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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 04/25/23 in Risposte

  1. Volevo dirvi che... quando mi sono iscritto a questo gruppo l'ho fatto perché, dopo anni di archeologia sul campo e dopo averla abbandonata con delusione del sistema Italia ed universitario per dedicarmi ad altro, un mio amico - il fratello minore che non ho mai avuto - nipote di un importante collezionista e studioso di Bologna, mi ha fatto riappassionare alle monete antiche. e qui trovavo spunti di divertimento e di leggero approfondimento. si... leggero... Il problema è che sono stato investito da così tanta roba meravigliosa che ora sono impazzito per le monetazioni altomedievali, da lì la monetazione bizantina... ma non vuoi anche interessarti al periodo tardoromano? E poi c'è sempre la monetazione repubblicana romana che era stata la mia prima passione da studente di numismatica. Però anche le celtiche sono interessanti... E vuoi mettere le monete medievali? Ci sono aree del forum che non voglio neppure aprire per paura 🙂 Mannaggia a voi!!!! Il leggero problema è che ad ora ho in elenco qualcosa come 68 tra articoli scientifici e libri da leggere, sto collezionando centinaia di immagini tratte dal web della qualunque e tra un po' mia moglie cambierà la serratura della porta di casa... Mannaggia voi... grazie! PS... ho inserito queste due righe qui proprio perché è una questione visceralmente numismatica anche se non si tratta di un oggetto in particolare.
    8 punti
  2. Nota in oro e argento, ci svela una pagina di storia della Somalia Italiana e del faro edificato a Capo Guardafui, sentinella del mare e simbolo di un’epoca di Roberto Ganganelli | Capo Guardafui, un luogo ignoto a quanti non conoscono in modo approfondito la storia, in particolare quella coloniale italiana: punta estrema del Corno d’Africa, nell’attuale Somalia, ha a nord il Golfo di Aden e a sud l’Oceano Indiano. Capo Guardiafui e il suo faro, un po’ di storia Conosciuto nell’antichità come Aromatum Promontorium – ossia, “Promontorio delle spezie” – deve il suo nome ai pericoli che i naviganti incontravano in quel tratto di mare. Naviganti e mercanti soprattutto italiani, tanto che il nome attuale deriverebbe da “guarda e fuggi” anche se alcuni studiosi pensano sia derivato dal portoghese. Poco distante da Capo Guardafui si trova il cosiddetto “Falso Capo Guardafui” che, a causa delle nebbie, veniva talvolta confuso col precedente causando incidenti marittimi e rovinosi naufragi. Per questo, nei primi anni Venti, durante il dominio italiano sulla Somalia, venne decisa l’edificazione di un faro che venne inaugurato nel 1924 e intitolato a Francesco Crispi (1818-1901) il quale, da presidente del Consiglio, aveva avviato la colonizzazione. Capo Guardafui nel Corno d’Africa: in posizione strategica, divide il Golfo di Aden dall’Oceano Indiano. La carta della Somalia Italiana è qui raffigurata sul rovescio di una medaglia della Squadriglia autoblindo della Somalia risalente agli anni Trenta Si trattava di un classico faro a traliccioche, tuttavia, pur strategico per la navigazione poneva non pochi problemi logistici, sia per la sua posizione difficile da raggiungere per i convogli dei rifornimenti sia per la presenza, in zona, di agguerriti ribelli migiurtini che attaccarono a più riprese l’installazione. Una guarnigione militare presidiava il Faro Francesco Crispi e, nel vicino villaggio di Tohen, dove era stata installata una fondamentale stazione radiotelegraficadotata di due grandi antenne, strategica per le comunicazioni nella regione. Dal traliccio al “fascione”: l’idea del governatore Corni Progettato dagli ingegneri della Regia Marina, il faro dovette essere modificato nel 1930 a causa della corrosione atmosferica e venne realizzato, sotto il governatorato di Guido Corni, quell’edificio così particolare che esiste ancora oggi. Il Faro Francesco Crispi nell’originaria forma con struttura a traliccio e in quella inaugurata nel 1930, voluta dal governatore della Somalia Italiana in pietra locale e con un fascio in cemento armato Eccolo in una descrizione dallo stesso Corni: “Nel 1929, presentando il traliccio in ferro del Faro Crispi segni di avanzata corrosione dovuta all’azione dell’aria marina, feci montare la lanterna su di una torre in pietra rossa e dura del luogo, cerchiata di anelli in cemento armato e recante una scure, simbolo del littorio”. Francobolli per un faro simbolo del regime in Africa Diciannove metri di altezza, come un edificio di sei piani, e soprattutto quella forma così “propagandistica” e particolare che lo rendono un simbolo della presenza italiana nella regione. Il faro di Capo Guardafui, a partire dal 1932, divenne il soggetto di una serie di francobolli“pittorici” della Somalia Italiana nei quali è raffigurato mentre, con i suoi potenti riflettori, dall’altura di 244 metri su cui è edificato, squarcia il cielo notturno (le lampade avevano una portata di circa 40 miglia). I quattro francobolli emessi dal 1932 dalle Poste Italiane con l’immagine del faro di Capo Guardafui La serie venne stampata dal Poligrafico dello Stato e approvata con Regio Decreto del 7 gennaio 1932 apparso sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 25 febbraio. Gli otto soggetti scelti furono: il Faro Francesco Crispi (per i valori da 5, 7 ½, 10 e 15 centesimi), la Torre Mnara di Mogadiscio, il Palazzo del Governatore a Mogadiscio, un termitaio, uno struzzo, un ippopotamo, un’antilope Kudù e il tipico leone somalo con una piccola crineria. La medaglia della Regia Marina per il “Faro Mussolini” Ribattezzato anche “Faro Mussolini”, l’edificio appare inoltre su una medaglia, rarissima in oro e rara in argento, coniata nel diametro di 23,5 millimetri circa (in oro 18kt, pesa 8,5 grammi) e sul cui dritto le iscrizioni SOMALIA ITALIANA e REGIA MARINA circondano la figura turrita dell’Italia che riceve da un soldato ferito il tricolore; sullo sfondo, i tetti e le cupole di un villaggio somalo. La raffigurazione si riferisce all’eroismo dei militari italiani e somali che difesero il faro dagli attacchi dei ribelli tra il 1925 e il 1926. La rarissima medaglia con il “Faro Mussolini” e le vicine antenne radiotelegrafiche rende omaggio, al dritto, all’eroismo dei soldati italiani e somali che difesero la struttura fra il 1925 e il 1926 Solenne anche il rovescio sul quale il “Faro Mussolini” è raffigurato assieme alle antenne della vicina stazione radiotelegrafica e ad una figura femminile in volo col motto PER SILENTIA ET SIDERA(“Attraverso silenzi e stelle”) a ricordare sia quella luce guida – così importante per la navigazione – che quei segnali radio che, dalle antenne di Capo Guardafui, si diffondevano nell’etere. La medaglia risale a dopo il 1930, dal momento che raffigura già la versione “littoria” del Faro Francesco Crispi che, anche questo pochi lo sanno, pur non più operativo esiste ancora. Potrebbe addirittura essere stata realizzata in occasione dell’inaugurazione del faro. Il faro di Capo Guadafui dopo la caduta della Somalia Italiana Nel corso della Seconda guerra mondiale gli inglesi, dopo aver sconfitto gli italiani e aver conquistato la Somalia, non abbatterono il Faro Francesco Crispiche, anzi, restò acceso anche negli anni Cinquanta, durante l’Amministrazione fiduciaria italiana sulla ex colonia. Francesco Crispi (1818-1901), iniziatore della politica di espansione coloniale del Regno d’Italia nel Corno d’Africa, e un’immagine del faro di Capo Gaurdafui come appare oggi L’ultimo suo guardiano si chiamava Antonio Selvaggi ed era soprannominato “il principe di Guardafui” e quel faro, diventato protagonista nel 2015 di un libro di Alberto Alpozzi (clicca qui per saperne di più), per la Somalia del XXI secolo è candidato a diventare un monumento storico. Uno spunto di riflessione per quanti sbandierano la cancel culture come la crociata del secolo. Aspettiamo voci più autorevoli,può trattarsi di una spilla commemorativa al Faro di Crispi ma posso sbagliarmi ...,
    3 punti
  3. Sempre nella Certosa di San Martino sono custoditi due stemmi: uno con il leone rivolto a destra, l'altro a sinistra. Un'ulteriore conferma di come l'araldica - non solo quella monetaria - fosse lasciata all'estro dell'artista.
    2 punti
  4. Errori del genere esistono, sono documentati e, naturalmente, assai rari. Per quanto riguarda i Washington quarters, sono noti 3 (TRE) esemplari di monete two-tailed, doppia coda, ovvero con l'aquila incisa su entrambe le facce https://coinweek-com.translate.goog/pcgs-certifies-two-rare-unusual-washington-quarter-errors/?_x_tr_sl=en&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp Non ho trovato riscontri su monete, autentiche, con due teste, mentre anche nel link citato si fa riferimento ai numerosi falsi, ottenuti attaccando insieme due mezze monete autentiche. Se ne parla più diffusamente qui: https://www-thesprucecrafts-com.translate.goog/two-headed-coin-value-768399?_x_tr_sl=en&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp Attendiamo le foto del contorno della moneta, indispensabili per capire se si tratti di un artefatto o se possa essere, invece, un autentico errore di conio. petronius
    2 punti
  5. Quello che ha scritto è bellissimo, io proprio come lei da quando ho scoperto questo forum mi sono appassionato alla numismatica e ora non saprei proprio come farne a meno. Mi sono appassionato alla numismatica quando avevo più o meno 10 anni, ora ne ho 18 e penso che mi abbia aperto un mondo di conoscenze che nemmeno sapevo esistessero. Dai Celti ai Normanni passando per i Longobardi e i Bizantini tutte popolazioni che a me prima erano totalmente sconosciute e che ora in piccolissima parte conosco. Grazie mille a tutte le persone che contribuiscono ogni giorno alla crescita di questo forum
    2 punti
  6. Mi scuso per non essere riuscito a collegarmi prima (grazie Luciano per avermi citato) e provo ora a rispondere. Il sesino postato da @titire è una variante di Alvise Mocenigo (1570-1577) ed è una delle 99 varianti emesse durante il dogado. Molto interessante è l'avere il cerchio sia al dritto che al rovescio che rende questa moneta leggermente più rara delle sue sorelle. Il Papadopoli nel suo libro per il doge Mocenigo oltre alle 99 varianti inserice anche 14 disegni: e questo è il sesino della nostra discussione. Interessante anche il peso di g. 1,51 che è una via di mezzo tra il peso teorico della prima emissione di Francesco Donà con g. 1,764 e l'emissione di Pietro Loredan dove il peso era stato portato a g. 1,324 (dovevano essere tagliati 180 pezzi per marca). L'ipotesi che il tuo sesino sia la prima emissione sucessiva al Pietro Loredan è intrigante sia per il disegno sia per il peso. Per quanto riguarda l'iconografia ti ricordo che la croce psana era già stata utilizzato dal Barbarigo in 2 monete per i possedimenti di terraferma. Altro particolare divertente è il nome: perchè sesino se valeva 8 piccioli o bagattini ed aveva il valore di 2 quattrini? La risposta è nella prima emissione in quanto il sesino doveva sostituire nelle nuove province di terraferma “certi sesini forestieri bianchizadi”. In questo caso si effettua una rivalutazione in quanto 1 soldo vale 1 sesino e mezzo al posto del valore di 2 sesini stranieri occorrenti in modo da renderlo più accettabile alla popolazione. Spero di essere stato di aiuto e buon 25 Aprile. Fabry
    2 punti
  7. Stessa domanda per la piastra del 1785 che ha il leone a destra e 10 torrette disposte 3/2/2/2/1(come il ducato del 1784)mentre il ducato dello stesso anno ha il leone a sinistra ma le torrette del Portogallo adesso sono 9 disposte 3/2/2/1/1... ...
    2 punti
  8. In alternativa ad ‘armonica’ a me verrebbe ‘armatura’. Un saluto, Valerio
    2 punti
  9. Per non parlare del pungente e pacificatore Petronio, interpretato da Leo Genn, che per chi non se ne fosse accorto è l'immagine che rappresenta l'amico @petronius arbiter
    2 punti
  10. Buonasera a tutti, sono sempre piu affascinato da queste piccole monetine e dalla loro iconografia. Monetazione per niente monotona. Come riportato da @Illyricum65 nella sua pregevole discussione* ( che rappresenta per me un importante punto di riferimento) ci sono più varianti iconografiche. *La ripropongo qui per completezza. Ho ripreso con piacere a collezionarle e questa sera ve ne mostro qualcuna della serie . "Legionario che trafigge un cavaliere " @Stilicho so che è anche lui sensibile a questa tematica vediamo cosa ne pensa, sono ovviamente graditi commenti di chiunque voglia intervenire. Saluti Alberto
    1 punto
  11. Disclaimer: io ve la giro come l'ho trovata. C'è una tradizione secolare e corpi che non sono stati analizzati quindi siamo nel mondo delle belle teorie. Inoltre, basta fare una ricerca, questa teoria non è assolutamente nuova. Dal gruppo facebook Renovario imperii -> https://www.facebook.com/renovatioimperiiofficial Già da diversi anni circola un'ipotesi che mi ha sempre emozionato: il corpo di Alessandro il grande, colui che dominò il mondo conosciuto poco meno che trentenne, si trova nella Basilica di San Marco. In concomitanza con la festa del santo, direi che è l'ora di vederci chiaro. Per farlo dobbiamo tornare indietro nel tempo e nello spazio, a Babilonia, nel 323 a.C. Alessandro muore al centro del suo impero e quasi subito i suoi vecchi amici e generali se ne contendono le spoglie: chi avrà il corpo di Alessandro avrà un potente mezzo di potere. Dopo alterne vicende la salma viene portata in Egitto, dove il macedone riposerà per diversi secoli, nella città che porta il suo nome. Ad Alessandria la sua tomba, che nel frattempo è diventato un imponente complesso architettonico, è visitata da Cesare, Ottaviano, Settimio Severo e Caracalla. Dopo l'ultimo imperatore citato, non abbiamo più notizie, fino all'omelia di San Crisostomo (400 d.C.): "Dov'è, dimmi, la tomba (sema) di Alessandro? Mostramela, e dimmi in che giorno morì!" Come è possibile che la memoria del più grande uomo dell'antichità fosse stata cancellata? C'è da dire che nei decenni precedenti i cristiani avevano dato luogo a diversi episodi di distruzione dei templi antichi. La tomba di Alessandro avrebbe potuto benissimo essere tra i monumenti distrutti. Ma...la teoria sviluppata dallo storico inglese Andrew Chugg va in un'altra direzione. La salma di Alessandro sarebbe stata custodita grazie ad una "sovrapposizione religiosa": i cristiani avevano l'abitudine di sovrapporre i propri santi con gli idoli antichi. E Alessandro potrebbe essere stato "salvato" da San Marco, santo caro ad Alessandria. Bisogna notare una cosa molto interessante: San Marco morì sotto Nerone; il suo corpo, scomparso per secoli, ricomparì proprio quando le notizie della tomba di Alessandro vennero meno. Arriviamo al IX secolo d.C. Due mercanti veneziani sbarcano ad Alessandria alla ricerca del corpo del santo. Riescono nel loro intento, riportando un corpo in Italia che, dopo qualche secolo, prende il suo posto nell'odierna basilica. Non abbiamo descrizioni accurate della salma del santo, ma qualcuno pensa che potrebbe essere mummificato, proprio come Alessandro. Non è finita: nella cripta della tomba di San Marco è stato scoperto un blocco calcareo con motivi macedoni e legati strettamente ad Alessandro Magno. Il blocco è risalente all'età ellenistica. Nonostante questa teoria abbia diversi "luoghi d'ombra" (non si sa se la chiesa di San Marco e la tomba di Alessandro coincidessero ad Alessandria), basterebbe una cosa per fare chiarezza: un esame del corpo. Un qualcosa che la Chiesa dovrebbe assolutamente fare, per amore della verità, per l'umanità intera e della storia che essa porta in grembo da secoli. Il blocco in S. Marco con la stella argeade, simbolo della famiglia reale macedone. disegno di CHUGG Sotto il post un'utente commenta in quanto ha trattato di questo argomento per la sua tesi: "Ho dedicato una certa parte della mia tesi a questo argomento! È molto interessante ad esempio scoprire che il sarcofago del santo è stato aperto solo una volta e che pare contenga i resti di due cadaveri. Di certo non c'è San Marco, Alessandro... chissà!" "le reliquie di San Marco sono scomparse (probabilmente smarrite o dimenticate) per poi ricomparire miracolosamente nell'XI secolo durante una funzione, pare apparendo come un miracolo fuoriuscendo da una colonna . Molti studiosi pensano che servissero delle reliquie che sostituissero quelle "perse". Ad ogni modo, la ricognizione sui reperti ossei c'è stata, si tratta di varie parti di scheletro appartenenti a due individui. I poveri sventurati sepolti lì chissà chi sono! Quanto ad Alessandro, il suo corpo sarà stato perso e/o distrutto durante la follia iconoclasta dell'Alessandria tardoantica... i cristiani hanno colpe indicibili!" "è impossibile anche che ci sia [IL CORPO DI S. MARCO nota mia] visto che è dato storicamente accertato che le reliquie portate da Alessandria scomparvero! Lo dicono proprio i documenti amministrativi della basilica!" ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Secondo un intrigante teoria esaltata dalla storica Marian Vermeulen, la tomba di Alessandro Magno potrebbe essere nascosta a Venezia. -> https://ilserenissimoveneto.it/la-tomba-di-alessandro-magno-alla-basilica-di-san-marco-a-venezia/ Nel giugno del 323 a.C. Alessandro III di Macedonia, meglio conosciuto come Alessandro Magno, si ammalò gravemente. Aveva conquistato gran parte dell’antico mondo mediterraneo, dalla Persia all’Asia, e non aveva intenzione di fermarsi. In quella lontana primavera aveva attraversato le paludi di Babilonia e poco dopo stava combattendo una forte febbre. Nonostante la malattia, ha continuato a pianificare la sua prossima campagna che avrebbe dovuto portarlo alla conquista della penisola arabica. Tuttavia, le sue condizioni erano peggiorate. Alessandro Magno stava progressivamente perdendo conoscenza e la capacità di parlare. Dopo dodici giorni di malattia perse la sua ultima battaglia, era l’11 giugno del 323 a.C., e non si svegliò mai più. Aveva solo trentadue anni. Il mistero sulla non-morte I migliori generali di Alessandro il Grande erano stati i suoi amici più cari sin dall’infanzia trascorsa insieme alla corte macedone. Dieci anni di costante campagna militare avevano rafforzato il loro cameratismo e, dopo la sua morte, erano disperati per la perdita del loro re. Alessandro però sarebbe potuto essere stato ancora vivo, in coma, quando i suoi compagni più fedeli lo reputarono morto. Gli storici antichi, infatti, riportano che il suo corpo rimase perfetto e incontaminato per oltre una settimana nel caldo giugno babilonese. La spiegazione più probabile è che soffrisse di una forma di malaria che spesso finisce in coma. Indipendentemente da ciò, il destino di Alexander era segnato e la morte arrivò presto a coglierlo. I suoi fedeli amici commissionarono un sarcofago d’oro per contenerne il corpo, oltre ad un enorme carro funerario decorato per riportare infine la bara in Macedonia. Il corteo, però, non completò mai il suo viaggio. Lungo il trasporto, uno dei successori di Alessandro, Tolomeo, sequestrò il corpo e lo seppellì a Menfi, in Egitto . Più tardi, suo figlio trasferì Alessandro Magno in una sontuosa tomba nella città di Alessandria. La tomba di Alessandria Il corpo di Alessandro Magno rimase per secoli nella sua magnifica tomba, fatto ben documentato da fonti antiche. Cleopatra fece arrabbiare gli abitanti di Alessandria prendendo l’oro dalla tomba del re macedone per finanziare le sue guerre contro Ottaviano Augusto. Registrate nel dettaglio sono anche le molteplici visite alla tomba di Alessandro da parte di diversi imperatori romani. Giulio Cesare , Augusto, Caligola , Settimio Severo e Caracalla . Eppure nel 400 d.C. Giovanni Crisostomo visitò Alessandria per vedere la famosa tomba, ma non la trovò. L’ultimo riferimento alla tomba di Alessandro Magno risaliva a dieci anni prima da Libanius, intorno al 390 d.C.. Il breve lasso di tempo in cui la tomba del condottiero scomparve dai documenti scritti fu un periodo di grandi rivoluzioni nel mondo antico. Tra il 389 e il 391 d.C., l’imperatore Teodosio emanò i “Decreti Teodosiani”. Questi documenti stabilirono il cristianesimo come l’unica religione proibendo i culti pagani. Ne seguì la distruzione di numerosi templi e luoghi sacri politeisti. Alessandro, adorato come un dio sin dalla sua morte, sarebbe stato un obiettivo primario di questa distruzione iconoclasta. Può darsi dunque che la tomba del re di Macedonia sia stata vittima di queste purghe. Tuttavia, l’apparizione improvvisa e alquanto inspiegabile di un altro famoso cadavere nella città di Alessandria suggerisce un’alternativa allettante… La tomba di San Marco Alla fine del IV secolo d.C., le fonti antiche iniziarono a fare riferimento ad una tomba di San Marco ad Alessandria. La prima menzione viene da San Girolamo nel 392 d.C., appena due anni dopo l’ultima notizia della tomba di Alessandro Magno. Secondo la tradizione cristiana, l’apostolo Marco fu martirizzato dai pagani nel 68 d.C. proprio nella città di Alessandria. Doroteo, Eutichio e il Chronicon Paschale affermano che gli assassini di Marco ne bruciarono poi il corpo in sfregio ai cristiani. Nessuna menzione di un corpo sacro del santo esisteva quindi negli oltre trecento anni precedenti. Un testo chiamato “gli Atti di San Marco” spiega però che una tempesta miracolosa spense le fiamme sul cadavere dell’apostolo e i cristiani riuscirono a strapparlo dalla pira. Tuttavia, la prima datazione di questo documento, lo colloca alla fine del IV secolo d.C., dunque centinaia di anni dopo la morte di Marco e nel mezzo del periodo nel quale scomparve Alessandro Magno. L’autore Andrew Chugg, a questo punto, ipotizza che il presunto corpo di San Marco sia in realtà quello dell’antico re macedone, ribattezzato Marco per salvare il conquistatore dalla distruzione dei cristiani. L’avvento dell’Islam Alla fine del VII secolo d.C. le forze arabe avevano conquistato gran parte del Nord Africa, inclusa Alessandria. Crescevano le tensioni tra musulmani e cristiani in tutta la regione. Nell’828 d.C., due capitani di mercantili veneziani fecero allora un patto con le autorità cristiane di Alessandria per portare in salvo il presunto corpo di San Marco. Rimossero il cadavere dalla sua tomba, lo deposero in un carro coperto di carne di maiale, così da prevenire qualsiasi ispezione ravvicinata del contenuto, e lo portarono di nascosto a bordo della loro nave, diretta a Venezia. Inizialmente i resti vennero ospitati in una piccola chiesetta ma, nel 1063, i funzionari veneziani commissionarono la magnifica Basilica di San Marco. L’8 ottobre 1094 la salma fu deposta nella cripta sotto la famosa chiesa nell’omonima piazza. Lì rimase per quasi ottocento anni, fino a quando le frequenti inondazioni iniziarono a minacciare l’incolumità del cadavere. Nel 1811 la Chiesa rimosse quindi le spoglie trasferendole nuovamente nell’altare maggiore al piano nobile. La mummia di Alessandro Diverse informazioni suggeriscono che il corpo di San Marco potrebbe essere stato mummificato, ma non ci sono documentazioni in cui gli antichi cristiani avrebbero eseguito pratiche di mummificazione pagane. Pertanto, la mummificazione potrebbe indicare un diverso occupante della tomba dell’apostolo. A tal proposito, ne La Cronique des Veniciens del 1275, Martino da Canale raccontava che: “se tutte le spezie del mondo fossero state raccolte ad Alessandria, non avrebbero potuto profumare così la città”. Proprio come l’aroma delle spezie proveniente dalla tomba contesa. Profumi e metodi coerenti con la mummificazione. Inoltre, i documenti indicano che a quel tempo involucri di lino sigillavano il cadavere. I mosaici della Basilica veneziana raffigurano il corpo del santo come un cadavere intatto piuttosto che uno scheletro. Questa potrebbe essere semplicemente una licenza artistica, certo, ma forse riflette che un corpo mummificato inizialmente arrivò a Venezia. Ulteriori indizi provengono dal trasferimento delle spoglie nell’attuale collocazione presso l’altare maggiore. Leonardo Conte Manin ha documentato l’evento e le sue osservazioni non contengono prove che alludono ad uno scheletro incendiato, come dovrebbe essere quello di Marco. La sua affermazione che lo scheletro appiccicato al tessuto in alcune aree è coerente con lo stato previsto di una precedente mummia, ora decomposta. La scultura macedone A fornirci le domande più intriganti e senza risposta sull’origine del corpo nella tomba di San Marco, è anche un grosso pezzo di calcare scolpito. Una porzione spezzata di un originale più grande, è stato trovato a pochi metri dal sito della tomba originale di Marco nella cripta della Basilica. Il blocco calcareo, ora esposto al Chiostro di Sant’Apollonia a Venezia, raffigura un rilievo di scudo, schinieri, spada e lancia. Questi armamenti sono perfettamente coerenti con gli stili macedoni, un fatto affermato anche in uno studio di Eugenio Polito nel 1998, diversi anni prima che Andrew Chugg iniziasse la sua famosa ricerca. Polito descrive “Un frammento non attribuito relativo ad un monumento funerario con motivi analoghi è oggi conservato a Venezia, ma sicuramente deriva dal mondo ellenistico. Esso presenta uno scudo macedone con al centro un motivo a stella, una coppia di schinieri e una lunga lancia e sul lato più piccolo i resti di una spada. Il ceppo doveva appartenere ad un grande monumento che si può collocare genericamente tra il III e l’inizio del II secolo a.C.”. Il “motivo a stella” ha una sorprendente somiglianza con la stella di Macedonia. Era un simbolo strettamente associato alla famiglia di Alessandro Magno e visibile su molte tombe correlate. La spada scolpita nel blocco è indiscussa come una kopsis di stile greco. Se si analizza l’estensione della lancia dall’angolo della sua discesa fino alla sua conclusione logica alla base del blocco di pietra, le sue dimensioni corrispondono alla caratteristica sarissa macedone. Furono appunto queste le armi, sviluppate da suo padre, che aiutarono Alessandro Magno a conquistare il mondo. Tuttavia, le tattiche militari romane le resero obsolete, rendendo improbabili le successive incisioni romane di una tale lancia. Perché questa scultura, con chiari collegamenti macedoni, è dunque situata nella cripta della Basilica di San Marco vicino al luogo di sepoltura originale del corpo? Un indagine ancora aperta Inoltre, Andrew Chugg ha effettuato misurazioni basate su un’estrapolazione delle dimensioni della pietra originale. Lo storico ha affermato che la lastra è perfetta per essere una copertura esterna del sarcofago di Nectanebo II, ora in mostra al British Museum. Questo sarcofago è stato a lungo associato ad Alessandro Magno. Chugg afferma che è il probabile primo luogo di riposo del corpo del condottiero a Menfi. Quasi completato il sarcofago, colui che doveva esserne l’occupante designato era fuggito dall’Egitto. La magnifica tomba non era dunque occupata quando Tolomeo arrivò con il corpo di Alessandro e, avendo bisogno di un luogo di riposo temporaneo, la riadattò al re macedone. Sia le fonti antiche che le più moderne tecniche scientifiche offrono molteplici percorsi per indagare e identificare il corpo che si presume sia quello di San Marco. Potrebbero essere impiegate più tecniche di datazione al carbonio, test del DNA e analisi dello smalto dei denti. Comprensibilmente questi potrebbero essere meno attraenti in quanto richiederebbero la rimozione invasiva del campione dal corpo. Tuttavia, molto potrebbe essere appreso semplicemente dall’esame fisico dei resti. Sempre che il Vaticano dia la possibilità di indagare su questa affascinante storia custodita a Venezia. Andrea Bonazza
    1 punto
  12. Buongiono al Forum e auguri di un 25 Aprile di pace. Vi chiedi un parere per qusti 5 franchi 1837 che dalla sigla M dovrebbe essere Tolosa, nella scheda de LAMONETA il 1837 Tolosa non viene riportato, la mia domanda è questa: ho alte monete con la sigla M di Tolosa ma sono con una M più pronunciata, altresì non mi sembra propio essere una W (Lilla) chiedo ai più esperti un loro parere, grazie, salui, F.P.
    1 punto
  13. Ho praticamente fotografato tutto il bordo che risulta perfetto. Anche il peso della moneta è assolutamente congruo. Poi magari ho preso una fregatura ma non trovo e non ho trovato quel particolare cosi palese da farmi dubitare. X me vi giuro che l'unica cosa fuori dalle righe era la patina sulla quale però ho voluto scommettere (lasciarmi passare il termine).
    1 punto
  14. Dimenticavo... Il Maestro di Zecca Francesco Maria Berio fece eseguire i diversi conii per le Piastre e le mezze Piastre (1734-1736) agli incisori Giovanni De Gennaro e Giacomo Antonio Hoger. Premesso che la firma di un solo incisore non significa necessariamente che lo stesso abbia eseguito sia il dritto che il rovescio della stessa moneta, con molta probabilità, vennero accoppiati dei conii che vedevano un incisore per la figura e l'altro per lo stemma e viceversa. I due conii conosciuti con la variante "gigli invertiti" - per una serie di elementi - si possono attribuire allo stesso incisore. Per fare un esempio, la medaglia per il matrimonio di Carlo di Borbone con Maria Amalia, fu eseguita da entrambi gli incisori, con al dritto gli stemmi realizzati da Hoger ed al rovescio la scritta con i caratteri di De Gennaro. Allego uno screenshot di pagina 190 del libro "La Massoneria nelle due Sicilie e i fratelli meridionali del '700" vol.1 di Ruggiero Di Castiglione · 2014
    1 punto
  15. Per me sia la moneta che la patina sono buone; e poi, scusate, a che scopo falsificare una patina di questa intensità e spessore su un bel denario? Capirei ripatinare un bronzo, ma non l'argento, che casomai se pulito eccessivamente, andrebbe leggermente patinato, ma non con questa intensità.
    1 punto
  16. Certamente @ARES III Ikuvium, e magari forse non solo . Una buona serata
    1 punto
  17. Ciao, anche io sono un pessimo fotografo 🙂. Queste che hai postato sono ottime direi, attendo a questo punto anche io i pareri degli esperti che mi auguro arriveranno. ANTONIO
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  18. Buonasera a tutti. Ciao @Releo, intervengo per spezzare una lancia a favore degli studiosi contemporanei (Magliocca, Di Rauso, Irpino, etc.) che hanno riconosciuto queste rare varianti con "gigli invertiti" come espressioni del simbolismo massonico. Ti consiglio di non dare molto peso alle affermazioni di chi, fino a ieri, dichiarava apertamente le sue insormontabili difficoltà nel riconoscere le diverse varianti ed il loro eventuale significato e che oggi, si ostina a voler far intendere agli altri quello che di fatto, non sa. Qual è la sostanziale differenza tra chi è intervenuto per bocciare in modo categorico queste varianti e gli studiosi contemporanei che in passato hanno scritto a riguardo? Gli studiosi, studiano... e per farlo, occorre tempo (tanto tempo) e quando scrivono qualcosa - il più delle volte - possono anche dimostrarlo. Chi ignora invece, quando scrive non fa altro che manifestare - per l'appunto - la propria ignoranza. Lo studioso che scrive di una variante "gigli invertiti" come di un chiaro ed esplicito simbolo massonico, non cerca una prova scritta perché è consapevole - trattandosi di società segrete - di non poter trovare nessun documento scritto a riguardo. Lo stesso simbolismo rappresenta il linguaggio della massoneria e quindi, la stessa variante rappresenta LA PROVA dell'intervento della massoneria. Questo per dire che probabilmente, la prova che si cerca è sotto agli occhi di tutti. Se non si studia la Storia ed il simbolismo massonico non lo si potrà riconoscere ed interpretare come tale. Quindi, può capitare che colui che ignora, vedrà per caso dei gigli invertiti sullo stemma di un palazzo napoletano (ignorandone l'autore, l'anno di esecuzione, il committente, il proprietario del palazzo, etc.) ed affermerà: "avete visto? Questi errori araldici erano frequenti e dimostrano il fatto che non c'è alcun significato nascosto"! Lo studioso invece, sarà molto più cauto e prima di pronunciarsi, studierà la storia di quello stemma e di quel palazzo ed alla fine, con molta probabilità, dimostrerà che anche in quel caso la variante "gigli invertiti" rappresenta un chiaro simbolo massonico. Chi ignora, non ha mai studiato la storia del Regno di Napoli e delle Due Sicilie e la società di quel tempo, così come ignora gli ordini cavallereschi, i politici e le famiglie nobili, chi ignora non conosce il legame tra l'arte e la massoneria e quindi non conosce Raimondo di Sangro principe di Sansevero, ignora la vita e le opere dei maestri di zecca e degli stessi incisori. Ciò che sa lo studioso invece, lo ha appreso attraverso lo studio e l'approfondimento (che è cosa faticosa per chi ignora). Un caro saluto, Lorenzo
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  19. Come hai potuto constatare anche un tondello coniato una decina d'anni fa può avere molto da dire, dietro le apparenze. E può portare molto lontano grazie anche alle sue relazioni più o meno dirette con altri tondelli più o meno recenti, ad esempio: https://www.lamoneta.it/topic/125573-le-valute-strettamente-legate-alleuro/ https://www.lamoneta.it/topic/181410-la-sfera-dinfluenza-delleuro/
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  20. Buon giorno ilLurkatore. Guardi che Pierg50 ha detto nel corso della discussione ben due volte come verifica il fuori asse. Cordialità Gabriella
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  21. Mi fa piacere che ci siano giovani come @SAURON05... sono sempre pronto a condividere quello che ho imparato negli anni. Arka Diligite iustitiam
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  22. @OppianoComplimenti vivissimi e contento che questo pezzo sia rimasto ad un collezionista italiano!
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  23. Ma scusate,vi siete mai chiesti il perché nessuno risponde?... Forse semplicemente perché la risposta non c'è, ognuna trae le sue conclusioni e colleziona ciò che gli pare,poi è risaputo che le cose rare, indipendentemente dalla motivazione,suscitano più interesse... Lo stemma borbonico è pieno di varianti diverse...
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  24. Ciao Sandokan forse non mi sono spiegato bene. Io ho inquadrato questa A come epoca fascista per poter capire di che epoca poteva trattarsi la spilla . Concordo in pieno con te che all ‘epoca fascista non facevano proprio niente di occulto anzi tutto era buono per far pubblicità. Per il momento Io non sono riuscito a trovare una spilla uguale a questa . Ciao spero che ci siamo capiti , seguo molto i tuoi interventi e grazie a te e a molti altri si cresce. Questo forum è una miniera d’oro. Colgo l’occasIone per ringraziare tutti
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  25. Il fatto che non riesco trovare la tua spilla vuol dire che non sia tanto comune. Comunque aspettiamo voci più autorevoli tipo Giancarlone Sandokan che sono più informati di me. ti aggiungo Un incudine per capire meglio ciò che ti dicevo sulla M di Mussolini
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  26. da gradasso qual sono eccoti il colpo: i vereinsthaler finora affluiti in monetiere. (per apprezzarne maggiormente la beltà cliccare un paio di volte l'immagine) In un tentativo (inane) di umiltà mostro invecece come si dovrebbe presentare la collezione completa (che mai lo sarà, schiatto prima)
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  27. Oltre alla posizione dei gigli, da notare la differenza di spaziatura nei numeri della data
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  28. Quando si sente parlare di lacrimatoi la mente non può che andare alla memorabile scena del film Quo vadis con lo strepitoso Sir Peter Ustinov nel ruolo di Nerone. PS: per i giovanissimi che non l'hanno mai visto , la visione è consigliata. Certamente non è una ricostruzione fedele della storia, ma è un film che si deve vedere.
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  29. Sesino veneziano, ma di chi impossibile dirlo.
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  30. ARMONICA DI CEMENTO Buona notte da Stilicho
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  31. Capovolgi la prima foto. Le ali ci sono, ma non sono quelle di un'aquila.
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  32. Ciao Giova... a mio avviso tantissime propposte in web specie in e bay non sono assolutamente da considerare...per le monete o francobolli e Marche ecc che ho... dare retta a certi siti sarei miliardario che la metà basta... ciao
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  33. Registrandola, ho curiosamente notato che ho speso la stessa cifra della Piastra 1793 gigli invertiti che ho già in collezione. Acquistata da un Listino Fornoni "Autunno 1999" 🤔
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  34. Concordo con l'identificazione del tipo ufficiale di riferimento (la spes di Tetrico II). Quanto al periodo, con buona probabilità, va collocata oltre la fine dell'impero gallico in quanto il modulo ridotto fa ipotizzare quasi di sicuro una emissione non coeva. Prendetela con le pinze, ma come periodi di produzione (anche se non può essere intesa in maniera assoluta) è abbasta valida questa tabella di Doyen:
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  35. Di nulla Bene, nonostante l'usura è quindi visibile, è l'unico pezzo che possiedi o ne hai altri che potrebbero appartenere alle tre emissioni successive?
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  36. Tipologia prodotta in quattro diverse emissioni a partire dal 1935, riconoscibili, oltre che alle diverse date presenti al fronte in basso al centro, anche dai numeri di serie e le firme, Essendo la data posizionata in corrispondenza con un'eventuale piega centrale, capita spesso nei biglietti molto usurati di non essere ben visibile, in questo caso basta ricorrere ad un catalogo (meglio se cartaceo), il tuo biglietto serie 0193 appartiene alla prima emissione. 10 Lire Impero (lamoneta.it)
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  37. Comunque io sono sempre del parere, che la rarità di una moneta si giudica da quante ce ne sono in giro in senso assoluto e non da quante ce ne sono belle.
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  38. Ciao @Oppiano, bellissimo il tuo testone giubilare di Gregorio XIII. Complimenti! Moneta comune, che diventa tuttavia molto rara in alta conservazione, come lo è il tuo esemplare. Il mio l'ho preso alcuni anni fa (ex Nomisma 49 ed ex Kunker 281): non è come il tuo, ma mi accontento anche in relazione all'ottimo rapporto qualità/prezzo. Spero che tu non inizi a prendere anche testoni papali, perché altrimenti io ho finito di collezionare! Michele
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  39. Ok.Mi scuso non conosco questo sito.Sono iscritto da poco.Saluti e grazie.
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  40. A me stupisce ma fino ad un certo punto. Se non hai strumenti culturali per discernere le notizie vere da quelle false, oramai i siti, le pagine che raccontano 'ste baggianate sono aumentate a dismisura e se uno - ripeto, senza strumenti culturali - fa una ricerca attraverso Santo Google troverà principamente queste informazioni. Che diventeranno |falsamente| autorevoli per il fatto stesso di essere numerose ed onnipresenti
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  41. Interessante quando c'è dietro tutto ciò! Ignoravo un'intenzione, un'idea così storica! Concordo e aggiungo: da questa prospettiva si può raffinare ulteriormente il discorso, anzi, se vediamo quanto c'è dietro ogni singola moneta, da quando viene decisa o scelta per una futura emissione, tutto il lavoro di creazione e realizzazione, ogni articolo fa già una storia a se, seppur recente. Personalmente mi permetto pure di aggiungere eventuali dettagli sui singoli pezzi, un po' come si farebbe su oggetti d'epoca, avere uno storico che certifica la provenienza, ma mi spiego meglio cosa intendo: Anche se non ho idea se possa avere un valore in futuro, nel caso degli acquisti diretti alle zecche, con tanto di documentazione varia, accerta che gli oggetti sono di prima mano. Forse apparirò troppo maniacale per pezzi così recenti, però, recenti oggi... dovessero durare ancora molti anni, in futuro potrebbe tornare utile alle generazioni che entreranno in possesso delle mie monete. Presumo che eventuali monete storiche oggi e pure certificate, abbiano un plus valore e che qualcuno come me abbia avuto analoghe manie in passato. Questo è uno dei motivi perchè talvolta preferisco spendere qualcosina in più acquistando diretto da una zecca, piuttosto che da un rivenditore alternativo, sia questa un'asta o altra situazione di vendita vantaggiosa. Eventuali benefici ipotetici, saranno comunque futuri e difficilmente ne godrò io, ma va bene così. Un altro motivo è che la qualità è accertata anche dalla garanzia del produttore, senza troppe sorprese (ma non sempre 🙄 )
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  42. Ho avuto modo di leggerti con interesse in altre sezioni. Io colleziono monete romane imperiali, ma mi piace spesso fare un giro sul furum. E' il bello della nostra comune passione, che può davvero spaziare a 360 gradi. Allora magari ci rileggeremo qui in sezione a proposito di qualche altro bronzetto. Buona notte da Stilicho
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  43. La canzione "mille lire al mese" in effetti è del '38/'39. Ops. Scusate la banalità dell'intervento, non avevo anscora letto l'articolo del sole24ore. Ma non riesco più a cancellare il mio post🤭 Davide
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  44. Ciao @Releo, non credo che gli altri utenti vogliano dire che non sia una variante o che non possa essere apprezzata maggiormente economicamente rispetto alle altre ma che non reputano corretto il "perché" che alcuni tendono a dare riguardo questa variante. La variante esiste, è classificabile e pienamente collezionabile. Perché esiste? Attualmente ci sono delle teorie che non tutti sono concordi ad accettare come ragione o spiegazione delle variante in questione. Mi chiedo, dato che la moneta c'è, è diversa, è una variante, è censita... serve veramente trovare un motivo? Poi il discorso cambia se dovesse venire fuori una documentazione o una fonte a confermare una determinata ipotesi, là secondo me ha senso parlare del perché la variante esiste.
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  45. Buonasera a tutti, @Stilicho @gpittini leggo con piacere i vostri interventi , io non ho ancora le competenze giuste e credo di avere ancora tanto da imparare. Continuo con le mie Fel temp reparatio e posto uno degli ultimi arrivati in collezione sempre della serie falling horseman. Saluti Alberto
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  46. Quando si dice "due piccioni con una fava" Dall'asta e-live 2 (2019) di numismatica ferrarese - Piastra 1825 - D/ variante "collo lungo" o "collo diverso" - R/ variante "tre pallini nello stemma del Portogallo".
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  47. Ciao, lo screenshot che hai postato proviene da un documento PDF dell'Archivio di Stato di Napoli. La storia che ho accennato e le cifre che ho riportato, si trovano sui libri di Lodovico Bianchini (sarebbe da leggere anche la sua biografia). Queste pagine in allegato provengono dal volume del 1859 "Della storia delle finanze del regno di Napoli". https://www.google.it/books/edition/Della_storia_delle_finanze_del_regno_di/ie-fE6rPYKwC?hl=it&gbpv=1 Buona lettura
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