello che vorrei invece farti capire (e scusa se mi permetto, ma sono anche io un quasi neofita sul sito e un numismatico in costruzione) è che su questo forum gli utenti più esperti danno consigli e pareri (soprattutto quando si tratta di valutare o ancora meglio decidere se acquistare o meno) di alto altissimo livello. Che oltre a dover esser presi in considerazione sono dati per tutelare altri utenti meno esperti (mi ci metto tranquillamente anche io) e salvaguardarli dal rischio di spendere male i propri soldi (soprattutto oggigiorno che ne circolano pochini)... Nel tuo caso specifico il tenore dei tuoi post è cambiato notevolmente (cocciuto ad oltranza all inizio, molto più conciliante adesso, guarda caso quando le monete son arrivate e non son affatto nella conservazione da te anticipata). Siamo una comunità e ci son un sacco di persone che usano la propria competenza per aiutarci/si. Bisognerebbe approfittarne (nel senso buono del termine) non mettersi sulla difensiva pretendendo anche di dimostrare che il sole è verde…)2 punti
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Anche se non è del Regno delle Due Sicilie è ,comunque,una bella medaglia con una bellissima iconografia. :good:2 punti
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Apprezzabili ed interessanti tutti gli interventi di questa discussione, volevo consigliare a Mario di raccogliere alla fine tutti i dati e le info e creare se possibile una tabella dove inserire in ordine cronologico tutte le zecche italiane che coniarono monete al bilanciere.2 punti
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Perchè tu non bazzicavi sul forum ai tempi del mitico "libroverde" e delle leggende del GK !!! :rofl: :rofl: :rofl:2 punti
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In realtà a Roma fu Urbano VIII a volere un torchio idraulico "per imprimere le monete con la maggior celerità e la miglior forma". Esso fu collocato nella zecca in Vaticano, mentre a Castel S. Angelo le monete erano ancora impresse manualmente. Furono coniati testoni al torchio a partire dal 1635 (anno XII) sebbene in modo discontinuo e negli ultimi anni di pontificato si tornò alla coniazione manuale degli stessi. Nell'altra importante zecca Pontificia, Bologna, la meccanizzazione fu opera di Bartolomeo Provagli (zecchiere dal 1653 al 1673) che costruì 2 torchi certamente in funzione nel 1666 per battere dei carlini (madonnine). (sotto un testone di Urbano VIII battuto al torchio (anno XIV, 1637-38).2 punti
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Taglio: 2 euro cc Nazione: Grecia Anno: 2013 Accademia di Atene Tiratura: 742.500 Condizioni: B Città: Milano2 punti
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la storia è storia ... comunque questa è un tantino (tantone, direi) retorica ... :D :D (la realtà era altra ...)2 punti
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Sto cercando di capire quando iniziarono in tutte le zecche italiane quando ci fu la prima coniazione a macchina, al torchio, argomento tecnico ma molto generalista, che spero possa coinvolgere tutti o il più possibile, condividendo questo aspetto che decisamente cambiò la numismatica. In particolare sono partito nel vedere cosa successe a Milano, ma di riflesso mi interesserebbe avere notizie su Napoli, Messina, Cagliari che ebbero gli stessi regnanti nel periodo spagnolo. Cercare quindi di capire quali furono le prime zecche a capire le nuove tecnologie e sotto quale regnante e poi usarle. Per Milano ne abbiamo parlato l'altra sera nella chiacchierarata al CCNM con Alessandro Toffanin e altri studiosi e collezionisti di monete milanesi, ufficialmente Milano conia con Carlo VI una doppia in oro nel 1720 e per l'argento un 60 soldi del 1725, quindi arriva tardi rispetto ad altre zecche. Che sia stata poi veramente coniata a Milano, personalmente e anche ad alcuni partecipanti della serata, il ragionevole dubbio rimane per l'impronta tipicamente austriaca per cui potrebbe anche essere stata una coniazione per Milano fatta in una zecca austriaca. Però attenendosi al Crippa, così è per quanto rimane Milano, se così non fosse, ovviamente dovremmo rivolgerci alla successiva monetazione milanese di Maria Teresa, escludendo però la serie dei filippi e loro sottomultipli coniati ancora a martello. Ovviamente ogni commento anche su Milano sarà gradito, ma certamente l'intento è di unire tutti, da Napoli, Firenze, Genova, Venezia.....facendo tutto questo nella sezione moneta moderna probabilmente non avrei ottenuto questo intento e pochi l'avrebbero letto, qui spero e mi auguro di raggiungere tutti o molti....conoscere e condividere sul forum..... P.S. Allego anche link preso da Internet con esempi della doppia di Carlo VI in oro e il da soldi 60 in argento sempre dello stesso. http://www.rhinocoins.com/ITALY/MILANO/cimp.html1 punto
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Cenni storici Prima di parlare della zecca di Lecce si rendono indispensabili alcuni cenni storici sulla figura del principe cui per primo va ricondotta la paternità della zecca cittadina : Giovanni Antonio Del Balzo Orsini conosciuto anche come Giannantonio, figlio di Raimondo Del Balzo Orsini e di Maria d’Enghien (che alla morte del marito divenne regina di Napoli sposando re Ladislao). Fu Principe di Taranto, Duca di Bari, Conte di Lecce, Acerra, Soleto e Conversano dal 1406, Signore di Altamura, nonché Conte di Matera dal 1433 e di Ugento dal 1453. Non a caso in una relazione inviata da Napoli, regnando Alfonso I il Magnanimo, si indicava Giovanni Antonio al primo posto tra i signori feudali del regno. Padrone di 400 castelli, 70 città vescovili e 30 città arcivescovili egli poteva viaggiare da Taranto a Salerno senza uscire dai propri domini :” Lo principo da Taranto è signore da per sé in lo Reame de più de quatrocento castelle. E comenzia il suo dominio da la porta del merchà de Napoli lunzi oto milya a uno locho se chiama la terra de Marignano e dura per XV zornade per fina in capo de Leucha; e chi lo chiama lo Sacho de terra de Otranto e dura per melya quattrocento e più. E li ve sono quante terre principale e grande oltra le castelle preditte et primo Tarrantina, dove è lo archiopisco, Vrindige, Lezza, Convertino, Otranto, Nardò, Mathera, Gallipoli, Insula de mare, Oyra, Miragna, Astone, Altamura, Minervino, Santo Pietro in Gallatina, Massafra, La terza, Castelanetha, Le gratalye, Ociento, Cassalnovo, Pallignano, Ascoli de Capitaniato, Rutilyano, Conversano, Gravina, La Cerra, Marignano, Chaliffri. Item lo principo anteditto de Taranto ha sotto di sé pillyato tutto lo ducato de Barri, da poi la morte de messer Jacopuzzo Caldora”. Pertanto con una tale consistenza patrimoniale, paragonabile a quella della stessa corona, il Principe poteva condizionare non solo la politica del regno ma, come vedremo, anche la successione al trono. Già precocemente egli venne coinvolto nelle lotte dinastiche per la successione al trono di Napoli. Nel 1421, la regina Giovanna II (sorella del precedente re Ladislao) aveva adottato come figlio ed erede Alfonso V re d’Aragona, quale REGINE DEFENSOR. Appena 2 anni dopo, scontenta dell’atteggiamento di Alfonso che intendeva esercitare anzitempo il potere regale, revocava l’adozione e disponeva nel proprio testamento che alla sua morte la corona passasse a Renato d’Angiò Valois Provenza (II casa d’Angiò) Denaro di Giovanna II d’Angiò ed Alfonso I d’Aragona (REGINE DEFENSOR) . Alla morte della regina (2 febbraio 1435) Alfonso, partendo dal suo regno di Sicilia, cercò di riprendersi con le armi il regno di Napoli. anche in considerazione del fatto che il pretendente angioino era prigioniero del duca di Borgogna che gli rivendicava il ducato di Lorena. Inizialmente Alfonso andò incontro alla sconfitta navale di Ponza da parte di una flotta genovese inviata dal duca di Milano Filippo Maria Visconti e fu fatto prigioniero insieme a Giovanni Antonio. Conseguentemente Isabella di Lorena, moglie di Renato, poteva raggiungere Napoli dove, ricevuta con tutti gli onori, governò come reggente per quasi 3 anni. Renato, riuscito a riscattarsi dal Borgogna, giunse a Napoli solo nel maggio 1438. Ma già 3 anni dopo Alfonso assediava la città partenopea, conquistandola il 2 giugno 1442. Renato si trovò così costretto a ritornare in Provenza quello stesso anno e , sebbene conservasse il titolo di re di Napoli, non ne recuperò mai il potere effettivo e restò pretendente fino alla sua morte (1480). Il 26 febbraio 1443 Alfonso fece il suo ingresso trionfale a Napoli, e risuscitando, da buon umanista, il corteo dei trionfatori antichi vi entrò su un carro dorato. Giovanni Antonio, Gran Connestabile del regno, che aveva contribuito in maniera determinante al successo dell’aragonese e alla sua ascesa al trono, desiderava condividere gli onori del vincitore e pretendeva pertanto di sfilare dietro al carro trionfale accanto al re e non avanti al carro, fra i baroni sottomessi con la forza dal sovrano. Tale arroganza indispettì il sovrano che diede ordine al maestro di cerimonia di far sfilare tutti i baroni dietro al carro trionfale, esattamente come si trova rappresentato nei marmi del monumentale ingresso di Castelnuovo Ingresso trionfale di Alfonso il magnanimo a Napoli: arco inferiore del portale di ingresso a Castelnuovo Fu allora che si incrinò la solidità della coesione tra gli interessi del barone più potente del regno e quelli della corona. Fu allora, dopo la vittoria, che “il re cominciò a conoscere che il principe era un altro re “, ponendo i presupposti della reciproca diffidenza che da quel momento avrebbe caratterizzato i rapporti tra feudatario e sovrano. Tuttavia per la stabilità politica del regno s’imponeva, con urgenza, la necessità di assicurare a Ferrante, figlio bastardo ed erede designato di Alfonso a Napoli, il consenso della feudalità regnicola. Tale obiettivo poteva essere raggiunto solo attraverso un alleanza matrimoniale con il suo più influente esponente, il principe di Taranto che, in assenza di figli legittimi dal suo matrimonio con Anna Colonna ( nipote di papa Martino V), aveva nominato erede del principato la nipote Isabella Chiaromonte, figlia di sua sorella Caterina. Dopo le nozze tra Isabella e Ferrante (1445) sia il papa che i baroni riuniti nel Parlamento del regno accettano di riconoscere la successione del figlio naturale. Dopo la morte di re Alfonso ( 28 giugno 1458) Ferrante (Ferdinando I), successore designato Coronato di Ferrante I d’Aragona (rovescio) con scena dell’incoronazione di Barletta Sebbene invii prontamente segnali di pace ai pur sempre riottosi baroni, assicurandoli di voler governare “ con l’amore di lor signori “, i nemici di sempre si rifanno vivi ed in particolare i cugini aragonesi di Spagna ( con pretese di successione in luogo di “el bastardo”), i pretendenti angioini e molti baroni filoangioini del regno. Nuova molla alla sollevazione dei baroni (I congiura : 1459-1463) è la discesa in Italia (ottobre 1459) di Giovanni d’Angiò, figlio di re Renato e sedicente duca di Calabria. Giovanni d’Angiò Il principe di Taranto, grande assente alla cerimonia di Barletta, inizialmente assume posizioni ambigue e contraddittorie, ponendosi ora come interlocutore privilegiato del re, ai cui ambasciatori si dichiara suddito fedele, ora come sostenitore del pretendente angioino (Angiò-Valois-Provenza), non dimentico che i Del Balzo (De Baux) sono pur essi di origine provenzale. In pratica egli confina nell’ambito delle ipotesi non remote la possibilità di una propria aspirazione al trono di Napoli o almeno ad una iniziale reggenza come riporta il Nunziante (“lo Reame vivente esso principe lui lo habia ad regere et governare pro suo arbitrio voluntatis, cum protestate de togliere et de donare a chi meglio glie parerà “). Ma ben presto Giovanni Antonio appare evidentemente l’unico alleato su cui il pretendente angioino possa contare concretamente e diventa l’anima della rivolta, traendo dalla sua parte i potentissimi baroni filoangioini tra cui Marino Marzano, duca di Sessa e principe di Rossano, il secondo barone più potente del regno e cognato del re. Il 7 luglio 1460 le forze riunite del principe di Taranto e del pretendente angioino sconfiggono le truppe di Ferrante alla foce del Sarno, ma il 18 agosto 1463 con la battaglia di Troia i legittimisti aragonesi, con l’aiuto determinante dell’eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg, mettono definitivamente in rotta le forze confederate ribelli. Il 21 settembre 1463 Giovanni Antonio, con il preciso obiettivo di conservare cariche, privilegi e domini, chiede ed ottiene di riconciliarsi con il re a patto di privare del suo sostegno il pretendente Giovanni, tornato in Provenza. A tal proposito va notato che questa tendenza a giocare la partita su più di un tavolo coinvolgeva un po’ tutti i personaggi interessati, re compreso, all’epoca della I congiura dei baroni ed avrebbe raggiunto l’acme all’epoca della II congiura dei baroni. Morte di Giovanni Antonio de Balzo Orsini: Così scrive il De Simone: “Dopo il ritorno di re Giovanni in Francia, Giovanni Antonio chiese la pace e mentre si trovava in Altamura gli furono inviati Antonello Petrucci ed il cardinale Rovarella per comporla nel mentre, si disse, nel campo del re si tramava la morte del potente feudatario. Della congiura facevano parte: Paolo Tricarico, Antonio D’Ayello, Antonio Guidano da Galatina, Giacomo Protonobilissimo, Gaspare Petrarolo (il cui congiunto Gabriele era rinchiuso nella Torre del Parco). Giunti in Altamura trovarono il Principe con febbri malariche e così diffidente da minacciarli di morte. Allora il Guidano e l’Ayello, sicuri della ricompensa reale, entrarono di notte nella stanza da letto e lo strangolarono (15 novembre 1463 ). Il partito aragonese sostenne che fosse morto per cause naturali, ma i premi e gli onori che toccarono ai congiurati rivelarono chiaramente le intenzioni del re. Il suo corpo, secondo le disposizioni testamentarie, fu trasportato in Galatina, accompagnato dai vescovi di Otranto, Gallipoli, Castro ed Ugento e tumulato in abito da frate nella chiesa di S. Caterina, sacrario della famiglia”. Dopo la morte provvidenziale di Giovanni Antonio il re, guardandosi bene dal rispettare le volontà testamentarie del defunto e della vedova Anna Colonna, si precipitò a Lecce nel dicembre 1463 ed incamerò nel demanio regio il principato di Taranto, la contea di Lecce e le ricchezze della famiglia (ammontanti ad oltre un milione di ducati) nella qualità di marito di Isabella Chiaromonte e deliberatamente ignorando i diritti di successione spettanti ad Anghilberto del Balzo, marito di Maria Conquesta, figlia illegittima di Giovanni Antonio. E per porre la parola fine a quello che aveva rappresentato “ uno stato dentro lo stato “ re Ferrante disintegrò il sistema di alleanze e parentele del principe. ....................... continua. ......................1 punto
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https://word.office.live.com/wv/WordView.aspx?FBsrc=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fdownload%2Ffile_preview.php%3Fid%3D653264478126506%26time%3D1412878274%26metadata&access_token=682379356%3AAVKySH1lbbhN0t96SmsXsheCTdBBSOcRr535S6x_EH-YCA&title=CARLO1.doc senza nessuna pretesa numismatica avevo solo un po di tempo da perdere :crazy: :blum: :angel:1 punto
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Grazie. Questo spiega perché sul sito dell'Agenzia delle entrate non l'ho trovanta tra le onlus. Non so se sia possibile destinare il 5 per mille... bisognerebbe chiedere a un commercialista.1 punto
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Le ho mandato un messaggio privato con la mia mail , non ho problemi a farle le copie del secondo volume e inviale in Lombardia poi Lei fa il pdf . Saluti1 punto
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San Francisco 1894 Più ancora del 1873-CC No Arrows, il 1894-S è il "Santo Graal" dei collezionisti di dimes Incluso per decenni in una sorta di "triumvirato" delle monete americane più ambite, insieme al 1913 V-Nickel e al 1804 Dollar, è oggi classificato da Jeff Garrett al 4° posto tra le 100 Greatest U.S. Coins, dopo la 1933 Double Eagle, ma prima del dollaro 1804. Il motivo di questo interesse, oltre all'oggettiva rarità, è dovuto, come per molte altre monete americane, alla storia che c'è dietro. Su un punto sono tutti d'accordo: nel 1894 a San Francisco furono coniati solo 24 dimes, presumibilmente nel mese di giugno. E' sui motivi di una coniazione così risibile che cominciano le dispute Una prima spiegazione apparve già nel 1895, in un articolo del San Francisco Bulletin. L'articolo citava un rapporto di un dipendente della Zecca, nel quale si sosteneva che un numero molto piccolo di dimes era stato coniato per pareggiare un disavanzo nei libri contabili. La teoria fu portata all'attenzione dei numismatici nel 1928 all'interno di un articolo di Farran Zerbe apparso su The Numismatist. Se la teoria fosse vera, si tratterebbe di una situazione unica, in quanto non è mai successo nulla di simile in nessuna delle altre filiali della Zecca. Resterebbero però due cose da spiegare: perché, a fronte di uno sbilanciamento dichiarato di 40 centesimi, siano stati coniati 24 dimes, ovvero 2 dollari e 40, e perché questi dimes sono stati coniati in una finitura definita da sempre prooflike, se non addirittura proof. Insomma, si sarebbe prestata la massima cura possibile per produrre una manciata di monetine che dovevano servire solo a coprire un modestissimo sbilanciamento. Un'altra teoria, forse più vicina al vero, tira in ballo John Daggett, l'allora Sovrintendente della Zecca di San Francisco. Daggett avrebbe fatto coniare i 24 dimes su esplicita richiesta di alcuni suoi amici, probabilmente banchieri, e ne avrebbe distribuiti tre ciascuno a sette di loro, tenendo per se gli altri tre. Questa teoria non tiene però conto del fatto che sicuramente due dei 24 esemplari sono stati inviati alla Assay Commission, che li ha rifusi per effettuare i suoi test. I conti dunque non tornano, ma è certo che Daggett ne tenne tre per se, anzi, li regalò a sua figlia Hallie, allora soltanto una bambina, raccomandandole di preservarli con grande cura fin quando non fosse stata grande, perché a quel punto il loro valore sarebbe stato altissimo...Hallie ne spese subito uno per comprarsi un gelato Il dime di Hallie (o presunto tale) sarebbe stato poi ritrovato molti anni dopo, coi segni di una lunga circolazione, ed è oggi conosciuto come "ice cream specimen". Eccolo qui, la sua conservazione stimata è Good-04 Per gli altri due, però, Hallie seguì il consiglio del padre, e li vendette nel 1954 a un commerciante numismatico californiano, per una cifra che non sono riuscito a trovare ma che presumo elevata per l'epoca. Ho invece un riferimento per l' "ice cream specimen", passato in asta da Bowers & Merena nel marzo 1989 per 33.000 dollari. Di più sulla loro origine non si sa, l'unico altro dato certo è che dei 24 esemplari di 1894-S dime, solo 9 sono quelli oggi conosciuti (si discute sulla possibile esistenza di un decimo esemplare). Di questi, due, il già ricordato "ice cream specimen" e un altro, classificato About Good-03, portano i segni di una lunga circolazione. Il secondo sarebbe stato ritrovato nel 1957 in un Gimbels Department Store, in una scatola di cianfrusaglie, e acquistato per 2 dollari e 40 Gli altri sette, al contrario, sono in altissima conservazione, stimati tra Proof-60 e Proof-66. Quello in foto, chiuso da PCGS come PR-64+ è con ogni probabilità l'esemplare che detiene il record del prezzo più alto. E' stato infatti venduto in trattativa privata, nel luglio 2013, per una cifra non esattamente precisata, ma dichiarata superiore ai 2 milioni di dollari! petronius1 punto
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Mario per Firenze a me risulta 2 anni prima nel 1574 nel settembre. La zecca di Firenze rimane comunque una tra le più importanti e più belle, come si evince anche dalla bellezza delle monete prima dell unità d Italia.1 punto
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E, mentre in Italia si ascoltava Raf, Righeira e Novecento, nel 1984 in America nasceva un gran successo di Al Jarreau, ed ancora mi domando "io dov'ero".1 punto
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chissà dove sono finiti tutti quelli che commentavano in questa discussione, all'inizio dell'anno quando mi sono iscritto c'era molta più gente che commentava e dava pareri, mo sono spariti quasi tutti :confused:1 punto
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Infatti a volte ci rimango male da come sviliscono le monete, però scusate ma non ho voglia di prendere una reflex da 700 euro. .. piuttosto mi prendo un marengo e un littore :lol: :lol: e metto le foto del venditore B)1 punto
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Mi pare che la confusione e la mala informazione regnino sovrani. Il paletto dei 50 anni è, praticamente, l'unica cosa giusta che hai detto. Per tutto il resto, non ne hai indovinata una. La legge prescrive che la culturalità venga definita dai preposti nei casi in cui vi sia e non esclusa nei casi in cui non vi sia. La documentazione di lecita provenienza è ciò che difende l'acquirente, finale o intermedio, e viene richiesta e rilasciata nelle forme e limiti prescritti dalla legge stessa, quindi ha piena validità giuridica e ai fini della determinazione della attribuzione della responsabilità di un eventuale illecito, ad altro non serve. NON E' UNO SCUDO PER IMPEDIRE IL SEQUESTRO PROBATORIO O CAUTELATIVO, E NON PUO' ESSERLO DATO CHE QUESTO E' SOLO UNO STRUMENTO GIURIDICO TEMPORANEO, né più né meno che il fermo di una automobile a seguito di incidente con feriti. La transazione tra privati, non si sottrare alle stesse regole che guidano le transazioni tra esercenti e privati, perché si presume che tutte le monete oggetto di trattativa siano di provenienza lecita, quindi un privato che cede a qualsiasi titolo ad un altro privato, avrà tutto l'interesse a documentare l'avvenuto trasferimento di proprietà. OVVIAMENTE SE LE MONETE IN OGGETTO DELLA CESSIONE SONO MONETE CHE GIA' HANNO UNA PROVENIENZA LECITA. IN CASO CONTRARIO E' OVVIO CHE L'INTERESSE NON C'E'. una Vetta d'Italia, NON riveste un particolare interesse culturale, così come NON lo riveste un comune denario repubblicano, repertoriato in multipli esemplari. Questo è quello che la norma prescrive. La questione è che mentre una Vetta d'Italia, per le sue intrinseche caratteristiche di esecuzione è facilmente attribuibile alla sua categoria, e SE NON HA particolarità che la differenzino dalle altre NON riveste interesse culturale, un denario repubblicano,un grosso medievale o una testone rinascimentale, , per le loro caratteristiche di esecuzione, sono sempre differenziati dagli analoghi, quindi va verificata , nel singolo caso,la mancanza di particolarità per NON attribuirgli un interesse. L'impasse e le motivazioni della complessità del mercato delle monete antiche, sta tutto qui. Però : vendere e comprare monete antiche e non, è perfettamente lecito. Basta che le transazioni siano tracciabili e che le monete NON abbiano provenienza illecita. NON servono né attestazioni di mancanza o presenza di interesse particolare, tant'è vero che si possono comprare e vendere tranquillamente anche tutte le monete e gli oggetti archeologici che siano stati notificati dallo stato come " aventi un rilevante interesse storico archeologico" né più né meno che come tutti gli altri che tale notifica non l'hanno e non la meritano. La casa d'aste Pandolfini, sono decenni che li vende e sono decenni che i suoi clienti li comprano. Quindi non è di per se un illecito trattare oggetti con attestazione di interesse culturale, anzi: casomai è una garanzia di autenticità e valore. Concludendo: per acquistare una moneta antica, ovvero da 50 anni in su, ( ma anche un vaso etrusco) è sufficiente che la stessa abbia una provenienza dichiarata e che chi vende o cede il bene ne permetta la tracciatura. Per le transazioni commerciali vale la fattura/ricevuta, riportanti i dati identificativi degli attori, così come richiesto dalle norme vigenti, e la certificazione fotografica prescritte dalla legge. Per le transazioni tra privati, una scrittura privata e una copia della documentazione di acquisto precedente alla transazione sono necessarie , se si allega anche una foto del bene( qualora non già presente nella documentazione precedente, si fa ancora meglio. RICORDIAMOCI SEMPRE CHE IL COMMERCIO DELLE MONETE E DEI BENI ANTICHI ( COMPRESI QUELLI ARCHEOLOGICI) E' PERFETTAMENTE LEGALE E PERMESSO IN ITALIA ED E' REGOLAMENTATO, NELLA CONCESSIONE DELLE RELATIVE LICENZE, DALLA LEGGE 127 PS. Spero di aver contribuito a fare un po' di chiarezza e a ridurre questa assurda caccia alle streghe che leggo nei post come quello sopra di Gianivy1 punto
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Ciao Tondello, E-bay non e' da demonizzare, non e' corretto fare di ogni erba un fascio. Come nella vita reale, ci sono venditori onesti, meno onesti, truffatori, delinquenti. Se dovessi tirare una riga e valutare fino ad oggi cosa ho ottenuto da e-bay, devo dire da principiante quale sono di aver speso a volte troppo, come in questo caso, a volte i giusto, a volte poco. Sono le monete piccole che mi hanno dato maggiori problemi, mentre con quelle di dimensioni grandi ho avuto molti meno problemi. Ho comprato 3 grana 120 pagandoli qualcosa meno. Ho comprato 13 dollari morgan tutti FDC Pagandoli quancosa meno. Ho comprato 1 medaglia papale pagandola qualcosa meno. Ho comprato 1 moneta d'argento romana Otacilia pagandola meno della meta' del suo valore. Ho comprato 6 denarius risultati falsi ( ho pagato con paypal ed ho ottenuto il rimborso in 3 gg). Ho comprato da circa 10-15 monete dichiarate fdc o spl che in realta' risultano essere BB o BB+ pagando molto poco se fossero state fdc , pagando qualcosa in piu' essendo BB. Ho comprato 3 talleri, due dei quali pagati circa 5 euro in piu' ed uno pagato qualcosa meno. Se consideri che ho iniziato da zero circa 3 mesi fa, non credo di essermi fatto tanto male. Quello che importa e' avere l'umilta' di capire dove si sbaglia, ed imparare dai propri errori. Devo ringraziare tutti i ragazzi che mi hanno bacchettato e commentato i miei post perche' mi hanno aperto gli occhi su svariate problematiche inerenti alla qualita' ai dettagli ecc.. Sto imparando velocemente e questa e' l'unica cosa che conta. Saluti Silver1 punto
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Infatti da un punto di vista artistico le medaglie francesi inerenti la Berry e i suoi discendenti sono ottime. Se non erro sul catalogo Lamoneta è stata creata una sezione appositamente per queste medaglie, il testo di riferimento è di Henry Bauquier edito a Parigi nel 1951.1 punto
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Taglio: 2 euro cc Nazione: Belgio Anno: 2006 Tiratura: 5.000.000 Condizioni: B+ Città: Milano1 punto
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Mi permetto di dare un piccolo contributo relativamente all'inizio delle coniazioni al torchio nella zecca di Roma: Saverio Scilla, nel suo libro del 1715 "Breve notizia delle monete pontificie antiche e moderne", riporta che l'inizio ufficiale delle coniazioni al torchio si ebbe nel 1650 sotto il pontificato di Innocenzo X. Cito testualmente: "1650 - in quest'anno cominciò la Moneta nuova ben fatta, e rotonda". In un altro passaggio riporta: " Con le Monete nuove principia la bella forma, e scoltura delle dette, come seguita al presente [1715]. Nell'Anno Santo 1650, 7. di Innocenzo X fu cominciata a battere a ruota, e tagliare rotonda la Moneta, con perfezione maggiore della moneta vecchia, che era per lo più malamente scolpita, battuta con mazze e tagliata informe". Complimenti per la discussione, davvero interessante e di alto profilo...1 punto
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Scusate ma 10 euro non li pagherei mai per questa moneta, per me poco sopra al bb, direi che 4-5 sono più che giusti anche se non pagherei nemmeno quelli.1 punto
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Come vedo si parla dello stesso anno di Firenze, ad Aosta nel 1575 vennero introdotte le macchine a forza d acqua, chiamate a Molino di modello Tedesco. Un documento,conservato all Archivio di Stato di Firenze, attesta che già in data 5 ottobre 1565 l invenzione fu sperimentata a Firenze, alla presenza del Duca.(Francesco dei Medici). Sistema che rendeva più evidente e meno praticabile l antica piaga della tosatura.1 punto
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Buonasera Gent.mo utente, Premetto che paleso le mie opinioni senza mai avere ancora visto di persona un tondello di cui sopra. La questione è assai complicata. Certamente non è possibile definire un tondello senza gli opportuni studi e senza che questi studi siano effettuati su tutti gli esemplari arborensi o definiti tali. E. Piras deve e può pensare ciò che ritiene più opportuno in base alle sue conoscenze ma non devesi scordare che le teorie non devono diventare verità assoluta. Se non sono monete (che siano anepigrafi se c'è una lettera gotica è falso e che siano senza legenda non esclude a priori che fossero delle monete anche magari sperimentali) e sarebbero dei pesi (ma tra i sette esemplari non c'è nemmeno un peso eguale e corrispondente), cosa potevano pesare dei tondelli in rame? Se il circolante in quel tempo era di gran lunga di lega il cui pregio era riconosciuto... Purtroppo l'irreperibilità dei nominali lascia spazio a qualunque cosa ma mi pare di vedere, nella pubblicazione Sollai- Castellaccio che un tondello anticipi il cagliarese nella tematica: una croce con 4 punti che richiama se vogliamo, la politica arborense. Circa le difficoltà che si riscontrano prendendo in considerazione misure e pesi, beh, anche questo può essere a favore della monetazione: differenti tagli ma anche si deve considerare l'usura del tondello che può anche includere la naturale eliminazione di una probabile legenda. Che questa pseudo monetazione sia di vile fattura, non significa che ''non fosse degna di un re''... in quanto i ''re'' arborensi (per altro mai riconosciuti come tali) che non ha già di per se i connotati di un vero e proprio monarca, non credo avessero necessità di battere moneta per rivendicare la potestà sul giudicato (cosa che pare invece nelle narbonesi) o di battere vero e proprio circolante che come sappiamo era costituito da altri nominali alloctoni (Firenze, Pisa, Genova etc etc) ma credo, per ora, che siano veramente tondelli sperimentali. Lo studio sulla lega è da escludere data la rarità dei pezzi. Continuare a studiare gli eventi politici, le occupazioni territoriali, cercare negli archivi, questo ci resta! Ora sono fuori città e non ho il volumetto vicino per cui non ricordo i precisi eventi per cui il Castellaccio attribuisce addirittura i tondelli a dei giudici precisi ma credo si debba incedere con cautela anche se tutte le ipotesi non sono da escludere e nutrono la ricerca a prescindere dalla loro validità. Cordiali saluti, FS1 punto
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Buona serata Innanzitutto lasciati dire che la 1/2 lira (chiamata anche Marcello) di Pietro Lando, non è niente male; il viso del doge è sorprendentemente ben demarcato, molto di più di quello di S. Marco e del Redentore. In seconda battuta, ma questo l'avrai inteso facendo scorrere i tipi che hai trovato in rete, le monete veneziane si distinguono molto tra loro, anche se a nome del medesimo doge, per le iniziali del massaro che temporaneamente sovrintendeva alla zecca dell'argento e poi dalla legenda che, spesso, cambia; sia nelle abbreviazioni, sia nell'interpunzione. Oltre a ciò ci possono essere ulteriori "varianti", come nella tua c'è la lettera B tra i piedi del Redentore, mentre in altre c'è la lettera A. Per non parlare, poi, delle "variabili" che esistono nella medesima moneta, ma a nome di dogi differenti...... insomma, l'avrai capito anche tu; monetazione non molto facile....... :mega_shok: impossibile da tenere tutta a mente, ma non è questo il bello che spinge alla ricerca? Mi pare che tu sia sulla buona strada. :good: saluti luciano1 punto
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Sperare di fare 200 o 300 Euro con monetine stracircolate come queste (che, per inciso, trovi per pochi centesimi nelle ciotole di qualsiasi mercatino, oppure a peso a pochi Euro al Kg su ebay) è come sperare di portare la nonna ottantenne a vincere Miss Italia truccandola un pò e dandole "una ripulitina" .... gli anni non si tolgono col lifting o con "una ripulitina", in numismatica quando si parla di alta conservazione si intendono monete che non hanno mai circolato e sono quindi ancora nello stato in cui erano appena coniate, non monete ripulite o lucidate. Altrimenti saremmo tutti ricchi, basterebbe comprare qualche chilo di queste monete che sono comunissime e si trovano dappertutto, e farle fare un bel bagnetto.... ma non funziona affatto così. L'unica maniera che hanno le tue monete di poter essere vendibili è dotarsi di una macchina del tempo e farle tornare indietro di una sessantina di anni, al momento in cui sono state coniate.1 punto
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Sono d'accordo con te nel dire che con la serie della quadriga briosa si è raggiunto il punto più alto nella ricercatezza artistica numismatica, probabilmente a livello mondiale. Insieme al 2 lire del cinquantenario (e al relativo 10 centesimi), la serie "briosa" sconfina nella medaglistica per profondità ed accuratezza dei rilievi! Bravissimo @@ihuru3! Finalmente una discussione, appassionata, su una serie che merita ammirazione, e non la solita sfilza di freddi giudizi sulla conservazione!1 punto
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a nome di Federico III d’Aragona (1496-1501) : -in argento, armellino con F nel campo al rovescio (coniato fino al 1497 ?) [CNI XVIII, pp. 279-280, nn. 1-2]. Alcuni cavalli di rame con lettera L in esergo sono stati erroneamente attributi a Lecce (G.M.Fusco, 1846) ma la lettera potrebbe essere iniziale del nome di uno zecchiere (Liparolo ?) per Napoli [Cagiati 1913-1916, pp. 190-191]. Secondo Maggiulli [1871, pp. 128-129] alcuni documenti potrebbero far riferimento anche ad una coniazione di ‘corone d’oro’ in Lecce al tempo di Carlo VIII re di Francia.. Il Maggiulli supporta tale notizia riprendendo dal Coniger la seguente frase : «in eodem jorno (27 maggio 1495) venne la nova in Lecce al Signor Duca (Giliberto di Bransui vicere della Provincia e conte di Matera) che Otranto avia alciate le landiere e che lo castello se tenea per el re de Francia, el detto duca fe’ cento fanti di Lecce e donò una corona per uno e vinti some di grano» e dalla Cronaca di Notar Giacomo la seguente «A di 20 decto (Gennaro 1497) in dì de Sancto Sebastiano de venerdì fò nova in Napoli come illustre signore don Cesaro de Aragonia havea preso Taranto; et che lo magnifico pyerantonio follario de Napoli regio percettore [sic] della predicta maestà personalmente era dintro lo castello con quactro milia Corone et per condurre li francise ad imbarcare in Brindesi» (le dette ‘corone’ di oro valevano «octo carlini et sey grana»). La stessa notizia, come già detto, riporta l’Infantino :”…in queste abitazioni facea egli battere pubblicamente moneta d’argento e d’oro…” Ma tale attribuzione a Lecce sembra altamente improbabile. SEDE DELLA ZECCA Al tempo del principe Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, e precisamente nel periodo compreso tra il 1460 ed il 1463, la zecca (che abitualmente aveva un‘ubicazione centrale – foro, palazzo di governo, piazza del mercato – allo scopo di attirare più facilmente il metallo dei mercanti di passaggio) fu invece posta direttamente nell’abitazione del principe che, come abbiamo già ricordato prima, secondo una corrente di pensiero (Infantino 1634) era nella torre del Parco , solida costruzione che egli aveva iniziato a far costruire nel 1419, ancora giovanissimo, mentre secondo un’altra corrente di pensiero (De Simone 1883, Sambon 1998, Palumbo 1910) era nel castello di città (in castro Licii). Le 2 sedi coincidevano in ogni caso con il centro del potere signorile. Anche le annotazioni contenute nel Quaterno lasciano immaginare che l’ufficio di conio fosse ospitato in castro Licii. La sola testimonianza dell’Infantino (smentita anche dalla Cabella Demani del 1472 che descrive il locum nominato lo Parco senza far menzione alcuna della zecca ) ci riporta alla Torre del Parco, La costruzione della torreripartita in una zona pubblica (il Parco di fuori) destinata a fiere e mercati, che si estendeva fuori delle mura urbane immediatamente oltre porta San Biagio, ed un’altra zona (il Parco di dentro) rappresentata da una cittadella recintata comprendente la torre o Turris prati magni (luogo di delizie e sede della zecca..), sale et camera reale . Per conciliare dati così difformi si può ipotizzare che la zecca di Lecce , nei circa 50 anni di attività, fosse dislocata contemporaneamente in 2 edifici differenti: il castello adibito ad attività contabili, tesoreria ed approvvigionamento di materie prime e la Torre del Parco adibita a laboratorio ed officina monetaria vera e propria; oppure che trovasse spazio, in tempi diversi, sia nei locali del castello sia in quelli della Torre del Parco. E’ difficile stabilire cosa accadde alla zecca di Lecce dopo il novembre 1463 (assassinio del principe di Taranto); l’assenza di documenti lascia il campo alle sole congetture. E’ verosimile che la zecca cittadina, una volta passata sotto il diretto controllo del re di Napoli, abbia avuto sede nel castello di Lecce, nella cui “torre mastra” o Mastio era stato depositato il famoso tesoro del principe fino al momento della sua morte e della successiva requisizione reale ( è nel dicembre 1463 che re Ferrante visita il castello e la torre del Parco ove “ ebbe stanza qualche giorno”) . Per dovere di cronaca va pure riportata un’insistente tradizione popolare, peraltro ripresa da M.Paone, che pone la sede della zecca nelle adiacenze del palazzo comitale di Maria d’Enghien, presso l’odierna piazzetta Pellegrino (un tempo denominata piazza della Zecca !) ove si affaccia il più antico palazzo di Lecce (palazzo Vernazza – Castromediano). BIBLIOGRAFIA: Cagiati M. 1912, La zecca di Lecce, «Apulia» (Martina Franca). Dell’Erba L. 1933, La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel reame di Napoli, pp. 5-66. De Simone L. G. 1874, Lecce e i suoi monumenti descritti ed illustrati, I , La Città, Lecce. De Simone L.G., 1876, Archivio di documenti intorno la storia di Terra d’Otranto, Lecce. De Simone L.G. 1883, Gli studi storici in terra d’Otranto del signor Ermanno Aar, in Archivio storico italiano, IX , p.211. Fiorelli G. 1846, Dichiarazione di alcune monete battute nel reame di Napoli, p 190.”Annali di Numismatica”. Fusco G.M. 1846, Monete inedite. Di alcune monete spettanti ai re di Napoli e Sicilia, in “Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli”, Roma, pp.90-96. Fusco G. V. 1846, Notizie intorno alla zecca di Lecce, in «Annali di Numismatica pubblicati da G.Fiorelli», Roma , pp.190-200.pp. 190- 200. Grierson P. e Travaini L. – Medieval European Coinage. Italy (III) 14, Cambridge 1998. Infantino G. C. 1634, Lecce Sacra ove si tratta delle vere Origini, e Fondazioni di tutte le Chiese, Monasteri, Cappelle, Spedali, ed altri luoghi sacri della Città di Lecce, Bologna, 1973 (Rist. anastatica), pp. 213-214, ed editore Pietro Michele 1634. La porta A. 1977, Introduzione a I.A. Ferrari, Apologia paradossica della Città di Lecce, pp. IX-XXXV. Maggiulli L. 1871, Monografia numismatica della provincia di Terra d’Otranto, Lecce. (ristampa anastatica Sala Bolognese, 1977). Palumbo P. 1910, Storia di Lecce, Ristampa della I Edizione, Galatina, Congedo Editore, 1992, Paone M. 1978, Palazzi di Lecce. Galatina, Congedo Editore Petracca L,2009, La zecca di Lecce negli anni della signoria orsiniana in “I domini del Principe di Taranto in età orsiniana”. Lecce, Congedo Editore. Prota C. 1913, Sulla zecca di Lecce, «Supplemento … Cagiati», 3, nn. 11-12, pp. 37-38. Sambon A.1913 b,” I tornesi falsi di Ferdinando I d’Aragona coniati a Napoli, a Barletta,a Gaeta, a Cosenza, a Lecce, a Capua et a Isernia” in Supplemento…Cagiati III, 5 – 7 (1913), 15 – 21. Fine1 punto
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La zecca di Lecce al servizio del re Alla zecca di Lecce devono essere attribuiti anche alcuni mezzi carlini (o ‘armellini’) con indicazione della officina monetaria in esergo (LICI) sul rovescio, a nome di Ferdinando I (che istituì l’ordine equestre dell’armellino nel 1463- fig. 14-), Ferdinando II e Federico III d’Aragona [CNI XVIII, p. 279; MEC 14, pp. 377-8, 392, 394, 396]. Dalla Cronaca di Notar Giacomo abbiamo notizie specifiche sugli ‘armellini’ di Federico d’Aragona: «A dì 2 de augusto 1497 de mercoridì fo emanato banno per Joyanna da parte del Signore Regente per ordinacione dela Maesta del Signore Re che le armelline facte in Leze se dovessero pigliare per ciascheuno a grana cinque l’una» [Fusco G.V. 1846]. Dopo il 1497 non si hanno altre notizie sulla zecca. Possiamo dunque così riassumere i NOMINALI EMESSI: a nome di Renato d’Angiò (dopo il 1460) : - in argento, carlino (o gigliato) con croce duplicata di Lorena o doppia croce d’Angiò; - in mistura, denari tornesi (di cui a tutt’oggi non esistono esemplari noti). a nome di Ferdinando I d’Aragona (dopo il 1463): - in argento armellino con rosetta nel campo al rovescio .[CNI XVIII, p. 279, n. 1]. (per dovere di cronaca dobbiamo citare un presunto esemplare unico di coronato dell’angelo con busto di Ferrante al diritto ed Arcangelo Michele al rovescio con sigla LICI in esergo (di stile rozzo); [riportato da:A. D’Andrea e C.Andreani in: Le monete medioevali di Puglia,Media Ed., pag.210] . a nome di Ferdinando II d’Aragona (1495-96): -in argento, armellino con F nel campo al rovescio [CNI XVIII, p. 279, nn. 1-3]. ........................ continua ...............1 punto
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