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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/26/17 in Risposte

  1. Salve a tutti. Quest’oggi volevo proporvi una nuova discussione “trasversale”, dato che l’argomento di cui andremo a trattare ci permetterà di spaziare in situazioni storiche e numismatiche dal Mezzogiorno al Settentrione della nostra penisola. Anche questa volta, al centro del nostro dibattito troviamo un sovrano napoletano della dinastia francese degli Angioini, Roberto d’Angiò (1309-1343), autore di una coniazione molto particolare ed estremamente rara che merita di sicuro un approfondimento. Ecco la descrizione del pezzo in esame: Gigliato. D/ + ROBERTUS • DEI GRA IERLM • ET SICIL • REX Robertus Dei gratia Ierusalem et Siciliae Rex. Roberto, per la grazia di Dio, Re di Sicilia e Gerusalemme. Il Re coronato, seduto frontalmente su di un trono con protomi leonine ai lati, tiene nella mano destra lo scettro gigliato e nella sinistra il globo crucigero. R/ + IPPETUU CU SUCCESSOIB DNS TRE PRATI In perpetuum cum successoribus dominus Terrae Prati. Signore in perpetuo della Terra di Prato con i suoi eredi. Croce piana ornata, con le estremità fogliate, accantonata da quattro gigli. CNI XI, p. 345, n° 1 (tav. XXII, n° 4). AR 3,90 g. e 27 mm. (esemplare della Collezione Reale, già ex Collezione Gnecchi, n° 3515). Un altro esempio trovato in rete, dal peso dichiarato di 3,78 g.: Si sa benissimo oramai che il gigliato fu una moneta ampiamente accettata in molti luoghi diversi tra loro, non solo d’Italia, ma anche d’Europa e addirittura fu imitata e scambiata nelle zecche e negli Stati dell’Oriente Latino. Tale fama scaturisce dalla bontà della lega utilizzata per la coniazione di queste monete, molto più ricca di fino rispetto ad altri nominali, non solo italiani, che si potevano trovare in circolazione all’epoca. Era, se vogliamo, una specie di “dollaro” d’argento del Basso Medioevo, utilizzato per i commerci locali nel Regno di Napoli, ma anche per quelli di più vasta portata, tant’è che si sviluppò un vero e proprio giro d’affari intorno all’imitazione del gigliato napoletano o robertino, come veniva chiamato per via del sovrano che lo fece diventare così celebre e ben accetto. Non ci si sorprende, quindi, di trovare una moltitudine di gigliati che si differenziano anche molto da quelli coniati a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò, ma il gigliato “pratese” ha avuto sempre un ruolo molto particolare nella numismatica non solo napoletana, ma italiana in generale, per via della sua esimia rarità, ma soprattutto per i risvolti storici che tale moneta potrebbe rivelare. E allora è il caso di vedere meglio le circostanze storiche che portarono alla realizzazione di questo strano pezzo. Innanzi tutto occorre spiegare perché la definizione di “pratese”. La caratteristica peculiare risiede proprio nella legenda di rovescio, ampiamente sciolta e tradotta in fase di descrizione. In pratica, Roberto d’Angiò, oltre che Re di Napoli, veniva riconosciuto anche come signore della Terra di Prato, la città toscana in provincia di Firenze. Il privilegio signorile si estendeva anche ai suoi eredi, quindi, dopo la morte del sovrano angioino, i suoi successori avrebbero beneficiato della signoria di Prato. Come si configura storicamente un tale potere? Come arrivò Roberto d’Angiò a detenere i diritti su città così lontane da Napoli e dal suo Regno, coinvolte in ben altre realtà politiche? E, soprattutto, come si giunse alla coniazione di una moneta, il gigliato, appunto, che per stile e standard ponderale rientra perfettamente nei meccanismi economici napoletani, ma che è di più difficile inserimento in quelli toscani? Dobbiamo pensare ad un’Italia divisa tra due principali fazioni: i Guelfi, sostenitori del partito filo-papale, e i Ghibellini, favorevoli invece nel riconoscere all’Imperatore di Germania un potere temporale superiore a quello della Chiesa di Roma. L’autorità imperiale, inoltre, voleva anche consolidare la propria influenza in Italia, ormai solo un ricordo rispetto a ciò che era stata nel corso del XIII secolo o anche prima. Gli scontri tra le diverse fazioni nelle città dell’Italia settentrionale portarono i liberi comuni ad indebolirsi per i dissidi e le divisioni interne: sia Firenze che le città limitrofe della Toscana, infatti, erano molto deboli militarmente e non riuscivano a fare fronte alle esigenze belliche che il tempo imponeva. Tra il 1305 ed il 1310, quindi, Roberto d’Angiò, uno dei sovrani più potenti d’Italia, era stato coinvolto nelle lotte politiche toscane e si schierò dalla parte dei Guelfi: il Re di Napoli, infatti, già nel 1305, quando era solamente Duca di Calabria, fu insignito della signoria di Firenze, che mantenne pressappoco fino al 1321, e messo a capo di una lega di città toscane che si opponevano al potere ghibellino ed imperiale in Italia. Prato, la cui situazione militare non era molto diversa da quella della vicina Firenze, aveva vissuto anni migliori dopo che, alla metà del XIII secolo, si era fissato lo Statuto cittadino e il centro aveva riconosciuto la propria qualifica di libero comune. La floridezza economica di quei tempi, dovuta al grande sviluppo dell’industria della lana, era solo un lontano ricordo. Dal 1312 la situazione peggiorò ulteriormente a seguito delle guerre intestine che affliggevano le città toscane: Prato, insieme alla lega di città che facevano capo a Firenze, composta da Siena, Pistoia, Arezzo, Volterra, Colle Val d’Elsa, San Gimignano e San Miniato, si trovò contrapposta alla Pisa di Uguccione della Faggiola, condottiero ghibellino e vicario imperiale in Italia. Uguccione si rivelò una minaccia concreta per i Fiorentini i loro alleati nel 1315, quando le armate ghibelline collezionavano sempre più successi sui nemici di parte guelfa. Fu proprio in quell’anno (tra l’altro, passato alla storia come il più fulgido per il partito ghibellino in Italia) che Firenze si decise a chiedere aiuto militare a Re Roberto. Quest’ultimo acconsentì, radunando in breve tempo un congruo numero di truppe che, inizialmente, dovevano essere guidate da suo figlio, nonché erede al trono, Carlo d’Angiò (1298-1328), Duca di Calabria dal 1309 e Vicario Generale del Regno. Il comando, però, passò poi all’ultimo momento nelle mani del fratello del Re, Filippo I di Taranto (1294-1332). La colonna partì dunque per Firenze per unirsi al resto dell’esercito guelfo che la lega toscana aveva raccolto per far fronte alla minaccia ghibellina. Lo scontro sembrava giocare a favore dei Fiorentini e dei loro alleati napoletani, vista la loro superiorità numerica. Uguccione, oltre ai Pisani, poteva fare solo scarso affidamento su Lucca, perché questa città era stata presa dai Ghibellini con la forza. Il confronto armato non si fece attendere: la battaglia di Montecatini (29 agosto 1315) sancì la gloriosa vittoria dei Pisani di Uguccione che, contro ogni pronostico, misero in fuga i Fiorentini con i loro alleati. Il comandante napoletano Filippo di Taranto neanche prese parte allo scontro perché, colto da febbre, fu costretto a ritirarsi dal campo di battaglia e a rientrare precipitosamente a Firenze, la cui situazione peggiorava giorno dopo giorno. Roberto d’Angiò, da parte sua, non si mostrò molto preoccupato della sconfitta subita dalle sue truppe in Toscana: Firenze, che dal 1305 si era costituita sotto la sua protezione, rimaneva, con il suo circondario, ancora salda e sicura. Qualche anno dopo, però, tale sicurezza crollò: nel 1325 il baricentro ghibellino da Pisa si era spostato a Lucca che, sotto il suo signore Castruccio Castracani, aveva riscoperto un nuovo periodo di riscossa militare, culminato con la vittoriosa (per i Ghibellini) battaglia di Altopascio il 23 settembre di quello stesso anno. Questa volta, Roberto non aveva inviato alcun aiuto contro il Castracani per favorire i Fiorentini, così, quando questi arrivò addirittura a minacciare la città stessa, essi si rivolsero al Duca di Calabria, Carlo, figlio di Re Roberto, il quale fu eletto dai Guelfi nuovo signore di Firenze a garanzia della protezione angioina sulla città. Carlo accettò e l’anno successivo, nel 1326, il 13 gennaio, si recò a Firenze per prendere possesso del nuovo incarico che gli era stato offerto. Ma la permanenza di Carlo e del suo seguito di Angioini nel capoluogo toscano fu breve: nel 1327, il Duca fu richiamato a Napoli, poiché le truppe tedesche di Ludovico IV il Bavaro (1328-1347), allora Rex Romanorum (1314-1328), minacciavano il Regno nella loro discesa in Italia verso Roma. Si ritiene che il gigliato “pratese” fosse stato battuto intorno al 1326, quindi durante la signoria fiorentina di Carlo d’Angiò, per l’infeudamento di Prato alla casata angioina. Le legende sulla moneta, che vanno lette in modo continuo tra diritto e rovescio, comunicherebbero che Roberto d’Angiò, già Re di Napoli, era anche signore (dominus) di Prato e che il privilegio si estendeva anche ai suoi successori, cioè a Carlo Duca di Calabria. Quest’ultimo, nato dal matrimonio celebrato il 23 marzo 1297 tra Roberto e Jolanda d’Aragona (1273-1302), era l’unico figlio maschio della coppia reale e, nel 1316, contrasse una prima unione, infruttuosa, con Caterina d’Asburgo (1295-1323). Nel 1324, poi, prima di essere chiamato dai Guelfi a Firenze, Carlo sposò in seconde nozze la giovanissima Maria di Valois (1309-1332), dalla quale ebbe la figlia, futura Regina di Napoli, Giovanna I d’Angiò (1343-1381). Appena Carlo si allontanò da Firenze nel 1327, Castruccio ne approfittò per occupare molte città che prima erano cadute sotto la giurisdizione feudale angioina: in nome dell’Imperatore tedesco, il condottiero ghibellino, divenuto intanto Duca di Lucca, arrivò ad attaccare anche Pistoia e Prato. Gli abitanti di questi due centri, soprattutto i contadini che erano quelli più esposti alle scorribande ghibelline nelle campagne intorno alle città, per non subire gli attacchi nemici, scesero a patti con il Castracani: in cambio di un tributo semestrale da pagarsi in denari, i Pistoiesi ed i Pratesi evitarono attacchi e saccheggi da parte dei Ghibellini del condottiero lucchese. In realtà, fino a quando gli Angioini si ersero a garanti della sicurezza dei Guelfi toscani, Firenze e gli altri centri toscani limitrofi non subirono mai il sopravvento della parte ghibellina avversa. Il gigliato “pratese”, dunque, costituisce una moneta commemorativa (e non una medaglia, come credeva Arthur Sambon e com’è riportato anche nel CNI XI) che aveva lo scopo di manifestare la sovranità signorile degli Angioini, di Roberto e di suo figlio Carlo, sui centri guelfi toscani minacciati dall’inarrestabile potenza militare ghibellina. Si potrebbe anche pensare che la moneta circolasse nel ristretto entourage del Duca di Calabria e che difficilmente abbia interagito con la moneta e l’economia locale fiorentina, poiché, come faceva già notare il Sambon, il gigliato era sì una moneta ben accetta all’epoca (quindi magari sarà anche stata accettata in alcune transazioni tra Angioini e Fiorentini), ma era profondamente diversa per caratteristiche fisiche rispetto al sistema monetario ed economico fiorentino. Dobbiamo poi pensare che Prato patteggiò un accordo per non essere occupata dai Ghibellini di Castruccio solo nel 1327, ovvero dopo la partenza di Carlo d’Angiò da Firenze. Dato che Prato non ebbe mai una propria zecca, sembrerebbe più logico ipotizzare che il gigliato in questione fu coniato nel 1326 a Firenze, durante il breve soggiorno del Duca di Calabria in città. Forse la sua breve permanenza e il circoscritto utilizzo del gigliato “pratese”, in unione con lo scopo commemorativo dell’emissione, non consentirono la coniazione di un gran numero di pezzi, anzi, ne frenarono la produzione allo stretto indispensabile per le esigenze degli Angioini, padroni della scena politica cittadina. Dobbiamo poi notare che questa teoria non sembra priva di fondamento, se pensiamo che, a Napoli, la locale zecca incrementò la produzione di gigliati, per volere regio, proprio nel 1326! In questo anno, infatti, furono assunti nuovi manovali in zecca per la lavorazione delle monete d’argento, in vista del successo e delle attenzioni che il gigliato napoletano stava ricevendo in molte parti d’Europa e del Mediterraneo. Ma non furono solo gli Angioini ad aiutare militarmente i Guelfi toscani e ad importare a Firenze il gigliato “pratese” di stampo e peso napoletani: sotto Roberto d’Angiò, le finanze del Regno di Napoli erano quasi monopolizzate da potenti banchieri fiorentini. Pensiamo che molte Compagnie bancarie avevano filiali a Napoli che costituivano il fulcro di importanti guadagni. Proprio con il governo di Roberto assistiamo spessissimo all’affidamento dell’incarico di Maestro di Zecca, ufficio fondamentale per la gestione della stessa, ad esponenti di queste potenti Compagnie. Tra questi ricordiamo: 1. Lapo di Giovanni di Benincasa, un mercante fiorentino, fattore della Compagnia degli Acciaiuoli, fu Maestro di Zecca nel 1317. Fu proprio tra il 1317 ed il 1319 che si decise di inserire sui gigliati dei simboli per poter distinguere l’operato delle diverse maestranze, poiché in molti casi si erano verificati dei cali nel peso effettivo delle monete rispetto a quello teorico stabilito (pari quasi a 4 grammi). 2. Donato degli Acciaiuoli, Maestro di Zecca nel 1324 (al 12 febbraio si data l’appalto per il suo incarico), proseguì la battitura dei gigliati di peso accurato, com’era già stato fatto sotto l’amministrazione dei suoi predecessori, Rainaldo Gattola, di Napoli, e Silvestro Manicella, di Isernia. 3. Petruccio di Siena, Maestro di Zecca nel 1325, anch’egli esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 4. Domenico di Firenze, Maestro di Zecca sempre nel 1325, esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 5. Dopo l’intermezzo del napoletano Rogerio Macedonio, nel 1327, a dirigere la Zecca partenopea troviamo nuovamente un fiorentino, un certo Filippo Rogerio, della Compagnia dei Bardi. 6. Pieruccio di Giovanni, ugualmente fiorentino, fu Maestro di Zecca dopo il 1327 ed esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 7. Sempre in una data posteriore al 1327 a capo della Zecca viene annoverato il fiorentino Matteo Villani, della Compagnia dei Bonaccorsi. Tutte queste Compagnie bancarie fiorentine avevano, attraverso il controllo dell’ufficio di Maestro di Zecca, oltre a rapporti commerciali di favore tra Firenze ed il Regno, anche il sopravvento sulla gestione della moneta regnicola e sulla sua circolazione. I Bardi, presso la cui filiale di Napoli lavorò anche il padre di Boccaccio, gli Acciaiuoli e i Bonaccorsi, insieme ad altre Compagnie fiorentine, fallirono a seguito del mancato saldo del debito che i Re si Francia ed Inghilterra avevano contratto con i Fiorentini a seguito dell’allestimento degli eserciti per la Guerra dei Cent’anni. Anche Roberto d’Angiò aveva un grande debito con gli Acciaiuoli, che di fatto erano i banchieri della Casa d’Angiò e tenevano in mano le finanze di mezza Napoli, in quanto questi ricevette un primo prestito di ben 50.000 fiorini d’oro e suo figlio Carlo, Duca di Calabria, beneficiò di un secondo prestito pari a 18.500 fiorini. Dopo la mancata restituzione delle somme dovute dai sovrani francese ed inglese, Roberto non saldò il suo di debito usando come precedenti le insolvenze degli altri due Re, Filippo VI ed Edoardo III. Ma gli Acciaiuoli beneficiarono grandemente della benevolenza regia: sotto Roberto, Niccolò Acciaiuoli fu nominato prima cavaliere e con l’avvento di sua nipote, Giovanna I, fu invece creato, nel 1348, Gran Siniscalco del Regno. Fu proprio Niccolò a farsi promotore del (secondo per la sovrana) matrimonio tra Giovanna I e Luigi di Taranto (1352-1362). Quando questi morì, il 26 maggio del 1362, l’Acciaiuoli fu il principale protettore dei diritti della Regina angioina (a cui, tra l’altro, doveva tutte le sue fortune) quando altri nobili ne minavano il potere. Ma, ritornando in Toscana, Prato rimase ancora per poco tempo in mano angioina: morto Roberto a Napoli, il 16 gennaio 1343, (Carlo era già morto il 9 novembre 1328) Firenze tentò, a partire dal 1350, di conquistare con la forza la città vicina, vedendo la morsa angioina allentarsi dai comuni toscani come un’occasione di rinascita politica. Nel 1351, con un atto cancelleresco approvato da Giovanna I, la Corona di Napoli cedeva i diritti feudali di Prato a Firenze dietro pagamento di una somma ammontante a circa 17.500 fiorini. Anche dietro questo atto si nasconde un disegno politico di Niccolò Acciaiuoli che, in virtù della propria influenza sulla Regina napoletana, spinse la sovrana a concludere un accordo remunerativo con Firenze. Da allora, la città di Prato non è mai uscita più dall’orbita fiorentina.
    6 punti
  2. Bene.. oggi sono andato al Cordusio , è grazie a Eros ( eracle62) che sul banchetto aveva ancora qualche numero del "gazzettino del cordusio" sono riuscito a portarlo a casa.. gli ho dato una lettura veloce .. mi sembra molto interessante, poi con calma sicuramente lo apprezzerò di più . comunque complimenti agli "autori" continuate cosi, BRAVI.
    4 punti
  3. eee dai Mario, vedo qui tanti ragazzi con una voglia matta di immergersi pienamente in questo bel mondo. Ci sono, il gruppo de " quelli del Cordusio", che conosco piu' un buon numero di ragazzi di cui ho letto o conosco personalmente che sanno coinvolgerci con articoli degni di nota. Per quanto riguarda una mia piccola parte, come ti ho detto , ho bisogno di tempo....mooolto tempo. P.S. bravi anche oggi a far propaganda e coinvolgimento. Antonio eccezionale, cominci ad assomigliare ai nobiluomini che frequenti.... Roberto
    3 punti
  4. è odoacre casomai al dritto si leggesse anche solo una lettera, leggeresti ZENO ciao bella moneta posteresti anche il dritto e il peso.... per il mio database
    3 punti
  5. ROCCO68, ho confrontato da una mia piastra in collezione ,( la testa nuda ed imberbe di Ferdinando II°) con un 10 tornesi in vendita su e-bay da un notissimo numismatico fiorentino, sto rafforzando la mia tesi , ho la certezza che per alcune piastre del 1838 sia stato utilizzato per il dritto lo stesso conio del 10 tornesi del 1838. (nel 1841 con la piastra testa grande successe la stessa cosa) saluti Michele
    2 punti
  6. Oggi al Cordusio seconda domenica di importante distribuzione che però sta raggiungendo anche la societa' civile, le Associazioni, gli Enti, i commercianti, continuerà nel tempo e occorrerà tempo. Ma l' intento e' proprio quello raggiungere più appassionati possibili e in particolare quelli potenzialmente interessati, quelli che potrebbero avvicinarsi alla numismatica. E' stato bello oggi seguire la consegna in qualche banco, vedere i commenti, le reazioni, lo stupore spesso, abbiamo visto gente che sa, curiosi, nuovi appassionati, ma due consegne mi sono piaciute molto fatte da @eracle62, uno a un decano del Cordusio che ci raccontava di come era il Mercato e la numismatica nel 1958, sarei stato ore ad ascoltarlo, uomo che ha scritto e fatto molto per la numismatica e spero ci lasci qualche memoria storica dei tempi e poi un nonno con un ragazzino, il nonno numismatico cercava di spiegare le monete al ragazzino che sembrava appassionato, poi @eracle62lo ha iscritto in diretta a Lamoneta in modo che ci possa poi leggere e un giovane come @anto Rgli ha donato una monetina dei Visconti, il ragazzino sembrava conquistato ... Scene quotidiane che si verificano al Cordusio dove il contatto umano e culturale resiste ancora , il bello e' poi anche questo e un Gazzettino in un ambito così trova il terreno fertile che merita...
    2 punti
  7. ciao a tutti, ciao e grazie a @miza! Ancora due teutoniche: 5 mark con la porta di Brandenburgo a Berlino: 50 marchi con addirittura tre motivi: a sx una sezione dell'abbazia di Neresheim https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Neresheim a dx la scala della Residenza di Würzburg https://it.wikipedia.org/wiki/Residenza_di_Würzburg in basso a dx la pianta della cappella della Santa Croce a Kitzingen Servus Njk
    2 punti
  8. Noooo, pazzo, che fai? Se proprio non ti interessano, puoi sempre regalarle a qualcuno, e magari scatta in lui quella scintilla, che, a quanto pare, non è scattata in te Con amicizia. petronius
    2 punti
  9. ps qua la trovi https://www.academia.edu/29261739/Le_radici_della_rappresentazione_del_potere_germanico_sulla_moneta_occidentale_nell_alto_Medioevo_in_I_mille_volti_del_passato._Scritti_in_onore_di_Francesca_Ghedini_a_cura_di_J._Bonetto_M.S._Busana_A.R._Ghiotto_M._Salvadori_P._Zanovello_Roma_2016_pp._699-708
    2 punti
  10. Non ce n'è bisogno quella illustrata non è la canzone fascista, ma una versione precedente, e diversa, che col fascismo, per ovvie ragioni anagrafiche (siamo nel 1917), non ha nulla a che fare. Modifica a sua volta la versione originale, che nacque nel 1909 come canto goliardico di addio agli studi degli universitari di Torino, con il titolo Commiato. Le versioni fasciste dell'inno incominciarono a comparire nel periodo 1919-1921, fino a quella definitiva con il ritornello ritoccato per invocare esplicitamente il movimento fascista, e il suo duce. Dunque, non un canto propriamente fascista, ma una cosa di cui il fascismo si appropriò a fini di propaganda, così come fece, ad esempio, col motto del fante del Piave, che nel 1928 comparve anche sulla moneta da 20 lire. Un plauso a @El Chupacabra per queste interessanti discussioni storiche petronius
    2 punti
  11. Immagine ancora mancante sul catalogo e moneta mancante in collezione... almeno sino ad ora! su queste veramente piccole monete non è facile vedere chiaramente la data e spesso questa si trova fuori del tondello... in questo caso ho avuto la fortuna di recuperarne una chiaramente identificabile si tratta di un mezzo grosso di Piemonte coniata sotto Carlo Emanuele I la data 1610 chiaramente visibile attendiamo che esca fuori anche un 1611.. per me è un piacere metterla in collezione e condividerla con voi
    2 punti
  12. Panfilia zecca di Aspendo, a questo punto: https://www.acsearch.info/search.html?term=Aspendo+sling+von+Aulock+4579&category=1&en=1&de=1&fr=1&it=1&es=1&ot=1&images=1&currency=usd&thesaurus=1&order=0&company= , senza aiuto non avrei pensato alla fionda. Bell'enigma in ogni caso!
    2 punti
  13. Spero che avete gradito questi esemplari con lo stemma piccolo e taglio a fogliami. Nei millesimi dal 1814 al 1819, sotto nel giro, si trova un martello che è il segno dello zecchiere Giovanni Fabbroni. Nelle altre emissioni del 1820 compare la lettera S dello zecchiere Carlo Siries. Nel conio Del 1824 compare il segno S e una * dello zecchiere Luigi Poirot. Periodo storico molto interessante, quello del Regno di Ferdinando III in Toscana dal 1814/1824, che merita un approfondimento anche dal punto di vista Numismatico.
    2 punti
  14. Penso che come per gli altri convegni, del gruppo, i commercianti erano NIP, Percui tutti pofessionisti e con ognuno la propria linea di monete. Pochi ? Per me, meglio pochi che i centinaia di banchi, con monete dubbie, bulgare, senza fattura, da scavo, sorpresine, militaria,cartoline,e altro. Vedo un buon convegno con monete da comprare, vedere e parte per discuterne, magari con dei ragazzi supportati da studiosi/collezionisti. Ripeto, per me... Roberto
    2 punti
  15. Buongiorno @khodni, complimenti per la moneta e grazie per il post aperto che offre interessantissimi spunti di discussione. Hai infatti toccato diversi punti, molto importanti, con una chiarezza e posatezza esemplare! Ora sono con il cellulare, la luce e la definizione non mi permettono di visionare bene la foto, mi riprometto di intervenire in un secondo momento con più calma, anche per cercare di sviscerare al meglio i vari temi che hai toccato. Un dubbio che ho te lo anticipo, così nel frattempo se riesci puoi postare foto migliori a beneficio della discussione e degli ulteriori commenti che arriveranno. I "details hairlines" da non confondere con gli mint-made die polishing mark, sono righe in incuso, che degradano conservazione della moneta e di conseguenza il suo valore commerciale. è ben spiegato tutto qui: https://www.ngccoin.com/news/article/1102/What-are-hairlines/ Dalle tue foto mi rimane il dubbio se quelle righe siano in incuso (male) o in rilievo (un bene). Se l'articolo in inglese non ti è chiaro ne parleremo in secondo tempo, ora tra il tempo che scarseggia ed il cellulare, sono troppo legato. Nel frattempo, se riesci, potresti postare delle foto che mostrino meglio che tipo che rigature sono? ciao e grazie per il tuo bell'intervento fab
    2 punti
  16. Ammazza che bravi!! Non so se potrebbe passare, ma questa la feci per il mio profilo "fessbuc" come omaggio al mitico barbetti... non è proprio un ritaglio, ma sempre montaggio è... ?
    2 punti
  17. E qui i 10 mark con la nave scuola Gorch Fock: https://it.wikipedia.org/wiki/Gorch_Fock_(1958) servus njk
    2 punti
  18. Buongiorno a tutti, secondo voi è autentico questo denario? Pesa gr. 3,6
    1 punto
  19. Chi avesse avuto l'occasione di leggere il bell'articolo di Leonardo Malatesta "L'Arma dei Carabinieri e l'impresa di Fiume" (Rassegna dell'Arma Anno 2011 Editoria Arma dei Carabinieri) visibile anche su internet, avrà potuto rendersi conto di come ad un certo punto (§ 4. I contrasti fra legalisti e scalmanati) si pose fine al periodo di prevalenza degli elementi nazionalistici e patriottici (9 gennaio 1920) per lasciar posto sempre più a fermenti antimonarchici e repubblicani. Il documento che qui riporto, segna - in questo quadro - l'ultimo tentativo del comandante del XXII Reparto (legalista) di richiamare all'ordine gli uomini al suo comando. Siamo ormai in aprile e gli uomini sono sempre più ingovernabili, sedotti dalla propaganda e affascinati dagli ideali rivoluzionari. L'ufficiale in questione arriverà a sfidare a duello uno dei suoi Tenenti il 15 giugno per poi lasciare definitavamente Fiume alla fine dello stesso mese. Qui sotto vi riporto il documento - una vera "chicca" a mio modesto avviso - chiedendo scusa per aver modificato la firma del Capitano per questioni di privacy impostami e che spero di riuscire a rimuovere col tempo.
    1 punto
  20. Ciao, venerdì al convegno di Bologna che così poco pare essere piaciuto, io ho trovato (presumo per puro caso e che fosse l'unica) la moneta che preferisco -come direi si intuisce dal mio nick. Premesso che il questi lepton li comprerei in ogni stato o quasi, la moneta in questione è bella ma con una patina che anche a occhio nudo sa di posticcio. Non l'ho grattata al tavolo perchè tanto, vera o finta che fosse, la decisione di averla era presa. A casa, una matita dura solleva quella che per quanto ne so potrebbe essere cipria. Al di là di cosa sia, a me piace. Trovo che ci stia bene e non ho alcun interesse di rivendita, ammesso comunque che davvero ne sminuisca il valore. La questione che mi pongo è di altra natura: può in qualche modo innescare/favorire/accelerare qualsivoglia reazione chimica negativa, come il cancro del bronzo? (posto, del verso, due immagini, uno scan e una foto per facilitare l'analisi della patina) Grazie.
    1 punto
  21. Buongiorno, ieri pomeriggio girovagando per bancarelle, mi sono imbattuto in un raccoglitore di monete estere, dove ho visto (e preso per 3 euro) questa moneta da 10 pennia 1909 del Granducato di Finlandia, quando faceva parte dell'Impero russo (c'era anche un 5 pennia 1870, preso anche quello, per 2 euro). Non avevo mai visto questo tipo di moneta, anche perchè manca il nome dell'autorità emittente, c'è solo il monogramma di Nicola II (evidentemente bastava quello per riconoscere lo Stato). Mi sembra un buon acquisto, poichè ho visto sul krause che i pezzi coniati nel 1909 sono solo 180.000. che ne pensate?
    1 punto
  22. Roby fidati che il vero personaggio "eccezionale" era il ragazzino...hai presente gli occhi puntati addosso, lo sguardo vivo, la voglia di assimilare cultura? Ecco... Per tutto il resto c'è Mastercard
    1 punto
  23. Ciao @miza . mi fa piacere che ti sia piaciuta la discussione, sono quasi sempre presente in "monete estere", ma la sezione "cartamoneta" è la mia seconda patria Macao - Chiesa e faro di Guia
    1 punto
  24. Buonasera, Bravo ROCCO68,quindi non sono solo a monitorare questo millesimo. Hai mai riflettuto se per il dritto di alcuni pezzi sia stato utilizzato il conio dei 10 tornesi? ?️ saluti Michele?
    1 punto
  25. Buona Domenica Concordo con @petronius arbiter. Le critiche, se fatte, devono essere costruttive; criticare in maniera polemica, non serve. saluti luciano
    1 punto
  26. Ciao Alain, ottimo, il disegno di Morello è molto diverso, in alcuni punti, ma è l' unico che ho. Terro' presente il volume Asolati. Arrivederci, se verrai ancora, a Verona con l' amico Maurizio. Roberto
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  27. Il XXII Reparto d'Assalto venne formato il 1° settembre 1917 con la denominazione di "II Reparto d'Assalto" (diverrà XXII il 20 maggio 1918) ed ebbe il battesimo del fuoco il 29 dello stesso mese sulla Bainsizza. La I Compagnia, "con superbo valore", conquistò la quota 800 presso Madoni, con altre quote minori, prendendo al nemico circa 1.400 prigionieri, 20 mitragliatrici, armi, munizioni e materiali vari. L'8 ottobre la II Compagnia espugnava d'impulso il munitissimo caposaldo di Vhr-Scutz (quota 814 di Kal), prendendovi circa 200 prigionieri, 2 cannoncini ed una decina di mitragliatrici; raggiunto un attendamento nemico, gli Arditi fecero strage di quanti tentarono di opporre resistenza. Il 13 ottobre fu la volta della III Compagnia che irruppe "con magnifico slancio", nelle trincee alle falde del monte Rombon (Conca di plezzo) catturando o annientando l'intero presidio nemico. L'inno "Giovinezza" - rivisitato nel testo - accompagnò l'intero Reparto fin dalla partenza per la Bainsizza da Sdricca di Manzano il 28 settembre 1917. Qui il testo riportato dal comandante della III Compagnia...
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  28. Amici, solo pochi minuti fa per caso ho letto che il grande Emilio Tevere non è più tra noi. Da poco mi sono riavvicinato alla numismatica, non faccio acquisti per scarsità di fondi da almeno 8-9 anni, nei quali sono rimasto completamente fuori dal mondo delle monete. Solo a dicembre scorso sono entrato nel Forum con l'idea di riprendere l'antica passione, che coltivo da quando ero ragazzo, e proprio qui ho letto, solo stamattina, in una discussione in cui si parlava di Lui: "...credo che alla famiglia non dispiaccia...". Ahimè, non c'è voluto molto a capire, e a trovare subito conferma della tristissima notizia, la scomparsa di un vero Signore qual era Emilio Tevere, un mito, credo non solo per me. E incredibilmente, proprio oggi che con ritrovato entusiasmo stavo mettendo in ordine queste mie cose, vengo a sapere di Lui: e mi ritrovo così, incredulo, la scrivania sparsa delle decine e decine di monete e cartellini color avorio con quello che ora è il suo amato nome, che tutt'intorno adesso mi circonda rattristando il mio cuore a dismisura. Guardo la sua foto, pubblicata on line dagli eredi, e mi vengono le lagrime agli occhi, se penso alla sua voce rassicurante, nelle telefonate che a volte ci scambiavamo prima degli acquisti. E mi chiedo come farò, ora che lui non è più qui. Per oggi spengo la luce e chiudo il mio studio, Emilio non doveva andare via. Riaprirò la mia mente alle sue luccicanti monete, quando di nuovo ne avrò voglia. Mi permetto di postare la sua fotografia, a due anni e mezzo dalla sua scomparsa, sicuro che "alla famiglia non dispiaccia": anche chi non lo ha mai conosciuto intuirà da quegli occhi e da quel sorriso di quale e quanta signorilità, professionalità e modestia Egli fosse dotato.
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  29. Ciao, come anticipato ecco l'altra piastra comprata insieme a quella del 1857.
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  30. Ciao a tutti! Piccolo aggiornamento: le "quattro patacche" le ho restitituite senza problemi, quelle tonde le ho tenute e mi sono messo a catalogarle (ho solo impiegato un po' di tempo, che a confronto - per chi non conosce gli ideogrammi - le romane è come se avessero impresso sopra un codice a barre...) Per l'archivio: 1) Annam Nguyen-Phong Thong-Bao (Yuan-Feng Tong-Bao), AD1250's, Type C. 2) One Cash - Wang Mang 14 AD - 23 AD Bronze 5 zhu 3) China Empire Cash Coin Emperor Jen Tsung Chia Ci'ing 1796-1820 Type A 4) Jing You yuan bao, 1034-8, 1 cash, H16.87, S-492 Seal Script http://elogedelart.canalblog.com/archives/2009/08/28/14871690.html 5) SHAO-SHENG, AD 1094-1097 S-582 Seal Script with YUAN PAO http://www.calgarycoin.com/reference/china/china5.htm Se mai mi fossi sbagliato, non mi offendo se mi correggete. Belle patine con colori molto particolari, la n. 2 è proprio di un bel blu scuro, la 1 e la 3 sono le mie favorite del gruppo. Buona domenica Njk
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  31. Sì, però la monetina ricomparsa sul banco del professionista mi viene venduta e fatturata, almeno io la compro così, poi alla finanza giro direttamente mente quella è non un fantomatico " mah, non so, io l ho comprata da uno...". Per il gruppo GTM, basta girare nei convegni classici, che una locandina la si trova sempre. Io li conosco personalmente, e so' l impegno che ci mettono, poi il convegno può non decollare per vari motivi, come del resto la presenza o no di alcuni venditori, dipende anche dal mercato di oggigiorno. Parere personale. Roberto
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  32. In effetti forse mezza moneta di bronzo era più adatta?
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  33. Giusto... Griechische Münzen PAMPHYLIEN ASPENDOS. Bronze, 4./3. Jh. Pferdeprotome n. r. springend. Rv. D-M Kurzschleuder. 4,75 g. SNG BN Paris 126. SNG von Aulock 4579. Dunkle, braungrüne Patina. Vorzüglich Aus Auktion MünzZentrum, Köln 70 (1990), 370.
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  34. Vi voglio dare un indizio: l'oggetto al rovescio è questo. Che cos'è secondo voi?????
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  35. Buna domenica, purtroppo è un problema comune a noi appassionati di questa tipologia di collezionismo: cominciamo a collezionare monete/banconote/cartoline/gettoni/medaglie/etc. ma in verità, nel profondo del nostro animo, il vero piacere è collezionare frammenti reali di storia. Allego quindi un ritrovamento fatto scartabellando anni fa nei vecchi archivi della scuola di proprietà della mia famiglia. Tra un cumulo di documenti che sarebbero stati distrutti ho recuperato questo piccolo gioiello. Le condizioni sono intonse: nessuno strappo, macchia irragionevole. Valore? Mai sentita la necessità di scoprirlo, anche se pensandoci un poco di curiosità mi è venuta! Saluti A.
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  36. @galaad l'insieme intersezione tra rinomate case d'aste italiane e case d'asta che attribuiscono valutazioni generose....
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  37. Washington - Lincoln Memorial
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  38. L'avatar innanzitutto! ____ @littleEvil l'avevo preparata pure io la stessa tedesca, però ritagliata dalla parte destra Porta di Lubecca
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  39. Ciao a tutti! non credo che per chi di voi mi conosce sia una novità il fatto che io sono tedescofilo... ecco il mio contributo: https://it.wikipedia.org/wiki/Holstentor Servus, Njk
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  40. ____ a quei tempi ok, ma con a disposizione un bel pc moderno naturalmente Canada - Monte Burgess
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  41. Gentile Giampaolo, per un'epoca così antica è difficile trovare notizie sul potere d'acquisto di piccole somme di denaro. La maggior parte delle vendite si concludevano con una stretta di mano o con un patto davanti a testimoni, mentre i costosi notai e le loro pergamene entravano in gioco solo con i contratti importanti. Così la maggior parte dei documenti dell'epoca parlano di case e di campi, del valore di decine o centinaia di lire. Il tesoretto in questione, con le sue 129 monete corrisponde a poco più di mezza lira (1 lira = 240 denari) oppure a 10 soldi e 3/4 (1 soldo = 12 denari). La prima cosa che mi capita in mano per rendere l'idea del potere d'acquisto di questa somma sono due documenti del 1179 e 1187 nei quali 10 soldi di denari veronesi corrispondono a 2 orne di vino (due botticelle da 100 litri ciascuna).
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  42. Ottimo,hai avuto una risposta molto professionale ed in tono amichevole. Gigante è un gigante davvero della Numismatica Italiana che ha dato e dà molto.Non ho mai approfondito perchè le volte che si è scanbiata qualche email sui forum ci sono stati i soliti scienziati divenuti tali solo dopo pochi mesi ed una decina di monete in mano, che hanno fatto in modo che si allontanasse dalle normali discussioni,come del resto molti altri collezionisti ed esperti. Non si può pretendere che un professionista,un Uomo,una persona seria, si metta a battibeccare su un forum che non sai mai chi ci dietro un nick. Anche il carattere non possiamo averlo tutti identico e con persone di una certa età,adulti,lo si deve capire non pretendere di cambiare,se ne vale la pena. Il rispetto e l'umiltà oggi per alcuni sono delle debolezze,per me sono pregi da tenere ben stretti.?
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  43. grazie fab per l'"incoraggiamento"! per fero.fers: come l'hai azzeccata?
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  44. La "favoletta" che venivano segnate...perchè si doveva individuare un'opera personalizzata...oppure segnavano partite d'argento...ecc.ecc., non regge, anche perchè per le regole ferree che vennero immesse in zecca sotto Ferd. II avremmo trovato certamente documentazione...anche se si racconta che forse sia stata distrutta. Ma anche se fosse....prima o poi si sarebbe posto fine a tutti questi errori che arrivano fino all'ultima moneta del regno di Ferd. II. Per me erano così abituali..che nemmeno ci facevano più caso...... Discorso diverso per le REGN - GRTIA - GRAITA...queste, che si riscontrano tutte nel 1834, andrebbero approfondite..ma soprattutto perchè sono riscontrabili nella legenda ... e la legenda spettava ad un incisore "esperto".
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  45. Ciao Max, credo faccia prima tu a farti un'idea.... ☺️
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  46. Dodicesimo di Tollero D/ FERDINAND.II.MAG.DV.ET .V. R/ SOLI DEO VIRT.HON.ETG .16-61. A.Pucci 100f Dodicesimo di Tollero D/ FERDINAND.II.MAG.D.E. .V. R/ SOLI DEO.VIR.HON.ETG 16-64 Provenienza asta Negrini 1 Del 30.12.1993 lotto 412 A.Pucci 106 RR
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  47. Prego @zenith1, è un piacere che ancora per qualcuno siano utili non trovandosi niente del genere in commercio...
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  48. ..per magellano83, anche io vivo di uno stipendio di poco superiore al tuo, non sono ricco e mi sforzo di spendere i miei soldi nella maniera più oculata possibile visti i tempi. comprare certe monete è un sacrificio e pure grosso! se vivere la passione per le monete di vittorio emanuele III si traduce in: "tappare un buco" beh...io non sono su questa lunghezza d'onda...e stiamo parlando di una cifra importante:1800 euro....un mese e mezzo di stipendio per molti...quindi...lasciamo perdere i soliti discorsi del FDC a tutti i costi...e guardiamo a quello che potrebbe essere un acquisto oculato! un "fascione" in MB/BB non lo è....poi ripeto, si è liberi di acquistare quello che se vuole...e ci mancherebbe pure...
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