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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/20/21 in Risposte

  1. Purtroppo nella mia piccola collezione non vi sono monete con esempi di castelli o fortificazioni ma ho una medaglia (spero si possa fare una deroga al post ). Vi è rappresentata una veduta della città di Sora con il fiume Liri che l'abbraccia e con alle spalle il colle su cui si trova una chiesa e più in alto il castello. Opera dello scultore Egidio Ambrosetti.
    6 punti
  2. Saranno almeno 100 le monete di Genova con il castello che è l'immagine della città medievale. La moneta al centro è un' intrusa in quanto quartaro con grifone.
    5 punti
  3. Due belle fortezze normanne e sveve Guglielmo II e Tancredi, da Artemide Aste - Auction LI
    4 punti
  4. Buono e bello. E, se ben ricordo, è l'ultima apparizione dei Dioscuri sulla monetazione romana, Dioscuri che apparivano sui primi denari della Roma repubblicana. Arka Diligite iustitiam
    4 punti
  5. Ecco mura e torri da una non frequentissima moneta della repubblica di Ragusa, un artilucco (da 3 grossi) del 1627. L'emissione proseguì fino al 1706 e imitava il celebre pezzo coniato in Polonia. Il nome artilucco (o altilucco), viene dal turco per indicare un pezzo da 6 para: tanto era il valore della moneta nel'impero ottomano
    4 punti
  6. Dopo quasi 2 mesi finalmente posso accogliere in casa le nuove arrivate!
    3 punti
  7. La mia Torre più bella, da un 9 Cavalli 1789 di Ferdinando IV.
    2 punti
  8. DE GREGE EPICURI Consiglierei anche il bell'articolo di Mario Ladich: "Massenzio, l'ultimo imperatore che amò l'Urbe", comparso sull'ultimo numero di Monete Antiche (N.116, luglio-agosto 2021).
    2 punti
  9. Napoletana del giorno, una variante che ancora mi mancava: Tornesi 8 del 1796 con le lettere R C (Regia Corte) più piccole rispetto agli altri millesimi.
    2 punti
  10. Segnalo questo abstract in lingua inglese che fa riferimento ad un articolo sul tema "Massenzio e i Dioscuri": https://www.cambridge.org/core/journals/antichthon/article/abs/maxentius-the-dioscuri-and-the-legitimisation-of-imperial-power/C901A40DE327852360C026076E808D6D# Saluti Illyricum ?
    2 punti
  11. Ciao a tutti, Si la capigliatura sembra diversa anche a me.... anche se penso che in quegli anni (40) un po di confusione con il punzone delle effige sia stata fatta...basta pensare alla 40 collo lungo e la 41 testa grande.... Un mio amico ha una 43 in collezione cn la medesima effige. Un saluto a tutti. Raffaele.
    2 punti
  12. Concordo con @dux-sab Penso si tratti di due conii diversi con ritratto variato. Di questo tipo ne ho trovate 2: la prima la tua @favaldar che dovrebbe essere ex Asta Bertolami 2019 ( non la posto per motivi di privacy ). La seconda è quella aggiudicata da Nomisma: Saluti a Tutti, Beppe
    2 punti
  13. Buongiorno amici Facciamo un piccolo censimento?? Vi va di postare il vostro SICILAR o almeno di dire io ce l'ho? Comincio io, arrivato qualche tempo fa, già postato, non bello come quello dell'asta ma pur sempre una rara rara rara moneta e a me piace molto. Vediamo se c'è adesione
    2 punti
  14. Qui una torre circondata da mura su un bellissimo denaro di Volrico (1233-54) vescovo di Trieste. Arka Diligite iustitiam
    2 punti
  15. Infine la torre di Ludovico della Torre (1359-65) con le lettere L - V ai lati della torre. Arka Diligite iustitiam
    2 punti
  16. Buonasera, Anche se non posseggo tali monete, tra le emissioni greche, che ricordi, una delle prime raffigurazioni di torri o “castelli” proviene da una rarissima emissione della antica città di Ura (poi Kelenderis) in Cilicia, odierna Turchia, con legenda in aramaico. La datazione è da individuarsi intorno alla metà del V secolo a.C. (460-450 a.C.). Un esemplare, statere, ex Nomos 18/196: https://nomosag.com/default.aspx?page=ucAuctionDetails&auctionid=18&id=196&p=1&s=&ca=0&co=0&type=auction Ancora in Cilicia, ma a Tarsos stavolta, un altro statere databile tra la metà del V secolo a.C. e la fine dello stesso secolo. Un esemplare Ex Classical Numismatic Group 109/190: https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=365190 Da notare che secondo gli esperti di CNG la zecca era incerta dell’Asia minore, mentre secondo Roma Numismatics è certamente Tarsos, per le ragioni esposte nelle note del catalogo della loro vendita 17 per il lotto 528: https://www.numisbids.com/n.php?lot=528&p=lot&sid=3081 Aggiungo infine un esemplare sempre dalla Cilicia, ma di circa un secolo più recente (361-334 a.C.), coniato sotto il satrapo Mazaios sempre a Tarsos, citato anche nel link alla vendita Roma Numismatics di cui sopra. Qui le mura fortificate da torri sono più ampie ma hanno meno rilievo nelle raffigurazioni. Uno statere ex Künker 333/843: https://www.sixbid.com/en/fritz-rudolf-kuenker-gmbh-und-co-kg/7087/griechische-mnzen/5803748/cilicia-tarsos?term&orderCol=lot_number&orderDirection=asc&priceFrom&displayMode=large&auctionSessions=&sidebarIsSticky=false
    2 punti
  17. Solo a me sembra alluminio? "La posata, infatti, aveva stampigliata sul manico l’aquila e la svastica nazista e la sigla “G & CL 39” che significa Gerhardi & Cie, Lüdenscheid, 1939, cioè il nome della ditta produttrice dell’oggetto che aveva sede a Lüdenscheid (Renania) e l’anno di fabbricazione." https://www.unalungasciadisangue.it/unalungasciadisangue.pdf Pagina 57 Servus Njk
    2 punti
  18. Buongiorno a tutti, è da tanto tempo che avevo in mente di aprire questa discussione, il titolo rende l'idea di cosa ci si aspetti. Ho usato volutamente un titolo semplice e abbastanza generico, per dare a tutti la possibilità di partecipare. Sono ben accette monete di tutte le epoche e metallo. Il soggetto è il Castello e le Torri in tutte le sue forme. Magari per ognuna chi vuole può accompagnarla con qualche nota. Credo che la maggior parte di noi ne ha visto o visitato qualcuno, e ne è rimasto affascinato. Essi sono la rappresentazione e manifestazione di quello che doveva essere il potere all'epoca alla quale risalgono. Sono stati per lunghi anni il punto fermo, il luogo sicuro dove rifugiarsi per il popolo che viveva sul territorio. Ne approfitto per riportare una nota da fonte web in merito alla funzione delle torre che andava via via evolvendo, '' la casatorre :' (o casa torre) è una costruzione fortificata, una rocca con funzioni sia militari che abitative in auge nel medioevo a partire dal X secolo. Ora non vorrei avviarmi e perdermi nei meandri dei Castelli e dell'incastellamento, di cui lessi tempo fa una bellissima discussione di Mario, @dabbene. Magari sarebbe interessante mettere qui il link. ? Vuole essere la mia, la proposta, di una discussione leggera piacevole, alla portata di tutti. Potremmo approfittare per aggiungere qualcosa alle nostre conoscenze. Sicuramente io sono di parte perché Amo molto questo soggetto nelle monete ma anche in altre '' opere''? La moneta che voglio proporvi è : 9 Cavalli Ferdinando IV millesimo 1790 Sul rovescio viene riportata una Bella Torre, in questo esemplare è a lati curvi, ma dello stesso nominale c' è quella a Lati Diritti(magari la postera' qualcuno di voi). Perchè mi direte (e mi sono chiesto anche io più volte nel passato) la scelta della Torre in una moneta da 9 Cavalli? Una risposta sicuramente ci viene in aiuto dall'araldica, il Castello rappresenta il regno di Castiglia che insieme a Leon erano le due regioni più importanti della Spagna, è lì che affonda le radici la casata dei Borbone. Aggiungerei che non era da tutti potersi far costruire un castello, solo le famiglie illustri potevano. Ovviamente invito i più esperti a correggermi laddove riporto delle inesattezze. E invito il cdc a chiudere la discussione nel caso il tema fosse già stato affrontato. Saluti Alberto
    1 punto
  19. Grazie mille Alberto, sempre gentilissimo! ?
    1 punto
  20. Aggiornamento sulla mia spedizione dalla Gran Bretagna: oggi, incredibile a dirsi, dopo esattamente 4 mesi e 6 giorni, è arrivato il portalettere con la busta. Fatte le verifiche del caso in sua presenza e constatato che la spedizione era integra, ho pagato IVA e spese ed ho finalmente visto le mie monete, acquistate all'inizio di maggio. Non so se consolarmi con la felice risoluzione o incazzarmi ancora per la tempistica. Ignoro se sia un record, ma 4 mesi e 6 giorni non è male come attesa.
    1 punto
  21. Ferdinando II, 5 Tornesi 1839 La moneta la ricordo sempre in questo stato, nonostante non uso maneggiarle con i guanti.
    1 punto
  22. Ho finalmente rifatto le foto.
    1 punto
  23. Questo è il mio esemplare: la legenda non è molto leggibile... voi vedete qualcosa?
    1 punto
  24. Ciao, é un bellissimo bronzo argentifero coniato al peso teorico di 1/48 di libbra, dal ritratto direi della prima fase della seconda emissione ostiense. Moneta comune ma in bellissima conservazione e veramente piacevole alla vista.
    1 punto
  25. Le foto non sono molto chiare, comunque sembrerebbe effettivamente un asse di Giano bifronte diviso a metà in antico,le lettere R e O che vedi sono le prime due lettere di ROMA...
    1 punto
  26. Buongiorno a tutti , amici di questo forum. Qualche anni di numismatica savoiarda mi hanno appreso di non essere troppo difficile con le monetine che io incontro qui o li. Dunque sono contento d'avere acquisto questo piccolo mezzo grosso di CE I , con data e segno del zecchiere leggibili. A presto, lo spero. Alain.
    1 punto
  27. Mille grazie Silvio per la tua spiegazione, sempre molto interessante.
    1 punto
  28. Per confronto ed orientamento (sempre se non lo sai già):
    1 punto
  29. Ciao Alain Le XX sono per indicare appunto le lettere VA sovrapposte. Ora non è certo di chi sono queste sigle, è per quello che non è indicato lo zecchiere e quindi di conseguenza la zecca non è certa, molti testi indicano Torino, ma con la sigla T esistono con data 87, come per Vercelli ci sono con la V, potrebbe trattarsi di Cesare Valgrandi nella zecca di Aosta, come secondo me è probabile, ma non è certo. Al Valgrandi vennero affidate anche le zecche di Vercelli, Asti e Torino insieme ad Aosta, ma sembra che ad Asti non abbiano prodotto monete, anche se esiste la possibilità. La moneta non sarà il massimo come conservazione, ma il rovescio è bellino e permette di identificarla, quindi quelli come noi, Alain, sono contenti ugualmente!
    1 punto
  30. Se non ricordo male, anche @Cristian97 era un appassionato di prutah. Magari può darti qualche suggerimento. In caso contrario mi scuso per averlo taggato inutilmente ?
    1 punto
  31. Ciao @mangiafuoco forse mi sbaglio, ma il denaro pubblicato sul libro di Limido - Fusconi sembra che abbia il punto come dici tu.
    1 punto
  32. L'esemplare del CNI IV, pag 487, n. 1 fa parte della collezione reale. Quindi, o attendi la pubblicazione del volume dedicato a Pavia, o chiedi al Museo Nazionale Romano se possono mandarti la foto. Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  33. Stasera controllo la mia Piastra 1845 e ti faccio sapere.
    1 punto
  34. Da: GUT-LYNT AUKTION 3 (LIVE ONLINE AUKTION) 18 - 19 Sep 2021 AUCTIONEER Münzen Gut-Lynt GmbH Lot 2014. ITALIEN. Venedig Francesco Morosini 1688-1694 Bronzemedaille 1689 Auf den venezianischen General des Heiligen Stuhls, Antonia Ottoboni (1646-1720) und die Erfolge gegen die Türken. Stempel von G. Ortolani. Geharnischtes Brustbild des Generals mit umgelegtem Mantel nach rechts. Rv. Kapitolinische Wölfin mit den Zwillingen Romulus und Remus (Rom) und der Markuslöwe (Venedig) ziehen eine Kutsche, die von der personifizierten Klugheit und der Standhaftigkeit gesteuert wird, in der Kutsche sitzen der personifizierte Glaube zwischen der Sicherheit und dem Sieg; unter den Rädern werden die Feinde und ein türkischer Halbmond erdrückt, ganz unten Ansichten aus der Vogelerspektive der befestigten Städte Rom und Venedig. 72.9 mm. Voltolina 1084. 129.20 g. Fast vorzüglich. Randfehler. Eine Datierung der Medaille in das Jahr 1689 erscheint fraglich, da der Medailleur G. Ortolani zu diesem Zeitpunkt erst ca. 15 Jahre alt war; möglicherweise wurde sie nach 1720 anlässlich des Todes des Generals Ottoboni hergestellt. https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-ottoboni_(Dizionario-Biografico)/ OTTOBONI, Antonio. – Nacque a Venezia il 20 giugno 1646 da Agostino di Marco e da Candida Benzio. Al nome Antonio fu aggiunto quello di Innocenzo. Due mesi dopo la sua nascita, la famiglia comprò l’aggregazione al patriziato, usufruendo del discusso espediente cui le autorità della Serenissima avevano deciso di ricorrere per finanziare la guerra contro il turco. La sua biografia fu così diversa da quella dei familiari che l’avevano preceduto e che in qualità di ‘cittadini originari’ (un corpo sociale intermedio tra nobiltà e popolo, cui era riservata tutta una serie di uffici che costituivano la struttura portante del complesso apparato burocratico della Serenissima) avevano svolto l’intera loro vita professionale nei maggiori uffici della Repubblica: dal 1559 la famiglia aveva visto tre dei suoi esponenti nominati cancelliere grande, la carica più alta – che tra l’altro era a vita – riservata a non esponenti del patriziato e al momento della sua nascita ricoperta dal nonno Marco. Lo zio Pietro, che tanta importanza avrebbe avuto nella sua biografia, era in quel momento uditore di Rota in Roma. Da Candida Benzio, sua prima moglie, il padre Agostino Ottoboni ebbe nel 1637 Vittoria, che sposò nel 1654 Alvise Priuli, e appunto Antonio. Rimasto vedovo, si risposò nel 1649 con Paolina Bernardo, da cui nacquero nel 1651 Chiara, che si unì a Francesco Zeno, e nel 1656 Marco. Costui si chiericò, poi, costretto dalle circostanze (l’elezione a papa nel 1689 dello zio Pietro, Alessandro VIII, e i mutati interessi della famiglia, volti a stabilire preziose alleanze matrimoniali), sposò nel 1690 a Roma Tarquinia Colonna e nel 1714 Maria Giulia Boncompagni Ludovisi. La prima infanzia di Antonio si svolse in un ambiente domestico perturbato dalle dispute tra il padre e i tre fratelli, Marcantonio, Giovan Battista e Pietro. La questione di base era l’amministrazione del patrimonio, con Pietro e soprattutto Marcantonio che accusavano gli altri di ruberie. Giovan Battista e Agostino erano però anche accusati di condurre una vita moralmente sregolata e Agostino in particolare di cattiva gestione del suo rapporto matrimoniale, così come tutti potevano constatare visto che gli Ottoboni condividevano lo stesso tetto nel palazzo di Campo S. Severo nel sestiere di Castello. Le dispute familiari portarono, poco dopo l’aggregazione al patriziato, a una prima divisione del patrimonio della ‘fraterna’ tra Agostino e i fratelli, e il loro aggravarsi condusse allo scioglimento definitivo dell’unione familiare nel 1650. Le fonti, in primo luogo l’epistolario dello zio Pietro, conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana, presentano per la prima parte della sua esistenza Antonio come abbandonato a se stesso dal padre, senza denaro, ospite dello zio Marcantonio, che lo accusava peraltro di essere «insaziabile» e poco incline «agli usi antichi» e lo rimproverava per alcune «bagattelle» (Menniti Ippolito, 1996, p. 150). Nessuno sembrava occuparsi del suo mantenimento, né del suo destino. Nel 1664 lo zio Pietro provvide a tal fine a prestargli del denaro (per lamentarsi più tardi della sua mancata restituzione). Nel dicembre 1665 si unì in matrimonio a Maria di Giovanni Moretti, una scelta che fu poco apprezzata e giudicata mediocre. Dall’unione nacque nel 1667 Pietro, il loro unico figlio. Un autorevole esponente del patriziato, Pietro Basadonna, che assisteva il cardinale Pietro Ottoboni nelle faccende veneziane, auspicò, quando nacque il figlio di Antonio, che il porporato resistesse alla tentazione di accusare l’innocente nascituro delle colpe del padre (Bibl. apostolica Vaticana, Ottob. Lat., 3274, pt. 1, cc. 568 s.), con cui il curiale era dunque in netto dissenso. Nel 1670 Ottoboni iniziò il suo servizio pubblico e divenne castellano di Bergamo, ma lamentava di non avere risorse per mantenersi in quell’incarico. L’agente dello zio Pietro, che ne seguiva le sorti, lo presentò così: «languisce in una estrema necessità, pieno de’ debiti, abbandonato da tutti d’ogni minimo aiuto et in stato di disperatione» (Menniti Ippolito, 1996, p. 148). Il futuro pontefice continuò ad aiutarlo e nel 1674 Antonio era podestà di Feltre. La morte dello zio Marcantonio nel 1672 e del padre Agostino l’anno seguente ne avevano intanto risollevato le sorti portandolo a godere di un non mediocre patrimonio. Un quadro parallelo meno brillante emerge però da una serie di note tra lo zio cardinale e il suo agente a Venezia, il quale nel 1674 informava il suo padrone di non aver riscontrato alcuna annotazione relativa al nipote nel Libro delle notificazioni, che evidentemente era andato a consultare per conto del curiale nel sospetto di qualcosa di preoccupante. Quello che è certo è che Ottoboni aveva un disperato bisogno di contante, testimoniato da una serie di alienazioni patrimoniali cui provvide in quegli stessi anni. Una drammatica scrittura del 21 marzo 1680 attesta la condizione di difficoltà in cui s’era venuto a trovare assieme al fratello: «Havendo […] Antonio e [….] Marco abate Otthoboni […] contratto grossissimi et eccessivi debiti superiori alle forze e valore de’ loro beni […] hanno più volte con le lagrime agl’occhi supplicato» lo zio Pietro «a sollevarli da dette angustie». Gli avrebbero perciò ceduto tutto il loro patrimonio in cambio di un assegno di 925 ducati annui che sarebbero stati gestiti dalla moglie di Antonio. Il figlio Pietro, ora costretto alla «mendicità», sarebbe stato mantenuto dal cardinale nel collegio somasco di Castello (ibid., p. 151). Alcune fonti svelano come Ottoboni, «con incredibile crudeltà e pazzia», avesse perduto al gioco 120.000 ducati (ibid., p. 152). L’intervento del cardinale, il quale poteva ora riunire nelle proprie mani l’intero patrimonio di famiglia che era stato smembrato nel 1650, non si rilevò risolutivo. Già nel 1681 apparve una nuova sostanziosa perdita di Antonio al gioco. Lo zio rifiutò di risolvere anche questa pendenza, poi sequestrò quel poco che era rimasto ai nipoti e decise d’accogliere a Roma il figlio di Ottoboni, che si dichiarava, per conto suo, devastato: «Pietro sarà figlio d’un fallito, la Signora Maria non potrà più comparire con l’altre gentildonne senza gondola» (ibid., p. 154) Nominato conte di Zara, Antonio riuscì a sottrarsi all’impegno appellandosi al doge; poi si rifugiò in villa, a Rustignè, presso Oderzo, continuando però a giocare e a perdere. Alla morte di suo fratello Giovan Battista, il cardinale fece di tutto perché la sua eredità non finisse al nipote, definito «pazzo da legare» (ibid., p. 155). Nel 1682 Ottoboni fu podestà e capitano di Crema e riuscì a ottenere dallo zio un aiuto per potervisi mantenere, ma finito il Reggimento egli avrebbe dovuto, per il cardinale, nascondersi «in una grotta, in un bosco […] perché non si senta la puzza delle sue male e perfide attioni» (pp. 154 s.). La vicenda proseguì in tal modo per anni, fino a quel 1689 che mutò la vita di tutti con l’elezione a papa di Pietro Ottoboni. Antonio fu subito creato in Venezia cavaliere e procuratore di S. Marco e gli fu conferita in perpetuo, per primogenitura, il privilegio della stola d’oro. Giunto poi a Roma, fu nominato dal papa principe del soglio pontificio e generale di S. Romana Chiesa. Il nepotismo di Alessandro VIII può essere giustificato con la possibilità, che sfruttò volentieri, di cedere alla casse pontificie l’onere di sostenere gli inquieti nipoti: nelle loro tasche passarono in poco più di un anno 700.000 scudi. Il testamento del papa escluse peraltro Antonio dalla successione, ma il beneficiario Marco aveva ben poca libertà d’agire su un patrimonio fortemente vincolato. Una volta che il papa morì, lasciati gli onori romani e tornato in patria, Ottoboni fu spogliato di quelli veneziani con la speciosa motivazione d’aver contravvenuto alle leggi della Repubblica accettando stipendi da principi stranieri. Nel luglio 1691 la moglie imprecò contro l’avverso destino che le sembrava dovesse presentarsi dinnanzi. Vivente il papa, il marito usava dirle «che haveva da sofocarl[la] nell’oro», ora invece quello era rimasto «con li soliti caprini», ma «senza quatrini, senza la grazia di niun» (Bibl. apostolica Vaticana, Ottob. Lat. 3279, cc. 1-6). L’esclusione subita da Ottoboni a Venezia ebbe un carattere tutto politico e lo emarginò a lungo dalla scena veneziana dove fu alla fine riammesso, dopo 10 anni, grazie agli uffici del figlio Pietro, divenuto nel 1689 cardinale. Nel 1710 ebbe però una nuova disavventura. Non essendo riuscito a convincere il figlio a rinunciare al ruolo di protettore della Corona di Francia, fu nuovamente privato di ogni onore e esiliato. Si rifugiò così in Roma, dove morì il 19 febbraio 1720. Ottoboni fu amante delle arti, al pari del figlio, che fu uno dei maggiori mecenati del suo tempo. Fu uno dei fautori dell’Accademia veneziana dei Dodonei (poi degli Animosi) e seguace dell’Arcadia, presso la quale stampò alcuni suoi componimenti poetici. Ne lasciò inediti molti altri, di genere lirico e drammatico, ma anche poesie in dialetto veneziano. Nel 1712 pubblicò a Milano la Lettera di un nobile cattolico repubblichista ad un suo figlio, che era presso un suo gran zio fuori della patria, con cui gli dà l’insegnamento di vivere per tutto il corso della sua vita, un testo moralisteggiante, in cui avvertiva il figlio delle insidie legate alla sua condizione di patrizio di recente aggregazione. Ma le difficoltà che aveva affrontato nella sua esistenza in minima parte erano legate a tale realtà e alla diffidenza del vecchio patriziato nei confronti dei nobili nuovi. Fonti e Bibl.: A. Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune di una famiglia veneziana nel Seicento. Gli Ottoboni al tempo dell’aggregazione al patriziato, Venezia 1996, ad ind., con indicazioni di bibliografia e fonti d’archivio; P. Litta, Famiglie celebri italiane, V, Ottoboni di Venezia, Milano 1834.
    1 punto
  35. E qui la torre del castello di Padova, detta Specola e individuata dal Prof. Gorini, in mano a San Daniele su un Carrarese da 4 soldi di Francesco I da Carrara (1355-88). Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  36. Qui le torri di Padova in mano a San Prosdocimo su un Carrarino di Jacopo II da Carrara (1345-50). Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  37. Ecco il castello a fianco della testa del leone sul Ducato nuovo o Ducatello di Venezia. Rappresenta il potere della Serenissima sulla terraferma. Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  38. Grazie @Liutprand, ci aggiorni più te che l'editore dal suo sito.
    1 punto
  39. Siamo in due. L'idea delle monete con anello in polimero era curiosa, ma ormai la curiosità si è persa. Benissimo che le serie siano ora concluse. Idem con patate, non sopporto le monete colorate. Quindi se le tengano. Evviva l'anno prossimo si risparmia un pochetto!
    1 punto
  40. Vista la mole di falsi che i Bulgari hanno disseminato, personalmente una ricerca sulla composizione qualitativa e quantitativa, la reputo inutili. Se usano dramme genuine di conservazione scarsa e di flan ridotti. i risultati saranno molto più vicino alle genuine. Riconiare su una genuina è risaputo. Se il conio moderno è creato da una genuina, i parametri per individuare la coniazione moderna saranno meno. E qui entrano le esperienze acquisite nel tempo, ad individuare gli errori di trasferimento, di fusione del nuovo conio, ed altri fattori che non sto qui ad elencare. Sulle ultime foto che ho postato, sono evidenziati quei dettagli, che su una copia moderna, un falsario, non li può creare, le rotture di conio con l'usura di esse. Ma per toglierti uno sfizio e non è costosa, questa composizione qualitativa e quantitativa falla e ci fai sapere. Cordialmente Giovanni.
    1 punto
  41. Forse non ci siamo capiti, ho capito che il valore a catalogo è 10 €, ma poi bisogna trovare chi li sborsa i 10 euro per questa comunissima monetina... Quello che cercavo di farti capire è che il catalogo non è la Legge... Queste monetine (salvo il '56) hanno uno scarsissimo interesse commerciale, quindi è molto difficile riuscire a venderle.
    1 punto
  42. E fai bene. Sará uno dei prossimi obiettivi? Sono un patito di aquile,non solo per l' estetica ma anche per il significato di esse. Ci hanno visto lungo a modificarla?,non perchè non era bella quella di prima,ma cosí non vi è paragone a mio modo di veder. Questa oncia la reputo una classica,un modello per le altre. Sembra che gli Usa siano i leaders delle once. Altra tipologia molto forte per me sono quelle cinesi col panda. Ma il " messaggio " passa meno forte della prima? Mie sensazioni personali ci mancherebbe? Salutoni
    1 punto
  43. Ciao @ambidestro ..molto bello ed è la prima volta che lo vedo, è il medesimo castello che troviamo sui tolleri..giusto?
    1 punto
  44. Il due grani è senza dubbio un bel pezzo, ha circolato ma ha i rilievi più definiti perché è stato coniato quando i conii erano ancora freschi, è stato usato un tondello ricavato dai 6 kreutzer rimpicciolito , cosa abbastanza comune. Per quanto riguarda il grano, ha fatto una cifra esagerata anche secondo me. Saluti
    1 punto
  45. Buongiorno Rocco e buongiorno amici Quella volta sono stato pronto e fortunato a portare a casa quel 6 cavalli, è uno dei pezzi d cui vado più fiero. Però la mia napoletana di oggi non è un 6 cavalli, non è un 3 grana per Murat ma un 2 grana...provenienza Francia, variante con due stelle a chiudere la legenda al rovescio. D/ GIOACCHINO NAPOLENE RE DELLE DUE SICI. R/ PRIN * E GRAND AMMI'DI FRAN** Un punto al dritto e 4 stelle al rovescio. Data stretta. Come vi pare? Un caro saluto
    1 punto
  46. Buongiorno a tutta la sezione, Condivido con tutti voi la mia 1816, ex collezione Mirabella.... Un saluto a tutti. Raffaele.
    1 punto
  47. Una sezione della mia biblioteca numismatica che negli ultimi tempi ho curato molto è quella inerente le opere sulla storia monetaria e bancaria di Napoli e Sicilia, le monete infatti non vivono da sole ma fanno parte di un sistema assai complesso fatto di norme, istituzioni, strumenti finanziari, economie e mercati che hanno tutti la loro evoluzione nel tempo, per capire davvero le monete ed il loro funzionamento nei vari sistemi politici, sociali ed economici è necessario dotarsi anche di queste opere di taglio più prettamente storico economico... a tal proposito un'acquisizione libraria molto attesa e recente è quella della Storia del Banco di Napoli in 5 volumi che tratta non solo la storia di tutti i banchi pubblici creati nel corso dei secoli a Napoli e poi confluiti nell'unico banco noto come Banco di Napoli, ma è anche un affresco molto corposo di tutta la storia monetaria del regno napoletano in epoca moderna, dagli spagnoli ai Borbone, fino ad interessare anche l'epoca dell'Italia unita con le sue vicende monetarie ed in particolare le emissioni di cartamoneta del Banco di Napoli, un'opera davvero preziosa per immergersi a fondo in quei secoli e capire la moneta nelle sue vive e concrete funzioni...
    1 punto
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