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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 05/16/20 in Risposte
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Buonasera. Voglio condividere questa mia piastra 1816 Ferdinando IV Grazie ad un amico del forum , ho scoperto che si tratta di una variante rara, per la presenza del punto (rombo) dopo REX, al dritto. Sono graditi i vostri interventi, magari anche postando il vostro esemplare.5 punti
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Ecco un ducatone con Santa Giustina di Ludovico Manin (1789-1797). Rif.: Zub-Luciani 109.29. Arka Diligite iustitiam5 punti
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Tornando per un momento oltremare, il mio trittico Leone da 80 soldi, mezzo da 40 e quarto da 20 per Dalmazia e Albania (manca, e temo mancherà per un bel po', il 10). Monete che hanno circolato moltissimo - e si vede - ma che conservo con affetto. Massari BC e BC2 (per il 40 soldi). rif.: Zub-Luciani 160, 165, 1714 punti
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Buonasera e buon weekend. Di recente ho migliorato l'esemplare che avevo in collezione...è la prima volta che cambio una moneta per migliorarla con Modena ma quando l'ho vista non ho potuto dire di no. Questa è una delle poche tipologie collezionabili di questo duca, in mistura. Il dritto risulta di conio un po più stanco a mio avviso, alcune lettere della legenda sono ribattute come se ci fosse stato un doppio colpo in fase di coniazione ed il conio risulti leggermente traslato....qualche traccia di nero al bordo, ossidazione da ritrovamento in un muro di casa a mio modo di vedere. Il vero punto di forza però è il rovescio....un'aquila davvero ben impressa, completa e ben centrata ed un'argentatura completa. Cosa ne pensate? Grazie a tutti quelli che lasceranno un parere o un commento e un saluto a tutti. Marco3 punti
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Bravo @gennydbmoney ? Vorrei anche io scrivere qualcosa a @mariarosaria Leggendo ho notato una tua sana passione per le monete che proponi, quasi tutte borboniche; bene ….. non vederle però solo come un oggetto metallico, ma sappi cogliere quello che ognuna di essa esprime, rappresenta; le monete sono la storia e questa bisogna un po' conoscerla per comprendere al meglio perchè alcune venivano coniate, quali occasioni, quali accadimenti ecc.ecc. Detto questo, ritorn al discoro della data 1859 sulle monete di Francesco II, la faccenda è ben documentata in tutti i passaggi, per quello quello che accadde, ma sommariamente riassumo, altrimenti ci perderemmo tra tante righe un po' più complesse. Preparare un conio è un’operazione che comunque richiede tempo, soprattutto, quando avveniva il passaggio dell'eredità, il sovrano che prende il posto sul trono, doveva sempre concedere una posa all'incisore per fare in modo che il suo ritratto venisse rappresentato poi sulla moneta. Ferdinando II morì improvvisamente e tutti i preparativi per rendere necessari i cambiamenti del tipo delle monete (nuove), con l’impronta di Francesco II, andarono molto per le lunghe. Nel mese di luglio del 1859 ancora si preparavano solo i modelli in cera con il nuovo ritratto che questa volta veniva rivolto verso sinistra e non verso destra. In considerazione di queste lungaggini, e accertato che per la fine dell’anno 1859 non si sarebbero riusciti ad ottenre i nuovi coni, si decise, in zecca, di continuare a preparare liberate di monete ancora con l’effige di Ferdinando II e solo il 4 febbraio del 1860 quando alcuni coni furono pronti uscirono dalla zecca monete di Francesco II, ma non in tutti i tagli previsti dal decreto. Ovviamente sulle monete anche se in ritardo, venne messa la data 1859, data che doveva coincidere con l’anno dell’assunzione al trono di Francesco. Ma questo non è tutto: tutti conosciamo gli avvenimenti dell’anno 1860, purtroppo, e il 17 settembre anche dopo il cambiamento del governo si propose di continuare a coniare moneta nella zecca di Napoli, sempre con l’effige di Francesco II, ma questa volta con la data 1860. Ma in una nota del 20 settembre diretta al responsabile della zecca veniva fatto osservare che questo non poteva eseguirsi perché Garibaldi aveva dato ordini che lo stemma dei Borbone doveva essere sostituito ovunque, nei luoghi e anche sulle monete, con lo stemma dei Savoia. In pratica non potevano uscire dalla zecca monete di Francesco II con la data 1860 e per ovviare a questo, anche queste successive liberate di monete ebbero la data impressa 1859. Questo è quanto.3 punti
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Ed ecco anche un po' di schede di diverse ditte per test telefonici e sperimentazioni varie di tecnologie e materiali. Sono fra quelle che più mi affascinano (e, naturalmente, quasi sempre le più costose...). Le prime due ce le ho.3 punti
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Giusta osservazione! @VALTERI riguardo ai forellini ci viene in soccorso l'antropologia, probabilmente servivano ad appenderci campanellini , strisce di stoffa, code di scoiattolo e pelli di mustelidi vari...3 punti
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Buongiorno a tutti, colgo l'occasione per presentarvi nuovo arrivato in Collezione Litra68. È il mio primo Tornese 1 di Ferdinando II Millesimo 1858 Saluti Alberto3 punti
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DE GREGE EPICURI Altra monetina riemersa in questo periodo di reclusione e revisione delle collezioni... Mi pare in argento basso, pesa 1,3 g. e misura 15 mm. Al D una testa verso destra, mi pare con un berrrettino o una cuffietta; capelli lunghi, non vedo lettere. Al R altra testa più piccola, sempre a destra, con capelli più lunghi. Qui si notano tracce di lettere. La moneta rientra nelle emissioni degli Himyariti, localizzati nella ARABIA FELIX, e più precisamente nell'attuale Yemen, sul Mar Rosso e di fronte alle costa somale. Queste emissioni spaziano dal 2° secolo a.C. al 2° secolo d.C., sono tutte in argento e vanno da 0,7 g. a 3,5 g. Non è facilissimo classificare con esattezza le singole monete, e questa ad es. non so bene come collocarla. Questa popolazione era molto importante per i traffici carovanieri verso Palestina e Siria e verso la foce di Eufrate/Tigri, ma anche verso le coste africane prospicienti; non fu mai sottomessa da Roma, forse perchè troppo "lontana" e perchè abitante in zone impervie.3 punti
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Sono stato lontano dal forum per molti mesi, spero di ritornare un po' più attivo. Intanto ho trovato un piccolo pezzetto di storia che indipendentemente dal credo politico, ha portato anche alla nazione che abbiamo (con i suoi pregi e difetti). Un vicino di casa mi ha regalato il solito barattolo da 5 chili di 10 lire spiga con la scusa, a te piacciono, io non ci faccio nulla. In mezzo c'era pure questa medaglietta della CGIL, 1° Congresso Nazionale Unitario, Firenze 1-7 giugno 1947. Piccolina, circa 21 mm di diametro e 3,56 gr di peso. L'ho cercata in rete e non ne ho trovate altre, non so se è rara o se può essere richiesta dai collezionisti, però al momento è un pezzetto di storia che credo vada conservata Grazie a tutti per l'attenzione2 punti
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Carissimi, avrei necessità di un vostro parere su questo gigliato di Roberto d'angiò. Zecca Napoli Roberto d'Angiò (1309-1343) Gigliato - Ag D/ ROBERT-DEI-GRA-IERL-ET-SICIL-REX coronato seduto frontalmente, tra due protomi di leoni con scettro gigliato e globo crucifero R/ hONOR-REGIS-IUDICIU-DILIGIT Non mi pare un falso. Forse una produzione tarda?2 punti
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Posto un ducatello a cui tengo particolarmente pur essendo di qualità media, dovevo già presentarlo qualche tempo fa' quando Arka postò un magnifico scudo della croce sempre di Silvestro Valier poi però mi sono perso altrove... Come detto già più volte i ducatelli di alta qualità sono abbastanza ostici e difficili da reperire, ecco quindi che personalmente pur essendo costato un " tantin massa " lo comprai per la collezione. Io poi in tutta onestà non mi sento di considerarlo comune il Valier.2 punti
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Anzitutto grazie per l'articolo che mi hai mandato. Lo leggero' stasera stessa con molto interesse. Il valore commerciale e' ben lungi dai miei propositi . Si tratta di valori affettivi trasmessi da quel grand'uomo di mio nonno, ai quali mi attengo e mi atterro' scrupolosamente.egli ,per tutta la vita ha collezionato con amore tante monete alle quali saroì legata anchio,indipendentemente dal loro valore intrinseco. Inoltre ti faccio i miei complimenti per il tuo manuale che e' riferimento sicuro per tutti i collezionisti di numismatica del Regno di Napoli !2 punti
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Si, certo...sui mezzi di comunicazione sono pienamente daccordo... ma se all'epoca la si cercava, non la si trovava. Pura caso, io ho scritto un articolo su questo tipo di moneta....(e sono i 2 esemplari di cui ti accennavo), ti do da leggere per domani?, se ne hai tempo libero e voglia..... ma sappi che leggere è importante?, e non pensare al principio e spesso alla rarità...e al valore commerciale; la cultura ha sempre un costo maggiore !! http://www.ilportaledelsud.org/25-28 Magliocca Carlino inedito.pdf2 punti
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si,hai ragione,nella foga ho scritto male,ma sono ovviamente tornesi. ne ho diverse. mo' ti posto due interessanti carlini di Filippo II: uno del II e l'altro del III tipo l'ho trovato gia' scritto cosi'2 punti
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Eccola, ma non mi ero appuntato la data ma solo la variante, è un 1815 e non 1816... Chiedo scusa per il disguido...2 punti
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Ciao @r.tino , questo dato è inoppugnabile, Tu ( possiamo darci del Tu ? ) essendo un Professionista hai la situazione "in mano", quindi prendo atto che attualmente la situazione non solo è favorevole, ma addirittura effervescente ( ho seguito giorno per giorno l'Asta Inasta che ha avuto un riscontro notevole, come tutte le ultime Aste ). Però non ti sembra che dire " la tendenza è questa " sia un'affermazione perlomeno temporanea? La tendenza si vede a medio-lungo termine e segue delle regole di psicologia di massa che possiamo solo pronosticare in base ai riscontri storici. In tempi di grave crisi, sicuramente la prima fase è quella della "negazione" alla quale segue una breve fase di "euforia". Poi arriva la realtà della situazione e le cose cambiano. Sarei contento che il mercato numismatico tenesse, non fosse altro per il fatto che le nostre collezioni manterrebbero il loro valore, ma sinceramente non ci credo. In un post precedente hai detto che l'unico problema per i Professionisti è che, attualmente in fase di Lock Down, non riescono a reperire monete a fronte di una domanda molto forte. Vedrai che tra qualche mese cominceranno ad arrivare frotte di "modesti" collezionisti che cercheranno di vendere le loro "modeste" monete. Magari arriveranno anche quei Professionisti che hanno un negozio e che non riescono più a sostenere le spese. Quindi aspettiamo, il tempo dirà quale sarà il futuro del mercato numismatico, ma non si è mai visto storicamente che un periodo di grave crisi abbia portato al benessere della maggioranza della popolazione. Ciao Beppe2 punti
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Prezzo US$0.05--Revolutionary Mexico, 1914 5-centavos:2 punti
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Complimenti! Un rovescio davvero notevole, mi verrebbe da dire praticamente in stato Zecca. Peccato quelle ossidazioni al diritto, ma tondello regolare e centrato. Chi non colleziona Modena potrebbe arricciare il naso, ma questo è un esemplare, sia pure abbastanza comune per tiratura, davvero di grande rarità per conservazione. Allego il mio, ben più tristarello, con le sue debolezze ed il suo tondello irregolare e non centratissimo.2 punti
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Ho elaborato una teoria tutta personale, basandomi sulle foto e sulla ricostruzione grafica di @ARES III e appurando che l'oggetto è decorato su entrambi i lati, presupponendo quindi che debba essere visibile a tuttotondo, ho pensato che potrebbe trattarsi di un piccolo "stendardo" o "insegna" (o parte di essa) da montare su di un'asta tramite il perno triangolare presente appunto su uno solo degli ipotetici tre cerchi che lo componevano. Lo stile "floreale" dei decori mi spinge ragionevolmente verso gli Ungari piuttosto che gli Avari ma tutto può essere. Di seguito una ipotetica ricostruzione dello "stendardo".2 punti
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Buonasera, la prima liberata di monete da 120 e 20 grana e 10 e 2 tornesi ci fu il 4 Febbraio 1860 ma con data 1859 come a rispettare il primo anno di regno del nuovo Re... Nel corso del 1860 le cose cambiarono ma per non fermare la zecca, in attesa di coniare le nuove monete di rame e d'argento di Vittorio Emanuele II, si decise di continuare a coniare monete a nome di Francesco II ma sempre con data 1859, perché nel 1860 lo stemma borbonico doveva essere già stato sostituito con quello dei Savoia in ogni luogo ...2 punti
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The coin shortage mentioned by Petronius caused the U.S. to suspend the production of proof sets during the years 1965/1966/1967. In their stead came sets of better-quality circulation coins called "Special Mint Sets." Perhaps these SMS coins led to this question? Two other things might make this coin somewhat special, although neither adds any monetary value to this 5-cent piece--which, again as Petronius has said, is its 5-cent face value: 1. 1965 Jeffs were the last of the series without the designer's initials FS below the portrait; and 2. while the mintage of the 1965 Jeff was large in absolute terms, it was dwarfed by the enormous production of 1964 nickels. I remember as a boy, looking for the new 1965 nickels, that they seemed difficult to find in circulation. v.2 punti
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E' sicuramente VICTORIAE DD NN AVG ET CAES, perchè nell'altro caso ci deve pure essere un altare. Qui invece potrebbe esserci una stella sotto la corona. Quindi l'imperatore è Costante o Costanzo II. Arka Diligite iustitiam2 punti
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alle aste citate , aggiungerei anche Bertolami, Artemide, Inasta....in ogni asta la tendenza e' al rialzo Solo per fare un semplicissimo esempio (ma c'e' ne sarebbero tantissimi altri) una moneta che ho seguito, battuta 1 anno e mezzo fa in sala in un asta (gremita di collezionisti e commercianti) con materiale prestigioso , aveva realizzato 900 euro piu' diritti......ieri il risultato e' stato questo...... https://www.biddr.com/auctions/gadoury/browse?a=1076&l=1148455 Poi se qualcuno vuol continuare a dire che non sono risultati veritieri del mercato, libero di farlo....ma quando ogni asta che viene esitata ormai dimostra un'impennata dei prezzi , io comincerei a prendere in considerazione che la tendenza e' questa2 punti
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Nell'attesa di cercare nei documenti di Michele Paone indicazioni sulla sua convinzione della presenza delle monete nel Museo di Taranto, ricapitolo le informazioni accertate: 113 monete rimaste ad Achille De Donno, 180 monete vendute a Oronzo Gasparro di Lecce rivendute sul mercato di Napoli, 80 monete a Giuseppe Nervegna, non si sa se le conservo' (era un esperto e colezionista di monete di epoca messapica) il quale nel maggio 1907 vendette tutta la sua collezione a privati , forse sul mercato di Roma (alla galleria Sangiorgi) (per limiti di caricamento si puo' vedere il testo completo : lettera completa di Quagliati gennaio 1908 ) Chiedo gentilmente se qualche utente esperto avesse i cataloghi dell'epoca della Galleria Sangiorgi di Roma per appurare se tra le monete vendute risultassero anche le monete in oggetto. Buona giornata2 punti
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Approfitto della discussione di @mariarosariaper aggiungere gli altri Tornesi 1858 della mia Collezione. Inizio con lo stesso pezzi che ha condiviso Alberto @Litra68. Simbolo stella a 5 punte e bordo perlinato su entrambe le facce.2 punti
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Buongiorno, la problematica è piuttosto complessa ed è impossibile offrire una risposta esauriente in un post. Ogni pubblicazione, infatti, dovrebbe essere oggetto di specifica valutazione. Il rispetto delle condizioni riportate nel suo post, da solo, potrebbe non risultare sufficiente a evitare di incorrere in problemi con l’autore o con il titolare dei diritti di sfruttamento economico di ciascuna opera letteraria/articolo riprodotto. Il fatto che siano già disponibili gratuitamente on-line non significa assolutamente che possano essere riprodotte senza limiti ovunque. Il mio invito, quindi, se posso permettermi, è quello a prestare la massima attenzione prima di procedere, svolgendo una preliminare e attenta valutazione (degli aspetti legali) per ogni testo che si desidera pubblicare. Saluti.2 punti
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Dopo aver analizzato la patina di un’oncia USA, esame dal quale si è evidenziato in particolare lo spessore della stessa e la sua curiosa struttura, il passo successivo è stato quello di prendere in esame un altro tipo di moneta e l’occasione si è presentata con l’acquisizione di un esemplare di 2Kr Svezia 1879, coniato per celebrare il Giubileo d’argento del Re Oscar II. La moneta presenta una bella patina, maturata per diversi anni in un monetiere fiorentino, con numerose presenze di iridescenza, ed è proprio in uno di questi punti che si è concentrata la nostra attenzione. L’esame al microscopio metallografico è stato eseguito in un punto con la maggiore iridescenza (vedi foto) a 50-100-200 e 400X e successivamente abbiamo confrontato le immagini con quelle dell’oncia USA. Come è evidente dalle immagini che alleghiamo, si nota subito la diversa struttura delle due patine, delle quali si percepisce anche il diverso spessore, particolare che viene messo in maggiore evidenza dalle foto elaborate graficamente.2 punti
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Anche dopo la caduta dei Borbone si continuò a coniare moneta in rame per non lasciare la zecca inoperosa... Archivio di stato di Napoli, Ministero di Agricoltura, industria e commercio, fasc. 496.Consigliere per le finanze Laterza al Segretario di Stato Nigra, Napoli 26 Gennaio 1861.2 punti
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Ciao a me pare questa: Aurelian and Vabalathus BI Tetradrachm of Alexandria, Egypt. Dated RY 1 and RY 4 = AD 270/1. AVT K Λ Δ AVPHΛIANOC CЄB, laureate, draped and cuirassed bust right; L-A (date) across fields / I A C OVABAΛΛAΘOC AΘHNO V AVT C PѠ, laureate, diademed, draped and cuirassed bust right, L-Δ (date) across fields. Emmett 3914; Dattari (Savio) 5422. 8.71g, 21mm, 12h.2 punti
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Buonasera, io condivido il mio umile littore, in attesa di qualche altro argento gratificante2 punti
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Cari amici, penso di fare cosa gradita nel rendere pubblico ora e fruibile per tutti il Gazzettino di Quelli del Cordusio numero 6. Abbiamo deciso di anticipare un po’ la tempistica usuale di messa on Line dando a tutto uno strumento di lettura e di approfondimento in modo che possa diventare una lettura spero piacevole e magari anche di un minimo di svago mentale in un momento difficile del nostro Paese e della nostra comunità. Sul nostro sito potrete anche leggere i 5 numeri precedenti a questo, buona lettura ! https://independent.academia.edu/QGazzettini1 punto
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@gsanto In un libricino che ho scritto ho riportato diverse informazioni sulla asta. Da "CANESSA, UNA FAMIGLIA DI ANTIQUARI!" Ed. 2018, Associazione Culturale Italia Numismatica. Collana di studi e ricerche: Nummus et Historia, XXXV. "..........Tutte le aste organizzate dalla collaborazione Canessa-Sambon si svolsero a Parigi all’Hotel Drouot[1] ad eccezione della vendita Martinetti-Nervegna che fu esitata a Roma nella Galleria Sangiorgi-Palazzo Borghese. Il quotidiano romano “Il Popolo Romano” del 28 marzo 1933 riportava (in un articolo dedicato al ritrovamento del Tesoretto di Via Alessandrina) a proposito dell’asta Martinetti-Nervegna: «…diversi -medaglieri greci, romani, papali medioevali che furono venduti al sig. Sambon per Lire 180,000, con l’obbligo di rivendere con asta pubblica per tramite della Galleria Sangiorgi…». Giuseppe Nervegna da Trieste si trasferì a Brindisi. Era un erudito appassionato di archeologia e numismatica. Gestiva una ditta dedita alla compravendita di olio, avene e altri prodotti alimentari. Successivamente entrò in politica, e fu anche viceconsole di Germania. Creò una collezione in centrata sulla monetazione rivenuta da territori della vecchia Magna Grecia: «…Da tutte le Puglie affluivano a Nervegna i ritrovamenti numismatici della Magna Grecia……egli aveva perfezionata una collezione egregia per i suoi fior di conio…..Sulle tavolette foderate di velluto rosso si allineavano gli stateri d’oro, le dramme, le semidramme, gli oboli.». Francesco Martinetti era un noto antiquario della Roma dell’800 con il negozio a via Bonella 74. Aveva iniziato come incisore di pietre dure per poi dedicarsi alla numismatica. Fu anche uno dei migliori restauratori del bronzo dopo la morte, a Parigi, del Pennelli. Pio Santamaria, durante un’intervista relativa al ritrovamento del tesoretto di Via Alessandrina, lo descrisse come un uomo avido di possedere, cultore di Roma e sensibile al bello. Fu una figura controversa e discussa[2]. La collezione Martinetti va concepita come lo “stock” di un commerciante profondo conoscitore del mercato numismatico ed abbracciava tutte le tipologie di monetazione. L’asta suscitò un grande interesse nel mondo numismatico dell’epoca e si svolse sotto la direzione dei Canessa, parteciparono noti collezionisti e commercianti sia internazionali che nazionali con importanti commisisoni, per esempio: Leo Hamburger, Spink, Rollin, Bourgey, Hirsch, Stettiner e De Ciccio. Il Governo Italiano stanziò per la suddetta asta circa 60,000 franchi ma saputo della partecipazione dei maggiori Musei d’Europa e la conseguente paura di pendere i migliori pezzi delle collezioni cercò di fermare la vendita. Tuttavia, le proteste dei proprietari e degli stessi organizzatori fecero modo che l’asta ebbe seguito. Realizzò 330,000 franchi (60,000 dollari) ed alcune monete raggiunsero prezzi molto elevati. Lo statere d’argento di Taranto della collezione Nervegna (lotto 258), con Apollo inginocchiato al diritto, fu acquistato dalla casa d’aste Rollin&Feuardent per 22,000 franchi, somma molto alta per l’epoca. Questa moneta era stata scoperta e acquistata da un antiquario in una oreficeria di Taranto, nel momento in cui l'orafo si accingeva a fonderla insieme ad altre monete d’oro di “scarto”. Il mercante, non conoscendone il valore reale, la vendette al Nervegna per soli 60 franchi. Inizialmente lo Stato Italiano aveva predisposto sia di vietare la vendita che l'uscita dall'Italia dello statere; il decreto fu revocato in favore di altri due pezzi: uno statere d'oro di Taranto (lotto 243, acquistato per 16500 franchi dal Museo di Taranto) sempre della collezione Nervegna e, il sesterzio di Britannico (lotto 1594, acquistato per 5,500 franchi dal Gabrici per Museo di Napoli) della collezione Martinetti. Il Governo Italiano non voleva che il sesterzio di Britannico lasciasse l'Italia e, temendo che il prezzo fosse stato troppo alto, ricorse alla forza della legge. Il sesterzio fu trovato a Roma da un mercante del Rione Monti: Domenico Forcucci. Il Forcucci l’acquistò per pochi centesimi in una mattinata durante il suo solito giro al mercato delle pulci in via Mario dei Fiori. Francesco Martinetti entrato nel suo negozio e vedendo il sesterzio lo acquistò immediatamente per 1,000 franchi. Il Museo di Napoli acquistò a prezzo elevato due pezzi molto importanti per la storia delle popolazioni indigene del sud Italia: le due monete di Baletium (lotti 235 e 236, entrambi pagati 22,600 franchi) appartenenti alla collezione Nervegna ritrovate a Brindisi. Prima da allora erano conosciuti solo due esemplari. Quest’ultimi furono trovati, intorno al 1857, da Jules Sambon a Lecce. Sambon, entrando in una bottega orafa vide una pila di monete pronte per la fusione; spinto dalla curiosità del collezionista, fece scivolare tali monete tra le dita e scoprì per caso questi due rari esemplari fino ad allora sconosciuti. Le pagò un ducato, per poi rivenderle al duca di Luynes[3]. Ad oggi, al di fuori di sporadici pedigree riscontrati nei diversi articoli o cataloghi d’asta, è molto difficile poter distinguere quali lotti appartenessero alla collezione Martinetti o alla Nervegna, pur essendo le due raccolte state concepite in realtà, condizioni e finalità completamente differenti. A prima vista si potrebbe ipotizzare che la parte greca, quantomeno tutta la serie delle monete di Taranto (anche nella collezione J.P. Morgan esitata da Stack’s, “Selections from the J. Pierpont Morgan Collection: Greek and Roman Coins”, 14 settembre 1983, per il lotto numero 2, un raro triobolo d’oro di Taranto, viene indicato come pedigree: “ex Nervegna Collection 251”), appartenesse interamente al Nervegna. In realtà non ci sono sufficienti prove per avvalorare questa ipotesi, risultando così una probabile suddivisione ma senza nessun reale riscontro. Si consideri che dalla Magna Grecia poteva affiorare qualunque moneta e contemporaneamente il Martinetti, da esperto commerciante, poteva avere nel suo stock ogni tipologia di monetazione[4]......" Le note non te l'ho riportate. Grazie1 punto
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Ciao Miza, hai invertito la descrizione del D/ col R/: Vulcano se ne sta al R/. Comunque hai ragione: conio frusto e dagli "incusi" riempiti di residui metallici...1 punto
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Brasile, 2000 reis 1935 Al rovescio : profilo di Luís Alves de Lima e Silva, duca di Caxias, militare e politico brasiliano.1 punto
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Carissimi, porto alla vostra attenzione questo curioso denaro passato recentemente in asta. Il peso è 1.04 g, il diametro 17 mm. Buon fine settimana, Valerio1 punto
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Complimenti! mi piace molto il suo approccio alla numismatica, spesso ci si lamenta in questo forum degli utenti che scrivono qui solo per sapere il valore economico di quello che hanno in mano e senza alcun interesse. Persone come lei direi che dimostrano che questo forum può ancora essere utile a chi vuole iniziare con passione e interesse. Il suo è il giusto approccio alla materia a mio avviso; vedrà che non ne sarà deluso.1 punto
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E si.. chissà magari poi trasferirò la mia passione ai miei figli e la continueranno loro[emoji1][emoji1]1 punto
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ho letto solo ora l'altra discussione in cui c'è la foto dell'oncia, per cui alcuni quesiti che ho posto nel primo intervento hanno trovato risposta.. cioe' quello che stiamo osservando è sicuramente la patina delle monete e non il metallo. Resta il problema che della moneta svedese non sappiamo com'era il metallo senza patina.. quindi non possiamo capire come (eventualmente) la struttura del metallo possa avere influenzato la patina. Ma in generale resta il problema che non si può capire quanto, questa differente struttura delle patine possa dipendere dal processo produttivo di 2 differenti moneta. Per questo penso che analizzare 2 monete uguali con patine diverse avrebbe portato risultati più convincenti.. ad esempio se una patina ha al microscopio una struttura diversa si poteva attribuire esclusivamente alla pesantezza o meno della patina... escludendo il processo produttivo delle monete proprio perché uguali1 punto
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Ciao. Non conosco queste emissioni ma ho visto en passant una moneta della Busso LIVE- AUKTION 426 16 - 17 Jun 2020 con le due teste che, se non erro, si intravedono nella tua. Starting price: 125 EUR Lot 143. Arabien Reich der Himyariten Hamdan Bayan Hemidrachme 100/120, Raidan. Beiderseits Kopf, im Feld Monogramm. Munro-Hay, Arabia Felix 3.2bi; Huth 428. 1.71 g.; Feine Tönung Fast vorzüglich Winziger Schrötlingseinriss Ex Slg. J. Massoulié und Auktion Weil 7.2.2006, 129.1 punto
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Bella monetina, credo però che si tratti di un 1715 appiattito dall'usura, all'epoca il 5 aveva la forma di una S. Appena arriva, moneta alla mano potrai visionarla meglio. Saluti1 punto
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Volevo aggiungere ai precedenti interventi alcune osservazioni in risposta alle domande di Ictino. L'argento non si ossida né all'aria secca né all'aria umida, né a freddo né a caldo, e per questa ragione entra a far parte del gruppo dei metalli nobili. Il metallo annerisce quando è esposto all'ozono che lo trasforma in ossido Ag2O, che a temperatura ambiente appare come un solido cristallino di colore grigio-nero, insolubile in acqua. Anche l’acido solfidrico annerisce l’argento trasformandolo in solfuro Ag2S di colore nero, che si forma anche all’aria contenente tracce di composti dello zolfo come l’anidride solforosa presente nell'atmosfera urbana. Pure i cibi contenenti composti dello zolfo generano dei marcati annerimenti dell'argento a causa della formazione superficiale di solfuri (es. patina uovo). Un altro prodotto di ossidazione che si forma sulla superficie di monete d’argento per azione dei cloruri nel suolo o del cloro presente nell’atmosfera di località di mare è il cloruro d’argento AgCl, un solido cristallino di colore bianco che sulle monete appare grigiastro/bruno. La colorazione dei prodotti di trasformazione superficiale dell'argento responsabili della patina di una moneta può essere quindi quella scura del solfuro e, raramente, dell’ossido oppure quella biancastra/grigiastra del cloruro. Responsabili di altre colorazioni sono quelle caratteristiche dei prodotti di ossidazione del metallo presente nella lega, generalmente il rame, che appaiono in alcune zone come su questo denario. E anche la patina del metallo in lega va rispettata.1 punto
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Salve Hammer a sei cifre CORINTHIA, Corinth. Circa 550-500 BC. Stater (Silver, 8.61 g). Pegasos, with curved wing, flying to left; below, koppa. Rev. Incuse in the form of a swastika to left. BCD Corinth 3 (this coin. Ravel - (P-/T 54). Very rare and remarkably attractive, perfectly centered and one of the best known examples of the type. Good extremely fine. From the collections of APCW and BCD, Lanz 105, 26 November 2001, 3. This is one of the finest archaic Corinthian staters known. Instead of walking, as on the earliest examples of this type, Pegasos is clearly flying here since all his hooves are diagonal and not flat on the ground. The swastika patterned incuse on the reverse is actually a very ancient solar symbol, found in many parts of the world, and has no political meaning. Nomos 3 & 4, 9 May 2011, Lot: 93. Estimate CHF 40000. Sold For CHF 120000.1 punto
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Le problematiche sollevate in questa discussione sono di grande interesse e sono ancora ben lungi dall’essere risolte, nonostante gli impegni e gli arroccamenti della “middle-theory” della scuola anglosassone. Purtroppo i dati archeologici ancora non sono esaustivi e possono fornire solo alcuni dati certi. Per quanto riguarda l’aes signatum, in particolare quello con il “ramo secco”, esso è sicuramente attestato almeno a partire dalla metà del VI secolo a.C., come già ipotizzato da Paolo Orsi (in BPI 1900, p. 276-277) grazie al ripostiglio di lingotti di bronzo rinvenuti a Terravecchia di Grammichele e confermato dall’importante ritrovamento di Bitalemi, nel santuario dedicato a Demetra vicino a Gela, con 31 depositi di vari materiali, soprattutto di bronzo, con peso che va da 1,41 kg a 11,7 kg (Piero Orlandini, Gela – Depositi votivi di bronzo premonetale nel santuario di Demetra Thesmophoros a Bitalemi, AIIN, 12-14, 1965-1967, p. 1-20). Nel deposito n. 26 fu rinvenuto un frammento di lingotto con “ramo secco”, del peso di 0,425 kg. Tutti questi depositi si trovavano nello strato 5°, che è risultato essere fortunatamente sigillato e datato con una certa sicurezza al periodo 640-540 a.C. (successivamente poi meglio circoscritto agli anni 570-540 a.C.). Solo a partire dallo strato 4° e a risalire fino al primo sono state trovate monete coniate, ma purtroppo già lo strato 4° non era sigillato e protetto come il precedente e anzi risulta sconvolto, prima a causa della ricostruzione del santuario attuata nella prima metà del V secolo a.C. e poi della distruzione perpetrata dai Cartaginesi nel 405 a.C. Quindi non esistono dubbi che l’aes signatum nella sua forma più primitiva, con “ramo secco”, possa risalire già nel VI e avere avuto una vita lunga, forse fino a tutto il IV secolo a.C.. Il peso di tali lingotti è estremamente variabile e non risulta ancorato a un preciso standard ponderale e l’opinione prevalente è che siano delle forme premonetali e non monete vere e proprie. Molto probabilmente furono prodotti in ambito privato, forse specialmente etrusco-settentrionale, e quindi commercializzato come “materia prima” del bronzo, scambiato a peso, caso per caso, secondo le necessità, in tutta Italia fino alla stessa Sicilia. Non so se siano state effettuate sufficienti analisi metallografiche per meglio comprendere l’origine del bronzo usato in tali lingotti. Questi bronzi quindi circolavano anche a Roma all’epoca regia (che si concluse, come è noto, con la cacciata di Tarquinio il Superbo nel 510/509 a.C.) alimentando anche la famosa tradizione pliniana di Servio Tullio come “primus signavit aes”. Il discorso ovviamente cambia nel caso di particolari lingotti, anch’essi definiti “aes signatum”, ma più noti come “quadrilateri”, con varie raffigurazioni e talvolta iscrizione ROMANO o ROMANOM (all’inizio anche uno con iscrizione in forma greca). Importante è la presenza su uno di essi con il tipo dell’elefante, che le antiche fonti unanimemente confermano che era sconosciuto ai Romani perima del 280 a.C., ale tempo della spedizione di Pirro (e infatti i Romani usarono inizialmente il termine “buoi di Lucania”, non avendoli MAI visti). Perciò la ricostruzione del Crawford non appare, almeno a prima vista, inverosimile e il primo lingotto, quello con leggenda in greco POMAIΩN può essere fatto risalire all’epoca dei primi contatti con l’ambiente greco-campano del 326 a.C. La prima moneta romana coniata, di bronzo con POMAIΩN, deve necessariamente stata coniata dal partito filoromano di Neapolis in occasione o poco prima del foedus neapolitanum del 326 (i conii non furono approntati ad hoc ma si riutilizzarono quelli usati per monete neapolitane, modificando l’etnico). In quel tempo a Roma ANCORA NON CIRCOLAVA VERA MONETA e gli scambi erano affidati all’aes rude, che erano grandi pani di bronzo, in genere circolari, che venivano rotti in frammenti di peso variabile. Non deve sorprendere una comparsa sostanzialmente tardiva della moneta (sia fusa che coniata) presso i Romani. L’espansionismo romano fino ad allora fu sostenuto da numerosi altri fattori e non necessariamente implicava il denaro emesso. Esso fu sostenuto soprattutto da alleati e da elargizioni di terre (lo stesso Dionisio I di Siracusa riuscì a sostenere gravosissime guerre contro Cartagine e con alle spalle numerosi mercenari utilizzando un sistema monetario sostanzialmente monometallico in bronzo, ricorrendo soprattutto ad altri espedienti, come la concessione di terre e fortezze ai mercenari). Solo dopo il foedus neapolitanum del 326 l’espansionismo romano assunse un andamento quasi esponenziale, proiettandosi prepotentemente sulla Magna Grecia, con conseguente necessità per Roma di avere monete per i suoi traffici commerciali. Le prime monete d’argento furono didrammi di peso intorno a 7.3 g (Cr. 13), intorno al 280 a.C. In realtà questa moneta, con Testa elmata di Marte/Protome di cavallo e ROMANO, fu prodotta con discreta quantità (per la presenza di almeno 15 conii D e 20 conii R) e i ripostigli dimostrano che circolò a lungo nella Magna Grecia e non a Roma (infatti furono coniati in altra zecca, che per me è ancora Neapolis piuttosto che Metapontum come sostenuto dal Crawford). A Roma invece già comparvero i lingotti quadrilateri precedentemente descritti, con peso intorno a 1,5 kg se integri (ma vengono quasi tutti ancora rotti in frammenti come con i più vecchi lingotti di “ramo secco”.): interessante osservare che i vari quadrilateri interi hanno peso piuttosto costante e quindi furono emessi in un arco di tempo abbastanza contenuto. La guerra di Pirro (280-276 a.C.) costituì il primo fondamentale “spartiacque” per la monetazione romana. I primi didrammi già descritti avevano piede ponderale ancora allineato al piede in vigore soprattutto nelle Campania greca. Ma dopo la prestigiosa vittoria del 276 a.C. Roma si trovò quasi padrona della Magna Grecia e dovette cambiare la sua politica monetaria. Finalmente comprese che per una città greca battere la moneta aveva un grande significato politico, essendo segno tangibile dell’esistenza di uno stato indipendente. Quindi per prima cosa Roma proibì le città sconfitte (Taranto, Metaponto, Heraclea, Velia, ecc) di coniare monete con il loro nome. Per ovviare alla sopravvenuta penuria monetaria, Roma avrebbe potuto o imporre a tutti la moneta neapolitana, bene conosciuta e accettata, oppure nuove monete a nome di Roma. Invece, con il famoso senso pragmatico che poi caratterizzerà la politica romana, i Romani preferirono non stravolgere troppo le abitudini delle popolazioni magnogreche, da sempre alle prese con una circolazione monetaria estremamente varia e con monete emesse da numerose polis. Cosa fecero? Semplicemente affiancarono alle monete di Neapolis, che infatti continuarono ad essere emesse (poi affiancate dalle cosiddette monete campano-tarentine grazie alla riapertura della zecca di Tarentum, per motivi logistici, ma senza ancora dare alla città il diritto di apporre il proprio nome essendo ancora troppo vicino il ricordo della sua alleanza con il nemico Pirro), nuove emissioni con leggenda ROMANO e anche di altre città che non si erano compromesse con la guerra contro Pirro (come Cales, Suessa, Teano, ecc.). La prima nuova emissione fu Cr. 15, con Testa laureata di Apollo/Cavallo galoppante, del peso di circa 7,2 g (emessa al più tardi nel 275 a.C. ama non escludo anche poco prima della vittoria di Benevento), a cui seguì subito dopo Cr. 20, con Testa di Eracle/Lupa e ROMANO, con peso intorno a 7,1 g. A queste emissioni si affiancano vari nominali in bronzo che seguono il medesimo standard ponderale di Neapolis. Queste monete continuano a essere rinvenute soprattutto nell’Italia meridionale e solo molto sporadicamente anche nel Lazio. In questo periodo quindi Roma di fatto impose la propria moneta, ma dando alle popolazioni magnogreche l’illusione che nulla fosse cambiato. Nel frattempo a Roma e nell’Italia centrale, subito dopo o parallelamente ai quadrilateri, forse già intorno al 280 e quindi in occasione della guerra pirica, comparvero finalmente le prime serie fuse, con segni di valore e valore strettamente legato a quello del metallo contenuto, basate soprattutto sull’asse librale romano di 327,46 g (pari a 288 scrupoli romani). Il realtà il sistema continua ad essere monometallico e basato sul peso, ma per la prima volta fu espresso con chiarezza il suo valore e non era più necessario spezzare la moneta! La circolazione delle monete fuse fu rivolta soprattutto verso le regioni interne della penisola, mentre quella delle monete coniate era invece rivolta specialmente verso le regioni di influenza greca. Alcune città di frontiera successivamente emisero monete sia fuse che coniate, come ad esempio Ariminum (a nord) e Luceria (a sud). Il secondo “spartiacque” della monetazione romana coincise con la prima guerra punica (264-241 a.C.). A causa delle nuove necessità belliche si interruppe la produzione delle monete campane e campano-tarentine e il didramma d’argento subì una svalutazione, passando da 7,3 g a 6,6 g. Questo fondamentale dato è ormai chiaramente e definitivamente accertato analizzando anche le emissioni di altre città magnogreche. A causa di questa svalutazione per l’inizio della guerra si pose l’ovvia necessità di procedere a una massiccia produzione di monete per sostituire quelle che circolavano prima. Per Roma questa guerra presentava un importante elemento che la differenziava da quella contro Pirro. A differenza di quella guerra, questa volta Roma ebbe alleate la maggior parte delle città della Magna Grecia, che non solo rimasero fedeli, ma contribuirono enormemente sia al sostegno economico che alla vittoria soprattutto navale. La flotta romana, che fu la vera chiave di successo di questa guerra, fu allestita quasi completamente da Neapolis, Taranto e Locri. Per questa ragione a quel tempo ripresero le emissioni a nome di Taranto (cfr. SNG ANS 1081-1262) e di altre città, come Thurium e Crotone. Sempre sullo stesso nuovo standard di 6,6 g furono emessi nuovi didrammi romani, all’inizio ancora con ROMANO (Cr. 22 con testa elmata di Roma/Vittoria) e poi con ROMA (Cr. 25, 26, 27). Limitatamente alla circolazione verso l’interno continuò l’emissione di fusi, ora basati sull’asse librale di 286,52 g (= 252 scrupoli) e poi di 272,88 g (= 240 scrupoli romani, detto anche “osco-latino”). Quest’ultimo piede rimase in vigore fino alla fine della prima guerra punica. Voi vi chiedete come ha fatto Roma a poter sostenere l’onerosa prima guerra punica con pochi didrammi e molti scomodi e pesanti fusi di bronzo. La risposta è piuttosto semplice. I Romani poterono contare sul sostegno economico sia in beni materiali che nella stessa moneta dei suoi numerosi ricchi alleati. In questa maniera poi si spiega bene il perfetto allineamento tra la moneta d’argento romana e quella magnogreca, che non potrebbe assolutamente essere spiegata con il denario. Ovviamente all’interno di questo periodo non tutto il Crawford è “oro colato”. Ho delle riserve per alcune sistemazioni soprattutto del bronzo. Non mi sembra corretta la coesistenza in una stessa serie di monete di bronzo fuse e coniate. Ad esempio nela serie Cr. 25 c’è la cosiddetta litra Cr. 25/3, che è coniata, mentre Cr. 25/4-9 sono fuse, dall’asse all’uncia. Come faceva una monetina, la Cr. 25/3, che pesava quasi 1/180 della libbra, ad appartenere allo stesso sistema. La soluzione sta nel tenere separati i due sistemi: quello basato sull’asse fuso, che è monometallico con valore reale del metallo contenuto (destinato appunto alle regioni etrusche e italiche) e quello, molto più sofisticato e di derivazione greca, bimetallico, basato sul didramma con moneta di bronzo svincolata dal valore del metallo contenuto e perciò diventata fiduciaria (come appunto in vigore da tempo nel mondo greco). A me sembra risibile la definizione di litra data a questa monetina da Crawford. Se si osserva ad esempio la “litra” Cr. 27/4 si nota una S sopra il Pegaso. Si tratta quindi di una semuncia, ma di valore appunto fiduciario. Le serie fusa e coniata sono coeve ed emesse sotto la stessa autorità di Roma, ma, come già più volte sottolineato, destinate ad aree di circolazione diverse. Emblematico il caso di Luceria, vera città di confine fra le due aree di circolazione, con monete sia fuse che coniate. Alla fine della prima guerra punica il quadro monetario diventa molto complicato. L’ultima emissione alla fine della guerra sembra essere la Cr. 35 (sempre con asse librale di 240 scrupoli), che quindi andrebbe fatta risalire nel tempo rispetto alla cronologia di Crawford. Tra il 242 e il 225 a.C. Roma non rimase inerte sul piano militare, in quanto ben presto si profilò la necessità di debellare il pericolo dei Celti nel settentrione della penisola (ossia dall’unico lato ancora fuori dal controllo romano). Tale periodo si concluse appunto nel 225 a.C. con la battaglia di Telamone. Inizialmente continuarono forse solo le serie fuse Cr. 36 e 37 ancora basate sull’asse librale di 240 scrupoli, ma già con la creazione dell’asse semilibrale di 120 scrupoli (136,44 g) crollò il sistema monometallico con il bronzo realmente valutato a peso (a partire da Cr. 38). In realtà l’asse continuò ad essere valutato come asse, senza quindi modificare il potere di acquisto, ma cominciò ad assumere “connotati” fiduciari. E’ in po’ come oggi sostituiamo una vecchia banconota con una nuova dello stesso valore, ma di formato più piccolo. Questo nuovo concetto di MONETA FIDUCIARIA DI BRONZO si affermò definitivamente nella mente dei Romani e tutte le successive riduzioni di peso dell’asse sono servite solamente a creare una moneta di bronzo più agevole. I veri attuali problemi numismatici riguardano piuttosto i tempi dell’evoluzione di tale unificazione dei due sistemi e l’esatto momento della comparsa del cosiddetto quadrigato (ancora un didramma di 6,6 g) e poi anche del denario. In pratica Crawford stabilisce che il quadrigato fece la sua comparsa solo alla fine della guerra celtica. Forse è possibile retrodatarlo di un poco, appunto come moneta nata per armare il forte esercito contro i Celti, assieme alla prima serie in oro, statere e mezzo statere con la famosa scena del giuramento. E’ possibile che tale scena ricordi l’alleanza di non pochi confederati italici (e anche mercenari), che in effetti furono arruolati da Roma contro il nemico sceso dal nord. Con la nascita del quadrigato e del bronzo ormai solo coniato con valore fiduciario sembrò per Roma di avere raggiunto un assetto definitivo o almeno stabile. In realtà questo nuovo sistema conteneva una intima contraddizione non sanabile. Da una parte c’era l’argento di netta derivazione greca, mentre dall’altra parte c’era il bronzo che, anche se ormai fiduciario, ancora esprimeva valori di derivazione centro-italica, con l’asse e i suoi sottomultipli. Negli anni compresi tra il 225 e lo scoppio della seconda guerra punica (218-202 a.C.), il terzo fondamentale "spartiacque" monetario, fu probabilmente emesso il vittoriano, ossia una dracma e quindi un mezzo vittoriano, destinato alle aree ancora periferiche al dominio di Roma. Allo scoppio della guerra contro Annibale il quadrigato iniziò chiaramente la sua discesa sia ponderale che anche nel titolo stesso, con degradazione stilistica, a vantaggio del più maneggevole vittoriano. La vera crisi che determinò il superamento dell’imperfetto sistema del quadrigato (e anche vittoriano), con la consapevolezza di creare una moneta d’argento totalmente nuova, non più di derivazione greca, ma completamente romano-italica e chiaramente basata sull’asse, appunto il denarius, ossia una moneta di 10 assi, fu probabilmente legata alla disfatta di Canne del 216, in un momento in cui l’asse di bronzo si era praticamente attestato a valori sestantali (asse di 48 scrupoli), ma comunque con ampie oscillazioni ponderali anche all’interno di una stessa emissione (una caratteristica tipica della moneta fiduciaria). L’ancoraggio del nuovo denario al sistema sestantale fu solo un pretesto in quanto bene si prestava a una chiara definizione metrologica, anche in un particolare contesto come quello siracusano cosiderando che la Sicilia fu praticamente il principale fronte militare, con l’impiego delle maggiori risorse di soldati e di foraggi. Per il momento mi fermo e prendo fiato (anche per voi), poi con calma proverò a spiegare come i Romani hanno “costruito” mirabilmente il nuovo sistema denariale prendendo spunto anche da dirette osservazioni sulle monete già allora in circolazione a Siracusa, presso il fedele alleato e amico Gerone II (la cui morte nel 216 contribuirà a segnare fatalmente i destini della terribile guerra). (continua)1 punto
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